Something Just Like This, Privata

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view post Posted on 16/6/2017, 16:43
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Sophie Armstrong [x]

Prefetto Serpeverde - III Anno

s29oh3
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Incredibile quanto veloce trascorreva il tempo. L'anno scolastico sembrava essere cominciato da un mese, ma, in realtà, era già finito. L'estate aveva ormai preso il sopravvento, era arrivata così improvvisamente e violentemente che la scuola si ritrovò quasi vuota da un giorno all'altro. Se Sophie Armstrong, da un lato, odiava il sole ed il caldo, dall'altro lato amava la prepotenza con cui questo arrivava, l'affascinava così tanto, proprio perché odiava le mezze misure, ed era risaputo che ella era più per le cose improvvise, istintive e dirette. Mai però quanto l'affascinava la violenza delle tempeste, il modo in cui la pioggia scendeva dal cielo e si impadroniva di tutto, il modo in cui gli uragani portavano via qualsiasi cosa, la sua forza sovrannaturale, proprio come quella del mare in burrasca. Amava tutto ciò che arrivava in quel modo, amava tutto ciò che non si poteva controllare e che andava oltre alla forza umana, forza che non poteva servire a nulla. Gli umani erano capaci di qualsiasi cosa, sapevano inventare la sciocchezza più assurda possibile, sapevano essere bravi con le parole, con i fatti, erano capaci di amare, di odiare, di ammazzare, ma cos'erano di fronte ad un fenomeno sovrannaturale? Erano solo delle formiche, pronte ad essere schiacciate senza alcuna fatica, pronte a diventare improvvisamente il nulla, ed a non esistere più. Era questo che riusciva ad ammaliare la non tanto innocente Sophie, e se tutto ciò si fosse tramutato in una persona, probabilmente sarebbe stata un'occasione più unica che rara.
Ad ogni modo, quel caldo afoso era già diventato insopportabile, e lei non avrebbe di certo trascorso quella serata chiusa nelle quattro mura della Sala Comune. I Sotterranei non erano un posto molto caldo, ma le sue intenzioni erano comunque completamente diverse. Quello era il periodo in cui gli studenti privi di intelligenza tentavano di trasgredire le regole più spesso del solito, anche alcuni Docenti ormai erano già andati in vacanza, e quindi credevano di essere liberi di poter fare tutto ciò che passava nella loro mente malata. Dopo aver trascorso la giornata a tenere sotto controllo i pochi rimasti, si recò in dormitorio a liberarsi della spilla, di quei jeans che si attaccavano alla sua morbida pelle a causa del caldo ed indossò un vestito scuro, non esageratamente corto né troppo aderente. Avrebbe voluto trascorrere una serata tranquilla, lontana dai doveri che la carica di Prefetto le imponeva, e soprattutto lontana dalla scuola. Quindi, varcò il grande cancello di Hogwarts e si incamminò verso il Villaggio di Hogsmeade, che conosceva già come le sue tasche. Se c'era un posto che non visitava da molto tempo era proprio la Stamberga Strillante, ma la sua intenzione era quella di rimanere all'aria aperta. Il leggero venticello estivo e per nulla fastidioso, le faceva ondeggiare i lunghi capelli biondi in un movimento elegante e perfettamente in sincronia con i suoi piedi che toccavano terra, camminando a passo non molto spedito in quella direzione. Giunta a qualche metro dalla catapecchia, adocchiò un grande albero folto, ma non abbastanza da non far passare quei bellissimi raggi lunari, che a loro volta facevano quasi risplendere gli occhi color acqua dei ghiacciai della Serpeverde. Si fermò lì, proprio vicino a quell'albero, e, con un movimento lento, piegò le gambe e posò il suo delicato corpo sul terreno, proprio accanto a quell'albero, dopo aver trovato una posizione in cui il cielo stellato era ben visibile. Era quella un'altra cosa che affascinava quella dannata ragazzina: il cielo. Le stelle avevano qualcosa di così magnetico da attrarla incredibilmente, quasi quanto la luna, e il suo modo di illuminare l'ambiente circostante nonostante la sua delicata luce. Le sue ciocche dorate, in contrasto con l'erba umida, ed illuminati dai raggi lunari, risaltavano come un fiore bianco in mezzo ad un prato appena bruciato da un incendio. Rimase lì, ad osservare la meraviglia che regalava quel cielo, distesa su quell'erba, mentre respirava quella brezza estiva ma allo stesso tempo fresca ed incredibilmente piacevole.

