Time flies over us, but leaves its shadow behind.

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view post Posted on 29/8/2016, 21:42
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You can take the darkness out of the man, but you can't force him to step into the light.

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Scheda Thalia J. Moran
La pioggia picchiettava leggera sulla superficie di vetro della finestra, percorsa da sottili strisce di piombo a formare piccole sezioni regolari e poste secondo un preciso ordine geometrico. L'atmosfera silenziosa della Biblioteca era rilassante, interrotta solamente dallo scricchiolio delle piume sulle pergamene e dal ticchettio costante della pioggia.
La cena non era stata particolarmente entusiasmante - complice l'ansia di terminare l'ultimo compito in programma per Storia della Magia - così si era diretta al quarto piano per cercare l'ispirazione necessaria.
Le grandi librerie in legno di noce custodivano libri di ogni sorta: antichi e dalle copertine in pelle scura consunta dal tempo e dall'uso smodato, perpetrato nei secoli in cui la Scuola aveva dato ospitalità a centinaia di ragazzi ed insegnanti; altri profumavano ancora di nuovo, quella fragranza così particolare da indurre chiunque ad affondare il proprio naso tra una pagina e l'altra, inspirando profondamente; infine, i testi più interessanti - e probabilmente più pericolosi - trovavano rifugio e protezione all'interno del Reparto Proibito.
Camminando tra una corsia e l'altra, aveva avuto modo di riflettere sul fascino che quella particolare sezione esercitava sugli allievi della scuola. Conosceva a grandi linee il suo contenuto, sebbene non avesse mai covato un sincero interesse nell'introdursi al suo interno: incantesimi oscuri, ricette per la creazione di pozioni complesse e pericolose e qualsiasi altra informazione fuori dalla portata di maghi poco esperti. Per il momento, ad ogni buon conto, la sua curiosità aveva saputo resistere alla tentazione di accedervi e, con passo leggero, aveva cercato di avvicinarsi al suo solito tavolo in fondo alla stanza, tra due alte librerie e di fronte ad un'ampia finestra formata da tre file di trifore. Quanti avevano cercato di accedere al Reparto Proibito infrangendo le regole stabilite dai Presidi precedenti? E quanti vi erano effettivamente riusciti?
Scacciò dalla mente quelle inutili domande, tornando a focalizzare l'attenzione sulla ragione che l'aveva condotta in quel luogo preciso. Posò delicatamente la borsa ai piedi del tavolo, sul marmo dai riflessi ambrati. Si allontanò per un istante, avviandosi alla ricerca dei volumi necessari a portare a termine il proprio obiettivo. Pochi minuti dopo, con l'ausilio di due tomi dall'aria usurata e le pagine ingiallite, si apprestò ad iniziare il proprio lavoro, leggendo e confrontando con i propri appunti le nozioni riguardanti la vita e le scoperte di Bridget Wenlock, una delle prime streghe ad interessarsi all'Aritmanzia. La luce della lampada ad olio illuminava chiaramente il volto della strega, ritratto secondo lo stile del XIII secolo: una piccola immagine, decorata con miniature e colori sgargianti, ritraeva una donna dai lineamenti all'apparenza marcati, i capelli neri insolitamente lasciati sciolti sulle spalle piccole e un paio d'occhiali a mezzaluna in bilico sul naso aquilino.
Si prese un momento, il tempo necessario a chiedersi se anche quella strega avesse trascorso le sue serate in quella Biblioteca studiando le particolarità della Magia. Certamente aveva passeggiato nei medesimi corridoi e utilizzato alcuni dei manoscritti più antichi presenti ed, altrettanto sicuramente, aveva fatto buon uso delle proprie conoscenze per lasciare un segno nella Storia. Automaticamente ripensò al Professor Peverell e al modo in cui la sua spiegazione in merito alla vita di Bridget Wenlock fosse stata, in un certo qual modo, d'ispirazione per la giovane Tassorosso.
Era chiaro che le due, nonostante l'ambizione e la passione profusa nello studio, non avessero nulla in comune. La strega oggetto di tante riflessioni era stata la prima a scoprire l'applicazione del numero 7 nell'Aritmanzia, una branca della disciplina che meno tra tutte soddisfaceva l'erede dei Moran. In quei mesi aveva avuto modo di riflettere molto sulla Divinazione, le sue implicazioni e conseguenze, comprendendo di non essere ancora pronta a lasciare andare le proprie convinzioni in merito alla razionalità.
Causa ed effetto, volere e potere: piccole frasi fatte che riassumevano in maniera circostanziale la sua opinione in merito a passato, presente e futuro. Un tema, quello del tempo che trascorreva, che l'aveva ossessionata per tutta l'estate. La profezia, l'eco di una lontana minaccia incombente sulla sua famiglia e quel messaggio nella pozza d'acqua all'esterno dell'Aula Abbandonata. Ciascuno di questi eventi aveva contribuito alla sua insonnia, per non parlare degli incubi ricorrenti. Tuttavia, nella sua personale concezione i sogni non erano altro che rappresentazioni fittizie prodotte dall'inconscio nella fase più profonda del suo sonno, mentre la profezia - per quanto potesse trovare fondamento nella realtà - sarebbe rimasta tale, se solo non le avesse conferito tale e tanta importanza.
Il presente sarebbe diventato passato, il futuro sarebbe dipeso dal presente. Era sempre stato questo il percorso del tempo: logico, razionale, progettato e reso realtà dalle ambizioni di persone come lei. Eppure, molti credevano di poter manipolare diversamente il tempo e la sua interpretazione.
Bridget Wenlock aveva cercato un metodo per leggere il futuro e, sebbene non credesse ad una sola parola di quanto appena letto nelle pagine del testo scolastico, dovette concederle di aver "tentato", perlomeno, di scoprire una chiave di interpretazione più razionale di quanto non lo fosse la lettura delle foglie di tè o quella dei fondi di caffè.
Sbuffò, appoggiandosi allo schienale e distendendo le braccia all'indietro per stiracchiarsi. Non era certamente l'atto più elegante del mondo, ma in quel momento era sola e dubitava che qualcuno si sarebbe avvicinato per distoglierla dalla sua occupazione serale.
Speranze vane le sue. La vista dell'ombra di Madama Pince la risvegliò dal torpore della stanchezza. Dopo aver portato una mano al petto e regolarizzato il respiro, vedendola nuovamente sparire dietro lo scaffale alle sue spalle, si decise a togliere il disturbo. Non sembrava la serata adatta per completare quel tema. Come a suggellare quella decisione, la pioggia si fece più insistente. Iniziò a raccogliere i propri averi riponendoli all'interno della borsa a tracolla di cuoio nero, pensando che quella donna potesse dimostrarsi meno inquietante di tanto in tanto, quanto bastava per non cogliere di sorpresa gli ignari studenti nel cuore della sera in quella stanza troppo grande e ricca di sapere, concentrato in milioni e milioni di pagine incartapecorite.
Passando di fronte allo scranno della donna, posto all'ingresso della Sala, per la seconda volta quella sera – a distanza di un'ora – si congedò da lei con un lieve cenno del capo e un sorriso cordiale. L'educazione prima di tutto, questo le era stato insegnato.
Quattro rampe di scale la separavano dalla propria Sala Comune, eppure non era in quel luogo che voleva dirigersi. Non immediatamente almeno. Aveva sempre immaginato di vagare senza meta per il Castello, di notte specialmente, ma in quel momento il desiderio opprimente era un altro. Dopo due rampe di scale si ritrovò al primo piano.
Probabilmente era il momento sbagliato per un colloquio in merito ad un compito da consegnare di lì a breve. Eppure quelle riflessioni sul tempo, il futuro e il passato...esisteva una sola persona in quel Castello in grado di dissolvere, letteralmente, i suoi dubbi e con cui dar sfogo alle proprie idee. Non si trattava, però, della nuova docente di Divinazione. Il suo obiettivo era un altro.
Non era eccessivamente tardi, dato erano passate da poco le 20 e 30, quindi con tutta probabilità nessun professore si sarebbe coricato così presto. Il suo compito su Bridget Wenlock giaceva incompiuto sul fondo della borsa, riposto accuratamente tra le pagine del testo di Storia della Magia, e magari il Professor Peverell avrebbe potuto illuminarla su alcuni aspetti piuttosto rilevanti in merito alla figura storica affrontata in quella lezione. O quella sarebbe stata la giustificazione per averlo disturbato a quell'ora.
Non aveva mai osato avvicinarsi tanto all'Ufficio del Professor Peverell. A lezione si era sempre dimostrato un mago dall'aria solenne, ma fuori dall'aula? Che tipo di persona si sarebbe trovata davanti se avesse deciso davvero di bussare alla porta del suo studio? La risposta non era mai la stessa: una volta aveva immaginato l'insegnante vestito con uno dei suoi abiti svolazzanti, così come appariva a lezione; un'altra volta aveva supposto di vederlo indossare un pigiama di flanella nel più rigido degli inverni di Hogwarts. Eppure il Professor Peverell non era sempre stato un anziano mago dalla conoscenza pressoché infinita ed i modi raffinati: doveva nascondere al mondo una parte di sé meno pomposa e più semplice da gestire. Nella sfera privata di ognuno si celavano sempre comportamenti radicalmente diversi da quelli mostrati alla società. Lei stessa ne era la prova vivente.
Continuando a procedere spedita lungo il primo piano, dunque, la sua mente elaborava questi ed altri pensieri, temendo di essere cacciata dall'insegnante per l'orario in cui si fosse ritrovata a bussare alla sua porta. Una volta giunta di fronte ad essa, inspirò profondamente, prima di alzare il pugno destro a pochi centimetri dalla superficie lignea dell'ingresso chiuso.

*Al massimo prendi una T al prossimo compito. Cosa vuoi che sia per la tua media.*
Tre colpi secchi e ravvicinati.
Ormai aveva bussato, tanto valeva rimanere in religioso silenzio ad attendere l'ordine dell'insegnante che l'avrebbe invitata ad entrare o ad andarsene.



