La Tana della Volpe, Abitazione dell'Auror Aiden Weiss

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view post Posted on 22/7/2017, 14:19
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Tana della Volpe

Abitazione di Aiden Weiss


La piccola villetta si trova a qualche chilometro fuori Hogsmeade, precisamente celata ad occhi indiscreti in una zona boschiva.
L'abitazione è quasi totalmente in pietra, ad eccezione di alcune parti in legno e cemento, nel caso degli interni. Per rendere la villetta meno appariscente, è stata fatta crescere dell'edera lungo le sue pareti esterne.
E' presente un piccolo giardinetto, con un piccolo tavolino da usare nei periodi più caldi e piacevoli da passare all'aperto, quattro sedie pieghevoli e un'amaca posizionata tra due robusti alberi. Inoltre, vi è anche un piccolo cabinotto che funge da magazzino, dove Aiden tiene tutti quegli utensili utili al giardinaggio o alle riparazioni della casa.
Il boschetto attorno l'abitazione, rende il tutto più rustico e decisamente selvaggio, con un climax da Cappuccetto Rosso, in cui la casa della nonna si trova appunto in mezzo al bosco.
Partendo dal piano terreno, la villetta presenta un magnifico soggiorno (click) interamente in legno che ricorda la casa di un fanatico di caccia, con tanto di camino. Una cucina che è attaccata al soggiorno (click), una sala da pranzo (click) che tramite una porta scorrevole da alla cucina. E tra il soggiorno e la cucina si potrà trovare un piccolo bagno (click), con tanto di doccia.
Al piano di sopra, si potranno trovare due camere da letto (click) delle stesse dimensioni e simili nell'arredamento, di cui una appartiene ad Aiden e l'altra è a disposizione degli ospiti. Entrambe le camere sono disposte di letto matrimoniale e la camera di Aiden si trova subito vicino alle scale che danno al piano inferiore e di fronte al bagno (click), dotato perfino di una vasca da bagno. La camera per gli ospiti, invece, è attaccata al bagno e in prossimità delle scalette che conducono alla mansarda (click - da tenere per buone solo le dimensioni) e dotata di diversi pesi e attrezzi da palestra.

La villetta è protetta magicamente, celata alla vista. I Babbani non potranno localizzarla ma nemmeno i Maghi che non hanno ricevuto le esatte coordinate dal proprietario: Dalla strada maestra ad Hogsmeade procedere verso Est, direzione di una vasta zona boschiva, per circa mezz'ora. Non ci sono sentieri, a parte quelli di caccia, ma la strada sarà sempre dritta finché non si troverà un grosso masso quanto un cavallo e allora dovrete procedere verso sinistra. Dopo dieci minuti giungerete in una piccola radura con dei radi abeti rossi. Di notte la zona è riconoscibile per l'abbondante presenza di lucciole..
Questo è un sistema difensivo conosciuto esclusivamente da poche e fidate persone. Aiden è pignolo in fatto di riservatezza e protezione della propria persona.
Bisogna recitare due volte la frase: Sotto un cielo stellato mi celo, sotto un cielo splendente mi rivelo. L'amico entra, il nemico resta!
Con il suo ritorno dall'Australia, la frase da recitare è stata cambiata e basterà una volta soltanto: "Moderatamente saggio dovrebbe essere ogni uomo: mai troppo sapiente. Il proprio destino nessuno conosca in anticipo, ché la mente non abbia ad angosciarsi."
A conoscere le difese e il modo per individuare la villetta sono:

Famiglia Weiss
Camille Pompadour (Ministro della Magia)
Rhaegar Wilde (Capo Auror)
Atena McLinder (collega)non conosce la nuova frase d'accesso
Dorian Midnight (collega)
Christopher "K" Channing (collega)
Killian Resween (collega)
Urania Donovan (collega)
Daphne Woods (collega/ex fiamma)
Sirius White (amico)

Maurizio Pisciottu (amico) non conosce la nuova frase d'accesso
Oliver Brior (amico) non conosce la nuova frase d'accesso
Nieve Rigos (amica/conoscente, non sa più come definirla) non conosce la nuova frase d'accesso
Thalia Moran (amica/conoscente, non sa più come definirla) non conosce la nuova frase d'accesso
Jolene White (amica) non conosce la nuova frase d'accesso
Ayumo Vanille (amica)
Elijah Sullivan (amico)



L'elenco verrà sempre tenuto aggiornato di volta in volta.
Ultimo aggiornamento: 03-02-2023





Edited by Aiden Weiss - 3/2/2023, 21:57
 
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view post Posted on 25/9/2017, 12:17
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When the snow falls, the fox tries to survive.

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Serenity, Courage and Wisdom
Contest a Tema: Settembre 2017




Aiden Weiss
Auror ☘ Ex Grifondoro ☘ 26 anni

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Aiden aprì gli occhi e fissò un punto indefinito della sua stanza.
La testa ancora ronzava dalla sera precedente in cui era stato al pub con Samuel e Richard, sbronzandosi come ogni venerdì sera in cui uscivano insieme. Aveva ancora il sapore della birra in bocca quando si portò una mano alla bocca per soffocare un piccolo reflusso.
Fu allora che si ricordò di avere uno dei nuovi tatuaggi al polso destro (click) in cui trovò l’arpa celtica, l’arpa di Brian Boru, impressa sulla sua pelle. La scelta dell’arpa era sta stata istintiva, genuina, poiché era simbolo del suo antenato e doveva servire a rammentargli i propri doveri familiari e a quale dinastia apparteneva.
Il tatuaggio pulsava un poco, ancora fresco del giorno precedente, e anche quello sul fianco destro pulsava, fastidiosamente, soprattutto perché era girato proprio su quel fianco. Si alzò di scatto e sollevò la maglietta, vagamente punteggiata da piccole goccioline di sangue, siero ed inchiostro. La scritta (click) era stata scelta dopo un’accurata riflessione su quanto era avvenuto nell’ultimo periodo. Ed erano cambiate molte cose, specialmente a livello sentimentale.
Daphne... pensò all’improvviso, rammentando di come era stata lei la fonte ispiratrice di tale tatuaggio. Quella volta al ristorante, al loro primo appuntamento, la giovane donna dai capelli fiammeggianti - la sua Pòg ag Tine* - aveva suggerito al fulvo di andare avanti e non sentirsi più condizionato dalla perdita del padre. Ma fino a quel momento non era mai stato in grado di farlo, era ancora una ferita aperta e sanguinante per lasciare che si rimarginasse facilmente.
Eppure, dopo quella serata, Aiden aveva spesso ripensato all’idea di andare avanti con la sua vita, perché probabilmente era ciò che suo padre avrebbe voluto e solo lui e sua madre non erano ancora riusciti a fare quel passo.
Già, lui e sua madre…
Sospirò e percorse le assi di legno che costituivano il pavimento, fino ad arrivare al bagno. Guardandosi allo specchio Aiden vedeva un giovane uomo ancora segnato dal dolore della perdita della propria figura paterna, di come non fosse mai riuscito a cancellare la sofferenza dai suoi occhi e temendo ogni giorno di ritrovarsi a terra privo di vita, proprio come suo padre, lasciando la propria famiglia da sola.
Le dita sfiorarono la scritta:

Serenity to accept what I cannot change
Courage to change what I can
Wisdom to know the difference
Enjoying life one moment at a time.



Avvertì il bruciore di quel nuovo codice che avrebbe voluto seguire, per cercare di dimenticare e andare avanti, proprio come aveva suggerito Daphne. Doveva solo avere il Coraggio di cambiare ciò che poteva e forse assieme alla giovane Strega americana, con il giusto tempo e il giusto sforzo, ci sarebbe potuto riuscire.
Oh Daphne, dove sei? Perché non sei qui con me, mia bella Pòg ag Tine?
Prese un profondo respiro e poi si lavò la faccia, cercando di schiarirsi meglio le idee oltre che a svegliarsi. Quando tornò a guardarsi allo specchio, guardando il proprio riflesso, Aiden capì che se voleva apportare quel grosso cambiamento nella propria vita, se voleva voltare pagina e andare avanti, avrebbe avuto bisogno di Daphne.
Mentre tamponò il viso con l’asciugamano, tornò in camera, restando con solo i pantaloni della tuta e sedendosi alla scrivania. Prese una piuma e un pezzo di pergamena, deciso a scriverle una lettera.

