Overtime, Straordinari notturni al Quartier Generale Auror

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 17/5/2017, 15:14
Avatar

When the snow falls, the fox tries to survive.

Group:
Auror
Posts:
3,876

Status:



i1120544_profil
#Scheda #Auror #26 anni
Decidere di restare per i turni notturni, diede un motivo in più ad Aiden di non sprofondare nella noia totale che regnava nell'appartamento che condivideva con sua sorella Lena. Oltretutto sapeva che quella sera si sarebbe fermato il ragazzo della sorella, Micheal detto l'Idiota, e non voleva assolutamente bearsi di certi rumori notturni che ricordavano più lo sgozzamento di una coppia di alci piuttosto che i tipici versi del rito d'accoppiamento.
Il clima del Quartier Generale era notevolmente migliore, soprattutto se Sceriffo e Ginga Ninja davano il loro solito spettacolo. Il pulcino e la gatta ovviamente si volevano molto bene, ma lei era indubbiamente una dispettosa di prima categoria e faceva di tutto per acciuffare il povero Sceriffo. Peccato che quest'ultimo finiva sempre per legarla come un salame con i suoi lunghi baffi, per ripicca s'intende.
Aiden aveva passato gran parte del turno di lavoro a riordinare l'ufficio con i verbali dei precedenti casi, risolti ed irrisolti, ma non soffermandosi mai sulla lettera W, non volendo trovare i rapporti riguardanti suo padre. Non era ancora pronto a scoprire la verità di quanto accaduto a Manchester e sicuramente Rhaegar avrebbe convenuto con lui di aspettare. Infondo erano passati sette anni, quanto poteva costargli aspettare ancora un po'?
Oltre a riordinare i verbali, c'erano stati diversi gufi dai suoi fratelli e sorelle per congratularsi con lui dell'assunzione, ma non arrivò nulla da sua madre, la quale era ancora ignara della cosa. La donna, infatti, era anch'ella un Auror e probabilmente non avrebbe preso bene la notizia che pure uno dei suoi figli alla fine aveva deciso di intraprendere la carriera da Auror; questo perché era stata segnata profondamente dalla perdita del marito e non avrebbe mai voluto rischiare di perdere perfino un figlio.
Appena lo scoprirà mi userà come nuovo moccio per i pavimenti del Quartier Generale... Madama McFloo ne sarà notevolmente entusiasta! pensò, mentre era seduto dietro alla scrivania a mangiare le alette di pollo piccanti che sua sorella Ophelia gli aveva mandato per congratularsi.
Come avrebbe fatto a dirlo a sua madre? Alla fine, presto o tardi, lo sarebbe venuta a sapere, ma sarebbe stato assai peggio trovarsela all'improvviso nella più totale ignoranza. Ma per ora lei era via, in missione da diversi giorni. Almeno aveva avuto il via libera con il colloquio con Rhaegar.
Fissò esasperato il pulcino e il felino che si rincorrevano come dei pazzi per l'ufficio, minacciando di distruggere qualsiasi cosa sul loro cammino, accompagnarsi da versi disumani, specialmente Ginga. Per fortuna Merlino non è come loro... Volse lo sguardo sulla civetta che se ne stava beatamente appollaiata su una delle statue situate sulla scrivania - il trespolo era il nemico giurato di Merlino ed era già tanto se lo usava come gabinetto piuttosto che sporcargli l'ufficio - e fece per fargli una carezza, ma il volatile fece per beccarlo. Aveva dimenticato quanto Merlino fosse terribilmente suscettibile alla vista di qualcosa che ricordasse un qualsiasi altro volatile trasformato in una pietanza per lo stomaco del padrone. Aiden scrollò le spalle e addentò l'ultima aletta di pollo rimasta. Come dargli torto, penserà che mi sto divorando suo cugino di terzo grado...
Finita la cena, non del tutto sazio, Aiden decise di concedersi una pausa mentre si gustava una fetta di torta di mele e cannella, inviatali stavolta da sua zia Clarisse, passeggiando lungo il corridoio. Benché lo strato abbondante di zucchero a velo gli aveva sporcato la barba rossiccia e parte del gilet che aveva sopra la camicia bianca, prese a canticchiare a bocca chiusa la sua canzone irlandese preferita, A Wiskey in the Jar, mentre si fissava attorno guardingo, sperando di non trovarsi davanti sua madre all'improvviso.
Aiden Weiss
“And I started to hear it again, but this time it wasn't the end.”
CODE MADE BY SAMMAEL



Edited by Dragon Reborn - 17/5/2017, 21:38
 
Top
view post Posted on 17/5/2017, 17:46
Avatar

Group:
Auror
Posts:
552

Status:



Killian Resween ♢ 24 anni ♢ Auror

« Vendetta »


Il raschiare della punta della piuma sulla pergamena era l'unico rumore che interrompeva il silenzio concentrato regnante nell'ufficio di Killian Resween, ad eccezione degli schiocchi di becco che Amigdala lanciava ogni tanto come per ricordare al padrone che lei era presente. E che lo stava controllando. Per l'ennesima volta, gli occhi grigi distolsero l'attenzione dai registri che stavano analizzando e si rivolsero divertiti verso la falchetta quasi addormentata sul suo trespolo che, di rimando, continuava a guardarlo sospettosa. Ormai doveva aver compreso che il ragazzo e il falco che l'aveva accompagnata nei primi voli traballanti fossero la stessa entità, ma quando Killian tornava in forma umana Amigdala si dimostrava ancora un po' diffidente, come se l'essere in realtà un uomo costituisse un grande tradimento nei suoi confronti.

*Ci si abituerà*, si disse l'Auror scrollando le spalle quando all'ennesima occhiataccia del falco trovò doveroso alzarsi per farle qualche grattino sul piccolo capo dal piumaggio scuro.

Pessima idea: risentita forse per essere costretta a fare "gli straordinari" insieme a lui quella sera, Amigdala si vendicò facendo avvicinare le dita tatuate dell'uomo quel tanto che bastava per poi beccarlo all'improvviso. La forza impressa non era stata molta (altrimenti avrebbe potuto dire addio al suo indice dato che il becco del Falco Pellegrino era programmato anche per spezzare le vertebre degli uccelli sue prede), ma comunque il becco affilato lasciò due graffietti poco profondi ma estesi abbastanza da farli sanguinare un po'.


"Hei! Questo non me lo meritavo!", la rimproverò con il dito ferito puntato con fare accusatorio contro il petto sollevato della falchetta, per nulla intimidita.

Dato che Killian era troppo abituato a non poter usare la magia per ogni piccola inezia, la prima reazione non fu quella di sfoderare la bacchetta e curare i tagli ma di ficcarsi il dito in bocca per non macchiare di sangue il suo prezioso tappeto e affidare alla saliva il ruolo del disinfettante. E con questa pratica curativa in atto, dalla nota eccellenza, uscì dal suo ufficio alla ricerca di un bagno (ammesso che ce ne fossero in quel piano, lui non aveva mai avuto l'occasione di verificarne la presenza).
In realtà la missione "trova-rubinetto" durò estremamente poco: il tempo di chiudersi la porta alle spalle ed ecco che rischiò di scontrarsi con un ragazzo sconosciuto apparentemente indaffarato a passeggiare nei corridoi e a mangiare.

"E fuh chi diafolo sei?"

Killian non riuscì a trattenersi dal domandare perchè colto alla sprovvista dall'apparizione di quel volto non noto all'interno del Quartier Generale a quell'ora , tra l'altro dimenticando di togliersi il dito dalla bocca.


