| Concentrato, fermo e con il mento che gli doleva, Tristan rimase fermo a osservare la donna che lo puntava con la bacchetta. Aveva proprio il visino irritato e le movenze della molla tesa che scatta violenta. Gli occhi iniettati di sangue proiettavano rabbia, voglia di fargli del male. Molto bene. Ascoltò il sibilo della donna e non poté fare a meno di ghignare, stringendo gli occhi e riducendoli a due fessure; il cuore cominciò a battere più forte nel petto e le dita delle mani del medimago si tesero, ricevendo impulsi che le facevano muovere a piccoli scatti come se fossero in preda ad un tremore; l'alcol? La paura? O l'eccitazione? Il sibilo fu ricambiato con lo stesso spruzzo d'acido e provocazione, dopo però aver sputato ad indirizzo dei piedi della donna, saliva misto a sangue. Colpa della botta ricevuta. -Molto più di quello che pensi, amica mia...- Poi rimase li ferma a guardarsi intorno, forse indecisa sul reale da farsi; guardò il cielo ed il sole che pian piano li cominciava ad abbandonare, lasciando che una luce più fioca ed intima li rinchiudesse in una sorta di scatola tutta per loro. Finalmente gli riportò gli occhi addosso e con eleganza mosse il polso, pronunciando una formula semplice che Tristan aveva utilizzato abbastanza spesso; improvvisamente, delle catene andarono a stringergli le gambe ed il polso sinistro, con un'intensità che francamente lasciò sorpreso il von Kraus. Si aspettava di meglio. Chiuse gli occhi mentre le catene lo avvolgevano, per poi riaprirli velocemente quando l'incantesimo ebbe avuto effetto; dopo aver dato un'occhiata veloce agli arti bloccati, cominciò a ridere di gusto, senza un'apparente motivo; quella posizione per quanto scomoda che fosse, lo eccitava tremendamente: sentirsi al contempo vittima e carnefice, vita e morse, paura e desiderio. Tutte sensazioni che solo provate, potevano essere sentite dentro. E la cosa meravigliosa, fu il modo in cui si scatenarono nell'uomo -che di emozioni debilitanti, ne faceva volentieri a meno-. La donna andava letta in chiave più profonda: anche Tristan quando si adoperava con i suoi pazienti, preferiva tenerli fermi ed immobili, per evitare che potessero mandare al diavolo incisioni o quant'altro. Infatti, una volta fermo, lei si era avvicinata al suo ginocchio, poggiandoci sopra la pianta del piede e domandandogli con fare gentile cosa volesse. Gli occhi di Tristan, spalancati dalle risate, andarono a quel piede sul suo ginocchio, guardandolo con fare ossessivo ed alternandosi in un secondo momento tra quello e l'espressione -gentile- della di lei signora. Che cosa voleva Tristan? La verità era una sola, semplice e che non poteva essere nascosta, nemmeno con una menzogna. -Uuuuhhh come cosa voglio? Perché non è chiaro?- La fissò, con espressione adesso sbalordita e incredula, per poi modificare nuovamente la sua espressione facciale e portarla a qualcosa di più oscuro, serioso e incontrovertibile; non le avrebbe mentito, doveva sapere quale era la sua voglia in quel momento, la sua smania, il suo desiderio. -Voglio bagnarmi la faccia nel tuo sangue.- La voce bassa, nuovamente attenta e concentrata su di lei, padrona in quel momento di quello che accadeva al suo corpo; ma furono le parole stesse di Tristan ed il pensare di poterlo fare a provargli una più che leggera eccitazione, ben visibile data la posizione in cui si trovava ed i pantaloni stretti. Non era un desiderio carnale, aiutato dalle gambe di lei sapientemente messe in risalto. Era solo follia. Era solo un'io che solleticato a dovere, aveva deciso di uscire fuori e mostrare la sua faccia senza una delle molteplici maschere indossate di sovente. Vedeva ancora il mondo ruotare, una sensazione di pessima confusione che non accennava a passare.
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