Daphne Woods
Quartier Generale Auror
Secondo Livello
Ministero

Cara Daphne,
purtroppo non ho ancora avuto modo di chiederti l’indirizzo di dove vivi, perciò dovrò accontentarmi dell’indirizzo del tuo ufficio.
So che ora siamo colleghi, che potrei parlarti di persona, ma temo che tu sia ancora arrabbiata con me. Ovviamente lo capisco, sono stato uno stupido a farlo, non smetterò mai di ripetertelo, ma l’ho fatto davvero per quei motivi che ti ho spiegato.
Spero potrai perdonarmi, perché ora come ora ho davvero bisogno di te!
Ricordi quando al nostro appuntamento ti ho raccontato di mio padre e tu mi hai detto di lasciare andare? Che sarebbe stato più facile? Ecco, vorrei davvero provarci, ma per farlo ho bisogno di te.
Fino adesso mi sono reso conto che da solo non posso affrontare una cosa del genere, è una ferita ancora aperta e sanguinante, e non posso contare su mia madre per superarlo perché anche lei è nella mia stessa situazione, se non peggio.
Dicono che il tempo guarisca le ferite, ho passato sette anni nella speranza di guarire e sono ancora sanguinante. Poi ho incontrato te e ho iniziato ad apprezzare i momenti della vita, perché ti amo.
Ho compreso che mi serve l’unica cosa che avrei sacrificato volentieri per svolgere meglio il mio compito di Auror, quella di avere una famiglia mia. Mio padre avrebbe voluto questo per me, che vivessi felice senza dover temere l’arrivo della Morte.
La Morte, Daphne, è il solo e vero nemico, ma è anche ciò che garantisce la Vita in cambio di un’altra. Mio padre ha dato la sua per la sua famiglia, forse succederà anche a me ma preferirei vivere una vita intera piuttosto che una a metà, senza di te.
Non ho Paura, non ne ho mai avuta, tranne ora, in cui temo soltanto la tua dipartita, non la mia!
Avremo tutto il tempo del mondo per costruirci la vita che desideriamo per entrambi, ma ho bisogno di saperti al mio fianco per ottenere questa vita, questo cambiamento di cui ho bisogno. Se voglio lasciarlo andare, devo colmare il vuoto con qualcosa di bello e vorrei che ci fossi tu.
Ti prego, dammi un’occasione. Concedimi l’opportunità di essere l’uomo che meriti, nonostante i miei difetti.
Sulla mia pelle ora porto la promessa, ma sei tu l’unico stimolo che mi permette di realizzarla.
Ti prego, torniamo a vederci.

Ti amo.


E si firmò con il disegno di una testa di volpe, identica a quella del proprio ciondolo argentato. Daphne avrebbe capito chi la mandava, lei sapeva…
Sospirò e si prese la testa tra le mani. No, non poteva inviarla, non così, non era da lui apparire così disperato o codardo da scriverle. No, doveva parlarle faccia a faccia, anche a costo di infilarsi nel suo ufficio con la forza bruta.
Prese la lettera di scatto e andò verso il caminetto spento, gettandola al suo interno. Prese la bacchetta e la puntò contro il pezzo di carta. Lacarnum Inflamare! scandì mentalmente, muovendo la bacchetta verso il punto designato, disegnando una sorta di “S” rovesciata. Una fiammella partì dalla bacchetta e la lettera venne letteralmente travolta dalle fiamme.
Non poteva mandarle una lettera del genere, non a lei, non se la voleva al proprio fianco. Se voleva essere l’uomo giusto, quello che lei meritava di avere, doveva dirle le cose in faccia, senza nascondersi dietro un pezzo di carta.
Le fiamme divorarono la pergamena e l’ultima cosa che Aiden vide prima che tutto diventasse cenere fu quel “Ti amo” vergato di suo pugno.
Amore, amore… quali atti si compiono in tuo nome… pensò, mentre ripassò la mano sul fianco, che bruciava, rammentandogli quella nuova promessa. Eppure è proprio per amore che si è disposti a subire dei cambiamenti. Per amore posso lasciare andare qualsiasi cosa, ma in cambio voglio il suo di amore...
E lo avrebbe fatto. Per lei. Per suo padre. Per la sua famiglia e per quella che sarebbe venuta in futuro.
Lo avrebbe fatto.

PS: 177 ☘ PC: 129 ☘ PM: 124 ☘ EXP: 27

* Pòg ag Tine: Baciata dal Fuoco.
 
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view post Posted on 13/10/2017, 20:13
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Nieve Rigos | Prefetto Grifondoro | 16 anni | ♪♫
Il pacco planò con malagrazia a pochi centimetri dal piatto al quale Nieve stava attingendo, sbocconcellando il muffin alla zucca che gli elfi avevano avuto la compiacenza di servire loro anche quella mattina. Istintivamente la Grifondoro sobbalzò, alzò le mani e strabuzzò gli occhi. La tazza ricolma di té risentì del rapido contatto con l'involto, sicché Nieve osservò il liquido chiaro oscillare pericolosamente da un bordo all'altro senza versarsi. Batté le palpebre, la fronte corrugata in un'espressione di malcelato fastidio, mentre alzava lo sguardo per dare un'occhiata in giro. Era una Domenica mattina di poco antecedente le feste natalizie e la Sala Grande, nel suo impareggiabile incantamento, non era mai stata tanto vuota: gruppi da due persone sedevano qui e lì presso gli enormi tavoli riconducibili ciascuno a una Casata diversa, dandole un'aria di abbandono che aveva del malinconico. Con una certa sorpresa, nel constatare che nessun altro sedesse al suo stesso tavolo nel raggio di un paio di metri, dovette arrendersi all'evidenza di essere l'unica possibile destinataria del pacco al quale aveva tributato la sua intolleranza. Abbassò le mani, che nel frattempo erano rimaste sospese a mezz'aria, e tornò a poggiare i gomiti sulle assi levigate del tavolo, il viso adagiato sul dorso delle dita con fare contemplativo e il cuore che accelerava appena il suo incedere battente. Quella mattina, Krokùs era tornata a farle visita in stanza dopo giorni d'assenza: l'aveva mandata alla ricerca di Emma per consegnarle un'ultima, fatidica lettera e le aveva chiesto di non arrendersi finché non l'avesse trovata. Non le aveva portato nulla in cambio. Scioccamente, per un attimo, mentre si protendeva in direzione del misterioso involucro e separava il rotolo di pergamena dal resto della confezione, si chiese se non fosse possibile attribuire ad Emma il merito di quella consegna. La grafia che trovò incisa sul foglio, tuttavia, infranse le sue più speranzose fantasie, strappandole un sospiro. Come sempre faceva, scorse rapidamente il testo con lo sguardo fino a leggere il nome dell'autore dell'epistola. Inarcò le sopracciglia, a metà tra il sorpreso e lo scettico.

«Questa sì che è bella!» Le labbra assunsero una posa sarcastica sul volto giovane, concedendo al cuore il permesso di rallentare il ritmo. Lesse con avida curiosità, i denti che affondavano nel labbro inferiore nella speranza di trattenere il riso. Fallì, ovviamente. Divertita e sgomenta insieme, abbassò il foglio e si guardò intorno con l'atteggiamento di chi si aspetta di appurare di essere vittima di uno scherzo. Quando le circostanze parvero smentirla, si decise a scartare il pacco che, immobile, attendeva di rivelare il suo contenuto. La bocca si schiuse per scoprire i denti piccoli e regolari nel verificare la natura del dono che le era stato tributato. «La situazione si fa interessante... O qualcosa tra l'interessante e l'improbabile,» fece, sfogliando l'album che aveva tra le mani e scuotendo il capo. Brevemente, il pensiero corse alla prima volta che si era recata a Hogsmeade in compagnia di Amber: in quell'occasione, ingenua e inesperta com'era, aveva temuto che le cioccorane fossero ben più che dolcetti e aveva trattenuto il respiro, inorridita, nel vedere un bambino addentare barbaramente quella che per lei era una rana in carne ed ossa. «Ma che diavolo gli è saltato in mente?!»

Erano trascorsi mesi dall'incontro con l'uomo e, sebbene Nieve avesse spesso rievocato le spiacevoli circostanze delle quali si erano resi protagonisti, era stata ben lontana dal prospettare un'eventualità come quella che le si era appena presentata. Ancora incredula, approcciò la questione con una risolutezza che sarebbe presto scemata: non lo conosceva, si era comportato da cafone e non aveva intenzione di cadere nuovamente vittima dei suoi scoppi d'ira. Proprio mentre tirava le fila del suo impeccabile ragionamento, le accadde si alzare lo sguardo e scorgere due ragazze Tassorosso in procinto di abbandonare la Sala Comune con una complicità che ebbe a ricordarle quella che c'era stata tra lei ed Emma. La consapevolezza della sua solitudine le calò addosso d'un tratto e violentemente. Se fosse tornata in Sala Comune, non ci sarebbe stato nessuno ad aspettarla; non c'erano compiti da fare, amici da vedere, incombenze da Prefetto da sbrigare. Sospirò, portando alla bocca ciò che rimaneva del muffin. Un pensiero fugace, brillante nella sua vividezza, le attraversò gli occhi e Nieve sorrise, mentre accompagnava la tazza di tè alle labbra per darsi sollievo. Prese la decisione più ridicola e meno ponderata che le fosse capitato di elaborare dai tempi di Parigi. Maurizio sarebbe stato fiero di lei, si disse. Peccato non avere un mandolino a portata di mano.

* * *

"Piazza di Hogsmeade.
Oggi pomeriggio, ore 16.
Nieve"



Dopo aver scritto il biglietto più corto della storia - della sua, quantomeno -, Nieve aveva atteso con innaturale impazienza l'ora prefissata. Aveva consumato un pasto frugale, si era attardata con alcune matricole giusto il tempo di spartire una fetta di dolce ed era tornata in camera sua per recuperare il mantello e depositare il presente dell'Auror. La neve aveva scricchiolato sotto la suola degli stivaletti lungo l'intero tragitto che, dal castello di Hogwarts, l'avrebbe portata a destinazione, costringendola a prestare più attenzione del solito per evitare una caduta e allungando appena la durata del viaggio. Nonostante tutto, era riuscita a raggiungere il luogo dell'incontro con un buon margine d'anticipo. Il villaggio era delizioso nei suoi addobbi natalizi: c'erano ghirlande ad ogni porta, fiocchi e campanellini, i comignoli fumavano e l'aria profumava di dolci; perfino la gente aveva un aspetto migliore con le guance arrossate dal freddo e gli occhi scintillanti di riposo. Prese le distanze dal limitare della piazza, Nieve si accostò a una panchina vacante, ne contemplò la forma, infine decise di salire sulla griglia che era usualmente adibita a seduta e di appollaiarsi sullo schienale. La sua mente ripercorse in rapida successione i punti salienti della lettera, ridendo dell'aspetto comico della questione e sbuffando delle parti che le erano piaciute decisamente meno. Aveva ancora la possibilità di andarsene, ma decise che non l'avrebbe fatto.


