Waldeinsamkeit, Quest privata

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Waldeinsamkeit

La sensazione di sentirsi come quando si è soli in un bosco


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Tornare a metter piede a Hogwarts con la consapevolezza di essere del Terzo Anno faceva sentire Eloise Lynch piena di orgoglio. L’essere riuscita, poi, a non farsi calciare fuori dalla Scuola per il suo ficcanasare e per l’abitudine a trascinare i primini in scherzi strani era un traguardo non da poco. Aveva evitato la spilla e vissuto le sue avventure, ma in una recente conversazione con i Gemelli - che ormai avevano assunto un ruolo di guida nella sua vita - si era resa conto di non essere mai veramente andata oltre il limite. Non voleva iniziare ora, la sua fedeltà nei confronti di Tassorosso le imponeva estremo rispetto, ma era decisa a iniziare l’anno in un’altra ottica: quest’anno Hogwarts le avrebbe svelato altre conoscenze al di là di ciò che si poteva imparare a lezione.
Aveva trascorso le settimane precedenti ai Tiri Vispi: con il flusso di gente che vagava per Diagon Alley per gli acquisti di inizio anno scolastico serviva sempre qualcuno a dare una mano a gestire la calca. Stava da sua cugina Virginia e si godeva quella vita da grande, ma pregustava già il ritorno a Hogwarts. Durante le sue giornate in negozio non faceva che cercare di convincere i gemelli a svelarle le conoscenze che esulavano dalla mappa “Il Passaggio” che vendevano in negozio. Quella la sapeva a memoria, la consultava ogni volta che poteva. Voleva saperne di più sui segreti del castello e non mancava occasione per cercare di tirar fuori qualcosa dai due Weasley. Purtroppo per lei, i due avevano la bocca sigillata e non facevano che ripeterle che se avesse voluto scoprire qualcosa di interessante avrebbe dovuto farlo da sola, che sarebbe stato troppo facile farselo raccontare.
Giorno dopo giorno, aveva maturato una decisione: una volta rimesso piede a Hogwarts avrebbe speso ogni momento libero per scoprire qualcosa in più sul Castello. Avrebbe intrapreso una ricerca più sistematica, più consapevole, fatta di esplorazioni, ma anche di letture. Voleva che Hogwarts le svelasse un po’ dei suoi segreti.
A valle di questa scelta e degli accenni che aveva colto dell’ultima lezione di Peverell dell’anno precedente, si era anche letta quel mattone di Storia di Hogwarts e si chiedeva come avesse fatto Bathilda Bath a raccogliere tutti quei dati. Dovevano essere in tanti quelli che - come i gemelli - preservavano per se stessi le conoscenze sul Castello e si diceva che lei stessa avrebbe voluto raccoglierne per farne tesoro. Magari un giorno avrebbe scritto un libro, o avrebbe raccontato ai suoi nipoti tutte le peripezie in cui era stata coinvolta. Un po’ come faceva nonna Cindy.
Era il primo giorno di lezioni, il due settembre, ed Eloise vagava per il quinto piano, rimuginando su quel nuovo inizio. Il giorno precedente aveva avuto una di quelle avventure fuori dal mondo che ti fanno venire voglia di pizzicarti da solo per capire se sei sveglio o se la realtà è troppo assurda per essere accettata. Si era ritrovata accusata di essere una terrorista babbana per il semplice fatto di aver abbandonato i suoi bagagli in mezzo alla stazione. Il pronto intervento di Niko le aveva salvato la pelle, il tour in prigione e il rischio di perdere l’Espresso per Hogwarts. Certo non era così che si era immaginata il suo ritorno alla Scuola di Magia. Allontanò il pensiero del ragazzo con i capelli blu prima che potesse di nuovo coglierla quell’inaspettata morsa allo stomaco ogni volta in cui veniva nominato e il suo viso sorridente le galleggiava in testa. Era qualcosa di sconosciuto, che non sapeva controllare: l’avrebbe escluso dalla sua testa.
In quel suo primo giorno di lezioni era riuscita a sopravvivere alla scelta dei nuovi corsi e alla brusca ripresa del ritmo scolastico. Aveva già cenato e, avendo perso di vista Ophelia, Amber e tutti gli altri, aveva deciso che quello poteva essere il momento propizio per prestare fede agli impegni che si era presa.
Il sole al tramonto, che filtrava dai finestroni, disegnava ombre lunghe sui pavimenti, in un gioco di distorsione delle forme. Tra un arazzo e l’altro, tra una porta e un potenziale passaggio, Eloise osservava la sua ombra longilinea, la versione alta e delicata di se stessa, incontrandola di nuovo a ogni finestra. La spiava con la coda dell’occhio, constatando di essere effettivamente più alta e più grande di un tempo, e subito allontanando questi pensieri sciocchi sul retro della sua mente.
Tornò a focalizzarsi sul suo obietti. Cercava il non visto, il celato, il dettaglio di cui non si era mai accorta prima di allora. E presto questo si palesò in forma concreta: un angolo dell’arazzo nel corridoio in cui si trovava l’ufficio della Bennet era sollevato e dietro di esso si intravedeva una discontinuità nel muro. Eloise ci avvicinò la mano, provando a spostare la stoffa e premere sulla fredda roccia.


