Bittersweet Lies, Camillina Pomodorina

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view post Posted on 13/5/2016, 11:26
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Rhaegar Wilde
¬ Hogsmeade ; ¬ Weather; Unsettled
Rhaegar poggiò la benda sul bordo del lavandino in ceramica, osservando per un rapido momento ciò che lo specchio rifletteva: un volto stanco, solcato da profonde occhiaie lo osservava ed una lunga, orribile cicatrice pallida attorniava l’occhio sinistro il cui bulbo si muoveva fastidiosamente al punto da dargli la nausea nonostante ci fosse abituato ormai da vent’anni.
Sfuggendo il suo stesso sguardo eterogeneo, l’uomo tuffò il viso direttamente sotto al rubinetto, rinfrescando la pelle accaldata e trovando conforto nell’acqua fredda nella speranza che questa potesse anche svegliarlo.
Quella notte aveva dormito sì e no due ore, buttato alla bell’e meglio sul divano, mentre sul tavolo erano ammucchiate decine di appunti, di foto, di reperti che aveva letto e riletto, scritto e riscritto fino al punto da memorizzarle. Ciò che era accaduto il giorno precedente ad Hogwarts era una grossa, grossissima magagna e il fatto che tutto fosse accaduto esattamente qualche ora dopo il patto fra lui, Camille e Persefone non aiutava affatto. I sospetti montavano naturali e l’idea che dentro quella Scuola si celassero più spie di quante se n’era aspettate atterriva Rhaegar. Tuttavia, essendo il Capo Auror, non poteva permettere all’ennesima disgrazia di abbatterlo: aveva una scorza dura, un’armatura forgiata nel corso di centinaia di indagini e situazioni ancora più complesse di quella.
Così, chiudendo il rubinetto e affondando il viso nell’asciugamano, Rhaegar sospirò, liberando in quel modo il malessere e l’avvilimento e ritornando l’uomo ligio e impenetrabile che aveva sempre mostrato di essere.
Si risistemò la benda, legandola dietro la nuca e nascondendo i lacci dietro le folte ciocche nere e tornò nel salone incasinato della sua casa. A giudicare dal disordine, pensò, il caos che regnava lì dentro rifletteva perfettamente il disordine di quel periodo fra attacchi alla Scuola, Auror che sparivano o si dimettevano, Gazzetta sempre più pressante con i suoi stupidi articoli, Camille che taceva pure la vita e via discorrendo.

*Magari se riordino qui, riordino anche tutto il casino di lì fuori?*
« Eh, magari. » Borbottò ad alta voce, chinandosi a raccogliere un paio di fogli e leggendoli rapidamente: aveva stilato una breve lista su quel che avrebbe detto a Camille quel giorno:
Punto numero uno: sgridarla perché non comunica con lui;
Punto numero due: sgridarla perché ha autorizzato una missione tra i vampiri per cercare Black;
Punto numero tre: sgridarla perché ha mandato in fumo un possibile contatto coi vampiri (coinvolgendo pure quella scema della Dalton);
Punto numero quattro: sgridarla perché… perché non le gustavano le sue ciambelle.
E via discorrendo.
In realtà, non aveva granché voglia di farle delle paternali. Sapeva che Camille cercava sempre di agire per il meglio, maporco mondo, si ritrovò a rimuginare irato, doveva imparare ad aprire quella sua bella bocca e a comunicare le sue fottutissime intenzioni.
Infastidito, Rhaegar appallottolò i fogli e li lanciò da qualche parte sulle poltrone, dirigendosi verso la porta di casa. Dall’attaccapanni prese una giacca di pelle e se la infilò: sebbene non facesse particolarmente freddo, il caldo sole primaverile era coperto da spesse nubi e un leggero vento fresco soffiava a stemperare l’aria altrimenti afosa. Prima di uscire, l’uomo scoccò una rapida occhiata alla pendola in salotto: era leggermente in ritardo, ma qualcosa gli diceva che ormai Camille si era abituata a quella sua caratteristica.
Una volta uscito, fuori dal cancello —dove terminavano gli incanti di protezione— e al riparo dietro un grosso olmo, con una piccola piroetta ed un sonoro “pop” si Smaterializzò.


[Hogsmeade]

Ad Hogsmeade il tempo non era poi così differente da quello di Londra, anzi, forse lì il vento soffiava ancora più forte, scapigliando i capelli dei passanti e facendo ondeggiare i loro leggeri mantelli. Con le mani nelle tasche della giacca, Rhaegar si incamminò, attirando su di sé gli sguardi severi di alcuni Maghi che lo incrociavano. La storia del cadavere trovato fuori Hogwarts era ormai —grazie alla Gazzetta del Profeta— di dominio pubblico e sin da quando era arrivato il giorno prima, gli abitanti di Hogsmeade avevano guardato lui e i suoi Auror con occhi pieni di rancore e rimprovero. Rhaegar avrebbe voluto prenderli a calci nel sedere uno ad uno, urlando loro che no, non è che il Ministero non fa un cazzo dalla mattina alla sera, ma che se loro possono ancora dormire un po’ di sonni sicuri è soltanto merito delle forze dell’ordine. E dell’Ordine, a ben pensarci.
Di cattivo umore, Rhaegar sbuffò, mentre l’occhio magico cercava rapidamente la figura di Camille. D’improvviso e in modo del tutto inaspettato, Rhaegar scoppiò a ridere immaginando la faccia che lei avrebbe fatto quando lo avesse visto. In realtà, le aveva mandato un Gufo quella mattina dicendole di farsi trovare sulla strada principale di Hogsmeade dove, sicuramente, l’avrebbe notato subito, pur senza riferirle il luogo d’incontro. Era una sorpresa, altroché. E no, non le era permesso scappare, aveva sottolineato più volte nella missiva, e già questo aveva dato un indizio sul luogo della vendetta di quel pranzo di lavoro.
Quando Rhaegar si trovò dinanzi la mielosa, zuccherina insegna di Madama Piediburro, il suo malumore svanì solo al pensiero della faccia sbigottita che avrebbe fatto Camille nell’apprendere dove, effettivamente, si sarebbero ritrovati a parlare. Non aveva saputo resistere: forse sarebbe sfuggita alle paternali, ma accidenti se non sarebbe sfuggita a quella piccola vendetta.

*Te la sei voluta, Camillina pomodorina.* Pensò divertito, posizionandosi vicino l’uscio del locale, in attesa. Ah, quei minuti erano gustosi quanto una ciambella al bacon. *Yum*
A quel pensiero, il suo stomaco brontolò rumorosamente, tanto da fargli credere che avesse tuonato. Decisamente non aveva perso l’appetito.
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Edited by Rhaegar - 13/5/2016, 13:51
 
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view post Posted on 26/5/2016, 22:58
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Di certo uno che si chiamava Seraphinus qualche problemuccio doveva averlo. DOVEVA averlo.
Sedeva alla scrivania, in preda a foschi pensieri, il braccio si muoveva meccanicamente verso il centro della Stanza, dove, ammonticchiati sul pavimento, vi erano svariati fogli appallottolati del giornale che più odiava al mondo. Di quell'edizione non erano rimaste che strisce ingiallite destinate a vivere la stessa, tragica fine: una montagna di palle che Putridino avrebbe imbavato senza il minimo ritegno.
Pensò alla Bennet, pensò a Rhaegar, pensò al timore di tanti genitori, ancora una volta traditi dalle persone che avrebbero dovuto proteggere i loro figli.
Eppure, quando la situazione contingente richiedeva una ponderazione verbale, qualche Seraphinus si arrischiava a vivere il suo giorno di gloria e la campana della sfiga quotidiana suonava irrimediabilmente a morto.
Un po' come quello studente, Richard Vanille.
Torturato, ucciso e abbandonato nel luogo meno indicato.
Sospirò come se in quel momento avesse compreso la poca voglia di comunicare via gufo di Rhaegar. Il cadavere ha questo ma te lo dico a voce, ho trovato quello ma te lo dico a voce, dammi una A e compra una B, metti insieme al contrario e balla una tarantella. Dovette invece convenire con le precauzioni prese, non c'era davvero più niente di sicuro se non le loro bocche in mezzo al deserto.
Posizionò una palla di Gazzetta al centro della scrivania e con un ultimo, esasperato gesto di pollice e indice, colpì la palla che finì esattamente in cima alla piramide di fogli appallottolati. Poi si alzò, agguantò la giacca e uscì dall'Ufficio sbattendo la porta.


