In these rotting walls, hiding, Concorso a Tema: Agosto 2017 | Autoconclusiva

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view post Posted on 19/8/2017, 21:13
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A_STARA_STARA_STAR

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~PARTE 1~


Il temporale accompagnava un rumore di passi arrabbiati e veloci, come se i fulmini stessero caricando di energia elettrica quei due piedi nascosti in calzini bianchi di cotone e scarpette nere. Fulmini nel cuore, vergogna nella mente.
"Mi chiedo come mai io debba sempre essere così maledettamente imbranata!"
Aveva le mani che le tremavano, ancora macchiate di essenza di Dittamo, mentre la sua tunica presentava in più punti macchie di olio d'alloro e di un altro composto marroncino che chiunque avrebbe fatto fatica ad identificare. Si era rovesciata addosso sia l'olio che la pozione che avrebbe dovuto far esaminare alla professoressa, facendo sia la figura dell'eterna stupida e precludendosi la possibilità di guadagnare qualche punto extra per la sua casata.
Avevano riso tutti...
I suoi passi echeggiavano nel corridoio vuoto che portava alla Biblioteca, attualmente l'unico luogo dove le sue stranezze sembravano non essere ammesse. Camminava a passo svelto, la cena nella Sala Comune sarebbe finita entro pochi minuti e farsi trovare a gironzolare nei corridoi dopo il coprifuoco le poteva costare qualche brutto incontro coi Prefetti che l’avrebbero rispedita a letto senza cena e con qualche punto in meno nella clessidra.
Ma la Biblioteca ormai non era molto lontana. Il suo luogo sicuro...
Sentiva ancora l'eco di quelle risate quando entrò in quel covo di libri richiudendosi la porta alle spalle. A quell'ora erano ancora tutti - o quasi - a finire di cenare e quello sarebbe stato l'ultimo posto dove qualcuno sarebbe andato a passare la serata.
Il temporale che imperversava all'esterno non le avrebbe permesso di sentire se qualcuno si fosse avvicinato, ma era anche il modo migliore per celare la sua presenza al di fuori del dormitorio. Scaraventò la borsa su uno dei tavoli con tanta forza che il suo carillon azzurro ne saltò fuori rischiando di rotolare giù. Lo afferrò appena in tempo e si mise seduta rigirandoselo tra le mani. Era piccolo e azzurro con una grande farfalla su uno dei lati. Le ricordava tanto le notti tempestose passate nella sua villetta; erano le uniche notti in cui poteva ascoltare quella musichetta in pace senza che sua nonna - che dormiva nella camera accanto a quella della bambina - iniziasse ad urlarle di spegnere quella litania malinconica.
"E tu come ci sei finito qua?"
Fissò il carillon meravigliata e preoccupata allo stesso tempo. Non ricordava di averlo messo in borsa né tanto meno di averlo spostato dal baule nel dormitorio. Guardò il grande orologio affisso nella Biblioteca: segnava le 19.53.
La frustrazione di quel momento le impediva di concentrarsi e raccogliere le idee, continuava a pensare a come per l'ennesima volta avesse combinato un macello rischiando anche di far male a sé stessa e gli altri. Avevano riso davvero tutti...
Si portò le mani agli occhi e si sforzò con tutte le sue forze di non piangere, non sarebbe servito a niente ora, anche se nessuno poteva vederla.
Il vento e la pioggia continuavano a battere alle finestre della Biblioteca, chiedevano di entrare, di essere ammessi a quel momento di autocommiserazione, o forse il vento voleva solo accarezzare il viso di una bambina in difficoltà dicendole di non aver paura. Era difficile distinguere il bene dal male nella maggior parte dei casi, soprattutto a quell’età.
Notò che anche alcuni dei suoi libri erano saltati fuori dalla borsa. Ne tirò fuori quello di Pozioni giusto in tempo per notare qualcos’altro che catturò la sua attenzione. Un altro libro scolastico. Passò le dita sul dorso del libro di Difesa contro le Arti Oscure mentre sentiva una sensazione strana farle drizzare i peli, come se una lieve scarica elettrica l'avesse colpita non appena la sua pelle si era trovata a contatto con la copertina ruvida del libro. Era come un avvertimento, un deja-vu, un ricordo di qualche vita passata che l'aveva raggiunta da un tempo non più esistente...
Staccò repentinamente la mano dal libro e si guardò intorno; no, non c'era nessuno che l'avesse colpita con un incantesimo, nessuno che le avesse lanciato una maledizione, c'era semplicemente qualcosa di avverso a lei in quel libro e non sapeva cosa fosse.
La sua attenzione tornò al carillon che brillava alla luce delle candele, ci si specchiò dentro per qualche secondo e solo dopo qualche secondo si decise ad aprirlo per riascoltare quella musica triste e antica, quella che le ricordava di mamma e papà.
Forse era per i fumi delle pozioni durante la lezione o per l'adrenalina che iniziava a lasciare il suo corpo o forse anche perché la notte precedente non aveva quasi chiuso occhio, iniziò a sentire la testa strana, come quando lotti contro il sonno per non addormentarti prima che il film in TV sia finito o come quando la mattina cerchi di riaprire gli occhi per affrontare un nuovo giorno ma le mani dei mostri nei tuoi incubi ti riafferrano e ti trascinano in un altro sogno.
La testa iniziò a girarle e nel giro di pochi istanti la vista iniziò ad appannarsi lievemente, la testa della ragazza si piegò in avanti con gli occhi chiusi accasciandosi sul libro di Pozioni aperto davanti a lei, mentre un’oscurità profonda la trascinava al suo interno. Chiunque fosse passato di lì in quel momento avrebbe pensato che la ragazza fosse svenuta, o peggio.
Ora il grande orologio della Biblioteca segnava le 20.00…

