Set fire to the sky, Mitchell

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view post Posted on 14/4/2016, 22:28
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Il Fato

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Ore 00.25

Era una serata come le altre, ad Hogwarts. A volte la scuola poteva sembrare così banale, noiosa a certe ore del dì, e della notte. Soprattutto quando il Sole calava, la scuola, come tutto il resto dell'umanità, calava con lui, perdendo forze, ritirandosi nelle proprie case e camere. Il dì era notoriamente la parte della giornata più viva e vitale, nella quale si svolgevano tutte le attività degne di nota. Ma spesso e volentieri gli uomini scordavano quanto la notte fosse ben più particolare, misteriosa. Certo, non che le strade di Diagon Alley fossero piene di gente, o le lezioni dei Professori del Castello fossero particolarmente frequentate. Ma la notte era quella parte della giornata in cui si agiva sotto copertura, in cui si compivano le azioni più meschine e subdole. Di notte le forze magiche si aggiravano fra i mortali senza che questi se ne accorgessero, sovvertendo l'ordine artificiale precostituito, mera illusione di coloro che pensavano di poterla aver vinta su tutto ciò che avevano intorno. Si attuavano strategie, si cambiavano anche le sorti d'una guerra.
In quella situazione, non si parlava d'una guerra ma qualcosa di più individuale, personale. Un giovane Corvonero non avrebbe dormito quella sera: doveva compiere il suo destino. Gli era stata affidata una missione, decisa dal suo mentore e dal suo Signore, e non avrebbe potuto in alcun modo fallire. La punizione sarebbe stata decisamente non augurabile. Per le forze del Male era un periodo di fermento, quello. Il nero che si trovava nel mondo aveva deciso di spedire Mitchell ad abbattere delle metaforiche colonne, certezze che ormai la comunità aveva dato per scontate. Lo studente era lì per ricordare che nessuno era salvo, se non sotto l'ala protettrice ed illuminata dell'Oscuro, che non v'era luogo sicuro nel Mondo Magico dove potersi rifugiare. Lui, infiltrato nella roccaforte della sicurezza, almeno così veniva vista ancora la scuola, avrebbe destabilizzato la calma a cui più d'uno, fra quelle mura, s'affidava incondizionatamente.
Il ragazzo avrebbe dovuto chiaramente agire senza farsi scoprire, o per lui sarebbe stata l'espulsione. Non un rumore, sarebbe dovuto essere invisibile. Ogni precauzione sarebbe stata d'obbligo per la buona riuscita della missione. Era chiaro, lo scopo. Appiccare un incendio all'Ufficio dei Caposcuola. Avrebbe permesso alla forza distruttrice del rosso elemento di liberarsi e di compiere la sua azione purificatrice, eliminando un simbolo di quella marcescente società che aveva uno dei suoi rami proprio lì, in quel locale. I rischi erano alti, ma il ragazzo non poteva esimersi dal volere dell'Oscuro. Da degno allievo di Priscilla, avrebbe dovuto render fiera la fondatrice della sua Casa, mostrando ingegno ad ogni passo. Non avrebbe avuto pochi ostacoli. Le ronde pattugliavano, come ogni sera, il Castello. Si sarebbe dovuto difendere dallo sguardo attento di Prefetti, Caposcuola e Docenti, facendo attenzione alla loro presenza, ma senza perdere di vista il suo obiettivo: giungere al Quarto Piano e... fuoco. La sua avventura iniziava quindi nella Sala Comune, nella Torre di Divinazione, dalla quale sarebbe dovuto uscire con cautela. Di lì, si sarebbe dovuto muovere rapidamente ed in silenzio qualche piano più in giù, e da lì il lavoro sarebbe già stato a metà.
Il Fato non era certo estraneo a tutto ciò. Occhio che vigilava sul mondo, sapeva cos'avrebbe fatto Mitchell quella sera. E allora stava a guardare, impaziente di vedere come si sarebbe svolta la questione, impaziente di valutare quanto effettivamente il ragazzo fosse degno della Casa cui era stato assegnato. Era davvero un figlio di Priscilla? Era davvero degno di appartenere ai neri ranghi? Avrebbe dovuto dimostrare tutto in quel momento, da allora in poi. Era la sua prima prova sul campo. I raggi lunari filtravano flebilmente dalle vetrate, con il satellite nascosto da alcune nuvole che stazionavano lente nella stessa posizione a lungo.
Via alle danze.

 
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view post Posted on 15/4/2016, 17:59
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Ore 22:50, Sala Comune Corvonero


Erano passate ormai un paio di settimane dall'incontro con l'Oscuro Signore nella sua abitazione, ed una da quando il giovane Corvonero vi si era recato una seconda volta per poter riempire quel vuoto causato da quella voglia immane di conoscere, voleva imparare, voleva accogliere l'oscurità dentro di lui, ed il suo mentore, il professor Duchannes probabilmente era riuscito a rimuovere quel blocco che non gli permetteva di essere superiore a quella massa di mediocri che erano la maggior parte dei maghi che componevano la totalità degli studenti della scuola e del corpo insegnanti.
Passavano i minuti, Mitchell sentiva il ticchettio dell'orologio che aveva al polso, lo sentiva forte e fastidioso come uan goccia che continua a cadere a ritmo costante da un lavandino. Il giovane Corvo era seduto su una poltrona a fissare la fiamma di una candela che bruciava su di un tavolo in quella sala ormai vuota, osservava quel fuoco che per lui quella sera avrebbe segnato la sottile linea di confine fra la vita e la morte. mitchell era immobile, in attesa della fatidica ora in cui sarebbe dovuto uscire dalla sala comune e dirigersi verso il suo obiettivo. Quella missione era un avvertimento, un segnale per chi era ad Hogwarts, il signore oscuro li osservava in ogni momento, aveva spie ovunque e in quanto tale Mitchell avrebbe fatto di tutto per portare a termine il suo compito.