Fortunatamente la via principale di Hogsmeade non era particolarmente lunga, dopo aver fatto il solco per due o tre volte, alzato lo sguardo sulle stesse vetrine e appurato che il ritardo cronico di Rhaegar non era curabile, lo vide.
Là, bello come il sole e pimpante come uno studente il primo giorno di vacanza.
Allungò il passo chiedendosi se, davvero, le voci che giravano per i corridoi del Ministero fossero degne di credito. Se davvero quella sottospecie di storia o presunta tale con la Lancaster non lo avesse irrimediabilmente trasformato. Ma quando arrivò di fronte a lui i segni della stanchezza, il volto tirato, le occhiaie - una ben visibile e l'altra si intravedeva da sotto la benda - erano il chiaro segno delle difficoltà delle ultime ore. Rhaegar aveva passato tutto il giorno al castello, forse anche la notte. Il suo profondo senso del dovere e la passione viscerale che nutriva per il suo lavoro lo avrebbero fatto ammalare prima o poi e anche se Hope poteva rappresentare l'esatta incarnazione della crocerossina, a lei Rhaegar serviva lucido.


"Dopo questo ulteriore macello non potrai privarmi della testa della Bennet, la voglio su un piatto d'argento"

Non spese tempo per i saluti.

"Sai bene che se non la fermiamo quella donna trasformerà Hogwarts in un obitorio senza neanche rendersene conto"

Si strinse nella giacca portandosi una mano sulla testa, nell'inutile tentativo di tenere a bada la folta chioma corvina ma il vento non accennava a diminuire.

"E ti preannuncio che quel cazzo di giornalista sarà il prossimo a morire""

Fu in quel preciso frangente, mentre tentava di domare l'irruenza dei suoi dannati capelli che, alzando di poco il capo, mise a fuoco l'insegna della locanda.
E, pur in preda all'ira, due conti riuscì comunque a farseli.
Considerato che era l'ora di pranzo e considerato che Rhaegar non lo avrebbe saltato neanche se si fosse messa a fare capriole in mezzo al paese, PROBABILMENTE si sarebbe dovuta sorbire l'atmosfera melensa di quel posto terribile. E l'idea di stare seduta di fronte a lui a parlare di morti e teste decapitate con un piatto rosa davanti, la tovaglia a fiocchi, petali ovunque e glassa a volontà le fece contorcere le viscere. Stava così somatizzando che le parve addirittura di sentire il profumo di fiori da lì.
Adesso anche il senso del suo Gufo appariva più chiaro, credeva che l'allusione allo scappare si riferisse alla discussione di qualche giorno prima e al fatto che lei non lo avesse messo al corrente della missione affidata a Persefone e Caroline. Ma, diavolo di un Rhaegar, si era ben guardato dal darle un appuntamento preciso e lei non aveva debitamente riflettuto sulla stranezza.
Sbuffò enfaticamente per concludere degnamente l'attacco verbale, quindi lo guardò con una contrarietà tale che Rhaegar non potè non leggere nella sua mente il totale disaccordo per la scelta.


"Non vorrai mangiare lì dentro ... "


 
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view post Posted on 19/7/2016, 11:59
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Avrebbe distinto Camille Pompadour anche in una folla di mille persone e non era certo solo per i suoi occhi, così particolari nel loro colore più unico che raro, ma più per l’aura che la donna emanava a dispetto delle situazioni.
Sembrava ammantata da una specie di impalpabile armatura, così forte all’apparenza, lucida e smagliante, come un regina guerriera d’altri tempi: doveva essere stato necessario —aveva sempre pensato Rhaegar— correre ai ripari quando le responsabilità dei suoi molteplici ruoli le erano caracollate sulle spalle ed era per questo che Camille sembrava sempre imperturbabile, sempre razionale, quasi fredda (tanto che al Ministero qualche coraggioso osava persino chiamarla Vergine di Ferro), sempre pronta ad affrontare qualsiasi situazione, mai sconvolta, mai spezzata.
Rhaegar, però, conosceva la verità, molto più di quanto lei volesse mostrargli: forse era l’esperienza, o forse, più semplicemente, perché lei e lui erano dannatamente simili, per quanto cercassero di ignorarlo.
Quando la raggiunse, capì subito che era infastidita, e come biasimarla? Con tutto ciò che era accaduto in un solo giorno, poco dopo un dialogo sull’argomento sicurezza con la —tanto odiata— Preside di Hogwarts, era normale. Un fresco venticello le scompigliava e le arruffava i lunghi capelli corvini, facendola sembrare un adorabile gufo impagliato. E anche piuttosto incazzato.
Con pazienza l’Auror si sorbì il vomito di parole sputate una dopo l’altra, con rabbia e rancore verso tutto e tutti, assorbendo come una spugna il fastidio che ella provava; lì per lì, Rhaegar fu tentato di lanciarle un’occhiata ammonitrice. Non sapevano ancora come quel tale della Gazzetta era riuscito a carpire così tante informazioni e l’idea che potessero essere spiati o ascoltati aveva infine spinto l’uomo a decidere come luogo di appuntamento proprio la sala da tè di Madama Piediburro. O almeno, questa era la spiegazione ufficiale; quella di sottobanco, invece, prevedeva una lenta, indecorosa vendetta per ricordare a Camille che doveva imparare a dirgli le cose, anziché fare quel che le pareva sotto al suo naso.

« Buongiorno anche a te, raggio di sole! » Esclamò divertito dalla verve della donna che fu tale da far dimenticare a lei i convenevoli e a lui il rimprovero. « Sono contento di vederti così motivata, ma… andiamo, sto morendo di fame. » Con non-chalance le poggiò la mano sulla spalla e la condusse con gentilezza, ma con una certa forza, verso l’entrata zuccherosa del pub più romantico di tutta Hogsmeade. « Voglio mangiare qui dentro, sissignora, e cerca di intuire il perché. » Le bisbigliò sempre sorridendo, tirando, però, le labbra in un modo che a quel punto il sorriso sembrava più una colica che un’espressione di divertimento.
Quando la mano di Rhaegar spinse il pomello dell’uscio, aprendo la porta, un chiacchiericcio allegro e sommesso ed una ventata calda di profumi dolci e mielosi li inondarono come una nuvola rosata. Per un piccolo, micragnoso secondo Rhaegar si pentì di quella scelta, ma una sola occhiata verso la faccia di Camille bastò per ripagarlo di qualsiasi tentennamento. Cercando di trattenere una risata che sarebbe stata sicuramente poco decorosa per la situazione che stavano affrontando —non ci poteva fare niente se il suo senso dell’humor era qualcosa che non l’abbandonava quasi mai—, l’uomo avanzò dentro al locale, lasciando la presa sulla spalla di Camille, ma elargendole un’occhiata intimidatoria che a chiare lettere sembrava stamparle nella mente: se provi ad andartene, stai pur certa che ti ritroverai l’ufficio invaso di glassa appiccicosa.
Da Madama Piediburro era un’icona di Hosgmeade quasi quanto i Tre Manici di Scopa: da anni il suo tetto in travi di legno rosato (da cui spesso piovevano petali di rosa) e le sue mura decorate da carta da parati di uno squisito lillà e fiorellini , avevano visto crearsi decine e decine di coppie d’innamorati che, davanti ai tavoli apparecchiati con vasi di fiori e tovaglie rosse come la passione, s’erano giurate amore eterno.
A dirla tutta, effettivamente, quel pub aveva visto anche molte coppie sfasciarsi: forse tutti quei fiocchi e trine anziché favorire il romanticismo, a volte lo minava seriamente ed i ragazzi, più delle ragazze, si trovavano in gran difficoltà a spiccicar parola di fronte alle statue dei putti dorati poste tatticamente fra questo e quell’altro tavolo. La proprietaria, comunque, aveva sempre negato la faccenda con una certa enfasi.
Rhaegar si avvicinò al bancone, dove cercò con lo sguardo qualcuno che potesse servirli; quando incrociò gli occhi di una cameriera, questa annuì e li condusse ad un tavolo piuttosto appartato.
Lo stile d’arredamento era senza alcun dubbio lezioso: il tavolino rotondo che gli era stato assegnato sembrava sprofondare sotto il peso di una tovaglia
*o una tenda? Si nasconderà il circo russo lì sotto?* di pesante tessuto broccato. Un centro tavola formato da un vaso di cristallo e rose rosse spuntava maestoso, ostacolando la vista dei commensali, e Rhaegar, infastidito, lo spostò di lato. Solo in quel momento notò la statua del putto che li osservava con fare zuccheroso e per poco non gli pigliò un infarto.
« Ti devo spostare la sedia o fai da te? » Ridacchiò, sicuro della risposta della donna.
Rapidamente si accomodò sulla sedia in stile rococò (trapuntata da un vellutino rosa antico), mentre l’occhio magico controllava la situazione tutt’intorno. C’erano studenti sparsi per gran parte della zona frontale del locale, adibita, più che altro, alla sala da tè. La parte dedicata alla ristorazione, quella in cui si trovavano loro, era in fondo e pochi tavoli erano stati occupati. Solo una coppietta, piuttosto avanti con l’età, era seduta dalla parte opposto alla loro, ed i due vecchini sembravano piuttosto impegnati in un bacio appassionato fra dentiere.

