Iperglicemia, Privata.

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view post Posted on 31/5/2017, 13:32
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Iperglicemia

MY6fL2m
Era
una fin troppo afosa giornata di Agosto, come non se ne vedevano da tanto nel Regno Unito. Diagon Alley, nella piega di tessuto nascosta di Londra, pullulava di maghi e streghe. Avevo indossato un lungo abito di lino bianco che, pure essendo leggero e largo, non riusciva a donarmi del tutto il sollievo sperato. Il cappello a falda larga di paglia nera, invece, mi aiutava un po' di più. Camminando nelle zone d'ombra mi ripetei che ero uscita dal mio appartamento fresco e ventilato per una buona causa; un'ottima causa, forse l'unica che poteva davvero convincermi a tentare un'impresa tanto ardua. Non avevo mai sopportato le temperature eccessive, né in un senso né nell'altro. Ma, se il freddo estremo riuscivo a contrastarlo con qualche strato in più, l'estremo caldo, invece, non c'era modo di affrontarlo. Anche la più gelida delle granite si liquefaceva in breve sotto il suo manto avvolgente e soffocante. Ma, come dicevo, c'era un ottimo motivo per recarmi a Diagon Alley e, in particolare, nell'affollatissimo - ma si sperava, refrigerato - Florian Fortebraccio. Il 24 ricorreva la nascita di mia sorella Rosalie e lei amava così tanto quel locale che mi aveva fatto giurare di comprarle lì la torta di compleanno. Mi sentivo perennemente in colpa con lei da quando aveva scoperto di essere una Magonò. Non che fosse colpa mia, ne ero cosciente; ma l'idea che io potessi vivere in quel mondo a lei parzialmente precluso o frequentare con assiduità posti che lei riusciva a vedere solo sporadicamente mi faceva sentire in difetto. Rimediavo come potevo, quando potevo. E, quindi, uscire nonostante quel caldo asfissiante mi pesò un po' meno: Rosalie avrebbe ottenuto la sua super torta a strati e avrebbe gridato già solo a vederne la confezione - ed io sarei stata felice di riflesso.
Avvistai il profilo della porta di Florian quasi immediatamente, essendo uno dei primi negozi di Diagon Alley; non mi sorpresi di notarlo affollato sia all'interno che all'esterno. I tavolini fuori - con i loro pittoreschi ombrellini aperti - erano già tutti occupati, nonostante fosse mattina presto; e dalle ampie finestre poteva notarsi la stessa calca anche dentro. Quando varcai la soglia della porta, per fortuna, venni investita dall'aria temperata che civilizzava il locale. Ma, d'altronde, commerciando dolciumi e simili, non poteva di certo permettersi che il negozio si trasformasse in una sauna! Sorrisi, piacevolmente rassicurata, individuando la discreta fila che mi divideva dalla cassa e dal banco. Ebbi tutto il tempo di guardare, sopra le teste delle commesse, la lista delle torte disponibili - ma la relativa e invitante foto complicò solo la scelta. Ce n'erano tantissime, ricche e colorate, ed ognuna mi pareva avesse qualcosa che Rosalie potesse apprezzare o non apprezzare ed ero a quell'assurdo impasse dove le vorresti o tutte o nessuna.
« Ehi, c'ero prima io! » esclamò ad un certo punto una signora sudaticcia e grassoccia nella fila. Si era rivolta ad un'altra signora, bella abbondante anch'ella, che pareva l'avesse appena scavalcata.
« Ma no, si sbaglia, sono sempre stata prima di lei! »
« No no, lei era dietro di me, prima della signorina » fece indicandomi, « e ora mi ha superato! »
« Ma cosa dice?! Io sono sempre rimasta al mio posto, come si permette! »
« Signorina, chi stava davanti a lei? Io o la signora qui presente? » disse impastando le ultime parole con evidente disprezzo.
Io sbattei le palpebre, colta impreparata. Non pensavo si sarebbero rivolte a me né, sinceramente, mi ero accorta di chi delle due mi stesse davanti.
« Mi dispiace » dissi, « non saprei rispondere, ero distratta. »
« Cos'è, è dalla sua parte? La conosce? » sbottò la prima signora, venendomi contro. « Lei sa benissimo chi le stava davanti, non faccia la finta tonta! »
« Ma no, assolutamente! Ero impegnata a scegliere la torta » tentai di giustificarmi, alzando le mani. La situazione stava diventando paradossale.
« Signora » fece un uomo alto e allampanato, girandosi all'indietro. « Io ho visto la signora scavalcarla, ha ragione! »
Quella gonfiò il petto e il gozzo come un pellicano e scoppiò a ridere. « Ecco, finalmente qualcuno che osserva e che dice la verità! Si faccia da parte! » aggiunse, spintonando l'altra signora e costringendola ad arretrare.
L'altra bofonchiò parole incomprensibili tra cui cafona e bugiardo così feci un mezzo passo indietro per ottenere un po' di distanza ed evitare di essere coinvolta nuovamente. La file e le attese tirano fuori il peggio delle persone.
Attesi circa una mezz'ora prima di riuscire ad arrivare al bancone; quando finalmente ebbi la commessa sorridente davanti, che mi chiedeva cosa desiderassi, avevo le idee abbastanza chiare. Indicai la torta che, speravo, aveva tutte le caratteristiche per essere apprezzata da Rosalie: la panna, le fragole, il cioccolato sottile e croccante e chissà quale altra sorpresa.