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Tristan von Kraus
view post Posted on 16/6/2017, 18:01




"There are many here among us who feel that life is but a joke. But you and I, we've been through that, and this is not our fate, so let us not talk falsely now, the hour is getting late."



Quella era il genere di serata che Tristan von Kraus cercava per dedicarsi al suo hobby. Scura, non particolarmente calda -seppur fosse un periodo decisamente caldo- e sopratutto ben ventilata.
Nello specifico, di sera, la Stamberga Strillante era uno dei posti meno frequentati. Oltre che per le dicerie sui poltergeist e tutte le creature senza pace che si diceva infestassero quel posto, i ragazzini più curiosi non se ne avvicinavano e -in generale- vi ruotava intorno un'area di ancestrale squallore che teneva lontani i più.
Soltanto chi nell'ancestrale e chi nello squallore, riusciva dunque a trovare pace si sarebbe concesso una visita in tale ora a quel posto. Erano mesi comunque che Tristan studiava gli orari, gli spostamenti delle masse attorno alla Stamberga e tuttavia secondo una stima, quelli erano i momenti più idonei per muoversi sperando di non destare troppi sospetti. Doveva comunque muoversi con attenzione, giacché non troppo prima, proprio nelle vicinanze di quelle chiome verdeggianti, aveva avuto un incontro non propriamente piacevole; c'era comunque da sottolineare l'elevato livello di alcol nel corpo.
Quella sera, seppur con qualche tremore di troppo alla mano destra, si era deciso a non immaginare nemmeno per un istante il whisky.
Si era preso un permesso dal San Mungo quel giorno, poiché aveva da lavorare in santa pace su qualcosa che aveva lasciato nei pressi della Stamberga qualche tempo prima; qualcuno per, meglio dire.
All'interno della borsa in cuoio scura, aveva preparato tutto: coltelli, seghe con varie filettature, martelli, punteruoli, bisturi...tutti tipi di lame che gli sarebbero servite in un modo o nell'altro per effettuare diversi tipi di incisione su determinate parti del corpo, delle vesti in plastica e più di qualche paio di guanti in lattice. Si era dovuto accontentare quella volta, la vecchia catapecchia trovata vicino al San Mungo tempo prima non si era rivelata in posizione tanto affidabile da permettergli di operare in santa pace con i vivi.
Con i morti era diverso.
Poteva adoperare qualunque tipo di stregoneria, pozione o azione sconsiderata, senza il rischio che cominciassero a urlare.
Aveva indossato uno dei soliti abiti preparati appositamente per il suo corpo e cuciti dalle mani più sapienti della sua amata Germania; era convinto che affidarsi ai sarti inglesi equivalesse ad indossare perennemente un tight. E lui non era assolutamente un tipo cerimoniale, a meno che non si trattasse della sua famiglia ed avesse ricevuto formale invito per presenziare; in quel caso, il Dottor von Kraus per evidenti ragioni di galateo e rispetto alla sua famiglia, si agghindava secondo la maniera più consona richiesta dalla cerimonia in se.
L'abito scuro, gli serviva principalmente per due motivi: il primo, era certamente quello di camminare all'interno dell'oscurità inglese indisturbato e con l'aria di chi, si appresta a partecipare ad una cerimonia più che ad un'autopsia; il secondo era per pura vanità. Non si sarebbe mai adattato all'informale modo di vestire degli uomini comuni. Lui era il Dottor Von Kraus. Non un ammazza polli da quattro soldi.
La chioma verde splendeva sotto i colpi della fioca luce lunare, in netto contrasto con il nero che lo nascondeva -o quanto meno credeva- dalla vista dei più. Non era uno sprovveduto, ma certamente viveva la sua vita con sicurezza.
Raggiunse piuttosto rapidamente il punto doveva aveva sotterrato il cadavere procuratosi l'ultima volta. No, non v'era stato il piacere di privarlo della vita in prima persona, ma per quello che doveva sperimentare era ugualmente perfetto.
Il terreno era già smosso, era coperto dalle fragili assi in legno della Stamberga, proprio così vicino ad essa ed a tutta una serie di fitti alberi che soltanto chi vi si fosse trovato nei dintorni avrebbe potuto vederlo o sentirlo; dubitava, ancora, che ivi fosse qualcuno. Sopratutto in quel punto.
Afferrò la bacchetta con fare visibilmente annoiato, quasi affranto e con la fretta di chi vuole liberarsi il più rapidamente di quel fardello dalle mani, cominciò a muovere con moto longitudinale la bacchetta, dal basso verso l'alto:
-Defòdio.-
Pronunciò marcando bene l'accento sulla "ò" e facendo un movimento piuttosto ampio, in modo da scoprire a primo impatto il sacco di juta che si mostrò alla brezza serale; i lineamenti racchiusi nel materiale traspirante, dolci e sinuosi messi in risalto dalla nudità del corpo e dalla morbidezza del sacco che non era evidentemente tra i più di nuova produzione.
Quando ebbe finito, ripose rapidamente la bacchetta in una delle tasche e cominciò a respirare più profondamente, preda di un'orgasmo mentale, qualcosa che lo portava all'accettazione del piacere, prima che fosse materialmente pronto ad assaporare lo stesso con le sue mani.
Gli occhi spalancati sul sacco e sul terreno smosso. Rimase immobile qualche istante, godendosi la scena e provando un perverso senso di magnificenza e potere, seppure avesse solo a che fare con un involucro vuoto, privo della coscienza necessaria per un eventuale rifiuto. Alzò lo sguardo e fissò la luna per qualche secondo.
Infine non vi fu null'altro.
Un ghigno sul pallore enfatizzato del suo viso e sul profondo squarcio cremisi delle sue labbra, fece capolino lentamente.
 
