Pluviophile.

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view post Posted on 17/3/2017, 00:00
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giphy

16 Marzo
Avrebbe voluto essere lì verso mezzanotte in punto.
Magari aspettarla sulla Torre di Astronomia, quando il cielo stellato d'inverno si sarebbe aperto sotto i loro occhi sorpresi ed estasiati. Sarebbe stato un giorno come un altro, in fin dei conti, una notte come tante altre notti, ma per lui sarebbe stata diversa. Le avrebbe dato il pacchetto e sarebbero rimasti lì, in silenzio, ad ascoltare i suoni del vento e degli animali notturni, lo stormire flebile delle foglie degli alberi nella Foresta Proibita la cui folta chioma nera avrebbero osservato oltre i merli della torre.
Ma non sarebbe andata così, in primis perché quella notte avrebbe diluviato, così come diluviava da giorni, ormai. I tuoni e i lampi squassavano le finestre fragili del Castello, illuminando di una luce abbacinante e fredda i corridoi e le stanze buie.
Niente tranquillizzante cielo stellato; come se non bastasse, persino allo scoccar della mezzanotte lui sarebbe stato ancora lontano, occupato nell'ennesima ronda che gli sarebbe toccata. Aveva pensato di fare cambio con Daddy, ma l'idea di spiegare il motivo di quello scambio di turni lo aveva imbarazzato al punto da spingerlo ad evitare in toto la richiesta. Così aveva deciso che, come ogni anno, si sarebbe affidato ad un biglietto e ad un pacchetto che, come sempre, le avrebbe fatto trovare sulla scrivania dell'Ufficio dei Caposcuola. Aveva consultato l'orario dei turni e sapeva che Emily sarebbe rientrata nell'ufficio verso mezzanotte. Era facile: come aveva fatto tante altre volte, aveva scritto il breve biglietto mentre fuori infuriava il temporale ed ora, poco prima che scoccasse l'inizio della sua ronda, alle undici in punto, era lì, davanti la scrivania Serpeverde, tenendo fra le mani la busta ed il piccolo pacchetto da lasciarle in bella vista, sopra le carte ordinatamente impilate.
Aveva sorriso al pensiero di vederla arrivare e trovarsi regalo e biglietto lì, quasi fosse ormai una tradizione, una piccola routine cui spesso entrambi si appellavano per non soccombere agli impegni.
Così aveva poggiato l'incarto e la busta e aveva dato loro le spalle, lasciando ad un misero pezzo di carta l'arduo compito di comunicare ad Emily i suoi auguri. L'indomani, s'era detto, sarebbe andato da lei e l'avrebbe abbracciata, ripetendo a voce ciò che nella lettera c'era scritto, chiedendole di pranzare insieme alla prima occasione.
S'era richiuso la porta alle spalle con quel pensiero rassicurante, mentre l'ennesimo lampo illuminava la sua figura e abbagliava i suoi occhi chiari durante il suo cammino, diretto verso le Torri per il consueto giro.

Eppure, mentre calpestava quei corridoi vuoti e tristi, mentre il dolce fragore della pioggia riempiva le sue orecchie, Horus si disse che quel pensiero non era più così rassicurante come aveva creduto, che non gli piaceva più, quell'immagine. Si disse che era ormai finito il tempo dei messaggi e d'improvviso, dando una veloce occhiata al proprio orologio, s'accorse che aveva solo dieci minuti per fare una corsa, scendere dalle scale della Torre di Divinazione senza giocarsi una caviglia o un polmone, raggiungere il Quarto Piano e fare la sua plateale entrata nell'Ufficio dei Caposcuola, per dire: "So per te è un giorno come un altro e che ormai ne hai i cassetti pieni dei miei biglietti, quindi tadan? Eccomi qui ad importunarti già alla prima ora del tuo compleanno".

Quindi, in barba alla ronda, fece dietrofront e a passi veloci percorse il proprio tragitto all'inverso; il suo cammino, scandito dal temporale, aveva un ché di surreale, come se Horus corresse su una banchina umida e scivolosa e stesse cercando di raggiungere un treno in partenza. E fu questo pensiero a fermarlo improvvisamente sul pianerottolo del quarto piano.
Guardando in direzione dell'ufficio, si chiese se Emily fosse già rientrata e la consapevolezza che sarebbe stata lì, che
sarebbero stati lì, che nessuno sarebbe fuggito via se lui non fosse arrivato a mezzanotte in punto —come in quella fiaba Babbana— gli scivolò addosso come l'acqua, rassicurante e tiepida come la pioggia che ti accoglie e ti risana, una volta superato il timore iniziale.
Scese dunque le scale, lasciando dietro di sé il Quarto Piano ed Emily nell'ufficio, diretto altrove.