 
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view post Posted on 1/6/2017, 11:22
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Triste, come chi ha perso il nome delle cose.

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Auuuu

Cosa poteva essere l’amore, se non un balzo da Florian? Camillo aveva sempre fantasticato sul significato di quel sentimento, senza mai comprendere nella sua interezza ogni sfumatura. Poteva associare ad ogni persona una delle sensazioni che da esso scaturivano e da quella poteva facilmente inquadrare l’intensità e la natura dell’affetto che per essa provava. Nonostante questo si trattava sempre di un’emozione incompleta, un arcobaleno privo di uno dei suoi colori: bello sì, unico, ma pur sempre imperfetto.
- Cosa stai farneticando? -
Per il cibo era diverso. Non lo aveva mai tradito. Non gli aveva mai fatto del male. Non gli aveva mai spezzato il cuore.
- Ma non è vero! È dalla nascita che sei a rischio infar~ -
*Senti, non è questo il punto. Fatti i quaqquaraqquazzi tuoi!*
- Hey! -
Insomma, non esisteva amore più sincero che per ciò di cui si poteva ingozzare. E Florian sapeva come farlo innamorare.

Era un’afosa mattina di agosto quando, per festeggiare un traguardo videoludico, il tassorosso aveva deciso di fare tappa nel rinomato Wiz Café. Non gli capitava spesso di farsi vedere da quelle parti, ma la gelateria di Fortebraccio era una meta obbligatoria quando passava per Diagon Alley. Non esisteva un altro locale in cui avvertisse il desiderio di metter piede; dove due bellissime fanciulle servivano dolci squisiti trovava posto il suo personale paradiso in terra.
Una volta giunto a destinazione, l’olandese si mise ad aspettare il suo turno in fila indiana. Poteva notare una discreta folla seguire una strada regolare fino alla cassa per prenotare la sua ordinazione. Il tutto si convertiva in un’attesa più lunga di quella che aveva prospettato, ma la certezza di poter finalmente divorare un pezzo di torta, una volta conclusa, lo stava aiutando a vivere più serenamente l’esperienza.
Nel mentre si guardava intorno. Nei paraggi c’era un po’ di tutto e la sua attenzione veniva a tratti catturata dall’abbigliamento dei singoli. Lui era così fuori luogo, con addosso la sua t-shirt nera, marcata sul petto da un enorme logo bianco a nove lettere, tutt’altro che consono all’ambiente; jeans al ginocchio e scarpe di griffa sportiva la dicevano lunga sulla sua provenienza. I maghi avevano sicuramente gusti diversi in fatto di stile. I loro vestiti larghi e lunghi dai colori più disparati, spesso sulle tonalità del viola e del verde, erano sicuramente più semplici, ma davano loro una parvenza di vecchio. C’era chi sembrava aver indossato i primi stracci di lenzuola mattutine, ma anche chi vestiva le proprie sete con eleganza. La ragazza in bianco e nero davanti a lui nella coda, tanto per fare un esempio, gli aveva dato l’impressione di sapere il fatto suo sul tema della moda. Lo sguardo del giovane era sceso e risalito in velocità, almeno un paio di volte, dalla punta del cappello all’estremità inferiore del