A Cursed Day, Privata.

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view post Posted on 18/9/2017, 21:58
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You can take the darkness out of the man, but you can't force him to step into the light.

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Venerdì pomeriggio e tutta l'intenzione di chiudersi in Biblioteca per iniziare al meglio il nuovo anno scolastico. Che cosa poteva andare storto, in fondo? Quella stessa mattina si era rovesciata sull'uniforme il tè bollente, lasciando che la tazza di ceramica si frantumasse sul pavimento di pietra della Sala Grande, sotto lo sguardo di ben più di qualche Tassorosso basito. Nonostante le imprecazioni sopraggiunte alla memoria della sedicenne, nessuna di esse trovò reale espressione; mordendosi la lingua - e non solo metaforicamente - la giovane si era prodigata per riportare la pace alla tavolata e, perché no, ultimare ciò che restava della colazione. Dopo aver rimesso insieme ciascun pezzetto di ceramica ed aver pulito ed asciugato l'uniforme, aveva bandito Clio - la sua civetta e causa di ogni male - dalla tavolata imbandita, rimproverando le ragazzine del primo anno che sembravano averla presa in simpatia e le facevano dono di qualche fetta di pancetta abbrustolita senza il suo consenso. Senza aver ultimato la colazione, si era diretta a Rune Antiche, sperando di distrarsi con i glifi che tanto l'avevano appassionata e rapita in precedenza; giunta al terzo piano però, un gruppo di Grifondoro del quinto o del sesto anno l'aveva travolta, correndo in direzione della Sala d'Ingresso; sembrava fossero in procinto di affermare i propri diritti di passaggio sulla scalinata, quando, in un gesto di stizza, la Tassorosso aveva gonfiato il petto come un tacchino infuriato e la Spilla da Prefetto aveva brillato della luce del mattino, filtrata attraverso i vetri colorati delle finestre. I tre, inorriditi, erano fuggiti via senza aggiungere altro se non qualche distratta richiesta di perdono.
Stringendo i pugni, aveva sbuffato pesantemente, per procedere poi con passo cadenzato e, apparentemente, minaccioso.
La giornata, poi, non migliorò affatto. A causa del pranzo saltato per sistemare i nuovi appunti di Rune, aveva trascorso l'intera ora di Difesa a nascondere i brontolii del proprio stomaco, sperando che Midnight non si accorgesse del concerto indesiderato che aveva deciso di organizzare in quelle prime ore del pomeriggio.
Giunta a quel punto, insomma, non si sarebbe stupita di inciampare su una buccia spuntata sul pavimento da chissà dove o di scontrarsi direttamente con la Preside in persona. Ad un occhio indiscreto, il suo atteggiamento sarebbe parso quanto meno guardingo e, per certi versi, minaccioso. Chiunque entrasse nel suo campo visivo, infatti, rischiava la fulminazione istantanea e, nemmeno a farlo di proposito, quell'occhiataccia toccò anche a Fiona, sua sorella, di ritorno alla Sala Comune situata sulla Torre di Astronomia. La quattordicenne l'aveva superata in silenzio, conscia che se avesse aperto bocca anche solo per salutarla avrebbe rischiato il linciaggio immediato.
Tuttavia, il meglio sarebbe arrivato solamente qualche momento più tardi, quando lo scontro fisico con qualcuno avvenne davvero, sulla soglia della Biblioteca ed una macchia d'inchiostro, nero come la pece, si allargava sul tessuto della sua uniforme, fondendosi con il suo colore scuro. Qualche schizzo, per giunta, aveva raggiunto la sua Spilla, contaminandola di fastidiose goccioline nere, mentre il suono di vetri infranti risuonava famigliare ai suoi piedi. Inspirò profondamente, senza profferir parola, mentre un singolo pensiero trovava il modo di tormentarla: quel giorno doveva proprio essere maledetto.

 
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view post Posted on 20/9/2017, 20:01
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I pensieri erano riusciti ad arrendersi, la testa non le faceva più male e le spalle poggiate allo schienale della sedia, si erano rilassate. Sembrava come se fossero diventate un tutt’uno con il cuscino morbido che le premeva dietro le scapole. Ce l’aveva fatta, aveva trovato un po’ di pace in mezzo al caos che nella sua testa di era fatto largo, senza chiedere il permesso, senza alcuna misura. Due ore o forse tre, erano passate da quando aveva varcato la soglia della Biblioteca, l’unico posto che aveva così tanto desiderato in quella giornata così impegnativa. Ormai il pomeriggio aveva aperto le sue porte e lo sguardo volto sul grande orologio appeso alla parete, la portò a realizzare che la giornata stesse giungendo al termine e ad auspicare che forse l’indomani sarebbe stato diverso, migliore. Da giorni a questa parte, aveva iniziato a sentirsi schiacciata dalle mille ansie che le erano piombate addosso all’improvviso, come una pioggia dopo mesi di siccità, inaspettata e pericolosa. Si sentiva pericolosa, instabile e confusa, il peso delle responsabilità, tornata ad Hogwarts, l’avevano colta impreparata: troppe cose da fare, troppi punti da seguire e da rispettare sulla sua lunga lista di promesse da mantenere a se stessa e agli altri. Il peso che si portava dietro lo aveva voluto lei. Lei si era messa fretta. Lei aveva piantato dei paletti che doveva togliere uno ad uno in un determinato ordine cronologico, basato su una linea che lei stessa aveva creato. Aveva perso del tempo lo scorso anno ed ecco che cosa era successo. Aveva rimandato le cose che non le suscitavano interesse, dando la precedenza a quelle per cui invece lo nutriva, giustificando se stessa con un “si poi lo farò!” e ritrovandosi poi ad affrontare il tutto senza aver modo di riuscire a superarlo psicologicamente. Odiava quel maledetto lato del suo carattere, lo avrebbe voluto strappare con tutte le sue forze e gettarlo il più lontano possibile. A tutto questo non avevano tardato ad arrivare le paure. La paura di deludere la sua famiglia che da lei si aspettava grandi cose. La paura di pentirsi e di non dare il massimo, di non essere all’altezza dei suoi poteri. Non aveva mai provato tutto questo, era in un tunnel dove riusciva a vedere la luce, ma che non arrivava mai a raggiungere, nonostante cercava di avvicinarsi con tutte le sue forze. Eppure era sempre stata brava a gestire ogni cosa le passasse sotto mano senza battere ciglio, ma adesso? Adesso sembrava così difficile. Dopotutto era solo un periodo della sua vita, lo avevano affrontato tutti alla sua età. Lei era consapevole che prima o poi sarebbe riuscita a scrollarsi via tutto da dosso, ma in quel momento non esistevano ragioni, per ciò che sentiva dentro, e tutto le sembrava così complicato da risolvere. Dopo aver scritto gli ultimi appunti sulla pergamena, con cura ripose i libri e prima di andare, afferrò la boccetta d’inchiostro, la piuma e tutti gli appunti presi, sulle gialle pergamene, per i compiti che avrebbe dovuto portare alla professoressa Pompadour l’indomani a lezione. Con un’andatura lenta e attenta, stringeva il tutto fra le braccia tenendo la boccetta ben lontana dalla sua divisa, non avrebbe voluto di certo macchiarla. Aveva attraversato l’intera biblioteca e aveva fatto attenzione ad ogni minimo particolare, evitando libri, fogli e altri vari oggetti posti sul pavimento. Era riuscita ad evitare di prendere anche una scala in pieno, ce l’aveva fatta! Il passo andava via via aumentando man mano che si avvicinava alla porta, sembrava che la goffaggine quel giorno l’avesse risparmiata, così aveva acquistato sicurezza e senza distogliere lo sguardo dal pavimento era ormai arrivata all’uscita. Varcata la soglia, tutto ciò per cui aveva faticato andò a rotoli, completamente. Lo scontro con una ragazza dai lunghi capelli rossi la fece quasi cadere a terra, le sue pergamene volarono sul pavimento e la boccetta d’inchiostro che stringeva fra le mani cadde rompendosi in mille pezzi.
-“Ma che…!”- alzando lo sguardo non poté non notare il viso della giovane, cupo e sull’orlo di una crisi di nervi; la sua divisa era macchiata d’inchiostro, una chiazza si era fatta largo sul tessuto e sembrava, man mano che la guardava, sempre di più espandersi. Il colpo di grazia lo ricevette quando capì chi fosse la giovane, notò la spilla che portava in petto e i colori giallo e nero ad evidenziare la provenienza. Un prefetto Tassorosso. Bene, la giornata sembrava aver ripreso a tormentarla. Non ne poteva proprio più.
-“Scusami davvero tanto!”- le sorrise con gentilezza, l’imbarazzo aveva colorato le sue gote e la voce aveva iniziato a tremarle dal nervoso. In quel momento se avesse avuto la possibilità di scavarsi una buca profonda e sconfinare all'inferno, lo avrebbe fatto. I guai, effettivamente, mancavano all'appello e non sarebbe rimasta stupita se ci si fosse ritrovata nel mezzo.

