C'erano tutte le premesse per una lezione sull'elettricità, già solo il nome continuava a stuzzicare la sua curiosità più naturale. C'erano tutti i presupposti migliori: un'ottima insegnante, un alunno pronto all'ascolto, e via con l'attenzione, la pazienza comune e la dedizione dell'una e dell'altro. Si aggiungeva l'intenzione, alla base di ogni garanzia di successo, e di pari modo Oliver percepiva una vera e propria sete di conoscenza. Non poteva negare, tra l'altro, di esserne affascinato: cresciuto da sempre in una famiglia di soli maghi, sentiva di non avere alcuna dimestichezza nei riguardi del mondo babbano. Così vicino, a pochi passi perfino dalla villetta a schiera che abitava nella Contea di Cork, e tuttavia mai al punto da entrarvi in contatto. Poteva apparire come una sciocchezza, e per molti lo sarebbe stata per davvero: per lui, invece, acquistava il senso di una scoperta tutta al personale. Al di là della fisica e degli argomenti teorici che Elhena stava spiegando, lui viveva un'autentica rivelazione. Era un po' come visitare per la prima volta l'altra parte di un paese, senza spostarsi poi chissà quanto; come quando dal viale principale della ridente, variopinta cittadella di Diagon Alley, tanti anni addietro, aveva fatto breccia in lui il desiderio di spingersi oltre, fino ai vicoli più solitari e oscuri di Nocturn Alley. In quel caso, non si trattava di certo della stessa pericolosità, si esprimeva tuttavia la consapevolezza di voler saperne di più, di voler approfondire, di voler avvicinarsi ad un confine tanto vicino e per lui ancora tanto labile. Non ebbe il coraggio di rivelare ad Elhena di non aver mai avuto modo di parlare con qualcuno che non fosse mago né strega, che fosse per l'appunto semplicemente Babbano. Aveva amici, soprattutto concasati, con simili relazioni di parentela, ma era già diverso: in loro c'era un punto di contatto - la magia, così come l'appartenenza alla Scuola di Hogwarts - che rendeva semplice conversazioni e approccio in generale. Con un Babbano fin dalla nascita, privo di informazioni nei riguardi del mondo magico, Oliver non aveva la più pallida idea di come interagire. Curiosamente, man mano che la Tassorosso spiegava, il Grifondoro non poté fare a meno di ritrovare altri appunti, altre voci, altre parole che aveva ascoltato in passato, ma che mai aveva avuto occasione di studiare. Herbelia, sua concasata, gli aveva detto ad esempio che tra i Babbani non esistessero naturalmente galeoni, falci o zellini; avevano una moneta distinta, tutta personale, che Oliver avrebbe fatto di tutto per stringere tra le mani, per osservarla. Avevano anche dei sistemi di trasporto particolari, di gran lunga lontani da Materializzazione, Metropolvere o Passaporte, ma più di autobus e veicoli non volanti, in effetti, Oliver non sapeva altro. Quando sollevò lo sguardo su Elhena, l'istinto di chiederle altro, al di là della fisica e dell'elettricità, parve tanto impellente da spingerlo a stringere la bocca in una smorfia. Recuperò rapidamente i passaggi che invece si stava perdendo, e con l'ausilio degli appunti, degli schemi e della voce nitida di Elhena, poté trarre le sue conclusioni migliori. Era come fare una torta, aveva detto l'altra. Qualcosa scattò tra i pensieri di Oliver e annuì con decisione.
«Come una Pozione, ci sono.» Per un attimo gli tornò in mente la Terza Legge di Golpalott e il saggio di sette pagine che aveva scritto poco tempo addietro, con tanto di apprezzamento da parte della Professoressa Pompadour. Non riuscì a carpirne l'esatto collegamento tra i suoi pensieri, si domandò però se il discorso sull'antidoto maggiore per i veleni composti potesse essere applicato all'argomento trattato in quel momento: forse, più che un incantesimo per separare le molecole, una pozione o un antidoto potevano ristabilirne un raggruppamento maggiore sul quale agire. Si accorse di essersi confuso di persona, già solo indugiando in quella riflessione. Preferì non esprimere nulla a voce, fino a quel punto con le parole di Elhena era arrivato a comprendere perfettamente il senso dell'elettricità e dei suoi componenti. Molecole, atomi, e da lì protoni, elettroni, tutti quei nomi che custodivano in sé segreti inafferrabili, ancora, per il Grifondoro. Era già più chiaro di quanto non fosse mai stato in precedenza, e sebbene fosse soltanto una nota di uno studio così esteso, per lui rappresentava un primo tentativo di tutto rispetto. Quando la Tassorosso commentò la sua domanda con "esistono e basta", il cipiglio incuriosito sul volto di Oliver non poté che accentuarsi.
«Questo sì che è interessante! Allora è magia anche questa.» Mos, nel frattempo, si era risvegliato e con un verso soffuso attirò l'attenzione del Grifondoro. Come una Pluffa in miniatura, la Puffola Pigmea zampettò - più rotolando che spostandosi con grazia, in effetti - fino al braccio del ragazzo. Un movimento veloce della mano accolse la creatura magica dapprima nel palmo aperto e poi nella tasca della divisa scolastica. Se Mos si era fatto vivo, significava che per lui fosse quasi ora di cena, e che per Oliver fosse ora di andare via. I doveri del ruolo che rivestiva chiamavano anche lui, ma non poté che sottolineare un'ultima parte.
«Dovrebbe essere tutto chiaro fino ad ora. Se non è un problema, vorrei chiederti di prendere i tuoi appunti - gli schemi, i disegni, le parole che hai scritto su quei fogli.» Indicò avanti, sul banco, dove il plico di pergamene recava i segni della spiegazione fin nei dettagli.
«Penso per oggi possa bastare, dovrei andare prima che si faccia troppo tardi, controllare le ronde serali e tutta una serie di altre cose. Batteria e pillola, però, mi interessano.» Non fece caso all'errore di pronuncia, restava un mondo ancora pienamente sconosciuto per lui.
«Magari la prossima volta, se ti va. In ogni caso ti ringrazio davvero, Elhena. Credimi, è stato interessante. Lascio a te i cupcake, un po' come ringraziamento. L'unica cosa...» Si sarebbe così alzato subito dopo, recuperando borsa, penne e tutto il resto. La scatola contenente i pasticcini era tutta per la Tassorosso, da parte di Oliver era il minimo come gesto di riconoscimento.
«Non ho la più pallida idea di cosa sia un liceo, ma sembra un'altra delle tue magie! Ci rivediamo presto?» Concluse così, un sorriso sincero sul volto, l'espressione bizzarra di chi era per davvero entusiasta di quel pomeriggio di studio. Il tempo stringeva, tuttavia, e neanche l'elettricità avrebbe potuto aiutarlo. Al seguito dei saluti e della promessa di rivedersi, Oliver si accorse di avere la testa piena di nozioni fin troppo particolari: ne avrebbe fatto di certo tesoro, nulla diceva che non potessero tornare utili in futuro.
Credo possiamo concludere. Ti ringrazio davvero per questa lezione: dopo lunghi anni, ho le nozioni principali per l'elettricità, non è cosa di poco conto! Conto di ritrovarci alla prossima. *fru