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view post Posted on 12/10/2016, 22:05
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Nulla accadde non appena la ragazza toccò il muro.
Questo in fondo un po’ se lo aspettava Eloise, oramai abituata a non trovare passaggi segreti dove pensava si potessero celare.
In fin dei conti, i gemelli, glielo dicevano spesso: “il segreto per trovare un passaggio segreto è non cercarlo, o meglio, non cercarlo dove si pensa che lo si possa trovare”.

Il Quinto Piano della Scuola di Hogwarts era rinomato per essere il “piano delle autorità”.
Oltre alla Torre della Preside di Hogwarts, in quel preciso piano si trovava anche il bagno dei prefetti che tutti sapevano dove fosse, ma dove nessuno poteva entrare per via di una maledetta parola d’ordine.
Infatti per accedere al Bagno dei Prefetti bisogna arrivare alla quarta porta a sinistra della statua di Boris il Basito e a quel punto dire la parola d’ordine, la quale era riservata solo ai ragazzi con la spilla e ai capitani delle squadre di Quidditch.
Se avesse girato il capo nella direzione opposta a lei, Eloise, con tutta probabilità avrebbe notato Boris fissarla con aria circospetta.
Sembrava fosse curioso di ciò stava facendo, come se fosse un'attrazione che solitamente non era presente in quel luogo che sembrava prediligere i bacchettoni e i so tutto io.
Senza distogliere lo sguardo dalla giovane, la statua con i guanti messi nelle mani sbagliate, cercò di cogliere ulteriori informazioni ma non ci riuscì.
Era strano che si comportasse in quel modo, solitamente quell’oggetto magico era molto riservato.

 
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La mano premette leggermente sul muro e qualche istante dopo si sollevò. Le intenzioni della giovane Tassorosso erano chiare, ora il castello doveva decidere se reagire o meno. Lei fissava il muro, che se ne stava lì, indifferente e grigio, ma non accadde nulla.
Fece spallucce: era un indizio troppo scontato. Tutte le volte che era incappata in qualcosa di interessante, era avvenuto nella maniera più inaspettata possibile: le venne in mente l’aula vuota del Terzo Piano, la cui porta lasciava intravedere uno spiraglio di luce inatteso, o la pera delle cucine, che le aveva esplicitamente chiesto di essere solleticata sotto il picciuolo. Questa volta avrebbe dovuto giocarsela sull’attenzione doppia: sul reale e sull’inaspettato.
Si mise a osservare l’arazzo che le aveva lasciato intravedere un pezzo di fredda pietra: raffigurava una scena di guerra medievale. I due schieramenti, uno dagli stendardi blu e neri, l’altro rosso e bianco, stavano uno di fronte all’altro, i soldati a cavallo e a piedi. Erano pronti a partire alla carica. In mezzo, si accorse solo dopo, stavano coloro che sembravano i leader delle due fazioni, e si stringevano la mano come prima di una partita di scacchi. Non era forse simile a una partita di scacchi, la guerra? Se le avessero chiesto a quale periodo risaliva quell’arazzo e a che battaglia si riferiva, Eloise non avrebbe saputo rispondere. E allora giù di scappellotti da parte del buon Peverell. Si faceva per dire.
Il pensiero che entro breve sarebbero stati risucchiati in una nuova scampagnata in giro per la storia faceva fremere la Tassorosso. Ormai aveva smesso di illudersi che il gruppo della Scuola di Atene sarebbe diventato quello dei suoi amiconi, perché al ritorno a casa erano tutti tornati alle loro vite normali. Pur rimanendo consapevoli di quel legame che si era costruito inevitabilmente tra di loro.
Rimuginando su quell’avventura e ripensando ai loro spostamenti intorno a Cluny, ancora una volta Eloise provò un moto di stizza generato dalla sua completa inutilità - almeno fino al loro arrivo davanti a De Molay. Quel fastidio la disturbò così tanto che si voltò completamente, ritrovandosi ad osservare quell’inaspettato che stava cercando con tanta ossessione.
Successivamente si sarebbe detta molto sprovveduta per non essersi resa conto prima dell’intensità con cui quella statua la stava osservando. Non aveva sentito quel tipico pizzicorino alla nuca che sentivano tutti i protagonisti dei suoi amati libri. Eloise rispose al suo sguardo, inclinando leggermente la testa e socchiudendo gli occhi. Cos’aveva da guardare con aria tanto interessata? Si avvicinò piano piano, senza distogliere gli occhi da lui. Osservò prima il piedistallo, poi la struttura, cercando di individuare qualche leva o bottone per far scattare un passaggio segreto o una stanza nascosta. Il suo sguardo si soffermò sulle mani della statua: aveva i guanti infilati al contrario. Un sorriso divertito si dipinse sul suo volto.
Prima di provare a ruotare qualche dito, a sollevarlo o abbassarlo, la Lynch tornò a guardarlo in volto, questa volta dal basso. Non aveva mai interagito con una statua, ma non escludeva che questa potesse parlare con lei.
«Lo sa, vero, di avere i guanti messi al contrario?» Gli disse con un ghigno.
Aveva serie ragioni di credere che quella sarebbe potuta diventare la sua statua di Hogwarts preferita: aveva un’aria talmente buffa da essere al livello di Gregory il Viscido e Wilfred il Meditabondo.