 
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view post Posted on 25/9/2017, 16:17
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Estraniarsi da quella situazione, rinunciando ad una collera motivata e, forse, non del tutto lecita non l'avrebbe aiutata a superare quel primo tragico impatto con la realtà. Istintivamente, non appena percepito l'urto con un corpo solido dalle fattezze umane, aveva chiuso le palpebre; da lì a captare il distacco tra lei e l'ostacolo e l'espandersi della macchia sulla veste - appiccicata al corpo dalla vischiosità dell'inchiostro - e qualche piccola gocciolina della stessa sostanza sulla pelle candida del collo, impiegò meno di un'istante.
Per un secondo il suo cuore saltò un battito, mentre tratteneva il respiro con le labbra serrate in un'espressione di disappunto. Sarebbe stato lecito prendersela con una sprovveduta: in fondo, chi mai si sarebbe aggirato per i corridoi del castello con una boccetta d'inchiostro - magari aperta - tra le mani? D'altro canto, il suo braccio teso col palmo della mano poggiato sullo stipite della porta della biblioteca, raccontava una storia diversa ed altrettanto colpevole per quel misfatto.
Come al solito, del resto, si era diretta in Biblioteca con la convinzione che nessuno si sarebbe frapposto tra lei ed il suo obiettivo - nello specifico, trovare pace e solitudine in un angolo remoto di quel luogo - dando per scontato, quasi, che nessuno a quell'ora sarebbe uscito di gran carriera da quella stanza. Dunque, di chi poteva essere la colpa se non, come di fatto era, anche sua?
Udì la voce della ragazzina come un pigolio confuso, immaginando solamente le parole che la giovane studentessa - a giudicare dal timbro vocale - potesse aver pronunciato in propria difesa.
La mano abbandonò la solida superficie di pietra, mentre l'indice si sollevava ad intimare il silenzio della ragazzina. Non avrebbe scaricato su di lei la propria frustrazione, di certo non sarebbe stato degno del suo ruolo, né del suo buon carattere, ma le serviva ancora qualche istante di raccoglimento, prima di ammettere di aver torto tanto quanto la giovane in questione.
Con estrema calma e solennità, facilmente scambiabili per un atteggiamento minaccioso, la Tassorosso riportò il braccio lungo il fianco, aprendo prima la palpebra destra e poi la sinistra, vedendo davvero - per la prima volta - chi le avesse versato addosso l'intero contenuto della boccetta d'inchiostro.
Esaminò con cura il suo viso ed i suoi occhi, con un'espressione mista tra lo spavento e l'imbarazzo, che vagavano sulla sua uniforme sporca - forse irrimediabilmente - iniziando a capire quale fosse il vero danno, al di fuori del visibile.

«Non preoccuparti.»
Pronunciò quella frase senza rendersene davvero conto. Era così abituata, ormai, a far rispettare le regole e ad abbonare qualche sciocca mancanza, da non avere la reale intenzione, quel giorno, di abusare del potere derivato dal proprio ruolo.
Nella sua mente, del resto, rimbalzava un concetto piuttosto semplice.
*Non è giusto. Non è corretto. Non è saggio.* D'altro canto, doveva ricordarselo, la colpa non era soltanto della ragazzina. O così, almeno, doveva risolversi a pensare.
«Non è nulla di grave.» aggiunse poco dopo, sfiorandosi il collo con le dita della mano sinistra. I polpastrelli si tinsero immediatamente di blu - o forse era nero? - mettendo in evidenza le sottili linee delle sue impronte.
Non le sarebbe rimasto altro da fare se non sospirare, preparandosi a far di tutto, quella stessa sera, affinché l'uniforme tornasse intonsa entro la settimana successiva.

