Coraggio, prontezza, spirito d’iniziativa: Godric sarebbe stato fiero di loro.
Non per un secondo si erano scoraggiate o spaurite, non per un istante si erano lasciate trascinare dalla corrente del fato; loro - e solo loro! – erano le briglie del loro Destino. E da brave streghe quali erano sapevano che come erano giunte in quel luogo, dovevano poter tornare indietro, o sarebbe stata quella porta arancione così malvagia da lasciarle naufraghe in quella distorta isola dello spaziotempo? No, doveva esserci una ragione. Già i loro cervelli lavoravano febbrili, già facevano caso ai sussurri e ragionavano su cosa potessero voler dire, e si preparavano a sfruttare il momento. Qualcuno era già stato lì prima d’ora, sembrava, qualcuno che già aveva incontrato quelle bizzarre statue parlanti; che ci fosse modo di incontrarlo, di avere sue indicazioni su quello strambo luogo? Per il momento l’occasione non si prospettava, e come si suole dire: carpe diem.
L’una, capelli d’argento, si faceva avanti spavalda lanciando un sonoro richiamo che come prospettato echeggiò nell’intera sala catturando l’attenzione dei più e, soprattutto, del divino sovrano di quella bizzarra congrega. L’ammasso di marmi si ritrasse spaurito all’avvicinarsi della ragazzina, le braccia inerti della statua si imprimevano sui bracciali dell’insolito trono mentre un
“Non ti avvicinare!” risuonava dalla sua bella, distorta bocca. Ma infine la ragazzina si fermò, la seduta dell’imperatore smise di scricchiolare allontanandosi, e questi si decise ad ascoltare le dolci parole della giovane. E questa fu brava nevvero, nella sua gioventù, capace di distorcere le impressioni con la sola modulazione della voce, e placare e indicare gli animi. Il volto di Dioniso fu prima sorpreso, poi apparentemente tranquillizzato, infine ilare, e una risata sonora fuoriuscì dalla sua cautamente scolpita gola; in giro per la sala, i bassorilievi fecero eco con risatine sparse, ma la metà di loro non aveva nemmeno idea del perché ridessero.
”Sei divertente, giovane Pellemorbida. Qual è quella parola buffa che hai appena pronunciato? Babbano?” E di nuovo rideva, portandosi davanti alla bocca un’inesistente mano, e di nuovo i bassorilievi facevano eco. Per quanto sarebbe andata avanti quella scenetta? Ma una cosa era certa: per quanto quel Sovrano era ridicolo, quella Sala e quel Trono (grande abbastanza da seppellirle entrambe di frammenti di marmo, se necessario) gli obbedivano, e le loro volontà erano con la sua. Era buffo, sì, e ridicolo negli atteggiamenti, ma una simile devozione non poteva e non doveva essere sottovalutata.
“Divertente, divertente davvero. Ma dunque no, non è destino che noi ci incontrassimo. Quelli come voi sono… innaturali, nel mio regno.” Fece una pausa per squadrare prima lei, e poi la compagna, che avvicinatasi nel frattempo al Cupido ci stava parlando fitta fitta, e per lunghi secondi rimase a fissarle con quegli occhi marmorei, come indeciso sul da farsi; fortunatamente la compagna e la statuetta erano stati svelti a interrompersi, così da non farsi beccare dal lunatico sovrano, e questi rivolse nuovamente le sue attenzioni all’ambasciatrice.
“Come vi stavo dicendo, siete qui… per la Profezia!” E con un gesto teatrale del braccio richiamò l’attenzione di chiunque fosse abbastanza distratto da non stargli già prestando attenzione. Che avesse infine deciso di fidarsi?
Nel frattempo, la collega dai capelli d’oro non era stata da meno. Cupido era un bersaglio ben più facile e collaborativo, e una volta avvicinato non aveva tardato a sbottonarsi, comprendendo il piano delle due giovani.
“Tu… conosci il mio nome?” Aveva borbottato inizialmente, confuso da quella straordinaria manifestazione di amichevolezza; ma era pur vero che la circostanza era straordinaria, e non c’era tempo da perdere.
“Lui… è sempre così. Io sono d’origine greca, appartengo a questa sala! Ma insistono a non volermi far entrare, dicono che sono troppo “giovane”. Come se un millennio scarso potesse fare la differen-“ Ma improvvisamente si zittì, poiché era in quel momento che Dioniso aveva volto loro lo sguardo. Il puttino rispose con uno sguardo di sfida alle squadrate della magna statua, e non appena questa ebbe distolto l’attenzione riprese a parlare, rapidissimo.
