Non riesco a ricordarmi di dimenticarti, Per Sophie

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Elijah Matthew Sullivan
view post Posted on 17/9/2017, 16:42





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Elijah Sullivan
11 Anni ☘ Studente☘ 1° Anno ☘ Serpeverde☘ scheda [x]


*




OT
Come da indicazioni, posto direttamente al Villaggio senza passare dalla Bacheca Avvisi.
La role è con il Prefetto della mia Casa ed è lei stessa ad accompagnarmi a Hogsmeade.

Da quando era arrivato a scuola, il villaggio di Hogsmeade era una delle cose che era curioso di visitare.
Di andare da Zonko gliene fregava meno di zero, non era mai stato interessato a quelle idiozie per ragazzini decelebrati.
Non aveva bisogno di andare da Mielandia perché suo fratello Daniel lo riforniva giornalmente e, anzi, nell’ultima settimana aveva anche raddoppiato la dose. La ragione ufficiale era la “O” presa all’esame di Volo con il professor White, ma Elijah sapeva benissimo che suo fratello cercava di tirargli su il morale. Daniel era sempre stato bravissimo a leggere tra le righe dei suoi silenzi.

BiblioMagic era sicuramente il negozio del villaggio che lo interessava di più, anche se doveva ammettere che il luogo che davvero lo intrigava era un altro, la Stamberga Strillante.
Questa sua idea era stata subito inibita dalla presenza indesiderata dell’accompagnatore. Figurati se la guardia del corpo che gli avevano assegnato per quel giorno si sarebbe prestata per una gita macabra di quel genere.
L’unica cosa che sperava che non fosse un rompiscatole che lo bombardasse di domande di circostanza con l’improbabile idea di farlo sentire a suo agio.

Gli avevano detto di attendere l’arrivo del Prefetto o del Caposcuola disponibile quel giorno davanti al portone principale.
Vedeva ragazzi più grandi scendere ridacchiando e saltellando come se fossero già ubriachi, ma lui era l’unico del primo anno in attesa per scendere al Villaggio.

Faceva dondolare lo sguardo dalla scala che portava ai piani superiori fino al corridoio laterale che portava ai Dormitori dei Sotterranei.
Non aveva la minima idea di chi sarebbe stato il badante che gli era toccato.
Voleva passare un pomeriggio di distrazione senza pensare a tutto quello che gli frullava per la testa ultimamente, quindi non voleva nessuno che iniziasse a stressarlo con delle public relation da quattro soldi.





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view post Posted on 18/9/2017, 22:49
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Prefetto Serpeverde - III Anno

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Il nuovo anno ad Hogwarts era ormai cominciato. Anche quell'anno Sophie Armstrong mantenne la carica di Prefetto della sua Casata, nonostante non ne fosse estremamente contenta. Proprio lei, che non aveva mai amato le regole e che, al contrario, fin dal suo primo anno in quella Scuola le aveva sempre infrante, aveva l'obbligo di farle seguire agli altri. Le trovava noiose ed inutili, ma nello stesso tempo trovava estremamente soddisfacente il poter punire primini, ancor di più se erano di una Casata diversa dalla sua. Da un lato, ringraziava il fatto di avere quella carica soprattutto per una questione di facciata: era ormai fin troppo vicina al lato oscuro, e riusciva a fare dei lavori talmente puliti che, fino a quel momento, nessuno aveva mai dubitato di lei. Dall'altro lato, invece, odiava dover perdere del tempo con dei ragazzini che litigavano tra di loro, o che erano così stupidi da addentrarsi nella Foresta Proibita, o qualsiasi altra stupidaggine potessero fare. Se c'era una cosa che le piaceva incredibilmente, era la ronda notturna. Passare la notte fuori dalle quattro mura scolastiche, all'aria aperta, al silenzio, e soprattutto in solitudine, era qualcosa che le regalava un senso di pace e tranquillità. Si sapeva, lei era sempre stata una ragazza alquanto solitaria, e fin da piccola non aveva mai amato la compagnia.
In quel periodo di fine estate, le belle giornate sembravano non voler finire, e gli studenti approfittavano di quel sole ancora alto nel cielo per poter visitare il Villaggio di Hogsmeade. Il problema era che, proprio quella mattina, toccava a lei accompagnare i primini vogliosi di una gita fuori porta. Dopo essersi alzata e messa in ordine per quella giornata, attraversò i lunghi corridoi del Castello, fino ad arrivare all'ingresso principale. Le lunghe ciocche dorate scendevano lungo la sua schiena, le punte erano leggermente ondulate, ed accompagnavano ogni suo minimo movimento. Man mano che avanzava verso l'uscita, poté notare che dalle vetrate non sembrava trasparire poi così tanta luce. Sperava che quel giorno ci fosse maltempo, e che quindi nessuno stesse lì ad aspettare il suo arrivo. Purtroppo però, giunta al classico punto di incontro con i primini, non poté fare a meno di notare la presenza di un ragazzino che sembrava stesse attendendo proprio lei. Si fermò per un attimo, sbuffò, alzò gli occhi al cielo, e, fortunatamente, sembrava non esserci alcuna traccia di sole. E, di conseguenza, capì immediatamente qual era il motivo per cui vi era meno gente del solito. Sperava solo non dover trascorrere la giornata in stupidi negozi, dato che molte volte si ritrovava a dover fare da babysitter, piuttosto che da accompagnatrice. Ricominciò a camminare in direzione del giovane a passo più o meno spedito. Non attese neppure il tempo di incrociare il suo sguardo, che cominciò a mettere immediatamente le cose in chiaro:
- Ascolta, io sono qui perché ho l'obbligo di essere qui. Quindi, parla il meno possibile e fa' finta che non esista. - Cercò di scrutare il suo viso com'era solita fare, muovendo incessantemente le sue iridi azzurre, poi riprese: - Sono il Prefetto della Casata Serpeverde, Sophie Armstrong. - Non amava presentarsi, né tanto meno sbandierare ai quattro venti la sua carica, ma anche questo era un obbligo che purtroppo aveva.
- Dove devi andare? -

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Elijah Matthew Sullivan
view post Posted on 19/9/2017, 00:22





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Elijah Sullivan
11 Anni ☘ Studente☘ 1° Anno ☘ Serpeverde☘ scheda [x]


A
rrivò come un temporale estivo, senza fare troppo rumore all’inizio, fu semplicemente il dopo che lo travolse.
Era femmina. Passo leggero anche se sapientemente cadenzato. Buonissimo profumo che lui colse immediatamente.
Non fece nemmeno in tempo a girarsi che una suadente ed autoritaria voce femminile ruppe il silenzio dell’ingresso.

- Ascolta, io sono qui perché ho l'obbligo di essere qui. Quindi, parla il meno possibile e fa' finta che non esista.

Si, voltò piano, con la calma e l’impassibilità di un abile giocatore di poker. Era bastata quella frase, pronunciata come lei aveva fatto, per far capire ad Elijah la provenienza della sua accompagnatrice. Era della Casa di Salazar, ci poteva scommettere la sua virtù.
Fu proprio lo stemma che vide per primo, dato che se lo ritrovò subito ad altezza occhi, insieme a qualcos’altro.
Il suo sguardo si sollevò piano fino a trovare la proprietaria dello stemma verde-argento.