 
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view post Posted on 30/9/2017, 08:08
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Osservava con attenzione la giovane ragazza che, di fronte a lei, realizzava l’accaduto. I movimenti della Tassorosso erano pazienti ma, nonostante lo sforzo nel mascherare la sua irritazione, era chiaro, agli occhi di Megan, quanto stesse trattenendo il suo impeto; la preoccupazione salì, certa che, di lì a poco avrebbe dovuto risponderne. Così il suo lato incline a non accettare rimproveri avrebbe prevalso, portando sicuramente a spiacevoli risposte. Conosceva bene quella parte di sé e non la sopportava affatto, malgrado la consapevolezza che il rimanere in silenzio, a volte, era la cosa più giusta da fare.
Quando sentì la prefetta articolare parole gentili, non poté che buttare fuori di getto un sospiro di sollievo: rilassò le spalle e raccolse le pergamene a terra, fortunatamente illese dall’ondata di inchiostro nero, che a macchie aveva imbrattato il suolo.
In quel momento tutte le sue preoccupazioni svanirono parzialmente, lasciando spazio a parole di redenzione –“Guarda non so dove ho la testa ultimamente...”- affermò con un velo di imbarazzo, poi con un “Reparo” e un “Gratta e Netta”, recuperò una parte dei danni fatti: i quattro frammenti di vetro ricomposero la boccetta d’inchiostro a mestiere e il pavimento tornò pulito senza lasciare nessuna chiazza scura ad imbrattare.
-“Se posso fare qualcosa per la tua divisa lo farò, non mi ero praticamente accorta che avevo lasciato aperta la boccetta!”- esordì alzando gli occhi al cielo, poi tornò a guardare la ragazza dai capelli rosso rame –“Comunque piacere… Megan, primo anno, Corvonero!”- si presentò con educazione e le sorrise garbatamente.
Cercava di scrollare via in ogni modo la sottile difficoltà che continuava a tenerla in pugno e quello stato le pesava, come le pesava il fatto di dover dialogare forzatamente, quando l’unica cosa che avrebbe voluto fare in quell’istante era fuggire; si sentiva come un pesciolino rosso intrappolato in una di quelle buste di plastica asfissianti, non voleva essere gettata dentro ad un vaso di vetro e rimanere intrappolata al suo interno. Sebbene la cordialità non l’abbandonasse mai, quel giorno poteva sentire il peso di ogni parola che usciva fuori dalle sue labbra e lo sforzo nel riuscire a mantenere una postura impeccabile; doveva sorridere, essere gentile ed educata e non poteva fare diversamente d’altronde, davanti a lei non aveva una studentessa qualunque, aveva l'obbligo di porre una particolare attenzione a ciò che faceva e a come lo faceva. Tirò fuori, così, le sue migliori armi di finzione decisa ad assecondare qualsiasi movimento della sua interlocutrice, fino a che le sarebbe stato concesso o fino a che le sarebbe riuscito.
*durerà poco, si dai durerà poco*
-“Ero qui per divagare un po’, stavo appunto preparando la lezione di Pozioni… credo che sia un posto meraviglioso la biblioteca puoi sempre ritrovarti in qualche scritto!”- aggiunse, cercando di spostare l’attenzione su altro. Il fine era quello di poter sgattaiolare fuori da quella condizione nella maniera più semplice, senza creare spiacevoli situazioni: avrebbe voluto fare il suo e poi salutare con gratitudine, proseguendo il suo cammino.
Fino a quel momento sembrava stesse sulla buona strada: si era scusata, presentata, aggiunto un argomento di svago e ora? Bisognava trovare un modo per uscire di scena con classe.



 
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view post Posted on 7/10/2017, 15:18
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Perfezione: non esisteva una parola migliore al mondo, eppure, si trattava di un obiettivo terribilmente complesso da raggiungere e conteneva in sé una promessa difficile da mantenere. Per anni le era stato insegnato di presentarsi agli estranei in uno stile decoroso, che lasciasse chi l'osservava senza il minimo dubbio che potesse esistere, in qualche modo, una traccia di imperfezione nei suoi abiti, nei suoi modi e, persino, nelle sue azioni. Si era promessa di essere la miglior studentessa del proprio anno, un primato raggiunto e disatteso a fasi alterne; si era imposta di essere una buona sorella maggiore, ma c'era sempre qualcosa che sfuggiva al suo controllo in maniera irrimediabile; aveva giurato di essere un buon Prefetto, di utilizzare saggiamente la propria influenza per migliorare il contesto scolastico nel quale si muoveva con estrema attenzione ed umiltà. Certo, per arrivare alla piena consapevolezza del proprio ruolo, aveva dovuto obbligatoriamente tenere a freno il suo istinto a prendersi gioco del prossimo senza offenderlo davvero, oltre a dover ridimensionare quella forma di superbia ereditata dalla madre. Si trattava di una ricerca continua, di un progresso costante - o così si augurava - proiettato al miglioramento della persona che avrebbe desiderato essere. Gli ostacoli, però, si frapponevano tra lei e quell'ambizioso progetto facendole capire un aspetto fondamentale dell'esistenza umana: la perfezione non esisteva. Si sarebbe potuta avvicinare ad essa, sfiorarla come le dita sfiorano una fiammella, ma non avrebbe mai potuto toccarla o afferrarla. Nessuno sano di mente avrebbe potuto.
Saggiava la sostanza viscosa sulle dita, strofinandole tra loro in circolo, mentre la ragazzina - una Corvonero - sembrava più interessata ad un soliloquio che ad una vera e propria conversazione. Era riuscita a cancellare dalla mente la sua presenza concentrandosi sull'inchiostro che le imbrattava le dita, sporcava la sua uniforme e macchiava la spilla appuntata sul suo petto, posizionata due dita sopra il cuore. Non aveva fatto molto caso al suo tentativo di pulire il pavimento con l'incantesimo sbagliato, sebbene qualche macchia - dovette ammetterlo - fosse sparita alla vista.
Primo anno. Registrò quell'informazione, soffermandosi solo in quel momento sui lineamenti dolci del volto della ragazzina. Forse era una compagna di dormitorio di Danielle. Per lei non faceva differenza: la Corvonero avrebbe potuto essere figlia della Preside in persona e non avrebbe ricevuto un trattamento di favore solamente in base alle sue conoscenze. Le sorrise, una smorfia stiracchiata e affatto incline alla cortesia, aggiungendo un cenno del capo per farle capire che, a dispetto delle apparenze, avesse ascoltato ogni singola parola da lei pronunciata.
Quella era una pessima giornata, senza dubbio, e niente avrebbe potuto cambiare il suo pessimo umore.

«Questa è la seconda volta che mi imbatto in studenti disattenti.» mormorò, dopo essersi schiarita la voce. Sfoderò velocemente la bacchetta di Salice, senza degnare di uno sguardo la ragazzina, chinandosi al pavimento ed immergendo la punta in una piccola pozza di inchiostro sfuggita alla vista della giovane.
«Tergeo.» questa volta, il timbro vocale della rossa suonò più deciso, seppur sussurrato; la bacchetta risucchiò il liquido rimasto e, una volta terminata l'operazione, avrebbe provveduto a sfilare la tonaca scura, macchiata solamente sulla sezione frontale, adagiandola sull'avambraccio sinistro ed adagiando la borsa a tracolla al pavimento. Ripeté l'operazione necessaria a togliere l'inchiostro finché la macchia non sembrò svanita del tutto.
«Dovreste proprio badare a dove mettete i piedi.» aggiunse con semplicità, osservando soddisfatta il risultato del proprio lavoro. Questa volta, il sorriso si allargò sul suo viso, illuminandolo di una luce ben diversa dalla precedente. Quanta soddisfazione si poteva provare nel constatare quanto le proprie arti fossero sviluppate e l'ego ripagato di ogni sacrificio?
A quel tentativo di conversazione, seguì un imbarazzante silenzio; la Tassorosso aveva indossato nuovamente la tonaca nera, sistemando il cappuccio dalla fodera gialla e riponendo la bacchetta nella tasca interna dell'uniforme. Ogni gesto, lento e calcolato, le era servito per mettere a tacere - per l'ennesima volta quel giorno - l'istinto di assalire la povera malcapitata.
Non aveva affatto problemi nel gestire la rabbia o le forti emozioni, anzi, ma anche l'individuo più paziente si sarebbe lasciato andare dopo una simile sequenza di eventi.

