O Ermione. Odi?

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view post Posted on 26/4/2017, 12:12     +12   +1   -1
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entropia.

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La pioggia nel pineto


Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove su i pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t'illuse, che oggi m'illude,
o Ermione.

Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitío che dura
e varia nell'aria
secondo le fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
nè il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancóra, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immersi
noi siam nello spirto
silvestre,
d'arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.

Ascolta, ascolta. L'accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall'umida ombra remota.
Più sordo e più fioco
s'allenta, si spegne.
Sola una nota
ancor trema, si spegne,
risorge, trema, si spegne.
Non s'ode voce del mare.
Or s'ode su tutta la fronda
crosciare
l'argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.
Ascolta.
La figlia dell'aria
è muta; ma la figlia
del limo lontana,
la rana,
canta nell'ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.

Piove su le tue ciglia nere
sìche par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le pàlpebre gli occhi
son come polle tra l'erbe,
i denti negli alvèoli
con come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
(e il verde vigor rude
ci allaccia i mallèoli
c'intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri vólti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m'illuse, che oggi t'illude,
o Ermione.





Lp0CpFv

Edited by Trhesy - 30/11/2019, 21:11
 
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view post Posted on 30/4/2017, 22:06     +8   +1   -1
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(Firenze, vista da piazzale Michelangelo)


Andare a Firenze implica un vero e proprio atto di fede. Parti con la consapevolezza di sfidare le leggi del tempo e dello spazio e di perdere la cognizione di te stesso. Tra le vie chiassose e gremite, gremite e chiassose, riscopri il sapore della bellezza che fu e di una bellezza che ancora è; e più ti addentri più sprofondi in uno stato di letargia riflessiva. E' un andirivieni continuo tra veglia e incoscienza. Sotto il chiarore di un cielo cangiante, a tratti percepisci lo scalpicciare tumultuoso dei turisti a Piazza del Duomo, i sospiri di stupore davanti alle vetrine di Ponte Vecchio, il fruscio delle gonne delle ragazze in via dei Calzaiuoli, i mugugni soddisfatti davanti a un cono di gelato preso da Venchi, le risatine di fronte alla statua del David, la carezza prepotente del sole sul Lungarno, il fruscio del vento tra i cespugli del roseto inglese sotto a piazzale Michelangelo; a tratti, invece, sei così estraneo a tutto ciò che ti circonda da non renderti neppure conto della direzione dei tuoi passi. E io la vedo tutte le volte, Firenze, vecchia Signora austera, che sorride con la grazia consapevole dei suoi anni. Lei che sa tutto.

La verità è che la parte più dura dell'andare a Firenze non è scoprirla, ma lasciarla. Mentre ascolti il fischio del treno seduto in carrozza e osservi la linea gialla sul marciapiede scorrere attraverso il finestrino, una sola certezza balena nella tua mente coi contorni di una frase: "Tornerò presto, tu aspettami".
 
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view post Posted on 30/4/2017, 22:57     +1   -1
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CITAZIONE
Andare a Firenze implica un vero e proprio atto di fede.

Sapessi viverci...
 
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view post Posted on 30/4/2017, 23:03     +1   -1
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Me ne hanno parlato, Leo. Infatti, quanto a vivibilità, preferisco Pisa. Però, la bellezza che c'è a Firenze non si può definire. ♥
 
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CITAZIONE (~ Nieve Rigos @ 8/5/2017, 20:50) 


''Dietro le frasche si sta più freschi'' :*-*:
 
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"Io vi ho salvati. Ho salvato questa città e le vostre misere vite. Avrei dovuto lasciare che Stannis vi uccidesse tutti. Sì, padre, sono colpevole. Sono colpevole. E' questo che vuoi sentire, non è così?"

"Ammetti di aver ucciso il re?"

"No, di quello sono innocente. Sono colpevole di un crimine di gran lunga più abominevole. Sono colpevole di essere un nano. Per questo, sono sotto processo da una vita. E non ho nulla da dire in mia difesa, se non questo: non sono stato io. Non ho ucciso Joffrey, ma vorrei averlo fatto. Veder morire quel piccolo, viscido bastardo mi ha provocato più godimento di mille puttane. Vorrei essere il mostro che pensate io sia e vorrei avere abbastanza veleno per tutti voi. Darei la mia stessa vita per guardarvelo prendere. Ma non darò la mia vita per l'omicidio di Joffrey. E, poiché so che non otterrò alcuna giustizia qua dentro, lascerò che siano gli dei a decidere la mia sorte.
Chiedo un duello per singolar tenzone."




Tyrion Lannister

 
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Una delle mie scene preferite
 
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Lui, per me, è proprio al di sopra di tutto. E l'attore è di una bravura immensa. Nel rivedere la scena, a stento stavo seduta. Alla faccia di quella becera di Cersei!
 