If you’re afraid of falling, then don’t look down


Edited by ~ Nieve Rigos - 14/10/2017, 13:35
 
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Aiden Weiss
Auror ☘ Ex Grifondoro ☘ 26 anni ☘ Outfit


Il rumore di un becco che bussava sul vetro della finestra svegliò l’Auror quella mattina.
La testa rossa e gonfia dallo sfregamento delle coperte fece capolino da sotto di esse e l’occhio andò verso la finestra della sua camera. Merlino era tornato con una plausibile risposta, sebbene decisamente contrariato nel rimanere al freddo così a lungo. Sebbene fosse una civetta bianca, quel volatile era decisamente viziato e pigro, preferendo starsene al caldo piuttosto che svolgere la sua presunta routine lavorativa.
Uscì dalle coperte completamente svestito, se non per dei semplici boxer, per poi sbadigliare mentre apriva la finestra. Un’ondata di freddo lo fece tremare e con una mano indusse Merlino a non indugiare oltre sul davanzale ed entrare, così che potesse richiudere il prima possibile. La Scozia aveva già iniziato a ricoprirsi di neve al contrario di Londra, lì era ancora ventilato e piovoso.
Merlino si era posato sulla testiera del letto e si gonfiò, nel tentativo di levarsi di dosso la neve rimasta sulle piume. «Dispettoso!» grugnì il rosso, guardando il pennuto sporcare il letto, per poi afferrargli il becco e strapazzarlo un poco. «Cattivo Merlino!»
Prese il biglietto legato nella zampa della civetta, ma non senza prima aver ricevuto una poderosa beccata sulla nocca. Benché la voglia di tirare il collo a Merlino per quella sua suscettibilità, si limitò a succhiarsi la nocca e la leggere il bigliettino.
«Ah...» esclamò, inarcando un sopracciglio. «Almeno non mi ha chuig an diabhal*!» Scoppiò in una risatina.
Nonostante avesse molte cose lavorative che poteva svolgere tranquillamente a casa, Aiden si fece in quattro per ultimarle tutte entro l’orario stabilito.

Quando fu il momento di avviarsi verso il villaggio, Aiden si vestì abbastanza pesante, con tanto di mantello attorno alle spalle. Diede una rapida occhiata alla sua chitarra appoggiata contro il muro e sorrise. Da troppe settimane non suonava e quello strumento Babbano lo adorava e aveva imparato a suonarlo durante i periodi estivi mentre lavorava con sua zia al negozio. Decise quindi che avrebbe suonato un po’ durante il tragitto fino ad Hogsmeade, per non perdere l’abitudine e anche per tenersi occupato.
Uscì subito dopo averla accordato e si godette la mezz’ora di cammino suonando accordi qua e là, poi - quando fu in vista delle prime case - Aiden prese addirittura a cantare il testa di una vecchia ballata. In un certo senso rispecchiava la situazione di quel momento e sperò che nell’udirla Nieve sarebbe stata più propensa a non tempestarlo di palle di neve.

«A bear there was,
A bear, A BEAR!
All black and brown,
And covered in hair!

Oh come they said,
Come to the fair!
The fair? said he,
But I'm a bear!
All black and brown,
And covered in hair!

And down the road,
From here to there,
Three boys, a goat,
And a dancing bear!
They danced and spun,
All the way to the fair!

Oh! sweet she was,
And pure and fair,
The maid with honey,
In her hair!
The maid with honey,
in her hair!

The bear smelled the scent,
On the summer air!
The Bear! The Bear!
All black and brown,
And covered with hair!
He smelled the scent,
On the summer air,
He sniffed and roared,
And smelled it there!
Honey on the summer air!

Oh I'm a maid,
I'm pure and fair,
I'll never dance,
With a hairy bear,
I'll never dance,
With a hairy bear!

The bear,the bear!
Lifted her high,
into the air!
The bear, the bear, the bear!

I called for a knight!
But you're a bear!
A bear! A bear,
All black and brown,
And covered in hair!

She kicked and wailed,
The maid so fair,
But he licked the honey,
From her hair!
He licked the honey,
From her hair!

Then she sighed and squealed,
And kicked the air,
She sang: My bear so fair,
And off they went,
The bear! The bear!
And the maiden fair!
»

(Song)



Era quindi Aiden l’orso e Nieve la fanciulla? Sicuramente, almeno fino a quando Nieve non avrebbe visto un bravo Cavaliere dietro la pelliccia d’orso.
L’accento irlandese, ovviamente, quando cantava era più marcato ma rendeva la voce di Aiden - in un certo senso - melodiosa. O comunque aveva una bella voce.
Arrivò nella piazza a metà canto, la gente che lo fissava affascinata, ma gli occhi di Aiden erano alla ricerca della fanciulla e quando la vide su una panchina si avvicinò senza rompere il ritmo, aggiungendo qualche passo dei tipici balli irlandesi.
A prima vista poteva sembrare un qualunque cretino, ma nessuno poteva di certo negare che mancava di stile o che non fosse simpatico. Infatti alcuni che osservavano o battevano le mani a ritmo o ridevano di divertimento per quel piccolo spettacolo di strada.
Quando terminò, non esibì alcun inchino, ma si limitò a salutare in giro e a ringraziare. «Non era nulla di che… Era per svago.» borbottò a chi si era complimentato con lui.
Infine, guardò Nieve e le sorrise calorosamente. «Miss Rigos, buon pomeriggio!» salutò, educatamente. «Sono stato colpito dal bigliettino...» ammise, prendendo posto accanto a lei, la chitarra sulle ginocchia. «Come stai?» chiese.

PS: 177 ☘ PC: 129 ☘ PM: 124 ☘ EXP: 27

* Chuig an diabhal: Mandato al diavolo.
 
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Nieve Rigos | Prefetto Grifondoro | 16 anni | ♪♫
Il mantello la protesse dal freddo penetrante di Dicembre, mentre attendeva pazientemente che la persona alla quale aveva dato appuntamento si presentasse. Il capo era di ottima fattura e così piacevole alla vista che, nel riceverlo in dono da Julian per il suo ultimo compleanno, Nieve non aveva potuto che innamorarsene: possedeva un tessuto spesso che, per ciò solo, non perdeva di morbidezza e che militava nei toni del verde; e la trama con cui era decorato richiamava l'intricata bellezza del sottobosco. Avvolta in quel tiepido abbraccio, la ragazza accarezzò per un attimo la prospettiva di essere piantata in asso e l'eventualità, nonostante tutto, le risultò tanto gradita da farle sperare che così fosse. Avrebbe fatto una visita ai Tre Manici di Scopa nella speranza di trovarvi Astaroth e di vedersi servire una delle sue più intrepide creazioni... Sempre che Madama Rosmerta non fosse stata nei paraggi, ovviamente! Rammentò con un sorriso nostalgico la serata estiva trascorsa in compagnia della barista e di Urania e rimpianse di non aver vissuto altre occasioni del genere da che Settembre si era imposto con tutte le sue scadenze.

Fu il suono insolitamente allegro - che in tutto spezzava con la quieta armonia del paesaggio circostante - di una chitarra a distoglierla dal flusso dei ricordi, costringendola a drizzare schiena e orecchie. Possibile che Maurizio avesse colto telepaticamente la sua tacita invocazione e stesse per palesarsi nella piazza di Hogsmeade con la sua dirompente allegria? No, convenne dopo qualche istante. Il cantore che si approcciava al villaggio era fin troppo intonato e capace perché potesse trattarsi dell'italiano. Non le provocò una minore sorpresa, ad ogni modo, realizzare che fosse proprio l'Auror della lettera l'autore di una tale forma di intrattenimento. Col volto distorto in un'espressione che portava le tracce dell'incredulità e del divertimento, lo osservò esibirsi fino a raggiungerla, ringraziare i pochi che ne avevano apprezzato l'estro - oltre che il coraggio, considerate le temperature - e accostarsi a lei con fare atipicamente socievole. Era una persona molto diversa da quella che ricordava di aver incontrato al ballo dell'estate precedente. Quando prese posto accanto a lei, Nieve ebbe la pronta reazione di alzarsi per poterlo fronteggiare: nei suoi fieri e oltremodo spavaldi sedici anni, se ne stava dinanzi all'uomo con contegno austero e coi lunghi capelli argentati a incorniciarle il volto. Il contrasto col verde del mantello era tanto netto da far pensare che ciocche di neve si fossero depositate sul tessuto per prendere vita propria.


