Di luci e di ombre, Privata ~

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xmAvt5DIl gorgoglio delle bolle di sapone e lo scrosciare dell’acqua nella vasca erano gli unici rumori udibili all’interno del Bagno dei Prefetti. Dalle finestre filtrava la luce limpida del tardo pomeriggio, quella luce intensa che precede l’ora del tramonto.
Lì dentro tutto era quiete, pace e calma, ma nel resto del Castello non si poteva dire altrettanto. Era stata una giornata intensa e coinvolgente per tutti, per vincitori e vinti, per protagonisti e spettatori, per insegnanti e studenti. Erano rare le occasioni in cui il mondo veniva colpito da quell’euforia inebriante di cui il Quidditch si faceva ambasciatore, e quando accadeva, quel fiume in piena travolgeva tutti quanti, nessuno escluso.
Eloise era appollaiata sul bordo della vasca, accucciata sui piedi, le mani che cingevano i polpacci. Indossava ancora la divisa di Tassorosso, e osservava la lenta formazione delle bolle di sapone, i loro ghirigori biancastri, la loro bellezza immacolata. Aveva passato i cinque minuti precedenti a indovinare quali fragranze potessero abbinarsi, e a fare tentativi astrusi.
La verità era che aveva cercato di distrarsi dagli accadimenti di quel pomeriggio, ma la sua aria sconsolata e il suo sguardo perso nel vuoto lasciavano intendere quanto fallimentare fosse stato quel tentativo.
Le scene di poche ore prima le attraversavano la mente a tradimento, e non riusciva a fermare il cervello e la sua costante ricerca di finali alternativi, di scelte auspicabili e di margini di miglioramento. Quanto avrebbe voluto fermare Daddy con un commentino circa il non detto tra lui e Niahndra! Quanto avrebbe gioito di arrivare a supporto di Horus quando i Bolidi si erano avvicinati! Quanto le sarebbe piaciuto arrivare un istante prima, per mandare la Pluffa dritta dritta nell’anello centrale!
Eppure non ce l’aveva fatta: ancora si rivedeva lì sul campo, a preparare il tiro e sentire il fischio definitivo interrompere la sua azione. Si era voltata, l'aspettativa brillante negli occhi, alla ricerca di Mya con il Boccino in mano, ma si era trovata le sue speranze distrutte da quel pulcino Corvonero che, esultante, aveva decretato il risultato della partita. La Pluffa - ancora nelle sue mani - era stata scagliata con violenza al suo obiettivo di poco prima, andando a segnare proprio in quell’anello a cui aveva puntato. Come uno scherzo di cattivo gusto architettato nel momento sbagliato.
Si era limitata a fare quanto le era richiesto: strette di mano con gli avversari, congratulazioni digrignate a denti stretti, discorso di consolazione alla Squadra. Aveva ancora lanciato uno sguardo a Horus per assicurarsi che non ce l’avesse con lei per la sua prima prestazione come Vice-Capitano e si era allontanata senza guardare in faccia nessun altro.
La vergogna era ardente e lei aveva bisogno di sbollire. Come temeva prima di salire sulla scopa, si era sentita calare addosso tutta la responsabilità della disfatta, e certo quello non era un esordio degno di nota come Vice. Quando erano Mya e Horus a tenere le fila della baracca le cose andavano decisamente meglio, e se c’era un meccanismo non funzionante, quella era lei.
Non pensava che lei e la sua squadra avessero giocato male, ma sentiva che avrebbero dovuto dare di più, avere più lungimiranza, e magari accanirsi come avevano fatto i Corvi. Comportarsi con educazione - come loro Tassi erano soliti fare - forse non avrebbe giocato a loro favore, alla lunga. Si chiese come avrebbe fatto a guardare in faccia Niko, Daddy e gli altri: si era già pregustata il momento in cui avrebbe rinfacciato loro la vittoria, ma purtroppo quel momento non sarebbe mai arrivato.
Infastidita da quei pensieri e dal progressivo intorpidimento degli arti inferiori, Eloise cambiò posizione, mettendosi a gambe incrociate. Nel suo passaggio attraverso le finestre, la luce morbida che arrivava dall’esterno creava dei lunghi solchi di ombre intervallati da strisce luminose. Quando questa incontrava la superficie dell’acqua e le bolle creava piccole scintille brillanti, dando a quella stanza una parvenza di pace ultraterrena. Se non fosse stata attanagliata dall’esito della partita, la rossa si sarebbe lasciata andare alla gioia suscitata da quello spettacolo, ma in quel momento non c’era spazio per la spensieratezza: il peso e la responsabilità degli eventi gravavano su di lei. Forse solo un buon bagno sarebbe stato capace di metterle a tacere.
Era raro, se non impossibile, vedere Eloise da quelle parti. Andare fin lassù solo per lavarsi era estremamente scomodo, ma in quell’occasione sarebbe stato perfetto rimediare un po’ di solitudine e cercare di far sbollire il bruciore della sconfitta. E se c’era una cosa, seppur piccola, che riusciva ad apprezzare in quel momento, erano le grandi finestre di cui la Sala Comune Tassorosso era sprovvista: le permettevano di ricordarsi che fuori c’era un mondo intero che si muoveva per tanto altro; che c’era gente che lottava per cose molto più importanti; che forse, alla fine della storia, un dormitorio in una delle Torri non le avrebbe fatto schifo.
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Sfinita come mai prima di allora, Amber si era appisolata su una poltrona in Sala Comune, dopo essere letteralmente fuggita dalla partita di Quidditch. Solo il vociare fastidioso di un'intero branco di tassi, di ritorno dal Campo riuscì a svegliarla e renderla cosciente della situazione. Non doveva essere passato molto tempo, ma non aveva programmato di chiudere gli occhi. Il piano originale era semplice: arrivare in Sala Comune, recuperare un libro, trovare un angolo di pace. Ma erano due notti che non dormiva bene, gli incubi che fin dal piccola l'aveva perseguitata, erano tornati più in forma del solito ed avevano iniziato a coinvolgere via via sempre più persone a lei care, mandandola letteralmente ai matti. Quel pisolino, dopo la fuga dagli spalti, era la cosa migliore che le era capitata in una settimana, ed ora si era conclusa, come sempre. Come tutto. Infossata nella comoda pelle chiara che ricopriva la seduta, riusciva a percepire il torpore piacevole che l'aveva avvolta, allontanarsi, risvegliando di nuovo i suoi sensi. Con un certo disappunto osservò i compagni prendere posto ovunque, ed iniziare conversazioni animate su bolidi e pluffa, mentre lei aveva ancora il libro di Erbologia aperto e poggiato al petto. Sbuffando, scivolò fuori dall'abbraccio morbido che l'aveva accolta, quasi tentata dall'idea di proseguire quel momento tranquillo, in dormitorio. Ma si rese presto conto dell'impossibilità di prolungare quel piano: anche il dormitorio era pieno. Vi entrò solo per posare il libro e controllare che la divisa non si fosse eccessivamente sgualcita, prima di uscire nuovamente in fretta e furia. Dove avrebbe potuto trovare un po' di pace? Tempo addietro la risposta sarebbe stata più complessa, e forse si sarebbe trovata a vagare per il Giardino, ma da un paio di anni aveva le chiavi di un posto assolutamente perfetto: il Bagno dei Prefetti. Ogni qualvolta sentiva l'urgente necessità di liberare la mente dal peso che vi caricava, si trovava a scegliere le giuste scale per raggiungere il Quinto piano. Non sempre quel posto era vuoto, a volte vi aveva trovato altre colleghe, ma quel giorno sperò di non dover intrattenere una conversazione con nessuno. Il limite della sua sopportazione era stato superato talmente tante volte negli ultimi tempi, che quasi si era chiesta se fosse bene spostarlo. Nel dubbio, però, i nervi avevano iniziato a saltarle sempre più spesso. Consapevole di portare con sé un'aura totalmente inadatta, senza pensarci due volte, superò l'ingresso e si lasciò i sotterranei alle spalle. Non volle ragionare troppo sul percorso da compiere, non sarebbe servito a molto, e forse percependo la facilità con cui avrebbe castato la prima fattura possibile su chiunque l'avesse fermata, nemmeno Pix osò interferire con il suo cammino. Scelta saggia, per la prima volta! Davanti alla porta si assicurò di non essere sentita ne udita, precauzioni necessarie perché nessuno tra i "non addetti ai lavori" s'intrufolasse in quel luogo riservato a pochi. Non era realmente lì per fare un bagno, in effetti, aveva portato con sé il libro di Erbologia per ripassare senza alcun impegno l'ultima lezione sulle proprietà della Belladonna, e sfogliare le pagine di quel volume alla ricerca di qualcosa di forse più interessante. Insomma, quel che andava cercando non era altro che un po' di tranquillità, ma il fato non le avrebbe concesso niente di simile. Quando la porta si aprì, il suo sguardo corse rapidamente verso il bordo della grande vasca, già ricolma di bolle di sapone ed acqua. C'era qualcuno, e non si trattava di una persona qualunque. Girata di spalle, con la chioma di un rosso inconfondibile e la divisa di Quidditch con il numero 9, c'era Eloise. Il primo pensiero di Amber fu quello di voltare i tacchi, maledire l'universo ed uscire... ma aveva già fatto rumore e non poteva evitare la sua collega così impunemente. La verità alla base di quegli strani e scostanti desideri, era che da più di un mese di sentiva tremendamente in colpa. L'ultima volta che avevano parlato sul serio, era andata malissimo ed il tutto si era concluso con lei che se andava lasciando Eloise nel bel mezzo del giardino, senza risposte. Da quel momento in poi tutto era stato strano, sguardi strani, parole strane, perfino gesti.. strani. Ma forse era stato il karma a portarla lì, forse era il giunto il momento di sistemare gli equilibri. «Eloise... non pensavo di trovarti qui.» Scelse con cura quelle prime parole, doveva sondare il terreno. Ognuna aveva qualcosa per cui non essere felice quel giorno, ma se la rossa non l'avesse voluta lì, lei se ne sarebbe andata, probabilmente.