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Dopo aver accuratamente ispezionato il muro, Eloise, si rese conto di come quella statua la fissasse con intensità.
Ogni secondo che passava, quel busto di marmo animato, sembrava interessarsi sempre di più alla giovane come se potesse offrirgli qualcosa di interessante, semplicemente unico.
Non appena vide la Tassorosso avvicinarsi con occhi socchiusi, l’opera, si girò con l’aria di chi era stato colto in flagrante per fissare il muro opposto.
Seppur facesse finta di nulla, sapeva benissimo che la Tassorosso sarebbe arrivata davanti a lui e non appena sentì la ragazza toccargli le mani disse.


-V-veramente?-

La domanda sorse con poca spontaneità da quell’oggetto, il quale cercava di sembrare apparentemente tranquillo.
Prendendo un po’ di sicurezza domandò:


-Mi scusi signorina, le posso domandare cosa sta cercando?-

Forse la statua avrebbe appagato la sua curiosità con quella domanda, ma era cosa buona e giusta rispondergli?

 
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view post Posted on 27/10/2016, 18:40
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L’atteggiamento da indifferente che la statua aveva assunto era inutile, perché ormai Eloise si era accorta del suo interesse. Osservandolo sempre più da vicino, constatò che era davvero una buffa statua: il suo stesso modo di fare le trasmetteva imbarazzo e senso di inadeguatezza, palesemente percepibile dal falso tono stupito che aveva assunto per la faccenda dei guanti. Poiché per la ragazzina era solo un modo per attaccare bottone, decise di lasciar cadere l’argomento.
Sapeva che a Hogwarts non c’era da stupirsi di niente, ma vedere una statua interagire con lei le provocò una piacevole sorpresa. La cosa più eclatante a cui era rimasta erano le armature che intonavano inni di Natale, e poco altro.

«Non sapevo che anche le statue si muovessero, a Hogwarts. Sapevo dei quadri, delle armature, delle scale… Ma effettivamente era intuibile.» Facendo mente locale dell’elenco, contava con le dita. «Lei mi sorprende, signor… Boris il Basito» Si sporse a leggere il nome con interesse e per poco non le sfuggì una risata. Ma chi era il simpaticone che assegnava i nomi alle cose nel Mondo Magico?! Doveva essere un gran volpone.
Eloise indugiò per qualche momento nell’osservazione dell’ambiente circostante, poiché non erano state numerose le volte in cui aveva messo piede a quel piano. Nessuna sua lezione si svolgeva lassù, e nemmeno nelle torri (certo, se avesse scelto Astronomia o Divinazione avrebbe frequentato quei luoghi con maggiore assiduità), così aveva dovuto trovare delle scuse per recarvisi. Era passata per andare in Guferia, aveva gironzolato davanti all’ufficio della Preside, una volta aveva pure deciso di andare a prendere Soph nella zona della sua Sala Comune per la pura curiosità di scoprire dove si celasse il nido dei Corvi. Ma se le Sale Comuni delle varie Casate suscitavano il suo interesse, ancora di più lo facevano le potenziali stanze nascoste disseminate per l’intero castello. Il corridoio era uno di quelli interni, senza finestre. Le pareti - quando non erano interrotte da porte o intersezioni con altri corridoi, erano disseminate di quadri e arazzi di qualsiasi epoca storica. Di quelle porte, non ne aveva mai aperta mezza: chissà cosa nascondevano.
La domanda postale da Boris le fece aggrottare le sopracciglia. Da dove nasceva tanta curiosità? Per quanto sembrasse innocuo e ispirasse fiducia, la giovane Lynch si chiese se c’era davvero da fidarsi. Quadri, gargoyle, statue e armature erano tutti al servizio del castello, e se il castello voleva difendere i suoi segreti lei era sicura che gli avrebbero dato manforte.
La ragione per cui aveva scelto di iniziare da lì era stata una frase tra Niahndra ed Elhena che aveva captato quella mattina: i due Prefetti si erano chiaramente dati appuntamento al quinto piano, e a meno che non si trattasse di una qualche lezione da seguire lassù, c’era qualcosa che doveva avere a che fare con le autorità. Ai suoi occhi non c’era nulla di male nel voler scoprire una minima parte dei segreti di Hogwarts, ma quello che si trovava davanti era un alleato o un nemico?