«Direi che, quanto a sorpresa, il primato spetta più a me che non a te,» esordì, il tono disteso e la voce squillante, ignorando bellamente l'ultima domanda che Aiden le aveva posto. «Non mi aspettavo una lettera da parte tua, men che meno una lettera di scuse vista la reazione che hai avuto al ballo.» Le guance della giovane si tinsero di una tonalità di rosa pesca particolarmente gradevole a contrasto col candore della pelle, ma che non possedeva la stessa natura delicata. Il ricordo della ramanzina di Aiden, benché sfocato, fu sufficiente ad accendere lo spirito combattivo che aveva tenuto in serbo solo per lui. Non era del tutto sicura che parte del suo risentimento non trovasse origine nel terribile trattamento riservatole dinanzi al collega di lui, che tanto l'aveva interessata, ma era un dettaglio irrilevante. Con sguardo provocatorio, percorse la figura di Aiden dall'alto in basso per tornare, infine, agli occhi blu dell'interlocutore. «Ma devo dire che sembri meno furente e meno sudato dell'ultima volta. Possiamo attribuire la tua cafonaggine al raso del vestito, che ha messo a dura prova i tuoi nervi e la tua capacità di resistenza alle battute?»

Il ricordo del comportamento di cui si era resa autrice in quell'occasione le provocò un'ondata di lieve imbarazzo. Prima che il suo percorso incrociasse brevemente quello del ragazzo che ora sapeva chiamarsi Kappa, Nieve non aveva mai vissuto la brutale esperienza dell'attrazione e di tutto ciò che ne conseguiva. Aveva agito e parlato in maniera sconsiderata per i suoi canoni, decisa a intrattenersi in compagnia dell'altro, e nel farlo non aveva realizzato le conseguenze insite nell'atto di provocare uno sconosciuto. Aiden, in quanto tale, si era scagliato contro di lei e, per quanto in parte Nieve riuscisse a intravedere le ragioni sottese alla reazione dell'Auror, non riusciva ancora a giustificarne i modi.

«Tra l'altro,» proseguì con espressione curiosa, inclinando appena il capo in maniera interrogativa, «mi sfugge il perché della tua reazione. Saresti stato ben fortunato a poter vantare un cavaliere del genere. Io, al tuo posto, non mi sarei lamentata affatto.» Non poté trattenere il sorriso che le era salito alle labbra, rilassandole appena l'espressione, prima di aggiungere: «Se proprio non lo volevi, del resto, bastava dirlo. Io mi sarei offerta volentieri di sostituirti.»

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Edited by ~ Nieve Rigos - 14/10/2017, 23:11
 
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Il modo in cui Nieve canzonò Aiden non appena si era avvicinato, lo fece sorridere a trentadue denti.
«Come dici tu, miss.» fu la risposta.
L’Auror dai capelli rossi notò che la giovane studentessa aveva evitato di proposito di rispondere alla sua domanda sul come stava. La sua mente allenata, fatta appositamente per ragionamenti e deduzioni, prese a lavorare con estrema velocità, sviluppando teoria sul perché Nieve avesse evitato di rispondere ad una domanda così innocua quanto semplice. Che stesse male? Che fosse accaduto qualcosa che le impediva di palesare le sue emozioni?
Finse di lasciar perdere, al momento c’era ben altro da affrontare e questo lo fece ben capire Nieve con i suoi modi e le sue parole.
Si era alzata per poterlo fronteggiare meglio, come se volesse fargli notare che la sua testa era più in alto di quella del rosso. Eppure Aiden non fece caso a quel segno di sfida, ma si ritrovò ad ammirare la presa di posizione di Nieve.
Era una combattente, non c’era dubbio su questo, con un caratterino che non avrebbe permesso a nessuno di sottometterla. Nieve Rigos era una giovane donna impavida e fiera, ormai giunta alla maturazione. Non era più il frutto ancora acerbo che aveva visto alla festa di Fine Anno, ormai era sul punto di essere una donna a tutti gli effetti. L’unica cosa a non essere cambiato era quel caratterino che tanto gli ricordava sé stesso ai tempi della scuola, prima di rimanere orfano di padre.
Aiden vedeva in Nieve una parte del proprio riflesso, eppure - e lo sapeva - il ragazzo che fu era morto da tempo. Forse qualcosa era sopravvissuto, in fondo era ancora un ribelle fino al midollo e lo dimostravano i litigi con sua madre, ma sapeva che niente avrebbe garantito un ritorno completo di ciò che era stato. A volte si palesava il lato scherzoso e giocoso, altre volte quello da ribelle e raramente quello da combinaguai.
Lasciò a Nieve tutto il tempo necessario affinché dicesse ciò che voleva dire, che palesasse i suoi dubbi riguardo alla sua strana iniziativa nel volersi scusare e condendo il tutto con delle battutine.
Questa volta Aiden non fu toccato dalle battute troppo azzardate della ragazza, anzi, si ritrovò a sorridere.
Quando fu il suo turno, l’Auror accavallò le gambe e incrociò le dita delle mani sopra alla chitarra che teneva appoggiata contro una spalla. Fissò Nieve negli occhi e dopo un sospiro, disse: «Molto bene. Procediamo con ordine.» Si umettò le labbra e decise di partire riguardo alla sua iniziativa di mandare la lettera di scuse. «L’idea di scriverti mi ha occupato la mente per molto tempo, ma come ben sai il mio lavoro spesso mi impedisce di compiere cose nell’immediato. Il lavoro e alcuni risvolti a livello personale mi hanno impedito di compiere questa mia intenzione prima di adesso, ma come dice il detto: meglio tardi che mai! Sta di fatto che proprio a causa di questi risvolti personali che ho compreso la gravità delle mie azioni e per questo mi scuso. Il pentimento circa alcuni miei comportamenti, spesso e volentieri emerge dopo diverso tempo, ma non nel tuo caso, ho solo avuto qualche difficoltà a farmi vivo prima.» Fece una breve pausa. «La mia reazione è stata esagerata, lo ammetto, ma in quel periodo ero ancora piuttosto confuso e poco integrato nella vita sociale, quindi confuso su come muovermi, e questo perché ho speso sette anni della mia vita a vivere completamente solo. Ma ciò non è l’unica ragione che giustifica il tutto. Come ben saprai ognuno di noi ha pregi e difetti, il mio difetto più grande è arrabbiarmi con estrema facilità, ma ciò non mi rende un mostro!»
Si mise una mano sul cuore, palesando la propria sincerità e dispiacere, oltre che pronto a fare ammenda. Gli occhi di Aiden trasmisero tutto ciò che stava provando in quel momento, ovvero pentimento ma anche onestà in quanto stava dicendo. «Io non sono un uomo cattivo, Nieve, ma imperfetto sì. Benché sia stato influenzato da fattori estrinseci ed intrinseci, sono qui ad ammettere di aver commesso uno sbaglio e a chiederti scusa per non essere stato al tuo gioco e per essermi improvvisato tuo padre o tuo fratello.» Abbozzò un sorriso. «Non sono né l’uno né l’altro, ma forse ho preso troppo seriamente la mia posizione da adulto che deve dare il buon esempio, piuttosto che scherzare con te come facevo alla tua età. Sai, in un certo senso quel tuo caratterino mi ricorda il mio quando ancora non avevo un filo di barba sul mento!» Aggiunse, alla battuta finale, una sonora risata piena di divertimento. Voleva smorzare un po’ la tensione tra loro, mostrare a Nieve che se voleva anche lui sapeva come fare una piccola battuta per scherzare.
Si grattò distrattamente la barba, per poi alzarsi e caricarsi la chitarra su una spalla, fissando Nieve con un sorriso maladrino.
«Se solo avessi avuto la facoltà di leggerti il pensiero, cara Nieve, e saputo di quanto ti sarebbe piaciuto avere Kappa come cavaliere, mi sarei volentieri fatto da parte.» Alzò appena la mano libera con una mezza scrollata di spalle, enfatizzando in via del tutto scherzosa, che si sarebbe volentieri fatto da parte. «Kappa aveva troppa barba e poco davanzale per i miei gusti; piuttosto il mio vestito in raso, i miei baffi e il mio cilindro mi stavano comandando di pretendere una danza con una fanciulla assai piacente! Specialmente se codesto cavaliere aveva appena evitato la distruzione dei poveri Dinosauri.» Le regalò un occhiolino, sperando che apprezzasse quella battuta giocosa al fine di mostrarle che ora aveva rimediato sul versante “battute” e che era pronto a restituirle con gli interessi!

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Nieve aveva riletto più volte il messaggio di Aiden, dopo il primo, esitante approccio con la missiva. Nella pace della sua stanza, seduta sul davanzale della finestra con Ania accoccolata in grembo, era tornata sulle parole incise d'inchiostro per cogliere il significato celato dietro a quel generico tentativo di rappacificamento. Benché non possedesse le competenze professionali per trarre con assoluta certezza una conclusione simile, le fu impossibile non notare ciò che, a primo acchito, poteva apparire irrilevante: ad ogni scusa, Aiden accompagnava una giustificazione circa le ragioni del suo agire, dando alla lettera un impianto a tratti spiacevole. Quando, giunta alla terza lettura, Nieve se n'era resa conto, aveva storto il naso e si era ripromessa mentalmente di farlo presente all'altro prima di cadere nei convenevoli. Non avrebbe certo potuto immaginare che sarebbe stato il giovane a fornirle quell'opportunità su un vassoio d'argento, senza le necessitate forzature che avrebbe dovuto sopportare la conversazione se l'iniziativa fosse partita da lei. In un certo senso, rifletté mentre osservava lo sconosciuto a pochi passi di distanza dalla panchina, era meglio così. Era consapevole di possedere un temperamento spigoloso che, in presenza di un estraneo impreparato e maldestro come Aiden aveva dimostrato di essere in passato, rischiava di non lasciare margine di avvicinamento. Non significava, ad ogni modo, che lo avrebbe risparmiato!