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Il bello è che è fedelissimo al libro.
 
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La scena, Tyrion o entrambi?
 
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La scena.
Martin ha detto che Peter è diverso da Tyrion.
 
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Ho i lombi in fiamme. :wub:

 
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Succede. Succede che, una sera, esci senza avere nessun programma prestabilito, senza avere troppe aspettative, senza partire dal presupposto che "o così, o niente". Siete solo tu, una manciata di persone con cui ami trascorrere il tempo e la disposizione d'animo giusta a qualsiasi cosa. Letteralmente qualsiasi. Allora, succede anche che, nel bel mezzo di una passeggiata, decidi di entrare in un locale cui non daresti un ninnolo e che, per pura benevolenza del karma, ti regala una di quelle gioie inaspettate che vengono da sé. Ti ritrovi, così, trascinata in un turbine di musica, risate e balli che rompe le regole dello spazio e del tempo senza che tu ti renda conto dei minuti che passano. Balli per 4 ore, incessantemente, con tutto ciò che questo comporta: dolori muscolari, incontri del terzo (ma anche del quarto) tipo, canti a squarciagola, proposte indecenti, oggetti che volano e ricerche a gattoni con la torcia. Esci di lì e il cielo ha quella sfumatura di blu scuro che tende già all'azzurro del mattino, ma, ehi, fare nottata in quella che oramai è la tua città significa sgabeo caldo. Quindi, attraversi il centro storico abbracciata agli altri a formare un'unica, traballante muraglia in cui tutti tentano di coordinare i movimenti agli altri ma finisce sempre che il rischio di cadere tutti in terra si ripresenta ogni dieci metri. Quando esci dalla panineria, devi attraversare tutta un'altra metà del centro storico con immutata difficoltà. Sotto il cielo che comincia ad albeggiare, ridi discutendo degli incontri fatti in quelle 4 ore passate a ballare, ridi nel renderti conto che ricostruire la nottata è come mettere insieme i pezzi di un puzzle mentale che si completa a suon di risate e "Ma io questo non me lo ricordo proprio!". Per un attimo, accarezzi l'idea di andare a vedere il sole che sorge in spiaggia, poi la stanchezza ha la meglio e torni a casa, non prima, però, di aver improvvisato una partita di pallavolo nella strada deserta davanti casa. Si va tutti a dormire a casa tua ovviamente, che lo sanno tutti che è un porto di mare, centro di accoglienza per chiunque voglia passare e divertirsi con poco.

L'indomani mattina arriva una frase a riassumere il tutto, pronunciata da uno dei ragazzi che ha sul viso quel sorriso ebete che ti rimane in volto quando la vita ti sorprende con una dose di felicità inaspettata e non riesci ancora a crederci: "Ieri sera, guardavo te, guardavo gli altri e vi vedevo felici... Ed ero felice nel vedervi così felici!"

Anch'io, Daddà. Anch'io.

 
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view post Posted on 25/6/2017, 14:58     +1   +1   -1
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Un giorno, smetterò di essere il giudice più severo che potessi mai incontrare lungo il cammino. Smetterò di vedere riflesse negli altri le aspettative che io sola posso impormi, così alte e frustranti che, perfino quando le soddisfo, sono talmente sfinita da non godermi la sensazione. Un giorno, metterò a tacere la vocina subdola nella mia testa che sussurra "onestamente avresti potuto fare comunque di più" o "ci hai pensato che forse hai avuto solo fortuna?". Oggi non è ancora quel giorno, decisamente. In compenso ho imparato qualcosa, negli ultimi anni: non importa quanto duri possano essere gli altri con me, perché non arriveranno mai a frustrarmi - anima e corpo - con la masochista solerzia che uso a me stessa nelle piccole e grandi cose.

"Ma qualcuno ti ha mai messo pressione? Ti ha mai imposto dei ritmi, delle scadenze? Ti ha mai detto che, se non le avessi soddisfatte, sarebbe successo qualcosa di brutto?"
"Comunque io la sento, la pressione. La sento costantemente. Sento la pressione di volermi migliorare, di voler fare quello che pare impossibile. Sento la pressione di spingermi oltre i miei limiti e la vedo negli altri, enorme e spaventoso promemoria di cosa mi manca e non di ciò che ho conquistato. La sento così tanto, la pressione, e la assecondo a tal punto che nessuno ha mai sentito il bisogno di mettermene dell'altra; anzi, direi che le persone attorno a me fanno a gara per aiutarmi a scrollarmene un po' di dosso. Ma a me non importa, non li vedo nemmeno! E' una corsa continua, la mia, alla conquista di cosa non lo so ancora. Ad ogni metro, non ho nemmeno il tempo di realizzare cos'ho raggiunto che alzo subito la levetta per raggiungere il livello successivo. Non so cosa conquisto, ma so esattamente cosa perdo."
 
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