Il suo cervello elaborò la faccenda, interrogandosi immediatamente in quale categoria avrebbe dovuto classificarla.
Non faceva parte della categoria Bella, no!
Non faceva parte nemmeno della categoria Bellissima...no, no, assolutamente no!
Quella che aveva davanti faceva parte della categoria Oh, mio Dio!! …anzi, no...Oh mio Grandissimo Dio!!!
Il corpo di una tigre con gli occhi di una leonessa, roba da restarci secco senza passare dal Via.
Bene, bene...si! Quell’uscita al Villaggio sarebbe stata parecchio interessante, almeno dal suo punto di vista.

- Preferisco ascoltare che parlare, lo considero molto più istruttivo per me – lo sguardo fisso nei suoi due occhi ruggenti.
Fece un piccolo passo all’indietro e sollevò il lato sinistro della bocca.

- Riguardo a far finta che non esisti … - la riguardò con attenzione dalla testa ai piedi e ritorno – beh...questo sarà un pelino più difficile. Per non farti guardare, dovresti passare inosservata…e, credimi, non ci riesci ...

Quella non passava inosservata nemmeno sotto il Mantello dell'Invisibilità.
Inclinò leggermente la testa con il ciuffo castano chiaro.

- Elijah Sullivan, Serpeverde.

Non le disse l’anno perché solo i primini avevano bisogno dell’accompagno per scendere a Hogsmeade.

- Dove devi andare? -

Si sistemò il ciuffo con la mano, con la sua solita faccia strafottente. Tranquillo perché era perfettamente a suo agio, divertito perché le ragazze come quella lo intrigavano.

- Se il giro turistico prevede quelle buffonate di Zonko...beh, non mi interessano. Ho di meglio da fare nella vita che fare l’idiota starnazzando per il castello. Non mangio lecca-lecca da bambini con il moccio al naso e non gradisco nemmeno quelle insulse Api Frizzole.
E...non devo andare da nessuna parte, ma voglio andare a vedere la Stamberga Strillante.
Pensi di farmi felice, Sophie Armstrong?

La fissava negli occhi azzurri proprio come i suoi.
Voleva far valere le sue ragioni.



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view post Posted on 21/9/2017, 15:41
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Non appena ella terminò di sparare a raffica le sue raccomandazioni, egli, piano, si voltò verso in sua direzione. Fu proprio in quel momento che Sophie notò la presenza degli stessi colori della sua Casata: senza dubbio, quel giorno, avrebbe fatto in modo di scoprire se era degno di indossarli o meno. Restò con gli occhi diretti verso il suo petto per diversi secondi, e non sapeva con esattezza se stava ammirando la sua spilla da Prefetto o "qualcos'altro", ma era sicura che se fosse rimasto anche un solo secondo in più a guardare, gli avrebbe senza dubbio staccato la testa dal collo. Con delicatezza, ovviamente. Per sua fortuna, subito dopo, alzò leggermente il capo, ritrovandosi dunque ad incrociare lo sguardo di lei: i suoi occhi, improvvisamente, sembravano aver cambiato espressione. Rimase per alcuni secondi in quella posizione, fino a quando non si allontanò di poco e non sfoggiò uno strambo ghigno su quella bella faccia da schiaffi. Sophie piegò il capo e scrutò il suo viso con attenzione, notando poi con piacere quanto dimostrasse di far parte della nobile Casata di Salazar. Faceva intravedere molto bene la sua strafottenza, la sua sicurezza e la sua determinazione. O almeno, a pelle, sembrava proprio così. - Riguardo a far finta che non esisti… beh... questo sarà un pelino più difficile. Per non farti guardare, dovresti passare inosservata… e, credimi, non ci riesci... - Furono queste le parole che diedero conferma a Sophie di quanto fosse giusto il modo in cui aveva inquadrato quel ragazzino: strafottente e sicuro di sé. Il tono della voce, il modo di guardarla, ed i suoi gesti, erano tutte delle dimostrazioni vere e proprie. E la cosa, di certo, non le dispiaceva. L'angolo destro delle labbra di lei si incurvarono in un leggero ghigno. Inoltre, doveva essere sicuramente coraggioso, ad utilizzare quei modi nei confronti del Prefetto della sua Casata: d'altronde, nessuno aveva mai osato guardarla e parlarle in quel modo, eppure un ragazzino di appena undici anni ci riuscì. Dopo aver ascoltato la sua "presentazione", anche ella indietreggiò di un passo, per scrutarlo meglio: era di qualche centimetro più basso di lei, e non avrebbe certo passato la giornata a guardarlo dall'alto, o la cervicale avrebbe dovuto curarla lui. - Per avere undici anni sei piuttosto sicuro di te, ragazzo. - Si limitò a commentare quel suo atteggiamento, come se stesse ragionando ad alta voce. Dovette ammettere che, per la sua età, aveva anche dei lineamenti ben sistemati, e non era nemmeno esageratamente basso. Ascoltò le sue successive parole, ed un altro sorriso di approvazione comparve sul suo volto. Aveva sperato con tutta se stessa, fino a quel momento, di non dover trascorrere un'altra giornata tra bambini viscidi e unti di lecca-lecca dalla testa ai piedi, senza considerare le loro urla che ormai le sue orecchie non sopportavano più. - Penso di farti felice, Sullivan. - Rispose perfettamente a tono, mentre una ciocca dei suoi capelli dorati si piegava verso il suo viso, ma lei, prontamente, la portò di nuovo al suo posto, con un movimento delicato. Dopo aver dato un ultimo sguardo fugace agli occhi azzurri del compagno, si voltò di lato e fece due passi in avanti, poi si fermò e si voltò nuovamente verso di lui: - Seguimi e non staccarti da me nemmeno per un attimo. -
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Elijah Matthew Sullivan
view post Posted on 21/9/2017, 20:59





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U
na ciocca di quei capelli dondolò davanti al viso della Serpeverde, muovendo con grazia l’aria che spostava. Due dita perfette la ghermirono con delicatezza e piano la fecero tornare al suo posto.

Esiste un momento nella vita di un esemplare di sesso maschile in cui si prende coscienza di due cose.

Prima
Incontri qualcuno molto vicino a te, che ti capisce, che senti batterti sotto pelle ma che ancora non realizzi d’amare. Lui ancora non lo sapeva, ma quella persona l’aveva incontrata un pomeriggio sotto un albero nel Giardino della scuola. Quello era l’amore, qualcosa che ti sconvolge e che non accetti. Per Elijah quella ragazza era Alice.

Seconda.
Incontri qualcuno che è lontano da te anni luce e che vedi come una stella lontana che non puoi raggiungere, ma che brilla al punto da accecarti.
E’ un processo naturale per ogni ragazzino adolescente essere attirato da qualcuno che sa di non essere alla sua portata perché per lui..cavolo!! è troppo!
Quello si chiama teen crush impossibile, e non esiste ragazzo che non ci sia cascato con un’attrice dalle labbra carnose o una cantante delle movenze sexy.
Elijah non aveva preso affatto in considerazione la remota possibilità che potesse succedere anche a lui, ma nemmeno lui era immune dal processo di crescita.
Il suo crush non recitava su un palco e nemmeno ci saliva per cantare, no! Era quella Serpeverde dritta in piedi davanti a lui, con quella spilla dorata che spariva in confronto all’oro dei suoi capelli.
Sophie Armstrong era una dea non raggiungibile per uno alto ancora un metro e cinquanta, ma sognare ad occhi aperti non era vietato.

La differenza tra la prima e la seconda è semplice. La prima non lo ammetteresti nemmeno sotto tortura, la seconda invece non hai alcun problema a confessarlo.