Nieve lo ascoltò pazientemente per tutto il tempo che l'altro volle impiegare nel richiamare, a tratti perfino approfondendo, il contenuto della lettera. Quando, infine, si congedò con una battuta di spirito che si limitava a riproporre in forma pressoché identica le parole con cui egli aveva esordito via carta, la Grifondoro si esibì in una scrollata di spalle impercettibile. La sua espressione rimase indecifrabile, mentre si prendeva il tempo necessario per riflettere. Avrebbe potuto dire a Aiden che l'abc dell'approccio sociale non consisteva nel palesare immediatamente le proprie intenzioni alla fonte d'interesse e che, quindi, esporsi al ballo con uno sconosciuto (per quanto avvenente) non le fosse apparso - né le appariva a distanza di tempo - idoneo. Come avrebbe voluto dirgli, del resto, che i loro rispettivi metri di giudizio circa la bellezza maschile fossero, con ogni evidenza, diametralmente opposti. Tuttavia, altre parole avevano attirato la sua attenzione in quell'arrigna apologetica che riprendeva le maglie dell'epistola provocandole lo stesso malcelato fastidio.


«Non metto in discussione le tue intenzioni, Aiden, anche perché, se così non fosse, dovrei spiegare a me stessa perché ho accettato l'invito e le scuse di un uomo che trovo malvagio,» disse e, nel sentirsi parlare, percepì per la prima volta e distintamente i cambiamenti che erano intervenuti su di lei con la crescita. Parlava con una cognizione che subiva graziosamente il contegno della ragione. Oh, sapeva di essere titolare di un equilibrio assai precario, a metà tra l'algida pacatezza dell'intelletto e l'impetuoso furore delle emozioni! Eppure ebbe la consapevolezza di aver conquistato un nuovo livello di padronanza di sé. Proseguì. «Sono altre le cose che mi lasciano perplessa e che vorrei chiarire, a maggior ragione ora che le ribadisci a voce.» S'interruppe, quasi che volesse dare a Aiden il tempo di prepararsi a ciò che stava per arrivare, e la sua espressione s'indurì senza che se ne rendesse conto. «Ad esempio, non penso che il fatto di essere disavvezzo alla vita sociale giustifichi i tuoi scoppi d'ira. Avrai vissuto lontano dalla società per anni, ma non penso che prima di allora tu fossi stato cresciuto da barbaro. Sei un Auror, inoltre. Non dovrebbe essere tua prerogativa assoluta mantenere il controllo della situazione, invece di scagliarti contro le persone senza mostrare per loro un briciolo di rispetto? A maggior ragione in un'occasione in cui, se non ricordo male, tu avresti dovuto vigilare e mantenere gli animi calmi. Devo supporre che tu abbia subito per osmosi gli effetti delle crisi ormonali degli adolescenti, perché non trovo altra spiegazione al modo in cui mi hai trattata, altrimenti.»

A mano a mano che le parole rotolavano sulla sua lingua e prendevano forma, Nieve sentiva un'emozione ambigua farsi strada in lei. Era un groviglio pericoloso di sentimenti ambivalenti che sfociavano nella frustrazione. Solo in seguito, con lo sguardo fisso sul soffitto del letto a baldacchino, avrebbe avuto la capacità di scioglierlo e capire che buona parte di quell'indisposizione fosse riconducibile - ancora e sempre - a Emma.

«In secondo luogo, vorrei capissi che il tuo comportamento non sarebbe stato giustificabile nemmeno se fossi stato mio padre o mio fratello. Non so se hai avuto modo di rendertene conto dal tuo rientro il società, ma il sistema patriarcale è stato superato da un pezzo. La mia educazione, ammesso che sia affar tuo mettere bocca in un argomento tanto delicato e personale, dipende da una moltitudine di fattori, non dalle imposizioni di una figura autoritaria che, nella tua mente, è anche e solo una figura maschile.» Quant'era ironico, si disse, il fatto che lei non avesse mai avuto una famiglia e che l'uomo di fronte a lei pretendesse di saperne qualcosa circa il modo in cui era stata cresciuta? «Da ultimo, vorrei che mi ascoltassi come faresti con una sorel- No, niente parentele a scanso di equivoci. Ascoltami e basta: quando ti scusi, fallo senza la pretesa di cercare scusanti alla tua condotta. Sarebbe compito mio trovare delle giustificazioni al tuo comportamento, ammesso che volessi farlo. Non ho bisogno di vedermele imboccate, sentendoti ricordare costantemente che mi hai salvato da una caduta. Mi pare di averti ringraziato a suo tempo. Non è molto cavalleresco mettere in evidenza i propri meriti, tra l'altro.»

Quando, all'ennesima rilettura, si era detta risoluta ad affrontare l'argomento con Aiden, Nieve lo aveva fatto con la consapevolezza che le sue parole avrebbero creato una soglia di sbarramento in tutto e per tutto determinante per il prosieguo dell'incontro. Era stata pedante e provocatoria nel parlargli e lo aveva fatto di proposito. Voleva appurare che Aiden non avesse intenzione di scattare alla prima sollecitazione e investirla come l'ultima volta, prima di intrattenere con lui una conversazione che potesse definirsi amichevole. La verità era che il lavoro non preparava a tutto. Un auror poteva dirsi pronto ad affrontare un recidivo con un debole per i reati bagatellari, un serial killer, un terrorista, perfino la feccia della feccia, i Mangiamorte. Ma avrebbe saputo vedersela con un'adolescente? Nieve gli sorrise, malandrina e soddisfatta.

«Sentiti libero di prendere appunti per colmare le tue lacune sociali.»

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Edited by ~ Nieve Rigos - 17/10/2017, 00:11
 
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Alla prima battuta di Nieve, Aiden piegò di lato la testa e la ascoltò in assoluto silenzio, mentre la neve faceva breccia sotto al cappuccio del mantello per imbiancarli il ciuffo rosso che a mano a mano faceva sempre più capolino fuori. Ma non se ne curò molto, ascoltare Nieve e ciò che aveva da dire ora era la sua prerogativa primaria.
Sospirò e annuì lentamente. «Hai ragione.» esclamò, stringendosi nel mantello. «No, non sono stato educato come un barbaro, però è sicuramente stata un’educazione a vecchio stampo e non ho pensato subito che le generazioni di adesso sono diverse dalla mia. A seguito della tua battuta avevo subito pensato che fosse una mancanza di rispetto verso una persona più grande, non ho compreso che fosse una battuta. Solo in seguito l’ho fatto e che quindi avevo reagito in maniera errata.» Si grattò distrattamente il mente, calibrando le parole che avrebbe detto da lì a poco ma la battuta di Nieve sulla sua possibile osmosi degli effetti ormonali in età adolescenziale, lo fece scoppiare in una fragorosa risata. «Probabilmente è come dici tu!» disse tra una risata e l’altra. Non si vergognava più ad ammettere che era vergine, dopotutto era stata una sua scelta, non un obbligo. Ma ora quella scelta era mutata, era bastato l’intervento di una donna a cui aveva donato i propri sentimenti, a fargli cambiare idea a riguardo. Questo perché quella donna lo aveva ferito così nel profondo che ormai non aveva più paura del rovinarsi ancora di più: era già un uomo a pezzi.
Tornò serio e la ascoltò nuovamente in silenzio, finché non si alzò all’improvviso e la guardò con un sorriso gentile. «Come un amico, allora.» le disse. Nieve non aveva idea di come poteva essere Aiden come fratello, ma era cento volte meglio di un semplice amico. Eppure, l’Auror percepì in maniera quasi empatica che forse Nieve necessitava di un amico tanto quanto serviva a lui. Per questo motivo non si fece alcuna remora ad ascoltarla come farebbe un amico.
Sospirò e annuì con aria grave alle sue parole. «Anche su questo hai ragione.» Si morse un labbro e con le mani sui fianchi alzò gli occhi al cielo per poi fare un profondo respiro. «Ho ancora molta strada da fare per essere l’uomo che la mia famiglia voleva che fossi. Ma gli errori non dovrebbero impedirmi di gettare la spugna o pensare che non vi sia un rimedio...» Tornò a guardarla. «Gli errori sono fatti per migliorarsi e ti ringrazio per avermi fatto notare i miei. Sei una brava ragazza, Nieve Rigos, per quanto tu abbia un caratterino niente male.» Le regalò un occhiolino d’intesa, ma subito dopo fece una cosa che probabilmente avrebbe lasciato a bocca aperto perfino uno stupido Troll. Prese la chitarra e si mise su un ginocchio davanti a lei, come un antico cavaliere e la guardò con un sorriso gentile. «Allora in modo cavalleresco - e la mia chitarra sarà la mia momentanea spada - io chiedo alla mia piccola Lady il suo perdono, poiché sono sinceramente pentito di essermi comportato in modo disdicevole e vergognoso nei suoi confronti. Spero anche che la mia piccola Lady, se mi perdonerà, vorrà accettare la mia amicizia e la mia protezione come promessa incondizionata che farò di tutto per essere migliore di così. Ovviamente la mia offerta è senza riserve.» La guardò negli occhi, cercando di infondere nel suo sguardo tutto il suo sincero pentimento, lasciando che Nieve potesse intravedere la vera natura di Aiden: quella buona, gentile e premurosa. Lei era ancora molto giovane, ma sembrava già molto matura e saggia, avrebbe sicuramente capito che Aiden, Auror o meno, era una persona come un’altra, sebbene fosse un uomo praticamente a pezzi. Avrebbe visto anche questo dettaglio?
«E se me lo chiederai… Se me lo chiederai io per te ci sarò sempre. E io non pretenderò mai nulla di cambio, solo la tua amicizia e fiducia.» aggiunse infine.
Una nuova promessa e che avrebbe fatto di tutto per mantenerla, anche a costo della vita.
Poi attese.