Scheda


Edited by Killian Resween - 20/5/2017, 14:09
 
Top
view post Posted on 18/5/2017, 16:22
Avatar


Group:
Auror
Posts:
684

Status:



Overtime

fXTQjyM
Il
cielo, là fuori, era scuro e cupo e sembrava prepararsi ad una tempesta. Le nuvole trattenevano le ultime luci del tramonto e non c'era alcuna traccia della Luna. Il via vai cittadino non era calato ma solo mutato: quello frenetico delle ore diurne era stato sostituito da uno più lento e quasi romantico, perché l'abbigliamento e i sorrisi denotavano impegni molto più lieti. Personalmente, non ero solita uscire e far tardi dopo il lavoro. Mi era talvolta capitato con Kappa e Didi ma, da quando Dorian era stabilmente ad Hogwarts, le nostre uscite si erano drasticamente ridotte - per non dire azzerate.
Poggiai entrambi i palmi sul davanzale e poi la fronte sul vetro, cercando di trovare un po' di sollievo dal caldo asfissiante che aveva fagocitato il mio ufficio. L'idea di dover restare ben oltre l'orario di lavoro, in sé, non mi turbava affatto. D'altronde, l'alternativa era un modesto appartamento vuoto e silenzioso - una condizione tendenzialmente nelle mie corde se non fosse una costante da ormai troppo tempo. Ecco, forse quello che spingeva la mia mente a impantanarsi in pensieri agrodolci era solo un po' di sana nostalgia. Nostalgia di Hogwarts, quando, benché appartenessimo a Case diverse, eravamo sempre insieme e tutto sembrava più facile.
Mi allontanai dalla finestra scrollando appena il capo. Quei pensieri erano anche figli dell'ultimo estenuante incarico per cui mi aspettava un rapporto ancora più estenuante. E la sola idea di doverlo ripercorrere e riportare su pergamena mi pareva davvero insormontabile. Ecco perché avevo rimandato. Ma si sa, gli impegni crescono e si moltiplicano quando fingi di dimenticarti di loro.
Mi voltai verso la scrivania e mi lasciai cadere sulla sedia, accavallando le gambe in alto con i talloni poggiati sull'angolo del tavolo; presi delle cartelle fra le mani e mi mordicchiai, assorta, il labbro inferiore. Notai - con rammarico - di avere anche altri due piccoli rapporti arretrati e altrettante scartoffie di poco conto da sistemare che, però, avevano creato un bel mucchietto compatto di carta. Di certo, non capitava spesso di starsene con le mani in mano in quegli Uffici.
Mi portai i capelli dietro le orecchie ma non recuperai una ciocca solitaria che scivolò davanti alla mia visuale, restando a penzolare qualche istante prima di fermarsi. Morsi più forte il labbro e mi decisi a continuare.

Mezz'ora dopo.



Sollevai la testa dal primo - e più importante - rapporto concluso con uno sbadiglio. Rimisi a posto la piuma e mi stropicciai gli occhi, sbadigliando ancora. Tesi le braccia al soffitto e distesi i muscoli, ruotando appena il collo. Guardando le mie dita sospese a mezz'aria le sorpresi macchiate d'inchiostro così mi pulii con un fazzoletto che trovai nel cassetto e, quando sbadigliai per l'ennesima volta, mi convinsi che era ora di correre ai ripari. Mi alzai, lasciai il mio ufficio e mi diressi verso la spazio comune del pianerottolo per preparare un caffè. Non avrei potuto continuare a lavorare senza berne un po'.
Udii alcune voci provenire dal fondo del corridoio, in direzione dei bagni, ma non ci badai; qualche ora prima avevo visto altri Auror restare, come me, per qualche straordinario. Anche la porta dell'ufficio di Kappa lasciava intravedere uno spiraglio di luce, perciò preparai un secondo caffè - sempre lungo, come lo prendevamo entrambi, ma il suo lo lasciai amaro. Bicchieri di carta alla mano, mi diressi verso la sua porta e bussai appena con la punta degli anfibi, abbassando poi la maniglia con il gomito destro.
Kappa era alla scrivania, chino sulle carte, in una posizione di disperata concentrazione non molto dissimile da quella che avevo da poco abbandonato.
« Pausa? » esordii sorridendogli, mi richiusi con un colpo d'anca la porta alle spalle e mi avvicinai alla sua scrivania.


 
Top
kapitän
view post Posted on 20/5/2017, 00:22











“Is that all, sir? Only we've got stuff to finish before our knocking-off time, you see, and if we stay late we have to make more money to pay our overtime, and if the lads is a bit tired we ends up earning the money faster'n we can make it, which leads to a bit of what I can only call a conundrum—”
“You mean that if you do overtime you have to do more overtime to pay for it?” said Moist, still pondering how illogical logical thinking can be if a big enough committee is doing it.
“That's right, sir,” said Shady. “And down that road madness lies.”
“It's a very short road,” said Moist, nodding.”

– Terry Pratchett, Making Money



Ricordo come, al ritorno dal colloquio di assunzione con Mr. Wilde, avevo soppesato il distintivo Auror rigirandomelo tra le dita, con rinnovata energia e con la certezza che stavo per cominciare un lavoro straordinario e un nuovo emozionante capitolo della mia esistenza. Devo ammettere, con il senno di poi, che non era questo il tipo di straordinario che mi ero prefigurato.
Il lavoro d’ufficio non è mai stato il mio forte. Basta un rumore di passi nel corridoio, o un riflesso di luci fuori dalla finestra, perché i miei neuroni comincino a lavorare overtime, proprio come quando chiudiamo un libro con un foglietto tra le pagine per tenere il segno e la storia si prolunga nella nostra immaginazione: vediamo cose e proviamo emozioni che nessuno ci ha mai descritto, che riempiono come una macchia di colore gli spazi delineati dall’inchiostro sulle pagine.
Quand’è che lo straordinario diventa ordinario? Quante notti in bianco sono necessarie per piegare l’eccezione e farla rientrare a pieno diritto nella normalità? Quanti centimetri di pergamena, quanti rapporti sottoscritti e catalogati riducono la novità alla noia automatizzata del tran tran quotidiano?
Avevo indossato una camicia, nei miei primi giorni al Quartier Generale, ma non era diventata un’abitudine. Oggi ho una maglia nera, leggera, con tre bottoni davanti al collo – non tutti chiusi – e le maniche lunghe risvoltate con una certa ostentata noncuranza. La giacca di pelle è appesa allo schienale di una delle sedie.
Il vetro della grande finestra, scurito, riflette le forme del camino in pietra. Il fuoco non è acceso da giorni, ma la cenere rimasta rilascia ancora il profumo della legna. La stanza è inondata di luce dall’alto, dalle numerose sfere di cristallo simili a lampadine che pendono dal soffitto: l’impressione è quasi quella di guardare dal fondale marino verso la superficie che brilla al sole.
Appoggio le mani al piano della scrivania, lasciando scivolare indietro la poltrona. Poi piego la testa a destra e a sinistra e le vertebre schioccano sonoramente. Ritenendo che sia giunto il momento di sgranchirsi le gambe, mi alzo per cercare una pergamena tra i rotoli ammucchiati sugli scaffali.
Sono certo di averla vista l’ultima volta qui a sinistra, sul terzo ripiano…
È un foglio fittamente coperto di scritte tracciate con una calligrafia chiara e piacevole alla vista, forse un po’ femminile, che difficilmente uno sconosciuto attribuirebbe a me. Lo distendo sul tavolo aiutandomi con un portapenne che lascio come peso sull’angolo perché non si riarrotoli e mi accomodo nuovamente alla mia postazione di lavoro.
Il tempo sembra non trascorrere mai e più di una volta cerco l’orologio da polso che ho abbandonato sulla scrivania e viene continuamente sommerso dalle scartoffie.

Ad un tratto sento bussare alla porta, ma non faccio in tempo ad alzare lo sguardo che Urania si fa strada nell’ufficio con due bicchieri di caffè in mano.
«Pausa?» mi chiede, serrandosi la porta alle spalle.
«Oh sì rispondo sorridente, forse a voce troppo alta, lanciando la penna d’oca sulle carte e scattando in piedi. «Prego» le dico, facendo un cenno verso il tavolino da tè e le sedie con cuscini blu attorno ad esso. Io mi accomodo dove avevo lasciato la giacca, prendo uno dei due caffè e bevo un lungo sorso.
«Non dovrei. È il quarto della giornata».


HP 172/172 ♦ body 120/120 ♦ mana 120/120 ♦ EXP 26




Scusate, è stata una settimana frenetica. Mi ero imposto come limite assoluto di postare entro la mezzanotte, ma non sono stato bravo!
 