*Alla salute.*
La cameriera tornò con i menu in un batter d’occhio, Rhaegar la ringraziò e senza una parola nascose la testa dietro il fiocchettoso elenco. L’analisi delle portate gli procurò al contempo spavento e raccapriccio —non era molto sicuro di voler ruttare cuoricini per tutto il tempo una volta uscito da lì — *Ma di cosa cacchio si droga la Piediburro?* ma, al di sopra del menu, l’occhio Magico inquadrò nuovamente il viso di Camille e Rhaegar celò un sorriso, lieto che fosse abilmente censurato. Questa volta l’aveva proprio fatta grossa, ammise a se stesso: diamine, però, che soddisfazione.
Alla fine, optò per rimpinzarsi senza ritegno: tanto valeva trovare una gioia in mezzo a quel mare di schifo.

« Hai deciso? Offro io, mi sembra il minimo. E se vuoi saperlo, perché non sono così stronzo, chiederò alla cameriera di non ficcarci dentro questi stupidi incantesimi. Non si può neanche mangiare in pace. » Borbottò, scuotendo appena il capo. Al consenso di Camille, l’uomo fece un cenno alla garzona.
« Dunque, io prendo una Focaccia di Faccia, Gnocchi di Ginevra e degli Arrow Heart. Il dolce, vediamo dopo. Da bere un White Angel. Però mi faresti un favore? Puoi farci tutti i piatti in maniera semplice, senza tutti gli incanti e gli effetti collaterali che ne conseguono? Te ne saremmo grati. » Sorrise affabile, sfoggiando il proprio fascino per convincere la fanciulla a non dar retta a quella matta scriteriata della sua datrice di lavoro.
« Bene. » Esordì poi una volta che Camille ebbe detto la sua, seguendo con l’occhio Magico la cameriera che si allontanava, e puntando quello sano verso la donna. « Deliziami col tuo racconto sui come e i perché della spedizione della Dalton, quell’oca giuliva, e della Bennet, quella pazza omicida, dai vampiri e come mai avrebbe dovuto funzionare. Poi passiamo al resto »
Non era sicuro che Camille lo avrebbe davvero deliziato. Piuttosto, molto probabilmente gli avrebbe tirato la statua del putto dorato dritta sulle gengive. Sperò, tuttavia, che la donna non vedesse solo l’involucro —ovvero la meschinissima vendetta—, ma anche il nucleo di quell’incontro: era un riparo, forse l’unico su cui potevano contare davvero. Non era certo il posto più ortodosso dove parlare di morti e disgrazie, ma era di sicuro il più improbabile.
*Anche se ho un brutto presentimento.*

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view post Posted on 22/7/2016, 16:23
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Mentre fissava l'arredamento di quel terrificante locale, già mezza tramortita dall'odore dolciastro e irritante dello zucchero caramellato, capì che non poteva affrontare una tortura del genere.
Quasi spinta a forza da Rhaegar e senza alcuna possibilità di fuggire si sentì inglobata nella ragnatela di carta da parati di un orrendo lilla fiorito che neanche Peverell avrebbe avuto il coraggio di farsi stampare sulle sue vestaglie.
Appoggiò la mano sullo schienale di una sedia senza neanche guardarla ma la ritrasse subito, il legno era stato coperto da un tessuto di pizzo e la sua mano ci era affondata dentro.
Presto si sarebbe pienata di bolle, ne era certa.
Quasi come un automa seguì il Capo Auror senza proferire verbo, era talmente terrorizzata che non riuscì neanche a ricambiare lo sguardo ammonitore di lui, Rhaegar si sarebbe meritato molto di più di una semplice occhiata di disappunto.
L'aveva portata lì di proposito, conosceva perfettamente i suoi gusti e sapeva che in un ambiente così ostile non si sarebbe sentita a proprio agio.
In poche parole a quello stronzo piaceva vincere facile.
Una delle cameriere li accompagnò ad un tavolo-mongolfiera coperto da una mastodontica tovaglia di broccato rosa antico, Rhaegar si sedette su una coperta trapuntata come se nulla fosse, lei si piegò di lato e arricciò il naso, sentendosi un po' come l'ignara partecipante del gioco "trova la sedia".
Le SUE sedie erano differenti, non c'erano dubbi.


"Non ti disturbare ... sembri così a tuo agio in mezzo al broccato rosa ..."

Ancora in piedi gli riservò un falsissimo sorriso, poi voltò il capo con falsissima noncuranza ma, sfiga volle, che da quella parte ci fossero i due vecchini con la faccia a forma di imbuto. Due imbuti appiccicati in condivisione mistica (e dentistica), una scena raccapricciante.
L'impulso di girare i tacchi e cominciare a correre fu devastante, invece si sedette, con calma serafica (e sperando di aver centrato la seduta), quindi chinò il busto fino a spiaccicarsi contro il broccato rosa antico che copriva il tavolo e piazzò il vaso di rose di lato, frapponendolo fra lei e la "gioventù bruciata".
La cameriera tornò con il menù, lo agguantò senza neanche guardarla, tentò di concentrarsi nello studio delle pietanze ma le lettere si ingrandivano e si rimpicciolivano ondeggiando davanti ai suoi occhi.
Aveva deciso? Deciso cosa?
Lo guardò con odio.


"Mi dispiace contraddirti ma tu sei proprio così stronzo, ma così stronzo che ti darei un premio. Mi fai mangiare su una trapunta matrimoniale di broccato rosa .."

Battè le mani sul telo.

" ... circondata da una famigliola di putti felici che mi osservano .."

Indicò una delle statue come se volesse fulminarla.

" ... accanto a due vecchietti che si stanno esplorando a vicenda ..."

Con un movimento del capo indicò la coppietta di cariatidi oltre il vaso di rose.

" ... e con l'evidente possibilità che, da un momento all'altro, possa affogare in mezzo a un oceano di petali rosso scarlatto!"

Partì piano e in sordina ma terminò con voce stridula.

"Bello mio, che tu paghi mi pare proprio il minimo!"

Soffiò come se di fronte, anzichè il Capo Auror, ci fosse la casa dei tre porcellini.
Le avrebbero potuto servire un brodino? Perchè non si fidava del "non sono così stronzo".
Si rivolse alla cameriera, lo stomaco le si era così contorto che dubitava di riuscire ad inghiottire anche solo un grammo di saliva.


"Si, PER FAVORE. Sai com'è, a tavola siamo una coppia tradizionale"

Ci mancava solo che le venissero i piedi a forma di cuore.

"Quindi prendo due porzioni di ArrowHeart. E una Coppa Madreperla"

Guardò di nuovo Rhaegar, stava sorridendo affabilmente alla ragazza. Da vero paraculo.
Ma se il fascino poteva essere opinabile la minaccia no e l'occhiata che riservò alla cameriera non avrebbe potuto essere fraintesa.
Attesero, pazienti, che la ragazza si togliesse di torno, poi il prode Capo Auror arrivò al dunque. Perchè era evidente che ci fosse un dunque, figurarsi se loro potevano discorrere del più e del meno.
Sapeva perfettamente che, nonostante i nuovi e recenti sviluppi, Rhaegar non si sarebbe mai dimenticato della questione dei vampiri, lui non si dimenticava mai di niente.
Prese di nuovo il menù che aveva poggiato di lato dopo l'ordinazione e mentre rifletteva su cosa rispondere, se lo agitò davanti alla faccia come fosse un ventaglio.
Quante storie per una gitarella fuori porta, Caroline e Persefone erano tornate tutte intere no? I vampiri si sarebbero beccati un secco rifiuto e la normalità avrebbe regnato sovrana. Perchè mai la doveva far sentire come una che non diceva le cose? Fino a prova contraria era lui che doveva rendere conto a lei e non il contrario. Ecco.
Mentalmente rincuorata fece spallucce.


