| Take me down to the fighting end, Wash the poison from off my skin, Show me how to be whole again. Rhaegar Wilde ¬ Hogsmeade ; ¬ Weather; Unsettled Avrebbe distinto Camille Pompadour anche in una folla di mille persone e non era certo solo per i suoi occhi, così particolari nel loro colore più unico che raro, ma più per l’aura che la donna emanava a dispetto delle situazioni. Sembrava ammantata da una specie di impalpabile armatura, così forte all’apparenza, lucida e smagliante, come un regina guerriera d’altri tempi: doveva essere stato necessario —aveva sempre pensato Rhaegar— correre ai ripari quando le responsabilità dei suoi molteplici ruoli le erano caracollate sulle spalle ed era per questo che Camille sembrava sempre imperturbabile, sempre razionale, quasi fredda (tanto che al Ministero qualche coraggioso osava persino chiamarla Vergine di Ferro), sempre pronta ad affrontare qualsiasi situazione, mai sconvolta, mai spezzata. Rhaegar, però, conosceva la verità, molto più di quanto lei volesse mostrargli: forse era l’esperienza, o forse, più semplicemente, perché lei e lui erano dannatamente simili, per quanto cercassero di ignorarlo. Quando la raggiunse, capì subito che era infastidita, e come biasimarla? Con tutto ciò che era accaduto in un solo giorno, poco dopo un dialogo sull’argomento sicurezza con la —tanto odiata— Preside di Hogwarts, era normale. Un fresco venticello le scompigliava e le arruffava i lunghi capelli corvini, facendola sembrare un adorabile gufo impagliato. E anche piuttosto incazzato. Con pazienza l’Auror si sorbì il vomito di parole sputate una dopo l’altra, con rabbia e rancore verso tutto e tutti, assorbendo come una spugna il fastidio che ella provava; lì per lì, Rhaegar fu tentato di lanciarle un’occhiata ammonitrice. Non sapevano ancora come quel tale della Gazzetta era riuscito a carpire così tante informazioni e l’idea che potessero essere spiati o ascoltati aveva infine spinto l’uomo a decidere come luogo di appuntamento proprio la sala da tè di Madama Piediburro. O almeno, questa era la spiegazione ufficiale; quella di sottobanco, invece, prevedeva una lenta, indecorosa vendetta per ricordare a Camille che doveva imparare a dirgli le cose, anziché fare quel che le pareva sotto al suo naso. « Buongiorno anche a te, raggio di sole! » Esclamò divertito dalla verve della donna che fu tale da far dimenticare a lei i convenevoli e a lui il rimprovero. « Sono contento di vederti così motivata, ma… andiamo, sto morendo di fame. » Con non-chalance le poggiò la mano sulla spalla e la condusse con gentilezza, ma con una certa forza, verso l’entrata zuccherosa del pub più romantico di tutta Hogsmeade. « Voglio mangiare qui dentro, sissignora, e cerca di intuire il perché. » Le bisbigliò sempre sorridendo, tirando, però, le labbra in un modo che a quel punto il sorriso sembrava più una colica che un’espressione di divertimento. Quando la mano di Rhaegar spinse il pomello dell’uscio, aprendo la porta, un chiacchiericcio allegro e sommesso ed una ventata calda di profumi dolci e mielosi li inondarono come una nuvola rosata. Per un piccolo, micragnoso secondo Rhaegar si pentì di quella scelta, ma una sola occhiata verso la faccia di Camille bastò per ripagarlo di qualsiasi tentennamento. Cercando di trattenere una risata che sarebbe stata sicuramente poco decorosa per la situazione che stavano affrontando —non ci poteva fare niente se il suo senso dell’humor era qualcosa che non l’abbandonava quasi mai—, l’uomo avanzò dentro al locale, lasciando la presa sulla spalla di Camille, ma elargendole un’occhiata intimidatoria che a chiare lettere sembrava stamparle nella mente: se provi ad andartene, stai pur certa che ti ritroverai l’ufficio invaso di glassa appiccicosa. Da Madama Piediburro era un’icona di Hosgmeade quasi quanto i Tre Manici di Scopa: da anni il suo tetto in travi di legno rosato (da cui spesso piovevano petali di rosa) e le sue mura decorate da carta da parati di uno squisito lillà e fiorellini , avevano visto crearsi decine e decine di coppie d’innamorati che, davanti ai tavoli apparecchiati con vasi di fiori e tovaglie rosse come la passione, s’erano giurate amore eterno. A dirla tutta, effettivamente, quel