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view post Posted on 19/6/2017, 10:10
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La vita, spesso e volentieri, sapeva essere davvero strana. Fin dal primo giorno che Sophie mise piede in quella scuola, aveva tentato diverse volte di andare alla ricerca della pace, della solitudine, ma quante volte, effettivamente era riuscita a trovarla? Molto spesso, una semplice serata di relax nella Torre di Astronomia, o nel Giardino della Scuola, o una semplice passeggiata ad Hogsmeade, si era rivelata essere tutt'altro tranne che una serata rilassante. Tutto ciò che accadeva, era come se il destino lo avesse scritto per lei, come se tutto fosse già deciso, e gli esseri umani non erano altro che delle pedine mosse da questo qualcosa di molto più grande di loro. Fino a qualche tempo addietro, era convinta che le decisioni della sua vita erano prese da lei stessa, ma più passava il tempo e più si rendeva conto di quanto tutto ciò fosse sbagliato. Nessuno poteva decidere di se stesso, e quella serata ne sarebbe stata la prova.
Distesa su quel manto d'erba umido, l'ormai matura Sophie guardava il cielo con un'aria sognante, affascinata alla vista di quel cielo stellato che le regalava una pace fuori dall'ordinario. Per un attimo chiuse gli occhi, e si abbandonò a quella leggera brezza che le accarezzava delicatamente il viso, come nessuno aveva mai fatto. Perché era vero, nessuno aveva mai provato a sfiorare quella ragazza, mai una carezza, mai un abbraccio, ma nulla di tutto ciò. Non sapeva come ella avrebbe reagito di fronte ad un gesto così importante, una come lei, perennemente da sola per scelta e colma di odio nei confronti di tutto ciò che la circondava. Non aveva idea di cosa fosse l'amicizia, o l'amore o semplicemente provare affetto per qualcuno, nonostante avesse appena passato il periodo dell'adolescenza, dove tutto il resto dei ragazzi normali provavano ogni giorno un'emozione nuova ed esperienze diverse. Ma lei non era una ragazza normale, le sue ambizioni, in quel momento erano altre, e si sarebbe dedicata soltanto a ciò che aveva in mente di raggiungere.
Mentre aveva le braccia incrociate dietro la nuca, e gli occhi ancora chiusi, il rumore di alcuni passi attirarono la loro attenzione. Per quanto silenziosi potevano essere, la Serpina aveva il senso dell'udito abbastanza avanzato anche grazie alla sua giovane età, quindi, d'istinto, aprì gli occhi ed alzò il busto non appena quei passi si fossero allontanati un po' di più, per evitare di farsi vedere. La figura di un uomo vestito di nero, forse intento a nascondersi nell'ombra, si fece nitida, e la chioma di un verde scintillante sotto la luce lunare fece incuriosire la ragazzina, che in quell'istante fece forza sulle sue gambe per drizzarle e si alzò. Egli era di spalle, pertanto decise di mantenere un basso profilo e cominciare a camminare silenziosamente in sua direzione, dopo essersi ricomposta sistemando il vestito ed i lunghi capelli biondi che scesero morbidi lungo la sua schiena. Mentre camminava, poté notare degli strani movimenti da parte della sinistra figura, ed un incanto appena castato fu tutto ciò che ella riuscì a vedere. Per quanto potesse sforzarsi di andare con lo sguardo oltre, non riuscì a vedere cosa stesse facendo. Strinse la presa della mano destra attorno al legno della sua bacchetta, e, trovatasi ormai vicinissima all'uomo, alzò il braccio e posò con violenza la punta dell'arma contro il centro esatto della sua schiena.
- Si volti. Lentamente. - Poche parole, pronunciate in un tono di voce non molto alto né molto basso, ma decise, sicure, che non potevano far intravedere alcun senso di paura. Le sue iridi azzurre rimasero a fissare quegli strani ciuffi verdi, in attesa di rivelarne i tratti del viso.