tessuto di lino - e viceversa. Le guance dello studente erano state tranciate da un sorrisetto compiaciuto. Sebbene ciò che vedeva gli piacesse, i suoi pensieri erano sempre stati ben più innocui di quanto le apparenze gridassero: non erano andato oltre ad un semplice apprezzamento sulla scelta cromatica. Amava il contrasto del bianco e del nero, ma rifletté sulla possibilità di abbinare un colore caldo a quell’intramontabile coppia di basi. Forse, ci pensò, l’arancione le avrebbe donato.
Fu proprio mentre rimuginava sulla questione che due signore grasse e fiere come tacchini iniziarono ad accusarsi reciprocamente di aver sorpassato l’altra. O almeno, una delle due si era esposta in quel ruolo, mentre la seconda si difendeva con le sue ragioni.
*Tirale una kkkrosta!* Un primo pensiero sfrecciò per la mente del giallo-nero, mentre ne puntava una a caso. Pensò anche di incitare una bella rissa, ma con qualche secondo in più di ragionamento arrivò facilmente alla conclusione che no: non era il caso. Camillo rimase quindi a godersi la scenetta in silenzio, aspettando che la situazione si risolvesse da sola e così fu. Poi la noia.
La noia era da sempre la peggior nemica del Tassorosso, che mal sopportava le lunghe attese. Se l’ambiente refrigerato non avesse anestetizzato il giovane mago, probabilmente si sarebbe sbilanciato alla ricerca di qualche folle passatempo. Così non fu. Era troppo impegnato a concentrarsi su quanto stava bene, avvolto nella freschezza artificiale del locale. Tanto che per qualche minuto si estraniò dal mondo, trascinato dai suoi sensi in uno stato di intensa meditazione. Quando si destò, completamente a caso, spostò lo sguardo in direzione del polso sinistro, intenzionato a leggere l’ora.
- Ma tu non hai l’orologio. -
*Lol!*
E non l’aveva mai avuto! Ma non aveva molta importanza, mancava poco perché toccasse a lui. Davanti c’era solo la signorina, di cui fino ad allora aveva apprezzato l’abbigliamento.
Di colpo diventò stupido come il sale nel caffé. Fino a quel preciso istante aveva dovuto tenersi impegnato come riusciva e dentro di lui si era accumulata una discreta quantità di ignoranza ascetica. Avvertiva la necessità di sfogarsi.
Così, con disinvoltura, quando la ragazza si decise ad ordinare, Camillo sbucò dalle sue spalle come fa un cormorano, con una succulenta preda stretta nel becco, dalle acque di un fiume.
«La signorina prende anche una fetta di torta del sognatore ed una di torta della conoscenza, lo stesso per me. Pago tutto io, grazie!»
Dalla tasca tirò fuori quindi i galeoni necessari per pagare l’ordinazione e li passò a chi di dovere, poi sorrise alla commessa di turno, pronto per essere riconosciuto e mandato al diavolo. Il viso a quel punto si sarebbe volto in direzione della ragazza sconosciuta, con lo stesso ghigno ad imbruttirlo ed un frenetico alzarsi ed abbassarsi delle sopracciglia che sbucavano e si immergevano a spasmi alterni da dietro gli occhiali a cuore. Nel mentre formulava silenziosamente la fatidica domanda.
*Schiaffo in pieno volto o calcio negli zebedei? Mostrami la tua mossa finale, pupa!*


