Wishing is not enough, Apprendimenti, Rowan Havilliard

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Nickness
view post Posted on 5/4/2017, 20:56




Narrazione | *Pensieri* | «Dialoghi» | "Citazioni"

Il British Museum si ergeva in tutta la sua classicità davanti alla figura di Rowan. Il timpano e il porticato di colonne scanalate sembravano immagazzinare la luce del sole e rigettarla tutto intorno: dall'esterno il museo appariva in tutta la sua rilucenza e bianca brillantezza. Tutti si concentravano sul contenuto del museo, pezzi inestimabili della storia babbana, ma per Rowan troppo spesso si dimenticavano che anche l'architettura, l'involucro esterno che conservava tale sapere, era anch'essa un'opera di altrettanto valore artistico. Si trattava senza dubbio di un'imitazione di un tempio greco e il giovane non poté non apprezzare il significato di una tale scelta artistica: l'arte della Grecia, l'antica culla del sapere perduto, rispolverata e riportata allo splendore come vero e proprio custode dell'intera cultura successiva, come colei che ha dato seguito a tutto e da cui tutto ha avuto origine. Poetico, eh? Raramente Rowan era capace di pensieri così profondi, ma ogni tanto la sua vena intellettuale riusciva a fuoriscire. D'altra parte, era cresciuto per una parte della sua vita nella Londra babbana e ad Hogwarts aveva sempre ottenuto buoni risultati in babbanologia. Ma non era qua per una visita turistica. Nossignore: era diretto alla biblioteca magica per imparare un incantesimo che aveva adocchiato qualche settimana fa su un vecchio libro di incantesimi: il cosiddetto incanto patronum. Forse un po' al di sopra delle possibilità di uno che si occupa di controllare scope magiche per vivere, ma tentar non nuoce, no? Magari nel luogo del sapere per eccellenza una qualche anomala intrusione di sapienza nel suo cervello sgangherato lo avrebbe portato sulla retta via. Già, sarebbe andata proprio così. Si immaginò il rassegnato facepalm di Atena, la Dea della saggezza, mentre lo guardava imprecare e strappare dall'Empireo tutti i santi, gli angeli e gli Dei perchè non riusciva a castare l'incantesimo. Far disperare una Dea rientrava sicuramente nei suoi obiettivi a lungo termine, già. Il pensiero non poté che provocargli un sorrisetto divertito, mentre con lunghe falciate e le mani in tasca si avvicinava all'entrata del museo. Attraversò l'Immacolata Great Court per poi dirigenti verso il centro, nella sala della lettura. Rintracciò il libro con la rilegatura porpora e scese la scala a chiocciola che era apparsa dal muro. Inarcò entrambe la sopracciglia e spalancò gli occhi per la sorpresa: una vastissima sala, colma di scaffali e di libri magici, si estendeva davanti al giovane. Le librerie erano disposte sui due lati del salone e si elevavano a tre, quattro piani in altezza, al centro un lungo corridoio, che permetteva di accedere alle corsie, era l'unico modo per districarsi tra l'enorme collezione di libri e manuali magici. Un goblin, seduto nella sua postazione a pochi metri di distanza da Rowan, vegliava con sguardo aguzzo e perentorio in ogni angolo della biblioteca che nessun libro uscisse dalla sua traiettoria. Minaccioso pensò Rowan mentre si avvicinava al goblin. Sbuffò, già immaginando la tiritera che lo aspettava: osservazioni della serie "Non disturbi, non mangi, non beva, rimetta a posto i libri che preleva, non occupi più di una sedia, non lasci incustoditi i suoi effetti personali, non scrivi sui banchi" e altre ovvietà che per chissà quale motivo i goblin si divertivano ad esplicitare. Ci manca solo che mi dicano che per pisciare devo recarmi alla toilette e giuro che me ne vado, pensò Rowan mentre con sguardo assente ascoltava le "regole e lo statuto della biblioteca magica" dal goblin. L'unica cosa che il suo orecchio carpì era che non fosse possibile smaterializzarsi e portare via un libro dalla biblioteca. Si allontanò dunque con un cenno della testa e un gesto evasivo della mano sotto gli occhi vigili del goblin. Si diresse nella saletta studio e si abbandonò distrattamente sulla sedia, appoggiando i piedi sulla scrivania e dondolandosi svogliatamente. Sfilò la bacchetta dalla tasca e puntò la bacchetta in direzione della porta che lo divideva dall'enorme biblioteca. «Accio...libro sull'Incanto Patronum?», urlò convinto la prima parola magica - il che gli fece quadagnare qualche occhiataccia dalle poche persone che riempivano la sala -, ma tentennò sul nome del libro da appellare. Non sapeva se esistesse un libro del genere - figuriamoci se si sarebbe scomodato per andarlo a cercare -, ma nel giro di una manciata di secondi un pesante libro squarciò l'aeree per precipitarsi, volando, verso la bacchetta di Rowan, o meglio, verso la sua faccia. Già, i riflessi del giovane tardarono ad attivarsi e il libro gli si schiaffò in pieno volto e con un tonfo ricadde sul tavolo. Accigliato, si massaggiò la guancia rossa, mentre sfogliava in cerca dell'incantesimo che voleva apprendere. Non c'era un motivo particolare per il quale avesse scelto di imparare questo incanto, si trattava solo di avere un qualche incantesimo di protezione che potesse giocarsi in situazioni critiche - se mai si fossero presentate. E, a dirla tutta, moriva dalla voglia di conoscere il suo patronus. *Che fosse una pantera, un leone? Un elefante?!* Certamente non si aspettava un piccione puzzolente. *Come fa un piccione a scacciare i dissennatori? Gli svolazza addosso ed espleta i suoi bisogni sul volto di quegli esseri?*