Top
view post Posted on 20/5/2017, 12:41
Avatar


Group:
Mago
Posts:
1,340

Status:


Overtime
La punta della piuma color avorio si sollevò lentamente dalla boccetta di vetro. Restò sospesa a mezz’aria per alcuni istanti, permettendo all’inchiostro in eccesso di gocciolare nel liquido nero da cui era stato prelevato, prima di tornare a posarsi sul ruvido foglio di pergamena.
Era sera inoltrata, la frenesia che aveva regnato al Ministero nelle ore precedenti si era lentamente quietata, fino a spegnersi completamente, come se il sole l’avesse trascinata con sé oltre l’orizzonte. Atena sedeva alla scrivania, era rimasta in Ufficio oltre il consueto orario di lavoro per avere il tempo di completare alcuni rapporti urgenti. Non le dispiaceva trattenersi in Ufficio fino a tardi, anzi, talvolta lasciava appositamente quel lavoro redazionale per la sera, preferendo occuparsi di incarichi più attivi durante le ore del giorno. Amava la solitudine e la tranquillità, e amava dedicarsi ad attività intellettuali quando intorno a lei vi era il silenzio.
Tracciò gli ultimi segni sulla carta, lentamente, scegliendo con attenzione le parole da usare e non tralasciando la cura nel descrivere tratti puliti e ordinati. Un colpo più sicuro e anche il punto in fondo alla frase fu fatto. Posò la piuma sul ripiano in legno, prese il foglio di pergamena tra le mani e rilesse quanto aveva scritto. Si, poteva ritenersi soddisfatta. Soffiò lievemente sul foglio, in modo che anche le ultime gocce di inchiostro si asciugassero e ripose il tutto nella cartellina che aveva accanto, insieme ad altri rapporti e scartoffie varie.
Sollevata, si lasciò andare sullo schienale della sedia, stiracchiando le braccia davanti a sé e rilassando la mente. Aveva terminato il lavoro più impellente e, se avesse voluto, le rimaneva ancora del tempo per sistemare altre incombenze secondarie. Lo sguardo le cadde sulla fotografia che aveva posizionato ad un angolo del tavolo. Da dietro il vetro della cornice il ragazzo ritratto sorrideva, come sempre. Spesso guardare quell’immagine la riportava a lontani e lieti ricordi, altre volte le dava la forza per agire con più determinazione e maggiore intransigenza verso se stessa. Ma quella sera provò soltanto una stretta allo stomaco. Accarezzò con le dita il bordo della fotografia, lasciando che per alcuni istanti quella sensazione nostalgica prendesse il sopravvento su di lei, come una nebbia densa e umida che veniva intrappolata in uno spazio angusto. A volte le mancava. Sospirò, scuotendo la testa come per scrollarsi di dosso quei pensieri. Sentiva il bisogno di una pausa, prima di riprendere il lavoro. Si alzò dalla sedia girevole – ma non prima di aver fatto un paio di giravolte
*No aspetta, ancora altre due. Ok, adesso posso alzarmi* – con l’intento di raggiungere l’Area Comune e concedersi una tazza di the bollente. Con passo sicuro raggiunse l’attaccapanni accanto all'entrata, prese il cappello in stoffa – *Se devo sgranchirmi le gambe, tanto vale farlo con stile* –, se lo calcò sulla testa ed aprì la porta. Dal fondo del corridoio le giunsero alcune voci, ma non diede loro troppa importanza, forse si trattava di qualcuno che stava uscendo. Chiuse la porta dietro di sé, avvicinandosi poi al tavolo posto al centro dello Spazio Comune. Dallo spiraglio di alcune porte poteva scorgere una luce accesa, probabilmente non era la sola ad essere rimasta oltre l’orario lavorativo. Prendendo un bicchiere si versò il the, sorseggiando piano la bevanda ed assaporandone l’aroma - dolce e intenso. Non era il miglior the che avesse bevuto, ma poteva dire che era discretamente buono. Si appoggiò con la schiena al tavolo. Ancora qualche istante, prima di tornare nel suo Ufficio.

● Auror ● Scheda Outfit


Mi sono mossa nell'Area Comune tenendo presente la disposizione degli spazi come abbiamo concordato insieme. ;)
 
Top
view post Posted on 20/5/2017, 14:01
Avatar


Group:
Auror
Posts:
1,504

Status:


oII3yvn


Si sedette al pianoforte, abbandonandosi con un movimento morbido, leggiadro; sollevò la copertura e poi, chinantosi leggermente, sfiorò il primo tasto.
La prima nota. Il primo sussurro.
Il suo collo ondeggiava a ritmo della melodia, mentre impalpabili scosse elettriche tremavano nell'aria, ed i capelli castani, lunghe cornici lucenti, delineavano l’ovale del volto, congiungendosi nel mento affilato.
Sulle labbra solo un mezzo sorriso beffardo, frenato con malizia tra gli incisivi, e gli occhi brillanti a leggere lo spartito.
La melodia gli cingeva i fianchi, brandendoli con il fare un po’ civettuolo e seducente della dama di compagnia, ammiccando da dietro il ventaglio alla sua esecuzione solitaria. Gravitava attorno al giovane come un pianeta attorno alla propria stella, la Luna e la sua Terra, gli anelli di Urano.
Si trattenne sulla scala, la nota non gli sfuggì: non sbagliava mai l’esecuzione, non tollerava nessun tipo di errore. Le sue dita danzavano nell’aria; ora sfiorava appena i tasti, ora li premeva con vigore, come se stesse combattendo con ciascuno di loro.
Li schiacciava con sapienza, obbligandoli ad affondare sotto il suo tocco. Dovevano piegarsi alla sua grandezza componendo la nota mancante, intonando la sua canzone.
Il pianoforte vibrava, accarezzato dalle dita del musicista e accoglieva in grazia il suo genio, sciogliendosi in un pianto d’amaro piacere.
Quando Dorian si interruppe, il suo urlo di protesta venne soffocato dal rintocco dell’orologio. Batteva le sei.
Annoiato dai rumori di quel castello lontanissimo dalla civiltà, aveva deciso che quella sera avrebbe cenato a Londra.
Scese le scale, perfetto nel suo completo italiano. In blu appariva di una bellezza fuggevole e divina, che induceva chiunque incrociasse il suo sguardo ad abbassare gli occhi immediatamente.
Spinto soltanto dalla forza etica dell’educazione, si congedò con un annoiato sorriso di circostanza dagli studenti che mano a mano lo salutavano.
Uscito nel parco, la cascata d’inchiostro dell’imbrunire gli precipitò addosso e il nero di china della sera lo coprì mentre raggiungeva il cancello.
Intrecciò le lunghe dita con un gesto fugace tra i capelli e poi, con quell'identica delicatezza scese sulle guance pallide, posandovi una carezza breve, impercettibile, con la grazia che riservava ai tasti del pianoforte. In fondo quelle attenzioni le custodiva soltanto per se stesso.
Per un attimo la sua sagoma vorticò nell’aria come una trottola impazzita, come un anemone che oscilla nel laghetto ghiacciato, poi scomparve.
E si ritrovò nel cuore di Londra.
Fluttuava tra la folla indaffarata, tra i gruppi di amici in procinto di desinare, tra le coppie di amanti dai volti febbrili, tra le famiglie sorridenti e
i passanti solitari, con la grazia elegante di chi dà le spalle al genere umano, e reputa la gente sempre e soltanto una fiumana da cui prendere le distanze. Eppure quel boulevard vivace, con i suoi negozi economici e folcloristici, i suoi fast food e il suo labirinto di strade trafficate gli trasmetteva un vago sentimento di nostalgia che si faceva più forte man a mano che si avvicinava all’ingresso per visitatori del Ministero.
Aveva deciso di fare una sorpresa a Urania e Christopher, ormai non li vedeva da tempo, e poiché desiderava in qualche modo deliziarli con la sua visita, scelse di indugiare in una pâtisserie lungo la strada.
Prima di entrare spense la sigaretta e la gettò con un gesto leggero nel verde canale che costeggiava la via.
Un unico bancone ricolmo di dolci fagocitava la stretta stanza dipinta d’oro, dominata per intero da un commesso zelante che poggiava sulla fòrmica un po’ screpolata del mobile qualche tazza e una brocca di cioccolato fumante.
Dorian ordinò in un francese perfetto.
Scelse una torta di frutta secca e amaretti, ben sapendo che K. non impazziva per gli sposalizi di dolcezza, e quello gliela confezionò ancora calda, speziata, fragrante.
Obnubilato dagli odori che si sprigionavano da quella botteguccia e che lo facevano impazzire di desiderio, non si rese conto di essere ormai arrivato.
Mentre scendeva a passo agile tra i tortuosi corridoi del Ministero della Magia, ancora una volta, non resistendo, si passò una mano tra i capelli morbidi in un gesto vanesio, saggiandone a ogni ciocca l’inconsistente bellezza, l’infinita fragilità.
E nel frattempo entrò al Quartier Generale.
Camminava in silenzio; sul freddo marmo del pavimento risuonavano soltanto i suoi passi.
Nello stretto corridoio che lo separava dagli uffici s‘imbatté in Killian: lo riconobbe dall’azzurro degli occhi e dalla zazzera scompigliata; si stava succhiando un dito con disperazione, mentre parlava con un giovane dai capelli rossi che Dorian non aveva mai conosciuto.
Si sarebbe fermato volentieri a salutarlo, poiché gli era simpatico e avevano condiviso più di qualche incarico prima della sua partenza per Hogwarts, ma preferì non interromperli e si limitò a sorridergli con fare ammiccante.
«Ancora in servizio, Kilimangiarone?»
Lasciò cadere il discorso e passò avanti, mentre il suono dei suoi passi riecheggiava sotto l’antica volta del salone.
Intravide una ragazza singolarmente bella, con un delizioso berrettino sulla testa, che curiosamente le conferiva grazia e disinvoltura. Aveva capelli di un nero profondo, gli occhi azzurri come il mare e si godeva una tazza di tè con una certa rilassatezza.
«Buonasera, Atena… Hai già cenato o posso tentarti con una fetta della mia torta?»
Dorian le regalò uno dei suoi sorrisi più brillanti e le fece l'occhiolino, insistendo sul possessivo con un'enfasi flautata della voce.
Nel frattempo bussò alla porta dell’ufficio di Christopher; poi la spalancò senza attendere.
Un sorriso di gioia gli sfiorò il bel volto e si attardò per un attimo sulle sue labbra.
Da fuori li aveva sentiti parlare.
«Ormai sono un arrugginito accademico e forse starei meglio adagiato su uno scaffale polveroso, ma se non vi dà noia potrei aggiungermi a voi per la ronda, questa notte… In effetti state lavorando tutti con così tanta solerzia che il mio arrivo è quasi provvidenziale!»
A Dorian sfuggì una risata sincera mentre abbracciava gli amici. Quando porse la confezione ad Urania, si rese conto che nonostante fossero passati pochi mesi gli sembrava di non vederli da una vita.
 