«Due mie amiche si sono date appuntamento qui, e visto che devo restituire l’inchiostro che una di loro mi ha prestato, ho pensato che avrei potuto beccarle...» Parlava con nonchalance, senza lasciar intendere la menzogna che si celava dietro le sue parole. Alla fine aveva optato per una mezza verità. Aveva lanciato l’esca. Ora Boris avrebbe abboccato o Eloise avrebbe dovuto battere la ritirata?

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-Magari mi potessi muovere!-

Sentenziò con decisione la statua, facendo notare alla ragazza che era privo di gambe.
Il mezzo busto del personaggio dai capelli mossi e la faccia sbigottita era alto poco meno di un metro e si fermava alla vita. Più sfigato di lui non c’era nessun altro, se non quell’obesa della signora grassa che a fatica entrava nel quadro dove si trovava.
Senza togliere gli occhi di dosso dalla giovane, la quale continuava a destare più di una curiosità a quell’oggetto animato, sentì le sue parole per poi dire


-Ah capisco.. L’inchiostro. Purtroppo signorina io non so se proprio le sue colleghe siano passate di qui. Tutti i ragazzi che vengono da me lo fanno per un motivo e per un passaggio segreto. Se vuoi io ti posso dare una mano, basta che mi tiri l’indice sinistro. -

Facendo un occhiolino placido alla ragazza, Boris, attese una sua risposta.
Sembrava che quella statua avesse preso di buon occhio la giovane, ignorando palesemente la menzogna che gli era stata detta.
Che avesse abboccato all’amo? Probabilmente si.
In fin dei conti, quella giovane studentessa gli era simpatica, ma il motivo era ancora ai più poco intuibile.

 
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«Sì, beh… Ovviamente intendevo anche solo i movimenti essenziali per comunicare...» Le labbra le muoveva. La testa la muoveva. Quella che doveva essere un’innocente constatazione si era presto trasformata in un commento discriminatorio, origine della risposta amara che si era appena beccata. Non aveva fatto caso all’assenza delle gambe, altrimenti non gli avrebbe buttato in faccia una realtà così dura. Se le avesse avute, non sarebbe stato tanto complicato gironzolare per il castello. Eppure la statua non poteva neanche essere definita un “busto” proprio a causa di quelle mani con i guanti al contrario che gli avevano permesso di farsi attribuire la denominazione di Basito. Soppressa la pietà che provava per lui, costretto in quel corpo di pietra in un corridoio semi-deserto, lo squadrò da testa a piedi.
Ciò che si chiedeva durante quella radiografia completa di Boris il Basito era che cosa gli impedisse di provare depressione per quella sua condizione. Tralasciando tutti i pensieri che le venivano in mente - come la considerazione che almeno i quadri avevano un po’ di compagnia, nella forma dei loro vicini di dipinto - si domandò se non ci fosse altro di interessante oltre alla Preside e i suoi sporadici visitatori.
La risposta presto venne da sé: l’approccio che aveva scelto di adottare, quello della mezza verità, aveva sortito l’effetto desiderato. Che la scusa dell’inchiostro fosse valida era poco probabile, ma almeno le permise di ricevere un primo indizio interessante, dato dal fatto che ci fossero altri studenti a circolare da quelle parti. La prima ipotesi che attraversò la sua mente fu quella di una seconda cucina, oppure una dispensa: altrimenti come facevano gli studenti dei piani alti - Grifi e Corvi - a cibarsi quando avevano voglia di uno spuntino? Tassi e Serpi avevano le cucine dietro l’angolo ed era impossibile uscirne senza una vagonata di leccornie di scorta. Lei e Ophelia l’avevano scoperto a loro spese, facendosi venire il mal di pancia per la quantità di panini al salame che si erano mangiate.
Come se non bastasse, Boris le forniva un perfetto amo, una vera e propria risposta alle sue domande: le sue frequentazioni non si limitavano a professori e studenti lamentosi. Altri si recavano da lui e lo facevano per un passaggio segreto. Qualsiasi stanza o passaggio fosse, qualsiasi area si celasse dietro Boris, Eloise voleva saperlo. Il suggerimento della statua arrivava al momento giusto, troppo giusto, talmente giusto che a rossa lo scrutò con sguardo indagatore. Se avesse voluto ingannarla, quello era il modo e il momento. Occhi socchiusi, naso arricciato, non riuscì a trattenere la risposta titubante.