Ore 00:25, uscita della Sala Comune di Corvonero, Torre di Divinazione


Il tempo era giunto, ormai era troppo tardi per tirarsi indietro, anche se a dire il vero era tardi già da un po', da quando Mitchell aveva seguito il professor Duchannes alla villa dell'Oscuro Signore, il covo del male e di tutto ciò che veniva considerato oscuro nel mndo magica.
Il Corvnero era immobile e in silenzio al centro della stanza vuota, aveva già indossato il mantello comprato poco tempo prima a Nocturn Alley, la bacchetta era salda in mano, Mitchell era pronto per partire in quella missione che avrebbe decretato, in caso di fallimento, la sua prematura dipartita. Mitchell si alzò il cappuccio di quella cappa sopra la testa e mosse il primo passo verso l'uscita.Appena giunto oltre la soglia della sala comune il ragazzino rimase come immobile ed impietrito dal silenzio che c'era in quel castello, sentiva che il suo cuore rimbombava nel suo petto, aveva paura di fare rumore, paura che addirittura il suo battito cardiaco lo facesse scoprire.
Mitchell aveva studiato per giorni la scuola, aveva sapeva la strada che doveva fare per giungere alla sua meta e sapeva che non sarebbe stato facile, ma ormai era in gioco, ed era obbligato a giocare, perciò senza indugi il ragazzino iniziò a camminare con passo felpato, iniziando quella prima perlustrazione della zona, sperando di non trovare nessuno.Se il fato fosse stato clemente con il giovane Lacroix, non avrebbe avuto grossi intoppi lungo quel piccolo pezzo di strada e si sarebbe diretto verso la scalinata principale, passo dopo passo in direzione del suo obiettivo.

narrato - parlato - pensato



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O.T. ho cercato di essere meno autoconclusivo possibile, spero possa andare come post.
 
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La notte era fatta per le anime che non dormivano. Al contrario del pensiero dei più, il Fato vedeva la notte come un periodo di grandi possibilità. Durante il giorno chi avrebbe mai pensato di poter agire sotto copertura? Pura follia. Il Sole metteva sotto i suoi caldi raggi una quantità innumerevoli di cose che invece sarebbe stato meglio se fossero nascoste. Questo vizio di esporre tutto, il Fato proprio non lo condivideva. Preferiva più i lavori di fino, in silenzio e di precisione, attuati con mente e corpo.
Se la notte era per coloro che non riposavano, allora quella notte era di Mitchell. Il Corvonero si stava attrezzando, quella notte, per compiere la missione affidatagli. Cappuccio sul volto, mosse i primi passi fuori dalla Sala Comune. Dalla Torre all'Ufficio il tragitto non era proprio immediato, ma nemmeno si trattava di giungere ai Sotterranei. Tutto dipendeva da chi avrebbe incontrato. V'erano più parole d'ordine, per quella notte. Una era rapidità. Non poteva attendere che lo scoprissero, doveva agire senza perder tempo. Ogni secondo che rimaneva in giro per la scuola poteva essere soggetto a richiami d'ogni genere. Anche solo una sottrazione di punti per violato coprifuoco. Contemporaneamente Mitchell non doveva fare il minimo rumore. Sapeva bene che nel Castello ci fossero le ronde, e quella sera non esulava dal normale programma. Le cariche più alte di Hogwarts pattugliavano i corridoi, e sarebbe stato terrificante farsi cogliere con le mani nel sacco, incendiando uffici.
Pertanto, Mitchell iniziò la discesa lungo la scalinata che collegava la Torre di Divinazione al resto del Castello. Scendeva senza far rumore, poggiando con accortezza i piedi, ma doveva sempre tenere in mente il fattore tempo. Era giunto oramai allo spiazzo che poi permetteva di decidere se inoltrarsi nel Quinto Piano o di continuare a scendere verso il Quarto secondo due vie: le scale semoventi, o la scalinata che come uno scheletro, percorreva tutto il Castello. Proprio a pochi passi dal piccolo slargo, Mitchell poté udire un suono poco gradevole: rumore di passi dietro di lui. Scendevano le scale, erano chiaro, e si dirigevano nello stesso punto in cui si trovava il Corvonero. E a quel punto, se si fossero trovati in un film, la colonna sonora sarebbe stata un ritmo incalzante, segnale di pericolo. A quel punto, Mitchell doveva prendere chiaramente una decisione. V'era qualcuno che stava per imbattersi nella sua persona, stava per scoprirlo. Poteva proseguire verso il Quarto Piano, dove si trovava l'Ufficio dei Caposcuola, per mezzo delle scale semoventi o per la scalinata in granito. Viceversa, poteva anche affrontare lo sconosciuto. Di chi si sarebbe trattato? Di un Caposcuola? Della Preside? Mitchell doveva affrontare la soluzione più sicura, la migliore. Doveva tenere in conto tutto, possibilità di essere scoperto o visto, sconfitta o vittoria in caso di duello, rumore provocato da ciascuna delle scelte, pericolo in generale. Quale sarebbe stata la cosa più saggia da compiere?
I passi si avvicinavano. Il tempo scorreva veloce. A Mitchell la scelta.