 
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view post Posted on 30/8/2016, 23:03
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Una serata tranquilla, almeno sino a quel momento.
Di pioggia, ma non meno serena. Le gocce picchiettavano leggere sulle finestre piombate.
Era stata una bella giornata di sole, di un Astro ormai quasi autunnale, sulla via del tramonto, aveva inondato ancora di luce il mondo, spandendo una piacevole temperatura sul Castello, prima che tornasse definitivamente l'inverno. E così stava ricominciando la mattanza? I pesanti mantelli invernali, dalle fosche tinte erano stati nuovamente rimessi in campo con una certa irruenza, per tornare a riporre i non più confacenti mezzi mantelli estivi, ed ai toni caldi della stagione favorevole, ma non per questo meno temuta. Del resto, era una relazione di cordiale odio, ed amore. In primo luogo, veniva l'odio, detestava diò di cui era foriera la primavera, l'estate, il caldo soffocante, ed il mezzogiorno del Mondo, che aveva imparato a farsi piacere per lunghi anni. Il caldo secco del deserto libico, iraqeno, egiziano, ed il caldo umido del mediterraneo, dal libano alla grecia, alla spagna, alle isole, più o meno grandi che fossero. E poi l'amore, certo, i colori caldi, sgargianti, i tessuti leggeri, e Glamis. E se primavera implicava Estate, si poteva tranquillamente che non mancasse poi molto al termine di un nuovo anno. Da quando era tornato, tutto era tornato a susseguirsi con lenta regolarità, certezza che una Scuola, e poche altre, era in grado di fornire. Mese dopo mese, Natale, e Pasqua, ed ecco la fine dell'anno. Un quieto armonioso vivere. E tale era destinato a restare, e protrarsi. Era soddisfatto della pensione, ed ormai più che scribacchiare e ciarlare non sembrava trovar brio di fare. In fondo, cos'aveva poi fatto per un'intera esistenza? Volendola ridurre ai minimi termini non sarebbe poi cambiato molto, certo aveva scritto e parlato molto, per conto di altri, ma essenzialmente era un esperto di quello. E tale sarebbe rimasto. L'unica sostanziale differenza, era che ormai si fosse messo in proprio per buona parte del suo tempo, il che era qualcosa di decisamente incoraggiante. In fondo si poteva essere relativamente certi nell'affermare quanto si pensasse. Certo, era ormai proverbiale l'essere quotidianamente fraintesi, vuoi per un motivo, vuoi per un altro, ma era comunque un passo in avanti. Non si rischiava nulla di più, che non una discussione, o una inequivocabile T, e per quanto potesse suonare presuntuosa ed irreverente, nei suoi semplici e lapalissiani tratti, non aveva il potere di innescare alcuna crisi valutaria, fiscale, politica, o armata. Era tutto terribilmente rassicurante.
Di scarlatto vestito, divagando in pensieri ed opere, l'anziano Mago voltò infine la pagina di un voluminoso dizionario, espirando rumorosamente, e lasciandosi cadere contro lo schienale della seduta, soddisfatto. Non il tempo di essere affondato completamente nella morbida pelle della poltrona, che già il non troppo fedele, e mansueto alleato, aveva ben pensato di filarsela. Lesto, quasi felino, a tratti machiavellico, aveva atteso a lungo il momento più adatto, e venendo meno l'attenzione del Mago, si era chiuso improvvisamente, sollevando un pulviscolo di polvere, che si portò dietro un sonoro starnuto, prima di correre sul legno lucidato della scrivania, e balzare a terra, sul folto tappeto, scomparendo alla vista. Un dizionario altamente istruito, certo, che però sembrava in tutto e per tutto restio nel condividere il suo sapere, o facilitare le ricerche. Quanto meno aveva la buona creanza di non soffrire di istitinti suicidi, non gettandosi nel caminetto scoppientante, un classico, o giù dalle finestre serrate, nel parco. Erano passi avanti, comunque la si volesse girare. Il Volume ribelle, senza dar prova di eccessiva originalità, giunti ormai all'ennesima edizione di quella farsa, mostrando la costa di pelle rinforzata, ed incisa profondamente da uno stilo, correva, almeno nei limiti consentiti ad un libro pesante diverse libbre, verso la porta, sbarrata, confidando ancora una volta nel miracolo. Chissà poi dove volesse andare! Churchill aveva retto il gioco le prime volte, ma si era presto annoiato, l'eccesso di moto non sembrava essere il benvenuto in quei locali. Che il dizionario ribelle l'avesse scordato? O che fosse ribelle proprio per quello?
Provvidenziale, epifanica o fantasmatica, presto l'avrebbero determinato, nelle vesti di novella Beatrice dello sperduto Dizionario, qualcuno aveva deciso di farsi avanti, bussando in quel momento. Quanto sarebbe stato inopportuno invitarlo a ripassare più tardi? E con che scusa? Guardi, non vorrei che il dizionario m'infartasse per la sorpresa, potrebbe ripassare? Stiamo braccando un ribelle? Sono in corso delicate operazioni di pulizia? Ammazzo il drago, ed arrivo? Quale potesse essere la scusa più credibile, ed opportuna era una sfida notevole, ed allo stesso tempo pressante. Nel momento in cui avesse aperto, il dizionario si sarebbe lanciato fuori dalla stanza, se non l'avesse fatto, ne sarebbe risultato un villico villano il rispettivo proprietario. Poi la soluzione.


Avanti!

In una maniera, o nell'altra, il più delle volte nell'altra, se la cavava sempre.
Il che era comunque decisamente già qualcosa. E silenziosa la porta prese ad aprirsi.
Lesto il dizionario si infilò nello spiraglio, filandosela alla chetichella. Era andato?


Se fosse così gentile da acchiappare il fuggiasco, ci eviterebbe una noia.

In fondo, non era chiedere troppo.
Attaccati ad un campanello ad ogni ora del giorno e della notte. Recuperare un Volume non sarebbe stato eccessivamente scortese. Tornò alla tazza di The, dimentica poco lontano sulla scrivania. Sorseggiando il liquido ambrato, ormai freddo, lo sguardo ricadde sulla tavoletta di pietra nera, incisa, sulla quale stava ormai lavorando da diverse ore. Se non fosse stato per una lezione e l'altra, o per la pause doverose utili a recuperare il dizionario forse se la sarebbe cavata prima. O forse il problema era un altro. Era troppo vecchio, e non era il suo campo? Eppure era altrettanto certo che non l'avrebbe mai ammesso, benchè fosse altrettanto certo che il tutto facesse parte degli intenti del mittente. Così andavano le cose. Ma chi era l'inatteso ospite?

 
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view post Posted on 31/8/2016, 12:44
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Scheda Thalia J. Moran
Non si sarebbe potuta certamente stupire se, in quel preciso istante, il Professor Peverell avesse dato vita ad un pensiero poco consono al suo rango o alla sua personalità raffinata. Quale studente sano di mente si sarebbe presentato a quell'ora, dopo cena, per discutere di Storia e Divinazione? Di certo le rosee aspettative della Tassorosso di intavolare una discussione costruttiva con uno degli insegnanti che più stimava si dissolsero nel percepire una spiacevole sensazione di inadeguatezza e vergogna.
Si ritrovò a riflettere sul fatto che in quei primi anni ad Hogwarts non avesse mai necessitato di chiarimenti in merito alle lezioni a cui aveva diligentemente assistito o riguardo i lunghi e complessi compiti o temi da consegnare. Nemmeno Trasfigurazione, la materia che più delle altre l'aveva messa in difficoltà, l'aveva condotta in quello che ad oggi era l'Ufficio del Professor Barrow.
Dall'interno dello studio dell'insegnante non proveniva un solo rumore: non un colpo di tosse, un sospiro, una tazza di tè appoggiata pesantemente sulla superficie lignea della scrivania dell'insegnante.
Nulla.
L'atmosfera nel corridoio le ricordava uno scenario simile a quello partorito dalla mente di uno scrittore: le torce accese illuminavano piccole porzioni di quel freddo pavimento in pietra granitica, riscaldando l'ambiente con tonalità calde e rassicuranti. La pioggia, all'esterno, batteva impetuosa le pareti ed i vetri, vivacizzando l'ambiente di un rumore sordo o quasi metallico, in base a quale superficie ella toccasse.
Le nocche della mano piccola, ma affusolata, rintoccarono per tre volte sulla porta e la voce imperiosa e, tuttavia, calma dell'insegnante le diedero il permesso di accedere in quel luogo privato e, al tempo stesso, aperto a chiunque necessitasse di un confronto o un aiuto.
Strinse tra le dita il metallo freddo della maniglia, tirandola verso il basso, e spinse la porta. Fu subito inondata dalla luce proveniente dalle torce accese all'interno di quell'ampia stanza e, non vi sarebbe stato dubbio alcuno a riguardo, fu sopraffatta alla vista di un voluminoso testo dalla copertina in pelle nel vano tentativo di arrancare nello spazio tra il suo piede destro - in procinto di avanzare - e lo stipite della porta.

«Se fosse così gentile da acchiappare il fuggiasco, ci eviterebbe una noia.»
Grossi tomi dotati di vita propria che cercavano la via più facile verso la libertà? Nulla ormai avrebbe potuto stupirla. Rispose affermativamente all'insegnante, con tono svelto e pronto, abbandonando la borsa di cuoio nero accanto alla porta aperta. L'antico libro sembrava intenzionato a fuggire nella direzione da cui lei stessa era giunta poco prima, ma senza alcun risultato degno di nota. Doveva essere piuttosto pesante, a giudicare dal numero spropositato di pagine e dal rinforzo posto sulla costa, e immediatamente si scoprì curiosa di sapere quali informazioni vi fossero celate all'interno. Non si sarebbe certamente azzardata ad approfondire quell'immane lettura, non per mancanza di tempo od energie, ma piuttosto per un radicato senso di rispetto verso la proprietà altrui. Sapendosi gelosa fino all'esagerazione dei propri averi, specialmente i libri scolastici e non, s'immaginò che l'insegnante potesse covare lo stesso sentimento verso i suoi amati e preziosi volumi. Aprendo la porta d'ingresso del suo ufficio, oltretutto, aveva avuto modo di ammirare fugacemente la libreria posta lungo un lato dello studio, colma - dal ripiano più alto a quello più basso - di volumi di ogni sorta e dimensione. Solo Merlino avrebbe saputo confermare quanta curiosità quell'immagine repentina avesse scaturito nel suo animo.
Si posizionò alle spalle - per così dire - del volume e chinandosi sulle ginocchia ebbe giusto il tempo di sentir scivolare tra le dita la copertina in pelle, ruvida in alcuni punti. Quel libro aveva tutta l'intenzione di farle perdere tempo, ma non si scoraggiò. Mai un Moran avrebbe perso la tenacia necessaria a portare a termine persino il più futile degli obiettivi. Si avvicinò nuovamente, calando improvvisamente le mani ai lati del testo, come un'aquila in picchiata in direzione della propria preda, e ne strinse le estremità laterali imprimendovi una certa forza. Le piangeva il cuore a trattare così una delle numerosi fonti del sapere all'interno dell'edificio scolastico, ma la fuga di certo non era concessa, nemmeno ai libri di antica fattura con uno spiccato senso di libertà.
Aveva percorso un metro e mezzo dalla porta d'ingresso dell'Ufficio del Professore e, tornando sui propri passi, si sentì estremamente soddisfatta del proprio operato. Stringeva al petto il voluminoso tomo sconosciuto e, affacciandosi all'Ufficio, si chinò a raccogliere la borsa a tracolla.

«Ecco a lei il fuggiasco, Professore.» mormorò cordialmente, sorridendo educatamente. Non rischiò di abbandonarlo sulla superficie lucida della scrivania: se aveva tentato la fuga una volta, l'avrebbe rifatto e, di sicuro, non era intenzionata ad inseguirlo per tutti i corridoi della Scuola. Rimase incantata dal colore vivo, una tonalità di rosso piuttosto accesa, della veste indossata dal professore: in qualche modo faceva risaltare gli occhi scuri e vigili dell'insegnante, così come il capelli bianchi che tanto, nell'immaginario comune, suscitavano saggezza e rispetto.
«Thalia Jane Moran, Tassorosso. Secondo anno.» esordì, presentandosi «Mi auguro di non aver turbato la sua quiete serale.»
Uno sguardo luminoso il suo, le iridi cerulee animate da un'improvvisa vivacità, e un sorriso educato, ma sincero. Non aveva bisogno di attingere alle regole del buon comportamento per approcciarsi ad una figura influente come quella del Professore di Storia della Magia: in cuor suo, desiderava solamente presentarsi nel migliore dei modi, facendo sì che l'insegnante ne avesse una buona impressione. Naturalmente, presentarsi a quell'ora nel suo ufficio non si era rivelato di certo il perfetto biglietto da visita che ogni studente avrebbe desiderato esibire.
Il librone, ancora stretto tra le braccia ed il petto, lasciava intravedere chiaramente l'uniforme scolastica: una tonaca nera con il bordo giallo-dorato, i colori della Casa Tassorosso di cui faceva fieramente parte. Si limitò a sorridere, senza aggiungere altro alle poche frasi pronunciate in precedenza. Con tutta probabilità le avrebbe indicato il luogo in cui riporre il massiccio volume ed, eventualmente, le avrebbe chiesto di chiudere la porta. Rimase dunque nella sua posizione: in piedi, di fronte alla scrivania - occupata da testi e pergamene, ma anche da una tazza di tè e una strana tavoletta di pietra nera di cui ignorava la funzione - tra le due poltroncine purpuree.