“Never ruin an apology with an excuse.”


Edited by ˜Serenitÿ - 5/5/2017, 20:33
 
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xmAvt5DBolle di sapone delle dimensioni più svariate avevano iniziato a gravitare attorno alla testa di Eloise, pensieri talmente gravosi da dover uscire dalla sua testa per poter essere sopportati. Era stata lei a generarle: immergeva la mano nell’acqua, la insaponava e faceva nascere delle sottili membrane di sapone tra pollice e indice, dischiudendoli pian piano. Ci soffiava dentro per gonfiarle e a ognuna di esse associava un pensiero, un’angoscia, una preoccupazione. C’era la bolla del goal mancato, la bolla del secondo Bolide su Horus e la bolla del ritardo per arrivare in supporto a Gwen. Vivevano di vita propria, e portavano lontano la pesantezza dei pensieri.
Lo scatto della porta non sfuggì alla sua attenzione, ma prima di voltarsi in quella direzione terminò la bolla dedicata alla scarsa velocità del recupero finale. La osservò un istante ondeggiare e librarsi nei pressi del suo naso e finalmente si girò verso il visitatore inaspettato. Non aveva idea di quanta gente frequentasse il Bagno dei Prefetti, ma la sola ipotesi che potesse trattarsi di un Prefetto Corvonero la fece rabbrividire. Terminando la rotazione di collo e spalle, si maledì per non aver chiuso a chiave.
La figura che stava alla porta era forse quella che meno si sarebbe aspettata di vedere da quelle parti, ma il solo fatto che il suo ruolo non avesse a che fare con il Quidditch la predispose ad affrontarla con serenità. Non che negli ultimi tempi le cose tra loro fossero state rose e fiori: Amber era - se possibile - diametralmente opposta a lei, ed Eloise aveva pagato questa consapevolezza a caro prezzo.
Dallo sfortunato episodio in giardino Eloise aveva rimuginato molto sulle dinamiche di quello scambio e, sebbene in un primo momento le sue azioni erano state guidate da un entusiasmo del tutto spontaneo, da allora non era più riuscita a interagire con la compagna con la stessa genuinità. La verità era che non aveva idea di come Amber la pensasse e, per quanto ne sapeva lei, era possibile che non avesse più voglia di fare dei passi nella sua direzione, che non avesse intenzione di esserle amica. Non sapeva se il problema era in lei, in Eloise Lynch e nel suo modo di fare, o se fosse semplicemente il suo approccio alla vita; se le capitasse di raccontare agli altri ciò che le succedeva o se tirasse su il muro come aveva fatto con lei. E di questo proprio non si capacitava: come riusciva a vivere dei rapporti senza svelare delle fette di sé, dettagli che andassero al di là delle chiacchiere da corridoio? Oppure era lei ad aver toccato un tasto dolente, un argomento capace di farla scattare, una ferita aperta? La questione era semplice: Eloise si augurava che ci fosse una persona al mondo a cui Amber concedesse la confidenza, perché altrimenti c’era da uscire pazzi.
Da allora, le due non avevano fatto altro che interagire solo nei momenti in cui era strettamente necessario, come i doveri di Prefetto o le questioni di Casata. Eloise doveva ammettere di avere fatto il possibile per evitarla: temeva di risollevare la sua collera o dover giustificare le sue azioni. In ogni occasione aveva contribuito affinché gli scambi fossero ridotti al minimo, ed evitava il suo sguardo il più possibile. Ricordava chiaramente un’occasione di qualche sera prima, quando con la Squadra stavano sui divani in Sala Comune a ripassare le tattiche. Le era uscita una delle solite battute - non ricordava neanche riguardo a cosa - ed erano scoppiati tutti a ridere in maniera molesta. Gli schiamazzi avevano richiamato lo sguardo di Amber, che leggeva poco più in là, e - nel momento in cui i loro sguardi si erano incrociati - Eloise si era irrigidita, il sorriso congelato sul volto. Non voleva che Amber pensasse che stessero ridendo di lei, ed era tornata alle tattiche in maniera repentina: aveva usato il Quidditch come strumento per escludere tutto il resto. Strumento che, ora, era fallito miseramente.
Le parole che la bionda le rivolse non fecero trasparire nulla di ciò che provava, anzi, non sarebbero potute essere più sibilline. Forse con quel suo modo di fare Eloise aveva superato un confine invalicabile, un punto di non ritorno. Forse aveva rotto un vaso che non poteva essere riparato. «I perdenti dovranno pur nascondersi da qualche parte…» Non c’era acidità né polemica nelle sue parole, ma solo la cupa amarezza di chi è rimasto deluso.
Dischiuse pollice e indice della mano sinistra e ci soffiò dentro, affidando a quella bolla tutta la tristezza provata per come le cose tra lei e Amber si erano evolute. Forse, grazie a quell’incontro fortuito, avrebbe almeno avuto l’occasione di capire qualcosa in più.
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view post Posted on 8/5/2017, 13:39
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Non poteva ammetterlo, perché la sola ammissione avrebbe fatto di lei una persona pessima, ma aveva evitato Eloise il più possibile, dalla discussione in giardino. Eccezion fatta per quelli che erano i loro doveri, Amber si era tenuta particolarmente alla larga dalla rossa. Già solo incrociando per sbaglio il suo sguardo, sentiva un nodo stringere lo stomaco, ogni volta con più intensità. Era il senso di colpa a governare quelle sensazioni e non avrebbe ceduto lo scettro a niente altro. Evitare le persone era un'attività in cui poteva dirsi particolarmente ferrata, già alla fine del primo anno sapeva bene dove andare a nascondersi per trovare un po' di pace e forse per quello non le era difficile trovare i primini che si imboscavano nel tentativo di non venir puniti. Ma quello che poteva sembrare un vanto, non lo era. Se da piccola si allontanava per l'incapacità di comprendere determinate situazione, una volta cresciuta aveva imparato ad allontanarsi proprio perché sapeva esattamente cosa avrebbe dovuto fare ma non riusciva a farlo. Con Eloise era andata proprio così, sapeva di doverle delle scuse e sapeva che avrebbero dovuto essere sincere, ma non aveva idea di come improntarle. Purtroppo non avrebbe potuto scusarsi senza spiegarle almeno il perché quel particolare argomento avesse innescato quella reazione, e non era pronta per farlo. Inizialmente aveva incolpato la rossa per la curiosità eccessiva che le aveva fatto superare un confine pericoloso, oltre il quale aveva trovato l'esercito nemico armato e pronto a combattere ancora dalla fine del Ballo di fine anno. Non poteva nemmeno definire "discussione" quella che avevano avuto loro due, perché Amber non aveva dato il tempo ad Eloise di replicare, aveva chiuso il discorso come le era sempre stato insegnato e sul momento le era sembrata la cosa migliore da fare. I giorni però erano passati e tra una lezione di Alchimia ed un paio di gite al Villaggio, il divario tra le due era aumentato tanto da sembrarle ormai impossibile da superare. Ma la cosa che non si era mai chiesta, era un'altra: voleva farlo? La sua vita al Castello, così com'era, con pochi conoscenti e rari amici non le dispiaceva poi tanto, dunque perché crucciarsi per Eloise? Fu però lo sguardo della stessa tassina a rispondere. Si, voleva ricucire lo strappo con lei, perché la vivacità che sembrava non fermarsi mai, nella ragazzina, era esattamente quello di cui una statua come lei aveva bisogno. Forse si trattava di egoismo, ma non era certa fosse solo quello. In fondo sentiva di volere un appiglio, un qualcuno che potesse sdrammatizzare e scomporre i suoi problemi, renderli meno gravi. Nessuno, al Castello, ci sarebbe mai riuscito meglio di lei. Però non poteva pretendere che questo accadesse senza muovere un passo. Dopo quello che - appositamente - era stato un saluto sterile, Amber rimase in attesa, a qualche metro da Eloise, quasi volesse chiederle il permesso di avvicinarsi. Qualcosa non andava, l'energia della tassina si era esaurita con il Quidditch? Poteva una partita persa fare tutti quei danni? La rossa sembrava... spenta. La concentrazione era rivolta solo alle sue bolle di sapone e nell'ultima poté quasi vedersi riflessa. "Perdenti", credeva di rientrare in quella categoria? Certamente l''altra si riferiva alla partita persa, ma anche Amber avrebbe potuto far propria quell'espressione, per altre ragioni. Contrariamente al solito, quella volta sembrava lei l'erumpent intento a camminare in una vetreria. La bionda sapeva di non essere molto capace nel sollevare il morale a qualcuno, aveva conosciuto più dolori che gioie, ma proprio per quello, quando si trattava di comprendere la sofferenza ed iniziare ad elaborarla, lei si sentiva nel suo campo. Non era nota per mostrare empatia, ma quella correva nel suo sangue, doveva solo trovare qualcuno per cui valesse la pena spenderne qualche goccia. Doveva provare con Eloise, voleva realmente capire se poteva essere utile in qualche modo. Fece un passo oltre e posò il libro di Erbologia su uno scaffale, si sedette lentamente a bordo vasca, incrociando le gambe per non sfiorare la superficie umida. Con lo sguardo rivolto verso uno dei tanti disegni di quelle vetrate, rifletté su cosa dire, prima di procedere con la stessa cautela di poco prima. « Mi dispiace, Eloise. » Tre parole, totale sincerità. Le dispiaceva per una serie di fattori, ma li avrebbe specificati solo dopo aver capito a cosa Eloise avrebbe associato quelle parole. Al Quidditch o ... a loro due?