Top
view post Posted on 21/5/2017, 09:10
Avatar

When the snow falls, the fox tries to survive.

Group:
Auror
Posts:
3,876

Status:



#Scheda #Auror #26 anni
Il corridoio fu deserto solo per pochi secondi, perché mentre si spolverava via i residui della torta da mani, barba e vestiario, si ritrovò davanti un ragazzo dagli occhi azzurri e i capelli scuri dall'aria scompigliata e con un dito stretto tra le labbra. A prima vista poteva sembrare un'idiota con una particolare sindrome che lo faceva comportare da neonato, ma scartò subito questa teoria perché il Capo Auror non avrebbe di certo assunto qualcuno dei genere; doveva quindi essersi fatto male, altro non poteva essere.
Alla domanda che il ragazzo gli rivolse, il rosso inarcò un sopracciglio, gli occhi blu come l'oceano che minacciarono di inglobarlo negli abissi da quanto erano profondi. «Aiden Weiss, sono stato assunto da pochi giorni. Con quale dei miei numerosi colleghi ho il piacere di parlare?» E allungò educatamente la mano destra, ormai pulita ma che comunque profumava di dolce.
Proprio in quel momento passò un altro ragazzo, con dei capelli scuri e ben vestito, accompagnato da una confezione contenente un dolce, di cui percepì il profumo per qualche frazione di secondo, giusto quando passò accanto a lui e all'altro Auror per poterlo salutare.
Capì solo ora di non aver conosciuto praticamente nessuno degli Auror suoi coetanei negli ultimi giorni dalla sua assunzione, ma aveva solamente provveduto a sistemare l'ufficio e a qualche lavoretto mentre attendeva il suo primo incarico da Mr Wilde.
Gli occhi si ripuntarono sull'Auror che aveva davanti, guardandolo confuso per come l'Auror che lo aveva salutato pochi istanti prima. Ma cercò di lasciare perdere, regalando uno dei suoi migliori sorrisi al ragazzo. «A quanto pare il Quartier Generale ha più vita di notte che di giorno!» esclamò, scherzoso. «Stavo pensando di godermi una meritata pausa con un caffè e con il dolce che mi ha mandato mia sorella. Se vuoi unirti, mi farebbe molto piacere. Anche perché non conosco praticamente nessuno!» propose in tono affabile.
Aiden Weiss
“And I started to hear it again, but this time it wasn't the end.”
CODE MADE BY SAMMAEL



Edited by Dragon Reborn - 21/5/2017, 21:16
 
Top
view post Posted on 23/5/2017, 17:44
Avatar

Group:
Auror
Posts:
552

Status:



Killian Resween ♢ 24 anni ♢ Auror

« Presentazione»


Se al giovane Resween fosse mai importato qualcosa delle prime impressioni che dava di sè, allora forse avrebbe evitato di parlare con il dito in bocca chiedendo poco carinamente chi "diavolo" fosse il fulvo ragazzo che si era ritrovato davanti nella sua disperata ricerca di acqua corrente. Avrebbe anche pensato che doveva avere un aspetto impresentabile dopo una giornata passata in ufficio e il programma di rimanervi ancora per la nottata, aumentando il livello di sbavatura del suo carboncino sotto agli occhi grigi che a tratti enfatizzava e a tratti nascondeva le sue occhiaie da troppo lavoro.
Ma un conto era apparire bizzarri e un conto era essere maleducati, così quando l'estraneo si presentò rivelando di essere un collega neo assunto Killian tolse il dito ferito dalla bocca con un rumoroso schiocco molto simile a quello che facevano i bambini per diletto. Di certo non aveva intenzione di stringergli la mano offerta con quella appena liberata, leggermente ricoperta della sua portentosa saliva-disinfettante. Prima ancora che il Resween potesse valutare come aggirare quel problema, entrò in scena nel corridoio un'altra figura che Killian non ebbe difficoltà a riconoscere dal modo in cui camminando annunciava la sua presenza. Incassò con viso altrettanto ammiccante lo storpiamento del proprio nome e in tutta risposta al saluto del mago appena giunto si applicò nell'inchino più profondo e palesemente provocatorio che le sue articolazioni gli permisero a quell'ora tarda.


"Signor Professore", rispose con voce carica di eccessivo rispetto e riverenza, mascherando perfettamente il divertimento celatovi dietro.

Adorava prendere in giro Dorian per i suoi modi così raffinati ed eleganti, ma in fondo il ragazzo trovava quella pomposità divertente e non urtante (stranamente) e per questo si permetteva di scherzarci su.


Approfittando dell'interruzione alla sua presentazione, il ventiquattrenne porse la mano sinistra adattandola alla destra offerta dal nuovo collega: sempre meglio una stretta anticonvenzionale di una stretta normale ma bagnaticcia. Nel mentre gli sorrise ammiccando amichevolmente visto che anche lui sembrava un tipo socievole e poi finalmente si decise a rivelare il suo nome.
Quasi.
Notando l'espressione stupita del rosso all'udire come Dorian l'aveva appena appellato, non si trattenne dal dire:


"Benvenuto Aiden -", iniziò per poi indicare dietro di sè a pugno chiuso e con il pollice sopra alla sua spalla, "- Come hai appena sentito, io sono Killimangiarone Resween, ma tu puoi chiamarmi semplicemente Kill"

Rimanere incredibilmente serio e imperturbabile mentre sparava delle pluffate del genere era una dote a cui Killian faceva ricorso spesso, ora la domanda era solo una: quanto sarebbe potuto durare quell'equivoco?