 
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view post Posted on 31/8/2016, 22:48
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Un ribelle.
Qualcosa d'insopportabile.
Perchè poi un libro dovesse decidere ripetutamente di prendere la porta, aveva quel quid di misterioso, ma era anche relativamente certo che qualunque fosse stata la sistemazione rimediata, avrebbe comunque tentato una fuga, pur rocambolesca che fosse. Che avesse in fondo bisogno soltanto dei suoi cinque minuti? Che vi fosse altro sotto? Che quell'anelito di libertà celasse ben altro? Sintomo di un malessere più profondo, e diffuso? Che il suo collezionismo d'assalto, non fosse poi così ben visto dalla sua collezione stessa? Possibile? No. Si rifiutava di ritenerlo, possibile, o anche solo probabile. Come sarebbe mai potuto essere? Le implicazioni sarebbero state catastrofiche a dir poco, generazioni di lavoro gettate al vento, perchè i frutti avevano deciso di dissociarsi? Non si era mai sentito qualcosa del genere. E non sarebbe accaduto. Sarebbe stato il primo, e l'ultimo. Era stato messo in guardia, in fondo, che una qualche forma di spirito minore si annidasse in quelle pagine. L'intera questione poteva essere derubricata a fastidi pomeridiani? Forse la prima delle N volte era stato anche divertente, forse anche la seconda. Appoggiò la tazza sul suo piattino, prima che la Giovane riemergesse dai recessi del corridoio. Non era poi troppo difficile acchiappare un dizionario, o lo era? Certo, non si sarebbe forse potuto parlare di economie d'esperienza, o apprendimento, quante volte poteva esserle capitato? Ma non era poi un'esperienza così trascendentale. Che potesse addirittura tornarle utile? Di cosa si occupavano a Trasfigurazione? Corruzione dei Tempi, e dei Costumi, ormai aghi e spilli ricoprivano un interesse quasi mistico, possibile che un dizionario fosse così fuori moda? O non era ancora passato l'anno? Quanta rilevanza avrebbe avuto tutto quello? Quanto realistico sarebbe stato un rifiuto da parte della prima? Il fatto che avesse deciso di bussare alla sua porta, in fondo, implicava che avesse bisogno di qualcosa, l'averle già appioppato un incarico, che piuttosto difficilmente avrebbe potuto rifiutare, per molti versi sarebbe potuto risultare quanto meno ingiusto. Quasi maleducato. Poteva essere? Quanto era tollerabile quella legge del 'qualcosa per qualcosa'? Era soltanto l'ultima deriva animalesca della legge del taglione? Ma del resto, era vecchio, ad un certo punto la voglia si perdeva, anche di inseguire un dizionario. Sembrava tutto così assurdo, tanto da essere vero.
Quanto avrebbe impiegato?
Abbastanza? Troppo? Un istante?
Il tempo di una scorsa alla tavoletta, ed eccola infine entrare. La porta scivolare nuovamente sui cardini ben oliati, l'ufficio sfoggiare la sua accoglienza, e la rassegnata propensione ad accogliere ospiti, di ogni genere e sorta, ed il gioco era fatto. La Tassorosso era ormai dentro. Chi era? II, forse III Anno. Il nome sarebbe venuto da sè, succedeva sempre. Sulla soglia, ancora reticente se entrare o meno. Il dizionario nella stretta, badando bene a che non si liberasse nuovamente. Sorrise, imparava in fretta. La porta chiusa sarebbe potuta essere una garanzia sufficiente a che non se ne sarebbe andato troppo lontano, almeno non alla prima occasione, e non subito. Il cosa la spingesse da quelle parti, era decisamente un'altra Storia. Eppure, era relativamente certo che l'avrebbero scoperto. In fondo, era quello il senso di una visita, o no? E più erano giovani, più erano anche di fretta. Che fosse un baco dell'essenza? Un difetto di fabbricazione? Da inoltrare un reclamo ufficiale al fabbricante? Al cavolo? Alla cicogna? C'era altro? Sotto lo sguardo di un Vecchio, ed un essere di fuoco, la Giovane avrebbe trovato il coraggio di farsi avanti, porgendo il frutto della sua conquista? Cosa le era valso quel libro? Delle risposte? Anche quello non era poi troppo rivoluzionario, anzi, sarebbe parso strano al suo Maestro fiammingo di fiducia che i nuovi visitatori non avessero in serbo una serie di domande, che avrebbero a cascata portato delle richieste, qualche invito, una serie di ringraziamento più o meno sentiti, convenevoli di maniera, ed affini necessari a che il tutto si svolgesse senza inghippi. Sembrava tutto perfetto, fosse stato un libro. Il castello c'era, le torce e un camino acceso anche, il rumore di un temporale tardo estivo. Tutto alla regola dell'arte. Salvo il libro. Qualcuno si burlava di loro?
A un libro corrispondevano quasi sempre guai.
Ma non c'era fretta. Non c'era mai fretta.
Tutto secondo il piano ormai rodato.
Sorrise, accennando alle poltrone.


Ah, Mademoiselle Moran, prego!
La ringrazio del dizionario, e nessun disturbo.
Chiuda la porta, e lo liberi pure, si stancherà presto.
Nel frattempo può accomodarsi, posso offrirle qualcosa?
Magari un The, o forse altro?


Il rituale era quello, ed era iniziato.
Il resto sarebbe venuto da sè, inutile spingere.
Tra un rotacismo, ed un vocalismo, inframmezzato da una pausa stramba, ed una vocale più lunga di quanto non fosse comprensibilmente previsto, proseguiva spedito, ed affabile, in quello che aveva tutta l'aria di essere un discorso vissuto, e partecipato, da parecchio tempo. In fondo, Bibliofilia, e Teinomia non erano propriamente attributi tenuti sottochiave, o celati in una qualche oscura catacomba, nel Nord delle Highlands. Erano sfoggiate con piena padronanza nella quotidianità di ogni giorno, come un mantello da giorno, o una palandrana ancora di buona foggia. Giunti ad una certa età, certi formalismi perdevano di senso, ed altri ne acquisivano in eccesso. Così andavano le cose.

 
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Scheda Thalia J. Moran
Grandi librerie in legno di quercia, con cerniere d'argento, fornivano un modesto riparo a un numero imprecisato di volumi che attirò immediatamente l'attenzione della studentessa. La Tassoroso, infatti, aveva sviluppato nel corso degli anni una vera e propria ossessione per i libri. La passione per il Quidditch le era stata instillata dal padre, Seamus James Moran, modesto Battitore dei Kenmere Kestrels in procinto di abbandonare l'attività sportiva per un lavoro assai meno rischioso: una scrivania all'Ufficio per i Giochi e gli Sport Magici, dove già la sorella Sheila aveva trovato occupazione da una decina d'anni. E se prima ancora di aprir bocca, Thalia Moran aveva imparato a volare su un manico di scopa, sua madre, Leanne Constantine Lynch aveva fatto sì che l'interesse della sua primogenita fosse orientato anche alla Conoscenza, la sola ed unica assimilabile attraverso l'attento studio e la lettura approfondita. Nel darle sostegno emotivo in tale impresa, il suocero aveva messo a disposizione della bella nuora e della promettente nipote, la propria biblioteca: una stanza semicircolare, le cui pareti interne erano percorse da pannelli in legno scuro, arredata secondo lo stile vittoriano - sebbene la struttura esterna della dimora richiamasse una moda volutamente improntata ad altri tempi - nella quale gli scaffali in legno di mogano trovavano posto su due piani, uniti tra loro da una scala a chiocciola dal corrimano in ferro battuto. Dopo il periodo statunitense, la piccola Moran aveva trascorso gran parte del proprio tempo in quella stanza, di fronte al caminetto acceso e seduta sul morbido tappeto persiano con un libro tra le mani.
La visione di quegli scaffali, nell'Ufficio del Professor Peverell, richiamò alla memoria quel dolce ricordo, provocandole un immediato moto di nostalgia. Difficile credere che avrebbe dovuto attendere qualche altro mese prima di poter ripetere quell'esperienza. Tuttavia, non si perse d'animo e cercò di non guardarsi troppo attorno con occhi curiosi, onde evitare il richiamo dell'insegnante che proprio in quel momento le si stava rivolgendo educatamente.
Chiusa la porta dello studio, ripose il voluminoso tomo tacciato di evasione in un angolo semi-vuoto della bella scrivania, ingombra per la sua quasi totalità, di altri volumi e pergamene. Non aveva certo dimenticato la tavoletta di pietra scura a cui l'insegnante rivolgeva il proprio sguardo e, ancora una volta, si chiese quale fosse il significato delle incisioni che ora riusciva a scorgere.

«La ringrazio, professore.» mormorò, sedendo compostamente sulla poltroncina di destra, abbandonando sul tappeto ai suoi piedi la borsa a tracolla in cuoio nero. «Una tazza di tè? Assolutamente, molto volentieri.»
Il rito del tè era un'abitudine consolidata, specie per una Londinese acquisita come la nonna Martha. Nei suoi periodi trascorsi nella capitale inglese, aveva avuto modo di constatare quanto quella piccola tradizione fosse necessaria a portare avanti una pacifica convivenza, come se da una tazza di quel liquido ambrato potesse dipendere la pace mondiale. Sua nonna era solita affermare che una buona tazza di tè poteva risparmiare grandi conflitti al genere umano. Era chiaro che l'arzilla nonna cercasse di impressionare la scettica nipote, ma al contrario di quanto si potesse pensare, la donna aveva ragione. Nelle sue serate di lettura, una buona tazza di tè nero, il migliore in Irlanda, accompagnava egregiamente le sue serate.
Constatò con piacere che anche l'insegnante si avvalesse di tale metodo per trovare un po' di pace dallo stress quotidiano, rifugiandosi nei sapori più o meno forti e profumati di quegli infusi straordinari.
Immancabilmente, il suo sguardo tornò a sondare con estrema attenzione i diversi scaffali, cercando di scorgere i titoli dei volumi più in vista.

«Professore, mi perdoni se sembrerò invadente, ma sento di non poter tacere oltre. La sua biblioteca personale è meravigliosa. Per un animo curioso come il mio è difficile resistere a una tale quantità di libri.»
*Lungi da me il volerlo lusingare per secondi fini.*
In effetti, l'espressione raggiante contrastava terribilmente con il tempo atmosferico, uggioso e particolarmente ventoso, manifestando a chiunque fosse dotato del minimo buon senso la sincerità di quelle parole.



 
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view post Posted on 6/9/2016, 22:57
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Scopro Talenti, Risolvo Problemi

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Tutto aveva inizio.
Era già ora del The. Era sempre ora di un The. Il che non era poi tanto male.
Quanto ancora a lungo sarebbero riuscite a trattenersi?
Per quanto il tutto avesse sì ancora quell'alone di tradizione, dovuta e quasi forzosa, per quanto non meno piacevole, e benvenuta, il tutto con il passare del tempo si era andato accompagnando all'impellenza di stringere sui tempi, nella paura che qualcosa sfuggisse troppo presto al controllo. Eppure, sbarazzarsi di un così valido elemento, ed alleato, sembrava un passo tanto radicale da seminare quel legittimo dubbio, tale da frenare qualunque decisione definitiva. Il passare inesorabile, ed instancabile dei mesi non aveva lenito quel senso di straniamento, e mancanza, come avrebbe potuto? Rinunciare a qualcosa diveniva man mano sempre più difficile. L'ancoraggio morale a quelle che erano state elevate, forse senza merito apparente, giorno dopo giorno, a Valute forti, aveva un che di rassicurante. Certo, ospiti illustri, ed altrettanto illustri figure barbine, erano possibili, quasi probabili. Se non era in grado di mantenere il controllo in tali circostanze, che razza di Mago era diventato? Era invecchiato? Un pezzo da Museo, un dinosauro, un residuato bellico, un artefatto di un passato ormai troppo orbato, e lontano per attirare una qualche ancor minima considerazione positiva? Poteva anche darsi. Eppure non vi avrebbe rinunciato.
La Zuccheriera sarebbe rimasta, e con essa il resto del Servizio.
Sorrise alla Giovane, sfacciatamente cortese. Era Tassorosso.
Così come ancora innocentemente giovane.
E lui? Per quanto vecchio, sapeva ancora essere cortese?
Sarebbe riuscito nel districare la matassa?
Perchè era lì?
Forse.


Non posso che ringraziarla della gentilezza. Un The è sicuramente il modo migliore di iniziare una discussione, non trova? Certo, non privo di rischi, ma in fondo nulla lo è, quindi tanto vale concedersi ogni tanto qualche piacere. Con l'andare del tempo si è soliti concedersi sempre qualche piacere in più, avendo in fondo sempre meno rischi da correre, o per meglio dire, attribuendo una sempre minore importanza a rischi sempre maggiori: in molti la chiamano vecchiaia. Ma inutile pensarci, per il momento! Ma venendo a noi, invece, mi raccomando, parli chiaramente, o potrebbe essere... fraintesa!
Un The, e due di zucchero.