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xmAvt5DEvitare di guardare Amber negli occhi era la soluzione vincente per non dover avere a che fare con il senso di pietà o il dispiacere che si sarebbe potuto disegnare sui suoi lineamenti. Non sapeva se avrebbe mai trovato compassione, né se la bionda ritenesse il Quidditch un evento degno di nota, ma per evitare qualsiasi fraintendimento si costrinse a guardare con ostinazione le vetrate colorate. Per lei il Quidditch significava moltissimo: era un bel modo - forse l’unico che esulava dallo studio - per portare gloria alla nobile Casata di Tassorosso, un modo per dimostrare il loro valore e la loro abilità di fare squadra. Cedere lo scettro ai Corvi era come essere costretti a riconoscere la loro superiorità in quello: e lei non riusciva a concederselo, né riusciva a giustificarsi con un semplice “dai, è stata solo una partita”. «Ci rifaremo, prima o poi...» Borbottò tornando a guardarla mentre appoggiava il libro su uno scaffale e si avvicinava alla vasca. Con quelle parole chiuse il discorso Quidditch in un angolo circoscritto della mente, almeno finché Amber fosse rimasta nei paraggi. Qualsiasi parola spesa a riguardo sarebbe stata superflua, e l’unico modo per consolarsi sarebbe stato sviscerare le tattiche con Horus o qualche altro compagno di Squadra. Tutto il resto sarebbero state parole buttate al vento.
Per quanto ci fosse rimasta male per il casino successo il cortile, ora si rendeva conto di quanto le dispiacesse non aver più avuto a che fare con Amber. Benché fosse una ragazza parecchio tranquilla e di poche parole, una temperanza opposta alla sua, in sua compagnia la Hydra era sempre stata gioviale e coinvolta: le risate che si erano fatte poco prima della discussione in giardino erano ancora vivide nella sua mente, e quella non era certo stata l'unica occasione. Forse Amber non era il tipo da darle corda nelle sue crociate più assurde, ma era un punto di riferimento per la Casata. E con il tempo Eloise avrebbe imparato che l'affidabilità era una caratteristica fondamentale per la costruzione di qualsiasi cosa.
Ingenuamente, Eloise non coglieva tutte le sfaccettature di quel rapporto, né aveva completamente compreso la dinamica del loro litigio. Sempre che si potesse chiamare così. Non era mai stata abituata ad alzare muri e la sua vita, semplice e serena, non gliel'aveva mai richiesto. Non capiva come si potesse rinunciare a condividere una cosa bella è riteneva l'insistenza il modo giusto per sbloccarla, almeno fino a quel benedetto giorno. Ora si era dovuta ricredere, aveva immaginato che ci fosse qualche realtà proibita attorno al rapporto con quel cavaliere sconosciuto. Forse pensava che dando voce alle sue storie queste avrebbero perso quell’alone magico? Eloise aveva capito che non erano fatti suoi e non sapeva se mai avrebbe avuto il coraggio di risollevare la questione, ma non aveva potuto trattenersi dall’azzardare le supposizioni più assurde. La più gettonata in assoluto era quella che vedeva il cavaliere come avido ricattatore che teneva la famiglia di Amber in ostaggio e che li avrebbe liberati solo una volta ottenuta la sua mano.
La rossa scosse la testa, allontanando quei pensieri a forza. La sostanza era che non le importava nulla di sapere i fatti, ma le piaceva conoscere Amber più a fondo. E se mai i pezzi fossero tornati al loro posto, avrebbe saputo darle gli spazi che le spettavano? Sarebbe riuscita a rispettare i suoi confini? Certo era che la disponibilità a mettere in discussione il suo terreno sicuro era una caratteristica che le si addiceva. E forse era quella l’occasione per metterla in atto.
Per quanto triste, frustrata e in difficoltà, pareva impossibile mettere a tacere la sua natura, sopprimere i suoi istinti naturali. Stava per dare voce ai suoi pensieri solo per riempire quel silenzio, tirar fuori una battuta generica solo per vederlo esplodere come bolla di sapone. Ma per una volta riuscì a frenarsi, a mordersi la lingua, a riconoscere la delicatezza del momento e dare il giusto tempo alle cose. Dopotutto, era Amber che l'aveva piantata in asso in cortile, e ora era lei ad aver deciso di rimanere. A mettersi in gioco a tal punto da sedersi sul bordo della vasca. La battuta era pronta sulla lingua, ma questa volta avrebbe imparato ad attendere, a lasciare agli altri, ad Amber, lo spazio di cui aveva bisogno.
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Era brava, Amber, a darsi la colpa di tutto. Era sempre stato facile per lei trovare pecche o errori in tutto ciò che faceva, o almeno così era stato per i primi anni. Poi si era evoluta, era passata dal denigrare ogni cosa, all'approvare gli slanci.. e via via aveva affinato i suoi giudizi, affilandoli come lame. Poche critiche, ma devastanti, che sempre più spesso si palesavano nell'esatto momento in cui trovava del buono in una sua stessa azione. Non si trattava di una semplice carenza di autostima, ma di un feroce lato critico che si era alimentato in silenzio, negli anni, ed ora una volta cresciuto a sufficienza aveva richiesto il suo posto in quello spazio ristretto. E mai si era giudicata tanto aspramente come quando aveva voltato le spalle ad Eloise. Se si fosse semplicemente trattato di un gesto puramente fisico, forse avrebbe potuto ricucire più in fretta lo strappo, la tassina dai capelli rossi non sembrava il tipo da serbare un infinito rancore, al contrario di Amber, ma lei era riuscita ad alimentare ogni giorno la distanza, deviando gli sguardi e spegnendo i sorrisi. Mentre gli occhi chiari cercavano quelli della compagna, gli altri sfuggivano, ed inseguirli, probabilmente, non sarebbe stato saggio. L'espressione triste che istintivamente aveva assunto, senza nemmeno rendersene conto, si specchiò in una bolla di sapone, finita troppo vicino a lei. Allungò una mano e distese l'indice, pronta a sfiorarla. Quando lo fece, quella esplose in un sordo "pop" ed una strisciolina di sapone si distese ai suoi piedi. Eloise - sostituibile in quella triste metafora con chiunque altro - creava, ed Amber distruggeva. La sua vita poteva facilmente riassumersi così, un'alternanza tra creatore e distruttore, a volte era lei il primo, ma spesso e volentieri il suo ruolo era quello del secondo. Si era chiesta a cosa Eloise avrebbe associato quel primo dispiacere, ed aveva immediatamente compreso come la sconfitta sul campo avesse colpito duramente l'altra. Per sua natura, difficilmente denigrava le passioni altrui, suo nonno collezionava lacci di scarpe e lei non si era nemmeno mai voluta chiedere il perché, e quando non ne trovava uno.. impazziva. Ma il fatto che quello sport avesse spento l'espressione gioviale della tassina, le strinse il cuore. Durò un attimo eh, una semplice stretta, ma sufficiente a ricordarle che lei aveva iniziato a tenere a quella testolina rossa più di quanto avrebbe immaginato. E no, non poteva permettersi di perdere il suo barlume di sanità all'interno di quelle mura. Un barlume con le lentiggini. « Non so se sia il momento giusto, e forse non lo è ma.. » Prese coraggio e parlò con estrema cautela, con tutta l'intenzione di non peggiorare lo stato già alterato di Eloise, mentre lentamente tornava a rivolgere la sua attenzione ai dipinti. Non voleva apparire pietosa e nemmeno trattarla con sufficienza, voleva solo tastare il terreno e capire se avesse un senso scusarsi davvero. C'erano state volte in cui aveva pensato a cosa dire e si era censurata da sola. A volte troppo dura, altre fin troppo morbida, passando per l'apatica. E forse, solo forse, poteva dire in quel momento di aver raggiunto il "giusto mezzo"? « Io.. »non era difficile, le parole erano proprio lì, sulla punta della sua lingua, ma era l'ignoto che sarebbe conseguito che tentava ancora di frenarla. « non avrei dovuto evitarti in questi mesi. » rilassò le spalle, ancora in tensione, mentre con la mano stringeva una caviglia, e con lo sguardo tornava a fissare le nuvole di sapone in quel mare piatto. « Non è stato bello e non avrei proprio dovuto. Mi dispiace. » Con una sincerità rara, si espresse, lasciando che il tono spiegasse da sé quanto in effetti fosse dispiaciuta. Non sapeva come avrebbe potuto reagire Eloise. Rispettando la ragazza, aveva scelto di non mentire, di non dirle che era stata solo colpa di una o dell'altra, così come non avrebbe detto di averla perdonata - perché sapeva che non sarebbe stata una sincera verità - espresse però quanto di più vero c'era: il suo dispiacere. Quello era reale, ma ci era voluto un po' per dargli un nome.