 
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Silenziosamente il Corvonero iniziò la sua discesa, scalino dopo scalino, mettendo sempre più attenzione su dove metteva i piedi in modo da fare meno rumore possibile. La mimetizzazione datagli dal mantello era un'arma di difesa in più in quel momento, però sapeva benissimo che nel caso in cui avesse incontrato una persona di ronda su quelle scale, avrebbe potuto ben poco, doptutto cosa avrebbe potuto fare un ragazzino del primo anno contro un insegnante o un prefetto?
Mitchell era ormai arrivato al pianerottolo del quinto piano, era tutto tranquillo, la scuola di Hogwarts che il giovane Lacroix era abituato a vedere confusionaria e viva di giorno, di notte era tutta un'altra cosa. Il silenzio regnava sovrano, era un silenzio quasi irreale rotto solamente dai flebili respiri di Mitchell. Sembrava andare tutto per il meglio quando un altro suono attirò l'attenzione del Corvonero, dei passi.
Il rumore di quella persona che camminava veniva dalle sue spalle ed era sempre piiù forte dopo ogni istante, chi fosse non aveva importanza, Mitchell sapeva solamente che doveva dileguarsi e raggiungere il suo obiettivo il prima possibile, doveva andarsene da quel posto o sarebbe stato scoperto.
Inizialmente il ragazzino rimase immobile, non sapeva da che parte andare si era ritrovato di fronte ad un bivio con il suo inseguitore alle calcagna. Il cuore del Corvonero batteva all'impazzata sentiva le pulsazioni perfino dentro le orecchie e la paura faceva capolino nel cuore del giovane Lacroix. Non aveva molte possibilità fra cui scegliere, poteva proseguire per le scale semoventi o per l'enorme scalinata di granito, in quanto restare lì ed affrontare la persona che si stava avvicinando era impensabile, il ragazzino ne sarebbe per forza uscito sconfitto o peggio, espulso.
La scelta doveva essere fatta in fretta,, la scala di granito era la via più rapida ma sicuramente la più rischiosa in quanto non aveva vie di fuga, le scale semoventi potevano fargli brutti scherzi come farlo finire in posti indesiderati ma grazie a questa possibilità il ragazzino avrebbe comunque avuto una possibile via di fuga. I passi erano sempre più vicini ed ormai Mitchell non poteva più attendere, così il ragazzino sperando che il fato gli avesse concesso di proseguire senza intoppi si incamminò sempre con la massia cautela per non fare rumore, in direzione di quella scalinata mobile che probabilmente l'avrebbe condotto verso la sua meta.

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La situazione era subito giunta ad una svolta intrigante. Nella stellata notte di Hogwarts, il Corvonero si trovava già a fronteggiare un pericolo. Passi. Sinonimo di qualcuno che stava per arrivare, qualcuno che poteva scoprirlo e poteva mettere in pericolo tutta la missione. I battiti del cuore di Mitchell acceleravano ogni passo che il fantomatico Prefetto, Caposcuola o Docente si avvicinava. Mancavano ormai pochi passi, quando Mitchell decise di invertire la rotta e tuffarsi sulle scale. Purtroppo il problema rimaneva sempre quello, cautela non era effettivamente quasi mai sinonimo di celerità. Ed in quel momento bisognava coniugare entrambi questi bisogni. La scala, stranamente, non aveva intenzione di muoversi. Al termine dei gradini Mitchell sarebbe giunto allo slargo del Quarto Piano, dal quale poi avrebbe potuto decidere se ancora una volta scendere, salire o fiondarsi nel corridoio del suddetto piano, al termine del quale avrebbe potuto trovare l'Ufficio dei Caposcuola.
Il Fato sogghignò. Era troppo facile così. Il personaggio dietro Mitchell era stato attirato da dei piccoli rumori, spostamenti d'aria che vista la vicinanza era possibile sentire. Le scale semoventi non costituivano, oltretutto, un riparo da sguardi indiscreti. Il Mantello forniva a Mitchell un ottimo scudo dagli sguardi, ma non dalle cause dei suoi movimenti. Pertanto, l'inseguitore di Mitchell si insospettì, e decise anche lui, o lei, di imboccare le scale per il Quarto Piano, e non certo quelle di granito. Non vedeva certo il Corvonero davanti a sé, ma di lì a qualche gradino sarebbero praticamente inciampati l'uno nell'altro. Mitchell, quindi, non poteva sostare nemmeno in quel punto. Doveva sbrigarsi, intraprendere una via. Salire, scendere o andare dritto, lungo il corridoio del Quarto Piano? I passi continuavano ad inseguirlo, nella silenziosa notte. Nessun quadro sveglio, le cui chiacchiere potessero coprire il rumore dei suoi passi.
Le vie erano state presentate, di certo tornare indietro non era una soluzione. Il Corvonero era messo sotto pressione da quell'inseguitore che, alla fine, nemmeno ancora sapeva vi fosse qualcuno sulla stessa scala che si appropinquava a scendere. E ora, il discepolo del Lato Oscuro che strada avrebbe intrapreso?