 
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view post Posted on 1/6/2017, 14:06
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Amber e l'afa estiva si odiavano da sempre, più la prima cercava riparo al fresco e più la seconda aumentava d'intensità. Fortunatamente da Florian poteva trovare una via di fuga degna di chiamarsi tale, tanto che d'estate le pesava sempre meno lavorare in negozio. Certo il lato negativo, solo per lei, era il riversarsi di un mare di clienti, attirati tanto dai dolci esposti e venduti, quanto dalla frescura messa gentilmente a disposizione. Con il suo grembiule d'ordinanza a riparare la gonna di un leggero e pratico vestitino, la Tassa continuava a spostarsi dal bancone alla cassa senza sosta. La coda d'attesa, però, continuava ad aumentare e più lei serviva e meno vedeva i risultati. *Oh non ancora!* Come se non bastasse, la classica coppia di streghe litigiose ed annoiate iniziò una diatriba su chi fosse arrivata prima e chi detenesse il diritto di essere servita con una certa precedenza. Amber non avrebbe mai interrotto spontaneamente una discussione simile, soprattutto perché non c'era materialmente il tempo per farlo, ma se avessero proseguito avrebbe dovuto agire in qualche modo. Fece sfoggio di tutta la pazienza in suo possesso per evitare di estrarre la bacchetta e zittire almeno la più stridula delle due voci, ma l'intervento successivo di un altro cliente sembrò placare gli animi abbastanza da non renderle impossibile il servizio. Scampato dunque il pericolo, la commessa proseguì per qualche altro minuto prima di trovarsi d'innanzi proprio la donna da cui tutto era partito. Grassoccia e visibilmente accaldata, appoggiò le dita unticce su tutta la vetrina, indicando praticamente ogni torta prima di prendere una decisione. Se già non aveva guadagnato la sua stima prima, ora Amber non vedeva l'ora che se andasse. Impacchettò in fretta l'ordine e si augurò intimamente di non doverci più avere a che fare, mentre il sorriso impostato non abbandonava il suo volto. Il cliente poteva anche avere sempre ragione, ma quella regolina non lo rendeva automaticamente gentile o educato, ancor meno entrambi. Fu poi il turno di una ragazza dal candido abito. «Benvenuta da Florian, cosa deside..-» prima che la frase di rito venisse ultimata, una testa ben più familiare spuntò proprio da dietro la donna stessa, lasciando Amber a dir poco basita. *Camillo?* Con occhiali a cuore a nascondere la possibile espressione che la tassa già immaginava, lo vide prendere il controllo della situazione e dirigere "l'operazione ordinazione" con una faccia tosta da manuale. La bionda fece estrema fatica a non scoppiare a ridere in mezzo al locale, dissimulò sorpresa e divertimento con un'espressione ben più teatrale e servile, condita da un sorriso sarcastico a mezza bocca. «Ma certo, arrivo subito.» Disse loro, prima di allontanarsi verso l'espositore e riempire il vassoio con quanto richiesto. Non vedeva il tassino dall'ultima volta in Villa, sembrava già passata una vita intera.. erano successe parecchie cose di cui, forse, un giorno gli avrebbe parlato, ma non aveva dimenticato che tra loro c'era anche un invito in sospeso. Inevitabilmente si chiese se Camillo conoscesse l'altra ragazza.. non ricordava di averla mai vista ad Hogwarts, ma dopo tutte quelle ore di lavoro non poteva nemmeno fare così tanto affidamento sulla sua memoria. In men che non si dica, Amber tornò indietro verso il bancone, con le quattro fette di torta richieste, i due Tè freddi ed il conto in mente.«Ecco qui, dovrebbe esserci tutto.. in totale sono 1Galeone e 13Falci.» Rivolse lo sguardo verso Camillo, già pronto a versare in cassa il dovuto, con un cenno compiaciuto del capo, afferrò il denaro e lo ripose al sicuro. «Dovrebbero esserci dei tavoli liberi nella veranda a sinistra.» Aggiunse quell'indicazione, prima di ritirare le mani dal vassoio e lasciare che i due abbandonassero la coda. Non c'era troppo tempo da perdere e la fila di clienti era ancora lunga, ma senza dubbio Amber avrebbe gettato di tanto in tanto il suo sguardo oltre i tavoli in cerca di quei due.