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Tristan von Kraus
view post Posted on 19/6/2017, 12:19




Aveva appena abbassato nuovamente lo sguardo sulla buca e sul sacco al suo interno, quando senti una punta solida poggiarsi nell'incavo tra una vertebra e l'altra. Già personalmente non gradiva quel tipo di sensazione, se poi essa era enfatizzata dal fatto che era tenuto a provarla nel mentre riesumava un cadavere, allora aveva fatto en plein.
La voce che seguì quella sgradevole sensazione gli diede conferma di non essersi poggiato egli stesso contro un piccolo tronco o un ramo, ma che quella punta rigida, fosse effettivamente la punta di una bacchetta e che fosse stato scoperto.
Forse.
Non era il genere di persona che si rifiutava sotto minaccia, braccato in un angolo. Sebbene fosse risaputo che una bestia chiusa all'angolo diventasse più pericolosa, Tristan era pur sempre chiuso in un angolo.
Aveva sostanzialmente due soluzioni che erano entrambe rischiose per le conseguenze a cui potevano portarlo: girarsi ed essere costretto ad ammazzare la sua interlocutrice -una donna, giovane e la voce non mentiva- provare a scappare e/o comunque compiere un atto sconsiderato e trovarsi morto. A conti fatti, era troppo orgoglioso ed egoista per non considerare la sua vita più preziosa delle altre.
Rimase qualche secondo ancora avvolto nell'ombra, per poi cominciare a voltarsi lentamente -come richiesta della sua giovane interlocutrice- e partendo dal basso, alzò il capo quel tanto che bastava per mostrare il suo volto. Un lato, rimaneva nell'ombra, protetto alla vista; l'altro, fu illuminato dalla luce quarza della luna.
Non c'erano sorrisi sul suo volto, non più quel ghigno luciferino atto a soggiogare poteri più forti, soltanto un'espressione ferma e priva di qualsivoglia emozione; v'era soltanto molta attenzione nei suoi occhi e nello studio che aveva cominciato a porre in atto verso chi -coraggiosamente- aveva osato tanto nei confronti di uno sconosciuto.
La prima cosa che risaltò, furono lunghi capelli biondi. Scendevano delicati lungo i fianchi della ragazzina e le donavano un'aria soave; troppo, per i suoi gusti. Gli occhi azzurri invece, furono semplicemente lo specchio di quelli di Tristan; uno scambio di gelidità in un gioco di parti tra chi colto materialmente con le mani sul sacco, cercava di non dare adito alla sua mente marcia e deviata, per compiere azioni sconsiderate; l'altra invece, era più incuriosita che altro. Non sembrava un auror, poiché i lineamenti giovani tradivano l'aspetto di donna che si sforzava di dimostrare -a meno che quei maledetti ministeriali non stessero cominciando a reclutarli sempre più giovani-; una studentessa forse, naturalmente di Hogwarts.
Se così fosse stato avrebbe potuto giocarsi parecchie carte, come per esempio quella di Vagnard. Ma sarebbe stato il fato a dirgli quale strada intraprendere.
Ad ogni modo, era lei quella con la bacchetta puntata, quindi Tristan von Kraus non poteva far altro che rimanere fisso ed immobile davanti alla sua buca, coperta dal buio, sperando che la bionda non facesse domande; sarebbe stato un problema doverle rispondere.
L'unica cosa che il Medimago riuscì a fare, fu quella di alzare le braccia in segno di resa, assottigliando gli occhi in un taglio pericoloso; pronto ad attaccare o semplicemente studiava la sua preda/carnefice? Eccolo il suo ghigno spuntare nuovamente, visibile solo da un lato del suo volto:
-Ciao.-

Edited by Tristan von Kraus - 19/6/2017, 16:40
 
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view post Posted on 20/6/2017, 23:16
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"So I look in your direction
But you pay me no attention, do you?
I know you don't listen to me
'Cause you say you see straight through me, don't you?"