“Ad ogni modo, sapevamo che sarebbero arrivati altri Pellemorbida, ce lo ha detto Rosetta. Vi porterò da lei, appena...” E di nuovo si zittì, il bel Cupido, perché tutto si sarebbe aspettato meno che la menzione della Profezia da parte del Sovrano. Quel Sovrano che per così lungo tempo l'aveva rinnegata, ignorata! Era mai possibile? Che fosse stato il tanto preannunciato arrivo delle due a convincerlo? Il putto restava immobile, la bocca leggermente discosta, gli occhi fissi sul regnante. Cosa stava succedendo?
Questi, d'altra parte, sembrava aver finalmente trovato il proprio elemento. L'intera Sala era ammutolita di fronte a quella parola, "Profezia", era evidente che fosse un'elemento ben noto a tutti gli abitanti di quelle mura.
"E sia!" continuò il dio ebbro,
"Vi dono il diritto di continuare a vivere - per il momento - e di andare a compiere quanto dovete. E nella mia grande magnanimità vi faccio un SECONDO dono:" Dioniso allargò le braccia mentre il trono sul quale sedeva si contorceva, innalzandosi di qualche centimetro. Per qualche secondo vi fu solo un gran brulicare d'arti marmorei, poi, alla base del trono, ecco aprirsi un foro, una sorta di piccolo tunnel, e da esso fuoriuscire un singolo braccio di statua, gattonante sull'unico gomito del quale era dotato come una sorta di bizzarro serpente, una qualche sorta di materiale cartaceo vivamente colorato, ma sgualcito dal tempo. Il braccio continuò a coprire faticosamente la distanza che lo separava da Nieve, e una volta giunto, depositò ai suoi piedi la sua staffetta: una cartina del museo, un modello vecchio di qualche anno, piena di buchi e mangiata dall'umidità; ma ancora leggibile. Più svelto di prima, l'arto ritornò rumorosamente al trono, dentro al quale sarebbe stato 'riassorbito'. "la mappa del Pellemorbida!" tuonò dopo una pausa di lunghezza decisamente imbarazzante il Divino, e tutti i bassorilievi della sala insorsero in un coro di voci stupite, sussurri, acclami. Che si trattasse di un artefatto particolarmente prezioso? Eppure volantini come quello potevano essere trovati ovunque nel 'vero' museo, magari pure le due Grifondoro ne avevano fatto uso prima di lasciarlo invariabilmente su qualche panchina. Ma era un classico.
"E ora andate, veloci. E tu! Tu! Ti ordino di seguirle, e di non tornare prima che la Profezia sia compiuta." concluse puntando il moncherino contro Cupido, sempre più stupito da quell'insolito comportamento, ma certamente grato che le cose stessero (inaspettatamente) andando nel migliore dei modi. Detto questo il trono del Sovrano si sarebbe rapidamente voltato - per quanto l'esser composto di centinaia di pezzi gli permettesse - portando il suo conducente dietro alla piattaforma di marmo sulla quale normalmente sarebbe stato l'intera schiera di divinità. Ma dunque, un'ordine era stato dato - e i bassorilievi continuavano a mormorare indicandole, chi in ammirazione, chi in sospetto, chi in sorpresa - non era il caso di trasgredirlo tanto in fretta, specie data l'occasione. Alla destra delle due giovani, un'apertura conduceva alle altre aree del museo. Alla loro sinistra, a distanza di una decina di metri l'una dall'altra, due porte di legno (che tuttavia nel museo normale erano sempre bloccate, conducendo all'esterno). Era opportuno approfittare della sospetta gentilezza di Dioniso? O dovevano forse opporsi a quel repentino sviluppo degli eventi?
Nieve può aggiungere all'inventario della quest (non quello della scheda) la "Mappa del Pellemorbida". Malgrado tutto, si tratta appunto di una semplice cartina del museo, piuttosto rovinata. Vi verrà detto di più su di essa nel prossimo post, per ora decidete se seguire gli ordini di Dioniso. Se decidete di descrivere l'ingresso nella corridoietto o nella sala a destra di quella nella quale vi trovate al momento, li trovate identici al "normale", ma completamente spogli di pezzi espositivi.