Quel posto, Concorso a Tema: Giugno 2017

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 28/6/2017, 11:47
Avatar

Group:
Mago
Posts:
6,502
Location:
Hyperversum

Status:



«Non ti serve, lo sai.»
«... non è questo il punto, papà»
«Il punto è che hai la testa altrove troppo spesso, quest'anno hai i G.U.F.O. e quel posto non ti aiuta a concentrarti sui tuoi doveri!»
«Quel posto ha un nome, ed è parte dei miei doveri.»
«Amber!»
«Adesso devo andare.»
«Amber

IL
richiamo dell'uomo finì inesorabilmente per infrangersi contro il portone appena chiuso. Senza nemmeno voltarsi, sapendo perfettamente quale espressione aveva già assunto John Hydra, -disappunto e delusione indubbiamente avrebbero creato un mix micidiale se abbinate al suo sguardo tagliente - Amber camminò spedita oltre il vialetto di quelle palazzine tutte uguali. La necessità di sbollire il nervosismo attraverso una sana passeggiata si era fatta largo sopra ogni alta cosa. Era la terza volta in una settimana che l'uomo introduceva lo stesso discorso, probabilmente nella speranza che prima il suo consiglio venisse seguito, voleva che lasciasse il posto da Florian. Non serviva un ordine di Merlino per capire che il succo del discorso era proprio quello e, per quanto fastidiosa potesse essere l'idea, forse il padre non aveva tutti i torti. Lui però non poteva sapere che i motivi per cui Amber era così spesso con la testa altrove erano ben altri, ed in parte lo coinvolgevano indirettamente. I piedi, infilati in comode e leggere scarpe da ginnastica di tela, si mossero svelti tracciando una scia invisibile ma ormai memorizzata. Non serviva che prestasse attenzione a dove andava per raggiungere il Florian, le bastava entrare nell'ottica giusta e la memoria agiva da sé. In verità avrebbe anche potuto prendersela comoda, ma la discussione, benché ancora agli inizi, l'aveva spinta ad uscire con largo anticipo. Gli ultimi tempi non erano stati particolarmente tranquilli in casa, i due avevano alternato momenti in cui si evitavano palesemente, ad altri in cui rimarcavano le mancanze reciproche, infierendo su ferite che sapevano essere aperte. Il rapporto idilliaco che pensava di avere con lui si era via via evoluto in peggio. Se un tempo era convinta di poterlo rendere partecipe dei cambiamenti in corso nella sua vita, dopo aveva capito che non era pronto e forse non lo sarebbe mai stato. Mai giungevano ad alzare il tono di voce, ma per due come loro la conversazione appena avuta poteva essere etichettata come "discussione". Erano perfettamente in grado di riconoscere il tono basso, secco ed allarmante con cui le reciproche parole fendevano l'aria. Non eccedevano in sfoghi isterici, ma piuttosto colpivano con innata ferocia con una sola frase. Uscita dal lungo viale, svoltò a destra e rallento inconsapevolmente, riprendendo un ritmo più controllato del respiro, che poco prima era giunto all'apice della concitazione. John non la capiva e man mano che lei cresceva lui si faceva più duro e distante, come poteva pretendere che seguisse quel ragionamento, che lo ascoltasse? Aveva visto così di buon occhio, quasi quattro anni prima, il suo avvicinarsi ad un lavoretto, cos'era cambiato e perché di punto in bianco non andava più bene?


Ferma davanti alla porta d'ingresso in vetro, Amber non si era ancora discostata da John.
«Avanti, il Signor Fortebraccio non attenderà ancora a lungo.» le aveva detto il padre, sorridendole come difficilmente avrebbe fatto in futuro. «E se... sbaglio?» aveva chiesto la bimba, mostrando il timore fondato di commettere errori, qualcosa che l'uomo non era mai stato in grado di gestire. Si era chinato quindi fino a raggiungere l'altezza della figlia, per cingerle le spalle e guardarla nel profondo dei suoi occhi verdi. «Sbaglierai di sicuro, Amber, ma poi imparerai e non commetterai mai gli stessi errori, ne sono certo.»