Elijah non era il tipo che sospirava e sbavava, rimase infatti apparentemente impassibile davanti agli occhi della Prefetto. Non avrebbe mai aperto la bocca come un povero idiota, ma sentiva il diaframma che stava ruggendo più forte di quello di un Ungaro Spinato.

- Penso di farti felice, Sullivan

Fece un sorriso senza censure a quella dichiarazione della Serpeverde, scoprendo i denti bianchissimi e perfetti. L’aveva convinta, ma forse solo perché era della sua stessa Casa. Era sicuro che una di un’altra Casa l’avrebbe rimesso sui binari, facendogli dimenticare l’idea della Stamberga Strillante.

- Penso che ti adoro, Armstrong.

I suoi occhi la seguirono attenti mentre si spostava verso l’ingresso...si muoveva in un modo ...Elijah cominciò a pensare che avesse sangue di Veela.

- Seguimi e non staccarti da me nemmeno per un attimo.

Non poteva chiedere di meglio che starle incollato come un francobollo.

- Ti seguo Prefetto Express, sarò la tua scia di fumo.

Si avvicinò a lei e allungò il braccio verso l’uscita con il palmo sollevato verso l’alto.

- Prego, dopo di te. Sarà un onore camminare al tuo fianco, ma lo farò in silenzio perché detesto quelli che si ostinano a fare conversazione durante gli spostamenti.

Le fece un ghigno deliziato, mentre il suo palmo si spostò verso il ciuffo rimettendolo in assetto.




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view post Posted on 22/9/2017, 21:32
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Prefetto Serpeverde - III Anno

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Un lungo sospiro di sollievo fuoriuscì dalla candida bocca di Sophie. Quella non sarebbe stata una gira noiosa come tutte le altre, di questo ne era certa. Elijah, nonostante la sua tenera età, sembrava fin troppo sveglio e fuori dalle righe: notava con piacere quanto fosse simile a lei. Anche lei, alla sua età, era sicura di sé, furba, gradassa, all'apparenza viziata. Il bello era che poteva sembrare di tutto, ma la realtà dei fatti era che non era per nulla viziata, anzi. Aveva trascorso la sua intera infanzia da sola, abbandonata alle schiave di suo padre, in quanto, il più delle volte, i suoi genitori erano completamente assenti da quell'enorme Castello. Una bambina, in compagnia dei maggiordomi, Elfi Domestici e dame assunti da loro, in un'enorme villa, era l'unico quadro che ricordava della sua vita. L'unica cosa bella di quelle giornate era il poter scappare la notte, di nascosto, senza che suo padre le sfregiasse il viso. Amava uscire da quelle fredde mura per trascorrere la notte all'esterno della sua abitazione, anche solo per stendersi sul prato e guardare le stelle. Era il cielo l'unica cosa esistente che avesse mai affascinato quella gelida ragazza. Le donava un senso di pace e tranquillità, talmente forte che era diventata una droga per lei, ed ogni giorno non vedeva l'ora che arrivasse la mezzanotte per poter ammirare quella meraviglia. Ascoltò le parole di Elijah, e poco prima che finisse di parlare, scosse la testa e nascose un sorriso mentre si voltava in direzione del sentiero da intraprendere. - Te l'ho già detto. Più stai zitto, più potrai andare d'accordo con me. - Cominciò a camminare con il suo solito passo elegante e silenzioso, mentre i suoi capelli, fedelmente, seguivano come al solito i suoi movimenti. Il cielo si stava oscurando sempre di più, e, invece di avvicinarsi ad Hogsmeade, sembrava piuttosto si stessero avvicinando alla tempesta. Nessun raggio di sole sembrava voler fare capolino tra quelle nuvole nere, ed un improvviso lampo bianco illuminò maggiormente il loro cammino. Sophie, impassibile, continuava a camminare senza voltarsi nemmeno una volta. Sapeva che Elijah sarebbe rimasto fedelmente dietro di lei, come un parassita. Ripensò all'incontro con lui, ed ai suoi occhi che mutarono espressione appena la videro. Non era molto abitutata ai complimenti, e lui sembrava voler rimanere al suo posto, come giusto che fosse. Era più abituata ad incutere terrore nei confronti dei primini, ma quel ragazzo sembrava non essere dello stesso parere. Non si era sbilanciato più di tanto, e da un lato la cosa le sembrava strana. Rispettando le premesse di entrambi, dopo qualche minuto giunsero al Villaggio di Hogsmeade, in silenzio. Sophie, che conosceva bene la strada per la Stamberga Strillante, evitò di addentrarsi nel Villaggio e ci girò attorno. In poco tempo, si ritrovarono di fronte ad una vecchia catapecchia, che, con lo sfondo dato da quel tempaccio, sembrava voler incutere ancora più terrore di quanto si raccontasse. Ma lei, troppo abituata a trascorrere le nottate lì, era decisamente tranquilla. Si fermò a pochi passi dalla Stamberga, mentre la prima goccia si fece sentire sul cuoio capelluto di lei. Si voltò in direzione del Concasato e lo guardò con aria pacata: - Soddisfatto? -
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Elijah Matthew Sullivan
view post Posted on 23/9/2017, 00:45





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E
lijah camminò al suo fianco in un silenzio sepolcrale, esattamente come piaceva a lui, esattamente come lei aveva richiesto. Non gli costava alcuna fatica, era manna dal cielo.
Mentre scendevano verso Hogsmeade il cielo divenne sempre più scuro, di lì a poco sarebbe scesa una cascata d’acqua. Per Elijah non era un problema e non sembrava esserlo nemmeno per la Prefetto. Quando un lampo corse nel cielo, il ragazzo fece un ghigno di soddisfazione. Non poteva desiderare un’atmosfera migliore per la sua prima visita alla Stamberga Strillante.

Sophie Armstrong evitò il giretto nel villaggio e puntò direttamente alla loro meta, senza farlo attendere oltre.
La stava osservando con la coda dell’occhio, non sembrava affatto turbata dalla situazione che poteva apparire sgradevole, anzi era perfettamente a suo agio.

- Soddisfatto? -

Elijah fece un largo sorriso mentre ammirava la costruzione che aveva di fronte, piena di malinconia e atmosfera.

- Oh, Si! Posto perfetto, atmosfera perfetta, compagnia perfetta

Era vero ed era anche difficile da spiegare, ma in quel momento non avrebbe voluto un’altra persona lì con lui. Era dell’idea che non sarebbe stato lo stesso, che non l’avrebbe vissuta con la stessa intensità.

Le prime gocce di pioggia iniziarono a cadere, Elijah sollevò il volto verso il cielo, era tutto deliziosamente affascinante. Non aveva nessuna intenzione di correre a ripararsi all’interno della Stamberga, almeno non nell’immediato. Voleva godersela a pieno, gustare ogni particolare prima dell’esterno e poi dell’interno.

Si voltò a guardare Sophie e iniziò a dubitare che il sole non ci fosse. Era di una bellezza abbagliante, quel genere di bellezza che deve essere preservata anche a costo della vita.
Nello specifico non era quella la situazione, ma Elijah si sarebbe comportato esattamente secondo quel canone di giudizio.
Si avvicinò alla Prefetto e salì su un piccolo blocco di tufo proprio a fianco a lei, quel che bastava per essere alla sua altezza.
Si slacciò il mantello con lo stemma della Casa di Salazar e lo fece scendere giù dalle sue spalle. Lo fece roteare su quelle di Sophie e lasciò che l’avvolgesse.