«Ehi, non è che mi stai cercando di prendere in giro?» Non che fosse una molto riflessiva: se c’era da buttarsi, se la situazione la incuriosiva abbastanza, non si faceva pregare molto. Il meglio che potesse capitarle era che le si aprisse una botola sotto i piedi. «Dov’è l’inghippo?» Era troppo curiosa di scoprire cosa sarebbe successo dopo. Troppo interessata e ciò che il castello aveva da offrirle.
Con un rapido movimento, spontaneo e bramoso, alzò la mano sinistra per prendere l’indice di Boris. Lo tirò con leggerezza, sentendolo scattare. Ciò che sarebbe accaduto dopo era sua completa responsabilità.
In un momento di estrema lungimiranza, la mano destra di Eloise scattò tra le pieghe del mantello, individuando presto la bacchetta. Se la situazione si fosse fatta pericolosa, sarebbe stata pronta ad agire.


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Il pericolo era alle porte, potente e deciso.
Tutto poteva succedere, una botola si poteva aprire e dal nulla farla sparire, ma invece...
Non appena l’indice sinistro della statua scattò in avanti, un grosso rumore risuonò forte in tutto il piano.
Cosa era successo? Era per caso un peto quello che si era generato fragoroso davanti alla studentessa?
Se Eloise non fosse rimasta fin troppo scandalizzata dalla flatulenza, avrebbe notato Boris ridere come un pazzo mentre faceva una faccia a dir poco indicibile. Lo si doveva ammettere: era veramente un fenomeno a fare le pernacchie.


-Oh Cindy, mi fai troppo ridere! Possibile che ci caschi sempre? -

Domandò Boris divertito mentre da sotto il suo indice fuoriusciva quello che aveva tutta l’aria di essere un gessetto bianco.
Il piccolo oggetto cascò con leggerezza davanti agli occhi della Tassorosso, finendo sul piedistallo dove si trovava la statua.
A che serviva? Aveva un'utilità oppure no?


-Che fine hai fatto? Mi sembra passata una vita dall’ultima volta che ti ho visto!-

L’atteggiamento dell’oggetto animato era cambiato nei confronti della giovane.
Sembrava la conoscesse, che fosse un suo amico stretto. Possibile o era una presa in giro?
A questo punto cosa fare? Come era meglio comportarsi alla luce dei fatti appena accaduti?



 
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view post Posted on 28/11/2016, 19:23
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La leggera pressione che aveva operato sull'indice di Boris il Basito presto diede i suoi risultati, che solo grazie a un notevole sforzo mentale avrebbero potuto corrispondere alle aspettative di Eloise. Il dito scattò mentre il rumore di una fragorosa flatulenza scacciò via il silenzio che si era creato in quei pochi istanti. Se dapprima la giovane dalla chioma fulva era apparsa interdetta, quando constatò che non c'erano puzze da temere scoppiò in una sonora risata, accorgendosi che era appena stata vittima di uno scherzo.
Nulla superava il piacere di architettarli e tenderli ai malcapitati più inaspettati, ma subirli riempiva Eloise di gioia, specialmente quando la prendevano alla sprovvista. Lo scherzo, aveva considerato poco tempo prima, era un modo peculiare per dimostrare l'attenzione nei confronti di qualcuno, e l'essere all'attenzione di chicchessia le dava una certa soddisfazione.
Mentre rideva sguaiatamente pensava che Daddy Toobl si sarebbe davvero emozionato in una situazione di quel tipo: dopo la festa di Carnevale aveva imparato che qualsiasi cosa riguardasse Caccabombe e peti avrebbe divertito il Caposcuola Corvonero. Era ancora lì a ghignarsela quando percepì il commento di Boris, che la colse completamente alla sprovvista.
Continuò a sorridere facendo finta di stare al gioco, mentre la sua mente si attivava per eseguire qualche rapido calcolo. L'aveva chiamata… Cindy? Aveva davvero usato il nome di sua nonna? Oppure era un caso? Era strano, perché dalle foto della gioventù di sua nonna che aveva sbirciato non le sembrava che si assomigliassero. Anzi. Era Ned quello spiccicato a lei.
Mentre si chinava per raccogliere il gessetto, si prese del tempo ulteriore per riflettere. Lo stupore piano piano iniziava a trasparire sulla sua espressione, ma Eloise lo dissimulò con una falsa sicurezza, cercando di apparire a suo agio. Osservava quel piccolo oggettino bianco, lo rigirava tra le dita: erano passati secoli dall'ultima volta che ne aveva visto e usato uno, ma da piccola le piacevano da impazzire. Ma in quel contesto qual era la sua utilità? Non aveva fatto altro che scriverci, o usarlo in orizzontale per riempire le forme. Non aveva indizi su come gli sarebbe stato utile.
Mentre si scervellava mordicchiandosi il labbro, tornò a osservare Boris. Era indecisa sul da farsi, perché desiderava ottenere degli indizi in più, ma non voleva neanche che lui perdesse interesse in lei solo perché non era chi pensava che fosse. Si rigirava il gessetto tra le dita, mentre questi lasciava una sottile polverina bianca come traccia.
L'intuizione venne dalla frase di Boris stesso. Se Cindy - che fosse sua nonna o meno - si dimenticava spesso i pezzi, allora anche lei in quei panni poteva permettersi di farlo.
«Una vita, sì… Beh, è passato tantissimo!» Esclamò Eloise con convinzione. L'unico dettaglio che la tradiva era il continuo movimento del gessetto le dita, come un tic nervoso. Portò le mani dietro la schiena, congiungendole e dissimulando l'insicurezza che l'avrebbe tradita. «È passato talmente tanto che non mi ricordo più come fare...» Lasciò la frase in sospeso, come se il soggetto di quel periodo fosse scontato. Come se entrambi sapessero di cosa si stava parlando.
Il problema era che lei stava brancolando nella nebbia e, se ne fosse uscito qualcosa di buono, quello sarebbe stato il suo giorno fortunato.