 
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Mitchell era finalmente giunto al pianerottolo del quarto piano, fermatosi un attimo per distendere un po' i nervi da quella camminata in cui si era così tanto impegnato per non fare rumore.
Gli sforzi per restare silenzioso di Mitchell però divennero vani, forse aveva commesso un errore aveva trascinato troppo i piedi a terra o lo svolzzare del mantello aveva causato degli spostamenti d'aria che in quel silenzio assoluto della notte potevano essere percepiti come dei rumori assordanti. La figura alle sue spalle che Mitchell sperava di avere seminato era nuovamente sulle sue tracce in direzione del quarto piano, che fare? Era una scelta difficile, sapeva che rischiava grosso e che non doveva essere visto in quel momento, quando i passi si fecero ancora più forti Mitchell capì che il tempo per pensare era finito, aveva esaurito le scelte ora doveva muoversi, doveva andare via da quel pianerottolo e seguire una di quelle tre strade possibili.
La sua meta era vicina, era a solo un corridoio di distanza, a pochi passi da lui, ma sarebbe comunque stato un suicidio rifugiarsi all'interno di quel corridoio sperando che la figura alle sue spalle non lo notasse o proseguire per quelle scale ed allontanarsi dalla sua meta.
Il passi erano vicino, il ragazzino aveva paura anche a respirare, aveva paura che il suono dell'aria che andava a riempire i suoi polmoni attirasse l'attenzione di quella persona che stava effettuando la ronda notturna.
Ormai il tempo era terminato e Mtichell doveva muoversi, forse la scelta fu azzardata, ma il giovane Corvonero si indirizzò con passo felpato in direzione del corridoio del quarto piano, ed appena varcata quella soglia si fermò spiaccicandosi contro il muro rimanendo immobile appiattito e avvolto nel mantello che gli donava quella sorta di invisibilità, i respiri del Corvonero erano piuttosto rari e silenziosi, sperava che il fato fosse magnanimo con lui e che la figura che gli stava alle calcagna si dileguasse e il Corvonero potesse dirigersi con calma verso la sua meta.



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Il Fato d'una cosa era certo: se anche fino a quel momento il Corvonero aveva pensato di riuscire a sbrigare la missione senza intoppi, si era di certo ricreduto. La notte era ancora giovane, il suo obiettivo ancora lontano, e già si trovava a fare i conti con un inseguitore piuttosto accanito, per non vedere Mitchell. Il mantello gli conferiva quasi l'invisibilità, ma non certo l'impalpabilità. Se l'inseguitore l'avesse urtato, non avrebbe impiegato nulla a lanciare l'allarme. Pertanto Mitchell proseguì per la strada che sembrò la più giusta. La persona che lo seguiva non colse particolari segni, a parte il sospetto che continuava ad acuirsi. Era ancora più certo che ci fosse qualcosa che non andava, pertanto nello scendere le scale accelerò il passo. Non raggiunse, ad ogni modo, il Corvonero, che lesto superò lo slargo del Quarto Piano, infilandosi nel corridoio che, dopo qualche curva, avrebbe portato al locale dove Mitchell avrebbe compiuto la sua missione. Il problema della notte, di quella in particolare, era il silenzio. L'inseguitore, se così si poteva chiamare, aveva le orecchie ritte come quelle d'un segugio. Ogni minimo rumore era uno sprono per continuare a cercare la causa del suo sospetto, e purtroppo per Mitchell, non riuscì ad esimersi dal provocare qualcosa che, seppur in maniera minima, ne attirò l'attenzione.
Poggiandosi con le spalle al muro, si era liberato nell'aria il suono come d'un volto che si lascia andare su un morbido cuscino, pronto per addormentarsi. Ovattato, certo, ma in misura infinitesimale giunse fino alle orecchie del pattugliatore. Spalle al muro, Mitchell continuava ad avere più d'una possibilità. Il suo vantaggio era che l'altro si trovava praticamente alla cieca: bastava giocare d'astuzia. A tal proposito, alla sua destra si profilò qualcosa che si poteva rivelare provvidenziale: una porta semiaperta, abbastanza da permettere al Corvonero di entrarvi senza dover fare rumore, senza doverla aprire ulteriormente. L'inseguitore superò lo slargo del piano, avanzando nel corridoio. Mitchell poteva vederlo di profilo, davanti a lui. Gli era visibile il lato destro, quello che impugnava la bacchetta sfoderata, pronta a colpire, mentre il lato sinistro gli era nascosto. L'uomo (almeno sembrava tale), il ragazzo, o chi fosse, non guardava nella direzione di Mitchell, ma gli sarebbe bastato stendere il braccio destro come un'ala e sarebbe riuscito a togliere il Mantello al giovane. Urgeva, ancora una volta, agire. Sgusciando verso l'Ufficio avrebbe potuto attirare l'attenzione del suo avversario, che convenisse rifugiarsi per qualche secondo nella stanza sulla quale dava la porta semiaperta, per far calmare le acque e poi procedere tranquillamente? A Mitchell ancora una volta la scelta. Chissà quale sarebbe stata quella migliore.



D'ora in poi, per dubbi e domande di sorta, contatta me, non più il contatto del Master Adepto.
 