Serviti, Riveriti ed Aggiornati.
Se voleste ordinare altro, sapete dove trovarmi

I didn't see it coming :shifty:

 
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view post Posted on 5/6/2017, 17:45
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Iperglicemia

MY6fL2m
Dopo
aver indicato la torta e aver aperto la bocca per comunicare alla commessa la mia intenzione di acquistare, qualcosa mi fermò. Un ragazzo un po' più alto di me si sporse oltre la mia spalla, intercettando lo sguardo della signorina e coprendo la mia ordinazione.
«La signorina prende anche una fetta di torta del sognatore ed una di torta della conoscenza, lo stesso per me. Pago tutto io, grazie!»
«Che-» mi voltai a guardarlo, spostando indietro il capo e sgranando gli occhi. Lui pagò con disinvoltura e venne servito sorridente, senza che la tipa obiettasse alcunché. Magari pensava che io e lui ci conoscessimo o, magari, conosceva lui e l'aveva visto comportarsi così in altre occasioni. Ma cos'era? Una tecnica d'approccio? Un tentativo di abbordaggio?
«Scusami, io non-» provai ma venni bloccata nuovamente quando il vassoio stracolmo venne allungato tra noi due e ci separò; c'erano quattro fette di torta e due tè freddi. Voltandomi completamente verso lui, potei notarlo meglio. Indossava degli occhiali a cuore rosa e le sue sopracciglia ne spuntavano fuori con ritmicità ammiccante. Rimasi senza parole. Pur non vedendogli perfettamente gli occhi, giudicai senza riserve che dovesse avere uno sguardo da maniaco. Ero in realtà combattuta tra l'incredulità e il divertimento, ma vinse la prima e restai con la bocca leggermente aperta incapace di formulare una domanda più elaborata. Vestiva con un bermuda di jeans al ginocchio e una t-shirt nera con un enorme logo che lo facevano sembrare perfino più piccolo di quello che era - ed ero sicura che fosse più piccolo di me. Magari era addirittura uno studente! Non che fossi tanto vecchia, anzi; d'altronde avevo lasciato Hogwarts da appena tre anni. E, a pensarci, mi ricordò terribilmente un tipo visto proprio a scuola, fuori come un balcone, di quelli che raramente passano inosservati, infinitamente poco serio e terribilmente goffo - ricordai chiaramente di averlo visto perdere l'equilibrio da fermo, cosa che in quel momento, stressata dagli esami di fine anno, mi aveva fatto ridere un sacco. Che fosse lui? Avevo ricordi confusi in merito ma non era da escludersi.
«Signorina, si sbriga a lasciare la fila?»
«Ma sì, che sta facendo? Non abbiamo tutta la giornata!»
Un vociare fitto e scontroso si diffuse alle mie spalle così mi voltai con sguardo tagliente. «Non ho ancora ordinato, non mi pare educato!» esclamai.
«Ma certo, il suo ragazzo ha pure il vassoio tra le mani! Non faccia la gnorri e si faccia da parte, abbiamo fretta qui!» rispose una donna poco più dietro, alta e allampanata con un lungo cappello a punta che la faceva sembrava una giraffa.
«No no c'è stato un malinteso, io non ho ancora ordinato! E lui non è il mio ragazzo. Io non-»
«Oh ma quante storie! Signorina, scusi, per me una torta panna e cacao» la signora che mi stava alle spalle mi scavalcò letteralmente, con il braccio grassoccio e umidiccio sollevato ad indicare ciò che voleva. Venni così gentilmente spinta via dalla cassa e, per un soffio, non capitolai su quel ragazzo. O sul vassoio. Finire con la faccia in una fetta di torta sarebbe stata la degna conclusione di quel siparietto assurdo e insensato.
«Ma che maleducazione! Che cafona!» borbottai e quella non si degnò nemmeno di voltarsi. La fila si compattò e mi fu impossibile rientrare; notai quanto, intanto, s'era allungata, fin quasi alla porta d'ingresso. Sbuffai, visibilmente irritata, pensando che avrei perso almeno un'ora per riuscire ad arrivare nuovamente alla cassa. Mi sembrava impossibile che fosse capitato, avevo la sensazione che, se avessi sbattuto le palpebre, il tutto mi sarebbe apparso come una fantasticheria priva di senso, di quelle che riempiono la mente quando si è annoiati. Eppure era capitato, nel giro di pochi istanti. Ed ero così nervosa e incredula che mi voltai con evidente rabbia verso quello sconosciuto. «Stavo prendendo una torta per mia sorella, io non capisco... ma ci conosciamo?» sbottai, tenendomi a debita distanza e continuando a pensare che avesse un'espressione sul viso poco rassicurante.