- Si bagnano le schiave bianche, non le Regine Nere – le disse fissandola dritta negli occhi, con la furia e la fermezza di qualcuno che vuole scalare il mondo a mani nude.
E lei aveva negli occhi la stessa sua furia anche se aveva sfumature diverse. Erano occhi che trafiggevano quelli, intensi, decisi...due occhi assassini e angelici.
Il colore poi era indescrivibile e se lo diceva uno che adorava dipingere, era tutto dire.
Erano grandi e glaciali, ma ardevano di un fuoco interiore che solo uno abituato a bruciare dentro avrebbe potuto vedere. Il colore si sposava bene a quella giornata, era un azzurro che profumava di tempesta.

Dopo che il mantello arrivò sulle spalle della Prefetto, Elijah tornò quindici centimetri più in basso e si mise ad osservare la Stamberga Strillante.
Faceva un freddo bastardo, ma non aveva nessuna intenzione di mettersi a battere i denti. Si infilò le mani in tasca e cominciò a guardare meglio il perimetro della costruzione, mentre la pioggia iniziava a farsi più intensa. Sentiva le prime ciocche del ciuffo che iniziavano ad arrendersi alla forza di gravità.

- Ti va di accompagnarmi dentro? - le chiese, la solita espressione strafottente sul viso, un attimo prima che il boato del primo tuono rimbombò nel cielo – Credo che la mia idea di osservarla bene anche da fuori debba essere rimandata.







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view post Posted on 23/9/2017, 21:21
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- Soddisfatto? -
Pronunciò quella domanda in modo distaccato, freddo, come se volesse liberarsi presto di quel ragazzo. Ma lo voleva veramente? Odiava portare a spasso quegli odiosi ragazzini del primo anno, eppure Elijah non sembrava affatto odioso. Non aveva mai conosciuto un undicenne così determinato e sicuro di sé, non aveva paura di lei, non aveva paura di esagerare, né tanto meno di avvicinarsi ad un posto cupo come la Stamberga Strillante. Sophie non aveva mai creduto alla storia dei fantasmi, ed in effetti ci era stata talmente tante volte che la sua teoria si dimostrò più che fondata. Era un posto tetro, sì, ma non infestato, di questo ne era convinta. Elijah era il primo ragazzino che incontrava che si dimostrò essere così simile a lei: era abituata a sentirsi dire quanto fosse acida, antipatica, ma nessuno aveva mai provato a capire cosa ci fosse veramente dentro di lei. Nessuno aveva mai provato a dirle quanto fosse bella, nonostante, molto probabilmente, lo potessero pensare. Solo una persona, fino a quel momento, dimostrò di aver apprezzato veramente quella ragazza: Cedric. Era stato lui ad essersi avvicinato a lei, era stato lui a cercarla una seconda volta. Nessun altro.
Alcuni ragazzini si limitavano ad ignorarla e temerla, altri uomini semplicemente avevano intenzione semplicemente di divertirsi con lei. Probabilmente, tutto questo lo aveva provato anche Elijah, anche se la differenza d'età faceva sì che Sophie avesse più esperienza di lui. Più delusioni, più che altro.
- Oh, Si! Posto perfetto, atmosfera perfetta, compagnia perfetta. -
"Compagnia perfetta". Poteva essere lui la seconda persona capace di apprezzare la sua presenza? Lo diceva solo per il quieto vivere di quella giornata, considerando che doveva necessariamente trascorrerla con lei senza possibilità di scelta, o lo pensava veramente? In quest'ultimo caso, aveva pronunciato quelle parole senza pensarci molto su, ed in quel momento non poteva far altro che basarsi sul suo aspetto fisico. Era convinta che, una volta che l'avesse conosciuta meglio, sarebbe scappato a gambe levate. Ad ogni modo, sorrise a quell'affermazione, e, con i suoi occhi, seguì i suoi movimenti nel posizionarsi di fronte a lei, su un piccolo ammasso di tufo. Si fece avvolgere dal mantello profumato del giovane, accompagnandone i movimenti con le sue mani chiare. Ricambiò il suo sguardo fermo e deciso: non credeva fosse necessario quel suo gesto, lei avrebbe tranquillamente potuto limitarsi ad agitare la bacchetta sulla sua testa per divenire impermeabile all'acqua, e l'avrebbe fatto di lì a breve, se solo lui avesse tenuto il suo indumento. Un momento di difficoltà ed imbarazzo la avvolse, ma sparì via subito dopo. Non era abituata ai gesti gentili, ma doveva cominciare a farlo. Era cresciuta, era diventata una bella donna, ma lei ancora non lo accettava. La sua autostima non era mai stata delle migliori, e dubitava che col tempo sarebbe arrivata. Ringraziò il compagno con un gesto del capo, non sicura che lo avrebbe colto, poi si voltò nuovamente verso la Stambera Strillante. Ed in quel momento capì che no, non voleva liberarsi di lui. La pioggia cominciava a scendere più velocemente, ed i suoi capelli dorati cominciarono a bagnarsi. Accolse dunque la sua richiesta e cominciò a camminare in quella direzione, invitandolo a seguirla. Giunti di fronte all'ingresso della catapecchia, Sophie afferrò con la mano destra la bacchetta dall'interno della sua giacca, e con un gesto veloce la punta del pezzo di legno si illuminò di una luce fioca.
- Vado avanti io. Devo assicurarmi che non ci sia nessuno. - Le probabilità della presenza di altre persone erano piuttosto scarse, considerando il maltempo, ma non si sapeva mai. A passo lento, avanzò verso l'interno dell'edificio, e con occhio attento si guardò intorno, girando il corpo prima verso destra, poi verso sinistra, e poi di fronte a sé. Era vuoto. Si voltò in direzione del ragazzino e le use iridi, che con il tempo grigio diventavano più argentate che azzurre, puntarono il suo giovane viso. Le sue ciocche bionde erano umide, esattamente come il viso, che, a causa della luce che emanava la sua bacchetta, sembrava più che altro bagnato.
- Vieni. -

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Elijah Matthew Sullivan
view post Posted on 24/9/2017, 21:39





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L’atmosfera dentro alla Stamberga Strillante era qualcosa di indescrivibile, e lo diventava ancora di più alla luce della bacchetta della Prefetto. Era polverosa, trasandata, rovinata, vecchia...era assolutamente spettacolare se uno era in grado di andare un minimo al di là dell’apparenza.
Quella era sempre stata una sua prerogativa, mai fermarsi all’apparenza. In questo il silenzio aiutava ...si, aiutava a concentrare meglio i sensi sulla vista e ad appoggiare gli occhi sulle finestre dell’anima altrui per poter guardare cosa c’era dentro.

Elijah si voltò a guardare Sophie. Aveva il viso rigato dalle gocce di pioggia, le ciocche bionde erano umide, ma lei non aveva perso un briciolo del suo fascino e carisma.
Allungò la mano senza esitazione su una di quelle ciocche e la sfiorò con il dorso dell’indice e del medio all’altezza del mento di lei.

- Avrei dovuto metterti il mantello sulla testa, non sulle spalle. Non avresti dovuto bagnarti. Non commetterò più questo errore.

Detto questo la sua mano fece il percorso inverso andando a recuperare alla meno peggio il ciuffo che gli veleggiava sugli occhi.

Aveva sentito tante chiacchiere sul Prefetto donna di Serpeverde. Che era una algida, una che guardava tutti dall’alto in basso. Elijah si era limitato a registrare l’informazione, riservandosi di verificare la cosa personalmente alla prima occasione.