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xmAvt5DIl progressivo irrigidimento dei muscoli della schiena fu inevitabile, una volta sentita la frase di Amber. Le ci volle un istante per capire dove stava andando a parare, e non appena l’ebbe compreso la rossa passò dalla delusa rassegnazione dovuta al Quidditch alla preoccupata allerta di una bestia braccata da un cacciatore. Il suo corpo le diceva chiaramente di fare attenzione, perché quello in cui si stava inoltrando era un terreno minato.
In prima battuta aveva pensato che Amber avesse l’intenzione di riversarle addosso le sue colpe, di accusarla – la sua stessa coscienza non le dava tregua, dopotutto – e solo Merlino sapeva quanto Eloise temesse quella situazione. L’unica opzione valida sarebbe stata lanciarsi contro uno dei finestroni e lasciarsi cadere nel vuoto. Fu per questo che si ostinò a guardarle l'attaccatura dei capelli. Eppure la bionda non lo fece, anzi: manifestò il suo dispiacere nell’aver contribuito al congelamento dei rapporti, e lo fece con una maturità sorprendente.
Solo ora si rendeva conto che esisteva un presupposto da cui era sempre partita quando si immaginava come sarebbe finita quella storia: aveva sempre pensato che le cose sarebbero andare al loro posto da sole, che a valle di una battuta casuale lanciata lì Amber le avrebbe sorriso, le due avrebbero ricominciato a parlarsi e avrebbero fatto finta di niente per il resto dei loro giorni. Quella presa di iniziativa inaspettata, invece, le lanciava un chiaro messaggio, le diceva che lei e la bionda non erano fatte per un rapporto superficiale, per lasciare che le cose seguissero il loro corso indisturbate.
Questo non voleva dire che Eloise fosse pronta ad affrontarle. L’ingresso inaspettato di Amber, congiunto alla sua totale proiezione sulle questioni sportive, aveva fatto sì che si rendesse conto di cosa stava succedendo con un ritardo fatale. E visto che la situazione era da trattare con le pinze, non essere pronti ad affrontarla poteva risultare determinante.
«Sono io ad aver avuto la delicatezza di un Erumpent, ed è a me che dispiace…» Disse secca scuotendo la testa. L’origine del problema – a cui Amber non aveva fatto riferimento, ma che incombeva sulle loro teste come una nuvola di temporale – era una sua responsabilità. Ed era un peso che le gravava sulla coscienza da troppo, ormai. «Avrei dovuto dirtelo prima.» Il rammarico per aver perso tempo prezioso la raggiunse a fiotti per la prima volta. Come aveva potuto esser così cieca? Boccheggiò per un istante, sentendosi alla fine di un vicolo cieco. Ignorare i sentimenti era molto più semplice che analizzarli e viverli, e non era sicura di preferire questa nuova maturità. Non era abituata ad avere a che fare con la sua parte sensibile, chiuderla in una scatola le era sembrata la migliore soluzione, il più delle volte.
Eloise si alzò di scatto, cominciando a camminare sul bordo della vasca come un’equilibrista. Aveva bisogno di concentrare le sue energie fisiche e mentali su qualcosa di concreto, aveva bisogno di una valvola di sfogo. Voleva dare alle cose il giusto spazio, evitare di essere cieca come la volta precedente. Un piede dopo l’altro, avanzava sulla superficie liscia e umida con estrema attenzione.
L’ambito rispetto a cui Amber si era espressa era limitato e circoscritto, restava in sospeso l’arcano mistero all’origine del loro dissapore, e non poteva dire che la curiosità fosse acquietata. Eppure la rossa sapeva che un’indagine in quella direzione andava esclusa a priori. Lo stesso equilibrio precario che la teneva in piedi sul bordo della vasca poteva essere riportato a quella situazione: un passo falso e la caduta era assicurata.
«La verità è che non pensavo che la cosa potesse disturbarti. Ho agito secondo le mie misure, senza pensare a ciò di cui avevi bisogno. » Questa volta la guardò negli occhi. Al diavolo i fatti e gli affari di Amber: se c’era un aspetto positivo in tutta quella storia era l’opportunità di raggiungere una conoscenza reciproca più profonda – non tanto i fatti, ma il suo approccio alla vita. Tolti i fronzoli e gli eventi, tolto il cavaliere e tolto il Ballo, Eloise sapeva che essere lì, ora, in quel Bagno, poteva essere l’occasione giusta per capirla di più.

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Dal momento esatto in cui quelle strane scuse erano uscite dalle sue labbra, la tensione non aveva fatto che aumentare. Amber avrebbe potuto lasciare che il tempo risolvesse i problemi per lei, che facesse il lavoro sporco. Eppure aveva preferito evitare perché in cuor suo sapeva che uno dei detti più antichi del mondo, non avrebbe mai trovato riscontro nel suo animo. Lei non dimenticava, non seppelliva ed ancor meno perdonava per sfinimento. No, se non avesse incontrato Eloise in quel bagno non avrebbe fatto il primo passo tanto presto e proprio quella consapevolezza faceva di lei un'insensibile. Forse un giorno si sarebbero entrambe accorte di essere cresciute e di poter mettere una pietra sopra quell'incomprensione, ma con altrettanta probabilità Amber avrebbe avuto i capelli bianchi per allora. La nota positiva era che la bionda sapeva benissimo di avere la colpa di essere stata troppo estrema, aveva aggredito la rossa senza pensarci due volte, solo per proteggere uno dei suoi nuovi segreti, solo per proteggere Killian. Oh, e non era stato l'Auror a richiedere quel trattamento di favore, probabilmente non si sarebbe nemmeno aspettato che accadesse.. era stata Amber, che aveva imparato che perché un momento potesse durare nel tempo, questo non doveva venire intaccato da niente e sfiorato da nessun altro. Per quanto le piacesse raccontarsi il modo perfetto con cui credeva di aver protetto un ricordo, era anche consapevole che il vero nocciolo della questione fosse un altro e che entrambe l'avrebbero raggiunto, presto o tardi. Non sapendo cosa aspettarsi, osservò quasi con ossessione le prime reazioni di Eloise, per la prima volta da quando si erano incontrate in quel luogo, volse il suo sguardo verso la rossa, spiandone i movimenti. Aveva previsto il peggio, si era quasi preparata a venire etichettata per quella che era.. ma se avesse avuto un po' di fiducia nella sua collega ed in quello che credeva di aver capito di lei, allora avrebbe rimosso quella previsione in tempo record. Le scuse di Eloise paralizzarono ogni altro pensiero e rivelarono la divisione reale con cui Amber sentiva di convivere dal giorno del litigio. Da una parte apprezzava quel momento e sapeva di dover intervenire per frenare il reciproco accusarsi, ma dall'altra sapeva di ritenere quasi d'obbligo che anche l'altra si scusasse. Nel dubbio rimase a guardarla, all'angolo tra insensibilità e la superbia. Perché agiva in quel modo? Perché non dava retta alla stretta al cuore che l'aveva convinta a parlare per prima? Era davvero così facile mettere a tacere la parte più sensibile? Mentre l'altra camminava sul filo della vasca, fisicamente e metaforicamente, lo sguardo verde tornò a posarsi sulla schiuma davanti a sé. Forse avrebbe semplicemente dovuto alzarsi, fare un cenno con il capo ed andarsene, considerando così chiusa la faccenda, alla fine si erano scusate, cos'altro mancava? Mancava tutto. Inspirò nel tentativo di trovare la giusta concentrazione per ripescare quel discorsetto che mentalmente aveva preparato con tanta fatica, ma fallì. Aprì bocca per poi serrare le labbra subito dopo. «Oh.. capisco.» Fu la prima cosa sensata che riuscì a dire, prima che i loro sguardi s'incontrassero ancora e la realtà venisse esposta con una tranquillità apparente disarmante. In parte, nemmeno Amber si era aspettata di poter reagire in quel modo. L'immagine mentale che aveva creato di sé non era poi così simile a quella reale, c'era molto da lavorare per arrivarci. Eloise era uno specchio nel quale aveva evitato di specchiarsi fino a quel momento, ma dal quale ora non poteva più distogliere lo sguardo. Eccola lì, la sua colpa, in carne ed ossa, pronta a mostrale quanto fosse esagerata la sua prima reazione ed ancora più sconsiderata la seconda. In quel momento, se non si fosse trattato di loro due, la bionda si sarebbe alzata ed avrebbe lasciato il quinto piano, pur di non ammettere ad alta voce il motivo della sua reazione. Le sembrava sciocco, lo era sembrato fin dall'inizio. Ammetterlo avrebbe fatto si che la rossa ne divenisse partecipe e poteva fidarsi di lei? Poteva rivelarle un segreto e sperare che lo trattasse come tale? Era quello il centro di tutto. «Eloise...io non pensavo di reagire così.» si sforzò di mantenere in contatto visivo per evitare così che altre visioni offuscassero i suoi pensieri e fermassero quell'ammissione. «Io non parlo mai di me, non sono abituata. Pensavo bastasse qualche gesto per far capire che non era il caso di chiedere, ma non è stato così..» doveva proseguire prima che quella frase assumesse un tono accusatorio. «La verità è che non avevo la risposta alla tua domanda. Non mi piace non sapere cosa mi succede e mi piace ancora meno non riuscire a .. capirlo Era riuscita a rimanere vaga il più possibile, ma sul finale qualcosa cambiò e mantenere lo sguardo su Eloise divenne impossibile. Aveva detto quanto di più vero potesse dire. Non le piaceva parlare di sé, non le piaceva esporre i suoi problemi ed ancor meno riteneva che un aiuto esterno le fosse utile. Temeva compassione e pietà, come si teme il vaiolo di drago.