Il raffinato, ed insospettabile servizio blu e bianco cinese, poco distante, si animò. La teiera sbuffando incontrò la tayyina a metà del percorso che le separava, ai due estremi della scrivania, e prese a riempirla già nuovamente in movimento, con tanto di piattino, in direzione del primo grazioso cliente, inseguita a ruota dalla delicata zuccheriera, che mulinando un cucchiaino d'argento, sembrava ansiosa di portare a compimento il suo uffizio, stanca di quella forzosa quiescienza, stanca delle chiacchiere, ma obbediente agli ordini impartiti, almeno per quella volta. Compiaciuto, il Vecchio, sorvegliava l'operazione. Più d'un grattacapo, ne era già emerso! Insopportabile d'una zuccheriera. Era quasi giunta l'ora del The, il che non era mai un male. Era la volta della Giovane. Giovani e The, un rapporto difficile? Cos'avrebbe deciso? Zucchero? Limone? Altro? Il Servizio era lì, in attesa, pronto anche a fraintenderla, come sempre.
C'era poi l'altra faccenda.
Un approccio che se non fosse stato il massimo dell'onestà, sarebbe stato facilmente benedetto a Serpeverde. Eppure, non veniva da lì. Che fosse ancora una volta una semplice dimostrazione di equilibrio? Di commistione naturale caratteriale di quello che solo in apparenza era e sarebbe continuato a essere un gioco semplice, e scontato? Era noto ai più che fosse un rinomato teinomane, e bibliofilo, che della prima tendenza fosse a conoscenza sembrava essercene prova, non provata, che ignorasse la seconda, una spontanea sorpresa sembrava essersi fatta avanti al banco dei testimoni. L'Alta Corte l'avrebbe accolta? E la giuria di pari? Eppure gli strappò un sorriso ugualmente. La sua biblioteca. Che ne avrebbe pensato Atlante? Monta smonta, impacchetta spacchetta, spedisci e ricevi. Addirittura spolvera. La vecchiaia era una brutta bestia, ed allo stesso tempo non era mai stato dell'avviso di potersi permettere di perder tempo in cose del genere. Se chiunque fosse stato scelto avrebbe potuto farlo altrettanto bene, perchè occuparsene direttamente lui? Il suo tempo era troppo prezioso, per dettagli del genere. Eppure non poteva farne a meno, quindi qualcuno era inevitabile che se ne dovesse occupare. Nonostante la circolarità del pensiero, che sarebbe spiaciuta all'Ipse per primo, era quella la realtà. Ma qual era il modo più elegante di proseguire? Non farlo affatto, e incassare? Non era più il tempo delle filippiche, o forse non ancora.


La ringrazio anche di questo, è qui da pochi attimi, e ha già scoperto i miei migliori difetti: teinomania, e bibliofilia. Ma solo cose belle! Vede, nonostante i miei assistenti non apprezzino più di quel tanto, ho il vizio di portarmi dietro una parte della collezione dei miei Avi, il collezionismo è sempre stato lo sport di famiglia, e sarebbe stupefacente scoprire nel corso dei secoli quanto possano la passione, unita a metodi magari non sempre cristallini, per così dire. I Peverell possono vantare pezzi unici, nel loro genere, ma è sempre meglio dimostrarsi il più modesti possibili nei confronti del Ministero, non fosse che in parte lo rappresento anche. Ma le dirò, le persone intelligenti sono curiose, non è però detto il contrario, non sempre le persone curiose sono anche intelligenti, è una faccenda delicata nella sua complessità. Ciò nonostante, mi dica, cosa posso fare per lei?

Sorrise, sollevato.
Mentre già il transfugo con un balzo felino se la filava.
Giù dalla scrivania, milioni di minuscoli granelli di polvere nell'aria.
E il Dizionario che lesto arrancava sul persiano. In cerca di nuova libertà?

 
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view post Posted on 7/9/2016, 11:04
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Scheda Thalia J. Moran
Se solo qualcuno le avesse anticipato, quella stessa mattina, che si sarebbe ritrovata a sorseggiare un'ottima tazza di tè in compagnia di un'autorità del rango a cui apparteneva il Prof. Peverell, non ci avrebbe creduto. La sua fama lo precedeva, chiaramente, ma ora che si trovava in sua presenza senza che vi fosse il vincolo di una lezione in corso, era chiaro quanto fosse abissale il divario tra i due interlocutori. Non si sarebbe potuta certo porre al suo livello, questo mai, ma si chiese se tutti gli insegnamenti ricevuti sul corretto comportamento da mantenere in tali circostanze sarebbe bastato per farla sopravvivere ad un incontro a cui lei stessa aveva dato inizio.
«Un tè e uno di zucchero.»
Profferì a chiare lettere, rivolta all'impeccabile servizio cinese in ceramica blu, così come l'insegnante aveva fatto prima di lei. Sorrise educatamente, sebbene sapesse - o almeno sospettasse - che la teiera non avrebbe colto quel gesto gentile di ringraziamento sincero. Se avessero dovuto descriverla, il sorriso sarebbe stata la componente fondamentale del suo aspetto. Non si trattava di una curvatura delle labbra dovuta alle circostanze o imposta dal codice di comportamento adottato sin dalla tenera età; riguardava, più che altro, la manifestazione della reale indole della studentessa. Un animo buono e gentile, ma che all'occorrenza sapeva sostituire quel sorriso con smorfie più severe e perentorie. Di certo, non si sarebbe lasciata sfuggire l'occasione di apparire nella sua veste migliore e con l'accessorio più bello, il sorriso per l'appunto, in vista. Era più un vezzo che una necessità reale, ma sempre spontaneo, mai calcolato o forzato.
«Credo che il collezionismo sia la forma più pura di ricerca e studio. Il che, come si può dedurre, si accompagna perfettamente agli animi curiosi ed intelligenti, se si ha la fortuna di essere entrambe le cose.» rispose «Ad ogni modo, per quanto mi piacerebbe poter discorrere sul binomio curiosità - intelligenza, mi vedo costretta a porle una questione relativa ad un compito che mi sono ritrovata a svolgere per la sua materia.»
Erano giunti al punto, anche se parlare di curiosità unita alla conoscenza del proprio limite in fatto di acume sarebbe stato decisamente più interessante. L'argomento di cui avrebbe trattato sarebbe stato senz'altro spinoso, ricco di punti oscuri e di difficile interpretazione. Si augurava che il Professor Peverell sarebbe stato in grado di condurla fuori dal dedalo intricato di dubbi e vicoli ciechi.
«Vede, questa sera mi trovavo a fronteggiare il compito inerente a Bridget Wenlock e alle sue incredibili scoperte nel campo dell'Aritmanzia. Il compito non è di per sé complesso, non più di altri se posso permettermi, ma... vede... una domanda mi è sorta spontanea ed è grazie a quel quesito che mi trovo nel suo ufficio, questa sera.»
Un breve pausa, durante la quale si ricompose dopo essersi avvicinata alla scrivania e aver preso tra le mani la tazza da tè preparata per lei dal servizio incantato, munita di piattino coordinato.
«La Divinazione si avvale di svariati metodi per definire al meglio il Futuro e, tra questi, si inserisce l'Aritmanzia di Bridget Wenlock. Sappiamo fin troppo bene quanto possa essere incerto il futuro e, dunque, l'esito delle pratiche divinatorie, soprattutto se gli individui incapaci che si vantano di possedere la cosiddetta "Vista" non sono altro che ciarlatani.»
Un'ulteriore pausa suggellò quel momento. Mai si sarebbe aspettata di affrontare un argomento che ancora le causava un certo scetticismo con l'autorità che, in fatto di eventi reali e tangibili, avrebbe dato del filo da torcere persino a storici del suo stesso calibro.
«Se è vero che il futuro è già il nostro presente e che il presente è, in realtà, già passato - per così dire - che cosa ne pensa lo Storico della manipolazione del futuro, quindi del presente e del passato, attraverso la divinazione? Penso, ad esempio, alle profezie... non sempre queste si realizzano, eppure gli individui che ne sono protagonisti si comportano come se dovessero sovvertire le leggi di un futuro già scritto, quando in realtà il divenire dovrebbe essere una serie di bivi e di decisioni, più o meno ponderate, ma pur sempre dettate da variabili casuali o, almeno, circostanziali.»
Il concetto sembrava esposto, che fosse chiaro se lo poteva solamente augurare. Che vi fosse, poi, una componente personale all'interno della domanda, quello esulava dalla sua ricerca ufficiale. Una profezia su di lei - o meglio sulla famiglia Moran - esisteva e, se avesse avuto una minima risposta che la dissuadesse dal condurre le proprie ricerche, avrebbe fatto qualunque cosa pur di smentirne la sentenza intrinseca.



 
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view post Posted on 7/9/2016, 23:13
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Il ticchettare regolare della pioggia sulle vetrate, dava seguito allo sciabordio soffuso e leggero della miscela all'interno della bombatura della panciuta teiera. Quasi fossero capitati all'interno del ventre di un'enorme balenottera, e in cui entrassero a ondate sapori nuovi, aromatizzati e affumicati con arte, come le foglie di quell'intenso The cinese, fiumi di parole più o meno circostanziate, o ancora spifferi e correnti, fredde e calde. Il caminetto crepitava, e sembrava voler avvolgere l'intera scena in un bozzolo caldo, un baco di seta, chiuso e in crescita, in attesa di tempi migliori, in attesa di una sua nuova e rinnovata primavera. Rosso, acceso, come la veste del Vecchio, o come il piumaggio dell'uccello di fuoco poco distante, assorta in quell'allegra e tranquilla serata di pioggia. Non era la pioggia ad essere rilassante, per quanto in definitiva lo fosse, in un luogo in cui piove ogni giorno almeno una volta, nel più lungo periodo non poteva essere quello il determinante, ma il fatto che lo fosse stata proprio la serata sino a quel momento. Una serata di lettura, di studio, un The, in attesa più tardi che scoccasse l'ora della ronda notturna. Ma c'era tempo. E quell'improvviso, quanto repentino cambio di programma non sembrava aver leso la natura stessa della serata. A volte succede, va bene, altre meno. Una questione di fortuna. Era audace?
Era il collezionismo veramente e intrinsecamente puro?
Quante volte si era posto quella domanda, senza trovarvi una risposta definitiva.
Tutto stava nelle due differenti facce di una stessa medaglia.
E la risposta non era delle più scontate.
Una questione di coscienza?
Era forse sporca?


Pregi e difetti del collezionismo.
Mi creda, sono anni che mi pongo la domanda, e non ne sono ancora venuto a capo.
Forse imbarazzante, ma purtroppo vero. Assumiamo ad esempio che per salvare un esemplare rarissimo dalla sua distruzione certa, debba privarne il legittimo proprietario di gran lunga prima del tempo? Al netto di ogni problema legale che implicherebbe ciò, per molti versi lei compirebbe qualcosa di eticamente discutibile, positivamente lei salverebbe l'esemplare, magari un libro da un incendio, ma allo stesso tempo il suo legittimo proprietario dovrebbe farne a meno da subito. Se anche il proprietario non fosse a conoscenza del reale valore del libro, sarebbe lei legittimata a privarlo di tale tesoro, a fronte esclusivamente di una sua superiorità culturale? Nonostante sia legittimo agire in una direzione, troverei altrettanto eticamente discutibile l'intero discorso, senza doverlo nemmeno portare alle estreme conseguenze. Il raro esemplare varrebbe la vita stessa del suo proprietario?