«Thalia Jane Moran.» annunciò solenne, issando sulla spalla destra la propria borsa «...e in Biblioteca di solito si studia. Non si divaga
*Commento tagliente, Moran.*
Sì, pensò, doveva decisamente lavorare di più sul proprio autocontrollo.
 
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view post Posted on 18/10/2017, 22:36
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Un velo di irritazione l’avvolse quando la Prefetta aveva evidenziato la sua poca attenzione. Aveva lasciato scorrere il primo appunto, guardandola con fare interrogativo, domandandosi quale problema avesse: poco prima le aveva detto di non preoccuparsi e poi? Ora?
Ora non le andava bene.
Respirò profondamente, lasciando scorrere pazientemente, ancora una volta, quelle parole lungo la schiena, se le fece scivolare addosso ignorandola; in fondo non le importava affatto cosa pensasse di lei.
Una calma apparente sembrava prendere posizione nella sua mente, aveva intenzione di dare retta ai buoni consigli che le erano stati dati sull’essere educata, paziente e gentile, ma quanto era difficile seguirli?
Ultimamente aveva scoperto dei lati di sé che avevano cambiato il suo modo di pensare, ed era sicura che la madre non approvasse affatto la sua “nuova” figlia. La pazienza le sfuggiva di mano con troppa facilità e la gentilezza a volte scivolava in fastidiosi punti di acidità che terminavano con qualche parola di troppo che doveva ammettere non le dispiaceva affatto; vedere le reazioni delle persone a quel suo nuovo modo di essere le dava la soddisfazione necessaria per continuare a farlo ancora e ancora.
Ad ogni modo era di fronte ad una figura importante e non poteva permettersi di cadere in errore, nonostante l’indifferenza più totale che provava in quel momento. Sapeva controllare se stessa anche se consapevole di avere un limite, che ancora poco conosceva.
-“Ah, quella Thalia…”- interruppe i suoi pensieri fissandola con curiosità, Danielle le aveva parlato molto di lei, la riteneva una delle sue migliori amiche –“lei deve essere l’amica stretta di Danielle, sbaglio?”- abbozzò un sorriso senza distogliere lo sguardo, fissarla era diventato il nuovo giochino per la giovane Corvonero, i suoi occhi verdi scrutavano ogni lineamento della sua interlocutrice e il suo sguardo indisponente, non volendo, parlava da sé; il tono formale, poi, era stato evidenziato in maniera provocatoria, le sembrava assurdo dare del lei ad una studentessa, che fosse prefetto o caposcuola.
-“Beh ha ragione ma, in questo caso, divagavo dalla solita routine studiando in Biblioteca!”- commentò dopo l’appunto che la ragazza ancora un volta le rivolse. Non era riuscita proprio a trattenere una risposta secca e coincisa. Il sorriso che aveva posto davanti a quella frase era sintetico, privo di ogni emozione. Non le piaceva affatto come la Tassorosso le si stava rivolgendo. Sentiva ogni muscolo del suo corpo irrigidirsi piano piano, quasi a trattenere una mossa troppo azzardata.
-“Ad ogni modo credo che le mie scuse siano state sufficienti o ha altro da dirmi?”- chiese mantenendo il tono basso e pacato, aveva ben chiaro che il suo limite non era poi tanto lontano e sebbene la voglia di rispondere a dovere non le mancasse, cercava con tutta se stessa di lasciar stare.
*lascia stare, non vale la pena per così poco*





 
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view post Posted on 25/10/2017, 20:02
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Lasciò che il suo sguardo vagasse sul volto della ragazzina, certa di aver scorto proprio quei lineamenti in qualche corridoio o, perfino, in Sala Grande. Nella stanza dalle pareti lunghe, arredata secondo uno stile piuttosto minimale - quattro lunghe tavolate disposte verticalmente ed una, in orizzontale e in posizione sopraelevata, riservata al corpo docenti - era raro, se non impossibile, riconoscere chiunque vi avesse messo piede. Lei stessa, spesso, non distingueva i ragazzini del primo anno che, timorosi, le sedevano accanto. Dunque, perché la sua mente aveva ricollegato quegli occhi cangianti - di una piacevole tonalità bluastra tendente al verde - e i morbidi capelli castani ad una figura nota? Forse, dopotutto, poteva averla vista davvero in compagnia di Danielle.
Un sorriso di cortesia si dispiegò al sentir pronunciare il proprio nome: non si trattava certo di superbia ed amor proprio, quanto più la conferma che, in fin dei conti, non fosse totalmente impazzita. Poteva aver visto la giovane Corvonero ovunque, persino alla Festa di Fine Anno; ma se sapeva già chi lei fosse, allora, dovevano avere qualche amicizia comune. Non ebbe dubbi di chi, tra i Corvonero, potesse aver parlato di lei. Il volto dell'amica ed il suo sorriso contagioso le balenarono in un attimo, allontanandola solamente per un istante dalla divertente scenetta alla quale, consapevolmente o meno, aveva dato inizio.
Probabilmente, Megan si sarebbe stupita di quanto sarebbe accaduto di lì a poco, ma l'incredibile utilizzo di quell'innaturale forma di cortesia non fece altro che sortire un effetto esageratamente ilare.
Una risata cristallina riempì l'aria circostante, talmente spontanea da costringerla a soffocare il proprio divertimento con il palmo della mano libera.

«P-per-perdonami. No-non volevo.» biascicò, cercando di ritrovare un contegno ormai perduto.
Difficile dire che cosa stesse accadendo all'interno della mente della ragazzina: probabilmente il desiderio di mandarla a gambe all'aria seduta stante doveva averle attraversato la mente più e più volte.

«Immaginavo che fossi un'amica di Danielle.» proseguì, schiarendosi educatamente la voce. Doveva esserle sembrata una vera maleducata, ma il sorriso che seguì quel breve momento ilare doveva servirle come segno di rammarico per la risata improvvisa «Sapevo di averti già vista da qualche parte.»
A giudicare dallo sguardo bieco, dai toni taglienti e dalle forme improprie, Megan doveva aver raggiunto il limite della propria pazienza. Bisognava ammettere, dunque, che fossero molte le ragioni per supporre la reale motivazione dell'amicizia tra le due Corvonero. Continuò a sorriderle, muovendo un passo in avanti.
Le due, ora, si fronteggiavano - occhi negli occhi - sebbene la Tassorosso superasse la Corvonero di qualche centimetro. Megan, tuttavia, appariva alterata al punto tale da sembrare più alta; incuterle del sano timore reverenziale, comprese, non sarebbe servito a nulla, ma di certo avrebbe reso più intrigante il primo incontro delle due.

«Non lo so se mi bastano.» mormorò a mezza voce, certa che l'altra avrebbe udito chiaramente ogni sillaba pronunciata di lì in avanti, ed abbozzando un sorriso sardonico «...ma potresti dirmi qualcosa di più sul tuo conto.»
Solo a quel punto si permise di retrocedere, continuando a mantenere quella smorfia di sadico divertimento sul volto; Megan era il genere di persona che - in una giornata come quella - avrebbe potuto rivelarsi un chiaro diversivo alla noia o, più semplicemente, un palliativo contro il disappunto accumulato sin dal primo mattino.
 