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xmAvt5DEra una chiara forma di groppo alla gola quella che aveva afferrato Eloise mentre, sul finire delle sue scuse, si accingeva ad attendere una risposta dalla compagna. La guardava negli occhi e non sapeva che aspettarsi, perché dal volto di Amber non aveva molto da intuire. Sapeva che non c’era nulla di rischioso nelle sue parole, sapeva di essersi espressa con cautela, ma se l’altra avesse reagito male non sarebbe stata la prima volta che le sue chiavi di lettura del mondo sarebbero risultate sbagliate.
Quanto c’era di vero nella sua interpretazione del mondo? Era sempre stata convinta di averlo letto attraverso le lenti pulite di un paio di occhiali, ma se invece queste lenti si fossero rivelate come quelle di un caleidoscopio, colorate, multiformi e capaci di distorcere la realtà? Era una sensazione di incertezza che la avvolgeva e la faceva muovere con cautela, ma era proprio quello il motore del percorso che stava compiendo: farsi sconvolgere le certezze era il mezzo per arrivare a una conoscenza più completa e approfondita di ciò che le stava attorno.
Non passò poi molto tempo dalla fine della sua frase all’inizio della risposta di Amber. In un primo momento Eloise rimase quieta, silente, senza cercare una risposta immediata a quanto l’altra aveva da dirle. Per trarre le fila del discorso sarebbe stato fondamentale ascoltarlo dall’alfa all’omega.
Non appena terminò, il primo pensiero che la colpì fu che in quel maledetto pomeriggio aveva davvero toccato un tasto dolente della vita di Amber. A prescindere dai metodi, la prima a crucciarsi per la storia del Ballo era sicuramente la bionda. Non avrebbe saputo dire se fosse per un’effettiva veridicità dell’ipotesi shakespeariana, o per un più semplice sclero adolescenziale, o per un’inaspettata evoluzione degli eventi. Certo era che, di tutte le questioni lei potesse tirare in ballo per conoscere meglio Amber, questa era tra le peggiori.
Il secondo elemento degno di nota che derivò da quelle poche, ricchissime parole, fu la sensazione di empatia che si fece strada nel cuore di Eloise. Era forse una delle prime volte che la sperimentava, complice il trovarsi in preda alla delusione bruciante dello scontro di quel pomeriggio, e non era del tutto preparata ad accoglierla. Ma indubbiamente ne riconobbe l’utilità: senza empatia sarebbe stato complesso comprendere la visione di Amber.
Se qualcuno l’avesse fermata nel percorso dalla Sala Comune al Bagno dei Prefetti e le avesse rivolto una battuta di cattivo gusto sulla loro sconfitta, probabilmente la sua reazione non sarebbe stata molto diversa. O – ancora meglio – se qualcuno le avesse fatto allusioni a quello stesso Ballo, al suo personale cavaliere e a ciò che era successo poi, c’erano buone probabilità che Eloise avrebbe cercato di allontanare il discorso con qualsiasi metodo possibile. Era più plausibile che avrebbe sedato ogni ambizione con una battuta fuori luogo, ma era sicura che non avrebbe fornito più informazioni di quelle date da Amber.
Questo l’aiutò. L’aiutò a mettersi nei panni della collega, l’aiutò a comprendere il suo disagio e l’aiutò a capire la sua reazione. Più che profondo rammarico e desiderio di autofustigarsi, quello che Eloise provò fu il sollievo genuino di chi comprende i suoi errori. E capisce un po’ meglio i limiti propri e altrui. Alzò le mani, mentre un sorriso sincero si dipingeva sul suo volto.
«Ok. Me la sono andata a cercare.» Immerse il piede destro in acqua e si mise a sollevarla con piccoli calci. Amber – che dopo la sua camminata stava dalla parte opposta della vasca – non avrebbe risentito degli schizzi. «Penso che chiunque si sarebbe rotto i Boccini davanti a tanta insistenza… Io inclusa.» Riportò il piede sul bordo della vasca, che trovò un tratto scivoloso e instabile. Solo quando ebbe la certezza di riuscire a restare in piedi l’appoggiò, bilanciando il peso su entrambe le gambe.
Ancora rifletteva su quello che si erano dette, concentrandosi questa volta sulla parte del parlare di sé. Al di là del sollievo per non essere rientrata in una sorta di “lista nera”, nella categoria di coloro con cui Amber non parlava, ma di essere semplicemente parte dell’universo, Eloise considerò che neanche lei amava particolarmente raccontarsi. Ovvero: amava tirar fuori aneddoti e storie, ma quando qualcosa riguardava le parti più profonde del suo animo, preferiva dirottare l’attenzione su altro. Il solo fatto che avesse espresso qualcosa su se stessa in quel contesto – protetto e confidenziale – era un fatto sorprendente.
Sapeva che allontanarsi dal terreno sicuro di quella parte di discorso sarebbe stato rischioso, ma l’esca che Amber aveva lanciato era troppo appetibile. D’altra parte, aveva imparato la lezione: non avrebbe mai messo a rischio le cose tra loro un’altra volta. «Se poi hai dei suggerimenti su come imparare a leggere le situazioni sono ben accetti!» La conversazione stava prendendo una piega talmente inaspettata da ricordarle le battute che le due Tassine si scambiavano mentre preparavano il passaggio dal Secondo al Terzo Anno, solo che questa volta non si parlava di Pozioni o Trasfigurazione, ma di un argomento molto più complesso.
In un primo momento il clima era apparso oscuro e misterioso, ma ora si illuminava alla luce di una curiosità sincera e cauta. E come ognuna delle due aveva un personale modo di leggere il mondo, come la vita aveva la tendenza di alternare momenti felici e momenti bui, così le luci e le ombre si alternavano sull’acqua.[/color]
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Edited by Nih . - 16/6/2017, 22:01
 
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Lo aveva fatto, il fatidico primo passo, ma ancora non poteva essere certa di aver mosso il piede nella direzione giusta. Solo Eloise con la sincerità che esprimeva il suo sguardo, avrebbe potuto dirglielo o farglielo capire. Se c'era una qualità che apprezzava di lei era proprio quella, la rossa sembrava sempre così vera, così sincera. Lo era anche troppo, a volte, e la discussione in giardino era stata la prova più lampante a conferma di quella tesi, ma era davvero sbagliato? Amber l'aveva condannata per non aver mentito, per non aver celato la curiosità che la contraddistingueva e per non averle mentito, che in parte erano i motivi per cui più l'apprezzava. Poteva essere più confusa di così? La situazione non era facile, lo sentiva e non c'era bisogno che venisse complicata ancora di più. Avrebbe dovuto sfilare un filo alla volta, da quella matassa, per pote rendere più semplice il raggiungimento del suo obbiettivo. Quello che, secondo lei, era venuto a mancare era il rispetto della distanza che lei credeva di aver richiesto, ma doveva anche ammettere che non era propriamente un asso nel farsi comprendere a dovere. Per la prima volta le aveva parlato a cuore aperto, lasciando che uno dei suoi timori scivolasse oltre le sue labbra. Si era decisa, infine, ed aveva scelto di rimuovere una delle tante maschere e farsi vedere per quella che era. Nella pausa che seguì le sue parole, Amber si tormentò con gli incisivi il labbro inferiore in maniera del tutto istintiva. Era nervosa, temeva che quelle sue preoccupazioni fossero giudicate come inezie dalla rossa, temeva che potesse non esserci una totale comprensione. Fu solo quando la mano di Eloise si alzò, che l'espressione della bionda si rilassò appena. *Grazie* Si ritrovò a pensare, quando un'altra ammissione giunse alle sue orecchie. Amber doveva capire qual era il giusto modo di spiegarsi e come affermare di non voler parlare di un dato argomento, ma non era l'unica pronta ad apprendere qualcosa da quella conversazione. La vita fino ad allora le aveva insegnato come proteggersi, come difendersi in un mondo pieno di mostri, ma non si era resa conto che isolandosi avrebbe solo fatto il loro gioco, rischiando di divenire una di loro. Eppure qualcosa, un recente avvenimento, le aveva dato uno strumento - inizialmente odiato - che forse avrebbe potuto aiutarla in quel percorso di costante ricerca della verità. Ma forse per parlare di quello ad Eloise era presto, il solo realizzare di volerlo fare però le piacque. «Oh..» Un'espressione quasi divertita si fece strada oltre la coltre di tristezza e dispiacere, sbucando da una lastra di ghiaccio come il più resistente dei boccioli. «Sei sicura di volerlo sapere da me? Sono strana io.. » l'ironia che con il tempo aveva imparato a sfruttare, dava del suo meglio quanto la vittima era proprio lei. Guardando di sottecchi la rossa, che aveva ormai smesso di armeggiare con l'acqua, Amber sfiorò una delle poche bollicine di sapone rimaste. Riportò poi lo sguardo, ormai più tranquillo, verso l'altra, senza riuscire a contenere quello slancio di sincerità che premeva sul suo petto. «Non penso ci sia una regola universale, e... Eloise, tu non devi cambiare solo perché io ti ho tratta così.» Ancora a gambe incrociate, prese un profondo respiro prima di proseguire. «Sono io che non so come funzionino queste cose, ma tu sei così solare... non devi frenarti per colpa mia o di chiunque altro, tu vai bene così. E.. » Parlare con quella dose di sincerità era difficile, tanto difficile da rischiare di commuoverla bloccando anche la parte finale, e forse la più importante di quel discorso. Avrebbe potuto continuare ad ironizzare, ma voleva che prima la questione fosse totalmente chiarita. «... e mi è mancato, questo Più di così non sarebbe riuscita a dire o fare, il nodo alla gola strinse con improvvisa forza e lo sguardo si perse di nuovo oltre l'acqua ancora un po' agitata. Oh si, Eloise le era mancata, le era mancato sentirsi libera di sorridere alle sue battute, di accennare un saluto nei corridoi e di trasfigurare i propri gufi in momenti di follia. Ammetterlo la rese libera, in parte, da uno dei pesi che portava con sé. Era un segno tangibile che le diceva che era nel giusto?