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view post Posted on 17/4/2016, 19:53
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Mitchell era immobile contro il muro, spiaccicato come se fosse un insetto che incontra la morte contro il parabrezza di un auto. Immobile, muoveva il diaframma di tanto intanto per respirare cercando di fare meno rumore possibile con il suo inseguitore che gli stava alle calcagna.
Sperava di averlo seminato entrando in quel corridoio, sperava di non farsi sentire in alcun modo, ma la sorte non gli fu favorevole e fece sì che la figura che effettuava la ronda si inserì in quel corridoio, allertato da un rumore causato involontariamente da Mitchell.
A volte le frasi fatte sono vere, solitamente si dice che la fortuna è cieca, e forse era vero ma questa volta la dea bendata della provvidenza aveva sorriso a Mitchell concedendogli una scappatoia da quella situazione spinosa che avrebbe potuto causargli no pochi problemi.
Il ragazzino voltò il cranio verso destra e lì vide l'unica cosa che avrebbe potuto salvarlo da quella situazione, una porta, era semi aperta e Mitchell sarebbe riuscito a entrarvi senza doverla muovere e senza fare alcun rumore.
Il so inseguitore era ormai vicinissimo a lui, vicino a qual punto che un movimento sbagliato avrebbe permesso a quella figura di togliergli di dosso il mantello e renderlo visibile, e venendo inevitabilmente scoperto.
Non poteva perdere tempo e non doveva restare lì un minuto di più, così il ragazzino si incamminò cercando di non emettere suoni, verso la porta semi aperta.
Se fosse riuscito ad arrivarci si sarebbe rifugiato lì per tutto il tempo necessario affinché il suo inseguitore smettesse di inseguirlo e tornasse sui suoi passi.



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Il vento soffiava furioso tra i rami dell'assonnato Platano Picchiatore, che si dondolava seguendo un ritmo ipnotico. Piccoli vortici di foglie si creavano vicino alle sue radici, e l'aria entrava come ululati nel Castello attraverso alcuni spifferi. Non faceva freddo, di per sé, ma il vento contribuiva a dare delle stilettate di gelo ogni qualvolta se ne fosse colpiti. Uno di questi ululati entrò prepotentemente da una delle vetrate del corridoio del Quarto Piano, e la figura che inseguiva Mitchell si girò istintivamente alla propria sinistra. Mitchell, nel frattempo, si era appropinquato alla porta, pronto ad entrare. Quello sarebbe stato il momento perfetto: l'inseguitore era distratto, qualsiasi rumore provocato avrebbe potuto anche passare inosservato. Il Corvonero avrebbe dovuto comunque mantenere il passo felpato che fino a quel momento gli aveva garantito di passare almeno parzialmente inosservato, ma doveva incamminarsi. Di lì a poco il Mago dietro di lui avrebbe ripreso il suo movimento, andando avanti e quindi spostandosi pericolosamente vicino alla sua posizione.
Una volta entrato, la vista di Mitchell avrebbe potuto godere del chiarore lunare. I raggi del satellite penetravano prepotentemente attraverso le vetrate entrando in quella che sembrava un'aula in disuso. Non abbandonata, semplicemente non utilizzata. Davanti al Corvonero si sarebbero presentati numerosi banchi ordinati, una lavagna perfettamente pulita ed alcuni oggetti sparsi tra i banchi. Mitchell non poteva prendersela comoda. Era questione di attimi, giusto il tempo di prendere coscienza del fatto che se voleva entrare nella stanza, quello era il momento adatto. Di lì a poco, con ogni probabilità, la ronda sarebbe passata a pattugliare altri corridoi, lasciando libero quello per un più tranquillo transito del Corvonero. Una volta entrato, Mitchell avrebbe potuto cogliere, con un po' d'attenzione, un vago rumore, come un battito d'ali appena percettibile. Ma aveva problemi ben più grandi di cui occuparsi in quel momento. Non doveva scordarsi che la ronda aveva già impugnato la bacchetta.
Cosa sarebbe successo, se fosse stato scoperto, oltre ad una sua dipartita alla velocità della luce sul primo treno per Londra? Non avrebbe più messo piede nella scuola, e probabilmente avrebbe anche dovuto vivere come un rinnegato. Voldemort non perdonava. Che il giovane già si stesse arrendendo? Da quando i Corvonero si perdevano d'animo? Certo, non si stava abbattendo, ma il Fato nemmeno coglieva quella scintilla d'orgoglio, con una punta di presunzione, che tanto apprezzava nella Casata. Che Priscilla mostrasse di aver inculcato qualcosa nelle zucche dei suoi discepoli, suvvia! L'Oscuro non voleva al suo fianco inetti, persone incapaci di fare il salto di qualità richiesto per entrare nei ranghi del Male, per essere partecipi alla creazione d'un nuovo, e più pulito, ordine.
Il tempo scorreva. A Mitchell la mossa.