Una quindicina di minuti dopo avrebbe bussato a quella stessa porta, sentendo la voce di Lei rispondere e sarebbe entrato.

« Ti ho portato del tè caldo. » Le avrebbe detto, scoccando una veloce occhiata al pacchetto scartato e alla busta aperta, sorridendole; avrebbe cercato, nel suo viso, una risposta alla silente (e un po' infantile) domanda: "Ti piace il regalo?".
Si sarebbe avvicinato, le avrebbe poggiato la tazza calda sulla scrivania e le avrebbe dato un bacio.

« Ho finito la mia ronda, ti aspetto così torniamo ai sotterranei insieme, va bene? » Avrebbe quindi raggiunto la finestra, dove sarebbe rimasto ad osservare la pioggia, sentendo, magari, la piuma di Emily che grattava sulla carta, per poi voltarsi, di tanto in tanto, per guardare il viso concentrato di lei, udirla commentare qualcosa e risponderle, per poi avviarsi, a fine lavoro, insieme verso i propri dormitori, con il temporale che avrebbe cullato i loro passi e i loro pensieri.





Nel biglietto:


Nel pacchetto:
jpg
Bracciale Aspide notturna:
Questo bracciale, ricoperto da squame di aspide notturna, dona al mago la capacità di percepire se nell'ambito di gioco sia presente un oggetto sotto incantesimo, e incrementa la resistenza contro la magia nera.

+3 mana, +3 corpo


Edited by Horus Sekhmeth - 17/3/2017, 08:52
 
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view post Posted on 2/4/2017, 23:42
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L’ennesima ronda all’aperto accompagnata dall’ennesimo temporale.
Mentre gli anfibi affondavano con leggerezza in questa o quell’altra pozzanghera, Emily sbuffava, tirandosi avanti sotto l’insistente scroscio con null'altro a coprirla se non il semplice mantello.
Avrebbe potuto castare un semplice incantesimo, ripararsi come poteva senza il rischio di prendersi una bella influenza, di quelle contro cui le sue fatture curative non avrebbero potuto nulla. La verità, tuttavia, era che alla Serpina, piaceva camminare sotto la pioggia così come adorava il bagliore dei lampi antecedenti al rumore dei tuoni. Quel fenomeno, un tempo, l’aveva affascinata parecchio tanto da spingerla, ancora bambina, a ricercarne i motivi.
La luce è più veloce del suono, le aveva risposto Matthew mentre le indicava una coccinella poggiata su una violetta; era rimasta ad interrogarsi sulla faccenda per molto fino a scoprire che il riverbero delle stelle che tanto le piaceva seguire di notte, chiusa nelle sue camere, era in realtà l’eco di astri spentisi da tanto tempo, solo un'impronta della loro esistenza. Quella sera, mentre alzava gli occhi al cielo, si era sentita particolarmente triste così non era scesa per cena dandosi la colpa per la troppa curiosità. Quando Matthew, ore più tardi, aveva timidamente bussato alla sua porta brandendo tra le mani della fumante cioccolata in una tazza troppo grande per le sue piccole mani, Emily gli aveva infine chiesto:
Se la Luce è tanto veloce perché non fa in tempo a raggiungerci prima che le Stelle… Prima che le Stelle muoiano?
Quella notte era il suo compleanno ed il motivo per cui la bambina era rimasta chiusa in camera andava al di là delle semplici, tristi scoperte. Mat lo sapeva; la piccola Rose era solita assentarsi per giorni interi intorno a quella data e all’uomo, che tanto aveva adorato sua madre, gli si stringeva il debole cuore ogni volta. Così, evitando il Padrone della Dimora – compito affatto arduo – si presentava davanti la porta della bimba con l’annuale cioccolata calda ed il fiore più bello del giardino che amava curare.
Ad Emily non piaceva l’idea che dei fiori venissero strappati dal terreno ma non glielo disse mai ed anzi, cercava di accudire quel regalo tanto speciale fin quando poteva, fin quando non le veniva portato via da forze a lei ancora estranee.
Quel ricordo le riscaldò il petto e socchiudendo gli occhi al cielo, ora che il suo viso ed i suoi capelli erano completamente bagnati, proseguì verso il castello.