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xmAvt5DIl solo fatto che Amber si stesse definendo “strana” dava a Eloise una ragione ulteriore per riconsiderare chiavi di lettura e concetti che aveva sempre dato per scontati. Certo, Amber era più silenziosa e solitaria, più distaccata dal flusso delle cose e meno disposta a “schiudersi” di molte altre persone - di lei in primis -, ma in lei aveva sempre visto una potenziale amicizia che andava oltre questi aspetti. Inoltre, aveva tutte le carte per saper gestire al meglio un’interazione generica con altri individui: bastava richiamare alla mente l’occasione del loro primo incontro, le chiacchiere che si erano scambiate a partire da allora e tutti i momenti che avevano condiviso. Questo, pensò la rossa, la rimuoveva senza alcun dubbio dalla categoria delle persone “strane”.
Non che Amber non fosse speciale. C’era in lei una saggezza molto più profonda, una lungimiranza e una maturità che Eloise non avrebbe raggiunto nemmeno a vent’anni, con ogni probabilità. Era come se per natura fosse dotata di un cannocchiale in grado di renderla consapevole della piega che avrebbero preso gli eventi. Sì, Amber era peculiare, ma in un modo gradevole e affascinante.
Aveva percepito che avesse ancora qualcosa da dire dal tono con cui aveva scandito la frase, e aveva atteso che terminasse il suo pensiero. Solo al termine della sua manifestazione d'affetto - era sicura che valesse definirla tale - si rese conto che forse sarebbe stato meglio fermarla prima, visto che l’imbarazzo che la sua ultima frase le aveva suscitato era tale da tingerle le gote di rosso. Non sapeva dove guardare, ma le sue mani sembravano l’opzione migliore, mentre si rendeva conto che anche a lei era mancato tutto quello. E non solo: la lontana possibilità che quello non potesse tornare l’aveva spaventava a tal punto da vedersi invasa dal sollievo non appena Amber aveva avuto l’audacia di esprimersi. «È mancato anche a me...» Borbottò a bassa voce, con l’insicurezza tipica di chi non è abituato a manifestare a voce alta quello che sta provando.
Il desiderio di buttarsi in acqua per nascondere definitivamente l'imbarazzo era forte, ma Eloise fece uno sforzo e cercò di tornare a guardare la sua interlocutrice. Dopotutto, era anche lei l'artefice di quella situazione, e quelle parole erano balsamo per le sue orecchie: non poteva tirarsi indietro proprio ora.
Sostenne lo sguardo di Amber, pensando che forse non era neanche quello l'aspetto che l'aveva colpita maggiormente di tutto il suo discorso, anzi: il fulcro della questione stava proprio nella malleabilità della personalità umana - delle loro personalità acerbe -della sua capacità di adattamento, di superamento dei preconcetti, ma non necessariamente del suo snaturamento. «Non dico di voler cambiare per il mondo, ma non chiudo le porte a… Un'evoluzione...» Disse sovrappensiero, godendosi quel terreno sicuro in cui si stavano inoltrando, un terreno in cui le uniche manifestazioni d'affetto sarebbero state implicite. «Non possiamo essere certi che il nostro modo di vivere sia quello “perfetto”, no? Anzi, secondo me le probabilità che ci siano aspetti sbagliati sono altissime!» Sorrise, abbracciando così la varietà infinita di esperienze e le infinite sfaccettature che il mondo poteva assumere. «Dobbiamo avere un margine di miglioramento, altrimenti sai che noia?!» Una frase la colpì istantaneamente, riportandole al cervello delle memorie che giacevano sepolte nelle zone più recondite della sua mente. “C'è speranza per gli alberi”, pensò Eloise, rendendosi conto che probabilmente c'era speranza per tutti.
Come si fossero allontanate così tanto dal discorso originario lo sapeva solo Merlino, ma in quelle acque lei ci sguazzava felice e leggera.
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Aveva fatto un salto nel vuoto. Nel momento esatto in cui le ultime parole erano uscite dalle sue labbra, Amber aveva sentito di non poterne avere il controllo. Non poteva prevedere o controllare le reazioni di Eloise, ma quello che più la spaventava era che non riusciva nemmeno a capire le proprie. Si era lanciata oltre la sua zona sicura, e l'aveva fatto perché aveva ritenuto, per un frammento di secondo, che fosse l'unico modo per dare il primo punto di cucitura allo strappo. In altre occasioni non sarebbe mai accaduto nulla di simile. L'istinto aveva preso possesso della sua mente, spingendola giù dal burrone, verso una caduta la cui durata sarebbe dipesa dalla ragazzina rossa che camminava a bordo vasca. In attesa di giudizio, la tassa trovò utile osservare la calma con cui le acque della vasca tornavano a placarsi. "È mancato anche a me" Rivelò infine Eloise, dando il via ad una seconda reazione incontrollata. Un sorriso incorniciò il volto di Amber, uno di quelli sinceri ed il suo cuore aumentò il ritmo dei battiti. In quel momento, e solo in quel momento, la bionda capì di aver fatto qualcosa di giusto. Difficilmente avrebbe ripetuto quel gesto in futuro, ma era totalmente valsa la pena per quella volta. Quando i loro sguardi s'incontrarono, rimasero saldi l'uno nell'altro. Ancora una volta, Amber aveva detto esattamente quello che pensava, nella speranza di non aver superato lei stessa la linea che le divideva, invertendo i ruoli. Quel che più le premeva era l'accertarsi di non essere fautrice un cambiamento negativo nella rossina, quello non se lo sarebbe perdonato. Eppure non si stava sovrastimando un po' troppo? Chi poteva dirle che aveva davvero il potere di cambiare qualcuno? Lei che, oltretutto, schivava le persone come fossero bolidi impazziti, poteva davvero darsi tutta quell'importanza? Esagerava, come sempre, vedeva il mondo con un occhio a volte troppo critico. «Hai ragione...» proferì, «Sono più le volte in cui sono certa di sbagliare, di quelle in cui credo di aver fatto qualcosa nel modo giusto.» stranamente lo sguardo non si spense a quell'esposizione, ma rimase vivido. Niente malinconia, niente tristezza eccessiva, solo semplice realtà, esposta con altrettanta semplicità. «Ah, la noia certamente non ci appartiene!» aggiunse con un mezzo sorriso più ironico. Con Eloise quel nuovo registro avrebbe funzionato, ne era sicura. Rincuorata dalla situazione, più stabile della precedente e decisamente più piacevole, Amber tornò ad osservare la vasca. Per un attimo, spinta dall'onda emotiva che quell'inizio di rappacificamento le aveva donato, fu sul punto di considerare di parlare di Killian, di rispondere alla domanda che aveva scatenato tutto quel putiferio. Ma le bastò compiere solo un passo oltre il primo pensiero, per bloccarsi di nuovo. No, non era tempo per alcuna rivelazione, considerando poi il modo in cui l'ultimo incontro con lui si era concluso ed il nuovo silenzio che ne era seguito, non c'erano basi per dare alcuna risposta. Non avrebbe dovuto dirle chi era il misterioso cavaliere, ed in cuor suo immaginava che non ci sarebbe stato bisogno di spiegare quel ballo ancora per un po'.
«Forse ora dovrei tornare in dormitorio, immagino avessi un piano diverso per la serata. Sei ancora in tempo per riempire la vasca di altra schiuma profumata.» Disse infine, senza però scomporsi dalla seduta, rimanendo piuttosto stabile a bordo vasca. Avrebbe voluto ripescare qualche frase di supporto sul Quidditch, ma non ne sapeva niente ed era quasi certa che qualunque cosa avesse detto, sarebbe suonata più "strana" che "utile". «Sai, non ho mai visto nessuno far perdere la pazienza al Frate Grasso, come Bradley due giorni fa!» Contraddicendo il suo desiderio di lasciare Eloise da sola, Amber ripescò nella memoria uno degli avvenimenti più strani che avevano avuto luogo nella loro Sala Comune, certa che la rossa vi avesse assistito. In quel frangente, infatti, le due si erano istintivamente guardate negli occhi, in cerca di una complicità perduta da mesi, con l'unico risultato di aggravare la situazione.