Ennesima, ed illusa idea di una serata di relax finita irrimediabilmente nel dimenticatoio. Doveva aspettarselo, d'altronde, cosa si poteva immaginare? Non poteva essere un caso, quella disperata ricerca di pace e serenità non avrebbe mai portato alcun risultato positivo, ma doveva ammettere che, quella volta, era stata colpa sua. La sua curiosità l'aveva spinta ad alzarsi da quel posto tattico da cui potevano vedersi nitidamente le stelle per cominciare ad inseguire la figura di un uomo intento a fare chissà cosa o a dirigersi chissà dove. La sua maledetta curiosità, fu quello il problema. Il modo in cui quell'uomo camminava, quei ciuffi verdi illuminati dalla luce della luna la costrinsero a cedere a quell'incredibile voglia di sapere e di scoprire. Tutto sommato, comunque, Sophie non era mai stata una ragazza tanto curiosa, aveva sempre cercato di mantenersi alla larga da ciò che non le interessava direttamente, ma, quella sera, fu mossa da un qualcosa di incontrollabile. Sapeva bene quale fosse il motivo per cui era stata spinta ad alzarsi ed a puntare la bacchetta contro il corpo di quell'uomo, non era di certo per sbandierare ai quattro venti la sua carica, non era per mettere in chiaro la sua "posizione" privilegiata, o il suo grado più alto, non era stupida, era visibile da lontano un miglio che quell'individuo non potesse essere affatto uno studente di Hogwarts, si vedeva che era qualcuno di esterno alla Scuola, e soprattutto, che doveva avere almeno dieci anni in più di lei. Il vero motivo per cui rischiò la sua vita fu puramente per una questione personale: aveva già valutato le diverse opzioni, e, se si fosse avvicinata con calma e, con gentilezza, avesse chiesto chi fosse, questi avrebbe potuto prendere e scappare improvvisamente. Ma lei... lei voleva vedere la sua faccia, voleva scrutarlo quanto più possibile e cercare di scoprire quale fosse quel mistero che lo avvolgeva anche solo a guardarlo camminare. Era curiosa, semplicemente. Pertanto, optare per una specie di "minaccia", per non lasciargli via di scampo, si rivelò essere l'opzione migliore, e ne ebbe la conferma subito dopo. Seguì con lo sguardo il movimento del capo dell'uomo che, dal cielo, si abbassava sempre di più e, non appena egli accennò a voltarsi proprio come lei aveva chiesto, spostò leggermente la bacchetta, ma senza abbassarla. La mantenne alta verso il corpo di lui, mentre le sue iridi ghiacciate attendevano con ansia quel volto. Non appena questo si palesò, la ragazzina fece un passo indietro, senza spostare per un solo attimo lo sguardo dal suo viso. I lineamenti non erano rudi, come aveva pensato inizialmente, erano tutt'altro, erano delicati e precisi, e gli occhi sembravano qualcosa di veramente ipnotizzante, talmente tanto che ella rimase a fissarli per un periodo di tempo che non riuscì a decifrare. Poi un ghigno, che le ricordava esattamente quello di Vagnard von Kraus, ghigno che aveva visto talmente tanto spesso che le balenò subito in mente, e non le venne alcun dubbio per cercare di capire dove lo avesse già visto. Il suo sguardo dunque si spostò su quelle labbra, che immediatamente si schiusero. Tutto ciò non l'aveva per nulla messa in soggezione, anzi, la curiosità in lei si faceva sempre più viva, ed il medesimo ghigno si dipinse anche sul suo volto. Abbassò la bacchetta, sentiva di poterlo fare, sentiva che quell'uomo non poteva essere un pericolo, anche se non poteva averne certezza. Dimenticò totalmente di quello che aveva visto un attimo prima, non badò affatto a ciò che egli fosse intento a fare in quell'istante, almeno non in quel momento. - Chi è lei? -Si limitò semplicemente a quella domanda, ad armi a terra. Poteva sembrare troppo spavalda, forse, ma quello era ciò che sentiva di fare. Non spostò lo sguardo da quel viso neppure per un momento, lo avrebbe studiato fino alla fine di quella serata. Se fosse mai finita.
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Tristan von Kraus
view post Posted on 21/6/2017, 11:53