Il neo-Auror riprese la parola quasi subito rivelando quanto la vita frenetica ed impegnata al Quartier Generale potesse paradossalmente rubare tempo alle presentazioni ed alla socializzazione: era stato "quello nuovo" abbastanza a lungo per poter comprendere come si dovesse sentire Aiden. Per questo, anche se una pausa-caffè non era trai suoi piani, si ritrovò ad accettare semplicemente:


"Ma certo, solo che devo risolvere prima questo", alzò il dito che aveva ripreso leggermente a sanguinare. "Ho sentito delle voci nell'aera comune; prova a vedere se ci sono altri sonnambuli. Io vi raggiungo"

Soddisfatto di scoprirsi più socievole di quanto ricordasse, fece un fugace occhiolino al collega prima di avviarsi all'inizio del corridoio dove molto plausibilmente erano localizzati i gabinetti.
Rimettendosi il dito in bocca, tornò a riflettere su quante probabilità c'erano che gli altri colleghi non lo chiamassero con il suo nome di battesimo, così da reggergli inconsapevolmente il gioco.


Scheda
 
Top
view post Posted on 23/5/2017, 19:25
Avatar


Group:
Auror
Posts:
684

Status:



Overtime

fXTQjyM
Il
lungo sorso che Kappa diede al caffè mi fece comprendere quanto la mia idea di pausa fosse stata apprezzata. Nonostante, a suo dire, fosse il quarto che beveva, sembrava averne davvero bisogno; come me, d'altronde. Ci sono giornate così lunghe dove non è bene tener conto della caffeina assunta.
« L'altro giorno mi hai chiesto la ricetta dei miei famosi biscotti zenzero e cannella. Oggi te l'ho scritta » feci, tirando fuori dalla tasca un pezzetto di pergamena piegata in quattro. « Se vuoi li facciamo insieme la prima volta. Altrimenti, dimmi poi come sono venuti » gli sorrisi, tornando con la schiena contro la poltrona.
Avvicinai il bordo del bicchiere al labbro superiore e mi feci riscaldare dal vapore bollente che risaliva; abbassai appena il bicchiere e ne bevvi un piccolo sorso, socchiudendo appena gli occhi. Ero l'unica persona al mondo a trovare il caffè rilassante?
« Per quanto ne hai ancora? Io tra un'ora dovrei aver finito, pensavo di andare a mangiare qualcosa » aggiunsi dopo un po', pensando che il Red Little Horse all'angolo sarebbe stato perfetto. Adoravo le omelette che preparavano lì.
Un vociare più fitto mi fece voltare all'indietro, sopra la spalla; proveniva dall'atrio su cui si affacciavano gli uffici. I passi decisi risuonarono sul marmo del pavimento e la sua inconfondibile voce melodiosa proruppe divertita oltre la parete dell'ufficio di Kappa.
« Sarà mica...? » accennai, posando il mio caffè. Mi voltai completamente sulla poltrona, guardando la porta chiusa e le ombre che si agitavano rapide frammentando la luce dello spiraglio sottostante.
Un colpo rapido e la porta si spalancò d'improvviso, senza che quel qualcuno attendesse d'essere ricevuto. Tutto mi confermò che potesse essere solo quella persona, ancor prima che questa aprisse completamente il battente.
Dorian indossava un completo blu e il suo più caldo sorriso. Tra le mani, una confezione trasparente faceva bella mostra di una piccola torta perfettamente decorata e realizzata, quasi fosse un mosaico.
« Il dolce è per farti perdonare della tua assenza? » esordii sorridendo, mi alzai in piedi e lo raggiunsi. Lo abbracciai conficcando il naso tra le pieghe della sua giacca, respirandone lo stesso dolce profumo che aveva da 9 anni. E non mi riferivo alle fragranze che amava e che spesso cambiava; era il profumo della sua pelle, come anche quella di Kappa. Degli odori legati alla mia infanzia, nostalgici, capaci di farmi sentire con un piede nel passato e uno nel presente; non amavo la compagnia e non mi mancava la presenza di certi affetti. Eppure, con loro due e Rosalie, questa cosa mi capitava di continuo. Averli vicino mi trasmetteva subito un senso di casa e pace.
«Ormai sono un arrugginito accademico e forse starei meglio adagiato su uno scaffale polveroso, ma se non vi dà noia potrei aggiungermi a voi per la ronda, questa notte… In effetti state lavorando tutti con così tanta solerzia che il mio arrivo è quasi provvidenziale!»
Sorrisi, allontanandomi da lui. « Noto un po' di polvere accumulata qui e là, in effetti » scherzai, fingendo di spolverargli la spalla destra. Afferrai la confezione che ci porgeva e guardai oltre il suo braccio, alla porta lasciata aperta e alla zona comune, dove Atena stava sola a bere un the. Mi ricordai anche di aver sentito delle voci provenire dal fondo del corridoio quando avevo lasciato il mio ufficio.
« Magari offriamo una fetta anche a lei e agli altri rimasti per gli straordinari? » proposi, indicandola con il mento, spostando poi lo sguardo su Kappa. Per quanto mi sarebbe piaciuto stare un po' sola con loro, mi sembrò scortese chiudere quella porta e ignorare gli altri miei colleghi - seppur, di fatto, li conoscessi a malapena e alcuni solo di nome - i quali, tra l'altro, avevano visto sia Dorian arrivare che la torta in questione.

 
Top
kapitän
view post Posted on 24/5/2017, 23:29











«L’altro giorno mi hai chiesto la ricetta dei miei famosi biscotti zenzero e cannella. Oggi te l’ho scritta».
«Grazie» rispondo afferrando il pizzino di carta porto da Rue. Pensare ai biscottini mi rende affamato: mi sembra di percepire i sorsi di caffè scendere nello stomaco come secchiate d’acqua in una grotta gigante, piovere sul fondo e generare un sonoro rimbombo.
«Se vuoi li facciamo insieme la prima volta. Altrimenti, dimmi poi come sono venuti».
«Volentieri; facciamoli insieme, quando hai tempo. Sappiamo entrambi che da solo combinerei qualche disastro in cucina».
In realtà non sono il cuoco peggiore del mondo e, soprattutto in un paese di analfabeti della tavola come l’Inghilterra, posso quasi vantare una certa abilità. I biscotti, però, sono sempre stati il mio punto debole, con risultati sempre al di sotto delle aspettative.
«Per quanto ne hai ancora? Io tra un’ora dovrei aver finito, pensavo di andare a mangiare qualcosa».
Oh sì, ho decisamente bisogno di mangiare qualcosa. L’idea di passeggiare un po’ per le strade di Londra sotto al cielo velato – tra i colori e la frenesia della città Babbana, davanti alle vetrine spente dei negozi che si fanno specchio delle luci che accendono la notte – non può che allettarmi.
Il vociare in corridoio si fa più concitato, tanto da attirare l’attenzione di Rue. Evidentemente più di un collega è rimasto a lavorare oltre all’orario comandato.
«Sarà mica...?»
Sì, è Dorian. Difficilmente potrei confondere la sua voce, anche attraverso una parete. Pur non riuscendo a distinguere le parole, il tono mellifluo non lascia adito a dubbi. Tuttavia, non faccio in tempo a rispondere a Urania che la porta si spalanca e Dorian invade il mio ufficio senza invito. È abbagliante, vestito di blu, ma la mia attenzione è richiamata dalla confezione di pasticceria che ha tra le mani. Il mio fiuto e la mia vista si fanno, in queste situazioni, più acuti di quelli di un Cocker addestrato alla caccia: l’odore morbido, inconfondibile della frutta secca che si combina al sentore amaro delle mandorle, il colore chiaro della pasta sfoglia che cinge il dolce come una mano di velluto… tutti gli indizi mi lasciano pensare che si tratti di una torta russa, la mia preferita.
Lascio i convenevoli a RueRue, ma mi alzo a mia volta, appoggiando il bicchiere di caffè sul tavolino.
«Il dolce è per farti perdonare della tua assenza?»
«In tal caso, non è sufficiente». Scuoto la testa con gli occhi chiusi e le braccia incrociate, simulando un’espressione contegnosa, facendo cenno di no, ma alla fine mi lascio scappare un sorriso.
«Ormai sono un arrugginito accademico e forse starei meglio adagiato su uno scaffale polveroso, ma se non vi dà noia potrei aggiungermi a voi per la ronda, questa notte… In effetti state lavorando tutti con così tanta solerzia che il mio arrivo è quasi provvidenziale!»
«Noto un po’ di polvere accumulata qui e là, in effetti».

