| E la curiosità uccise il topo... Il ragazzo non lo poteva sapere, ma Juliet dentro di sé stava combattendo una battaglia. Il conflitto era tra la Juliet timida e la Juliet impicciona. In questo confronto ora prevaleva l'una e poi l'altra. Ma poteva capitare che vincessero in equal misura ambo le parti. Quindi era curiosa e si poteva vedere, allo stesso tempo, le sue guance farsi cremisi perché si vergognava un poco della sua curiosità. Ma lei era così, era nel suo carattere essere timida e impicciona, un mix che poteva travolgere positivamente o negativamente chi le stava attorno. E quel giorno fu il turno di Maurizio, come aveva detto di chiamarsi il vecchietto ragazzo italiano, colui che aveva la sua stessa provenienza. Forse, visto che tutti e due provenivano dallo stesso paese, doveva essere clemente, ma non faceva eccezioni per nessuno. Dentro di sé, a quelle considerazioni, sentì nascere una risata che poi proruppe fuori e le fece fare l'ultima cosa che aveva intenzione di fare: una figuraccia. Rise così tanto che cadde dalla sedia su cui era seduta poco fa. *Ahi!*. Prima di toccare terra con il fondoschiena riuscì ad attutire la caduta con le mani. E poi nascondendo la sua faccia rossa, quasi congestionata, dietro il vassoio con cui aveva portato la bevanda scelta dal forestiero. "Ehehehe scusa, ma spesso non perdo l'equilibrio tanto facilmente e non so come mai oggi sia successo" cercò di inventarsi una scusa plausibile. In fondo lo sapeva perché lo aveva perso, ma non voleva svelargli niente. Non doveva sapere che fino ad un attimo fa aveva pensato a lui come ad una vittima di quella Juliet un po' pazza. Si risedette al posto, cercando di non fare altre figuracce e si sistemò il grembiule un po' sgualcito dopo quella caduta non prevista. L'unico modo plausibile per conoscerlo meglio, non poteva di certo seguirlo di nascosto, era fargli domande su domande, alcune anche scomode. "Quindi sei lui, o mi stai prendendo in giro?" era sempre meglio prendere le cose che sentiva con le pinze, soprattutto se erano pronunciate da sconosciuti e da quelli che si sedevano da soli e da quelli che si sedevano vicino al muro per poter avere una visuale migliore del locale, per vedere chi entrava dalla porta d'ingresso. Juliet sorrise quando sentì la risata del ragazzo, cristallina e che le trasmetteva la voglia di stuzzicarlo per sentirlo ridere ancora, da quanto fosse gioviale e autentica. A quelle considerazioni le sue orecchie, i suoi punti deboli divennero infuocate, ma per fortuna non erano visibili ad occhio umano, poiché erano nascoste dai lunghi capelli castano scuro. Il suo silenzio imbarazzato venne distolto per fortuna dall'arrivo di un nuovo cliente. Si alzò e da brava ragazza, cameriera che era si avviò verso il nuovo arrivato. "Archibald cosa le porto oggi? Il solito oppure diamo una ventata d'aria fresca?" disse Juliet al giovane che si era seduto ad un tavolo, non poco distante da quello in cui si era accomodato il nostro vecchietto. "No, oggi portami il solito. Ho avuto una giornataccia perché ho litigato con il capo Auror e ho dovuto compilare mille scartoffie per far dimenticare ad un babbano di aver visto una macchina volare in cielo. Viviamo in tempi pazzi" disse il ragazzo guardando la ragazza che gli aveva portato il solito drink. "Ora non mi resta altri che aspettare la mia dolce metà, almeno lei sa come farmi dimenticare questa giornataccia" e Juliet sempre sorridendo se ne andò al bancone per poterlo un po' pulire e poi si diresse ancora una volta, finito di sistemare, verso il tavolo dello straniero. "Scusa l'attesa. Dove eravamo rimasti? Ah sì, e perché non sei venuto qui a Londra, a Hogwarts a studiare?", Dio, se era curiosa la ragazzina. "Ah quindi capisco la questione della maschera. Beh è vero, anche in Italia alcuni poliziotti italiani, la DIA mi pare, sono costretti a mettere i passamontagna per nascondere i propri tratti del viso, per la loro incolumità" disse Juliet riferendosi a quelli che catturavano i mafiosi. "Agente segreto? Ma dai ti ho fatto solo alcune domande" forse un po' troppe, dovette ammetterlo la rosso-oro. "Sono semplicemente una ragazzina undicenne che frequenta il primo anno di scuola. Vedi come sono dolce e carina?" disse facendogli il broncio e gli occhioni dolci dolci. ops, questa poteva risparmiarsela!. Le piaceva stuzzicarlo. "Io mi ero trasferita a Londra per il lavoro di mio padre, a nove anni mi pare. E mi sono ambientata bene. Forse perché qui avrei trovato il perché di tutte le stranezze che capitavano attorno a me" disse Juliet rivelandogli quella parte un po' meno felice che aveva caratterizzato la sua esistenza, fino a quando non aveva ricevuto la lettera che l'ammetteva alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Lo disse con un tono un po' meno gioviale che l'aveva caratterizzata fino a quel momento. "Tornando a te...Hai trovato un posto dove stare?" gli chiese la ragazza. Forse, se lo avesse saputo, gli avrebbe fatto una sorpresa e gli avrebbe, ovviamente, fatto uno scherzetto. Ma non sarebbe stata un poco invadente, no? Forse sì...
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