Procedeva solerte, ma non meno espressivo.
Dispensando le giuste pause, sottolinenando i giusti passaggi, rallentando sistematicamente al giro di boa, per concludere infine con fare grave. Un attore consumato che godeva dello sproloquio, pur trattenendosi, e dominandosi, affascinato dal suono stesso della sua voce, in quello che in effetti sembrava essere semplicemente l'ennesima volta di un copione ormai vissuto, sgualcito per il troppo consumo, dalle pagine arricciate, e ingiallite, per la scarsa qualità della pergamena selezionata a casaccio in origine, forse tra una pila casuale di possibili scarti.
Iniziavano allora le dolenti note?
Per quanto non lo fosse, era sempre una minaccia.
Lei ha detto, una sua lezione, un compito, una domanda.
L'inizio della fine. Era già ora di tenersi saldamente alla scopa?
Quante decadi era che non saliva più su una scopa? Mezzo secolo?
Ma anche in quel caso ogni aspettativa venne battuta, sconvolta, annichilita da quanto sarebbe seguito. Già di per sè l'Aritmanzia era stata una scelta coraggiosa di lezione, attendersi addirittura una domanda era forse sperare in troppo. Cara grazia, insomma. Ma non era comunque finita lì, si era spinta oltre, anzi. Era come se la Wenlock fosse un paravento, rinvenuto quasi per caso, trovato con un inaspettato guizzo di fortuna, in grado di ribaltare la sorte, in quella che aveva tutta l'aria di essere una ricerca ben più interessata, di quanto non potessero rappresentare dei comuni compiti. In tutto, c'era qualcosa di male? No. Se anche ve ne fosse stato, si sarebbe tirato indietro? Probabilmente no. Eppure non si sarebbe in ogni caso potuto vendere per quello che non era, e non sarebbe mai stato. Ma anche in quel caso un aiuto gli veniva offerto dalla stessa Tassorosso, era pur sempre l'opinione di uno Storico, non di un divinatore, nè tanto meno di un Profeta.
E faceva tutta la differenza del mondo.


Venendo invece a noi, come giustamente faceva riferimento io sono uno Storico, quindi potrei non essere la persona più indicata cui rivolgere questi dubbi, non posso vantarne una conoscenza più che superficiale non essendomi mai interessati più di quel tanto, ciò nonostante le posso offrire la mia opinione in materia, e qualcosa su cui riflettere, se è questo che vuole. In primo luogo scinderei spacchettandole tutte le componenti che ha citato nel loro ordine, oltre a quelle non chiamate in causa. Come avrà forse già avuto modo di scoprire, in un modo o nell'altro, e se non l'ha fatto non si è poi persa il mondo, la Divinazione raggruppa sotto al suo cappello un'ampia e discutibile gamma di pratiche, con effettivamente obiettivi divinatori, nel senso più lato cui potremmo pensare. Dal momento che personalmente sono scettico sull'effettività di quasi tutte preferirei non passarle in rassegna, se non le spiace. L'Aritmanzia, come forse avrà modo di studiare tra qualche anno, coglie dei nessi sottili che potremmo anche definire coincidenze per anticipare ad esempio il temperamento di una persona, in base al nome, allo zodiaco, al giorno di nascita. Lo definirei come il campo della probabilità, se mi passa il termine, dove le eccezioni sono la norma. Date delle premesse, è abbastanza probabile una certa conclusione, ciò non toglie che sia tutt'altro. Diversamente, quella che definiamo in senso proprio Divinazione, e non le altre pratiche di cui poc'anzi, ha la pretesa di indagare il futuro stesso.

Trapelava a tratti un malcelato scetticismo.
Per quanto proseguisse sereno nel suo discorso, era evidente il venir meno di una certa presa che aveva connaturato e innervato la prima parte. In fondo, come poteva uno Storico, un sacerdote della scienza più esatta che potesse esservi, essere allo stesso tempo un sodale sostenitore del suo opposto? Chiedere a lui, doveva aver scontato già almeno in parte il niet della risposta. Qualcosa che non sarebbe certamente stata replicabile, se non a latere, dal Collega di Divinazione stesso. I limiti della Storia erano noti, meno certi per la Divinazione. In positivo, ma anche in negativo. Rimanevano quindi i Profeti, e i loro prodotti.
Le Profezie, vere o false che fossero, erano sempre una brutta Storia.
Dove ci si doveva sporcare le mani.


Ora, badi bene, un Divinatore vero è di per sè qualcosa di sufficientemente raro da trovare, che giustifica il profondo scetticismo che ondate di ciarlatani sollevano. Non di meno, esiste. Un Divinatore è in grado di sbirciare in un futuro, e talora dar forma a quelle che potremmo definire Profezie. Sfortunatamente non ha alcun potere sul futuro, e sulla profezia, può decidere se divulgarla o meno, ma tale rimane. Un Profeta, invece, che è decisamente ancora più raro di un Divinatore ha un certo margine d'azione sul futuro, ricevendo, e per certi versi creando nuove profezie. Quanto lei sostiene è però vero solo in un caso, che la Profezia sia una vera vera profezia. Quindi, cosa sa già delle profezie, Mademoiselle Moran?

Era finita la gincana in quella jungla di non sensi?
Avevano finalmente gettato l'ancora?
Il punto era quello, saldo e fermo.
Quanto ne sapeva?
Come proseguire?
Tacque, come mosso dalla necessità di tornare al The, di sincerarsi che la giovane ospite gli fosse ancora dietro, e timoroso di spingersi oltre. L'argomento non era dei più semplici, ed anzi, la gravità dello stesso, ne implicava una sana reticenza. Le profezie erano aria fritta, le Profezie cambiavano il mondo. Qualcosa di cui la zuccheriera, tornata di buon grado al suo posto, sembrava non curarsi proprio.

 
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view post Posted on 8/9/2016, 15:44
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Una volta terminata la prima battuta, si mise all'ascolto dell'insegnante, sorridendo appena di fronte alle prime obiezioni di quest'ultimo. Non era possibile dargli torto: il collezionismo era una forma quanto meno estrema atta a proteggere qualsiasi cosa, un antico manoscritto o un'ampolla particolarmente preziosa, dalle insidie del tempo e dall'incuria dell'uomo. Spesso, pur di salvaguardare un oggetto di antica fattura e pregio se ne priva il legittimo proprietario. Il ragionamento dell'anziano professore non faceva una piega e, in linea di massima, la Tassorosso poteva concordare con lui a grandi linee.
«Naturalmente mi trovo d'accordo con il suo punto di vista e i dubbi che solleva sono senz'altro legittimi.» disse, non appena l'insegnante ebbe terminato di parlare «Ma che cos'accadrebbe se il legittimo proprietario ignorasse l'importanza dell'artefatto che possiede? Mi spiego meglio. Potrei possedere la più importante raccolta di testi antichi inerenti alle prime forme di magia, redatte in una lingua arcaica a me sconosciuta. Per ipotesi, perché di supposizioni stiamo parlando, questi testi mi sono giunti in eredità grazie all'imponente retaggio di famiglia, ma senza che io sappia realmente che cosa tengo tra le mani. Potrei usare quei volumi come carta straccia, come soprammobili o, peggio, chiuderli in una soffitta e lasciarli marcire nella muffa in balia dei tarli.»
La visione appena descritta la disgustava, ma attese un istante prima di proseguire, per essere certa che l'insegnante seguisse il suo ragionamento.
«Ora, se io fossi un'inetta e ignorassi l'importanza delle opere ricevute in eredità, sarebbe giusto e quanto meno doveroso che chiunque più esperto di me preservasse quei volumi da una fine tanto orribile. Se, invece, il proprietario fosse cosciente della fortuna posseduta, egli sarebbe il primo collezionista e difficilmente si lascerebbe sfuggire un solo pezzo della sua collezione. Saprebbe quanto essa varrebbe e difficilmente la cederebbe ad un collezionista diverso da se stesso. Sempre che i metodi di acquisizione di tali beni siano "leciti". Naturalmente sono gli unici metodi che io stessa considererei a tale scopo, ma so che l'essere umano è tutto fuorché onesto nella maggior parte dei casi.»
Il liquido ambrato nella sua tazza da té in ceramica blu, emanava un profumo delizioso e un rivoletto di fumo si sollevava dalla sua superficie. Soffiò delicatamente, ascoltando il successivo intervento del professore. Più le sue parole scorrevano fluide, senza incertezze, ma con le giuste pause e l'enfasi che si confaceva ad un tale oratore, si convinse di essersi rivolta alla persona giusta per dissolvere la fitta nebbia di dubbi. Era l'opinione dello Storico che lei desiderava per se stessa, non quella di un Divinatore. A suo modo, la seconda opinione le era già stata fornita. Chi meglio di uno studioso dell'incedere impassibile del Tempo poteva fornirle le risposte che cercava da mesi?
Accostò le sottili labbra rosee alla ceramica calda, inclinando appena la tazza da tè, reggendola con una sola mano, mentre l'altra teneva saldamente il piattino coordinato. Non si accorse di quanto fosse bollente la bevanda, era abituata a temperature peggiori grazie alla nonna materna.

«Che cosa so delle Profezie? Da che parte cominciare...»
Il tintinnio della ceramica sul piattino, una volta che vi ebbe poggiato delicatamente la tazza, animò quell'istante di silenzio.
«Tendenzialmente mi trovo a mio agio quando posso vedere e toccare con mano ciò di cui sto parlando. Ad esempio, se stessimo discutendo del contenuto di un articolo della Gazzetta del Profeta, potrei senz'altro dirle che - dato che ho letto tale articolo - il suo significato mi sia chiaro e, come tale, sia in grado di fornirle un'opinione in merito a quanto letto. Una Profezia... è frutto di una visione unilaterale. Qualcuno dotato della "Vista" ha potuto scorgere il dettaglio di un futuro che, alla mia persona, sarà irraggiungibile finché non lo vedrò io stessa, con questi occhi.» così dicendo, portò l'indice sinistro prima all'occhio destro e poi a quello sinistro «La Profezia, poi, mi spingerebbe a cercare, qualora vi credessi, quel Futuro visto da altri, in modo che io stessa possa vederlo e toccarlo con mano.» questa volta strinse il pugno sinistro, come se vi tenesse stretto un oggetto invisibile.
«Il Futuro è di per sé pieno di possibilità, ma la Profezia ne mostra una soltanto. Non è detto che questa sia, però, la vera e reale conseguenza degli eventi in corso in quest'istante. Tuttavia, se fossi meno razionale e più, mi passi il termine la prego, "credulona", inconsciamente farei di tutto perché quell'unico futuro descritto si avveri. Insomma, a mio giudizio, la Profezia è una manipolazione del futuro, che ad un certo punto diverrà presente e poi passato.»
I passi avanti c'erano stati. Dal non credere totalmente, ora aveva ammesso a se stessa che vi fosse la possibilità che i Divinatori e i Profeti esistessero davvero. Da qui al credere nel reale significato della Profezia che a lei stessa era stata fatta, la strada era ancora lunga. Certo, i tasselli da unire erano in larga parte presenti, ma mancava ancora qualche pezzo per poter completare adeguatamente il puzzle.
Aveva fatto una promessa all'amico Divinatore, gli avrebbe creduto ciecamente, ma la razionalità era dura a morire, specialmente in lei.




 
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view post Posted on 9/9/2016, 16:30
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Questioni etiche.
Un Peverell che si poneva di tali problemi.
Sarebbe stato lo zimbello dell'intero Casato per qualche secolo, se solo ve ne fosse stato ancora uno. Ma forse era proprio quello il punto dell'intera faccenda? Erano il rimorso e la melancolia le ancelle doverose dell'ultimo rappresentante di chi aveva fatto la Storia? Era piuttosto sicuro che nessuno della sua linea dinastica se ne fosse mai posti. E come avrebbero potuto? La generazione precedente solerte, e di guardia dal primo giorno, la successiva in attesa dell'esempio, e di istruzioni. Un mondo di squali, in cui essere lanciati e liberati, con l'obiettivo di accadere alla spartizione della torta, e dei suoi tesori. Non c'era alcun margine per una qualche pia illusione sulla bontà innata del prossimo, ogni cosa andava salvata dalla corruzione dei costumi che il diffondersi della plebe anche alle leve dei comandi stava portando. Era un mondo morente, ormai privato delle sue migliori energie, un essere che correva a precipizio verso un burrone, su un treno che non poteva essere fermato. Luce e Oscurità ne uscivano come dettagli, uitli fini a perseguire un obiettivo ancora più grande, nobile almeno quanto quelli che erano stati i loro antenati, antico quasi quanto l'Europa e come solo i migliori loro pari potessero ancora vantare. Il resto erano chiacchiere. Fannulloni, arricchiti, molluschi decelebrati che davano sfoggio della propria transitoria buona sorte, arrampicatori sociali della peggior specie. Tanto valeva stendervi un classico velo pietoso, voltarsi dalla parte opposta, e fingere un'altera indifferenza.
Avevano risposta le domande della Giovane? Era tutto così semplice, e facile come lo dipingeva la Tassorosso? Unidirezionale, spensierato e innocente? O c'era dell'altro? Semplicemente forse nascosto sotto il tappeto, o dietro una tenda, pronto e in agguato, per scattare alla prima occasione. Si poteva essere certi che il proprietario fosse il migliore dei proprietari possibili? E tutti gli altri che diritti avrebbero potuto legittimamente rivendicare sull'artefatto? E se da tutto quello fosse stata eliminata una variabile discrezionale come la leicità? Certo, qualcosa chiuso in una soffitta era già più semplice da essere dibattuto, e concordato, ma se non lo fosse stato? Nel caso dell'esempio opposto c'era davvero una soluzione? Per un'intera esistenza era stato ministro di quella religione, pur rodendosi per mille dubbi che sarebbero rimasti insuperabili, aveva chinato il capo innanzi alle difficoltà, e tirato dritto, lungo quanto concordato. La collezione ne aveva giovato, il mondo stesso. Senza intervenire questo o quel libro sarebbero andati persi, distrutti.
Sorrise alla giovane, mentre tranquillo la ascoltava proseguire, di tanto in tanto annuendo in quella che sembrava un'ostentata cortesia. Quanto potevano essere realmente d'accordo? Tamburellava mollemente i polpastrelli della destra sul legno lucido della scrivania, la testa sostenuta dalla sinistra, pensieroso. Le lenti cristalline incendiate da intense fiamme rosse e arancioni, provenienti dal caminetto. E quindi, che dire? Professarsi con candore ladro inveterato? Tacerlo? Prenderla ancora più alla lontana di quanto non stessero già facendo. Dribblare astutamente quanto aveva lui stesso scatenato? C'era una soluzione più giusta e migliore delle altre? Non c'era?