※ ※ ※

~PARTE 2~

Quando riaprì gli occhi avvertì immediatamente che qualcosa non andava. Non era più seduta al tavolo in biblioteca ma era sdraiata su un letto a baldacchino, sormontato da leggere tende nere in organza che celavano delle coperte di cotone bianche e blu.
Provò a tirarsi su ma una fitta alla testa le fece capire che le sarebbero serviti ancora un paio di minuti prima di riprendere completamente possesso del proprio corpo. Cercò di guardarsi intorno per capire dove fosse finita mentre si aggrappava con tutte le forze a quel minimo di coraggio che le era rimasto pur di non farsi prendere dal panico.
La stanza era buia e tetra, rischiarata solo dalla luce di una candela sul tavolo. Anche il camino, chiuso da una piccola grata in ferro arrugginito, era spento. La finestra era chiusa eppure quella stanza era così fredda...
Al primo accenno di miglioramento si rimise in piedi e si allontanò dal letto, mettendo a fuoco poco a poco il resto della stanza. I parati erano sporchi e logori, di un verde scuro poco rassicurante. Su una sedia a dondolo c'era una piccola bambolina di pezza, dai capelli biondi e piccoli bottoni neri cuciti al posto degli occhi.
Doveva essere passato molto tempo da quando aveva perso i sensi nella biblioteca. Non pioveva più e i raggi della luna filtravano pigramente attraverso le tende della finestra. Tutto era silenzioso. Ma dov'era? Era ancora ad Hogwarts? Qualcuno l'aveva portata fuori dal castello? Tutte queste domande restavano senza risposta, lasciandola in preda all'angoscia più totale.
“Devo trovare il modo di tornare al castello… potrebbero espellermi pensando che sia scappata…”
Si voltò lentamente a guardare la sua figura in uno specchio che era appeso alla parete sporca. Il cuore le sembrò fermarsi alla vista di quel riflesso. Chi era la ragazza che la stava guardando, nello specchio? Aveva occhi azzurri che non davano dolcezza a quello sguardo duro, la pelle diafana e una cascata di capelli corvini che le scendevano fino alle spalle. Solo in quel momento si rese conto che aveva le braccia e le spalle coperte di lividi. Non aveva più addosso la sua divisa scolastica, bensì una leggerissima camicia da notte in seta bianca. Hannah si portò una mano alla bocca solo per notare se il riflesso di fronte a lei facesse altrettanto. Non c’erano dubbi, quel riflesso era davvero il suo, ma come aveva potuto cambiare aspetto in modo così estremo?
Si allontanò dallo specchio quanto bastava per rendersi conto di essere leggermente più alta rispetto al solito. Che qualcuno le avesse fatto bere una Pozione Polisucco? Ma chi, e perché?
Doveva indagare e costringere le sue gambe a muoversi, anche contro la propria volontà. Sul comò vide quella che sembrava essere una bacchetta nera, dalla descrizione dei vari legni nel libro di Erbologia sembrava legno di quercia, ma il colore non rispecchiava quello naturale. Non era la sua bacchetta ma era l'unica arma con la quale si sarebbe potuta difendere. In lontananza sentiva qualcosa gocciolare, un rumore tanto sinistro quanto snervante. Plic, plic, plic. Uscì dalla stanza sentendo nelle ossa la mano gelida del freddo che si annidava in quella casa.
Superata la soglia vide intorno a sé solo un vecchio corridoio, malconcio in più punti, che sembrava essere stato abbandonato da tempo. Sul lato sinistro c’era una fila di finestra ad arco alte quasi fino al soffitto. Il panorama che offrivano era un piccolo lago nero delimitato da un fitto bosco di betulle così sottili da sembrare malate. Fu solo guardando il lago dall’alto che si accorse di trovarsi al secondo o al terzo piano. Le tende erano impolverate e in alcuni punti presentavano piccoli buchi, mentre sul lato opposto si potevano vedere una serie di porte chiuse che Dio solo sa dove portavano. Fu solo procedendo lungo il corridoio che riuscì a trovare il primo segno di vita in quella casa. Poco più avanti, di fronte all’ultima finestra, era certa di aver visto un piccolo elfo domestico entrare in una stanza e chiudersi la porta alle spalle. Hannah corse nella sua direzione e battè i pugni sulla porta, cercando di aprire la porta che però era stata chiusa a chiave e cercando di fare leva sulla pietà dell’elfo. “Ti prego… ti prego, aiutami… non so dove mi trovo, non so nemmeno come ci sono arrivata… ti prego, aiutami a scappare…”
Dall’altro lato della porta si levò, dopo un minuto in cui la ragazza si rese conto che il rumore di gocce cadute proveniva da quella stanza, una vocina stridula e tanto malevola da farle gelare il sangue nelle vene. “Questa è casa tua, ora.” Dopo, solo il silenzio.