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view post Posted on 7/11/2017, 01:14
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Uno sguardo confuso si posò sulla giovane prefetta che con una risata cercò di interrompere il ghiaccio che si era creato, senza ottenere, forse, il risultato sperato; aveva alimentato lo stato di Megan che l'ascoltava solamente, considerando le parole udite: uno scorrere di frasi inutili e discolpanti.
La cosa che più infastidiva la Corvonero era quel cambio di umore repentino che giudicava folle; poco prima la rossa aveva cercato di intimorirla ed ora cercava in qualche modo di recuperare?
Assurdo.
-"Cosa dovrei perdonarti?" rispose fredda, senza battere ciglio; non aveva dato peso alle parole della Tassorosso, sentiva solo la fastidiosa risata, inopportuna, che continuava ad accompagnare il momento.
La osservava con sguardo accigliato, chiedendosi come mai quella ragazza che aveva davanti fosse tanto diversa da quella che Danielle le aveva descritto: gentile, dolce, tranquilla, premurosa e sorridente. Spesse volte si erano ritrovate a parlare nel dormitorio e il nome della prefetta saltava fuori ogni qualvolta le chiedeva un consiglio, informandola sul pensiero della ragazza e aspettando il suo, per poi metterli a confronto e decidere il da farsi.
Fino a quel momento era stata così curiosa di conoscere Thalia, perché era convinta di poter avere dei punti in comune con lei; in fondo per stare dietro a Danielle qualcosa doveva pur esserci ma, quell’idea d’incontro fantasticata era crollata lì, come un castello di carte dopo un soffio di vento in una giornata di calma piatta ed era quasi dispiaciuta di dover dare la triste notizia all’amica.

Ora erano una di fronte all’altra, gli occhi di Megan si incrociarono perfettamente con quelli grigio-azzurri della prefetta senza alcun timore; posò le pergamene nella tasca e incrociò le braccia ascoltando la risposta alla domanda che aveva fatto poco prima e sebbene non fu quella desiderata, continuò a mantenere una calma che non era più sicura d’esser così tanto trasparente.
Schiuse le labbra respirando profondamente palesando un mezzo sorriso, curvando la parte sinistra delle labbra con aria di sfida, poi parlò -“Comunque hai ragione potrei...”- liberò le braccia lasciandole sciolte lungo i fianchi -“...cosa ti interessa sapere?”- chiese allargando gli arti superiori e alzando le spalle; le stava concedendo una possibilità e sperava di non pentirsene.






 
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view post Posted on 8/11/2017, 17:26
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Di tutte le straordinarie avventure alle quali avesse potuto prender parte in vita sua, l’incontro con quella Corvonero, tale Megan, aveva scalato la classifica delle sue preferenze. La piccoletta, bisognava ammetterlo, possedeva un’indole affine alla sua: prima dell’avvento della famosa Spilla, anche lei - seppur rispettosa delle autorità - avrebbe risposto per le rime ad un Prefetto qualsiasi che si fosse permesso di sbeffeggiarla proprio in quel modo. Del resto, tuttavia, i momenti di svago e piacere si erano ridotti al minimo da quando il segno distintivo della nuova carica aveva trovato comodamente posto sul lato destro della sua uniforme nera. Così, pur essendo consapevole di quanto stesse abusando del proprio ruolo, aveva scelto di giocarsi quell’occasione appieno, senza oltrepassare i limiti imposti dall’etica nella quale credeva fermamente.
«...di averti praticamente riso in faccia, magari?» rispose, abbozzando un sorriso divertito. Ai suoi occhi, Megan appariva come una creatura riottosa, poco avvezza a rispettare l’autorità qualora credesse che la condotta di quest’ultima non coincidesse con la sua etica prettamente personale. Probabilmente, e riuscì a desumerlo dai suoi atteggiamenti e dalle risposte a tono, la ragazzina pensava di aver agito correttamente e di non aver motivo di incappare in qualsiasi punizione la mente della Tassorosso avrebbe potuto partorire.
Dal canto proprio, si sarebbe lasciata cullare nella beatitudine che la condizione della Corvonero aveva reso tanto evidente: gli occhi della ragazzina fiammeggiavano del desiderio di rivalsa, come se tutto ciò fosse possibile. Si rendeva conto, non senza un lieve senso di colpa, di aver riversato le sue frustrazioni peggiori su quella sconosciuta, eppure, il suo tono non aveva fatto altro che indurla a proseguire su quella strada, lasciandole considerare solamente una risoluzione canzonatoria. E non era nemmeno sicura che fosse una soluzione definitiva.
Soppesò per un istante l’idea di lasciarla andare, mentre la Corvonero studiava le proprie risposte con estrema cura per i particolari, ma fu proprio lei a darle il via libera per quello che sarebbe stato di certo un proseguimento interessante.

«Ciò che più desideri.» commentò, aumentando la distanza tra loro con un nuovo passo indietro. Il sorriso non smise di condire quello che, senza dubbio, era un nuovo tentativo di sollecitare l’impazienza della giovane. «Tendo a non porre limiti alla libertà d’espressione.» aggiunse in fretta, trattenendo a fatica una nuova risata sincera.
Sistemò meglio la borsa a tracolla sulla spalla, dopodiché le si affiancò, incitandola a seguirla con un cenno del capo. Non aveva intenzione di condurre quella specie di terzo grado in mezzo ad un corridoio qualunque. Poco più avanti, un chiostro desolato a quell’ora del giorno, avrebbe fatto al caso loro.


 
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A passo lento e deciso Megan seguì Thalia lungo i corridoi, sebbene trovasse quella situazione assurda e i modi della prefetta irrispettosi ed esagerati, si convinse che avrebbe, forse, potuto concederle una possibilità.
Entrambe camminavano l’una di fianco all’altra circondate da un silenzio piacevole che, diede il giusto tempo alla Corvonero di scrollare via la tensione accumulata precedentemente. Calmò, così, il nervosismo e, concedendo a quella strana conversazione l'interesse necessario, rispose alla domanda della sua interlocutrice.
“Dunque… sai, non sono abituata a parlare di me su mia iniziativa, preferisco sempre che mi vengano fatte delle domande ma, vista la tua curiosità, credo che possa accontentarti… ma non troppo!”- sorrise sincera concedendosi un attimo di pausa; era davvero difficile per lei potersi aprire verso le persone, solitamente preferiva ascoltare piuttosto che parlare di sé o perlomeno rispondere in maniera netta e precisa a ciò che le veniva chiesto, senza aggiungere altro. In quel momento la richiesta della prefetta parve spaventarla e l’agitazione si manifestò in pochi attimi. Cosa avrebbe dovuto dirle?
Afferrò i lunghi capelli bruni, spostandoli sul lato sinistro della spalla, mettendo in mostra i lineamenti delicati dai quali emerse un smorfia di esitazione, poi, prima di concedere qualche parola sul suo conto, respirò profondamente. –“Ho 15 anni e sono di Londra, più precisamente mi trovo in uno dei quartieri centrali della città, Lambeth. I miei genitori sono ex studenti della scuola ed entrambi purosangue.”- concluse e alzando le spalle proseguì –“Non sono una persona di tante parole come vedi, mi spiace deluderti!”- rise divertita per spezzare l’imbarazzo che l’aveva avvolta.
Effettivamente, non aveva nulla da raccontare, la sua vita aveva sempre mantenuto una linea dritta e di questo ne era sempre andata fiera: nessun problema, nessuna sofferenza, nessun cambiamento che ne alterasse la quotidianità. Una vera famiglia, per lei perfetta, di cui ne andava meravigliosamente fiera.
-“Tu invece non sembri affatto inglese...sbaglio?”- chiese cercando di scrollarsi da dosso quell’attenzione.