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Di bizzarrie, da che la magia aveva assunto una forma ben definita nella sua vita, Nieve ne aveva viste e vissute. Col senno di poi, tornando sulla pellicola che racchiudeva l'essenza della persona che era, la giovane aveva sorriso delle insolite manifestazioni con cui la stregoneria si era premurata di sorprenderla: dalle sparizioni alle esplosioni, dal cioccolato incantato al lucore ferino nello sguardo di un uomo, si era detta soddisfatta del novero di esperienze a sua disposizione. Nessuno di quei segnali, eppure, avrebbe potuto prepararla alla rezione di Aiden. Non era, in sé, la pacata sottomissione nella quale si era esibito, così profondamente in contrasto con l'idea di lui che si era plasmata al ballo; né, del resto, la posizione di supremazia comportamentale in cui l'aveva messa a dispetto del divario anagrafico e che, pure, le provocava un certo, intimo piacere. Era il fatto di averlo davanti, in un atto di prostrazione che andava ben al di là delle sue aspettative, a privarla del respiro... E non necessariamente in senso positivo!

Sospirò, dopo un primo momento di immobilità. Lo aveva guardato a labbra schiuse, faticando a carpire il significato insito in una gestualità tanto plateale e a tratti superflua, prima di riprendere il controllo di sé. Ora, le spalle erano di nuovo rilassate sotto il peso del mantello e l'espressione aveva recuperato la controllata pacatezza con cui era solita approcciarsi alle questioni spinose. Gli occhi di Nieve indugiarono sul volto di Aiden con la stessa, serafica imperturbabilità di un sovrano imperioso in procinto di decretare la sentenza di vita o di morte di un postulante i cui intrighi erano oramai stati scoperti. Piano, scivolarono lungo le spalle e le braccia di lui fino a incontrare le rotondità lignee della chitarra. Protendendosi in avanti, gliela sfilò di mano e la sorresse con fare incerto, poiché non le era familiare l'utilizzo di un qualsiasi strumento musicale. Mentre il palmo della mano destra e l'avambraccio corrispondente fungevano da supporto, le dita affusolate di Nieve portarono sul livello tattile l'ispezione che, fino ad allora, si era compiuta sotto la guida di uno sguardo attento. Titillò una corda e la vibrazione si espanse su per il braccio fino a distoglierla dai propositi scaturiti nella sua mente. Per un attimo, l'aveva accarezzata e stuzzicata l'idea di sconvolgere gli astanti presenti nella piazza, che si attardavano ad osservare quella scena spinti dalla più acuta (e giustificata) curiosità: aveva osservato la proiezione mentale di se stessa caricare il colpo e lasciare che lo scheletro della chitarra impattasse il capo di Aiden; si era addirittura chiesta quale fosse la forza necessaria da impiegare per superare il limite che avrebbe trasformato un sordo "tonf" in un atto di distruzione irreparabile. Sorrise, battendo le palpebre per scacciare il pensiero e l'aspetto allettante con cui pareva invogliarla.


«Sei un po' esibizionista, eh?!» Più che una domanda, era una constatazione. Tornò a guardarlo, porgendogli la chitarra perché la recuperasse ed eliminasse qualsiasi residuo di tentazione. «Alzati, Aiden! Non è necessario tutto questo.»

Inspirò con la pretesa di proseguire nella ramanzina, ma il coraggio le venne meno. Proprio lei, che detestava la presunzione che veniva con l'imposizione vanagloriosa, stava lasciando che le sue frustrazioni l'avvicinassero a tutto ciò che più aborriva. Espirò, optando per un silenzio di una densità vischiosa, e si chiese se non fosse il caso di interrompere quel colloquio. Erano troppo diversi per potersi donare il conforto dell'amicizia; troppo estranei perché Nieve potesse desiderare di lasciarsi andare come pure aveva fatto in altre occasioni; troppo pregiudicati dal ricordo del primo, insolito approccio per ricominciare da capo. No, la giovane non desiderava l'affetto, il sostegno, la devozione che Aiden le stava offrendo, non ancora e probabilmente mai. Lesse, però, in quegli occhi blu una supplica i cui panni sapeva di aver indossato a sua volta, in passato. Un tempo, la necessità di un legame le aveva corroso l'animo a tal punto da spingerla a supplicare, a inginocchiarsi per ottenere un perdono e una comprensione che non le erano mai stati concessi. Non poteva far subire lo stesso destino a un'altra persona. Gli sorrise.

«L'amicizia e la fiducia non si ottengono così, Aiden. Si costruiscono a poco a poco, a volte partendo da basi di empatia immediate, altre riscoprendo qualcuno che pensavi di odiare. Quindi, non ti chiederò nessuna di queste due cose.» Emma sarebbe stata fiera di lei, si disse, ma avrebbe dovuto essere soprattutto fiera di sé per ciò che le aveva insegnato. Col cuore che accelerava il suo moto di contrazioni, Nieve pensò di aggiungere che, nel più diffuso e doloroso dei casi, l'amicizia e la fiducia sarebbero state maltrattate proprio quando si era trovato il coraggio di concederle. Invece, disse: «Ma posso darti una possibilità per riscattarti, per quel che vale. Ti prego, però, di non tentare di far colpo su di me con inginocchiamenti, ballate o regali. Non mi impressionano granché, non in modo positivo almeno.»

Astaroth non sarebbe stata d'accordo, rifletté. Nelle lezioni informali che aveva tenuto solo per lei da che si erano conosciute, le aveva suggerito di sviluppare un certo senso estetico che poteva sfociare - perché no? - in una sfumatura più o meno ardita di materialismo. La divertì la prospettiva di raccontarle l'accaduto e vederla portarsi una mano al volto a metà tra lo stanco e l'esasperato. La verità era che Nieve fosse perfettamente consapevole dei propri limiti e che, avendo subito le ingiustizie dell'inganno, rigettava la prospettiva di servire la medesima pietanza agli altri. Tranne a Grimilde.

Sorrise con spensieratezza ritrovata a Aiden.
«Oh, ed evita le battute! Sei pessimo a fare dell'ironia. Ci metti troppo impegno e finisci per fare pure peggio.»
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«Beh, te l’ho detto che ho avuto un’educazione all’antica. So persino tirare di scherma e con l’arco.» fece eco alla battuta della ragazza con una scrollata di spalle. «Ma in più posso dirti che mi sono sempre piaciute le saghe cavalleresche.»
Aiden non si sarebbe di certo definito esibizionista, a parte quando si ubriacava di brutto e al pub si liberava dei propri indumenti per ballare e cantare sui tavoli, finendo però con la faccia sulle assi del pavimento. Era strano e un po’ eccentrico, quello sicuramente lo era. Eppure il fulvo si rendeva sempre più conto che nessuno avrebbe apprezzato o compreso il suo carattere.
Aiden era quindi estraneo a quel mondo e che tutti sarebbero arrivati con l’isolarlo. Non era un caso che avesse trovato solo due amici in tutti quei mesi, Sirius e Maurizio, ma entrambi avevano un’ottica di vedere l’ordine delle cose così diverso da Aiden, e forse un giorno se li sarebbe ritrovati conto.
Nieve però era una ragazza e per di più adolescente, con lei le cose sarebbero state ardue se non impossibili. Lui le aveva offerto molte cose, rimanendo sé stesso, ma non era del tutto sicuro che lei lo avesse capito.
Si alzò lentamente, senza distogliere lo sguardo da lei. L’argentea fanciulla sembrava più una madre che rimproverava il figlio e lui glielo aveva lasciato fare, perché non aveva saputo cos’altro fare. Quella concessione però sembrava essere a doppio filo, in cui garantiva a Nieve una sorta di vendetta e allo stesso tempo metteva Aiden in una brutta posizione.
Sospirò abbassando la testa. Si sentiva a disagio e mortificato nell’aver sbagliato tutto, benché in buona fede. Non era certo che lei potesse comprenderlo, forse nessuno poteva realmente farlo. Specialmente le donne, con loro non era mai riuscito a stabilire un contatto neutro.
Era solo e questo Aiden lo sapeva, eppure giorno dopo giorno gli pesava come un macigno. Non voleva più esserlo, non dal suo ritorno.
«Volevo solo essere me stesso…» mormorò mentre riprendeva la chitarra. «Essere gentile...» Sospirò profondamente e tornò a guardare Nieve, che gli stava sorridendo. «Va bene, niente battute...»
In un certo senso, Aiden sapeva di essere triste. Tutte le volte che offriva qualcosa, come la sua indole gli suggeriva di fare, veniva rifiutato. Si domandò perché le persone doveva reagire così alle sue gentilezze e ciò gli provocavano profondi turbamenti e dubbi.
Era conscio di avere sia pregi che difetti, ma non sapeva perché ma le persone captavano solo quelle negative o convertivano alcuni suoi aspetti in qualcosa di assolutamente infondato o sbagliato, mal interpretavano le intenzioni di Aiden e questo gli dava fastidio.
«Senti...» prese a dire, dondolandosi incerto sul posto, ascoltando il rumore della neve che veniva pressata sotto al suo peso. «Capisco perfettamente che tu ti sia fatta un’idea di me che probabilmente ti ha condizionata, che tu lo voglia ammettere o no. Però… Vorrei poterti mostrare i lati buoni di me, quelli veramente buoni. Forse potrà sembrare difficile crederlo, ma ho dei pregi anch’io. Sarò strano quanto vuoi, ma se io mi impegnerò a vedere oltre il tuo velo dell’apparenza, per capirti al meglio, per apprezzarti così come sei, allora devi fare lo stesso.» Parole risolute e sincere, mentre si portava una mano sul cuore. «Vorrei che tu sapessi che sei la prima persona che rincorro, che cerco, pur di chiarire. Quante persone possono dire di aver rincorso una sconosciuta per chiedere scusa e far luce ad una incomprensione?» Le sorrise di rimando, quasi timidamente.
Si passò una mano sulla faccia, indugiando un secondo in più sulla barba, decidendo sul da farsi. Solo quando sospirò e si fu appeso in spalla la chitarra, Aiden le disse: «Facciamo così: ripartiamo da zero, vediamo se è possibile costruire una sorta d’intesa. Parliamo un po’, ci conosciamo e se troviamo un buon equilibrio ben venga. Non voglio costringerti, sia chiaro, ma è solo un modo per aprirci a vicenda.»
Era una buona proposta, pensò, un buon compromesso. Poteva rivelarsi un incentivo per conoscersi meglio e apprezzarsi a vicenda.
Le allungò la mano, con un sorriso. Era deciso a dare il buon esempio e iniziare per primo, oltre che a mostrarle il proprio impegno a voler instaurare un buon rapporto con lei. «Ciao, sono Aiden. Piacere di conoscerti.»