Dalla porta, che è rimasta aperta, è possibile vedere quasi per intero la sala comune del Quartier Generale. Una donna vestita con gusto si concede una tazza di tè, i capelli corvini scendono sulle spalle e si posano sulla morbida camicia bianca. Pare stanca e assorta nei propri pensieri. È Atena, una giovane Auror reclutata poco prima di noi.
«Magari offriamo una fetta anche a lei e agli altri rimasti per gli straordinari?»
E agli altri? Quanti sono, gli altri, cinque? Dieci? Mille? In quante briciole avremmo dovuto dividere quella piccolissima torta?
Fisso Rue per qualche secondo con la bocca e gli occhi spalancati, in preda ad una combattuta battaglia interiore. Il mio angelo custode dà il meglio di sé nonostante l’arpa e il vestitino la tunica non giochino a suo favore, mentre un diavoletto vestito di rosso fa la verticale su un solo braccio sulla mia spalla, dimostrando la propria superiorità atletica.
Infine guardo Atena, sola soletta con la sua tazza fumante, e mi avvicino alla soglia dell’ufficio. Una vocina nella mia testa sta ancora gridando di chiudere la porta con un colpo d’anca come aveva fatto Urania poco prima e non condividere il dolce tesoro con nessuno, ma, raccogliendo il fiato e il coraggio, mi affaccio e chiedo: «Atena, gradisci una fett…ina di torta?»
Ovviamente non posso immaginare che le sia già stata offerta. Una parte di me, nel frattempo, e ad essere sincero nemmeno troppo piccola, spera che Rue si sia dimenticata degli altri. Chi sono gli altri, questi emeriti sconosciuti? Voci nel corridoio, e non vedo come possano avere diritto ad una fetta della mia torta. Se sapessi che di là c’è il buon Killian, probabilmente, non sarei così aspro.


HP 172/172 ♦ body 120/120 ♦ mana 120/120 ♦ EXP 26


 
Top
view post Posted on 25/5/2017, 18:50
Avatar


Group:
Mago
Posts:
1,340

Status:


Overtime
Il calore della bevanda le scaldò lo stomaco, regalandole una familiare sensazione di rilassatezza. Assaporò ancora alcuni sorsi, prima di decidere che aveva dedicato abbastanza tempo alla pausa relax ed era ormai ora di tornare in Ufficio. Fece per alzarsi e dirigersi verso la sua porta, quando il “dlin” dell’ascensore la fece indugiare ancora per qualche istante nell'Area Comune. Chi poteva mai arrivare al Quartier Generale a quell’ora tarda della sera? Incuriosita, tornò ad appoggiare la schiena al tavolo, aspettando di vedere chi sarebbe apparso dal corridoio. Sentì dei passi, qualcuno parlare nei pressi dell'Atrio, un “Kilimangiarone” arrivò distinto alla sua attenzione. Sorrise tra sé, solo una persona poteva usare quel nome. I passi del nuovo arrivato si fecero più vicini, finché la sua figura non sbucò dal corridoio. Era un giovane affascinante, con un sorriso smagliante e dei morbidi capelli che fluttuavano elegantemente ad ogni passo - *chissà che shampoo usa?* - «Dorian, che sorpresa vederti qui!» lo salutò allegramente, ricambiando il sorriso. Era da molto che non lo vedeva bazzicare al Quartier Generale dopo la sua dipartita per Hogwarts. «Come potrei rifiutare un’offerta dal mio Professore preferito?» il sorriso si allargò ulteriormente. Ma questi, anziché fermarsi, si avviò con passo deciso verso l’ufficio di Christopher Channing, portando con sé la sua fetta di torta e lasciando solo una scia di fragrante profumo a consolarla. *Che strano personaggio* pensò tra sé con un’alzata di spalle, tornando a dedicare la sua attenzione alla tazza di tè che aveva tra le mani.
Dalla porta lasciata aperta poté scorgere la figura di Urania, una collega molto capace assunta poco prima di lei. Quando i loro sguardi si incrociarono la salutò con un sorriso e un’alzata di mano, ma tornò presto con lo sguardo alla sua tazza di tè per non sembrare invadente e lasciare ai tre colleghi la loro intimità. Sapeva che erano amici di vecchia data e che erano molto legati tra loro. Pensò che sicuramente avrebbero voluto trascorrere del tempo insieme, indisturbati, approfittando di una delle rare visite di Dorian.
Nel frattempo, dal corridoio continuavano a giungere delle voci. A quanto pareva era circondata. Si chiese se non fosse il caso di affacciarsi nel corridoio per salutare Killian e magari offrirgli qualcosa da bere. Quel ragazzo le era sempre stato simpatico, lavorava al Quartier Generale da più tempo di lei ed era stato il suo punto di riferimento quando era appena una neo assunta. Ma non fece in tempo a decidere il da farsi che Kappa si affacciò dalla porta del suo Ufficio, offrendole – di nuovo – la famigerata fetta di torta, che nel frattempo era diventata fett...ina. Che fosse la volta buona? Intuendo una certa riluttanza nella sua voce, gli scoccò uno dei suoi migliori sorrisi e uno sguardo angelico
«Ho già cenato» meglio non mostrarsi troppo avidi, soprattutto con colleghi che ancora non conosceva in modo approfondito. «Ma visto che insistete, accetto volentieri la vostra gentilezza». Le conveniva cogliere al volo la seconda offerta, prima che cambiasse idea. «Gradite del tè o del caffè?» disse indicando i bicchieri sul tavolo. Lo scambio non sarebbe stato propriamente equo, dato che le bevande erano sempre a disposizione e chiunque di loro avrebbe potuto servirsi da solo in un qualunque momento, ma voleva mostrarsi gentile e tentare di fare una buona impressione. Chissà, magari quella fett...ina poteva tornare ad essere una fetta intera.

● Auror ● Scheda Outfit
 
Top
view post Posted on 27/5/2017, 10:11
Avatar


Group:
Auror
Posts:
1,504

Status:


oII3yvn

Bello come gli angeli del cielo, li guardò e sorrise.
Poi si immerse in se stesso dimenticando ogni cosa, abbandonandosi alle correnti del tempo che lo trasportavano lontano, in abissi variopinti della memoria pieni di nostalgici ricordi.
«Il dolce è per farti perdonare della tua assenza?» chiese Rue.
«In tal caso, non è sufficiente» aggiunse Christopher con voce più profonda, e Dorian ricambiò il sorriso strizzandogli l’occhio.
Urania era sempre la stessa, il suo sguardo brillava nel volto candido e delicato; la semplicità del suo abito non faceva che renderla ancora più bella, con quegli occhi simili a perle d’acqua congelata. K., dal canto suo, si era decisamente ingrossato, le spalle massicce lo rendevano al tempo stesso più slanciato e più dritto e la maglietta morbida sembrava una seconda pelle sul torso scolpito.
«Voi mi siete mancati di più.»
La guardò negli occhi con affetto prima di separarsi dal morbido abbraccio, mentre quella coltre impalpabile di reminiscenza iniziava ad evaporare.
«Noto un po' di polvere accumulata qui e là, in effetti»
«Non me ne parlare! Ad Hogwarts il servizio di tintoria è di un’inefficienza criminosa.»
Enfatizzò l’aggettivo sollevando un sopracciglio divertito.
«Magari offriamo una fetta anche a lei e agli altri rimasti per gli straordinari?»
Annuì, con un accenno di sorriso, ricordandosi della povera Atena lasciata fuori a bocca asciutta, ma non fece in tempo a chiedere a Cristopher se fosse d'accordo che quello, come un enorme golden retriever allarmatosi per la possibilità di vedersi sottrarre del cibo, era rapidamente corso alla porta e vi si era affacciato con un misto di inquietudine e speranza.
«Atena, gradisci una fett…ina di torta?»
Lui rise sentendolo usare quel diminutivo esorcizzante che doveva avergli dato una breve illusione di sicurezza.
«Ho già cenato» rispose lei con cortesia, ma Dorian in un lasso di tempo infinitesimale aveva percepito il desiderio che la trafiggeva e che probabilmente voleva nascondere per non sembrare inopportuna.
«Ma visto che insistete, accetto volentieri la vostra gentilezza».
Lui si posò con la schiena allo stipite della porta - le braccia conserte - e le sorrise.
«Non temere Atena, mi sincererò che non sia poi così tanto piccola… e che ti venga dato ciò che ti spetta concluse malizioso, facendole cenno di accomodarsi.
«Gradite del tè o del caffè?»
«Penso che una tazza di tè sarebbe l’ideale…»
Il rituale del tè, quel puntuale riproporsi degli stessi gesti e della medesima esperienza gustativa, lo portò ancora una volta con la mente indietro ai tempi di Hogwarts. Tutti i pomeriggi lui, Cristopher e Urania bevevano una tazza di tè. Scendeva il silenzio, fuori soffiava il vento, le foglie autunnali stormivano e turbinavano nell'aria, il fuoco scoppiettava nel caminetto.
E, ad ogni sorso, il tempo sembrava sublimarsi.
D’improvviso si ricordò di Killian e dell’altro ragazzo, e si sporse nella loro direzione.
«Kilimangiarone, ti piacciono ancora i dolci? O hai finalmente deciso di metterti a dieta?»
Tra loro funzionava in quel modo: Dorian amava stuzzicarlo e l’altro, ovviamente, non si tirava mai indietro; ma più di una volta si erano guardati le spalle a vicenda e, quando ancora non era ad Hogwarts, molte delle loro serate si erano concluse con il pungolo voluttuario di un bicchiere di whisky.
«Estendi l’invito anche al tuo amichetto, se desidera, che il Signor Professore non vede l'ora di conoscerlo… Abbiamo roba buona!»
La sua voce risuonò nel salone con una melensaggine deliziosamente sardonica, poi si voltò e tornò nello studio.
«L’ho presa strada facendo, in quella pâtisserie a Westminster che ti piaceva tanto. E’ una torta russa con mandorle e amaretti – ben ricordo il tuo snobismo nel rifiuto categorico delle creme – dovrebbe essere ancora calda… Puoi avere anche la mia fetta, se vuoi. Sai che non mangio.»
Si rivolse a Christopher con un sorriso, intercettando con complicità lo sguardo di Urania, e gli posò una mano sulla spalla. Ma quello, con aria da mafioso italiano, broncio sdegnoso e sguardo mortificato, si era chiuso in un silenzio compunto.
 