 
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view post Posted on 21/11/2017, 14:33
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Molti, tra gli studenti che percorrevano ogni giorno quei corridoi e salivano a fatica le numerose rampe di scale, ritenevano che Hogwarts fosse una tappa obbligatoria della propria vita, in cui l’istruzione alle più complesse arti magiche avrebbe rivestito il ruolo preponderante nelle loro esistenze, senza calcolare affatto l'importanza del contesto nel quale ogni giorno quella vita si sarebbe svolta. Infatti, oltre ai calderoni fumanti nelle aule dei sotterranei umidi, ai polverosi libri conservati in Biblioteca e ben aldilà della quotidiana lotta con le scale, a cui piaceva cambiare posa a ritmo piuttosto regolare, esisteva ben altro all'interno delle spesse mura del Castello: ogni lastra di pietra del pavimento, ogni arazzo o torcia sospesa, rivestiva per lei - e per i pochi altri che fossero in grado di riconoscerne la bellezza - un fascino senza tempo. Tra i cunicoli dei sotterranei, ad esempio, si celavano piccole nicchie, un tempo ospitanti statue o candelabri a pavimento - sostituiti dalle ben più comode torce a muro - e benché apparisse strano ai più, i piani alti ospitavano non solo aule ed uffici, ma anche piccoli angoli che la Tassorosso avrebbe definito “di paradiso”: chiostri dalla pianta quadrata e circondati da colonnati e muriccioli che garantivano una sorta di riservatezza a chiunque sostasse in quei luoghi per qualche minuto. Ogni colonnato conduceva ad un’ala diversa del Castello e solo in quel piccolo spazio aperto si poteva ammirare la bellezza del cielo, assaporando per un brevissimo istante la fresca aria pulita e la parvenza di libertà dal ritmo serrato che altro non era se non la vita dello studente medio.
Esisteva la bellezza ad Hogwarts, dunque, e non si trattava della scoperta di nozioni interessanti o del tutto inaspettate, quanto più degli individui che quotidianamente l’animavano in uno scenario senza paragoni. Lei stessa aveva vissuto in un maniero più simile ad un piccolo castello e, per quanto amasse la sua residenza a Cork, essa non poteva eguagliare Hogwarts e le emozioni che quest’ultima scaturiva nel suo animo ogniqualvolta avesse la fortuna di scoprirne un nuovo aspetto.

Di lì a poco, avrebbe condiviso con Megan una di quelle scoperte e si augurava che la ragazzina apprezzasse la neutralità del luogo scelto per il confronto finale. Non che avesse l'intenzione di abusare del proprio ascendente, ma era chiaro ad entrambe che l'aria - presto o tardi - si sarebbe riscaldata nuovamente; era meglio, quindi, che ciò avvenisse lontano dai punti nevralgici del Castello e che la Corvonero non percepisse quella presa di posizione da parte sua come un tentativo assennato di far perdere qualche punto alla Casa avversaria.
Del resto, il terzo grado alla quale l'aveva sottoposta, le sarebbe servito a mitigare le proprie reazioni. Analizzare ogni questione, sezionare fino all'ultimo livello possibile tutto ciò si ponesse dinnanzi a lei era una delle sue attività preferite. E benché se la cavasse discretamente bene nel comprendere la natura umana dei compagni incontrati sino a quel momento, Megan risultava ai suoi occhi come una sfida alla quale una Tassorosso tanto ambiziosa non avrebbe proprio potuto rinunciare.
A conti fatti, le piaceva il gioco pulito e Megan meritava il beneficio del dubbio di aver agito ingenuamente.

Rimase in religioso silenzio, procedendo accanto a Megan e ascoltando con cura le sue parole. Non ebbe bisogno di guardarla per capire che quello sciocco escamotage aveva sortito il proprio benefico effetto: la Corvonero era giunta ad un compromesso con la propria indole, quasi ribelle, e la Tassorosso stessa aveva avuto modo di valutare la situazione del gioco in corso secondo un punto di vista nettamente paziente, meno incline alla punizione che, senza dubbio, la giovane Megan si sarebbe aspettata.
Seppur con difficoltà, la ragazzina aveva sviscerato i punti salienti della propria vita, fornendole le classiche informazioni che, se disinteressata, avrebbe dimenticato nel giro di pochi minuti. Non le sfuggì quel dettaglio sulla sua famiglia e alla purezza di sangue, quasi a volerne certificare l’autenticità. I pregiudizi non facevano parte della sua indole e, anzi, esistevano degli incapaci persino tra i Purosangue, sia per quanto riguardava le abilità pratiche sia per la morale discutibile. Nato babbano e Mezzosangue erano termini che per la Tassorosso non avevano alcun significato e tanto meno rivestivano l’importanza che alcuni, al contrario, vi avrebbero riconosciuto.

«Londra, uhm.» biascicò a mezza voce, tenendo a mente l’eventualità di poter incrociare la Corvonero nella capitale.
La stessa Danielle viveva lì, motivo in più per supporre che le due avessero decisamente più possibilità d’incontrarsi; il rapporto tra lei e la Gilbert si era instaurato ad Hogwarts e proprio lì si perpetuava, di anno in anno, in modo ciclico e costante. Non c’era mai stato bisogno di incontrarsi al di fuori delle sicure mura scolastiche e, tuttavia, un moto di invidia la colse impreparata nei confronti di Megan. Non una volta, pur lavorando nella grande città inglese, era riuscita ad incrociare lo sguardo dell’amica di sempre. Megan, forse, aveva più fortuna in tal senso.
Non poté fare a meno di sorridere alla conclusione di quel breve identikit, tratteggiato vagamente e senza soffermarsi troppo sui dettagli; Megan non era una ragazzina di molte parole, ma aveva dimostrato il fegato di volerla contrastare, mettendosi contro una delle svariate autorità del Castello.
Non si stupì nemmeno quando il suo accento, particolarmente musicale e tipico della Contea di Cork, portò Megan a porle la classica domanda alla quale, ancora, non era del tutto avvezza a rispondere. Era un argomento, quello, piuttosto particolare. La sua nascita faceva di lei un’Irlandese pura al cento per cento: suo padre era nato a Lione, ma le prime parole erano state pronunciate nella terra d’origine dell’intero casato; sua madre era londinese di nascita, ma irlandese nel sangue. Lei stessa, a soli sei mesi, aveva attraversato l’Oceano Atlantico per approdare a New York, mescolando l’accento irlandese del padre, suo unico alleato in terra straniera, all’inglese storpiato della costa orientale degli Stati Uniti. Una volta tornata in patria, all’età di cinque anni, si era riappropriata di quella cadenza tanto particolare e che, ben presto, aveva imparato ad amare.
Nonostante fosse più semplice rispondere a Megan con l’informazione desiderata, la Tassorosso preferì giocare con lei, ancora una volta, mentre il profilo del chiostro tanto decantato andava delineandosi sotto ai loro occhi. Nessun cielo terso ad accoglierle: solamente qualche nube scura e minacciosa, sintomo di una pioggia imminente all’imbrunire.