È vero, in parte ha ragione, almeno in linea teorica. Ma non è detto che teoria e pratica poi coincidano, come forse avrà già scoperto anche lei, non trova? Ammettiamo che quanto sostiene sia vero, e che ci ripromettessimo di rimanervi fedeli. Se incappassimo nel più innamorato dei curatori, ma che per somma sfortuna vivesse nella più miserabile delle miserie, evidentemente non potrebbe riservare al tesoro le stesse cure che potrebbe una qualsiasi altra persona, dal più potente dei Monarchi, al meno noto dei musei. Se non volesse separarsi dal tesoro? O ancora, se lei sapesse per certo che la più rinomata e celebre delle librerie andasse a fuoco di lì a qualche anno, o venisse saccheggiata, distrutta da un terremoto, o sommersa, cosa potrebbe fare? Allo stesso tempo, come saprà, il concetto di proprietà muta radicalmente di razza in razza, così come la stessa leicità muta nel corso del tempo, se si trovasse a urtare la Legge, cosa farebbe? O peggio ancora, se si trovasse in una situazione eticamente insostenibile, cosa dovrebbe prevalere? L'interesse superiore, o la legge? Salvare il tesoro da distruzione certa, e difendendosi uccidere il curatore stesso, abbandonare il tesoro al suo tragico destino, o perire nel tentativo?

Sorridente, sollevò i palmi delle mani vuoti, prima il destro, poi il sinistro.
Qual era la soluzione al dilemma? Esisteva veramente? E quanto sarebbe durata?
Sarebbe stata sufficientemente universale da essere applicata sempre e comunque, senza eccezioni? O era soltanto un altro epico tentativo di venire a capo di quello che non era qualcosa di risolvibile, da esseri mortali, per faccende destinate a tramontare nel corso della Storia? E quanto tutto quello aveva a che fare con le Profezie stesse? In apparenza nulla. In realtà tutto. Senza di esse, non se ne sarebbe potuto far nulla, su nessun fronte, in nessun caso, o circostanza. Il Tempo stesso sarebbe stato unidirezionale, statico, immobile. Ma così non era. Eppure rimanevano una pessima gatta da pelare, quella che chiunque con un minimo di buon senso non avrebbe voluto toccare, o arrivarci casualmente vicino. In quel caso era diverso, trottavano spediti e lanciati in quello che già a prima vista era un banco di sabbie mobili. Ne sarebbero anche usciti altrettanto splendidamente? Da dove nasceva quell'interesse? Sicuramente non dalla lezione di Aritmanzia, era piuttosto sicuro che per quanto avesse potuto vagamente alludervi in uno o forse due passaggi, se ne fosse ben tenuto alla larga per tutto il resto del tempo. E una lezione, non fa primavera, no? Era già tempo di riprendere, senza neanche un The.


Anche in questo caso ha ragione, tenterei di dire. Ma probabilmente sarei meno drastico di lei nella definizione di 'credulone', se me lo consente. Come già le dicevo la questione di fondo irrisolta è proprio concernente la natura stessa delle Profezie, nonchè la loro comprensione. Io e lei molto difficilmente, e non senza sforzi e aiuti, potremmo mai arrivare a comprendere il vero e intrinseco significato di una qualunque profezia, sia che essa riguardi le sorti del nostro mondo, sia il meteo di domani. È la loro natura ad essere criptica, il venir meno di questo aspetto, le condannerebbe all'estinzione, a una riformulazione di definizione. E questo nel caso in cui siano vere, pronunciate o prodotte da un vero Divinatore, o Profeta. Il primo come le dicevo è in grado di farcele avere, ma potrebbe capirne quanto noi, il secondo sarebbe in grado di 'convocarle a comando' e comprenderle nell'intimo. Affidarsi al significato letterale che potremmo aver modo di leggere in un libro, concordo con lei, essere la cosa peggiore da farsi, ciò nonostante per certi versi comprendo anche chi lo facesse. Il significato letterale può anche risultarci chiaro, comprensibile, lapalissiano nella sua semplicità, pur facendo riferimento per un Profeta a qualcosa di diametralmente opposto, con tante grazie. Le ho risposto? In quel caso potremmo parlare di profezie autoavveranti, per molti versi, pur rimanendo comunque diversi lati oscuri. Il che ci porta ad un'altra domanda, come distinguere una vera profezia da una una falsa? Cosa fare innanzi a questa? In questo momento potrei aprirle un manuale di sole profezie, mettergliene davanti una, cosa farebbe?

Ovviamente è possibile cambiare il futuro con una profezia.
Sarebbe stata forse una risposta troppo drastica anche per lui.
I difetti della vecchiaia.

 
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view post Posted on 10/9/2016, 21:09
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Scheda Thalia J. Moran
Esisteva forse qualcosa di più coinvolgente di una conversazione di carattere costruttivo? Un reciproco scambio di informazioni ed opinioni, che spalancasse le porte di un punto di vista diverso dal proprio, era senz'altro un'opportunità da cogliere al volo. Il Professor Peverell, di certo, la sapeva lunga su diversi argomenti e, con maestria, sarebbe riuscito senza ombra di dubbio a farle credere di trovarsi nella posizione di dover ammettere di avere torto. O perlomeno di non avere una reale opinione in merito all'oggetto della discussione. Tuttavia, l'ipotesi paventata dall'insegnante la incuriosiva e questa volta, senza alcun sorriso ad addolcire la risposta, si preparò a rispondere.
«Credo che le giuste cause debbano essere sempre seguite dal pagamento di un giusto prezzo. Naturalmente non mi riferisco alla morte del curatore, ma al sacrificio di me stessa al fine di un obiettivo superiore che definirei "la causa". Potrei sembrarle vagamente idealista con la risposta che sto per darle, professore. Credo, tuttavia, che esista un'opzione che lei non abbia considerato tra le possibili. La consapevolezza ed il buon senso. Certamente sono possibilità che non sempre si figurano tra quelle disponibili, ma visto che parliamo per ipotesi...» posò delicatamente la tazza da tè ed il piattino sul tavolo e, con fare teatrale, si sentì finalmente a proprio agio appoggiandosi elegantemente alla poltrona purpurea, intrecciando le dita e portandole al grembo, mentre i gomiti sfioravano i braccioli della seduta.
«La sua ipotesi prevede che il curatore in questione versi in una situazione svantaggiosa al fine di preservare una raccolta di testi antichi ed importantissimi e che vi sia la possibilità che egli, anche di fronte all'evidenza, non se ne voglia separare. Perché, prima di ricorrere alla violenza o a metodi per così dire estremi, non si calcola una via diplomatica?»
Il mestiere di sua madre le aveva insegnato diverse cose, prima tra tutte l'assenza della donna per la maggior parte della sua vita, ma - forse la più importante di tutte - aveva imparato che con le giuste parole ed il potere della persuasione, persino il più scettico avrebbe rilasciato qualche piccola concessione.
«Se il nostro curatore è consapevole di ciò che possiede ed è altrettanto consapevole di non potersene occupare adeguatamente, semplicemente si tenterà di farlo ragionare con parole che egli possa comprendere ed assimilare per vere. Il potere della persuasione, a volte, fa miracoli. Il buon senso, poi, farà il resto. Il curatore si accorgerà di doversi separare dai propri beni, sapendo di aver compiuto la scelta più adeguata e tutto nell'interesse dell'oggetto che più ama al mondo: la sua raccolta di testi antichi.»
Una breve pausa, nella quale riprese possesso della tazza di tè per dedicarsi - con un certo rammarico - all'ultimo sorso.
«E credo di poter essere abbastanza certa del fatto che non solo persuadere sia un metodo importante per ottenere ciò che si desidera, ma ritengo che sia una tecnica piuttosto complessa. Di certo, non sarebbero due paroline gentili ed educate a convincerla, ad esempio, a rivelarmi l'opera più importante in suo possesso e a donarmela.»
Un sorriso educato incorniciò le ultime parole, per mutare poi in un'espressione più seria.
«Naturalmente non mi permetterei mai di sperimentare con lei una simile tattica. Credo di non possedere, per così dire, il potere della persuasione. Anche se, lo ammetto, mi piacerebbe molto.»
Se solo avesse potuto contare su una simile capacità, di certo non l'avrebbe sfruttata per fini oscuri ed, anzi, l'avrebbe rivolta ad una missione ben più positiva.
«Lo stesso può essere detto delle profezie. Consapevolezza e buon senso. Ciò che intendevo dire poco fa è che per quante profezie possano essere fatte sulla mia persona ed il mio futuro, esiste il cinquanta per cento di possibilità che almeno una di queste sia vera, ma vi è anche un cinquanta per cento di errore. Dunque, che cosa dovrei fare? Seguire alla lettera il testo della profezia per quanto sia a me comprensibile e agire di conseguenza? Io credo, e non metto in dubbio di sbagliarmi, che una profezia sia vera solo nel momento in cui noi stessi le diamo credito. Se le dicessero che domani sarà avvelenato probabilmente eviterebbe di bere qualsiasi cosa che non sia stato preparato da lei. E, magari, pur avendo fatto attenzione a che cosa abbia ingerito, al minimo accenno di fastidio crederebbe di essere stato avvelenato. Quando, sempre per ipotesi, si tratta di semplice indigestione.»
Si sistemò meglio sulla poltrona, a quel punto, cercando di captare una reazione da parte dell'anziano insegnante. Le sembrava di parlare con il vecchio Connor, ma con una certa dose di reverenza che in presenza del nonno quasi sempre mancava. Non solo il professore le aveva trasmesso una sensazione di spiacevole soggezione, ma si sentiva anche sottoposta ad un piccolo quanto complesso test. Chissà quali risposte le avrebbero fatto guadagnare il benestare dell'insegnante e quali altre l'avrebbero invece malamente segnata per sempre ai suoi occhi. Il fatto, poi, che fosse stata proprio lei a creare quell'incontro dal nulla, la fece sentire sciocca rimpiangendo - almeno in minima parte - il calore della propria Sala Comune e le chiacchiere decisamente più allegre e spensierate con le compagne. D'altro canto, le conversazioni come quella in corso la coinvolgevano al punto che non le sarebbe stato possibile desiderare di trovarsi altrove, se non in quello studio finemente arredato e nel quale il Sapere e la Conoscenza albergavano indisturbate e sovrane.
«Se dovesse concretizzarsi la sua ipotesi, credo che leggerei la profezia e cercherei di comprenderne il significato per quanto possibile. In seguito, con tutta la razionalità di cui sono provvista, probabilmente le risponderei che il futuro si crea passo dopo passo, azione dopo azione. Una decisione quanto più concreta e ragionata possibile dopo l'altra. Se poi queste dovessero condurmi a quel Destino, inteso come punto di arrivo, allora saprei che quel Divinatore o Profeta hanno detto il vero. Ma non si può mai sapere se sia vero o falso finché non ci si arriva, non crede? Sarebbe tutto più semplice se si potesse accelerare il tutto arrivando direttamente al giorno prestabilito dalla profezia, ma la mia conoscenza esula da incantesimi che possano permettere tale privilegio.»
Tornò ad appoggiarsi allo schienale, intrecciando nuovamente le dita affusolate e sorridendo educatamente. Aveva terminato la risposta, lieta di aver completato - almeno per il momento - il compito assegnatole. Era certa che la risposta del professore si sarebbe rivelata sagace quanto le precedenti e non vedeva l'ora di saggiarne la portata.