Urania è così seria ma io rido tantissimo :ihih:
 
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view post Posted on 26/6/2017, 16:32
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Auuuu

*Che forte!*
- Cosa? -
*Amber, mi sembra ovvio!*
Il cuore del tassorosso iniziò a battere all’impazzata. Camillo dubitava che un corpo così piccolo - si fa per dire - com’era il suo, potesse contenere una gioia così grande. L’amica, forgiata da anni di disavventure firmate Breendbergh, aveva imparato a gestirlo egregiamente. Quando lui si rese conto che, senza farsi troppe domande, lei aveva deciso di fargli da spalla, la sua mente venne rapita in un mondo di fantasia: fiumi di cioccolato scorrevano in valli biscottate, sotto un cielo di nuvole allo zucchero filato. Da lì strillava, sgambettando come una capretta:
*Perché non mi sposi? Perché non vuoi amarmi?* e l’eco severa gli tornava addosso - Perché sei brutto, perché sei pazzo! -
*Ah già!*
Destato dal triste finale di una dolce storia mai vissuta, approfittando di un momento di distrazione generale, l’olandese spedì un bacio al vento, destinato all’amica. Dalle sue mani colse il vassoio, per poi tornare a concentrarsi sulla sua nuova conoscenza.
Ad una prima occhiata sembrava incredula. Come biasimarla? Non tutti avevano la fortuna, o sfortuna, di poter prevedere una tale evenienza. Lo studente poteva ben comprendere quanto potesse essere disarmante in certe occasioni. Ovviamente non si sarebbe lasciato impietosire, non avrebbe dato un secondo di tregua alla sua povera vittima. Non ancora. Non c’era tempo.
La folla, con ferocia, si era fatta valere; alcuni suoi singoli erano emersi dalla calca, facendo sfoggio di una grave mancanza di pazienza ed educazione. Non tollerava quel tipo di comportamento, ma per una volta sarebbe rimasto al suo posto, conscio del vantaggio che poteva trarre dalla fretta di un branco di clienti affamati. Il Garzone di Sinister fece un passo indietro, lasciando che la volontà della mandria si compisse: la donna in bianco venne chiusa fuori dalla fila, spintonata da una signora sudaticcia. Per poco non gli era finita addosso, ma aveva preso bene le misure, prevenendo così una tragedia alimentare.
Quando la vide riassestarsi, Camillo capì che di lì a pochi istanti avrebbe dovuto dare delle spiegazioni. Per lui non era un problema, la sua mente aveva già macchinato una scusa improbabile da applicare alla situazione. Doveva solo renderla credibile.
Mantenendo una piega neutra sulle labbra ed uno sguardo divertito dietro lo schermo che le lenti a specchio fornivano, per qualche istante si limitò ad osservare il volto della donna. Trovava fosse affascinante. Le attribuiva una bellezza particolare, fuori dai canoni a cui era solito far riferimento per stabilire se un volto gli piacesse o meno. Alla domanda suscitava una risposta immediata, fulminante, sincera, un’affermazione che spazzava ogni dubbio. Il particolare ascendente che esercitava su di lui lo metteva in soggezione, ma non per questo si sarebbe lasciato distrarre. Con le idee ordinate ed il cuore leggero le poté finalmente dare una risposta.