"Non sei già abbastanza deliziato da tutta la bellezza che ti circonda?"

Fra l'altro non riusciva proprio ad immaginarsi quale diavolo di resto potesse mai esserci ma il sapore minaccioso di quella frase buttata lì ad hoc la fece immediatamente passare al contrattacco.

"Per resto intendi, per caso, la grande ideona di piazzare i tuoi a piantonare i confini della scuola? Perchè non ricordo affatto di avertene sentito parlare"

 
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view post Posted on 22/7/2016, 17:05
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Stare fermi, non era consentito, da Madama Piediburro c'era sempre qualche cliente da servire.
La giovane cameriera aveva appena preso la comanda di una coppia alquanto bizzarra, oh, non che il resto degli avventori non lo fosse, ma la donna che accompagnava l'uomo con un solo occhio era.. "particolarmente irritata". Per un attimo la stessa giovane ebbe un fremito quando le urlò - quasi - contro, la sua ordinazione. Dato invece il tono gentile dell'uomo, assecondò la richiesta, chiedendo ai cuochi di non incantare le pietanze.

Quando il vassoio fu colmo di quanto richiesto, la ragazza tornò al tavolo, dove i due stavano ancora discutendo.

- Ecco qui.. allora.. -
Iniziò a posare ogni piatto o bicchiere, davanti a chi lo aveva ordinato poco prima. Prese in mano il foglio riepilogativo e, sempre con tono affabile, nonostante avesse un po' di timore di essere presa a male parole della donna, disse:
- ..in tutto sono 6 Galeoni -
Attese che avvenisse il pagamento, e lasciò il tavolo, pronta a servire i prossimi clienti.

end-divider

- Conto Aggiornato -

Riepilogando:
- Focaccia di Faccia: 6 Falci
- Gnocchi di Ginevra: 2 Galeoni
- ArrowHeart ( x3 ) : 1 Galeone e 13 Falci
- White Angel: 10 Falci
- Coppa Madreperla: 1 Galeone e 5 Falci

4 Galeoni e 34 Falci = 6 Galeoni.

 
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view post Posted on 5/8/2016, 12:15
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Rhaegar Wilde
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Fra tutte quelle disgrazie accadute, la più bella era senza dubbio quella che si dipingeva negli occhi purpurei di Camille che descrivevano egregiamente la sua stizza. Rhaegar la guardò in brodo di giuggiole, neanche fosse un innamorato folgorato dalla bellezza della sua donna.
Ah, quelle parole sputate fuori con astio e veleno, quel ciuffo di capelli ribelle che la rendeva ancora una gufa impagliata, quelle mani gesticolanti che le donavano una certa vena di pazzia: Camille era davvero un amore quand’era incazzata come un’iena.

*Devo rivedere il mio concetto di “un amore”* Pensò l’uomo, scuotendo appena il capo per scacciare quel pensiero che, d’un tratto, s’era fatto alquanto pruriginoso. L’aveva colto in contropiede e per smorzare quella sensazione scomoda, versò dell’acqua nel bicchiere di Camille e arraffò il suo cocktail sorseggiandolo piano. Il pizzicore ed il gusto aromatico e dolce dell’Idromele fu un lieto intervallo: si udivano chiaramente le note del miele e dell’alcol e qualche altro tocco speziato dato, sicuramente, dalla miscela. Aveva fatto una buona scelta, giudicò, e quasi pensò di richiamare la cameriera per ordinargliene un altro paio.
Lei, d’altronde, era stata impeccabile: discreta e affatto appiccicosa come quei putti che svolazzavano sopra le loro teste come piccioni in attesa di sganciare qualche ricordino, la cameriera aveva portato loro quanto ordinato senza la benché minima traccia di Magia (e non aveva battuto ciglio né alla richiesta né all’insinuazione di Camille sulla coppia tradizionale che, invece, a Rhaegar aveva quasi mandato di traverso la saliva. Avrebbe voluto ribattere con “Solo a tavola, però eh”, ma qualcosa —assai simile alla sensazione pruriginosa di prima— gli aveva detto che sarebbe stato fuoriluogo) e se n’era andata silenziosa dopo che Rhaegar le aveva pagato il conto. O almeno, il conto fino a quel momento: l’occhio Magico, che era andato a posarsi sul menù, nel caso avesse avuto ancora un languorino a fine pasto, cadde sulla scritta riguardante un’offerta su un menu. Il ricordo di quanto udito al Ministero su quell’associazione pro-Elfi domestici lo colpì e si ritrovò sorpreso nello scoprire che aveva avuto tutto quel seguito.
*Oddio, pure qui? Ma quando li lasceranno in pace ‘sti poveri Elfi* Pensò l’uomo storcendo il naso e, nel frattempo, alzando lo sguardo su Camille.
« Deliziatissimo. Perché, tu no? » Esordì, rispondendole a tono e arricciando un sorrisetto sardonico. Sospirò, accusando con classe la frecciatina di lei, e si appoggiò allo schienale della sedia imbottita, facendo ondeggiare nella mano il bicchiere di White Angel. Il liquido ambrato si mosse denso, lentamente, lanciando piccoli luccichii ambrati alle luci soffuse del locale.
« Ora sai come ci si sente a non sapere le cose, Camillina. » Gli scappò di bocca un tono fin troppo amaro ed offeso e Rhaegar si sbrigò a cancellarlo con una semplice stretta di spalle, correggendo il tiro. « In ogni caso, non mi dire che hai qualcosa da ridire. Dopo tutto quello che è successo… » Agitò la mano che stringeva il bicchiere con una certa eloquenza e l’idromele ondeggiò pericolosamente, rischiando di bagnare il putto al loro fianco. « … Mi sembra il minimo! Che poi, per colpa di quella stitica della Bennet che vuole vita, morte e miracoli per iscritto, non ho ancora potuto piazzare i miei ragazzi. Altrimenti non sarebbe successo quello che è successo. » Aggiunse brusco, non riuscendo a reprimere una smorfia al nome della Preside di Hogwarts; la protezione della scuola era fondamentale. Poteva quasi accettare di riferirle le identità degli Auror che avrebbe posto a sorveglianza, ma non le avrebbe mai rivelato né i loro turni, né le loro posizioni. *E che cazzo.* Buttò giù tutto d’un fiato ciò che restava del suo cocktail e tirò a sé il piatto della focaccia, spezzandola con le mani e ficcandosi in bocca un gran boccone. « Mafgna. » Disse alla donna, accennando col capo ai piatti fumanti sul tavolo. Rimase in silenzio per qualche minuto, spazzolando quasi tutta la focaccia e metà piatto di gnocchi. Per quanto quel luogo fosse zuccherosamente disgustoso, la cucina era ottima e questo doveva ammetterlo: se non altro, ora che la sua pancia stava riempiendosi, si sentiva rinfrancato. Quando si decise a parlare di nuovo, si pulì la bocca con un tovagliolo e dopo aver bevuto un intero bicchier d’acqua, si schiarì la voce.
« Ok, non sono voluto venir qui per fare una gara a chi si dice meno cose. » Provò a cominciare, adottando un tono diplomatico. « Ma sai di cosa voglio parlarti, no? Hai una tendenza, pericolosa a dire il vero, a prendere iniziative che da una parte sono geniali e dall’altra sono rischiose quasi quanto prendere una Firebolt e fare lo slalom fra le Megere di Nocturn Alley. » Con forza inforchettò qualche altro paio di gnocchi e se li mangiò con gusto. Inghiottì e ricominciò.
« Ora, il modo migliore per cercare di estrapolare notizie da quegli stronzi di vampiri è mandare un infiltrato. La Bennet e — dio del cielo, Camille— la Dalton sono state inconcludenti per ovvie ragioni, ma dobbiamo giocare d’astuzia e mandare una spia. Qualcuno che possa intrufolarsi nella loro comunità senza destare sospetti, risultare credibile; possibilmente un vampiro, anche se so di star chiedendo troppo. Vedremo comunque di organizzare qualcosa anche con qualcuno di più… vivo. Qualche nome? »
Nel frattempo gli gnocchi erano finiti e Rhaegar resistette alla tentazione di leccarsi il piatto, limitandosi ad impilarlo sopra quello della focaccia e attirando a sé quello degli Arrow Heart. Nonostante il cuoco avesse avuto la richiesta di non inserire alcun intruglio magico all’interno delle pietanze, non si era potuto evitare di formare con i bastoncini di pesce una stupidissima freccetta che indicava Camille. Rhaegar fissò un momento il piatto, mentre l’Occhio Magico si alzava e scrutava la donna; poi, con una certa verve, l’uomo ne impilò tre uno sopra l’altro —rovinando così la figura—, li tagliò e li mangiò così sistemati. Si prese due minuti per assaporarli, spazzolando nel frattempo l’ultimo pezzo di focaccia.
« Il resto, comunque, dovresti immaginare di che si tratta. Ma forse ci conviene mangiare, prima: non mi piace parlare di cadaveri mentre mando giù il boccone. » Disse, cupo, infilandosi in bocca il resto dei bastoncini.