• 1° Tentativo:
Si sistemò sulla sedia e lesse con attenzione l'esecuzione dell'incantesimo. «per eseguire...è necessario concentrarsi su un ricordo felice...movimento semicircolare polso. Ricevuto». Afferrò la bacchetta, si alzò dalla sedia e si concentrò a fondo, scandendo il tempo con una serie di respiri. Il tempo sembrò cristallizzarsi quando con la mente andò alla ricerca di un ricordo felice: dovette scavare a fondo prima di raggiungere un momento di felicità. Pensò a quando aveva ottenuto i M.A.G.O. e aveva lasciato Hogwarts per intraprendere la sua carriera. Pensò alla felicità di non rivedere mai più i suoi compagni, quelle persone che l'avevano torturato per anni, per i quali provava rabbia e voglia di vendetta. Disegnò un semicerchio con la mano. «Expecto Patronum!». Il nulla. Neanche la nebbiolina argentea, simbolo di una pseudo-riuscita dell'incantesimo. Che avesse sbagliato qualcosa? «Fail numero uno. Andiamo così!». Ci riprovò.

• 2° Tentativo:

Rigettò una rapida occhiata sul libro spalancato. Strabuzzò gli occhi e riprese di nuovo la concentrazione. Tese la bacchetta verso un punto e cominciò a navigare nella memoria. Si ricordò di quella volta che aveva disarmato con abilità quell'odioso ragazzino tassorosso, che continuava a prenderlo in giro, e per avergli assestato un bel pugno in pieno viso, tanto da farlo ribaltare a terra. Quanto aveva goduto a vedere il bulletto a terra con il sangue che colava dal naso! Stava per saltargli addosso quando il docente di DADA lo interruppe e gli intimò "Niente mani, solo magia sir Havilliard". Fissò quel momento nella mente, lo mise a fuoco e, dopo un veloce movimento del polso, pronunciò con decisione: «Expecto Patronum!». Stavolta aveva fatto attenzione anche all'accento, ma il risultato era sempre un bello zero. «Evvai. Siamo a quota due fallimenti». Analizzò il problema e si rituffò in un altro tentativo.

• 3° Tentativo:
«...sensazioni positive...». Che forse ciò che pensava non fossero davvero sensazioni positive? Che fossero solo dei brevi attimi di felicità, derivate da azioni violente? Quando'è che era stato veramente felice? Quella volta in cui si era portato a letto la biondina che aveva incontrato nel bar? *Proviamoci ancora.* Abbassò le palpebre e si immaginò il momento intimo che aveva passato con Clary, la cameriera di un bar di Diagon Alley. Con un movimento roteante del polso, pronunciò l'incantesimo. «Expecto Patronum!». Un leggero fremito scosse la bacchetta e un breve sbuffo bianco fuoruscì dalla punta. *Non ci siamo ancora.*

• 4° Tentativo::