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Alla risata della ragazza, la statua sorrise soddisfatta.
Con la giovane al suo fianco sembrava si sentisse finalmente a casa, ritornato in un luogo dove si poteva divertire e non ascoltare i soliti discorsi monotoni di quei prefetti che passavano vicino a lui.
Cosa avevano tanto da chiacchierare? Pensavano che il mondo non potesse vivere senza di loro?
Vedendo la giovane muovere freneticamente il gessetto tra le mani, rimase in attesa della fatidica domanda.
Che se ne fosse dimenticata o che volesse ripercorrere quel meraviglioso viaggio che Deklan gli aveva fatto conoscere e che non aveva potuto mai rivelare a nessun’altro?
Senza pensarci, Boris, strizzò gli occhi due volte con forza. Era strano, sembrava come se volesse effettuare nuovamente una pernacchia, ma questa volta nulla accadde se non una cosa meravigliosa.


-Guarda -

Se si fosse avvicinata al lato indicato dalla statua, Eloise, avrebbe potuto notare un testo lungo e scritto in maniera sbilenca.
Sembrava essere apparso solo perché Boris lo aveva deciso, come preso dalla consapevolezza che solo a lei potesse venir svelato quel tanto particolare lato occultato di Hogwarts.
Se avesse letto avrebbe trovato davanti a se il seguente testo:




Ore le domande nella testa di Eloise erano semplici.
Aveva capito il messaggio? Se si, dove portava? Dove doveva andare? Quale era la vera magia scoperta da quell’uomo?
Lo sguardo di Boris era diventato stranamente furbo, mentre la fissava girarsi tra le mani il primo oggetto di una serie che avrebbe trovato lungo il percorso.