※ ※ ※

~PARTE 3~


Dovevano essere passati almeno 40 minuti o più da quando si era svegliata, qualcuno al castello presto si sarebbe accorto della sua assenza e sarebbero andati a cercarla, forse, ma l'avrebbero trovata?
Dopo aver camminato per qualche altro minuto si ritrovò ai piedi di un arco in pietra nera che citava: “To the hills we raise our eyes”. Era la porta verso una stanza vasta e ariosa, a differenza di tutte le altre stanze in cui era passata, nonostante la polvere che imbiancava gran parte dei mobili presenti.
C’era una teoletta in un angolo, in quello che sembrava essere un legno molto pregiato che andava ad incorniciare uno specchio ovale dove Hannah ritrovò la ragazza dai capelli neri, ma invece che trovare cosmetici e spazzole davanti a sé si esibivano in un ordine maniacale una collezione di bisturi ben affilati e varie lettere spiegazzate. Ne aprì una, quella che portava un sigillo in ceralacca nero. La lettera era macchiata di sangue e aveva disegnato sul retro il marchio oscuro dei mangiamorte.

“19 dicembre 1852, New Orleans

Bimba mia,
Ti avevo promesso che sarei tornato in tempo per il Natale ma sono ancora impegnato con tu-sai-cosa e la luna non mi permette di lasciare questa caverna desolata. Ho chiesto ad Oliver di spedirti questo messaggio nella speranza che tu un giorno possa perdonarmi e riaccogliermi tra le tue braccia. Non dimenticarmi…
P.”