Cosa gli aveva fatto cambiare idea in quel modo?
Avrebbe potuto chiederlo, ma la frustrazione scatenatasi un meno di due secondi netti l'aveva spinta in partenza ad evitare. "Hai dato molto, potresti lasciare posto ai più volenterosi", le aveva detto pochi giorni prima, cercando di girare intorno alla questione con più delicatezza. E lei? Lei quindi non era abbastanza volenterosa? Scosse il capo, apprestandosi ad attraversare una strada principale assieme ad un altro paio di mattinieri. Il Florian le aveva dato tanto in solo quattro anni, le aveva permesso - a forza - di integrarsi con la comunità magica di Hogwarts perché, per una ragione o per un'altra, molti studenti passavano spesso e volentieri di lì. Lentamente, frase costruita su frase costruita, quel grembiule le aveva fatto comprendere come era giusto interagire con un cliente e come invece si poteva concedere un sorriso ad un amico. Non appena indossava la divisa, sempre la stessa, qualcosa in lei scattava e come un'attrice sul palcoscenico dimenticava ogni problema, sostituiva alla corazza il grembiule e lasciava alla ormai diciassettenne il giusto spazio, sempre senza uscire totalmente dalla sua natura. Non poteva dirsi propriamente bipolarismo, il suo, era il semplice senso di liberazione che si prova quando ci si concentra intensamente su un obiettivo con la sola idea di raggiungerlo. Il suo era quello di servire ai tavoli ed al bancone. Era cresciuta grazie agli errori commessi proprio in quel negozio, aveva scoperto la serenità che poteva darle la sola idea di sentire i campanelli della porta suonare e quanto potesse valere una giornata di reale fatica. Avere un posto in quella via che potesse ritenere "suo" era quanto era servito a farla sentire accolta ed apprezzata. Avrebbe voluto dirgli anche quello, pensò mentre si accingeva a superare gli avventori del noto Pub e svicolare fino al muro di mattoni. Se solo suo padre avesse saputo quanto lei sentiva il bisogno di avere dei punti saldi nella sua vita, forse avrebbe smesso di insistere.
La bacchetta scivolò sui mattoni usurati quel tanto che bastava a convincerli a farsi da parte. Diagon Alley si presentò quasi deserta, in quel primo pomeriggio d'estate. I pochi passanti presenti cercavano di saltare da una zona d'ombra all'altra, alla disperata ricerca di un riparo dai raggi del sole. Amber, dal canto suo, ancora immersa nelle proprie riflessioni, percorse la sua strada esattamente in mezzo alla via, lasciando che la chioma bionda risplendesse ad ogni passo. Ma, in fondo, se John avesse avuto ragione? Se in realtà il suo discorso non fosse poi così sbagliato? Lei sentiva di aver ricevuto molto da quel locale, che fosse davvero giunta l'ora di abbandonare il grembiule in favore di uno studente più giovane? Il solo pensiero favorì un nodo allo stomaco, che si strinse con forza mentre l'ombra del drago della Gringotts appariva a darle apparente respiro. Lo sguardo basso s'intristì, stava davvero considerando lasciare uno dei suoi rifugi? Che le piacesse o meno, era arrivato anche per lei il momento di tirare le somme, di fare un elenco di pro e contro, ma avrebbe dovuto farlo da sola, lontana dalle influenze di chi sembrava aver già preso quella decisione per lei. La camminata, che in partenza era sembrata una corsa, aveva rallentato talmente tanto il suo ritmo che, ad occhio esterno, la tassa sarebbe sembrata un condannato a morte in direzione del patibolo. Facilmente avrebbero potuto collocarla lì, in quella Venezia tanto nota ma mai visitata, a percorrere il Ponte dei Sospiri e dai piccoli fori nella pietra degnare di un ultimo sguardo la laguna. Non si era resa conto di aver praticamente trascinato i piedi negli ultimi dieci metri. Perfino il suo corpo aveva iniziato a sembrare pesante, sovraccaricato di pensieri confusi e negati prima ancora di venir approvati. Alzò il capo solo quando giunse di fronte alla vetrina allestita pochi giorni prima da lei ed Elhena. Lì, lasciò che un sospiro fendesse l'aria, mentre lo sguardo metteva lentamente a fuoco gli interni del locale, lasciando in secondo piano quanto invece aveva davanti. Ogni tavolo rappresentava un ricordo più o meno piacevole, dalla festicciola che avevano organizzato poco dopo l'assunzione, ai personaggi scorbutici e strani che aveva servito, tutto era lì. Non avrebbe mai dimenticato l'innocenza con cui Joel le si era avvicinato, anni prima, prendendola in contropiede come pochi altri... o gli strani incontri con i professori fuori dal castello. Non si era ancora abituata a vederli fuori dal loro "habitat". Difficilmente avrebbe dimenticato il cliente che per poco non l'aveva travolta, pochi mesi prima, dopo aver assaggiato una fetta di torta del sognatore. Ancora si chiedeva cosa avesse visto quell'uomo nei suoi sogni! Come fantasmi, le ombre dei ricordi riempirono il locale vuoto, animandolo quasi fosse un palcoscenico ed incastrandosi una sull'altra. Impercettibilmente, le iridi verdi tremolarono, mostrando un livello di connessione con il Florian che mai avrebbe ammesso di avere. Non l'aveva detto a John, non era stata in grado di far valere le sue ragioni, voleva forse dire che queste non erano abbastanza forti o valide? Si era chiesta anche quello, ma la risposta non era apparsa chiara come aveva creduto, almeno non fino a quel momento. "Il dovere non è sempre piacevole", si era detta, nel tentativo di convincersi per una volta a seguire un consiglio paterno... ma nemmeno quella frase fatta aveva centrato il bersaglio. Quante volte aveva sfiorato il bancone? Quante volte aveva servito i più disparati clienti? E quante volte, a fine giornata, si era sentita soddisfatta ed utile? Tante, ma era quindi giusto dare un freno a quelle sensazioni? "Ogni cosa bella ha una fine, presto o tardi", si era detta anche quello, ma aveva percepito con esattezza quanto poco credesse in quella frase. Aveva fatto tesoro di molti insegnamenti ricevuti in via diretta ed indiretta, lì dentro, era già arrivata al punto di non dover più imparare nulla... di non aver più niente da dare in cambio? Lo sguardo si posò sulle specialità estive esposte davanti a lei. L'espressione seria mutò, ma non se ne accorse subito.