«Credo di sì. xXRagnarFalla23Xx giusto?» (xXSpiderFly23Xx) «Eravamo d’accordo di trovarci qui. Sai no… quella chat.»
Cercò di essere sia specifico che vago, fingendo di andare a ripescare le informazioni da chissà quale meandro del suo cervello. Ovviamente finse una discreta serietà, doveva abboccare.
Camillo mosse la testa a destra e sinistra, come se avesse voluto ispezionare la figura con cui stava intrattenendo la conversazione, mostrandosi poi dubbioso attraverso un indecifrabile spasmo del volto.
«Mh!? Eppure dalle foto sembravi più castana… e più asiatica.»
Continuò, aggiungendo sempre più dettagli ad una descrizione arrangiata sul momento.
«E se contiamo il fatto che dovevi essere ad 1.2 miglia da casa mia, ma sono quasi 4, la situazione si fa interessante.»
- Ti prego, non continuare. -
Lo studente avrebbe davvero voluto procedere con quella farsa, ma tutto d’un tratto l’illuminazione lo attraversò, aprendo nella sua mente l’immagine di un passato recente. La conosceva. O meglio, l’aveva già vista, ma ciò che importava veramente era l’avere a disposizione un buon pretesto per agganciarla. E l’avrebbe sfruttato fino a consumarne ogni valore, sì.
«Nono, aspetta, ho capito chi sei! Pochi giorni fa ti ho venduto della roba.»
- Ma la roba è l’eroina! -
Un sussurro, seguito da un pensiero fuggente, aveva preceduto un sorriso a dir poco maligno. Era sporca, lo sapeva. Si era insudiciata le mani acquistando articoli di dubbia legalità nella bottega in cui lui lavorava. Non era una bella cosa da gridare ai quattro venti, per questo fu discreto, mantenendo basso il volume della voce e vago il concetto espresso. Non si sarebbe però stupito se avesse immediatamente individuato il nesso che lo legava indissolubilmente a Magie Sinister.
«Beh, sai cosa ti dico? Le torte inizieranno presto a sciogliersi ed i té a scaldarsi. Prendiamo posto? Mi farebbe piacere continuare questa conversazione gustando le prelibatezze di questa pasticceria.»
Cercò di essere più cordiale, conscio del fatto che fino a quel momento non era stato per nulla educato. Mostrare più gentilezza non avrebbe certo rimediato ai danni provocati dal suo comportamento, ma era un buon modo per iniziare. Questa volta fu sincero; ci teneva davvero a scambiare quattro chiacchiere con la ragazza, ma considerate le circostanze non si sarebbe stupito se l’avesse vista dileguarsi alla svelta. In quest’ultimo caso gli sarebbe toccato consumare l’intero pasto da solo, non era esattamente ciò che aveva in mente, ma non poteva obbligarla a dargli retta. Costringerla era fuori discussione, ciò nonostante, finché avesse avuto delle carte da giocare, avrebbe portato avanti la sua strategia.
Camillo era pronto, gli bastava una risposta da parte della donna per procedere nel suo interminabile delirio. Non appena gli fosse giunta avrebbe deciso sul da farsi, anche se in cuor suo sperava di poterla seguire fino al tavolo libero. Il vassoio iniziava a pesare.



 
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view post Posted on 6/9/2017, 11:48
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Iperglicemia