 
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Ormai si era spinto troppo oltre, anche solo per poter osare di pensare a tornare indietro, doveva muoversi e proseguire verso quell'ingrato compito che lo attendeva e prendersi la responsabilità delle sue scelte. Doveva proseguire in quel corridoio riuscendo in una qualche maniera ad eludere quella sorveglianza che gli incuteva tanto timore. Era questione di vita o di morte il fatto che riuscisse a giungere restando nell'anonimato quell'ufficio dei caposcuola che si trovava così vicino, ma allo stesso tempo bloccato da un ostacolo che pareva inamovibile.
Mitchell si poteva basare sulle sue forze, solo su quell'ingegno che gli era stato donato come diritto di nascita dalla sua famiglia che da sempre apparteneva a Corvonero, la casata di Hogwarts che premiava la mente e l'ingegno dei sui adepti. Si proprio quell'ingegno che si sarebbe potuto evolvere come una forza inarrestabile nel caso in cui il fato avesse sorriso a Mitchell concedendogli anche un piccolo istante di vantaggio che avrebbe sfruttato per passare quell'ostacolo che sembrava inamovibile impersonato dalla guardia che faceva la ronda nella scuola.
Sembrava tutto finito quando un rumore sordo proveniente dall'esterno fece voltare dall'altra parte la figura che lo stava seguendo, quello era il segnale, era il momento perfetto per muoversi doveva proseguire in direzione di quella porta che poteva essere la sua unica ancora di salvezza per poter seminare il suo inseguitore. Il rumore aveva distratto la figura che stava alle calcagna di Mitchell ed il Corvonero sfruttò l'occasione tentando di sgattaiolare in silenzio dentro quell'aula abbandonata.
Sperava di esserci riuscito, forse questa sarebbe stata la volta buona ed il suo inseguitore se ne sarebbe andato per la sua strada. Se tutto fosse andato bene Mitchell avrebbe fatto un passo avanti in direzione del suo obiettivo.

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Spesso e volentieri era tutta questione di tempistica. Quante volte era capitato, a tutti, di mancare un'occasione per un secondo di anticipo o di ritardo? Non al Fato, di certo, ma a gran parte degli umani di sicuro. Tempo, tempistica, molto girava intorno a quelle due parole. Mitchell stava imparando proprio in quegli attimi il valore di quella dimensione. Un secondo perso poteva costargli l'espulsione e la punizione del suo Signore. Imparava finalmente a dare valore ad ogni singolo attimo, che in determinate occasioni poteva essere cruciale. Lo spiffero era stata una distrazione provvidenziale, e Mitchell non perse tempo dietro a chimere, ma riuscì ad infilarsi dentro l'aula ormai in disuso.
Non guardò dietro di sé. Effettivamente non ne ebbe il tempo materiale. Di lì a poco, l'ululato del vento smise, facendo piombare nuovamente il Castello in una calma che quasi trasudava angoscia. Mitchell poteva sentire i passi dell'inseguitore che, circospetto, cercava conferme per i suoi sospetti. Di lì a pochi secondi, sembrò che lo stesso si fosse stufato, tanto che furono udibili gli stessi passi che fino a poco prima avevano costretto il Corvonero a correre, ma nella direzione opposta: verso lo slargo del Quarto Piano, e poi via lungo le scale.
Il ragazzo aveva rischiato grosso! Ma ora poteva tirare un sospiro di sollievo. O forse no. Mitchell non aveva fatto particolarmente caso al vago rumore d'ali che sbattevano. Di certo aveva cose più importanti in testa, poteva essere scoperto, ma ora la testa sgombra da pensieri poteva essere più pronta a ricevere nel padiglione auricolare il suddetto rumore. La luce lunare entrava prepotentemente dalle vetrate, illuminando tutto ciò che v'era nella stanza. Ma da dove veniva quel rumore che, man mano, si faceva sempre più insistente? Un ronzio terribilmente vicino.
ZAC.
Mitchell sentì un improvviso dolore sulla guancia, come d'un graffio, ma meno esteso. Prima che potesse anche rendersi conto di cosa gli fosse successo, davanti a lui iniziarono a svolazzare due esserini alati. Sembravano fate, rischiarate dal chiarore del satellite terrestre, ma erano totalmente ricoperte di peli neri ed erano dannatamente più brutti. Sui loro volti dei ghigni malvagi. Erano Doxy! E sembravano pronti a sferrare un altro attacco. Il Doxy di sinistra l'aveva appena morso, ecco cos'era quel dolore che provava. Inoltre, anche se probabilmente Mitchell non s'era ancora scontrato con creaturine del genere, il morso del Doxy risultava anche leggermente velenoso (-6 PS, -2 PC).
Questo sì che era un colpo di scena. Mitchell doveva agire, ancora una volta. Poteva scappare, ma nessuno garantiva che i Doxy non l'avrebbero inseguito. Poteva attaccare, ma doveva fare attenzione a non farsi scoprire. I Doxy non erano avversari così temibili, Mitchell come avrebbe reagito all'affronto di quei due esserini capitati lì così, per caso?