Ci ritentò, con lo stesso ricordo. Immaginò la cameretta della casa di Clary, il letto disfatto, le coperte aggrovigliate ai piedi del letto, due corpi nudi quasi complementari. Si concentrò su quella immagine, mentre cercava di correggere gli errori di movimento e di pronuncia. Roteò lentamente il polso, controllando che formasse una perfetta semicirconferenza. «Expecto Patronum!». Ma evidentemente non erano errori di esecuzione, perchè l'incantesimo sortì gli stessi effetti di prima: una breve vibrazione ed un pennacchio di fumo che si spense quasi subito. *A questo livello, sicuramente i dissennatori scapperanno a gambe levate!* pensò. Ma non si sarebbe fatto sconfiggere dall'ennesimo fallimento. Continuò con l'addestramento.

• 5° Tentativo:

Si sentiva leggermente stanco, ma sentiva anche di aver compreso il funzionamento dell'incanto. Aveva acquisito la manualità, ora mancava un ricordo davvero felice, non una qualche scappatella di puro piacere con una donna qualsiasi. Si concentrò sul periodo ad Hogwarts: tragico, sotto certi punti di vista, meraviglioso sotto altri. Come un cassetta degli anni '70, riavvolse il nastro della sua memoria fino alla sua prima cotta, all'età di 16 anni: si ricordò della prima ragazza che lo aveva considerato per quello che era, non per un stupido status di sangue: pensò ai suoi capelli, alla morbidezza setosa che avvertiva quando li toccava, al sapore delle sue labbra a contatto con le sue, al colore brillante dei suoi occhi. La amava? Forse. Ma con lei aveva passato dei momenti preziosissimi, custoditi gelosamente nella sua memoria. Si sentì pronto, questa volta. «Expecto Patronum!». La bacchetta vibrò impercettibilmente, una calda sensazione affiorò dalla sua memoria e si diffuse in tutto il corpo. Dei filamenti argentei uscirono dalla bacchetta e si avvilupparono in groviglio luminescente che si muoveva spasmodicamente nell'aria. «Bingo».

• 6° Tentativo:

Ormai, avrebbe dovuto capire come castare in modo completo l'incanto patronum. Si sciolse un attimo, si scrocchiò il collo e le dita e regolò il respiro. Abbassò le palpebre, flesse il braccio destro in avanti e strinse saldamente l'impugnature della bacchetta. Si liberò di tutti i pensieri per concentrarsi su un unico ricordo felice. Focalizzò il volto dai lineamenti sottili e giovanili, la postura, il suo accento leggermente francese, il suo nome. Isabelle, si chiamava. La pensò nell'aula di astronomia a lanciargli dei sorrisi che lo facevano sciogliere, ai suoi grandi occhi verdi che indagavano a fondo la sua anima. Si stava quasi per commuovere, ma si trattenne. Era ora di fare sul serio, si disse tra sè e sè. Spalancò gli occhi e con un movimento fluido e veloce della mano eseguì un movimento orario preciso. Un pensiero fece capolino nella sua mente: *l'ho amata, già*. Seguirono le fatidiche parole magiche: «Expecto Patronum!». Un tepore incredibilmente caldo e rilassante esplose nel suo cuore, una linfa che prese a scorrere irradiando ogni angolo del corpo. Era come avvicinarsi al sole senza bruciarsi, una sensazione che non aveva mai provato finora. Che si trattasse solo di auto convincimento o aveva davvero eseguito l'incantesimo, Rowan aveva comunque fatto riaffiorare alla memoria un ricordo davvero molto prezioso.

SI ATTENDE IL MASTER

Edited by Nickness - 5/4/2017, 22:14
 
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view post Posted on 6/4/2017, 17:19
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Il Fato