- Mi piaci Sophie Armstrong, sei molto di più di quello che tutti vedono in te – si strinse nelle spalle – Ti ho guardata negli occhi...dentro di te brucia un fuoco che conosco bene ed è quella la parte migliore di te.

Era abituato a dire sempre quello che pensava nel bene e nel male, era diretto e spesso spietato con le parole e di questo ne faceva un vanto. Chi non aveva gli attributi di sentire le sue ragioni non era nemmeno degno di interfacciarsi con lui.

- Vado avanti io. Devo assicurarmi che non ci sia nessuno. Vieni

Si avvicinò a lei senza lasciare mai la presa dello sguardo su quei due occhi splendenti. Cercò la mano della Serpeverde con la sua e l’afferrò saldamente, intrecciando le dita in mezzo a quelle di lei, per non correre il rischio che la mano potesse scivolare via dalla sua.

- A fianco e insieme – le disse stringendo forte le dita sul dorso della mano della ragazza.

Elijah era tremendamente malfidato e non dava mai le spalle a nessuno. Quando hai qualcuno dietro di te, non riesci a tenerlo bene nel tuo campo visivo e lui voleva sempre tenere tutto sotto controllo. Preferiva decisamente stare dietro e tenere gli altri sotto controllo, ma ora ...in quel preciso momento...con lei ..beh, non sarebbe stato un gesto da cavaliere e quella era ragazza particolare.

La guardava con ardore e devozione.
Era una donna da proteggere, ma senza che lei se ne rendesse conto. Era una donna che andava idolatrata senza sosta perché di femmine così in giro ce n’era davvero pochissime.

- Immagino che te l’abbiano detto in tanti e non sto per fare nulla di originale – fece una piccola pausa in cui si concesse di accarezzarle gli occhi con lo sguardo – Sei tosta e bellissima. Per come la vedo io, una donna come te deve essere adorata ogni giorno, ogni ora, ogni minuto...trovando ogni volta un modo diverso di stupirla. Sei una che non merita qualcosa, tu sei una che merita tutto.

Pronunciò quelle parole con sicurezza e determinazione. Non aveva la minima paura di dirle perché era esattamente quello che voleva che lei sentisse in quel momento. L’aveva detto a bruciapelo, a testa alta, con gli occhi fissi nei suoi...forte della forza della sua strafottenza. Aveva detto il suo pensiero con assoluta sincerità e senza mancarle di rispetto. E in quel momento in lui fu chiara la consapevolezza di quello che stava facendo, la stava corteggiando.
Lui, un ragazzino del primo anno, si stava lanciando in sopraffine esternazioni ad indirizzo di una ragazza più grande di lui. Sarebbe stato da andarsi a nascondere per la vergogna ...se quel primino fosse stato un altro e non Elijah. Ma Elijah era diverso, lui non aveva vergogna e nemmeno paura. Lei non gli incuteva timore ma solo determinazione e venerazione.

- Peccato non essere alto venti centimetri di più...


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Qualche secondo dopo aver superato la soglia dell'ingresso della malconcia Stamberga Strillante, quello che sembrava un leggero rumore dell'acqua scendere sul legno dell'edificio, divenne improvvisamente violento. La pioggia sembrava voler trafiggere prepotentemente quel posto, ed ancora si chiedeva come mai riuscisse ancora a stare in piedi. Conosceva quel rumore ormai perfettamente, ed il ricordo dell'incontro con il Caposcuola Tassorosso, avvenuto proprio in quel punto, si fece nitido nella sua mente. Quella notte pioveva, ma non violentemente come in quel momento: il rumore era fastidioso, potente, ma la voce giovane del compagno riusciva a sentirla perfettamente. Nonostante fosse giorno, l'ambiente era quasi completamente buio. Non vi era il sole, i cui raggi sarebbero potuti entrare dalle fessure, pertanto l'unica luce visibile era quel fascio che scaturiva dalla bacchetta di Sophie. Rimase di fronte al ragazzo per qualche secondo, e seguì con il suo sguardo il movimento della sua mano nell'accarezzarle una delle tante ciocche bagnate dei suoi lunghi capelli biondi, e nel mentre accoglieva con interesse le parole del compagno. In diciassette anni della sua vita, se la memoria non la ingannava, nessuno aveva mai esternato tante belle parole nei suoi confronti, ed il fatto che potesse farlo un ragazzino più giovane di lei, la fece sentire leggermente in imbarazzo. Le sue iridi azzurre, ad ogni modo, fissarono quelle di lui in modo freddo ed impassibile. Un improvviso lampo riuscì ad illuminare per pochi secondi l'interno della Stamberga, e la Serpina riuscì a registrare nella sua mente la posizione di una delle tante colonne di legno lì presenti. Poco prima del frastuono, sentì improvvisamente la calda pelle della mano di Elijah che afferrava la sua, così, senza un motivo ben preciso, e, nel momento in cui il tuono raggiunse le sue orecchie, ella, istintivamente strinse la presa. Sconcertata da quella strana situazione, ritrasse con un movimento veloce l'arto, per liberarsi di lui. Si limitò a guardarlo in modo confuso, era ormai palese il fatto che egli fosse attratto dalla modesta bellezza del suo Prefetto, e capì che quel gesto non poteva essere stato altro che istintivo. Gli diede per qualche istante le spalle, giusto il tempo di avanzare verso la colonna che aveva adocchiato prima. Si voltò poco dopo nuovamente in direzione di lui. - Sei tosta e bellissima. Per come la vedo io, una donna come te deve essere adorata ogni giorno, ogni ora, ogni minuto...trovando ogni volta un modo diverso di stupirla. Sei una che non merita qualcosa, tu sei una che merita tutto. - Ascoltò quelle parole con attenzione, il suo sguardo era fisso sui suoi occhi, cercava di scrutarlo quanto più possibile, per cercare di capire quanto fossero vere quelle sue locuzioni. Ci stava semplicemente provando perché era il tipo di ragazzo che amava provarci con tutte o vedeva veramente in lei qualcosa di così importante? Scosse leggermente la testa come per tornare nella realtà e la sua bocca cominciò a schiudersi: - Non mi conosci bene, Sullivan, dovresti smettere di parlare in questo modo e cominciare a dar retta alle voci che girano sul mio conto. - Rispose in modo deciso e nello stesso tempo freddo. Il tono della sua voce era sempre lo stesso, non dava modo di pensare che potesse essere arrabbiata, o colta da chissà quale altro tipo di emozione. Il modo in cui la guardava era alquanto imbarazzante per lei: lo faceva con determinazione e nello stesso tempo come se ne fosse devoto. Ignorò la sua ultima affermazione, aveva conosciuto così tanti ragazzini intenzionati ad avvicinarsi fisicamente a lei, che non fece neppure caso al significato di quella frase. Ciò che la incuriosiva di più era proprio il suo modo di fare, i suoi gesti, le sue parole, i suoi sguardi.
- Perché mi guardi così? -
Non ci pensò due volte a porre al giovane quella domanda, anche quello fu un gesto dettato dall'istinto. Il suo tono di voce calò di poco, ed un altro lampo illuminò l'ambiente circostante. La stava mettendo in difficoltà, ed un ragazzino di undici anni non poteva permettersi di farlo. Non con lei.