Top
view post Posted on 27/5/2017, 13:21
Avatar

When the snow falls, the fox tries to survive.

Group:
Auror
Posts:
3,876

Status:



#Scheda #Auror #26 anni
L'Auror chiamato Killimangiarone sembrò affabile e cordiale, ma non era del tutto certo che si chiamasse così. Quale madre sana di mente chiamerebbe il proprio figlio con un nome simile?
Aiden lasciò correre, se si trattava di uno scherzo - e l'orario di certo non aiutava a restare lucidi - avrebbe fatto meglio ad incassarlo in silenzio. Dopotutto doveva fare conoscenza con qualcuno lì dentro, non sarebbe stato il caso di fare il serioso per tutto il tempo, soprattutto a quell'orario. Scherzare era forse l'alternativa migliore, anche per non sentire troppo il peso della stanchezza.
Annuì alle parole del collega: aveva effettivamente un gran bisogno di sistemarsi quel dito, sanguinava anche parecchio ad occhio e croce quando glielo mostrò frettolosamente. «Fa con comodo, io penso che mi metterò nella Sala Co---» Ma la frase venne tagliata a metà quando il rosso udì chiaramente la voce dell'Auror che era passato accanto a loro poco prima, invitandoli ad unirsi al resto degli Auror rimasti. Tornò a fissare nuovamente il ragazzo con i capelli scompigliati e sorrise divertito. «Come non detto, ma meglio così.» E lasciò che il collega andasse a sistemarsi la ferita al dito.
Lui invece si voltò per ritornare velocemente al proprio ufficio e prendere la torta che sua sorella gli aveva inviato. Si sentì ovviamente in colpa nell'aver già mangiato una fetta, ma mai avrebbe immaginato di ritrovarsi in compagnia al Quartier Generale quella sera e sopratutto a conoscere altri colleghi. Avrebbe fatto certamente meglio a portare la sua bottiglia di crema di Whiskey in aggiunta, giusto per riparare a quella piccola scortesia del dolce già iniziato. Sperò soltanto che la sua intenzione e scusa fosse più che apprezzata.
Dal suo ufficio arrivarono chiaramente i versi della lotta ancora in atto tra la gatta e Sceriffo. Sperò soltanto che non avessero compromesso l'integrità del dolce o ne avrebbero pagato entrambi le conseguenze. Che selvaggi... pensò. Ma dopotutto gli animali rispecchiavano certi aspetti del carattere del proprio padrone e Aiden - dovette ammettere a malincuore - a volte si lasciava andare nel peggiore dei modi, abbandonando i suoi modi carini e gentili.
Aprì la porta e lanciò uno sguardo di fuoco ad entrambi gli animali, colti in fragrante mentre si azzuffavano non molto distanti dalla scrivania. Merlino lanciò un verso colmo di gratitudine per essere tornato in tempo, non era proprio tagliato per fare da babysitter a quei due.
«Ginga, adesso basta! Sceriffo, anche tu, stai buono!» Nemmeno si rese conto di aver detto quel rimprovero a voce decisamente troppo alta.
Afferrò Sceriffo in tempo, prima che legasse la gatta con i suoi lunghi baffi e lo guardò con severità. «Tu ora vieni con me, signorino! E tu te ne stai buona qui e evita di fare danni!» aggiunse, agitando un dito verso la gatta, che in tutta risposta, miagolò.
Infilò Sceriffo nel taschino della camicia e prese la crema di Whiskey nel piccolo frigo vicino alla libreria e quello che restava della torta. Poi uscì e chiuso l'ufficio.
Si avviò a gran passi verso l'ufficio in cui aveva intravisto, per una frazione di secondi, il ragazzo che aveva visto passare poco prima e che gli aveva esteso l'invito. Per educazione, bussò appena con la nocca della mano che sorreggeva la bottiglia la porta dell'ufficio sulla cui porta vi era una sola lettera "K". A quanto pare qui abbondano i nomi da battaglia... pensò con un ghigno divertito.
Infilò appena la testa dentro per sorridere ai colleghi all'interno. Mostrò la mercanzia che aveva portato con sé. «Scusate, ho pensato di portare qualcosa... Ovviamente mi scuso se la mia torta è iniziata, ma ho iniziato i festeggiamenti per l'assunzione in totale solitudine, credendo di essere rimasto solo. Ma in compenso ho aggiunto la crema di Whiskey, anche se consideriamo l'orario poco adatto.» Si scusò con un sorriso timido e porse al ragazzo ben vestito e che aveva visto prima la bottiglia. «Oh, giusto. Che sbadato, non mi sono presentato. Aiden... Aiden Weiss, tanto piacere.» E allungò la mano libera un po' verso tutti, mentre Sceriffo fece capolino dal taschino della camicia con un sonoro cip e agitando allegramente i baffi. «Lui invece è Sceriffo.»
Aiden Weiss
“And I started to hear it again, but this time it wasn't the end.”
CODE MADE BY SAMMAEL

 
Top
view post Posted on 28/5/2017, 12:40
Avatar

Group:
Auror
Posts:
552

Status:



Killian Resween ♢ 24 anni ♢ Auror

« Sceriffo »


Aveva finalmente scovato dove si nascondevano i famigerati bagni maschili (che erano sempre stati lì, poco dopo l'ingresso, ma Killian aveva una specie di paraocchi quando lavorava e non era strano che non aveva fatto caso a cosa separasse l'entrata dal suo ufficio) quando la voce di Midnight lo raggiunse ovattata con una nuova provocazione/invito.
Rimandando a dopo la risposta per non rendere il Quartier Generale una sorta di mercato notturno dove la gente gridava da un estremo all'altro, il giovane Resween entrò nell'ambiente poco illuminato e aprì subito l'acqua corrente che zampillò sul dito ferito donandogli un po' di sollievo dal fastidio che gli provocava. Mentre aspettava che la bassa temperatura del liquido lavasse via il sangue residuo e ne bloccasse la nuova fuoriuscita, sentì gli altri colleghi rimasti oltre l'orario di lavoro solito confabulare amabilmente. Non riusciva a distinguere bene tutte le parole o a riconoscere le voci che si alternavano, ma capì presto che la pausa si sarebbe prolungata a lungo a giudicare dai viveri che erano stati portati.
Lo specchio riflesse un fugace sorrisetto storto per la piega inaspettata che la serata sembrava promettere, poi Killian tornò di nuovo nel corridoio rimasto per il momento vuoto visto che anche il ragazzo fulvo era stato invitato nel "party" nella Sala Comune dopo aver imprecato contro qualcuno nel proprio ufficio, probabilmente qualche animale domestico di cattivo umore almeno quanto Amigdala.