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xmAvt5DIl sorriso che si era dipinto sul volto di Amber era quanto di più spontaneo e genuino fosse riuscita a cogliere in quei recenti mesi di separazione e distanza. Eloise fu scaldata e rincuorata dalla sua comparsa, vedendo un vero punto d’incontro dopo tanto agitarsi, e pensò, divertita, che per quel giorno c’erano state manifestazioni d’affetto a sufficienza.
Al commento della compagna riguardo agli errori, la rossa colse una totale assenza di tristezza o rassegnazione, e comprese che anche per lei doveva valere una regola fondamentale: all’errore non andava attribuita necessariamente un’accezione negativa, anzi, era uno stimolo per fare meglio in futuro. Quello stesso dialogo ne era la prova. Per quanto la riguardava, oltretutto, quella visione andava a braccetto con l’ottimismo che lei riponeva nel mondo; visione che, se c’era un momento in cui era stata scalfita, quello era proprio la partita di Quidditch giocata quel pomeriggio.
«No, decisamente no!» Commentò in ultima battuta alla faccenda della noia. Prendendo il respiro, lasciando gli istanti successivi nella completa tirannia del silenzio, Eloise considerò che non le andava di lasciar scemare il discorso così presto: non aveva intenzione di indagare oltre sulla faccenda del cavaliere misterioso, questo era ormai appurato, ma sapeva, percepiva, che Amber aveva ancora un punto di vista interessante e da scoprire. Lo stesso fatto che si fosse definita strana prima, e che dicesse di essere spesso in errore ora, ne era una dimostrazione.
La rossa vedeva una ragazza precisa, un tipo decisamente poco approssimativo o frettoloso, dotata di un sufficiente distacco dal mondo circostante da consentirle di avere una coscienza lucida sugli eventi. «Ma tu sei in gamba, Amber Hydra! Più di quel che credi, secondo me… Guarda la tua carriera scolastica, o il tuo successo come Prefetto...» Anni luce di distanza dal suo, per intendersi. «Non m’inganni!» Forse lei vedeva solo la punta di un iceberg, ma non difficoltava a credere che una tale precisione a scuola non fosse analoga nel resto della vita.
Chinandosi, Eloise arrotolò il fondo dei pantaloni della divisa, che erano morbidi e flessibili, per poi sedersi e mettere a mollo la parte inferiore delle gambe. Benché la maggior parte delle bolle fosse ormai esplosa, la vasca era ancora piena d’acqua e fu inevitabile bagnare la divisa. Poco importava: per quel campionato aveva fatto il suo dovere.
Era pronta a continuare, ma le parole di Amber la contraddissero: diceva di voler andare, benché la sua presenza non stesse arrecando disturbo alcuno, ma anzi, era ciò di cui la rossa aveva bisogno per non pensare al Quidditch, alle sconfitte e alla delusione. «Oh, no, non ho un granché da fare, se non piangermi addosso per la sconfitta...» Puntuale come sempre, la sua autoironia aveva fatto la sua comparsa. E anche se non aveva ancora fatto pace con la mancata vittoria, il volto di Eloise riusciva a essere sereno e rilassato, come se il dolore che provava fosse stato chiuso in un cassetto a parte.
Nonostante le sue parole, Amber non diede cenno di andarsene, ma sollevò nuovi spunti preziosi per alimentare quello scambio. In particolare, si stava riferendo a un episodio avvenuto nella Sala Comune un paio di sere prima, dopo l’allenamento di Quidditch. Vari Tassrosso delle tifoserie erano alle prese con la realizzazione di stendardi e striscioni, e uno di questi, Bradley, stava cercando di dare del suo meglio con un tasso di cartone in formato 3:1. Bradley era un ragazzino del secondo anno, un tipo piuttosto strambo, ma non era certo uno creativo: nonostante il suo impegno il Tasso era venuto fuori piuttosto storpio, e le pennellate di colore che gli stava dando sembravano solo peggiorare il tutto. Tra suggerimenti e risatine, Bradley si stava innervosendo, ma ciò che l'aveva fatto esplodere era stato l’intervento del ritratto di Tosca, che gli aveva suggerito di farsi aiutare dalla magia. Alla fine della storia Bradley era esploso, aveva preso a insultare tutti e aveva ripagato Tosca con una bella pennellata in faccia. Imbestialito, con una coda di epiteti e parolacce, si stava allontanando, ma era stato prontamente bloccato dalla furia del Frate Grasso. «È stato assurdo, in genere è sempre gentile con chiunque, Pix incluso… E ce ne vuole di pazienza!» Se non fosse stato un fantasma probabilmente le sue guance si sarebbero accese di un rosso intenso. «Ma quando gli si tocca Tosca smette di ragionare!» Era stata una sfuriata coi fiocchi, di quelle tipiche dei professori e delle madri, e il Frate sembrava fuori di sé. Una volta conclusa, Bradley si era allontanato dalla Sala Comune, ed Eloise ricordava chiaramente cos’era successo in quel frangente: lei, in preda a una risata sguaiata, aveva incrociato lo sguardo di Amber per pura casualità. Non avrebbe saputo dire se la bionda era divertita dalla scena o se l’aveva presa seriamente, ma il modo repentino con cui aveva interrotto in contatto visivo l’aveva fatta sentire in colpa per aver sottovalutato l’evolversi della situazione, soprattutto visto il suo ruolo di Prefetto. La compagna si era alzata ed era intervenuta, ed Eloise aveva deciso di prestare il suo contributo uscendo, recuperando Brad e aiutandolo a darsi una calmata. «Ho visto che siete riusciti a pulire il quadro, ma come avete fatto a far calmare il Frate Grasso?» Non aveva idea di cosa fosse passato nella testa di Amber in quei momenti, ma forse era quella l’occasione per scoprirlo.
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Era la strana abitudine a farsi da parte, che spingeva spesso Amber a lasciare una certa dose di privacy a chiunque, immedesimandosi nel malcapitato che si trovava a dover condividere lo spazio con lei. Forse perché in parte era la prima a ricercare una tranquillità fatta di puro isolamento. Ma con Eloise era diverso, con lei c'era qualcosa che impediva alla bionda di rendere breve un loro incontro. Se ci fosse stato qualcun altro al suo posto, la tassa avrebbe lasciato il bagno dei prefetti per tornare in dormitorio o concedersi una passeggiata all'esterno. In quel momento, però, benché il corpo fosse pronto ad agire meccanicamente, la mente bloccò ogni movimento, costringendo dolcemente la ragazza a proseguire quell'incontro richiamando uno dei tanti momenti che avrebbe voluto condividere con la rossa, mesi prima. Un sorriso sarcastico le incurvò le labbra, quando Eloise la definì "in gamba". Effettivamente lei non aveva mai dato troppo peso ai commenti positivi che riceveva - più che altro dalle nonne - riguardo i suoi successi scolastici, spesso e volentieri li definiva un dovere e dunque non riusciva a rendersi conto di quanto trasparisse il suo impegno. «Oh.. successo dici? Non so, io penso solo di fare il mio dovere, ma se lo dici tu.. mi fido.» Rispose in totale sincerità, elogiarsi non era proprio nelle sue corde ed ancor meno per i meriti scolastici, ma ogni tanto anche il suo ego amava essere coccolato. Non nascose un lieve imbarazzo nel parlare di sé in quel modo, ma condito con una dolcezza che non aveva nulla a che vedere con la freddezza dimostrata nei discorsi su Killian, mesi prima. No, quell'imbarazzo era del tutto normale e per nulla pericoloso. Forse avrebbe perfino mostrato il lato fin troppo modesto di Amber, che solo di recente aveva imparato ad apprezzare se stessa e le proprie gesta, in un percorso che non era che agli inizi. Inconsapevolmente o meno, Eloise sarebbe stata la compagna ideale per quella metaforica avventura. «Però anche tu te la cavi! Penso che ai tassi serva un Prefetto come te.» Aggiunse, cercando di nuovo lo sguardo della rossa ed imprimendo convinzione nel proprio. Il suo non voleva essere un complimento in risposta o riciclato, anzi. Era convinta davvero di quel che stava dicendo, la ragazzina con le lentiggini ed il sorriso quasi sempre stampato in volto, condito a volte da un ghigno tutto proprio, incarnava alla perfezione il Tassorosso ideale! Nello staff era forse quella più in grado di risollevare il morale della massa. Amber, dal canto suo, sapeva di essere un Prefetto particolarmente severo - forse anche a causa di quel temperamento introverso e dell'innata sicurezza che un regolamento riusciva a donarle - mentre Thalia ancora non era riuscita ad inquadrarla bene, ma la bionda vi aveva visto una certa somiglianza con il suo stesso "stile". Quello che nessuno dello staff di casata si sarebbe aspettato però, era una bella pennellata bianca sul quadro di Tosca Tassorosso, in Sala Comune! Bradley, lo strambo ragazzino del secondo anno non aveva preso bene la malriuscita del suo cartonato, finendo con il prendersela con la fondatrice della propria casata che, come sempre faceva, aveva dato il proprio consiglio al tassino. Amber aveva assistito alla scena a distanza, ma era rimasta totalmente senza parole. Anche a lei era capitato di confrontarsi con Tosca, ma le era sempre sembrava una "nonna amorevole", pronta e desiderosa di aiutare i proprio adepti, magari a volte invadente, ma sempre gentile... di certo non meritava quel trattamento. Ancor più gentile di Tosca, era il Frate Grasso, un fantasma sempre pronto alla battuta e non vi era mai stata una volta in quei cinque anni in cui potevano dire di averlo visto alterarsi. «Credimi, sono rimasta allibita! » commentò, scuotendo appena il capo, in parte divertita dalla stranezza dell'accaduto. Quando il volto paffuto del Frate s'era gonfiato, la scena era diventata tragicomica e per quanto seria fosse stata la mancanza di rispetto di Bradley, Amber non era riuscita a nascondere il sorriso divertito che aveva fatto capolino. «Al'inizio pensavo scherzasse.. ma dopo, l'hai visto anche tu no? Se fosse stato in vita sarebbe diventato rosso scarlatto, potevo vedere in trasparenza la sua sagoma sbuffare.»Però non aveva avuto tutti i torti, rispondere in quel modo a Tosca era assolutamente intollerabile, ed in qualche modo, quel giorno fu comunque grata ad Eloise per esseri occupata di Bradley, senza lasciarlo in mano sua. Ripercorse mentalmente le scene successive. Dopo lo scambio deviato di sguardi che le due si erano scambiate, Amber aveva aiutato gli altri a ripulire il quadro di una Tosca ancora sconvolta dall'accaduto, ma il più era stato il dover calmare il Frate Grasso, che era pronto perfino a far espellere il giovane. Ed era toccato proprio alla bionda l'arduo compito di chetare il fantasma. « Oh, non è stato per niente facile, fosse stato per lui, la Bennet avrebbe dovuto espellere Bradley per "grave mancanza di rispetto al proprio fondatore".» Riprese la frase del Frate, imitandone vagamente il tono. «Ho dovuto prendere il nostro Tasso per calmare il Frate, pensavo che vedendolo si sarebbe addolcito un pochino, ed in effetti tra la mascotte e la vista del quadro ripulito, ha ritrovato la ragione.» proseguì, cercando di ricordare tutti i dettagli possibili, «Certo non senza inveire almeno una ventina di volte contro Brad e contro il Quidditch, e sono quasi certa che abbia cercato di spaventare Bradley nelle notti successive.» Di quell'ultima parte però, non poteva essere totalmente sicura, Amber non aveva più parlato con il ragazzino da quell'avvenimento - in realtà non è che di suo vi parlasse molto - e dunque forse Eloise avrebbe fornito il pezzo mancante della storia. «Con il pittore folle invece, come è andata? Io sono uscita poco dopo quindi non vi ho più visti rientrare, si è dato una calmata? Secondo te dobbiamo tenerlo d'occhio ancora?» Ad Amber non era sfuggita la frase sul Quidditch e la delusione per la perdita di quella partita, aveva solo inizialmente scelto di non proseguire su quel filone, ma dati i continui richiami, si chiese se non fosse invece il caso di permettere ad Eloise di sfogarsi con lei.