Mentre leggeva quella lettera qualcosa iniziò ad andare terribilmente storto; il freddo che infestava quella casa sembrava essere diventato insopportabile e mentre Hannah cercava di aggrapparsi ad un ultimo briciolo di sanità mentale si accorse che le stavano rubando qualcosa, ma non capiva cosa. Stranamente ebbe la sensazione di non essere più sola. Sentiva che qualcosa mancava, cercò di pensare a qualcosa di felice a cui aggrapparsi ma i ricordi felici sembravano essere stati spazzati via. Ecco, cosa… I ricordi…
Fu proprio nel momento in cui lesse la firma su quella lettera e rialzò lo sguardo che nello specchio vide quello che a tutti gli effetti sarebbe potuto sembrare un gigante un po’ troppo magro coperto da un pesante velo nero. Aveva letto i libri su Azkaban, i suoi genitori le avevano raccontato del loro incontro con quelle creature subdole e meschine, aveva visto i disegni in quei libri che raffiguravano i dissennatori ed era sicura che si trovasse in presenza di uno di essi in quel momento. Quella creatura la sovrastava completamente e infestava l’aria col suo freddo assassino e l’odore di carne putrefatta. Strinse la bacchetta che aveva portato con sé nella mano con tutta la forza che aveva ma non sapeva ancora come scagliare un Incanto Patronus, e in un momento simile non avrebbe mai avuto la forza di pensare al suo ricordo più felice, non che ne ricordasse uno. Si rigirò trovandosi faccia a faccia con quella creatura uscita dai suoi incubi più oscuri e seppe esattamente cosa stava per succedere. In quei libri aveva letto del bacio del dissennatore, ma niente, niente mai, avrebbe potuto prepararla ad un’esperienza del genere. Urlò con tutta la voce che aveva in gola ma quella si assopì dopo pochi secondi mentre il dissennatore si avvicinava al suo viso per appropriarsi della sua anima.
Fu nel momento in cui i suoi occhi si chiusero e le gambe iniziarono a cedere mentre tutto intorno diventava buio che nella sua mente arrivò l’eco di una voce lontana. Lontana, ma familiare abbastanza da catturare la sua attenzione. “Svegliati, dai… Hannah…”

※ ※ ※

~PARTE 4~


Venne riaccolta alla realtà dalla luce soffusa di una candela e da due occhioni azzurri che avrebbe riconosciuto tra tutti. Davanti a sé c’era il viso tondo e leggermente pallido di Francis, la guardava con aria preoccupata mentre le teneva una mano sul viso per aiutarla a tenere la testa alzata. Che cos’era successo? Come aveva fatto a tornare di nuovo nella Biblioteca? Possibile che… Possibile che fosse stato tutto un sogno? Un sogno così vivido e lungo di cui conservava il ricordo di ogni attimo e le sensazioni di ogni singola cosa provata e toccata in quella casa. Scosse la testa più e più volte cercando di capire cosa fosse successo davvero ma nessuna risposta sembrava venire in suo soccorso. Aveva già avuto incubi in passato, sì, ma non così intensi e vividi, mai così…
Rialzò lo sguardo per incontrare gli occhi del suo amico e senza riuscire a controllarsi ulteriormente scoppiò in un pianto a dirotto da cui sarebbe riuscita a calmarsi solo con tanta fatica e solo dopo tanto tempo.
Francis l’abbracciò e le spiegò che era andato a cercarla solo dopo non averla vista arrivare a cena e che, insospettito, era andato a cercarla nell’unico posto dove lei si rifugiasse constantemente.
Eppure c’era una cosa che le ronzava per la testa come un presagio oscuro, qualcosa che aveva notato pochi istanti dopo aver riaperto gli occhi, e non le sembrava quasi vero.
Nel momento esatto in cui aveva riaperto gli occhi l’orologio nella Biblioteca segnava le 20.13.


"Nei Tarocchi il numero 13 è associato alla carta della Morte."
Oltre ai vari riferimenti al tempo come la lettera antica, in questo breve racconto ho voluto soffermarmi su come il Tempo sia distorto quando si sogna. Sogni che sembrano interminabili (come quello che ho raccontato) possono in realtà essere durati pochissimi minuti di orologio. Mi sono lasciata influenzare abbastanza dalla mia passione per l'horror. :aiuto:
Spero di non essere andata fuori tema.
In realtà, come in futuro si potrà notare, il "sogno" che ha avuto Hannah nel corso della sua crescita assumerà un significato molto più tetro e complesso quando si troverà a rifare esperienze simili, ma non voglio "spoilerare" altro.

P.S:
La presenza di Francis era concordata.


Edited by Hannah Poe - 19/8/2017, 23:00
 
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