 
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Nei pochi istanti in cui Boris formulava la sua risposta, Eloise pendeva dalle sue labbra, immobile, constatando l’incredibile dilatazione del tempo nei momenti in cui si attende una risposta, una valutazione, un bilancio. Si chiedeva se le avrebbe creduto, se avrebbe valutato la sua giustificazione valida, se sarebbe stato disponibile nei suoi confronti. Una parte di sé considerò anche che potesse trattarsi di un piano architettato da qualcuno, di uno scherzo ben piazzato che aveva come unico scopo quello di far perdere dei punti alla nobile Casata di Tassorosso. Ma lei non aveva nemici, o meglio, non sapeva di averne.
Il modo in cui Boris strizzò gli occhi le fece pensare a un bambino che cerca di capire se ciò che sta vivendo è sogno o realtà, come se si aspettasse un cambiamento. Tornando ad aprirli non assunse lo sguardo spensierato tipico del vagheggiare onirico, ma indicò con precisione il lato sinistro del suo plinto. Subito interessata, Eloise si sporse incuriosita, individuando subito la scritta sbilenca che aveva fatto la sua comparsa sulla pietra. Visto il richiamo al suo passato nella forma del nome di sua nonna, e visto come si era approcciato Boris nei suoi confronti, prima di leggere il contenuto del messaggio tentò di capire se riusciva a riconoscere la grafia, ma il suo database mentale non le forniva alcun dato utile.
Si accucciò per leggere meglio, rispedendo una ciocca ribelle dietro l’orecchio, e mentre i suoi occhi scorrevano di parola in parola cercava di captare più informazioni possibile. Nel momento in cui lesse tutti gli aggettivi che erano stati attribuiti al Boris del passato non riuscì a non scoccare un’occhiata preoccupata in direzione della statua, e ad affrettare un sorriso sereno quando ne incrociò lo sguardo, cercando dissimulare il suo turbamento. Non aveva modo di capire se lui sapesse cosa c’era scritto lì sopra, ma decise di partire dal presupposto che non ne avesse idea e tornò a leggere il messaggio. Alla parola “ricerca”, il suo interesse si concentrò completamente su ciò che aveva davanti: si era recata al quinto piano proprio per iniziare una ricerca, ma mai si era aspettata di trovarne una già impostata, una che attendeva solamente una persona per metterla in moto. Messa in quei termini, il mistero si faceva talmente stimolante da causarle un leggero formicolio alle dita. Si era aspettata di scoprire qualcosina, ma l’essere messa sulle tracce di un mistero migliorava ancora le cose.
Per mettersi sulle tracce di ciò a cui si alludeva nel messaggio, quel “dove” così generico, era necessario fare chiarezza su alcuni punti. In primo luogo non aveva assolutamente idea di quale fosse il luogo del terzo appuntamento tra i due interlocutori, ma in questo senso avrebbe potuto sfruttare la conoscenza di Boris. Abbassò lo sguardo sul gessetto, chiedendosi se quell’oggetto così semplice fosse riferito a quel messaggio o indicasse qualcosa di diverso, come ad esempio un’aula. Se era il luogo in cui il misterioso scrittore aveva “scoperto la vera magia”, poteva trattarsi di qualsiasi aula: magari era l’Aula di Incantesimi, magari quella di Trasfigurazione, oppure quella di Pozioni. Dipendeva un po’ dai punti di vista: suo padre sarebbe andato dritto e spedito verso quella di Trasfigurazione, ma Eloise, che provava una discreta avversione nei confronti della materia, l’avrebbe scartata a pié pari. Ma la vera domanda era: che senso aveva darsi appuntamento in un’aula?

«Eh, sì… Sì, il tempo passato è talmente tanto che mi è difficile ricordare.» Era già la seconda volta che lo diceva, presto Boris non si sarebbe più fatto prendere per i fondelli. Eloise indugiò un momento sulla frase in chiusura “quando finisci pulisci”: probabilmente avrebbe dovuto lanciare un gratta e netta sulla scritta per evitare che qualcun altro attingesse a quei segreti. Ma prima era il caso di capire dove andare e, visto che la statua più Basita di Hogwarts si era detta disponibile, era appropriato metterla al corrente dei suoi dubbi.«Il gesso è un indizio? Oppure indica questo messaggio? Ah, se solo ricordassi quel luogo… Se il gesso fosse un indizio potrebbe trattarsi di un’aula! La mia memoria fa difficoltà su questi dettagli…»
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Uhm... Sinceramente non ho capito se il messaggio è scritto in gesso o no, perché se lo è allora immagino che il gessetto sia un indizio per quel messaggio, altrimenti è un indizio per un altro luogo (?)... Insomma... Bbbboh
 
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view post Posted on 19/12/2016, 21:11
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Il Fato

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Nel corso degli anni, Boris, era diventato molto paziente.
Stare fermo in quel punto, osservando il solito via vai di Prefetti e Capiscuola, lo aveva temprato e reso sicuramente meno irascibile.
Amava chiacchierare, anche di cose inutili. Soprattutto amava parlare con persone a lui simpatiche.
Osservando la piccola Eloise dalla testa i piedi, inconsapevole del fatto che non fosse la famigerata Cindy, continuò a parlarle per darle qualche ulteriore indizio:


-Oh, vuoi proprio fare la sbadata come la prima volta che hai eseguito questa caccia al tesoro? -

Disse ridendo sommessamente, per poi riflettere su cosa dire.
Da buon aiutante di quel gioco, lui, non poteva dare alcun indizio specifico, solo qualcuno generale che potesse indirizzare la ragazza al luogo desiderato.


-Come ti dissi un po’ di tempo fa, il gesso non è un indizio, ma una chiave e la tua vera magia non è legata ad un'aula.
La tua magia è qualcosa che sai fare bene. Cosa sai fare divinamente? Beh dai è semplice, mi è stato detto che sei anche più brava di Gertry. -


Senza aggiungere altro, il busto rimase ad osservare la ragazza.
L’indizio era stato dato senza troppi problemi e grosse difficoltà. Indubbiamente il gesso era una chiave, un oggetto che sarebbe servito alla ragazza più avanti, mentre il luogo dove doveva andare era qualcosa legato ad una delle sue abilità migliori.
Cosa sapeva fare Cindy? Cosa poteva sporcare e poi ripulire per andare avanti in quella assurda ricerca?
Il tempo scorreva lentamente, il mistero si infittiva.