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Elijah Matthew Sullivan
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F
u tutto un susseguirsi di eventi, alcuni normalissimi ed altri del tutto inspiegabili, almeno per lui.
Quando il tuono entrò nella Stamberga, lei gli strinse la mano che Elijah le aveva preso. Un attimo, un decimo di secondo per realizzare quanto fosse bella quella sensazione e lei la sfilò così veloce che lui non fece in tempo ad afferrarla di nuovo.

Che cosa avrebbe voluto fare ? Ma soprattutto...che diavolo aveva fatto ?
Elijah sollevò la mano quasi davanti al viso, il palmo rivolto verso l’alto, le dita aperte e contratte.
La guardò incredulo, incredulo di aver appena preso la mano di Sophie Armstrong. Non era successo, vero? Non era successo! Lui non era il tipo che faceva una roba del genere senza dare di stomaco al primo angoletto. Eppure l’aveva fatto...cavolo se l’aveva fatto e gli era pure piaciuto un casino. Fece un impercettibile passo indietro, come per tornare alla realtà. Doveva tornare se stesso e doveva farlo immediatamente. Pochi secondi di smarrimento erano anche troppi per uno come lui.

Tornò prima a guardarla dritto negli occhi e dopo tornò verso di lei, ma questa volta di passi ne fece due, arrivandole quasi di fronte.

- Non mi conosci bene, Sullivan, dovresti smettere di parlare in questo modo e cominciare a dar retta alle voci che girano sul mio conto.

Sollevò leggermente le sopracciglia e la sua espressione strafottente divenne di nuovo la protagonista sul suo viso. Il tono di voce era tranquillo, delicato...morbido come un serpente che ti avvolge senza però stringere la presa. Un fare voluttuoso ed incosciente.

- Io sono solito osservare le cose con i miei occhi, Armstrong, e poi valutare con la mia testa. Difficilmente mi faccio influenzare dalle chiacchiere che sento perché sono sempre valutazioni di gente che non sa mai andare al di là delle apparenze. Solo giudizi di sguardi superficiali.

Infilò entrambe le mani in tasca per farle capire chiaramente che non l’avrebbe più allungate verso di lei. Non voleva farlo più nemmeno lui, anche se una parte di Elijah moriva dalla voglia di sentire come sarebbero stati quei capelli sotto le sue dita da asciutti.
Si chiedeva se quei due occhi sarebbero stati capaci di entrare dentro di lui e trovare quello che pochissime persone erano riuscite a vedere. Quelli di Sophie per lui erano un libro aperto. Lei non lo sapeva, ma per lui era un po' come guardare una parte di se stesso...forse una parte leggermente più fragile, anche se lei non lo avrebbe mai ammesso. Questa cosa, questa sua forza interiore, lo mandava letteralmente in visibilio.

- Perché mi guardi così? -

Inclinò la testa da una parte, voleva prendere bene coscienza della situazione. Deglutì una volta sola, quasi a secco, perché la voce di lei era scesa quel poco che bastava per avere un tono tremendamente intenso.

- Perchè non dovrei guardarti così?

Rispose tranquillo, nonostante quella scesa di tono di Sophie aveva rischiato di mettere a dura prova la sua faccia tosta.

- Mi sembra di avertelo già detto prima – fece un ultimo passo che lo portò dritto davanti alla sua Prefetto, cosa che lo costrinse a sollevare il viso verso l’alto, e che non lo imbarazzava minimamente – se vuoi però te lo ripeto, non è affatto un problema.

Non aveva mai smesso di tenere gli occhi chiari ancorati a quelli di lei, si limitò a rimettere la testa perfettamente perpendicolare.

- Ti guardo perché sei la Perfezione – fece una piccola pausa – Ti basta come risposta o è necessario che entri nel dettaglio?

Un altro tuono illiminò l’interno della Stamberga, ma Elijah non ne approfittò per guardarsi intorno.

- E tu? Tu perché mi guardi così? Non me l’hai ancora detto, o sbaglio ? - le chiese a bruciapelo – Dimmi i tuoi pensieri...ed io ti dico i miei… poi sceglieremo un cassetto qui dentro dove andarli a nascondere, e li lasceremo là.






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view post Posted on 26/9/2017, 09:55
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Non sapeva esattamente cosa sentì dentro di sé al tocco della mano di Elijah sulla sua. Imbarazzo, piacere, fastidio, confusione? Non sapeva neppure lei. Quella costante guerra di emozioni perennemente presente nel suo cervello, non accennava ad andare via. Ci aveva provato in tutti i modi, la notte usciva dalla Sala Comune per passare del tempo fuori, in solitudine, con soltanto il sottofondo dei versi degli animali, il rumore delle acque calme del Lago Nero, il fruscio del vento, eppure, quella pace interiore non riusciva mai a trovarla. Era ormai maturata, ricordava come fosse il giorno prima quanto si facesse prendere dalle emozioni e dalla rabbia qualche anno addietro, e, nonostante in quel tempo avesse imparato a gestirle, non le sembrava comunque abbastanza. Sentiva come se tenesse tutto dentro di sé, senza mai poter sfogare nemmeno un minimo di quelle emozioni, e non osava immaginare il momento in cui sarebbe giunta al limite e, di conseguenza, in cui sarebbe scoppiata. Non poté fare a meno di notare la reazione del compagno di Casata, non appena ella sfilò quella mano dalla sua. Uno sguardo completamente confuso e pieno di dubbi, fissava quel palmo in modo estremamente interrogativo. Fu lì che Sophie ebbe la certezza di quanto quel gesto fosse stato avventato ed istintivo. Sorrise maliziosamente, mentre lo guardava. - Che c'è? Hai perso anche il controllo del tuo corpo? Rimase con la schiena attaccata a quella colonna di legno, e solo dopo che egli si avvicinò ulteriormente attraverso quei due passi continuò, senza scomporsi minimamente: - Ti faccio questo effetto, Sullivan? - Quello sguardo malizioso e soddisfatto avrebbe raggiunto gli occhi di lui: avrebbe voluto togliergli quell'aria strafottente dalla faccia, e ci sarebbe riuscita. Doveva cambiare metodo e metterlo in difficoltà, solo in quel modo, forse, sarebbe riuscita a calmare i suoi bollenti spiriti. O li avrebbe fatti agitare ancora di più. Ascoltò le sue successive parole in silenzio, continuando a guardarlo da quel punto, dopo aver intrecciato le braccia sotto il petto. Osservava ogni singolo movimento delle sue labbra mentre erano impegnate a parlare, alternando lo sguardo tra le mani ormai finite nelle sue tasche, ed i piedi che si apprestavano ad avvicinarsi ancora di più a lei. Fu costretta a guardarlo dall'alto, la punta illuminata della bacchetta era rivolta verso la sua destra, ma riusciva comunque a far brillare gli occhi chiari dei due.- Ti guardo perché sei la Perfezione. - E neppure in quel momento riuscì a scomporsi. Rimase in quella posizione di superiorità, non avrebbe staccato lo sguardo dai suoi occhi neppure per un attimo. Doveva metterlo in difficoltà, quella era la sua prerogativa in quel momento. Poi, quella domanda, giunta come un fiume in piena, una bomba atomica, un uragano impazzito, così, improvvisamente. Aveva coraggio da vendere, su questo non v'era dubbio. Nonostante avesse udito le voci sul suo conto, quel piccolo ed ingrato ragazzino aveva avuto il coraggio di porsi a lei in quel modo, ma non si innervosì affatto, non v'era nessuna differenza con il modo di fare che aveva lei alla sua età. Sorrise di gusto, di nuovo, poi fece scendere le braccia lungo i suoi fianchi, piegò di poco la schiena in avanti, insieme alle gambe, per ritrovarsi alla stessa altezza di lui, faccia a faccia. - Pensi che sia così semplice strapparmi le parole dalla bocca, Elijah? - Il tono della voce si abbassò ulteriormente nel pronunciare le ultime due parole. Non era necessario urlare, non in quella posizione, nonostante la pioggia continuasse a battere incessantemente sul tetto debole della Stamberga Strillante. Rimase in quella posizione, senza far sparire quel sorriso stampato sul viso. - Mi dispiace deluderti, ma quel cassetto dovrai riempirlo da solo. -
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Elijah Matthew Sullivan
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*



- Che c'è? Hai perso anche il controllo del tuo corpo?
- Ti faccio questo effetto, Sullivan?