“Never ruin an apology with an excuse.”


Edited by ˜Serenitÿ - 22/8/2017, 11:04
 
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view post Posted on 7/8/2017, 17:20
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xmAvt5DNon c’era altro da aggiungere all’atto di fiducia che Amber aveva mosso verso di lei. Aveva accettato i meriti e i riconoscimenti con una modestia sincera, non dettata dal desiderio di sentire dei complimenti espressi a voce alta, apparentemente senza un orgoglio sornione a fare le fusa a ogni lusinga. D’altra parte, le sue erano osservazioni sincere: non aveva alcuno scopo da raggiungere manifestandole alla compagna, se non quello di darle il suo punto di vista sulla faccenda. E sentirsi recapitare dei complimenti, dopotutto, non era male, ogni tanto. Le labbra di Eloise si distesero in un sorriso ampio e genuino, scoprendo i denti, e i suoi lineamenti presero una piega dolce.
Presa com’era da quelle elucubrazioni mentali sulla bionda, quando fu il momento di vedersi quella palla rimbalzare nella sua direzione, Eloise venne colta alla sprovvista. Non solo non pensava di ricevere un riconoscimento in quel contesto, ma, nonostante ritenesse valida l’opinione di Amber, lo trovava immeritato.
Fin da quando aveva accettato di prendere parte allo Staff di Casata - ma come avrebbe mai potuto dire di no ai faccini sorridenti e speranzosi di Horus, Niahndra, Elhena e Amber?! - si era domandata se avesse sbagliato completamente strada. Il ruolo di Prefetto richiedeva puntualità, lungimiranza, attenzione verso gli altri e integrità, e quelle non erano qualità che le erano state donate in abbondanza. E se a molti quella sua titubanza sarebbe apparsa come follia, se avessero messo tutto da parte pur di poter ottenere quella carica e ostentare quella superiorità, per lei quegli aspetti erano superflui. Aveva sì trovato dei vantaggi nell’esercizio di quel ruolo - già ne raccoglieva i frutti - ma ciò che l’aveva veramente spinta era un senso del dovere e di fedeltà verso la Casata che lei stessa si era sorpresa di avere.
Certo il senso del dovere non era sufficiente ad occuparsi dei Tassorosso, delle faccende burocratiche e delle scadenze: più di una volta si era ritrovata a fare le cose all’ultimo, a dover passare le notti in bianco e a rendersi conto troppo tardi di aver perso dei pezzi per strada. Bene o male era sempre riuscita a fare tutto, ma la sua capacità di ridursi all’ultimo per fare le cose sembrava essersi amplificata e potenziata. E poi c’era quella faccenda del conflitto di interessi tra l’essere Prefetto e il lavoro ai Tiri Vispi Weasley: non poteva certo dire di aver mosso una lotta definitiva contro il commercio dei Frisbee Zannuti e del resto dei materiali illegali. «D-dici davvero?! A me sembra di avervi solo rallentato!» Da quando Niah era stata sostituita da Thalia, che per quanto più giovane si era rivelata più precisa e puntuale di lei, aveva rammentato a se stessa le ragioni per cui le erano sorti i primi dubbi.
La stessa faccenda di Bradley aveva contribuito a rafforzare quel senso di inadeguatezza che si era fatto strada in lei: se Amber non si fosse alzata dalla sua poltrona per cercare di mantenere l’ordine e impedire una battaglia di vernice tra vivi, quadri e non morti, probabilmente Eloise sarebbe rimasta a fare da spettatrice a quella scena. Era per quello che non appena la compagna aveva tirato fuori la faccenda i suoi muscoli si erano contratti e le sue dita avevano stretto il bordo della vasca: una parte di lei si era aspettata un rimprovero, un richiamo, o magari una battuta sarcastica, che però non era mai arrivata. Amber si stava ponendo come complice a tutti gli effetti. E se in quella serata avesse prestato attenzione all’espressione divertita che si era palesata sul volto di Amber non avrebbe avuto grandi dubbi a riguardo.
«Geniale!» Commentò alla soluzione che la bionda aveva escogitato per far calmare il Frate Grasso. L’amore che provava verso il Tasso era celeberrimo, superiore anche all’affetto che manifestava verso il suo preferito tra gli studenti della Casata. «Ricordo ancora quanto era in apprensione quando abbiamo organizzato la Caccia al Tasso… Come se farlo scorrazzare per i corridoi mettesse a repentaglio la sua esistenza!» Ghignò. Quello era un ricordo più che piacevole, un chiaro segno che quegli aspetti della prefettura facevano per lei: organizzare lo scherzo e mettere alla prova i Tassini più giovani l’aveva divertita più di tante altre attività. «Beh, è stato più che meritato, se il Frate è andato a spaventarlo!» commentò in seguito, rammaricandosi per non aver pensato a sua volta di aizzare il Frate Grasso contro i Tassorosso più ingenui, ma ripromettendosi di tener conto di quella strategie per momenti futuri. «Ora capisco perché Brad inveiva ieri mattina!» Scoppiò in una risata cristallina, non sentendosi in colpa nemmeno per un istante per la sventura toccata al concasato.
«Per farlo sbollire, comunque, ci è voluto un bel po’.» L’aveva ripescato poco fuori dalla Sala Comune e l’aveva convinto a farsi un giro, anche se il coprifuoco era vicino. «Saremo stati fuori almeno un’ora… Mi ha raccontato quanto ci teneva a quel Tasso - non sai quanto mi è dispiaciuto - ma non sono riuscita a dirgli che era bello. Però alla fine ha accettato quel suo limite e si è convinto a farsi aiutare.» Erano arrivati fino al quinto piano, e poi erano di nuovo scesi verso la Sala Comune, con tappa forzata alle cucine. «Diciamo che lo sformato di mele cotte ha aiutato, ecco!» Il giorno successivo, benché stesse impazzendo per schemi e strategie da usare in partita, si era ritagliata un momento per dare una mano a Bradley. «Alla fine l’ha portato sugli spalti? Non ho avuto modo di vedere, in partita!» Ci sperava davvero: dopotutto, un Tasso non si può frenare con tanta facilità.
The light is turning gray; the day is done ~

 
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