"There must be some kind of way outta here said the joker to the thief; There's too much confusion I can't get no relief"



Appena lo vide, indietreggiò di un passo. Era già un buon segno, probabilmente cominciava a comprendere l'errore che aveva fatto.
Eppure non se ne andò, anzi.
Per una manciata di secondi la ragazzina lo guardò per quello che i suoi occhi potevano ovviamente scorgere all'interno dell'ombra, sebbene non avesse dubbi che fosse li già tanto che le pupille si fossero già abituate all'oscurità; sentiva i suoi occhi fermi e immobili su di se, una sensazione estremamente sgradevole, sebbene fosse per certi aspetti uno grande egocentrico.
La bionda gli ricambiò stranamente il ghigno, così Tristan cominciò a pensare che forse sapeva. Forse inviata da qualcuno della sua famiglia per tenerlo d'occhio? No, era da escludere totalmente.
Troppe domande a cui dover dare una risposta, sopratutto la più importante: che cosa fare? La risposta gliela diede proprio quella sciocca ragazzina abbassando la bacchetta e continuando a stare li, ferma come un ceppo ad osservarlo.
Inizialmente Tristan rimase immobile, attento comunque al fatto che una ragazzina che girava da sola a quell'ora nei pressi della Stamberga non rappresentasse una situazione normale già di per se; non aveva posato il canalizzatore ma soltanto abbassato e quindi bisognava muoversi con cautela.
L'uomo avanzò di un passo, quello lasciato poco prima dalla giovane, lasciando che la luna illuminasse il resto del suo volto ed il busto, con l'abito di seta nero messo in risalto, tenendo fissi gli occhi su di lei. Il ghigno scomparve, lasciando spazio ad un'espressione del viso quasi malinconica, con le punte delle labbra che si crucciarono leggermente verso il basso. Si leccò le labbra, inumidendole.
-Che te ne importa?-
Rigettò la domanda, cercando di capire con chi avesse a che fare. Era lei che aveva invaso i suoi affari, dunque Tristan non era tenuto a darle risposte.
Ovviamente nella voce c'era parecchio acido ed un filo di scocciatura.
Avrebbe soltanto desiderato continuare il suo lavoro quella sera ed invece, si ritrovava alla mercé di una ragazzina che prima gli puntava una bacchetta alla schiena e poi decideva di fare domande; si chiese mentalmente quanto fosse corretto lasciarla andare o comunque cercare con le buone di tenerla lontana da quella zona. In realtà la Stamberga Strillante si era rivelato un terreno veramente ottimale per nascondere corpi o andarne a caccia: d'altronde era estremamente vicino ad un centro abitato ma non troppo, dunque questo gli dava la possibilità di potersi servire di una certa omogeneità di sessi ma con caratteristiche fisiche variegate. E poi i fantasmi della Stamberga non lo avrebbero infastidito: non a lui. Tra l'altro, quel posto era diventato così oggetto di dicerie, leggende e voci che avvicinarcisi era diventato anche noioso, sopratutto perché in gran parte si erano rivelate infondate.
Per lo più ad avvicinarsi erano i nuovi studenti di Hogwarts che, appena avevano la possibilità di uscire dal castello, si fiondavano tra Mielandia e la Stamberga, scrutandola da lontano e chiedendosi cosa vi fosse all'interno. Assi marce, polvere, ragnetele. Ecco cosa rimaneva di quel villino.
Gli occhi di Tristan von Kraus rimanevano sulla ragazzina con attenzione, pronto a reagire nel qual caso la frenesia e la paura avessero fatto fare qualcosa di anomalo alla bionda; c'era da aspettarselo comunque ecco perché poco dopo, Tristan le porse il palmo della mano lentamente.
-Dammi la bacchetta e ti prometto che sarà soltanto un brutto sogno. La ritroverai qui domani.-
Fu piuttosto enigmatico nel minacciarla, ma era meglio in realtà: non voleva spaventarla bensì testare i suoi riflessi mentali e capire quanto effettivamente capisse o meno la sua posizione ed il fatto che si trovava in un terreno pericoloso; troppo, per poter puntare la bacchetta contro uno sconosciuto ed abbassarla pochi secondi dopo uscendosene con un ghigno e con un "chi sei" che suonava veramente di troppo, alle orecchie del Medimago.
Dalle labbra di lui era fuori uscito un soffio, voce bassa e ammiccante, per tranquillizzarla ed ipnotizzarla. Fece l'ennesimo passo in avanti, tenendo la mano testa di fronte a se e gli occhi su di lei, muovendosi come un'automa privo di emozione in viso.
 