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Mentre lo osservava mangiare, per nulla intimorita dal suo monito, si chiese se un selvaggio si sarebbe potuto comportare con più garbo.
Probabilmente si.
Ma constatò, con gaudioso sollievo, che non stava accadendo nulla. Niente cuori, niente squilli di trombe, nessun risvolto strampalato e stuccoso. Rhaegar stava aspirando l'inverosimile senza conseguenze tangibili, segno che la cameriera aveva assecondato le loro richieste.
Dal canto suo prese la coppa di champagne e ne annusò il contenuto, il gesto la tenne occupata quel tanto che bastò per evitare di sogghignare di fronte all'espressione offesa che si disegnò sul volto di lui, subito opportunamente mascherata.
Ma l'appunto rivolto alle sue iniziative le solleticò la bocca dello stomaco.


"Oh, andiamo. Si lamentavano del dolce far niente, volevano rendersi utili"

Alludeva a Caroline e Persefone.
Non era una gran giustificazione, ne conveniva, ma in quel momento era a corto di idee.


"E allora le ho spedite lontano. Ho supposto che laggiù ad Aberdeen qualcuno potesse sapere qualcosa di Black. Non abbiamo notizie di lui da tanto tempo, magari è morto. Ma non può morire senza farcelo sapere, non è corretto e io voglio essere sicura"

Le giustificazioni assurde fioccavano come petali di rose e, vista la situazione, il paragone pareva calzante.
Bevve ancora constatando che lo champagne scioglieva la lingua e rilassava i muscoli.


"Caroline si vantava di avere feeling con i vampiri, diceva di conoscerli. Si trattava di un incarico sicuro e alla fine non hanno corso nessun rischio, sono tornate sane e salve con un libro di condizioni che non abbiamo preso in considerazione. Fine della storia"

Tagliò l'aria con la mano, nell'intento di conferire maggiore enfasi alle sue parole.

"Però hai ragione, lo ammetto. Ho la tendenza a fare di testa mia ma, ti ricordo, che questo è stato il modus operandi obbligato degli ultimi anni. Non ho mai avuto motivo di confrontarmi per il semplice fatto che non c'è mai stato nessuno con cui potessi confrontarmi. Così è stato a Hogwarts e così è al Ministero, tu hai il tuo bel daffare, non posso chiamarti per ogni cosa. E io prendo decine di decisioni ogni giorno"

Le parole venivano da sole e alla fine si sentì quasi sollevata di aver espresso, con la più totale sincerità, il motivo della sua scarsa collaborazione.
Rhaegar non sapeva quanto difficile era stato.
Lui non aveva la minima idea di quante notti aveva passato insonni, schiacciata dal peso della considerazione degli altri, spossata da quello che gli altri si aspettavano da lei.
Niente era dovuto ma la gente si comportava con lei come se tutto lo fosse.
Distolse lo sguardo da lui e fissò il liquido chiaro, voleva prendersi qualche secondo per dissipare uno strano senso di disagio. Non era abituata ad ammettere debolezze, men che mai con un uomo. Men che mai con Rhaegar.


"Ma se non riesci a sopportare che il Ministro faccia il Ministro - e ti ricordo che sei tu che mi hai chiesto di fare il Ministro - allora cercherò di mitigare la mia autonomia e renderti più partecipe. Anzi, comincio col dirti che domani ho intenzione di cambiare la tappezzeria dell'Ufficio. Approvi?"

Si stampò in faccia un sorrisetto ironico sorprendendolo a fissarla. Poi impilò tre bastoncini di pesce e lei si ricordò di non avere ancora toccato nulla.
Ma prima doveva dargli una risposta
.

"Si, l'unico modo per intrufolare qualcuno all'interno della Comunità senza destare sospetti è che questo qualcuno abbia identica natura. Sfortunatamente non conosco nessun vampiro degno di fiducia. Ma converrai che la Bennet dovrà comunque comunicare la mi ... "

Si affrettò a correggersi.

"Uhm ... la risposta del Ministero. O potrei convocare un loro rappresentante nella capitale per ridergli in faccia personalmente"

Terminò di bere il suo champagne accorgendosi dell'oggetto non identificato che le si era adagiato sulla lingua un attimo prima di inghiottirlo.
Portò una mano alla bocca e riversò l'oggetto sul palmo, si trattava di una piccola pietra madreperlata.
Nessuna magia cretina eh?
Poggiò la perla sulla tovaglia, unì il pollice e l'indice e colpì la pietra con quest'ultimo facendola schizzare in avanti.
Questa si schiantò contro l'incavo del collo di Rhaegar, intento a ingozzarsi, infilandosi dentro la maglia bianca
.

"Bingo"

Agguantò la forchetta.

"Consideralo un ringraziamento per la scelta del posto anche se un sasso sarebbe stato più appropriato"

Con evidente soddisfazione si dedicò ai suoi bastoncini di pesce ma stranamente questi erano stati disposti sul piatto in maniera tale da formare una freccia. Non si era accorta della circostanza fino a quel momento.
Aggrottò la fronte, un po' perplessa. Ne prese uno con le dita e se lo rigirò davanti agli occhi prima di riposizionarlo sul piatto.


"C'è un motivo particolare per cui questi bastoncini indicano te?"

Volevano finire nella sua bocca?
Dannazione, ma lei non aveva ancora mangiato niente!
Mentre lui, a breve, si sarebbe ingollato anche la cameriera.
Contrariata per la scelta dei bastoncini, ne infilzò uno con cattiveria e lo morse chiedendosi se anche gli Arrow Hearts di Rhaegar erano stati disposti in maniera bizzarra, guardò il suo piatto ma ne erano rimasti soltanto due.


"Mi riesce davvero difficile credere che ci sia un argomento che ti impedisca di gustarti il boccone"

Terminò il suo bastoncino e alzò lo sguardo su di lui.

"Ma sappi che ho intenzione di spedire qualcuno dell'ES ad indagare, non mi va che si coltivino cadaveri dentro i confini della Scuola. E ..."

Gli puntò la forchetta contro.

"... fammi la cortesia di piazzare i tuoi uomini con oculatezza, non voglio trovarmi l'affollamento sotto il letto"

 
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Se c’era una cosa in cui Camille era campionessa mondiale, era l’accampare scuse assurde e poco probabili come una tenda grezza in un campeggio di ricconi. Rhaegar, che quasi se l’aspettava, si limitò a scuotere il capo finendo di ingurgitare l’ultimo dei bastoncini di pesce.
« L’unica cosa con cui la Dalton ha feeling è la Dalton. » Si limitò a commentare, ingoiando il boccone con una certa amarezza più verso Caroline, che verso Camille. Alla fine, si ritrovò a giudicare l’uomo, mentre si puliva le labbra col tovagliolo, Camille aveva fatto solo quello che pensava esser giusto. E lei non mancò di infilare il coltello nella piaga, ricordandoglielo anche con un certo rancore. Perché c’era una punta di rancore nella sottilissima, issima accusa che lei gli aveva appena fatto no?
Con il bicchiere a mezz’aria, Rhaegar la guardò senza riuscire a dire qualcosa, per la prima volta ammutolito. Non seppe per cosa era più sorpreso: per l’ammissione della donna (che lui era abituato a vedere impassibile di fronte alle sue stesse difficoltà) o per il fatto che, effettivamente, Camille era sempre stata sola, benché lui s’arrogasse il diritto di voler essere suo consigliere. In quel momento, l’Auror capì che cosa doveva passare non solo per la testa, ma anche per il cuore di quella donna che era salita al potere giovanissima e dietro la sua stessa spinta. Una donna che, magari, aveva avuto altri progetti e che non aveva chiesto di dirigere il Mondo Magico Britannico. Una donna che lui aveva convinto e plagiato secondo i suoi ideali. Nient’altro che una specie di macellaio che sacrificava l’agnello per Pasqua.
*È stato per un Bene Superiore. E poi, oh, non l’ho mica costretta.* Si ripeté l’uomo, affondando il viso dentro il bicchiere di White Angel e sorbendone un generosissimo sorso che gli andò a bruciare palato e lingua in un pizzicore ormai familiare.
« Approvo solo se fai sparire quella palla di vetro di dubbia provenienza. » S’affrettò a rispondere, alzando un sopracciglio con fare sarcastico. *Ma guarda questa* pensò *prima mi fa sentire in colpa come i peggio stronzi, e poi mi percula pure*. Tuttavia, gli scappò un sorrisetto più che sincero che s’affrettò a nascondere ancora una volta dietro il calice d’alcol. Bevve un altro sorso dello champagne e stava quasi per buttarlo giù quando una pallina di non ben precisata provenienza lo colpì dritto alla gola, facendogli andare di traverso il White Angel. Rhaegar tossì, voltandosi di scatto e sputando tutto in faccia al cupido di pietra che fino a quel momento li aveva osservati scannarsi amorevolmente: investito in pieno da una doccia di champagne. Quanto alcol sprecato.
Ancora tossendo e con le lacrime agli occhi, Rhaegar si infilò una mano nella maglietta e ne tirò fuori una perla. E quella da dove cribbio usciva fuori? Lo chef voleva farli fuori?