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Gli astri si erano allineati in perfetto ordine, nella metaforica volta celeste, in attesa che uno dei loro discepoli più curiosi confermasse l'inizio di danze senza fine. Quello non sarebbe stato un giorno qualunque, non sarebbe stato emblema di una routine senza capo né coda, non per ancestrali figure di Credi in parte dimenticati né, soprattutto, per Rowan in carne ed ossa. Una decisione era stata presa, un'intenzione era stata portata a termine. Nulla avrebbe vietato al corso degli eventi di esistere, nulla avrebbe frenato la volontà più sincera di colui che aveva offerto un tacito omaggio, anche solo attraverso un singolo e singolare pensiero, alla dea della Conoscenza. Fu lei, Atena, a risvegliarsi per prima da un torpore piuttosto nauseante. Le iridi grigie solcarono le nuvole, volarono in basso e avvolsero l'Orma di Rowan in uno sguardo attento, indagatore, ma non invadente. Mai lo sarebbe stato. Da parte sua, Minerva era curiosa. Non era stata chiamata la sua controparte - appena citata - romana, dedita alla strategia della guerra e allo studio di battaglie e duelli, non era stata contattata nel ruolo di stratega per aspiranti fortunati combattenti. Contrariamente alle sue aspettative, e non senza un pizzico di piacevole interesse, era stata la Saggezza della sua forma primordiale, origine dell'Antica Grecia, a destare la concentrazione del Mago in quell'atollo solitario del Regno Unito. E con la sua benedizione, nascondendo un sorriso, Atena alimentò la scintilla che Rowan aveva acceso con preciso desiderio nell'apprendimento di un nuovo peculiare Incantesimo. Sarebbe stato premiato, lo sarebbe stato veramente.

patronus1
Non fu necessario un dispendio di energie esagerato per giungere ad una conclusione piuttosto plausibile. Altri Maghi avrebbero specificato fin da subito l'importanza della scelta di un ricordo che fosse completamente ed assolutamente felice, fonte di gioia e di emozione allo stato puro, distinto da tutti gli altri per la sua natura così speciale. Piano piano, come un marinaio alla ricerca del mare più calmo da solcare con la propria imbarcazione, lo stesso Rowan attendeva di percorrere strade migliori in un progresso creativo che suonava come personale avvertimento, oltre che apprendimento. Da lontano, ma non troppo, l'invisibile eppure concreta presenza di Atena scrutava il presente con attenzione. Ad ogni prova, un dettaglio mancava e un altro veniva aggiunto.
Ad ogni esperimento, il potenziale cresceva per bene, fin quando i primi risultati danzarono in un vortice luminoso, sinonimo di una riuscita che profumava non di fortuna, ma di impegno e sollievo. Il ricordo era percepibile tra sorrisi, battiti del cuore e sentimenti intensi. Dalla punta della bacchetta magica, altri bagliori argentati si dissolsero rapidamente. Il primo accenno di un perfetto guardiano si formò, per un attimo una coda prese vita dalla luce, ma fu il buio a dominare ancora. Così come apparsa, la candida nebbia si disperse come cenere al vento. La memoria era tra le più intense, occorreva soltanto concentrarsi di nuovo sui movimenti necessari, gli stessi presi in esame fino ad un momento prima. Questione di decisione, come sempre.



La formula dell’incanto è “Expecto Patronum”, essa va pronunciata in seguito ad un movimento semicircolare del polso, eseguito in senso orario. [Manca quest'ultimo passaggio nel tentativo finale, un movimento che avevi seguito nelle prove precedenti, quindi sarà stata distrazione per l'ultimo caso. Ti chiedo allora un altro tentativo, tenendo conto anche del movimento sulla base del ricordo scelto, e ci siamo.]
 
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Nickness
view post Posted on 6/4/2017, 18:37




Quella piacevole sensazione si concretizzò in un bagliore argenteo, una prima forma di Pantrous, ma ancora non era sufficiente. Sentiva di essere entrato in una sorta di sintonia con l'incanto, con il patronus stesso, ma qualcosa era andato storto. «Dannazione» brontolò, mentre sfogliava distrattamente le pagine del manuale. Con il dito cercò le righe che spiegavano come lanciare l'incantesimo e le impresse a fuoco nella sua mente. Ripetè nella sua mente i passaggi essenziali: ricordo felice, movimento semicircolare del polso, formula magica. «Che Atena me la mandi buona». Si convinse che ce l'avrebbe fatta. Doveva farcela. Inspirò ed espirò, controllando che la sua mente forse in perfetto equilibrio. Ripensò allo sguardo di Isabelle, alla morbiba curva della sue labbra, a tutto ciò che la riguardava. Il tempo sembrò rallentarsi, quando con un movimento del polso disegnò un arco di semicirconferenza con estrema attenzione, partendo da sinistra per poi terminare a destra. Chiuse gli occhi e con una voce baritonale, come quando si grida un ordine e ci ci aspetta che venga rispettato, pronunciò l'incanto. «Expecto Patronum!». Il tripudio di sensazioni che la formula gli provocava era della stessa intensità di prima, ma stavolta avrebbe evocato con successo il suo patronus? Gli sembrava di aver eseguito correttamente tutti i passaggi, ma, ormai l'aveva sperimentato sulla propria pelle, la magia era imprevedibile.
 