pub aveva visto anche molte coppie sfasciarsi: forse tutti quei fiocchi e trine anziché favorire il romanticismo, a volte lo minava seriamente ed i ragazzi, più delle ragazze, si trovavano in gran difficoltà a spiccicar parola di fronte alle statue dei putti dorati poste tatticamente fra questo e quell’altro tavolo. La proprietaria, comunque, aveva sempre negato la faccenda con una certa enfasi. Rhaegar si avvicinò al bancone, dove cercò con lo sguardo qualcuno che potesse servirli; quando incrociò gli occhi di una cameriera, questa annuì e li condusse ad un tavolo piuttosto appartato. Lo stile d’arredamento era senza alcun dubbio lezioso: il tavolino rotondo che gli era stato assegnato sembrava sprofondare sotto il peso di una tovaglia *o una tenda? Si nasconderà il circo russo lì sotto?* di pesante tessuto broccato. Un centro tavola formato da un vaso di cristallo e rose rosse spuntava maestoso, ostacolando la vista dei commensali, e Rhaegar, infastidito, lo spostò di lato. Solo in quel momento notò la statua del putto che li osservava con fare zuccheroso e per poco non gli pigliò un infarto. « Ti devo spostare la sedia o fai da te? » Ridacchiò, sicuro della risposta della donna. Rapidamente si accomodò sulla sedia in stile rococò (trapuntata da un vellutino rosa antico), mentre l’occhio magico controllava la situazione tutt’intorno. C’erano studenti sparsi per gran parte della zona frontale del locale, adibita, più che altro, alla sala da tè. La parte dedicata alla ristorazione, quella in cui si trovavano loro, era in fondo e pochi tavoli erano stati occupati. Solo una coppietta, piuttosto avanti con l’età, era seduta dalla parte opposto alla loro, ed i due vecchini sembravano piuttosto impegnati in un bacio appassionato fra dentiere. *Alla salute.* La cameriera tornò con i menu in un batter d’occhio, Rhaegar la ringraziò e senza una parola nascose la testa dietro il fiocchettoso elenco. L’analisi delle portate gli procurò al contempo spavento e raccapriccio —non era molto sicuro di voler ruttare cuoricini per tutto il tempo una volta uscito da lì — *Ma di cosa cacchio si droga la Piediburro?* ma, al di sopra del menu, l’occhio Magico inquadrò nuovamente il viso di Camille e Rhaegar celò un sorriso, lieto che fosse abilmente censurato. Questa volta l’aveva proprio fatta grossa, ammise a se stesso: diamine, però, che soddisfazione. Alla fine, optò per rimpinzarsi senza ritegno: tanto valeva trovare una gioia in mezzo a quel mare di schifo. « Hai deciso? Offro io, mi sembra il minimo. E se vuoi saperlo, perché non sono così stronzo, chiederò alla cameriera di non ficcarci dentro questi stupidi incantesimi. Non si può neanche mangiare in pace. » Borbottò, scuotendo appena il capo. Al consenso di Camille, l’uomo fece un cenno alla garzona. « Dunque, io prendo una Focaccia di Faccia, Gnocchi di Ginevra e degli Arrow Heart. Il dolce, vediamo dopo. Da bere un White Angel. Però mi faresti un favore? Puoi farci tutti i piatti in maniera semplice, senza tutti gli incanti e gli effetti collaterali che ne conseguono? Te ne saremmo grati. » Sorrise affabile, sfoggiando il proprio fascino per convincere la fanciulla a non dar retta a quella matta scriteriata della sua datrice di lavoro. « Bene. » Esordì poi una volta che Camille ebbe detto la sua, seguendo con l’occhio Magico la cameriera che si allontanava, e puntando quello sano verso la donna. « Deliziami col tuo racconto sui come e i perché della spedizione della Dalton, quell’oca giuliva, e della Bennet, quella pazza omicida, dai vampiri e come mai avrebbe dovuto funzionare. Poi passiamo al resto » Non era sicuro che Camille lo avrebbe davvero deliziato. Piuttosto, molto probabilmente gli avrebbe tirato la statua del putto dorato dritta sulle gengive. Sperò, tuttavia, che la donna non vedesse solo l’involucro —ovvero la meschinissima vendetta—, ma anche il nucleo di quell’incontro: era un riparo, forse l’unico su cui potevano contare davvero. Non era certo il posto più ortodosso dove parlare di morti e disgrazie, ma era di sicuro il più improbabile. *Anche se ho un brutto presentimento.*
Legale Neutrale Capo Auror codice role Akicch; copyright, don't touch - WANT YOU OWN? GET IT
|