Mitchell Lacroix
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view post Posted on 19/4/2016, 15:30
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Era riuscito a guadagnare tempo nei confronti del suo inseguitore, sfruttando quell'attimo di fortuna concessogli dal fato. Grazie al rumore causato probabilmente dal vento il giovane Lacroix riuscì ad infilarsi nella vecchia aula non più utilizzata senza destare ulteriori sospetti.
Era finalmente riuscito ad avere un attimo di pace entrando sentì tutta la tensione che aveva accumulato pochi istanti prima svanire verso il basso attraverso le sue gambe che ebbero una specie di cedimento.
Sperava di avere guadagnato il tempo sufficiente a nascondersi ma l'idea di Mitchell fu sbagliata fin da subito, dopotutto il fato raramente sorride due volte di fila ad una persona, soprattutto in così poco tempo. Un rumore, come un battito d'ali si sentiva in quella stanza non più utilizzata per scopi didattici, un rumore molto esile che però in quel silenzio sembrava assordante. Quel battito d'ali generato da una o più figure che al momento sembrarono indistinte si avvicinò repentinamente a Mitch,così veloce che il ragazzino non ebbe nemmeno il tempo di difendersi. Quell'attacco andò a segno in maniera violenta su Mitchell che ritornò alla realtà osservando l'ambiente circostante senza nemmeno degnarsi del graffio che gli si era aperto sulla guancia, ed in pochi istanti realizzò ciò che stava succedendo, in quell'aula vi si erano rifugiati due Doxy, degli esseri simili a fate ma perfidi e esteticamente orribili che volevano fare la festa al giovane Corvonero appena entrato nella stanza.
Appena realizzata la situazione il ragazzino strinse forte la bacchetta nella mano, la puntò in direzione della porta e con un tono di voce bassissimo, quasi impossibile da udire disse: «Muffliato».
Se l'incanto fosse andato a segno sulla porta non si sarebbe dovuto più preoccupare dell'inseguitore nel corridoio e si sarebbe potuto occupare dei due Doxy che non sembravano un avversario così temibile ma comunque fastidioso.

narrato - parlato - pensato



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Ho editato il post per aggiungere gli oggetti e le stats che mi ero dimenticato di postare, non ho modificato null'altro.
 
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La situazione aveva preso una piega inaspettata. Il Fato era sicuro che il Corvonero non si sarebbe certo aspettato di dover sfoderare la bacchetta dopo la mezzanotte, contro due Doxy in un'aula in disuso, nel bel mezzo di una sua missione. Eppure, era proprio quello che lo divertiva. Per lui gli imprevisti erano sempre previsti, pertanto gioia e provava conforto nel vedere lo sconcerto di chi viveva il momento, di chi non conosceva già il futuro. Inoltre, immaginava che i Doxy fossero bestioline terribilmente irritanti. Meno male che non ve n'era uno sciame, ma solo due esemplari! Mitchell non poteva concedersi un momento di riposo. La ferita bruciava in virtù del veleno (-2 PC), i cui effetti col tempo sarebbero scemati fino a terminare. Dal morso non colava sangue, ma era visibile una minuscola porzione del tessuto che si trovava al di sotto della pelle. Di certo Mitchell non avrebbe inserito quella serata fra la top ten dei suoi pigiama party più divertenti. La lesta mente del giovane, da degno allievo di Priscilla, non si concentrò sulla maniera più rapida di sbarazzarsi dei nemici, come probabilmente avrebbero agito altri, incuranti degli effetti collaterali. Scelse una via traversa, più sicura, migliore. Seguendo i movimenti che l'incanto richiedeva, Mitchell puntò la bacchetta contro la porta, enunciando la formula. L'incantesimo andò a buon fine. L'inseguitore se n'era andato, ma poteva esser sempre richiamato da qualsiasi rumore sospetto, ed un combattimento in corso a qualche decina di metri dalla sua posizione di certo l'avrebbe insospettito. Ora nessuno, oltre Mitchell ed i Doxy, potevano sentire quanto succedeva nell'aula. Tuttavia, il Corvonero aveva sacrificato, in favore di un'altra strategia, un buon momento per attaccare. I Doxy, ben più istintive creature, non si concessero giri di sorta, quanto invece puntarono all'obiettivo. Il Doxy che l'aveva già ferito si fiondò sul braccio sinistro, coperto dalla manica del mantello. Il colpo fu attutito dalla stoffa (-3 PS), ma sarebbe comunque risultato fastidioso a Mitchell. Diversamente, l'altro Doxy, pur seguendo per un tratto il cammino del compagno, puntò alla pelle scoperta. Si avvicinò alla mano sinistra, fortunatamente non quella che teneva la bacchetta, e morse nuovamente. (-5 PS) Che il Doxy fosse più piccolo dell'altro? Nella foga del momento forse Mitchell non riusciva a distinguerlo bene, ma il Fato vedeva bene che era un Doxy vagamente più giovane, le cui piccole zanne non contenevano ancora veleno sufficientemente pericoloso per dar problemi all'organismo umano. Spaventati dal movimento della bacchetta, entrambe le creature s'erano tenute lontane dal braccio destro.
Ad ogni modo, la loro presenza stava diventando fastidiosa. Mitchell, una volta assicuratosi una buona sicurezza da ulteriori fattori esterni, doveva mettere fine a quel noioso contrattempo. Una volta per tutte.