MY6fL2m
Il
ragazzo che avevo davanti mi ricordava qualcuno visto di recente. Non fu facile inquadrarlo da subito, soprattutto per colpa dello schiamazzo di tutto il locale e dei suoi contemporanei sproloqui. Straparlava, infatti, di strani nick e incontri online senza alcuna connessione logica - ero una certa xXRagnarFalla23Xx, forse? Ero più castana, più... asiatica?
Il mio viso venne deformato sensibilmente da una nota di disappunto. E mentre pensavo al fatto che fossi entrata da Florian, sfidando il caldo di Agosto, solo per comprare una torta per il compleanno di mia sorella - maledicendo quel contrattempo e la perdita della priorità acquisita nella fila della cassa - i miei ricordi tentarono di dare una spiegazione al trambusto impersonato da quel tipo.
La mia mente passò in rassegna i luoghi che avevo frequentato nell'ultimo periodo e vi sovrappose la sua faccia. Forse Hogwarts, per la festa di fine anno? Il viso di Horus fece inopportunamente capolino davanti ai miei occhi tanto che scossi lievemente la testa quasi potessi mandarlo via.
Mi concentrai sull'immagine dell'abitacolo del portiere del palazzo delle Poste Centrali, ma no, quel signore era più vecchio e più grosso del ragazzo che mi stava davanti. Il ricordo scomparve e venne sostituito dalla cassa di un market biologico che avevo scoperto la settimana prima ma, ancora una volta, non ci fu corrispondenza. Pensai ad alcuni locali di Diagon Alley; potevo averlo visto al Paiolo Magico o al Serraglio Stregato? No, nulla mi convinse a soffermarmi più di qualche secondo.
«Nono, aspetta, ho capito chi sei! Pochi giorni fa ti ho venduto della roba.»
Sbattei le palpebre e poi assottigliai lo sguardo, soppesando le sue parole. Roba?
«C-che?» biascicai, stralunata. «Di che roba stiamo parlando, scusa?» continuai, ritraendo istintivamente il mento. Pareva quasi star parlando di... droga? O comunque qualcosa di illegale. In altre situazioni me ne sarei andata ridendo ma non riuscivo davvero a smettere di pensare che davvero, in qualche modo, c'eravamo incontrati prima.
«Beh, sai cosa ti dico? Le torte inizieranno presto a sciogliersi ed i té a scaldarsi. Prendiamo posto? Mi farebbe piacere continuare questa conversazione gustando le prelibatezze di questa pasticceria.»
Feci un mezzo passo indietro, costringendo le sopracciglia al centro della fronte. La curiosità mi aveva sempre spinto a non demordere e andare a fondo delle cose ma c'era un aspetto più pressante di me a cui era difficile non dare ascolto. Non amavo le persone. Non passavo piacevolmente tempo con gli esseri umani in genere, fatta eccezione per qualche esemplare che avevo scelto selettivamente. Avrei, perciò, necessariamente ignorato quell'impulso di capire e declinato la proposta per rientrare nella mia sfera di pace e tranquillità. E stavo per esprimermi in tal senso, intenzionata ad essere comunque gentile, quando, oltre le spalle del ragazzo, qualcosa attirò la mia attenzione.
Sollevai lo sguardo su quella figura familiare e immediatamente ebbi voglia di fuggire in un posto lontanissimo. Era una vecchia conoscenza di Hogwarts, tale Holland, che era stato capace di corteggiarmi senza sosta e rispetto per tutti e sette gli anni di permanenza al Castello. Ricordavo distintamente quei momenti e ancora provavo l'irritante prurito alle mani che mi aveva generato ogni volta. Tanto caparbio quanto squallido, ero arrivata perfino a tirargli uno schiaffo che - cosa davvero incredibile - lo aveva reso perfino più appiccicoso. Una piaga.
Il problema, però, di quell'apparizione era il fatto che fosse esattamente davanti alla porta d'ingresso, per nulla intenzionato a spostarsi. Non c'era molto da fare. Se avessi imboccato l'uscita mi avrebbe visto e braccato, ne ero sicura. Dovevo solo sparire momentaneamente dall'ingresso, aspettare che Holland acquistasse ciò che desiderava per poi uscire. Solo a quel punto avrei avuto via libera.
Tornai a prestare attenzione al ragazzo bruno davanti a me; parlai con aria sbrigativa ma, in vero, non troppo convinta.
«Bene, sì, prendiamo posto ma là sul fondo, ben lontani dalla porta e dalla folla, per cortesia» feci, continuando a spostare gli occhi tra lui e Holland, che per fortuna era ancora di spalle. Mossi perfino qualche passo verso i tavoli, per sottolineare la mia urgente decisione. Pregai solo che il tipo non fosse un pazzo maniaco peggiore di quello che stavo cercando di evitare.




 
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