«Secondo te? Non è un accento facile da riconoscere. Ho viaggiato parecchio...» commentò, appoggiando la borsa al muricciolo di pietra ed issandosi su di esso con facilità. Una volta sistemata, accavallò le ginocchia, cingendole con le mani, le dita affusolate intrecciate, e uno sguardo sornione rivolto alla giovane interlocutrice.
Non aveva intenzione di giocare al gatto e al topo a lungo: Megan avrebbe potuto facilmente ribaltare la situazione a proprio favore e la questione, nemmeno a dirlo, non le avrebbe procurato alcuna soddisfazione.

 
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view post Posted on 27/11/2017, 01:35
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Ne aveva sentito tanto parlare di quei chiostri antichi all’interno del castello ma mai, fino a quell’istante, aveva avuto modo di poterli osservare con i propri occhi; non credeva che in quella giornata così maledettamente stressante avrebbe trovato un po’ di pace interiore.
Giunte sul luogo, lo stupore sul viso di Megan si manifestò in un sorriso raggiante, chiudere gli occhi le venne spontaneo e in quell’istante il desiderio di poterli riaprire ed essere sola, invase la sua mente distaccandola per un secondo dalla realtà; la solitudine era qualcosa a cui non sapeva proprio rinunciare, un mondo in cui riusciva a trovare la parte più profonda di sé, mettendo a nudo il suo vero essere. Quando riaprì gli occhi, osservò con cura ogni dettaglio di quella struttura e catturata da ogni immagine che davanti a lei si palesava, nitida e sorprendente, non poté tirare un sospiro di sollievo. Aveva dimenticato per qualche istante tutto ciò che le era accaduto quel giorno, perdendosi in quel cielo scuro e minaccioso da cui era meravigliosamente attratta e dove trovava un posto, per quanto assurdo, sicuro.
Megan, si trovava immersa in un flusso di pensieri che venne improvvisamente interrotto dalla domanda della prefetta che, con cura, si sistemò sul muricciolo in pietra, assumendo una posizione fiera e altezzosa.
-“Sinceramente non avevo fatto caso al tuo accento ma, piuttosto, ho notato la tua fisionomia tipica dell’Irlanda se non sbaglio...”- abbozzò un mezzo sorriso, poi poggiò le spalle ad una delle colonne della struttura avvicinandosi con sicurezza alla Tassorosso -“…ma effettivamente, se mi ci fai pensare, il tuo accento è strano e molto particolare!”- affermò posando lo sguardo su di lei, poi, dopo qualche secondo di silenzio, riprese –“Dove sei stata? Hai detto che hai viaggiato parecchio...”- domandò con lieve curiosità –“…sai anch’io ne ho fatti di viaggi e credo che sia una delle cose più belle da fare nella vita: scoprire, vivere, respirare in posti nuovi fuori dalla tua quotidianità che, riescono a farti sentire libera…”- si guardò attorno, evidenziando con lo sguardo il paesaggio che si allargava sotto ai loro occhi –“…beh, è meraviglioso! Sai, anche questo posto lo è e mi chiedo come mai tu mi abbia trascinata qui…”- si alzò in piedi fronteggiando la prefetta e con un mezzo sorriso proseguì il discorso -“…non vorrai mica torturarmi? Questo posto isolato sarebbe un ottimo luogo e anche il tempo non guasta!”- scoppiò in una risata sincera che si disperse nell’ambiente circostante.
Megan non riusciva a dare un senso a tutta la situazione che si era creata; in precedenza aveva desiderato, con tutta se stessa, di strappare ogni singolo capello rosso alla prefetta, mentre adesso poteva sentire la curiosità per quella ragazza farsi largo tra i pensieri. L’interesse aveva, così, permesso alla Corvonero di aprire una minima e quasi impercettibile parte di sé.






 
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view post Posted on 1/12/2017, 22:06
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Il vento soffiava impetuoso sulle cime dei rilievi che circondavano Hogwarts come solide mura difensive del tutto naturali, mentre le dense nuvole scure si apprestavano a celare alla vista l’ultimo spiraglio di azzurro.
In lontananza, un lampo di luce illuminò il cielo, ormai plumbeo, e il rombo del tuono lo seguì in pochi istanti, colmando l’innaturale silenzio stabilitosi come una terza scomoda presenza tra le due studentesse. Del resto, quella pausa le aveva permesso di considerare un nuovo aspetto del caratterino di Megan, in netto contrasto con quanto si sarebbe, invece, aspettata: per quanto desiderasse sfidare la Corvonero, sino a spingerla laddove non sarebbe potuta facilmente tornare sui propri passi, era proprio quest’ultima ad aver osato maggiormente, additandola come un luogo comune vivente.

Nata e cresciuta in una famiglia troppo numerosa, per certi versi aveva accantonato l’idea di essere considerata “speciale” rispetto alle sorelle o ai cugini; l’intelligenza, la scaltrezza e le abilità in ambito magico di certo non le mancavano, ma il suo codice morale le impediva di elevare tutto ciò al rango di un vanto e, anzi, si limitava a proseguire la propria esistenza nell’ombra, senza smettere di nutrire costantemente la propria ambizione. D’altro canto, il suo aspetto rientrava pienamente nei canoni descritti dalla ragazzina e non poté fare a meno di incassare il colpo con un’evidente disappunto nello sguardo; le iridi grigio-azzurre si accesero di una vivida luce che aveva stravolto la maschera di falsa alterigia, così come il lampo aveva squarciato l’oscurità del cielo in tempesta. Per anni aveva sentito l’esigenza di eccellere in ogni ambito ed Hogwarts le aveva permesso di esprimersi in tal senso, come mai aveva potuto fare a Cork, nel grande - ed affollato - maniero di famiglia. La infastidiva, quindi, che una perfetta sconosciuta fosse riuscita a cancellare in un attimo la fatica profusa in quegli anni, paragonandola ai tanti che, al mondo, possedevano le medesime caratteristiche fisiche: il suo sguardo ardeva, ora, e la Corvonero avrebbe percepito istantaneamente di aver premuto un tasto dolente.