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view post Posted on 21/6/2017, 22:53
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"I hear the sound like the ticking of clocks
Come back and look for me
Look for me when I am lost "


Assurdo quanto facilmente la curiosità possa costringerti a fare cose stupide. Altrettanto assurdo quanto velocemente ci si possa pentire di aver fatto una determinata cosa. Era così che Sophie cominciò a sentirsi, nel momento in cui dal viso di quell'uomo svanì improvvisamente il ghigno che aveva appena accennato. Se si aspettava di ricevere una risposta sensata alla sua domanda altrettanto sensata? Ovvio. Nessuno si era mai permesso di rispondere in quel modo a lei, e per quanto potesse sembrare una ragazzina, nessuno, se non Lord Voldemort, poteva conoscere la sua vera natura. Una ragazza colma di odio verso l'intero mondo, perennemente sulle sue, che a nessuno dava l'occasione di poter avere una conversazione tranquilla e pacata con lei. O almeno, quasi nessuno. Non si era pentita di aver seguito quell'individuo perché stava cominciando ad avere paura, niente affatto. Semplicemente, aveva preso la decisione di avvicinarcisi solo perché poteva sembrare, ai suoi occhi, una persona interessante, che nascondeva chissà quale segreto, ma, in quel momento, la curiosità di sapere svanì, improvvisamente. Che fosse sembrato banale? Probabile. Ella continuava a cercare di scrutare quanto più possibile quel volto pallido sotto quell'ombra che ne copriva circa una metà, finché egli non accorciò le distanze ricolmando quello spazio che Sophie poco prima aveva lasciato libero. La luce della luna illuminò del tutto il suo viso, che poteva sembrare così tanto inquietante agli occhi di una innocente ragazzina. Ma lei non era affatto innocente, e quegli occhi freddi, quell'espressione seria non le causarono nessun tipo di emozione, né tanto meno paura. Abbassò per un attimo lo sguardo sugli indumenti dell'uomo, che facevano vedere perfettamente la sua natura. Per esclusione, poteva dire che il viso non poteva affatto essere di un Auror, il modo in cui era vestito rappresentava alla perfezione un'alta borghesia, e di certo non poteva essere un uomo da quattro soldi. Doveva necessariamente essere qualcuno di importante. Nel momento in cui rialzò gli occhi verso il suo volto, Sophie piegò leggermente il capo verso destra, come a volerlo guardare meglio, da un'altra prospettiva. Le cicatrici inferte sul suo viso divennero perfettamente visibili sotto i raggi lunari, tanto da creare come un'ombra proprio su quei tagli ormai rimarginati. Fu costretta ad abbandonare lo studio di quel viso nell'esatto istante in cui egli tese la mano in attesa di stringere la sua bacchetta. Fu allora che la ragazza ghignò nuovamente. Nessuno, oltre al vecchio Olivander, prima di vendergliela, aveva mai osato toccare la sua amata arma, e di certo non avrebbe permesso ad un perfetto sconosciuto di privarla di essa. Se c'era qualcosa per cui era estremamente gelosa, era proprio quel pezzo di legno, e dal primo giorno in cui ne era venuta in possesso, non l'aveva mai abbandonata, per nessun motivo al mondo. - La mia bacchetta non si muove dalle mie mani. - Parole pronunciate in un fil di voce, ma con una certa sicurezza difficile da vedere in una ragazza di diciassette anni. Fece nuovamente un passo indietro, poi un altro.- Ascolti. Lei non ha mai visto me e io non ho mai visto Lei. Io ora me ne vado. E Lei continuerà a vivere la Sua vita come se nulla fosse successo. - Alzò entrambe le braccia in segno di resa, tenendo ben salda la presa intorno alla sua bacchetta, ed indietreggiò sempre di più, fino al momento in cui non cominciò a voltarsi per dargli le spalle, con l'intento di andar via da quel posto. Non aveva visto nulla, ed avrebbe continuato a non vedere nulla. Aveva capito che quell'incontro non sarebbe mai dovuto avvenire, non con una persona che avrebbe voluto privarla della cosa più cara che potesse avere. Sapeva che doveva evitare, si conosceva bene, sapeva di avere la testa calda, e se solo egli si fosse permesso anche solo di sfiorare la sua amata arma, era convinta che, quella sera, i cadaveri sarebbero stati due. Chi fosse il secondo, con esattezza, non era ancora dato saperlo.
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Tristan von Kraus
view post Posted on 23/6/2017, 14:07




"Let me fly you to the moon
My eyes have always followed you around the room
'Cause you're the only god that I will ever need
I'm holding on
And waiting for the moment to find me..."