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Nieve Rigos | Prefetto Grifondoro | 16 anni | ♪♫
Un fiocco di neve, tremando dietro le spalle di Aiden, svolazzò nell'aria di Dicembre. Soffice, fragile e bellissimo, si depositò sulla giacca dell'uomo, colse la tiepida luce di un sole che si apprestava a sparire dietro una spessa coltre di nubi; infine, si sciolse senza lasciare traccia. Non era solo, ovviamente. Ampliando lo sguardo sulla piazza del villaggio, Nieve scorse una pioggia di tanti piccoli cristalli venire giù in una danza che le era familiare, ma che col tempo aveva assunto ai suoi occhi un significato diverso. A Borgarbyggð, una nevicata portava con sé il rischio di una morte per assideramento e lei e Ỳma dovevano lavorare instancabilmente per assicurarsi di essere rifornite della legna necessaria a sopravvivere. A Londra e a Hogwarts, invece, la neve si tingeva di poesia e rasserenava gli animi. Quando ciò accadeva, se la giovane si affrettava a ricacciare nel baule del passato quel sentimento di timore che l'inverno le aveva instillato da bambina, riusciva perfino a cogliere le similitudini tra se stessa e un elemento che era sempre stato parte integrante della sua vita. Sospirò, riportando lo sguardo su Aiden che, nel frattempo, le aveva parlato con la dirompenza di un fiume in piena. Ora, Nieve non aveva più dubbi: l'uomo soffriva la solitudine ed era quello il motivo che lo aveva spinto a tornare sui suoi passi per chiederle scusa. Provò una blanda tenerezza per lui, consapevole dell'ingordigia che apparteneva a chi, alla solitudine, era costretto. Brevemente, si domandò quanto di Aiden fosse rimasto dopo che l'isolamento aveva banchettato sulle carni del suo animo, se sentiva il bisogno di legare con un'adolescente che aveva quasi la metà dei suoi anni.

«Non ho intenzione di mentirti,» asserì con espressione placida. «E' chiaro che l'opinione che ho di te sia influenzata da quello che ho visto. E quello che ho visto non mi è piaciuto.» Nonostante le sue parole manifestassero una certa durezza, Nieve gli sorrise. «Ma non preoccuparti più di tanto! E' più facile che le persone non siano di mio gradimento che non il contrario. Tu mi hai reso solo più semplice tirare le somme, ecco, e arrivare a una conclusione abbastanza solita.»

Ed era vero. Per quanto profondamente l'affascinassero le persone e per quanto una parte di lei agognasse il contatto umano, Nieve aveva timore delle relazioni sociali. Era stata picchiata, umiliata, sfregiata e rifiutata con una costanza che aveva del mostruoso e non era soltanto il suo corpo a portarne i segni. Per ogni cicatrice che intravedeva allo specchio, la giovane riconosceva altrettante - e forse più - ragioni per tenersi alla larga dagli esseri umani. Era un bene che, nonostante tutto, avesse deciso di portare quei segni con fierezza senza soccombere alle remore di una vanità vessata. Aiden le avrebbe fatto del male? Non più di quello che aveva già sopportato. E, tuttavia, non aveva intenzione di aprirsi a lui. Non gli doveva nulla, se non il rispetto per la resilienza di cui aveva dato prova e per la capacità di rendersi ancora tanto vulnerabile come lei non sapeva fare. Gli strinse la mano, ma fu un contatto breve e debole, come se Nieve non vedesse l'ora di vederlo terminare. E, in effetti, così era.

«Ma sbaglio o mi avevi promesso un tè?»
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«Ciò che hai visto è tutto ciò che speravo di aver sepolto sull’isola in cui ho speso ben sette anni della mia vita!» esclamò con asciuttezza Aiden, fissando Nieve con una calma placida quanto le acque di un stagno. Si poteva, quindi, dire che aveva finalmente ripreso totalmente il controllo di sé, quello di cui andava fiero e che si era promesso di mantenere, sebbene la rabbia spesso ne aveva interrotto il ritmo costante. Ora però doveva tornare a lottare per mantenere la calma e la lucidità, oltre che evitare di infrangere ulteriori promesse che aveva fatto a sé stesso. «Prima ero sicuro di aver lasciato quella rabbia in quel posto, adesso so che non mi ha mai abbandonato. E’ straziante capire tutto ciò quando ormai il danno è stato compiuto.» Sospirò pesantemente. «Avrò modo di raccontarti qualcosa di me, se lo desideri...»
Si sforzò di sorridere anche lui. Non era convinto delle parole di Nieve, aveva come il sospetto che non fosse di gradimento della ragazza, sebbene stesse cercando di rassicurarlo del fatto che era più facile trovare persone che non gli piacessero che il contrario.
Un giorno ti fiderai di me, Nieve. Promesso. pensò, ma senza esprimerlo a voce.
Il contatto con la mano di Nieve gli infuse più sicurezza in sé stesso oltre che calma. Per lo meno avevano appianato quanto accaduto alla Festa e stabilito una sorta di tregua in cui sarebbe andati alla scoperta l’uno dell’altra. Si sarebbero conosciuti più a fondo, o almeno questo era ciò che sperava lui, ciò che voleva. Non era forse questo il motivo di ricevere una chance?
Lui le sorrise, questa volta genuinamente, senza sforzo o privo di imbarazzo. «Vero.... come le rane tostate!*» disse, ridacchiando, quando la giovane dai capelli argentati gli fece notare di come l’Auror avesse promesso una bella tazza di thé fumante, ottima per scacciare via il freddo dalle ossa e non pensare alle proprio sofferenze.
«Vogliamo andare? Ho una cosa da mostrarti lungo il tragitto, una cosa che pochi conoscono e che vorrei che anche tu ne fossi al corrente. Ma spero che tu mantenga il riserbo, poiché sono molto restio di natura all’espormi ai pericoli. Ti spiegherò tutto strada facendo, qui al villaggio ci sono troppi occhi e orecchie e a me non piace.»
A seguito della sua proposta e breve spiegazione, Aiden le offrì il proprio braccio come sostegno. La neve aveva ripreso a cadere e il tragitto fino alla dimora dell’Auror sarebbe potuto risultare difficoltoso per la ragazza, tra quei fitti e stretti sentieri di caccia tra i boschi.

PS: 177 ☘ PC: 129 ☘ PM: 124 ☘ EXP: 27

* Non potevo non usare la famosa citazione del mitico Zeddicus Zu'l Zorander :flower:
 
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view post Posted on 1/11/2017, 21:12
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entropia.

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Nieve Rigos | Prefetto Grifondoro | 16 anni | ♪♫
L'angolo destro della bocca di Nieve si alzò appena nel cogliere le ultime parole di Aiden. Erano molti gli elementi che stonavano con la descrizione che questi aveva appena fatto di se stesso e la Grifondoro non era del tutto certa che l'altro ne fosse consapevole. Il modo in cui, al ballo, le aveva rivelato di essere un Auror senza che nessuno gliel'avesse chiesto; le spiegazioni che le aveva fornito circa il suo apparente isolamento e le ragioni alla base dei suoi scatti d'ira; e, adesso, questo inspiegabile desiderio di metterla al corrente dell'esistenza di qualcosa di (apparentemente) tanto importante: tutto strideva con la rappresentazione di un uomo cui è caro il riserbo. Si chiese se non fosse, comunque, un'esperienza consueta quella del variare, da un individuo ad un altro, della percezione circa la condotta e l'essenza di uno stesso essere umano. Si chiese, ancora, se Aiden non sentisse il bisogno di modellare la propria personalità sulla falsariga delle linee guida dettate dalla professione svolta, senza rendersi conto di quanto stridore generasse dal contatto tra una simile imposizione e il suo famelico bisogno di esporsi e trovare negli altri conferme, supporto, da ultimo amore. Nieve deglutì, inspirò profondamente ed espirò. Richiedeva uno sforzo non di poco conto tacitare la voce nella sua mente che le intimava di chiudere la conversazione e tornarsene al castello. Aiden, del resto, era così intollerabilmente diverso da lei da causarle disagio: le risultava scomoda, in particolare, la prospettiva che sperasse di poter ricevere da lei ben più di quanto fosse nelle sue capacità dargli. Nieve non poteva dargli conferme, supporto e amore, né voleva riceverne dalla persona che aveva di fronte; e detestava deludere le persone. Mentre l'altro le porgeva il braccio con garbata galanteria, ebbe l'impressione che, nel caso di un rifiuto come nel caso di un assenso, avrebbe ottenuto esattamente quel risultato. Batté le palpebre per scacciare il pensiero, poi mosse un paio di passi fino a superarlo. Non si sarebbe sorretta a lui.