«Dobbiamo pensare a qualcosa di nuovo, non possiamo sempre offrire le stesse cose, i clienti si annoieranno. Mi sono venute in mente alcune idee e... beh, potremmo provare. Sbagliare è normale, no? Basta imparare dagli errori.»
Aveva detto con decisione allo specchio che rifletteva l'immagine di una ragazza bionda alquanto stanca. Non era la prima volta che provava un discorso prima di riproporlo al vero destinatario, che in quel caso era Elhena, la sua collega e concasata. Solo quando si era sentita sicura, si era poi avviata a passo svelto verso in locale, con in mano un foglio di proposte che insieme le due potevano valutare.



Un lampo di orgoglio attraversò le pagliuzze dorate che s'infrangevano nell'acqua cristallina di quei due pozzi verdi. La risposta che per tutto il tempo aveva cercato era davanti a lei, in quel sorriso riflesso da una vetrina perfettamente lucida. Solo quando la profondità cambiò e lei stessa lo vide, poté capire. Un tuffo al cuore s'abbatté di forza contro il nodo allo stomaco, sciogliendolo con un solo colpo e spazzò via la nebbia che aveva invaso quella mente confusa. La consapevolezza giunse l'istante successivo, quando il sorriso accennato si allargò ancora. No, non era pronta a lasciare il Florian, non aveva ancora finito con quel locale, non era arrivato il momento di passare il testimone. Invertì la rotta dei suoi pensieri, con la certezza di compiere l'azione migliore per se stessa prima che per altri. Muovendo un passo verso la porta, Amber strinse le dita attorno alla maniglia. John le avrebbe dato dell'egoista, ne era certa, ma lui stesso l'aveva incitata a sbagliare se fosse stato necessario. Dedicò un ultimo attimo alle riflessioni più cupe, per poi rinchiuderle in un remoto angolo della mente e lasciare che le più liete prendessero il sopravvento. Aveva ancora bisogno di quel posto, Florian Fortebraccio non avrebbe perso una delle sue cameriere.

Compiendo l'ultimo passo necessario, Amber abbassò la maniglia ed entrò.




Edited by ˜Serenitÿ - 28/6/2017, 14:10
 
Top
0 replies since 28/6/2017, 11:47   164 views
  Share