Tristan si fermò non appena la vide la ragazzina indietreggiare ancora e ancora. Quanto meno era riuscito ad allontanarla dalla fossa alle sue spalle.
Nonostante non fosse pienamente soddisfatto, poiché la ragazzina avrebbe potuto in ogni caso blaterare in giro di essersi trovata al cospetto di un uomo, dall'aspetto strano in piena sera nei pressi della Stamberga, non v'era comunque stato altro che la bionda avesse potuto vedere per fare si che qualcuno in futuro potesse cercarlo o incriminarlo. Se l'era vista brutta, non c'era alcun dubbio.
Quello gli sarebbe stato da monito per far si che prestasse più attenzione le prossime volte.
L'ascoltò opporsi alla sua richiesta di consegnargli la bacchetta: prevedibile che non la cedesse tanto facilmente, soltanto una sconsiderata avrebbe dato l'oggetto del suo potere tra le mani del primo psicopatico che si trovava davanti; poi, farfugliando qualcosa che Tristan francamente capì a tratti, girò i tacchi e si allontanò anche velocemente, sparendo alla sua vista dopo pochissimi minuti.
L'uomo restò a fissare il punto in cui la ragazza era scomparsa, attendendo diversi secondi per accertarsi che nessuna chioma facesse nuovamente capolino in quell'angolo sperduto e buio; dunque, quando fu assolutamente cerca di essere rimasto solo, si avvicinò lentamente alla buca scavata poco prima, riportando con attenzione gli occhi sul corpo nel sacco.
Era arrivato il momento di sparire il prima possibile da quel posto e portare con se l'unica cosa che catturava il suo interesse ormai; il corpo femminile racchiuso in quel sacco significava test, significava capire alcuni processi anatomici della morte, del perché sopraggiungesse e se ivi fossero possibilità di allontanarla. Tristan era un ambizioso nato, non si sarebbe fermato dinanzi a nulla per amore della conoscenza e del progresso.
Sognava di essere acclamato come una delle menti più brillanti di quella lucente epoca in cui si trovavano, fatta di equilibrio e quiete; sognava il suo volto sulle prime pagine di tutto il mondo magico, come colui che aveva soggiogato la morte, curato la pazzia e reso più lunga la vita di ogni essere che potesse respirare. In realtà, non desiderava qualcosa di poi tanto differente da ciò che qualcuno nel loro mondo -ma in passato- aveva scoperto; tuttavia, le letture e lo studio a cui Tristan von Kraus aveva dedicato anni della propria vita, lo portavano sempre a scontrarsi contro la materiale impossibilità di fare date cose.
Avrebbe superato ogni limite, per quanto questo potesse essere morale e legale o no.
Si leccò nuovamente le labbra inumidendole poi, senza fare troppa fatica, prese con le mani il giovane ed esile corpo che aveva sapientemente sigillato in quel sacco e se lo caricò in spalla, cominciando ad incamminarsi subito lentamente verso la fitta radura alle spalle della Stamberga, lasciandosi alle spalle la consapevolezza che due graziosi occhi glaciali, aveva conosciuto il suo viso e scorto i suoi lineamenti quel tanto che bastava per imprimerseli bene nella testa -probabilmente-.
Molto probabilmente avrebbe rivisto quella chioma bionda da qualche altra parte. Al San Mungo forse, in preda ad un attacco di vaiolo di drago oppure preda di un filtro d'amore o probabilmente caduta con il fondoschiena dalla scopa.
Ghignò, tenendo ben saldo il corpo sulla spalla e poi, coperto dal buio e dagli alberi, si smaterializzò dove gli unici occhi che potevano arrivare erano i suoi poiché quelli di coloro che avrebbero provato ad entrare, li avrebbero lasciati come monito.
La Stamberga Strillante tornò silenziosa soltanto pochi secondi dopo che uno stormo di corvi -spaventato dal movimento della smaterializzazione di Tristan- gracchiò per alzarsi in volo verso altri rami.
 
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