Elijah la guardò un attimo strizzando gli occhi, poi sorrise sollevando leggermente il mento verso l’alto.

- Beh, ho avuto l’impressione di non essere stato il solo, Armstrong.

Si, lui le aveva preso la mano, ma lei di rimando l’aveva stretta al primo tuono che aveva fatto “Boo” e, diciamolo, la Prefetto non era certo il tipo che se la faceva sotto per uno strilletto di Madre Natura.

Continuava a guardarlo con quell’espressione impassibile, come se nulla potesse intaccare la sua armatura. Elijah sapeva benissimo che non era così, capiva perfettamente il suo modo di fare, lo conosceva.
La vide abbandonare la posizione eretta per abbassarsi verso di lui...vicino...vicino ...vicino...più vicino. Oh mio Dio!! Ma sul serio gli aveva piazzato il viso davanti al suo in quel modo? Come se fosse la cosa più normale del mondo. Elijah si ritrovò a trattenere il respiro per un piccolissimo istante.

- Pensi che sia così semplice strapparmi le parole dalla bocca, Elijah?

Il tono della voce di Sophie era sceso ancora, così caldo, così provocante. Stava facendo la gatta con lui, cosa che lui avrebbe ritenuto del tutto impossibile fino a qualche minuto prima. Il giovane Serpeverde notò ogni piccolo particolare di quella frase. Come lei avesse accarezzato la parola “bocca” ed il suo nome. Si, non l’aveva più chiamato Sullivan, ma Elijah.
Lo stava provocando, cercando di fargli credere quello che non era, dandogli in pasto l’idea che lei fosse una di cui avere paura. Lui di paura non ne aveva nemmeno un briciolo.
Lei stava giocando con lui al gatto con il topo. Il problema era che non erano un gatto e un topolino, ma due gatti con gli artigli già fuori.
Si avvicinò di più, schiacciando leggermente il naso su quello perfetto di lei. Quel sorriso strafottente sempre stampato sul viso.

- Spero non lo sia, Sophie. Le cose semplici non mi sono mai piaciute, sono banali.

Ad ogni parola che pronunciava, le labbra di Elijah si muovevano poco distanti da quelle di Sophie. Lui non abbassò mai gli occhi, ma li tenne decisi in quelli chiari di lei, illuminati dalla luce della bacchetta.
Fece esattamente quello che si era ripromesso di fare, le sue mani restarono saldamente nelle tasche.
Sentiva il respiro della Serpeverde accarezzargli il labbro superiore, il suo cuore che batteva come un dannato, quasi incredulo della situazione che si era venuta a creare. Tutto avrebbe potuto augurarsi per quel pomeriggio, certo non una cosa del genere.
Erano talmente attaccati che riusciva a percepire benissimo il suo profumo...un qualcosa di sublime che era in grado di irretire i sensi. Il suo labbro si sollevò a sinistra in un ghigno sempre più compiaciuto, ma non si allontanò un millimetro da dove si trovava.

-Mi dispiace deluderti, ma quel cassetto dovrai riempirlo da solo. -

I suoi occhi si abbassarono solo un decimo di secondo per guardare da vicino le labbra carnose di Sophie, prima di tornare sui suoi occhi magnetici. Sembrava che lo chiamassero, che urlassero il suo nome.
In libreria a Londra era stato a millimetri dal baciare Alice, ma poi si era tirato indietro e non riusciva a capire il perché. Ci aveva rimuginato un sacco cercando di convincersi che non si era tirato indietro perchè quella cosa lo spaventasse.
Ora si trovava a pochi millimetri dalle labbra di Sophie, eppure non c’era un briciolo di paura dentro di lui, solo emozioni forti e trascinanti.
Quelle due ragazze avevano su di lui degli effetti completamente diversi, ma ugualmente intesi.

Lei non aveva risposto alla domanda che le aveva fatto. Non gli aveva detto perché lo guardava lei in quel modo. Cosa stava cercando? Cosa voleva capire di lui?
No, non aveva risposto perché la cattivissima, a detta degli altri, Prefetto di Serpeverde era in difficoltà davanti ad un ragazzino di undici anni, e senza nessuno che gettasse la spugna o che distraesse l’avversario. Quel suo eludere la domanda, era per lui un chiaro indizio.
Elijah era un po' come lei, difficilissimo da leggere e facile allo stesso tempo. Bastava solo avere la volontà e la pazienza di farlo. Una cosa che gli era piuttosto chiara era che la Armstrong stava cercando di metterlo in difficoltà per evitare che lui mettesse in difficoltà lei.
Quella cosa lo divertiva da matti, era come nuotare in una piscina di morbido cioccolato fondente, una vera delizia e lei era i pezzettini di fragole.

Gli occhi erano saldati a quelli della sua Prefetto e il ghigno del Serpeverde era ben visibile alla luce della bacchetta. Elijah avvicinò di più le labbra a quelle di Sophie, le avvicinò semplicemente, senza spingerle in fuori, senza socchiuderle, solo pochi millimetri le separavano. Le avvicinò esattamente come aveva fatto prima con il naso, guardandola, sfidandola con i suoi occhi azzurri.
Mosse le labbra, ma solo per parlare, e, mentre lo faceva, quelle pattinavano tranquille su quelle di Sophie.
Non la baciò, le accarezzò le labbra con le sue.
Non la baciò perché era esattamente quello che lei gli stava servendo su un piatto d’argento.
Le piaceva giocare? Fantastico ! Piaceva un casino anche a lui...allora giochiamo!
Fu solo uno sfiorarsi, durante il quale le sussurrò - Peccato...non sai cosa ti perdi...