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view post Posted on 7/4/2017, 11:59
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Il Fato

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Si trattò di secondi, non di più. Un'intensa quanto rapida riflessione, l'idea di dover ripercorrere un passaggio del tutto semplice, non dettato in alcun modo dall'incapacità emotiva, la prerogativa più importante per la riuscita dell'Incantesimo preso in esame; non fu necessario percorrere l'ennesimo procedimento fin dal principio, ripescando il libro che aveva permesso allo studio di divenire concreto, attirando la benevolenza della dea della Conoscenza. Tutto era chiaro, perfino l'errore sì piccolo da sembrare fonte di pignoleria vera e propria. Ma Atena non demordeva, né lo avrebbe fatto Rowan. Non c'era margine di compassione in un apprendimento, mai ci sarebbe stato. Perché se nel presente il giovane Mago ispirava lo spirito ancestrale e, al contempo, si lasciava ispirare dallo stesso, era pur vero che ovunque non sussistesse pericolo alcuno da far partorire un'offensiva legata ad un Patronus. Tale magia, di un livello così valido e alto da non essere guadagnato dalla maggioranza del volgo, non ammetteva alcuna reticenza, né nella forma, né nella realizzazione, né nell'intensità. Era un dato di fatto. Un fatto.

patronusdelfino

In principio fu un solo Ricordo. Tante sfumature, amabili incontri di pensieri tra pensieri, sensazioni che invitavano altri sentimenti profondi, mai nascosti definitivamente, ad un matrimonio degno di attenzione. Atena, che mai sarebbe andata via fin quando l'Adepto non fosse riuscito nel suo intento, ancora attendeva, ma sul suo diafano volto un sorriso già tingeva di rosso quelle labbra increspate da una pazienza infinita, tratto dominante nella sua stessa natura. Poggiò l'Egida nell'esatto momento in cui le fu chiaro - assolutamente chiaro - che il Guardiano di Rowan Havilliard fosse pronto a plasmarsi in un'autentica forma. Cosa avrebbe potuto il suo Orrido Scudo, emblema di Medusa, contro la potenza dell'amore, della felicità, delle memorie piacevoli? La nebbia si disciolse e i filamenti divennero compatti, più concreti di quanto non fossero stati per davvero fino ad un attimo prima. Si avvicinarono e allontanarono in una danza la cui origine era data dalla punta della bacchetta magica dell'Incantatore, fin quando fu del tutto evidente una coda, poi un corpo, infine un capo leggermente schiacciato in avanti, il muso sempre più simile ad un becco. Era un volatile, i Cieli avrebbero protetto per sempre quel Mago sì interessante? La conclusione non era ancora arrivata, poiché altre ali si stagliarono nette nel bagliore argenteo, fin quando il cetaceo non giunse alla Luce dalla Luce. Atena sorrise, non avrebbe potuto fare altrimenti; ancora una volta, lo scontro e l'incontro con Poseidone, dio dei mari, diveniva collante perfetto per un'altra persona, un'altra anima, quella di Rowan. Non solo il cielo, ma anche l'oceano avrebbe rappresentato la sua protezione migliore. Un salto verso l'alto, un tuffo verso il basso: un'onda che mai si increspava, che sempre avrebbe rappresentato un confine che Rowan, rispetto ad altri, avrebbe saputo e potuto varcare senza ferirsi. Lui che si sentiva fallato avrebbe dunque potuto sentirsi rinato. Il Delfino brillò intensamente, solleticando le mani del Mago, il rostro - quel muso sì lucido e divertente - a carezzare il petto di colui che l'aveva chiamato e richiamato, rendendolo un simbolo strettamente personale più di quanto creduto. Un movimento della coda nell'aria sì chiara e il Patronus sparì in un ultimo forte bagliore, certo da quel momento di ritrovare sempre la strada dal cuore di Rowan.

Ottimo lavoro, bravo.
Incantesimo appreso, puoi aggiungerlo in scheda.
 
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