 
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view post Posted on 11/9/2016, 18:23
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Il giusto prezzo?
Chi se lo sarebbe mai aspettato?
Come un fantasma, era improvvisamente apparso.
Una rivelazione epifanica, aveva un che di mistico, quasi trascendentale. Quanto poteva essere ascritto tutto quello a un'ascendenza scolastica della giovane Tassorosso? L'aveva letto da qualche parte? Era una pura casualità? Quanto era possibile che due parole così fossero finite per l'accostarsi? Era una sistematica zodiaca coincidenza? Eppure era successo. Davvero? Gli sarebbe venuto da interromperla, per sincerarsi che volesse davvero dire quello. Ma sembrava decisa, lanciata, perché frenarla? Dove voleva andare a parare? Per quanto fosse tutto un gioco d'ipotesi, si era perso qualcosa? In fondo poteva anche essere, quanto si sarebbe stupito? Aveva dello stupefacente che la Giovane fosse già pronta a farglielo presente, ma quello era un dettaglio, per molti versi piacevole. Quanto era davvero giusto la causa? Forse era quello il punto che ancora era reticente a confessare alla Giovane, ma perché farlo? Avrebbe capito? Ne temeva davvero il giudizio? Possibile? Quanto era davvero applicabile l'idealismo, fuori dalle quattro mura domestiche? Quante volte aveva pagato il prezzo di quella pretesa? Se n'era pentito? Mai. Era un idealista, lo sarebbe rimasto ancora per molto, ma come non avrebbe potuto in fondo, era un Peverell. Le due cose andavano a braccetto, un binomio perfetto, inscindibile, trizio e deuterio portati all'ennesima potenza, prima della scissione. Oltre certo, a una cospicua dose di eccentricità. Possibile che fosse tutto lì?
Ma quanto aveva ragione? Ostinarsi eccessivamente sarebbe stato producente? Quanto era utile? Cui prodest? In fondo poteva anche ammettere che avesse in parte ragione, e tante grazie, no? Non doveva dimostrarle nulla, e forse non doveva neanche aspettare che gli dimostrasse qualcosa. O forse sì? Per quanto fosse assurda l'intera situazione, aveva del divertente. Avrebbero convinto il promettente Curatore a separarsi dal suo tesoro?
Probabilmente non l'avrebbero mai saputo. Ma non importava.
Sollevò pensieroso il The, mentre ancora volute di vapore si sollevavano dall'ormai sopita superficie arancione timida, che traeva quella necessaria sicurezza e tranquillità dal candore immacolato della ceramica. Come avrebbe fatto altrimenti? Non sarebbe stata sé stessa? Avrebbe perso il lume della ragione? Non si sarebbe mai pacificata? E e se fosse stato lui il Curatore? Avrebbe mai accettato? Si sarebbe davvero fatto convincere? Aveva quella ragionevole dose di buon senso, che credeva di unire? Per quanto ritenesse di sì, probabilmente in tutta onesta avrebbe dovuto convenire che non facesse per lui. Mal tollerava i no, ed era sua l'ultima parola su quasi tutto. Come avrebbe accolto l'eventuale nuovo Curatore? Il problema qual era? Che non riuscisse a capacitarsi che vi fosse qualcuno migliore? Migliore di un Peverell con una manciata di Tesori? Era davvero in grado di riservare a tutti le attenzioni che avrebbero meritato? No, era vero, ma come avrebbe potuto allo stesso tempo separarsi anche dal più infimo degli stessi? Tanto valeva gettarsi da una rupe, o su un gladio, e farla finita. Avrebbe sicuramente avuto tutte le informazioni necessarie, in un modo o nell'altro, chiunque fosse il Curatore. Poco importava se avesse dovuto convincerlo, pagarlo... o altro.
Quanto l'aveva davvero convinto la Tassorosso?


Ha ragione, nella mia ipotesi non l'avevo considerato. Ciò non toglie che potrebbe effettivamente dimostrarsi più utile allo scopo di quanto normalmente si possa pensare, a seconda delle circostanze. Come forse saprà prima dello scorso quindicennio, sono stato un Diplomatico di lungo corso, ho fatto gli interessi della Corona e dell'Impero per forse troppi anni, per non riconoscere qualche merito alla diplomazia, e all'idealismo. E mi fa piacere che la pensi come me, ciò nonostante lei è ancora incredibilmente giovane, e con un'intera esistenza davanti. Sarebbe interessante anche solo attendere un cinquantennio, e riporsi la medesima domanda. I risultati potrebbero essere davvero stupefacenti, mi creda.

Ed ecco che tornavano alla grana.
Le Profezie come sarebbero state? Altrettanto malleabili a buon senso, e consapevolezza? In quali disastri ci si sarebbe imbattuti in quel caso? Poteva essere una soluzione percorribile? Aspettava la Giovane al varco, come un pazzo armato di ascia? Avrebbe colto la leggera differenza? O meno. Esisteva? Di quello era piuttosto sicuro, almeno per quanto uno Storico potesse davvero esserlo. La Tassorosso sin dove avrebbe scavato alla ricerca della soluzione? In fondo l'ipotesi iniziale di prendere le mosse da una normale pagina del Profeta poteva anche essere accettabile, addirittura un'ottima intuizione. Che anche quello fosse frutto delle coincidenze? Perché dovesse poi chiamarsi Gazzetta del Profeta? Perché proprio del Profeta? E chi era quel Profeta? Possibile che il Direttore emerito del Profeta non si fosse mai posto il problema? In effetti non lo sapeva, non aveva mai indagato. Ma il problema era un altro. E mentre la Giovane già snocciolava una particolareggiata quanto prevedibile soluzione, si faceva sempre più concreto. Non era quella la strada. O forse lo era? Poteva aver ragione, pur non avendola? Erano due strade così diametralmente opposte? Che fosse semplicemente la stessa strada, espressa in altri termini? In fondo una Studentessa dei primi anni non si poteva pretendere fosse anche un'esperta di Profezie, certo, non ne aveva mai vista una. Non era una divinatrice, nemmeno una profetessa, Era comprensibile.


Dunque, in questo caso potrebbe avere ragione, come potrebbe anche non averla. Come nel caso di una Profezia c'è un problema serio di interpretazione. Ma facciamo un passo indietro, probabilmente mi ha frainteso. Una Profezia vera è piuttosto logico che venga pronunciata da qualcuno dotato del Dono, ma non è per forza vero il contrario. Non sempre chi ha il Dono pronuncia una Profezia vera, potrebbe tranquillamente dar seguito a qualcosa che non si realizza, riesce a intuire la semplice ragione alla base di ciò? Quindi in realtà, se domani ricevesse una Profezia, e questa non si realizzasse non saprebbe se effettivamente il Divinatore era un vero divinatore, o un ciarlatano. Da qui un sacco di problemi. Ma anche in questo non finisce qui, per essere ragionevolmente certi che la profezia sia carta straccia le sarà necessario uno sforzo notevole, e considerevoli abilità, che potrebbe non avere. Anche in questo caso, riesce a intuire la natura del problema? Per quanto possa essere scontato, è il primo passo che anche uno Storico deve fare.

Sorrise con fare indulgente, quasi a scusarsi.
Quanto era stato a sua volta criptico?
E quanto invece chiaro?
La soluzione era lì.
A portata.

 
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view post Posted on 11/9/2016, 19:35
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Scheda Thalia J. Moran
Ebbe la fugace impressione di essere stata messa all'angolo: le sue argomentazioni, considerate valide in un certo qual modo dall'insegnante di Storia della Magia, erano state tuttavia smontate in brevissimo tempo.
Un nuovo quesito si affacciava ora su di lei, impersonato dal sorriso indulgente dell'insegnante e dalle considerazioni in merito alla sua giovane età.
Tredici anni di inesperienza, avrebbe detto qualcuno. Altri, se solo avessero saputo, avrebbero sicuramente affermato che per un'età così tenera le esperienze all'attivo potevano essere già considerate sorprendenti. In ogni caso, il buon senso - amico fidato di quell'ultimo periodo - le suggerì di non riflettere troppo sulle avventure vissute fino a quel momento, giacché dimostrare un pizzico di umiltà non avrebbe guastato di certo alla sua causa. Ma di quale causa si trattava, ormai? Sicuramente la parentesi inerente a curiosità ed intelligenza si era spostata su un piano totalmente astratto, fatto di ipotesi inverosimili e quanto meno impraticabili. O forse no?
Non riuscì a comprendere fino in fondo quella che, a tutti gli effetti, poteva essere una falsa lusinga da parte dell'insegnante. Dietro quel "lei è ancora incredibilmente giovane" poteva celarsi una sincera constatazione dei fatti, senza il minimo accenno di superbia, oppure poteva essere l'esatto contrario. Non seppe che cosa credere per un lungo istante ed optò per un cenno di assenso col capo, un atto che quasi sempre poneva fine alle ostilità - se ve ne fossero state - e che dall'altro garantiva una sorta di tacito accordo basato sull'umiltà di uno dei due interlocutori nel dare ragione all'altro.

«Sicuramente la giovane età non gioca a mio favore...» disse infine «...ma credo che l'idealismo non abbia età. Per quanto riguarda l'esperienza, ammetto di non averne molta. Anzi, mi vedo costretta a rettificare.»
Una breve pausa e riprese subito a replicare.
«Non ho alcuna esperienza in materia. Qualsiasi questione mi venga posta dovrebbe essere vagliata con attenzione, proprio perché non avrei alcun appiglio a cui far riferimento per trarre le giuste, o quanto meno coerenti, conclusioni. Persino nel caso del curatore a cui dovrei sottrarre un manufatto prezioso non saprei come approcciarmi a lui, almeno all'inizio, ma non c'è dubbio che la voglia di raggiungere l'obiettivo prefissato guiderebbe le mie azioni, una dopo l'altra. D'altronde, l'esperienza si matura con l'azione, non di certo attraverso le parole davanti ad una buona tazza di tè. Questa, per come la vedo io, si chiama strategia ed ha tutta una valenza che non è da escludere.»
Come diceva Connor? "La pianificazione è fondamentale"? Non ricordava esattamente le parole usate dall'anziano Moran, ma aveva l'impressione che fossero molto simili. Ed era facile intuire che esse avessero assunto un'importanza significativa per la sua condotta, non solo scolastica, ma di vita.
Si prese ancora qualche momento prima di proseguire, per rispondere alla sollecita sfida verbale e di pensiero da lei stessa iniziata col suo arrivo in quell'Ufficio. Che cosa mai le fosse saltato in mente, solo Merlino poteva saperlo. O forse nemmeno lui.

«Ad ogni modo...» iniziò a dire, con una mal celata incertezza «...la natura del problema inerente alle profezie riguarda la possibilità di considerarne la veridicità, sia che queste siano pronunciate da un vero e proprio Divinatore o Profeta sia che non lo siano. Eppure mi domando...» il tono cambiò, non più certo e quasi saccente, ma più curioso e interessato. Di nuovo, la consapevolezza di avere solamente tredici anni si fece avanti, costringendola ad ammettere a se stessa quanto poco sapesse del mondo e delle sue dinamiche, eccezion fatta per ciò di cui aveva letto o ascoltato dagli adulti della sua famiglia.
«...il primo dovere di uno Storico è quello di verificare la realtà, cercando di indagare quanto più a fondo sia possibile per giungere ad una conclusione coerente con gli eventi. E lei ha parlato di abilità e sforzi non indifferenti in tal senso...»
Abbandonò finalmente il comodo schienale, sedendosi più avanti che poté, fino al bordo della morbida poltrona.
«...quindi mi chiedo, è possibile? Esiste davvero un modo per giungere alla verità senza dover attendere il concretizzarsi di una profezia?»
Non vi era più l'ombra della certezza nelle sue parole, ma il suo opposto: il dubbio. Insidioso e detestabile, specie per una come lei, abituata a trovare le risposte alle domande che più l'affliggevano. E la speranza, quella che la sua profezia non si realizzasse, era tornata ad emergere dalle profondità del suo cuore. Quanto avrebbero desiderato che fosse proprio così. Solo la risposta dell'insegnante avrebbe posto fine alle sue domande.



