| Quando la rampa di scale svanì alla sua vista, si sentì trascinare in direzione opposta. Scelse di non fare domande, frenò la curiosità e il desiderio di interrogare il suo accompagnatore. Era un Prefetto, si sarebbe dovuta censurare finché Mike non avesse depositato definitivamente la Spilla che tanto onore e gloria avevano aggiunto alla sua già particolare persona. Era un Prefetto e si sarebbe dovuta fidare di lui a prescindere, ma ancor prima di questo, Mike era - dopo i membri della sua grande famiglia - uno dei suoi punti fermi. Aveva imparato a riconoscere il tono della sua voce, il suo modo di comunicare gioia o tristezza, l'esaltazione e l'imbarazzo. Non era una persona di molte parole, un lato del Serpeverde che le piaceva in maniera particolare, ma - se aveva imparato qualcosa negli ultimi mesi sul suo conto - sapeva essere eloquente quanto bastava per farla sentire compresa, rassicurata e protetta. Protezione, un concetto che lei stessa aveva interiorizzato al punto tale da porsi a difesa del prossimo senza remore di sorta. Un'idea, o forse un'ideale, che Mike aveva stravolto, costringendola in maniera involontaria a necessitare della sua presenza o di una sua parola di conforto. Persino in quel momento, percorrendo il lungo corridoio dalle pareti tappezzate da arazzi, e non più da nature morte e ritratti, si sentiva al sicuro nonostante ignorasse la destinazione. Certo, si sarebbe chiesta dove volesse arrivare con passo lento e rilassato, tenendole la mano e guidandola tra una scena di caccia e un ritrovo di gentildonne di epoca medievale, com'era naturale che fosse. Non aveva mai mosso un passo senza prima conoscere i dettagli di ogni cosa, nomi di luoghi e persone coinvolte. Mania del controllo, l'avrebbe definita qualcuno, altri avrebbero precisato che si trattasse di semplice perizia, quasi chirurgica. Alla fine, il passo di Mike rallentò ulteriormente, permettendole di stargli dietro senza mettere, uno dietro l'altro, piccoli passetti ravvicinati e veloci. Si fermò di fronte ad un arazzo che ritraeva una strega, in uno scenario quasi idilliaco: uno specchio d'acqua, probabilmente un lago, e vegetazione lussureggiante. Nulla di troppo pretenzioso, ma al contempo piacevole a vedersi. Ne rimase colpita immediatamente, non tanto per la fattura dell'arazzo - di incomparabile minuzia e precisione - ma soprattutto per la sensazione di pace e tranquillità che in esso regnava. Ogni elemento si accostava all'altro senza sforzo, come se si fosse trattato di un paesaggio bucolico e perfetto nella sua semplicità.«Perché siamo qui?» chiese poi, a mezza voce. Il fatto che Mike si fosse perso in quel corridoio, durante il primo anno, non la sorprese affatto. Quante volte aveva perso la bussola per raggiungere l'aula di Trasfigurazione in tempo! Ormai, dopo quasi due anni, i piedi conoscevano la giusta direzione senza sforzo - come se per una vita intera non avessero compiuto altra strada - eppure quel corridoio le era rimasto celato per tutto quel tempo. I loro sguardi s'incrociarono e, stranamente, percepì un calore anomalo sulle guance, come se fosse in corso un processo di autocombustione, innescato solamente da quel gesto ormai consueto tra loro. Si poteva dire che comunicassero in quel sistema, oltre che attraverso gli Anelli Gemelli. Eppure era la prima volta in cui il pensiero del Serpeverde le sfuggiva, facendola sentire in difetto e, quindi, in imbarazzo.«I-in effetti... è davvero bellissimo.» mormorò, cercando di sembrare convincente. Gli occhi azzurro-grigi non riuscivano a sganciarsi da quelli marroni del ragazzo, come se ne dipendesse la vita stessa della Tassorosso. Non le importava quasi dell'arazzo, della sua strega e del piccolo lago; l'imbarazzo aveva instillato in lei il dubbio. Che cosa sarebbe accaduto dopo? Quali parole le avrebbe rivolto, in seguito a quella misteriosa passeggiata lungo il primo piano? Le dita persero il contatto con quelle del ragazzo, sentendosi un po' perse e cercando, senza riuscirvi, di ritrovarle lentamente. Un gesto quasi istintivo e abitudinario anche se, di fatto, era la prima volta che Mike la teneva per mano. Così come, per la prima volta, il Serpeverde aveva portato una mano al suo viso, accarezzandolo. Un gesto semplice, quasi scontato, eppure gradito ed inaspettato. Le parole che seguirono furono solamente il preludio di una serie di interrogativi dal retrogusto ricco di dubbi ed incertezze, parole e concetti lontani dalla sua razionalità per la quale tutto poteva essere spiegato facilmente.«U-una come... me?»Una domanda retorica, persino Mike avrebbe colto la sua inutilità. Sapeva di condividere la stessa stretta allo stomaco e di percepire lo stesso silenzio come il suono più assordante tra tutti. Una persona normale avrebbe abbassato gli occhi al pavimento, cercando di sottrarsi a quello sguardo per paura o, forse, solamente per l'incapacità di esprimere a parole qualsiasi pensiero le attraversasse la mente. E nonostante il suo cervello stesse elaborando svariate soluzioni per sfuggire da quella situazione, i suoi occhi indagavano il volto del Serpeverde alla spasmodica ricerca di un minimo indizio sulla giusta mossa da effettuare. Si poteva parlare davvero di passi falsi? Doveva solamente scegliere se restare e scoprire il finale, oppure districarsi da quella posizione e allontarsi. Non era fuggita nei Sotterranei, quasi un anno prima, quando aveva ricevuto dalle sue mani l'Anello Gemello. Dunque, quale ragione avrebbe potuto motivare un suo allontanamento? La verità, l'unica possibile, era quella secondo cui non sarebbe fuggita troppo lontano, salvo poi tornare sui propri passi e pentirsi di aver lasciato Mike solo in quel luogo così speciale per lui. Percepiva la serietà del momento, non poteva negarlo, eppure la consapevolezza di non essere fatta per affrontare simili confronti si sbracciava pur di convincerla a tirarsi indietro. D'altro canto, quanto aveva sperato di essere certa, totalmente e imprescindibilmente, dei sentimenti del Serpeverde? Non si erano mai spinti tanto oltre nell'affermare che cosa li portasse a perdersi e ritrovarsi, continuamente. Avevano rimandato a lungo, forse troppo, quella conversazione. Lentamente, stirò le labbra sottili in un sorriso, sperando che quella smorfia di imbarazzo – mista a quella che, a suo parere, doveva essere felicità – lo inducesse a proseguire.
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