Mitchell Lacroix
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Il primo di quei problemi era andato, era riuscito a castare l'incantesimo Muffliato e rendere impossibile sentire ciò che avveniva all'interno della stanza per chi si trovava fuori. Ora veniva sicuramente la parte più movimentata ma anche probabilmente la più divertente per qualunque mago, ovvero il tempo per un duello.
I due esserini rivoltanti svolazzavano per la stanza e colpirono nuovamente Mitchell causandgoli un altro graffio. Non faceva male, però quei due attacchi da parte dei Doxy spinsero Mitchell al contrattacco, ma prima di tutto doveva capire come fare. Avrebbe voluto stenderli il prima possibile in modo da poter ragionare con tranquillità su come proseguire la sua missione, e proprio in quel momento al giovane Corvonero tornarono in mente le parole dell'Oscuro Signore, riassunte in poche parole come successo nella missione o morte.
Probabilmente chiunque si sarebbe rassegnato al suo crudele destino vedendo i rischi di questa missione che sembrava impossibile soprattutto per uno studente del secondo anno, che era ancora all'inizio del suo percorso di conoscenza della magia. Mitchell però non si considerava uno studente di Hogwarts qualsiasi, lui sapeva che essendo stato scelto dall'Oscuro Sire era per un motivo, lo sapeva che quell'uomo vedeva più di tutte le altre persone normali e vedeva le potenzialità magiche di Mitchell, per questo il ragazzino era lì ora e voleva proseguire, costi quel che costi.
Il Corvonero stava osservando i due esserini svolazzare, sentiva di doverli abbattere, e doveva farlo il prima possibile, era determinato, ed il fatto di essere stato ferito l'aveva fatto arrabbiare.
Come successo alla Villa dell'Oscuro Signore il ragazzino trasformò la sua rabbia in una sorta di odio, voleva tarpare le ali a quei Doxy e l'avrebbe fatto subito.
Sapeva già che incantesimo voleva fare, perciò alzò la bacchetta e puntando il Doxy che l'aveva ferto fece un movimento repentino, dall'alto verso il basso, creando una traiettoria attraverso il corpo dell'esserino, un movimento rapido come quello della lama di un guerriero che attraversa il corpo di un nemico, un colpo inferto per uccidere, o quantomeno per ferire in maniera grave. Proprio mentre il ragazzino terminava quei movimenti recitò la formula dell'incantesimo: «Sectumpsempra!» - disse lui con un tono deciso e la speranza che la dea bendata fosse dalla sua parte e facesse andare a segno l'incantesimo.

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La notte scorreva veloce. I Grifondoro, Corvonero, Tassorosso e Serpeverde, più i Docenti e chiunque altro, dormivano sonni felici e tranquilli. Per loro nulla stava accadendo quella notte. Avrebbero ricordato il secondo prima di addormentarsi, riprendendo la loro vita il mattino dopo, quando avrebbero aperto gli occhi.
La notte scorreva lenta. Una volpe si aggirava intorno al Platano Picchiatore, attenta a non avvicinarsi troppo. Sapeva di cosa fosse capace quell'albero. Andava a caccia, i furbi occhi erano una delle poche cose più luminose che si sarebbero potute vedere guardando dalle finestre del Castello.
Mitchell era nella situazione della volpe. La notte scorreva lentamente, e come la piccola cacciatrice, anche lui aveva una missione da compiere. Ma prima di scatenare il fuoco nel cuore di Hogwarts, ufficio di capisaldi del sistema del Castello, tramite fra adulti e studenti, v'era un piccolo contrattempo da eliminare. I due Doxy, che sembravano essere particolarmente dispettosi, non intendevano lasciare il loro giocattolo. Così consideravano il malcapitato Mitchell. Piccoli bulli, stavano approfittando della situazione per divertirsi un po'. Fino a quel momento, alla fine, l'unico ad aver incassato colpi e ad aver riportato danni era stato, per l'appunto, il Corvonero. Era quello il motivo per il quale le due creature si sentivano legittimate a proseguire nel loro fastidioso gioco, ma non avevano tenuto in conto che, una volta andato a segno il primo incanto, Mitchell avrebbe reagito alle loro provocazioni. E così fu.
Era ovvio che Mitchell non potesse odiare quelle due creaturine. Fastidiose, certo, da sopprimere, sicuro. Ma non v'era la carica che il ragazzo sapeva di dover imprimere nell'incantesimo. Avesse avuto davanti a sé un bersaglio umano il Sectumsempra non avrebbe causato il massimo del danno possibile, ma ad ogni modo le ferite oscure erano difficili da richiudere, e Mitchell non ne avrebbe create poche. Poi, in quel frangente, v'era da considerare che il bersaglio in questione era molto più piccolo e fragile. Dalla bacchetta sfrecciò un raggio che faceva crepitare l'aria circostante, diretto, violentemente, verso il Doxy di destra. In men che non si fosse detto, il corpo della creatura si divise in due, aprendosi lungo una perfetta diagonale. Il corpo esanime cadde a terra, in una piccola pozza di sangue violaceo.
L'altro Doxy si voltò verso il cadavere del suo compagno, con sguardo terrorizzato. L'istinto animale lo spinse ad allontanarsi da Mitchell, spaventato, ma non uscì dalla finestra, ammesso che vi fosse uno spiraglio che facesse al caso suo. Probabilmente, in quelle condizioni, il Doxy non l'avrebbe più attaccato. Il veleno faceva ancora effetto (-1 PC), ma di lì a poco sarebbe sparito. Eliminato un Doxy, era rimasto l'altro. Mitchell poteva decidere di lasciarlo perdere, dirigendosi verso l'Ufficio dei Caposcuola per adempiere al suo dovere, o dargli il colpo di grazia. A lui la scelta. Quegli occhioni, prima tanto spavaldi, ora guardavano innocenti Mitchell, colui che aveva ucciso il compagno del Doxy.
Aveva ucciso, e non ci aveva nemmeno pensato. Che vi fosse della stoffa, nel giovane Corvonero?



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