Chiudendo il portone alle spalle con un leggero tonfo, sospirò sentendo l’eco della sua frustrazione propagarsi tra le mura del Castello. Le fiaccole poste contro la fredda pietra le offuscarono per un attimo gli occhi abituati all’oscurità degli esterni ma fu comunque semplice castare l’incanto di turno affinché i suoi vestiti s'asciugassero all’istante. Col solito rito compiuto, Emily si avviò verso l’Ufficio per l’ennesimo, noioso resoconto del suo giro mentre il calore che aveva avvertito pochi istanti prima, lo stesso che aveva fatto nascere un piccolo, nascosto sorriso sulle sue labbra, svaniva lentamente lasciando spazio all’apatico gelo.
Era un giorno come un altro dopotutto, si sforzò di pensare eppure, a voler esser sinceri, Matthew un po’ le mancava: era l’unico che aveva avuto una carezza per lei quando nemmeno sapeva di averne bisogno ed anche se ora era cresciuta, non poteva evitare di pensarci.
*Stai diventando troppo sentimentale Rose*, pensò mentre, irritata per quell’ammonizione, apriva con troppa enfasi la porta dell’ufficio sbattendoci dolorosamente il ginocchio.

Nnnnh-, soffocò un poco loquace commento stringendo gli occhi e portandosi la sinistra alla gamba, *Ecco il prezzo da pagare quando lasci a marcire le buone maniere*.
Ritrovato uno stupefacente stoicismo (imprecando mentalmente) si avviò verso la scrivania; s'aspettava di trovare le solite scartoffie, le usuali pile di pergamene già firmate o ancora da compilare e così, prendendo distrattamente il foglio di cui necessitava, lì sulla sinistra mentre lo sguardo cadeva sul calamaio, si stupì nell'avvertire una piccola opposizione.
Le iridi chiare si posarono immediatamente sulla Forza incriminata e fu allora che si rese conto del pacchetto. Rimase a fissarlo per qualche secondo, immobile come a volerne captare l’essenza ma la curiosità vinse ed il cuore, che già sapeva, accelerò quasi all’istante.
Le dita affusolate presero il biglietto tra le mani e con estrema delicatezza lo aprì; la destra andò alle labbra, soffocando una risata. Non solo Horus le aveva svelato l’entità del regalo ma era riuscito ad essere carino e a pararsi il fondoschiena con un’eleganza allucinante.
Scuotendo di poco la testa, aveva provato infine il bracciale e scoprì di adorarlo. Dimenticandosi per un momento dei suoi doveri, si alzò per avvicinarsi alla luce delle candele: le fiamme risplendevano su ogni singola scaglia intagliata e, nel suo insieme, l’intero monile rifletteva il calore rivelando la propria particolarità. Con la mano libera, strinse il polso che l’ospitava ed in quel preciso istante, sentì bussare alla porta. In un gesto puramente istintivo (ed alquanto infantile) le braccia corsero ad incrociarsi oltre la schiena come a volersi nascondere da un’imbarazzante e fragile situazione.

Avanti.
Asserì infastidita voltandosi verso il tavolo per raggiungere la sedia ed i suoi affari: avrebbe ringraziato a dovere Horus l’indomani.
Ti ho portato del tè caldo.
Nell’udire la sua voce, Emily si voltò verso di lui con l’ombra di un sorriso a bagnare il suo volto ma nel momento in cui lo vide lì, in controluce sulla porta con una tazza fumante tra le mani, il sorriso si spense per un istante ed il suo cuore perse un battito.
La voce di Matthew fece da eco a quella del Tassino nella sua mente ed il calore che prima l’aveva soltanto sfiorata la colpì con più forza. Girando lentamente intorno alla scrivania, attese che le si avvicinasse alzando verso di lui il polso nudo ma su cui riluceva il bracciale che le aveva donato. Le labbra si piegarono in un imbarazzante ma sincero sorriso e non fece in tempo a mordersi la guancia per via del rossore che sentiva colorarle le guance che il ragazzo già l’attraeva a sé regalandole un bacio.

Grazie per il regalo Ra, lo adoro.
Mormorò stringendolo un po’ di più rispetto al solito, cingendogli i fianchi mentre nascondeva il capo sul suo petto per qualche istante prima di rialzare il volto verso il suo ed annuire alla sua domanda.
Riprese posto sorridendo un’ultima volta mentre posava lo sguardo sul suo profilo illuminato dall’ennesimo lampo di luce.

Chissà se anche a lui dispiace strappare i fiori da un giardino, pensò mentre portava alle labbra la tazza calda e riabbassava lo sguardo non più triste sulle varie cartacce.
Era importante.
Doveva ricordarsi di chiederglielo.



Edited by Emily Rose. - 3/4/2017, 01:07
 
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