 
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view post Posted on 12/9/2016, 22:22
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Per molti versi la matassa si stava sbrogliando.
Forse lentamente. Forse più lentamente di quanto la Giovane non avrebbe voluto. Forse non con lo stesso collaborazionismo che ci si sarebbe dovuti legittimamente aspettare. Ma stava accadendo. Per molti versi ci sapeva fare, gliene andava dato atto. Per molti altri, era merito suo. Ma in fondo, a voler essere quel poco onesti, non era anche il suo lavoro? Non erano lì sicuramente per dar prova di inflessibile autorità, ma anche per essere all'occorrenza quanto si dimostrasse necessario. E in quel caso cos'era veramente necessario? Quanto avrebbero eluso ancora la domanda di fondo, che s'annidava in tutta quella Storia? Era piuttosto certo che non avrebbe spinto in tale redazione, ma qualcosa avrebbe pur dovuto fare la differenza. Che cosa si aspettava dalla Giovane? Quanto era rilevante e di peso a quel tavolo il convitato di pietra? Chi era? Il perchè era ormai dato per assodato, meno scontato poteva essere il cosa, e il dove. Eppure, non era una Divinatrice. Di quello ne era piuttosto certo.
Ed era vero, per quanto necessitasse una strategia, non poteva certo vantare alcuna esperienza. Quanto la cosa fosse straordinaria, non era nemmeno il caso di pensarci. Come avrebbe potuto? Quale senso avrebbe avuto tutta la Storia in quel caso? Sarebbe proseguita? Avrebbe avuto un minimo di senso? In quale scuola gli Studenti avrebbero potuto in ogni campo insegnare qualcosa ai Docenti? Se così fosse stato, un'intera generazione avrebbe soppiantato tutte le precedenti, e queste che fine avrebbero fatto? Sarebbe mai successo? Era piuttosto sicuro di imparare qualcosa ogni giorno, in fondo quello era un equo scambio, continuativo nel tempo, e tutti apprendevano qualcosa. Chi più, chi meno.


Vede Mademoiselle Moran, non deve prenderla come una critica, e fare penitenza. Quello che può esserci tra uno Studente ed un Insegnante è un giusto, o per meglio dire equo, scambio: perchè funzioni veramente tutti devono accettare di poter cambiare mettendosi in gioco, e imparare qualcosa. Come potrebbe lei essere un'esperta del mondo, e della Magia, giovane com'è, ed essere allo stesso tempo qui ad Hogwarts? Constateremmo entrambi esserci un problema di fondo. Non deve vergognarsi di non sapere, ma compiacersi di capire, il che rimane di gran lunga la migliore delle fortune. Anche il più sapiente dei sapienti non può sapere tutto, ma non potrà insegnare nulla al più stupido degli stupidi, perchè questi non vorrà sapere, capisce? Il che ci riporta alla nostra profezia, ma vuole forse prima dell'altro The?

Un intero servizio era pronto a correre a una sola parola.
Un'orda di cavalieri Mongoli pronti a gettarsi nella mischia, mulinando le spade.
Un esercito incredibilmente organizzato, in un'apparente endemica caoticità.
Ciò nonostante, restava la questione della profezia. Era ancora lì. Dura da vincere, dura a morire. Persisteva, asserragliata in montagna, sulla Masada, pronta a dar battaglia sino all'ultimo respiro, sino all'ultima goccia d'acqua, o di sangue. E come avrebbe trovato le forze di suicidarsi un attimo prima che le finalmente le forze alleate avessero fatto breccia? Sarebbe stato legittimo? Quanto sarebbe stato giusto, e onesto?
Ma il problema persisteva.
La Giovane aveva finito le idee?
Si era arresa, prima che cedesse la Profezia?
Esisteva davvero un modo per saggiarla?
Qualcosa nelle possibilità di uno Storico?
Un modo.
Per tutto?


Mai gettare la spugna.
Se anche non lo vediamo, c'è sempre un modo.
Se anche nessuno l'ha ancora fatto, non significa sia impossibile, no?
Quello che dovrebbe fare prima di qualunque altra cosa, prima ancora di valutare quanto sia probabile, è contestualizzarla. Una profezia è criptica per sua stessa natura, come le ho detto, per prima cosa dovrebbe essere certa che si riferisca veramente a lei, o a quello che pensa. Un buon modo sarebbe iniziare a contestualizzarla all'interno di una cornice già nota, che tecnicamente viene definita Albero. Dal passato, e dagli scorsi Profeti e Divinatori ci sono state tramandate un'infinità di Profezie vere, e false, rintracciare tratti comuni tra questa e altre potrebbe aiutarci nel collocarla lungo un determinato ramo, in un certo più o meno ristretto arco temporale. Se anche mi imbattessi in una Profezia sul casato dei Peverell, o in quello che riuscissi a determinare come tale, prima ancora di pormi il problema, sarebbe opportuno capire in che anno inserirla. Potrebbe fare riferimento al 1300, come al 2300, capisce? Senza questo dato, il resto sfigura. Fatto questo, che come le dicevo non è affatto semplice, dovrebbe poi domandarsi se sia vera, o meno. A seconda del dove l'abbia collocata, e del dove il consenso degli esperti riconosca che siamo, sarà in grado di determinare se sia vera, e quindi possibile che si realizzi, o falsa, da collocarsi lungo un ramo differente, e quindi al momento impossibile da realizzarsi. Perchè sempre come le dicevo le Profezie sono intimamente legate a Passato, Presente, e Futuro. Intuisce ora il perchè?


Semplice, no?
Forse non proprio.
Ma tant'era. Era davvero?
Certo, era un'ipotesi che fosse.
Il che era probabilmente sufficiente.
Perchè complicare inutilmente il quadro?
Era già sufficientemente complesso.
Su quello potevano concordare.
Qual era l'ulteriore passo?
In quale direzione?
Per come?
Perchè?
Pronti?
Via!

 
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view post Posted on 14/9/2016, 13:49
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Scheda Thalia J. Moran
La perplessità si dipinse sul suo volto giovane, trasparendo dagli occhi della studentessa perennemente puntati in quelli del professore. Non c'era dubbio che le sue considerazioni fossero logiche, coerenti e assolutamente idonee a quell'argomento. Improvvisamente si trovò a riflettere sul peso di quelle parole e sul modo in cui avesse reagito alle battute precedenti dell'insegnante. Evidentemente non era riuscita a manifestare pienamente l'umiltà di ammettere di non sapere nulla del mondo, delle sue leggi e delle sue dinamiche. Non c'era il senso di colpa al fondo della sua risposta precedente, eppure l'insegnante ne aveva percepito l'ombra, come se a parlare non fosse stata la ragazza irlandese amante della lettura e della conoscenza, ma la sua parte orgogliosa, quella che ammetteva rarissimamente di aver torto o di non aver considerato un dato aspetto di una quanto più generica situazione. Si maledì per non essere riuscita a mettere in atto l'eloquenza di cui si vantava di essere capace e, ancora una volta, l'inesperienza l'aveva fatta da padrona. Aveva condotto lo scambio di battute e non c'era modo, almeno non immediatamente, di porvi rimedio con altre parole.
Optò per un silenzio assenso, annuendo alla domanda dell'insegnante che le proponeva una nuova tazza di tè.

«Una di tè e uno di zucchero.» ripeté meccanicamente, rivolgendosi alla teiera del servizio che già una volta si era prodigata a servirla. «La ringrazio, professore.» aggiunse poi, una volta che la tazza fu nuovamente colma di quel liquido ambrato e fumante. Prese nuovamente possesso della tazza iniziando a mescolare la massa di zucchero depositata sul fondo della ceramica, osservando i magnifici decori esterni.
Ascoltò la successiva battuta dell'insegnante di Storia, chiedendosi fino a che punto quella conversazione sarebbe potuta procedere in quella direzione. Era chiaro che una studentessa alle prime armi come lei fosse sopraffatta dal grado di conoscenza millantato dal Professore che, nella sua vita, aveva ricoperto i più svariati ruoli e le più importanti cariche all'interno del Ministero. Da una personalità simile, si disse, avrebbe solamente potuto trovare l'ispirazione a migliorarsi, non solamente nei metodi e nelle materie di apprendimento, ma soprattutto come persona fisica dotata di raziocinio. Si era sempre considerata una persona intelligente, tuttavia senza eccedere nel culto della sua stessa personalità come era accaduto a piccoli e grandi maghi nella Storia. Ora, la sua intelligenza e il suo acume avrebbero dovuto ambire ad un livello ancora maggiore, quello riservato all'apprendimento sul corretto metodo per vagliare non solo i fatti, ma anche - e soprattutto - le parole.
Che cosa chiedeva, ora, il Professor Peverell? Contestualizzare la profezia.
Per quanto fosse immediato il pensiero al futuro, forse, l'insegnante poteva averle fornito la chiave di lettura per ciò che l'amico Grifondoro aveva involontariamente predetto per lei.

*Potrebbe non riferirsi al futuro... ma al passato.*
Quel pensiero attraversò la sua mente, mentre soffiava piano sulla superficie ambrata del tè, increspandola appena e creando un lieve moto ondulatorio all'interno della tazza in ceramica finemente decorata.
Forse, allora, non esisteva la preoccupazione sul futuro, non avrebbe dovuto fermare nulla se nulla sarebbe accaduto, poiché, in un tempo passato a lei ignoto, l'evento si era già verificato. Rimase in silenzio, dopo l'ultima domanda postale dall'insegnante e rifletté sui vari tasselli della profezia.
In effetti non esisteva un tempo preciso per il suo avvenimento, sebbene vi fosse l'indicazione all'autunno; non vi si poteva trovare un riferimento al "come" e, tanto meno, si sarebbe potuto capire "chi" avrebbe commesso il fatto. Il fatto poi, lo sterminio della sua famiglia o di una buona parte della stessa, la riportò bruscamente alla realtà. Che si trattasse di Corvo o Lupo, la sua famiglia sarebbe stata distrutta solamente nel Futuro, non nel Passato. Se ciò si fosse verificato anche solamente cinquant'anni prima, lei e suo padre non sarebbero esistiti. E dunque, la risposta ormai ovvia, la riportava al punto di partenza: la profezia si riferiva al futuro.
Sollevò lo sguardo, velato della sconfitta della triste consapevolezza di aver avuto ragione - anche inconsapevolmente - sin dall'inizio, posandolo in un punto imprecisato della scrivania. I suoi occhi guardavano la tavoletta di pietra scura su cui l'insegnante lavorava prima del suo arrivo, ma senza vederla realmente.

«Poniamo il caso che riesca a contestualizzare la Profezia, almeno sommariamente, in un futuro più o meno prossimo. E supponiamo che vi siano tutte le variabili per conoscere il "come" e il "chi". Dovrei capire solamente la ragione. Il "perché", per così dire.» disse infine, in un tono piatto e senza particolare entusiasmo «Continuo a credere che per modificare la sua realizzazione, dovrei cercare nel passato, per poter arrivare a scoprire che cosa potrebbe minacciare il mio futuro. E forse potrei essere certa della veridicità o meno della Profezia in questione. È esatto?»
Aveva compiuto una lieve inversione di marcia, ammettendo che per cambiare il proprio percorso futuro, sarebbe stato necessario capire il passato, osservarlo da vicino e comprenderne le sfumature. Ma come? L'insegnante aveva affermato che non per forza un passaggio intentato prima di quel momento fosse per forza impossibile. E dunque, si trattava di varcare una soglia inesplorata da un punto di vista privilegiato? Ma come?





 
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