La poca chiarezza nel testo e negli indizi è voluta appositamente . Eloise saprà cosa fare questa volta?
 
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view post Posted on 3/1/2017, 19:23
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Sarebbe stato complesso intuire la falsità della risata complice che salì alle labbra di Eloise quando Boris mostrò il suo stupore nel constatare che avrebbe finto di non sapere nulla di quella speciale caccia al tesoro. La rossa appariva spontanea e divertita, ma le sue membra accartocciate gridavano alla menzogna. Sarebbe bastato un passo falso per compromettere l’aiuto che Boris sembrava così intenzionato a darle. «E dai, dammi corda!» Se solo avesse intuito la grandezza di quelle menzogne, la differenza tra lei e Cindy, allora sarebbe stato impossibile seguire quella pista.
Al sentire gli indizi di cui la statua pareva essere generosa, Eloise annuiva concentrata. Non voleva perdersi neanche una parola. Abbassò lo sguardo sul gesso quando Boris lo citò e lo infilò prontamente in tasca. Se si trattava di una chiave prima o poi sarebbe servita ad aprire qualcosa ed era il caso di tenerla al sicuro il più possibile.
Prima di rispondere alla domanda con cui Boris le aveva rimbalzato la palla, la Lynch si prese qualche istante. L’identità di Cindy era fondamentale per arrivare al nocciolo della questione, all’agognata soluzione, ma una domanda sussisteva: come avrebbe potuto saperlo? Aveva una mezza idea che si trattasse di sua nonna, ma se non fosse stato così allora quel sentiero sarebbe stato a un punto morto: non avrebbe potuto fare altro che tirare a indovinare. Se invece fosse stata davvero lei - ed era plausibile, vista la somiglianza quando si metteva a confronto Eloise con una foto di Cindy da giovane - allora avrebbe avuto qualche speranza in più. Decise di fare un tentativo in quella direzione e iniziò a riflettere sulle abilità di sua nonna, mentre sentiva lo sguardo del Basito sul di lei.
In cosa era brava? In cosa si distingueva? Di getto avrebbe risposto “a cucinare”, come la tradizione di Tassorosso celebrava, ma non aveva idea di quale momento della vita fosse stato determinante per quell’abilità. Eloise aveva sempre pensato che quella culinaria fosse un’abilità che si poteva “sbloccare” - come nei videogiochi - solo una volta diventati genitori, ma non era sicura che ad Hogwarts Cindy non avesse già mostrato una predisposizione per quell’ambito. Inoltre, più che cuoca, nonna Cindy era stata Auror, quindi doveva avere una certa passione per la Difesa Contro le Arti Oscure e gli Incantesimi. Nulla di tutto ciò era proverbiale quanto le sue abilità in cucina.
Di Gertry, poi, non aveva nessun indizio. Scavò nella memoria alla ricerca di qualche ricordo che legava sua nonna a qualche Gertrude, ma non le veniva in mente nulla. Alzò lo sguardo su Boris con aria da pesce lesso, provando ad avanzare la sua proposta.

«Ma ti riferisci alla… Alla cucina? Dovrei andare alle cucine, per caso?» Se così fosse stato, nulla di troppo complesso. Sapeva della pera da solleticare e aveva una discreta relazione con gli Elfi Domestici di stanza laggiù. Ci voleva giusto giusto una botta di fortuna.
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view post Posted on 12/1/2017, 21:54
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Il Fato

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Bingo!
Era questa la parola che gridavano i babbani quando vincevano ad un particolare gioco d’azzardo.
Eloise ce l’aveva fatta, aveva raggiunto il punto focale della questione e lo riuscì a capire dal volto di Boris che da “Basito” divenne assolutamente soddisfatto.


-Ora si che ci siamo! -

Esclamò con piacere la statua, mentre Eloise iniziava a pensare.
Finalmente quell’essere inanimato aveva raggiunto il suo obiettivo, aveva indirizzato la giovane verso la retta via e poteva ritornare alle sue solite mansioni.
Ma adesso che bisognava fare? Era veramente giunto il momento di muoversi alla volta delle cucine?
Si, probabilmente si, ma la Tassorosso doveva iniziare seriamente a pensare cosa dovesse fare meglio di Gertry e poi, cosa diamine significava “quando finisci, poi pulisci”?
La ragazza era nel bel mezzo di una storia che si era compiuta circa sessant’anni prima e che in parte solo sapeva.
Se quella caccia al tesoro era stata escogitata per la nonna, cosa aveva combinato con nonno Deklan al terzo appuntamento?







Bene, qui abbiamo concluso.
Ora puoi postare direttamente nei Sotterranei narrando l'arrivo di Eloise davanti al ritratto di frutta. Inviami un mp quando hai fatto.
 
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