« Ma sei scema?! » La rimbeccò rocamente tirandole in testa la perla.
Che bello avere quasi (ma quasi) cinquant’anni e non sentirli.
Rimase così, in silenzio per qualche istante e poi scoppiò in una risata tonante che trasformò le lacrime di soffocamento in lacrime di divertimento. Per un attimo non esistette più nessuna remora né nessun rancore, figuriamoci i cadaveri che crescevano come funghi nei giardini di Hogwarts.
Che bello essere un Capo Auror con sulle spalle la sicurezza dell’intero Mondo magico inglese e non sentirlo.
Ma la colpa era di quell’infingarda di Camille. Riusciva a farlo divertire anche nel momento più impensabile ed i pesi che portava sulla schiena non sembrano poi così gravosi. Era questo il punto, era per questo che aveva creduto che solo lei potesse sostituire il disastroso governo di Lupin. Lei, con la sua forza e la sua intelligenza, la sua incorruttibilità e al tempo stesso la sua fragilità. Senza rendersene conto, Rhaegar si allungò lievemente in avanti sul tavolino (che di per sé era piuttosto corto probabilmente per offrire un’assurda intimità ai piccioncini) e si ritrovò ad afferrarle il polso della mano armata di forchetta. Non pensò che lei potesse ficcargliela nell’occhio sano, ma si limitò per qualche momento a stringerle l’esile polso fra le dita in una stretta delicata, ma forte.

« Mi dispiace averti lasciata sola. » Disse, dimentico del luogo dove si trovavano e del contesto. Non c’era più un sorriso sul suo volto, ma una vaga consapevolezza. Gli dispiaceva sul serio.
« Ma non lo sei. Non più almeno. Puoi e devi contare su di me. » Continuò, rinsaldando la presa sul suo polso e guardandola intensamente. Un silenzio intenso e denso piovve su di loro e Rhaegar rimase per qualche istante interdetto per il proprio gesto. Lasciò andare il polso di lei con un certo nervosismo, maledicendosi mentalmente per essersi fatto fregare in quel modo dai propri sentimenti. Che cosa gli era preso? Prima la lasciava sola e poi si ergeva a paladino sul bel cavallo bianco? Ma poi, ripensò fra sé mentre, con un mal celato imbarazzo, riprendeva a bere il resto dello champagne —con sguardi poco cortesi da parte del cupido—, alla fine non l’aveva lasciata sola. Era lei che s’era fatta venire gli scrupoli. O. *Bugiardissimo.* Si ammonì, non riuscendo a credere alle sue stesse giustificazioni. Si scrollò nelle spalle, cercando di farsi scivolare addosso la strana sensazione al petto e si limitò ad annuire circa la posizione dei suoi ragazzi. Figuriamoci se avrebbe permesso anche solo a uno di loro di vedere Camillina nel suo pigiamino coi cuoricini. *Pf.*
« Per la mia oculatezza non ti preoccupare. Non intendevo quello con “non sei sola”. » Provò a buttarla a ridere, con scarsi risultati. Pronto, cameriera, un altro barile di White Angel, grazie.
« Riguardo l’ES… si mandaceli. In realtà ho qualche sospetto Camille. E quello che sto per dirti non ti piacerà. » Lieto di avere finalmente un appiglio per sfuggire all’imbarazzo, Rhaegar posò il bicchiere e con discrezione estrasse la bacchetta dalla giacca, castando un paio di Muffliato sotto la tovaglia più o meno diffusi attorno al loro tavolo, per poi ri-nascondere l’arma e poggiare le braccia sul tavolo ormai sgombro di cibo —con suo sommo dispiacere. « Ho trovato alcune incongruenze sul cadavere di Richard Vanille che mi hanno dato da pensare tutta la notte. Innanzitutto la ferita: è stata incisa con una pietra. Una pietra, non un incanto. Non lo trovi strano? Chi ha ammazzato quel ragazzo avrà avuto sicuramente incanti più efficaci di una pietra, per marchiarlo, no? Inoltre, in mezzo al giardino, ho trovato un piccolo tronco. Sembrava messo lì per caso e la cosa mi ha insospettito: non ci sono state tempeste ultimamente che abbiano potuto spazzarlo fin lì ed è stato trovato a pochi passi dal cadavere in un punto del giardino sgombro da piante. Non trovi strano anche questo? » Tacque un istante, misurando le parole che per tutta la notte non aveva trovato il coraggio di formulare a voce. « Chi ha ammazzato il ragazzo e l’ha lasciato lì, forse non è la stessa persona. Forse chi l’ha lasciato lì e l’ha marchiato probabilmente non è in grado di effettuare magie complesse a tal punto da doversi servire di strumenti… piuttosto dozzinali per riuscire nel suo intento. » Respirò piano, deglutendo. « Sai quanti anni ha la sorella di Richard Vanille? » Sbam.

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Oddio, aveva esagerato?
Lesta si guardò mestamente intorno, benchè quel posto non le sconfinferasse pensieri gradevoli, nutriva comunque del rispetto verso il cupido di pietra, non doveva essere facile impersonare, appunto, il ruolo di un cupido di pietra dentro quel locale diabeticamente zuccheroso. Se gli elfi dovevano raggiungere la libertà ad ogni costo, anche i cupidi di pietra potevano far valere le loro legittime recriminazioni, eccheccavolo. Terminò il proprio champagne convenendo con sè stessa che non avrebbe dovuto ordinare altro che acqua. L'impulso di prendere quella enorme coperta di caffetà che fungeva da tovaglia e asciugare il povero putto bagnato fu così prorompente che solo il minuscolo bernoccolo causatole dal lancio vendicativo di quell'uomo impossibile riuscì a farla desistere.
Ma come, prima le dava della scema e poi si metteva a ridere sguaiatamente?
Sbattè le palpebre con evidente disappunto massaggiandosi la testa con il palmo della mano. Poi si irrigidì quando Rhaegar si allungò verso di lei e le afferrò il polso armato di forchetta. Per una frazione di secondo ammirò il suo sangue freddo e la impavida convinzione che non gli avrebbe mai ficcato la forchetta nell'occhio sano, poi la frasetta magica la fece quasi scattare in piedi.
Non era sola. Ma che belle parole.
Si svegliava adesso dal torpore, dopo averla lasciata a friggere nella sua zuppa di rabarbaro per anni?
Poteva e doveva contare su di lui, su Rhaegar, che era solo buono a ricoprirla di critiche?
Sentì la stretta farsi più pressante, si perse nel suo sguardo determinato e per un attimo, un breve e intenso attimo, la sua mente resettò il contesto, l'ambiente, il posto tremendo dove era stata inconsapevolmente trascinata, le voci degli altri commensali. Istintivamente il suo corpo la implorava di muoversi, di allungarsi a sua volta verso di lui, nel tentativo di comunicare qualcosa che neanche lei riusciva ad afferrare, dirigere e gestire. Ma la stretta si fece improvvisamente e irrimediabilmente meno pressante e il suo polso riottenne la libertà troppo presto. Con una punta di incomprensibile fastidio si ritrovo, interdetta, a osservarlo, intento a terminare lo champagne.
Era imbarazzato? Arrabbiato? Nervoso? Non riusciva a leggere nel suo sguardo.