"Buonasera, Atena", salutò la giovane donna nei paraggi dell'ufficio di Christopher Channing accompagnando le parole con un cenno del capo.

Killian provava una sorta di stupito rispetto per quella collega, probabilmente dovuto agli anni che lei aveva più di lui o al fatto di trovarla sempre vitale e fresca. Persino in un ambiente chiuso, di sera, indossava un cappellino alla moda. Non che ci fosse niente di strano in realtà, ma chissà perchè per Killian era segno di carattere, di coraggio, quasi.
A pensarci bene, tutte le persone che aveva incontrato da quando l'emergenza-dito lo aveva stanato dal suo ufficio avevano un aspetto curato quasi che fosse l'alba di uno splendente giorno e non la conclusione (ancora distante) di una giornata lavorativa. Ma forse non erano gli altri ad essere supereroi instancabili: era semplicemente lui a non essere stato in grado di racimolare che poche ore di sonno in tre notti. Un caso difficile gli stava risucchiando più forze di quanto credesse, come testimoniavano le occhiaie, la matita sbavata, la barba un po' troppo incolta e la semplice maglia bianca pulita ma irrimediabilmente spiegazzata.

*Un tripudio di presentabilità*, pensò tra sè divertito mentre raggiungeva la macchina del caffè intenzionato a tirarsi un minimo sù con la bevanda più forte che potesse ottenere armeggiando con quel coso infernale.

"Lui invece è Sceriffo", sentì concludere il rosso che gli dava le spalle perchè con la testa infilata nell'ufficio di K. La sua mente si stava distrattamente chiedendo chi fosse Sceriffo quando un pigolio ghiacciò il sangue nelle sue vene. Forse perchè il passare molto tempo sotto forma di Falco gli aveva reso più facile riconoscere quel genere di cose da animali o forse perchè Senza Nome lo tormentava spesso con versi tali e quali a quello che aveva appena udito, comunque fu subito evidente che si trattava di un pulcino. Uno sguardo allarmato saettò in direzione della porta del proprio ufficio per assicurarsi che fosse ben chiusa: Amigdala che martoriava e affettava quella povera creatura non sarebbe stato un bel modo di concludere la serata tra amici. Si chiese se non fosse meglio lasciare la falchetta a casa d'ora in poi, ma in quel caso avrebbe dovuto portare con sè Senza Nome per evitare un altro pulcinicidio... Ma non poteva lasciare a casa Amigdala da sola dato che la Signora McCramble glielo aveva proibito da quando lei aveva lasciato i resti della sua cena sul delizioso tappetino lavanda davanti alla porta della donna.
La sua mente si stava arrovellando su come comportarsi per evitare che l'ancora mancato addestramento del suo Falco Pellegrino spargesse morte a destra a manca quando un altro pensiero si insinuò in lui: come poteva dagli torto, dopotutto? Il morbido piumaggio giallo dei pulcini doveva nascondere una carne ancor più tenera...
Killian scosse la testa energicamente quando si rese conto che la sua parte animale stava di nuovo provocando un delirio di pensieri: inesperto com'era aveva ancora delle difficoltà a separare l'uomo dal Falco e a dominare completamente l'uno quando era nelle vesti dell'altro.

Al momento era visibile solo allo sguardo di Atena e sperò vivamente che non avesse fatto caso a quel suo strano comportamento o, in caso affermativo, che attribuisse il tutto alla stanchezza.
Meglio passare per un Auror stanco che per un Killer di pulcini.


Scheda
 
Top
view post Posted on 5/6/2017, 16:49
Avatar


Group:
Auror
Posts:
684

Status:



Overtime

fXTQjyM
Da
quando Dorian aveva messo piede al Quartier Generale, com'era ovvio che accadesse, la piccola pausa che io e Kappa c'eravamo concessi minacciava di trasformarsi in un abbandono definitivo. Ma fu curioso come, in pochi istanti, capitò lo stesso a tutti quelli che si erano trovati per caso nella scia di profumo della torta di frutta secca e amaretti. Torta che, era evidente, non avrebbe mai soddisfatto a pieno il palato di così tante persone diventando, al massimo, un frugale assaggio. E mi pentii, seppur con una punta di divertimento, di aver esteso l'invito dopo aver notato quanto la svolta avesse intristito e innervosito il povero Kappa. D'altronde, lo sapevo, era una delle sue torte preferite e sapevo anche che Dorian l'aveva scelta appositamente per lui; e trattenni una spontanea risata quando sottolineò più volte di essere disposto ad offrire solo una fett...ina.
«Atena, grazie mille, ma ho appena preso del caffè» le dissi poi, notandola ancora ferma nella zona comune. «E come ha detto Dorian, la tua fetta sarà ben generosa, non temere» sorrisi, spostando l'attenzione su Kappa. Deformai dolcemente l'espressione del viso, come a volermi scusare con lui per quell'ulteriore tradimento; mi ripromisi di fargli dei biscotti super buoni per farmi perdonare.
«L’ho presa strada facendo, in quella pâtisserie a Westminster che ti piaceva tanto. E’ una torta russa con mandorle e amaretti – ben ricordo il tuo snobismo nel rifiuto categorico delle creme – dovrebbe essere ancora calda… Puoi avere anche la mia fetta, se vuoi. Sai che non mangio.»
Risi nuovamente alle parole di Dorian, sia perché si stava evidentemente immolando per la felicità di Kappa sia perché, dai tempi di Hogwarts, insisteva nel dire che lui non mangiava quasi vivesse d'acqua e pura luce, sebbene la sua moderata golosità dimostrasse il contrario.
D'un tratto ci raggiunse anche una nuova recluta, tale Aiden Weiss; alto, giovane, dai capelli rossi un po' arruffati. Il suo cognome mi era vagamente familiare; mi pareva di aver sentito di altri Weiss in quello stesso dipartimento, ma non ero sicura che fossero suoi parenti. Avevo solo sentito nominare quel cognome casualmente, camminando tra un corridoio e l'altro, in riferimento a due persone adulte che un tempo avevano lavorato in quel luogo. Ma le mie informazioni erano così frammentate e imprecise che, per quanto ne sapevo, i due potevano avere un cognome solo assonante con quello di Aiden o, magari, essere stati gli addetti alle pulizie del Quartier Generale. Decisi perciò di evitare una gaffe e di non toccare l'argomento; magari, dopo una conoscenza più approfondita, avrei chiarito i miei dubbi. D'altronde lui stesso l'avevo intravisto nei corridoi recentemente e di rado, senza mai aver avuto modo di parlarci o, quanto meno, presentarmi. Pensai di rimediare in quell'occasione.
«Urania Donovan, molto lieta. Ma puoi chiamarmi Rue» gli strinsi la mano, poi passai il dorso dell'indice sul capo del pulcino che teneva nel taschino. «Ciao anche a te, Sceriffo. A cosa deve il suo nome questo batuffolo?» domandai, sollevando lo sguardo, sinceramente incuriosita. Non era certamente un nome usuale da dare ad un animale, tanto più che non mi era mai capitato di conoscere qualcuno che avesse un pulcino come animale da compagnia e che lo portasse sul luogo di lavoro. Personalmente, amavo molto gli animali. Non avevo mai avuto il coraggio di prendermene cura, invece, per la vigliacca paura di soffrire quando mi avrebbe lasciato. Pensavo spesso che la mia casa sarebbe stata meno vuota con un gatto a farmi le fusa la sera, accoccolato con me a leggere un buon libro con il grammofono che suonava in sottofondo. M'immaginavo perfettamente e l'idea mi allettava non poco, essendo sinceramente convinta che il tempo speso nella compagnia del silenzio fosse costruttivo e prezioso. Ma poi, sul momento di andare in un rifugio per adottarne uno, venivo presa dal panico e desistevo. Chissà, magari un giorno avrei superato anche quello.

 
Top
26 replies since 17/5/2017, 15:14   924 views
  Share