«Sarà il caso di avviarci, allora.» Volse il capo in modo tale da offrirgli il profilo e da lasciargli scorgere l'anteprima di un sorriso sulle labbra sottili. «Sono una persona piuttosto curiosa.»

La neve scricchiolò sotto il peso degli stivali, mentre si allontanava dal giovane senza assicurarsi che la seguisse o precedesse. Per quel che ne sapeva, Aiden avrebbe potuto condurla all'altro capo del villaggio - e fare scempio delle sue carni, tra l'altro -, ma Nieve decise di non prestare attenzione a quella flebile obiezione che pure le ronzava nell'orecchio. Era persuasa che avrebbero imboccato il sentiero dal quale l'aveva visto arrivare e a quel preciso punto decise di mirare, il mantello che svolazzava nell'aria fredda e densa di Dicembre come a voler coprire la voce che le rimproverava di essere stata scortese.
If you’re afraid of falling, then don’t look down


Perdonami per il ritardo, beibe. Ti offro un fiore per farmi perdonare! :flower:
 
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view post Posted on 3/11/2017, 15:45
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When the snow falls, the fox tries to survive.

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Aiden Weiss
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Inadeguato. Aiden si sentiva inadeguato di fronte a Nieve, così come al resto delle donne con cui aveva avuto a che fare. Si era sentito inadeguato con Atena il giorno in cui le chiese di accettare la sua amicizia e finirono con il discutere, poi con Daphne che con la sua fuga proprio alla fine dell’appuntamento lo aveva straziato.
Possibile che Aiden dovesse arrivare a strisciare ai piedi di ogni donna, chiedendo scusa, anche solo per potersi sentir dire: Ho compreso che non sei una cattiva persona?
Certo, avrebbe lottato per far cambiare ottica a Nieve, o quanto meno ci avrebbe prova, e poi? Sarebbero stati amici?
Sii te stesso e nient’altro. pensò tra sé mentre fissava Nieve negare qualsiasi supporto da parte sua e superarlo. Scorse l’ombra di un sorriso ma non seppe dire se era per il divertimento. Però poté sentirsi contento nel notare quanto fosse curiosa nonostante tutto.
«Atteggiamento da Grifondoro!» esclamò con enfasi, seguendola lungo il sentiero.
Il vento soffiava e Aiden affrettò il passo, affiancandolo, mentre si stringeva nel mantello. Con la mano le indicò una quasi impercettibile linea di alberi dal fusto sottile, sulla loro sinistra, quasi invisibili in mezzo a tutto quel bianco. «Ricordati sempre di quegli alberi se non vuoi perdere il sentiero. Devono restare alla tua sinistra. Poi va’ sempre dritto, per mezz’ora, finché non ti troverai davanti ad un grosso masso.» le disse. «Ebbene, questa è la strada che porta alla mia casa. Ho segnato la strada con dei simboli sugli alberi per aiutare le persone a cui permetto di saperne l’ubicazione.» spiegò, fissandola con la coda dell’occhio. Quando furono in prossimità della prima volpe intagliata sul tronco di un albero, Aiden glielo indicò. Se avrebbe trovato quelle incisioni, non si sarebbe mai persa né sarebbe andata fuori percorso.
Lei ora poteva non fidarsi di lui, ma forse con il tempo le cose sarebbero cambiate, doveva solo pazientare e darle modo di conoscerlo meglio. «Sai, ai tempi della scuola ero un Grifondoro con un carattere così ribelle che combinavo guai un giorno sì e l’altro pure. Ero proprio terribile, facevo scherzi a tutti e mi azzuffavo con i Serpeverde. Questa...» E indicò la sottile cicatrice sotto l'occhio sinistro. «Me la fece mio fratello alla mia ultima partita di Quiddich come Battitore. Sono volato giù dalla scopa e ho sbattuto contro uno degli anelli. Quasi due settimane in infermeria con le costole rotte e sono state sufficienti a farmi decidere che il Quiddich non era per me, non più per lo meno.»
Fu un breve racconto, almeno quello, giusto per dare l’imput iniziale per sviluppare una conversazione tra loro. «Tu giochi a Quiddich, Nieve?» domandò, incuriosito di sapere qualcosa di lei.
Una lunga mezz’ora di camminata avrebbe permesso ad entrambi di farsi reciproche domande.

PS: 177 ☘ PC: 129 ☘ PM: 124 ☘ EXP: 27

Accetto il fiorellino volentieri, ma non c'era bisogno.
Io invece ti rispondo nonostante abbia i neuroni cotti dal continuo lavoro. Quindi se la qualità non è ottima, chiedo venia. Spero però possa essere comunque apprezzata.

 
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view post Posted on 6/11/2017, 20:46
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entropia.

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Nieve Rigos | Prefetto Grifondoro | 16 anni | ♪♫
«Come mai la volpe?»

Riconoscere l'animale che Aiden aveva deciso di incidere sulla corteccia fu semplice. Nieve aveva trascorso la sua vita in compagnia degli animali, strisciando nel folto delle foreste islandesi alla ricerca di una distrazione e, insieme, di un nascondiglio dagli altri bambini di Borgarbyggð. Quando il gruppo la beccava a giocare entro il perimetro del villaggio, veniva schernita nel migliore dei casi; nel peggiore, trovava il modo di farle rimpiangere di essere stata così poco oculata. Nel ripensarci, la mano destra di Nieve si alzò per cercare la cicatrice che aveva sulla nuca, nascosta sotto la fitta coltre di capelli argentati; i polpastrelli l'accarezzarono piano, mentre gli occhi di lei rimanevano puntati sulla sagoma della volpe e ascoltava le parole di Aiden. Si riscosse poco dopo, abbassando il cappuccio e liberando la chioma dalla protezione del tessuto.

«Eri un Grifondoro anche tu, quindi? Curioso... O, forse, nemmeno troppo!»

Sorrise e s'incamminò accanto all'altro, sfiorando con le dita il profilo netto della bacchetta che aveva riposto nella tasca interna del mantello. Non aveva dimenticato di essere in compagnia di uno sconosciuto e, sebbene la situazione non l'impensierisse più di tanto, aveva un motivo più degli altri per rimanere all'erta. Per un attimo, la sua mente - che era lesta a prefigurarsi il peggio e le propinava, il più delle volte, scenari apocalittici per non lasciarla impreparata all'evenienza peggiore - le ripropose l'immagine di se stessa che fuggiva da Aiden, intenzionato a farle del male. L'addestramento cui era stata sottoposta da piccina sarebbe servito a salvarle la pelle, se l'uomo avesse deciso di nuocerle in qualche modo? Istintivamente, studiò il paesaggio tutto intorno a lei alla ricerca degli elementi che avrebbe potuto utilizzare nel caso in cui la situazione fosse precipitata. Rise silenziosamente. Era, in un certo senso, esilarante che lei stesse pensando al modo di fargli la pelle e salvare la propria, mentre Aiden si apriva sul suo passato con un tale candore. Per alcuni versi, quella strana, disarmante ingenuità le ricordava Emma.

«Il Quidditch sa essere brutale,» commentò, annuendo sommessamente. O disgustoso, le suggerì una vocina nel ricordarle l'episodio della sua prima e unica partita di Quidditch. «Sì, gioco anch'io. Sono una Cacciatrice.» Cercò il volto di lui, le gambe che ancora procedevano sul sentiero innevato. «Io non credo che potrei rinunciare al Quidditch,» confessò, tornando a guardare la strada e il modo in cui serpeggiava nella fitta vegetazione. Era la prima volta che considerava quell'opzione, stimolata dalle parole di Aiden, e la stupì l'immediatezza con cui era giunta a pronunciare una simile conclusione. Prima d'allora, non aveva mai riflettuto sul ruolo che il Quidditch aveva assunto nella sua vita, su quanto lo sentisse determinante per definire chi era. «Capisco le tue ragioni e, forse, avrei qualche ripensamento anch'io, se finissi con due costole rotte su un letto in infermeria.» Non era vero e lo sapeva. Il dolore fisico aveva smesso di spaventarla quando si era resa conto di averlo conosciuto troppo a fondo per temerlo ancora. Era come un amico di vecchia data dall'indole fastidiosa: non vedeva l'ora di liberarsene, ma non poteva dire di rimanere a tal punto atterrita dalla sua presenza da rinunciare a qualcosa. Il dolore emotivo, invece, era un avversario di tutt'altro genere. «Ma non penso che saprei privarmene per sempre. C'è qualcosa di perfetto nella potenza e nella leggerezza che riesce a suscitarti. E non è semplice trovare un abbinamento di queste due caratteristiche, se ci pensi.»

If you’re afraid of falling, then don’t look down


Don't you worry, child! :fru:
 
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82 replies since 22/7/2017, 14:19   1608 views
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