"La parte di quello che comprende e che esaurisce il compitino con due pacche sulle spalle non ti si addice"

Perchè aveva pronunciato quella frase? Era stizza quella punta di contrarietà che le impermeava la voce? Doveva avercela con Rheagar, doveva canalizzare la sua rabbia contro chi l'aveva costretta a mangiare bastoncini di pesce disposti a freccia e a vomitare perle di champagne in mezzo a colori pastello di dubbio gusto.
Quasi gli fu grata del repentino cambio di rotta, si sarebbe comunque sentita sola anche con la camera brulicante di Auror, quella era una razza strana, integerrima, enigmatica. Oddio, non che lei non lo fosse, probabilmente passavano il tempo a non capirsi.
Si sforzò di mettere a fuoco il discorso attuale benchè la vicinanza di Rhaegar, alimentata anche dalla ovattatura dei mufflato, la faceva sentire in incomprensibile disagio.


"Stai per caso pensando che la sorella di Vanille c'entri in questa faccenda?"

Aggrottò la fronte riflettendo sulle sue parole. Una ragazza così giovane e così .. acerba.

"Stai per caso pensando che il cadavere sia stato trascinato lì da lei e che lei si sia aiutata con un tronco in quanto incapace di far lievitare il corpo? Stai per caso pensando che lo abbia marchiato con una pietra perchè non poteva farlo in altro modo?"

Stentava a credere all'ipotesi appena formulata, la sola idea la spaventava ma sapeva perfettamente che se Rhaegar aveva deciso di metterla al corrente dei propri pensieri, questi pensieri dovevano essere stati ben sondati e confutati. E già il fatto di averle fatto l'onore di renderla partecipe la destabilizzava.

"Ma ... perchè? Perchè ce lo ha portato proprio sull'uscio di casa? E dove si trova adesso?"

 
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view post Posted on 5/7/2017, 19:25
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Un' anziana signora con un enorme cappello viola melanzana con una vistosa coccarda posta al suo centro era appena entrata da Madama Piediburro. Sotto strati nucleari di trucco aveva il viso tirato come se qualcuno le avesse teso la pelle penzolante con del Magiscotch, nascondendolo ad arte sotto quella che era un’evidente parrucca di capelli bianchi posticci. Era alta e slanciata ed il tailleur che indossava, del medesimo colore del copricapo, spiccava per una vistosa spilla che da lontano ricordava uno sgraziato pulcino imbalsamato. Il suo braccio rachitico cingeva con fare rapace l’arto di quello che doveva essere il suo spasimante. Basso e tarchiatello, l’omino aveva una pelata così luccicante che per un attimo ricordò a Rhaegar una vistosa lampadina. Indossava una tunica da Mago verde pisello ed erano così mal assortiti insieme da ricordare un pezzo di ciambellone scaduto abbinato ad un bicchiere di aspro vino casareccio. L’appassionato bacio che si scambiarono poco dopo, quando si accomodarono al tavolo dietro Camille, sfigurò il volto di Rhaegar in un caleidoscopio rappresentante le più variopinte sfumature del disgusto. Ebbe quasi un rigurgito e prontamente costrinse gli occhi a fissare il viso della Pompadour —una visione senza dubbio più appagante—. Benché l’argomento che loro due stavano trattando fosse tanto importante quanto pressante, gli ci volle comunque un attimo per ricollegare la situazione e, scuotendo la testa in un eloquente (e apparentemente insensato) cenno, per la prima volta Rhaegar si pentì di aver scelto Madama Piediburro per farla pagare a Camille. Il suo essere profondamente vendicativo era, decisamente, un punto da rivalutare soprattutto se le presunte vendette, poi, finivano per fregare anche lui.
Ripercorse velocemente il filo delle domande di lei ed annuì grave, cercando di rimuovere dalla testa la lingua saettante e biforcuta del pingue ometto che si arrotolava attorno a...
*BRRR*
« Sto pensando che questa storia è fin troppo strana per i miei gusti e ci dev’essere qualcosa sotto. Voglio dire, più di quanto non ci sia già. La sorella del ragazzo deve c’entrare qualcosa e io non l’ho trovata da nessuna parte quando sono arrivato per il sopralluogo. » Si limitò a dire con un’alzata di spalle, neanche stesse parlando dell’incremento dei prezzi del fegato di drago. In realtà ciò che stava pensando si andava arrovellando nella sua testa da ore, molte delle quali passate a fissare il soffitto di casa sua in preda a collegamenti macchinosi e turpi. Sapeva, a fronte dei suoi anni in servizio e nella lotta contro Voldemort, che il Signore Oscuro sottoponeva i suoi adepti a qualche iniziazione di sorta e il sospetto che tutto questo potesse c’entrare con l’ammonimento —perché di questo si trattava— rappresentato dal corpo del ragazzo abbandonato davanti i portoni della Scuola, continuava a martellargli la testa come un tarlo. Ma non aveva prove e l’entità del suo sospetto era fin troppo gravoso sul suo petto. Sospirò, chinando lo sguardo verso i piatti vuoti, giocherellando pigramente con la forchetta. In ogni caso, Camille doveva sapere di quei pensieri: quando le aveva detto di contare su di lui, non si aspettava di certo un tappeto rosso e i confetti lanciati con gaiezza. Sapeva che lei avrebbe ribattuto aspramente e l’acredine mal celato delle sue parole gli rimbombava nella coscienza. Lei aveva ragione. Quella parte non faceva per lui, nonostante si sforzasse di dimostrare il contrario a tutti gli altri, lei compresa. La verità è che Rhaegar era fin troppo consapevole dei propri errori, il più grande dei quali gli stava seduto davanti con un’espressione indecifrabile dipinta sul viso. Camille era stanca, glielo si leggeva negli occhi, nonostante l’acume che quelle iridi purpuree gli comunicavano; lo si comprendeva dalla sua voce, dalle sue parole. Ma Rhaegar non era un uomo che cadeva facilmente in preda ai rimorsi e all’autocommiserazione: si alzava, si rimboccava le maniche e agiva. Così aveva sempre fatto fin da quando aveva messo la testa a posto, così avrebbe continuato a fare. La promessa fatta a Camille era, prima di tutto, una promessa che aveva sancito anche per se stesso.
« Senti… » Esordì, mentre l’occhio Magico osservava velocemente la situazione d’intorno. Era una sua impressione o la vecchiarda lo stava fissando?
« Questo posto comincia a farsi troppo affollato. Ci… OH MERLINO INCORONATO. »
Non era una sua impressione: la vecchiarda lo stava fissando e proprio mentre il suo brillante cavaliere ficcava il viso in un piatto di purè, lei gli aveva fatto un occhiolino e s’era leccata le labbra secche come una prugna. Deformato ancora una volta dal ribrezzo, il viso di Rhaegar era una maschera di puro orrore. « ANDIAMO VIA SUBITO. » S’alzò così di scatto che per poco non ribaltò la sedia, quindi s’allungò verso Camille, le afferrò la mano con una certa enfasi e la spronò a seguirlo senza troppi complimenti. « Via, via via, via subito subitissimo. » Esclamò concitato, rabbrividendo e allontanandosi a passo veloce dal luogo del delitto, senza degnare nemmeno di un saluto il putto sputazzato. Pagò in gran fretta il conto, smollando i Galeoni sul bancone una volta presentatogli la spesa e, con ancora Camille al seguito (non aveva la minima intenzione di indagare sulla sua faccia), uscì dal pub. Solo quando mise diversi metri fra lui e la vecchia, Rhaegar si fermò. L’aria fredda gli restituì un minimo di parvenza umana e con un velo di inquietudine negli occhi, si voltò verso Camille. Non avrebbe dormito per giorni.
« Non chiedere. È meglio. » Asserì, breve ma conciso, liberando la mano di Camille dalla sua con non-chalance. Nonostante l’improvviso exploit, Rhaegar era ben lungi dal voler raccontare l’accaduto alla donna: sapeva con assoluta ed impeccabile certezza che il suo perculo sarebbe durato da lì alla settimana dei tre giovedì. Prese quindi una boccata d’aria pungente, respirando il profumo del fumo dei camini e l’odore degli abeti che spuntavano ai bordi della strada come curiosi passanti. L’ora di pranzo era ormai prossima a lasciar spazio al primo pomeriggio e la via di Hogsmeade era affollata di turisti e studenti. Molti erano piombati lì non appena la notizia dell’omicidio era stata resa nota e questo rendeva le strade molto più affollate di quanto ci si sarebbe aspettato in quel giorno della settimana. Non era difficile scovare i cacciatori di scoop o gli accaniti ficcanaso: c’era chi si affrettava per la strada principale che conduceva al Castello, guardandosi indietro per controllare che nessuno lo fermasse, ebbri di (inutile) speranza di potersi avvicinare al luogo del delitto; chi invece, armato di vistosa piuma prendi-appunti e taccuino, trotterellava di uscio in uscio a sentire le opinioni della gente (giustappunto, a qualche metro da loro, un Mago allampanato, con un enorme rotolo di papiro fra le mani adunche, chiedeva ad una nonnina che lo ascoltava con un corno: “è vero che la colpa è tutta del Governo? Vota sì o vota no al referendum per la legalizzazione dell’erba pipa? Sono i fumetti a deviare i giovani d’oggi o sono tutti quei nuovi scherzi in vendita a Diagon Alley? Secondo lei chi è stato? La Preside?”); altri ancora vagavano smarriti guardando con occhi sgranati e con la bocca aperta l’intero complesso di case e botteghe che rappresentava Hogsmeade, sussultando ad ogni rumore causato dal vento, chiedendosi se l’assassino vagasse ancora per il paese in attesa di ghermire la prossima vittima. Sì, pensò ancora una volta Rhaegar, quello non era il luogo adatto per rendere Camille partecipe dei suoi pericolosi sospetti e la vendetta, per quel giorno, aveva terminato il suo infame compito.
« Se vogliamo parlare, dobbiamo spostarci. Andiamo a casa mia, staremo tranquilli. E poi ho qualcosa di più forte da bere di quel colluttorio che ci hanno spacciato per champagne. Ci servirà. » *A me servirà sicuro per dimenticare quella libidinosa mummia.*
Non si rese minimamente conto dell’impatto che quell’apparente obbligato invito avrebbe avuto su di lui, in seguito.