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view post Posted on 26/9/2017, 21:13
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Se c'era una cosa di cui era convinta era che quella situazione era completamente sfuggita di mano. Per quanto quell'ingrato ragazzino potesse apparire sveglio e assolutamente bello, non gli avrebbe permesso per alcun motivo al mondo di provarci con lei in quel modo. Sophie, si sapeva, era una provocatrice nata, con quei gesti avrebbe semplicemente voluto fargli vedere che, con lei, non bisognava scherzare affatto. Chi l'avrebbe mai detto che un cavolo di ragazzino avesse avuto il coraggio di tenerle testa? Era fin troppo simile a lei, i modi di fare erano pressoché identici, gli sguardi, i sorrisi, i movimenti... Eppure c'era tra di loro un'incolmabile distanza. Lei lo aveva provocato, sì, ma chi non era mai stato vittima delle provocazioni di Sophie? Continuò a guardarlo con quell'aria di superiorità, che d'altronde era reale: lei era il Prefetto della sua Casata, aveva ben sei anni in più rispetto a lui, e l'unica cosa che avrebbe potuto fare è portarle rispetto. Grosso modo lo stava facendo, fino a quando lui non approfittò di quella breve distanza tra i due per sfiorare le sue labbra. Cosa gli era venuto in mente? Veramente non era riuscito a controllarsi, a soli undici anni? Veramente aveva visto la provocazione di Sophie come un invito ad avvicinarsi ulteriormente alla sua bocca? Non lo biasimava del tutto, d'altronde lei aveva fatto di tutto per metterlo in difficoltà, ma non era riuscita nel suo intento. Aveva dovuto accompagnare diversi primini ad Hogsmeade, ma nessuno era mai stato sfacciato come Elijah Sullivan. Si sarebbe immaginato di tutto, durante tutti quegli anni trascorsi ad occupare la carica di Prefetto, ma mai avrebbe immaginato che un ragazzino potesse arrivare fino a quel punto. Elijah ci sapeva fare, doveva ammetterlo, forse era fin troppo precoce per la sua età, ma non poteva permettergli di dargliela vinta. Forse ci sarebbe riuscito con una sua coetanea, ma non con lei. Chi credeva di essere? Come osava utilizzare quell'atteggiamento con lei? Subito dopo aver sentito il tocco delle labbra di lei contro le sue, Sophie alzò nuovamente il busto, di scatto, ed un improvviso colpo di rabbia la pervase. Istintivamente, alzò il braccio sinistro - l'unico libero, considerando che la destra manteneva ancora la bacchetta -, e con un movimento deciso e secco, la mano si avvicinò violentemente alla sua guancia, regalandogli quello che sarebbe stato uno schiaffo colmo di ira. Nessuno si era mai permesso di sfiorare una parte del corpo di Sophie Armstrong, e di certo non ci sarebbe riuscito proprio lui. Subito dopo, avrebbe indietreggiato di pochi passi, mentre il braccio destro si tendeva in sua direzione, puntandogli la bacchetta contro, la cui punta avrebbe affondato la pelle sotto il suo mento. - Non osare più toccarmi, Sullivan, o non mi limiterò più ad un piccolo schiaffo. -
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Elijah Matthew Sullivan
view post Posted on 28/9/2017, 10:36





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Elijah Sullivan
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Q
uando quelle cinque dita atterrarono sulla guancia, fecero lo stesso effetto di un pugno alla bocca dello stomaco. La forza dello schiaffo lo fece arrivare contro la parete alle sue spalle e Elijah iniziò a scivolare con la schiena contro di essa, fino ad arrivare seduto sul pavimento della Stamberga Strillante.

La rabbia ed il risentimento rimestolavano nel suo stomaco come una pozione venuta male, dandogli un senso di malessere diffuso. Le ragazze non le capiva e probabilmente non le avrebbe mai capite.
In qualunque modo si comportasse, era sempre lui a sbagliare e a pagarne le conseguenze.
Con Alice era stato un Cavaliere, l’aveva difesa dalle pretese senza senso di un Tassorosso, brutto e sgraziato. Non aveva nemmeno usato la violenza e cercato di rimetterlo nei ranghi solo con delle innocue minacce verbali. In cambio cosa aveva ottenuto? Una scenata in Biblioteca in cui gli aveva detto che era stato cattivo. No...Grazie, Elijah, sei stato gentile a preoccuparti per me...No! Solo ...Non mi serve!...Solo...Non era affar tuo e non era importante.
Avrebbe dovuto fare a quel Tasso un bell’agguato nel bagno, come in realtà voleva, almeno si sarebbe sentito appagato. Ora invece non era appagato ma anche parecchio alterato.

Situazione inversa. Una ragazza più grande di lui, bella come il sole, si avvicina e lo provoca. Gli piazza il viso davanti vicinissimo e lo provoca, e lo fa in quel modo, in un certo modo. Si, lo fa come per incitarlo a fare qualcosa di non richiesto, come se volesse vedere se lui avesse il fegato di andare oltre. Elijah non lo aveva fatto, perché...boh, perché non lo sapeva nemmeno lui. Elijah quel bacio sulle labbra non gliel’aveva dato forse per mille motivi e per nessuno, forse perché non era ancora pronto, forse perché quella era una cosa troppo grande per lui. Era però stato al suo gioco, rispondendo alla provocazione con una provocazione. Ed ecco che la cosa non andava più bene e lui ora non capiva più. Se quello non era un gioco tra loro o una provocazione, allora che cos’era? Ma che cavolo voleva la Armstrong avvicinandosi così al suo viso con il suo?

- Non osare più toccarmi, Sullivan, o non mi limiterò più ad un piccolo schiaffo.

Sentiva i polmoni che pulsavano forte all’altezza del diaframma, facendoglielo vibrare di una furia incontrollata. Gli schiaffi no, gli schiaffi non li tollerava. Poteva sopportare tutto...i pugni, i calci, tutto ! Ma gli schiaffi proprio No! Quello era il marchio di fabbrica di Esther Montague.
Era sua madre quella che era solita comunicargli il suo disappunto a suon di schiaffi, e quello era sempre e comunque il male minore. Elijah già non tollerava più gli schiaffi di sua madre, e per questo aveva imparato a prevederli ed eluderli abbastanza bene. Ora lo schiaffo arrivava da una donna che non era sua madre, una ragazza con mille doti nascoste che lei cercava in ogni modo di nascondere. Anche quello schiaffo era un modo per farlo, ma non lo faceva arrabbiare di meno.

Non tornò a guardarla negli occhi, aveva troppa furia dentro ed era certissimo che lei ne avrebbe colto ogni più piccola sfumatura. Quella rabbia in quel momento era solo sua, era un malessere che si portava dentro da quando aveva iniziato a camminare, ed ora si riproponeva in un momento del tutto inaspettato. Faceva schifosamente male, ma non per la situazione in se stessa, per tutto il carico emotivo che si portava dietro.

Il temporale fuori dalla Stamberga si stava scatenando che sembrava volesse venire giù il cielo, ma non era nulla in confronto ai fulmini che squarciavano la mente di Elijah.
Doveva fare qualcosa, doveva calmarsi.
Istintivamente infilò la mano in tasca e tirò fuori la pergamena che teneva nascosta lì dentro. Se non ricordava male c’era anche una matita...Si! C’era!
Spiegò il foglio e se l’appoggiò sulle cosce, spostando i piedi verso l’esterno in direzione orizzontale, così da potersi appoggiare meglio.
Iniziò a disegnare e, come spesso succedeva, non prese subito consapevolezza del suo disegno.
Sollevò gli occhi solo un paio di volte all’indirizzo della Prefetto, per poi abbassarli immediatamente. Era troppo concentrato su quello che stava facendo.
Regnava un silenzio di tomba, a parte i tuoni che ululavano al di fuori.
C'era poca luce, ma riusciva a vederci il giusto sufficiente.
Dopo circa mezz’ora aveva finito. Lo firmò come era suo solito, Elijah firmava sempre quello che disegnava. Si infilò di nuovo la matita in tasca, con la massima calma, ed incrociò la gambe per potersi sedere in posizione eretta.
Appoggiò il foglio sul pavimento senza dire una parola e iniziò a spingerlo verso Sophie con la punta di indice e medio.
- Mi perdoni? - solo in quel momento i suoi occhi chiari tornarono a cercare con decisione quelli della Serpeverde. Non c’era strafottenza in quel momento. Non c’era paura, risentimento, e nemmeno pentimento, dato che quella cosa non l’aveva fatta lui solo. C’era solo una cosa, la determinazione.







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