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Obbiettivamente, non avrebbe dovuto bere champagne a pranzo, tantomeno una stracavolo di coppa dai colori arcobalenati con la prerogativa di generare perle di dubbia consistenza.
Con la fronte aggrottata e un'espressione perplessa dipinta sul volto seguì i vari stadi dell'inorridimento di Rheagar senza capire se quello cui stava assistendo fosse reale o frutto dell'alcool.
Non aveva neanche ben compreso se il Capo Auror stava guardando lei o qualcosa di terrificante oltre la sua spalla.
Quasi meccanicamente si passò una mano sul viso, colpita improvvisamente dall'idea di avere un bastoncino di pesce che pendeva dal naso. Poi si passò la lingua sui denti, per eliminare eventuali tracce di prezzemolo, sebbene non ricordava di averlo mangiato.
L'ansia crebbe quando il suo sguardo incontrò nuovamente quello di Rheagar e questo prese a sciaguattare la testa come un forsennato. Poi disse qualcosa che le parve sensato, probabilmente in risposta a qualche sua domanda che, al momento, non le sovveniva. La sorella del ragazzo c'entrava qualcosa ma lui non l'aveva trovata e la storia era straaaana.
Sbattè le palpebre e rispose, a denti stretti e con una mano sulla bocca, la prima cosa che le passò per il cervello, con l'insolita paura che il prezzemolo sbucasse fuori.


"Magari è tornata dalla propria famiglia a piangere il fratello"

Insomma, Rheagar l'aveva cercata dove? Che tipo di sopralluogo aveva fatto? E perchè lei aveva ancora dannatamente fame?

Di nuovo la sensazione che lui la trapassasse da parte a parte le solleticò la bile, puntò i gomiti ma il "Merlino Incoronato" la spiazzò definitivamente, togliendole ogni velleità, volontà, desiderio, bisogno e necessità di illuminazione.
A dire il vero non ebbe neanche il tempo di elaborare un pensiero degno di nota. Nemmeno un'inizio di protesta.


"Eh?"

Fu l'unica cosa che riuscì ad articolare prima che quel pazzo scatenato le agguantasse la mano e la tirasse come un elastico verso l'uscita.
Nel tentativo di evitare più ostacoli possibili e sforzandosi di tirare dentro la pancia e, se del caso, le natiche, impattò contro il putto ancora fradicio e questo rovinò a terra con un tonfo sordo, la testa si staccò dal collo e rotolò verso un tavolo vicino, andando a fermarsi contro le scarpe tacco 12 di una avventrice.
Via, via, via subitissimo. Fece appena in tempo a notare le vene varicose della donna prorompere da sotto la gonna viola, era atterrita e sgomenta per la tragica fine del putto. Mentre Rheagar lanciava i galeoni sul banco come sassi in uno stagno, si voltò ancora ma fu un attimo, la ragione la costrinse a guardare avanti per evitare si sbattere contro lo stipite della porta.
Tirata come una marionetta, corse fino a quando il Capo Auror non decise che era arrivato il momento di fermarsi. Solo allora si degnò di guardarla in faccia. E cosa le disse? Eh? Cosa ebbe il coraggio di dirle??
"Non chiedere, è meglio".
NON CHIEDERE???
Le mollò la mano e lei se la riprese, sforzandosi di non ringhiare.


"Per colpa tua ho decapitato un putto, mi sono incrinata il bacino e ho rischiato di lasciare i denti sullo stipite della porta. E-tu-mi-dici-di-non-chiedere???"

Sibilò poggiandogli entrambe le mani sullo sterno. Lo spinse indietro con tutta la forza che aveva.

"Curati cazzo"

Per poco non lo fece andare a sbattere contro un gruppetto di giovani coppiette.
La via di Hogsmeade pullulava di gente, non aveva neanche idea di che ora fosse ma qualche faccia curiosa li stava già fissando.
Tirò verso il basso i lembi della giacca e inspirò l'aria fresca del pomeriggio, Rheagar era un stronzo ma si sentiva già libera dallo stucchevole odore di melassa che marchiava il locale e questo contribuì a calmarle i bollenti spiriti Fece un passo verso di lui, gli piazzò un dito in mezzo alle costole e ringhiò di nuovo, questa volta a voce più bassa, gli occhi ametista saettanti di rabbia.

"Grazie. Ma davvero GRAZIE per il meraviglioso pranzo in quel meraviglioso localino dai colori meravigliosi. Dovrei indagare sul merlino incoronato ma non voglio entrare in mezzo alle TUE storie torbide color viola melanzana e alle vene varicose grandi come autostrade. Chiaro??"

L'ultima parola le uscì con evidente stizza.
Il discorso sulle fidanzate di Rheagar non la solleticava per niente e ancora meno la solleticava il pensiero dei cadaveri di putti che si era involontariamente lasciata alle spalle.
Quell'uomo aveva il potere di farla andare in bestia e di spiazzarla un secondo dopo senza neanche fare fatica.
La brillante idea di invitarla a casa, minò seriamente il suo autocontrollo. Lo "stare tranquilla" A CASA bevendo "qualcosa di più forte di quel colluttorio" che a lei già sembrava forte, la terrorizzò. Non sapeva neanche che Rheagar avesse una casa, se lo era sempre immaginato disteso sul tappeto del proprio ufficio a rigirarsi nello zucchero caramellato come fosse il bozzolo di un ragno. Del resto neanche lei aveva una vera casa, si trascinava da un ufficio all'altro senza personalizzare niente, fregandosene dell'intimità, del contorno, della necessità di chiudersi in un posto "non lavorativo". Magari qualcuno che aspettava, le tende bianche inamidate.
Indugiò parecchio. Erano ore che mancavano, poteva quasi vedere il proprio tavolo colmo di scartoffie da leggere e leggere e leggere.


"Mi auguro vivamente che non tu abbia tovaglie di taffetà e tende rosa confetto al profumo di vaniglia"

Lo disse con ironico terrore ma era evidente che aveva deciso di accettare l'invito di "parlare" e "bere". Non che fosse un gran connubio ma era lui che doveva parlare. Lei si sarebbe limitata a bere.

"Scu...si... "

Una vocina mite la costrinse a voltarsi.

" .. lei è .. Rheagar Wil..de? Il Capo Aur..or?"

Veniva da una giovane ragazza vergognosa, aveva grandi occhi celesti (e sognanti) e un tripudio di efelidi sul naso. E, circostanza tragica, stringeva fra le mani un block notes e una penna.


"Oh Merlino Incoronato. Ma certo che è Rheagar Wilde, l'affascinante *e stronzo assassino di putti* Capo Auror"

Si fece da parte lasciando campo libero alla ragazza, chiedendosi cosa diavolo avesse Rheagar per fare quell'effetto idiota sul genere femminile. Sul genere femminile di tutte le età.
O forse conosceva la risposta?

 
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10 replies since 13/5/2016, 11:26   314 views
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