«Ti piacciono i luoghi comuni, uh?» chiese, il tono secco di chi avrebbe desiderato spedirla gambe all’aria in un solo svolazzo di bacchetta ben eseguito «Non tutti gli Irlandesi hanno i capelli rossi, gli occhi chiari e le lentiggini.» spiegò rapidamente, distogliendo lo sguardo da lei per la prima volta dal loro arrivo al chiostro; seguì con estrema cura le linee oblique e diritte delle lastre di pietra fredda, posizionate a regola d’arte a formare un intricato mosaico bicolore, più chiaro nelle zone coperte dal tetto spiovente del piano superiore e più scure laddove migliaia di passi e gli agenti atmosferici avevano lasciato il segno del proprio passaggio. Al centro della piccola piazzetta quadrata, quattro panchine di pietra ingrigite dal tempo erano posizionate in modo da formare un cerchio. Da lì, il suo sguardo e la sua attenzione si concentrarono sugli archi trilobati del colonnato che correva lungo il perimetro; essi apparivano ai suoi occhi come splendidi merletti intrecciati da mani esperte e delicate che, se possibile, glieli facevano apprezzare ancor di più.

Sempre impeccabile, educata a non mostrare mai il velo di fitti pensieri che attraversavano la sua mente di continuo, la maggiore tra i discendenti dei Moran aveva imparato a proprie spese quanto gli anni dell’adolescenza potessero essere inclementi con le buone intenzioni. Crescendo, le ingiustizie e gli sgambetti di insegnanti e compagni avevano scalfito la superficie liscia del suo animo impassibile, scoprendo quanto - in fin dei conti - si celasse al di sotto di quello strato di norme e galateo. Domare la sua rabbia si era rivelato un processo difficoltoso sin dal principio, un percorso in continuo divenire, come se la frustrazione di dover accettare ciò che la vita aveva da offrirle fosse l’unica soluzione possibile. La sua ambizione ed il suo amor proprio, al contrario, ostacolavano fortemente la sua ricerca al compromesso perfetto. Così, dalle più varie esperienze che un’adolescente potesse vivere in un mondo come il loro - le discussioni con i genitori, con le sorelle ed i compagni, un incantesimo eseguito malamente ed una pozione lasciata troppo sul fuoco - si caratterizzavano di un’unica componente costante: il fatto che, quasi sempre, se ne andasse sbattendo la porta o, semplicemente, si chiudesse nel silenzio più totale.
In quel caso, andarsene avrebbe significato mollare la presa, darla vinta alla controparte e perdere quella minima parvenza di supremazia dettata dalla Spilla appuntata al suo petto.
Megan aveva quindi innescato un pericoloso meccanismo, atto ad esplodere alla minima sollecitazione; tale eventualità doveva essere evitata ad ogni costo. Da lì, dunque, era derivato il lungo silenzio, al fine di restaurare la calma nel suo animo combattuto ed evitare alla Corvonero una punizione esemplare per un reato mai davvero commesso.

«In ogni caso hai avuto fortuna. Sono nata e cresciuta a Cork, nel sud-est dell’isola.» sospirò, tentando di abbozzare un sorriso quanto più educato possibile.
Bisognava tener conto delle secolari rivalità tra il suo popolo e quello inglese: centinaia di anni costellati da grandi rivolte eclatanti, senza che un esito davvero soddisfacente per ambo le parti facesse capolino nei libri di storia; tutto si riduceva immancabilmente a piccole lotte quotidiane e, senza saperlo, Megan aveva premuto il grilletto di una pistola già carica di colpi.

Inspirò profondamente, certa che la ragazzina avrebbe rispettato il suo silenzio. Le piaceva pensare che Megan, a quel punto, avrebbe girato i tacchi e se ne sarebbe tornata in Sala Comune, sulla Torre di Divinazione, con il broncio tipico di chi aveva appena ricevuto una lezione coi fiocchi - e non solo metaforicamente. D’altro canto, sapeva perfettamente che non avrebbe avuto nient’altro che misere soddisfazioni da parte di quella ragazzina impertinente.

«Stati Uniti.» aggiunse poi «Mia madre aveva ricevuto un incarico laggiù. Non è stato così… stimolante
Terminò quella frase con l’amara consapevolezza di aver lasciato intravedere a Megan un pezzetto di sé, di quella sensazione di abbandono che sua madre non le aveva mai fatto mancare in sedici anni di vita. L’America, il sogno di molti curiosi, era divenuta ben presto il suo incubo: una madre assente ed un padre che, per forza di cose, aveva rinunciato a molto per dedicarsi completamente a lei.
Aveva distolto lo sguardo ancora una volta, osservando le mani intrecciate sulle ginocchia: le nocche, biancastre, simboleggiavano quella tensione accumulata e faticosamente trattenuta, quando in realtà sarebbe bastato un nonnulla per rilasciare quelle emozioni a lungo sopite.

«Uhm?» ancora un volta, Megan l’aveva riportata alla realtà, permettendole di abbandonare i pensieri negativi di quei frangenti. Le sarebbe sorto spontaneo sorridere divertita a quella domanda quasi sussurrata; invece, scelse di mantenere un’espressione distratta e noncurante, pronta a rispondere alla ragazzina con la sua vena sarcastica, la sua unica vera arma.
«Oh no. Anche se stai facendo un ottimo lavoro per farmi cambiare idea.»
Lo disse con leggerezza, senza davvero intendere un simile finale per quell’incontro.
A quel punto, e solamente allora, gli angoli delle sue labbra tornarono a curvarsi nuovamente in sorriso.

 
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view post Posted on 6/12/2017, 22:59
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Nonostante fosse sempre pronta ad affrontare chiunque le mettesse i bastoni tra le ruote, Megan aveva deciso di depositare ogni arma concedendo alla prefetta la resa ma, i suoi sforzi furono vani: Thalia sembrava non aver colto il suo spirito d’iniziativa continuando a stuzzicarla per cercare una reazione che, ben presto avrebbe ottenuto. Cosa credeva quella ragazza? Pensava davvero che avere una carica alta le dava la possibilità di trattare con arroganza chiunque incontrasse?
Aveva lasciato che la sua interlocutrice continuasse ad usare toni pungenti prima di intervenire, mantenendo la tranquillità necessaria al fine di non portarla a fare passi troppo azzardati.
-“Ah?”- Megan alzò le sopracciglia storcendo la bocca -“E scommetto che non tutti pecchino di presunzione, sbaglio?”- chiese a sua volta, la domanda lecita uscì tagliente dalle sue labbra che si allungarono in un sorriso serrato –“Ad ogni modo ci ho preso!”- alzò le spalle mostrandole un sorriso compiaciuto.

Il suono assordante dei tuoni iniziava ad avvicinarsi, un lampo illuminò il cielo di colpo in quell’istante, preannunciando non solo una pioggia imminente ma, anche uno scontro che avrebbero ricordato entrambe.
-“uhm... come se dipendesse solo da me!”- puntualizzò ricambiando il sorriso.
–“Allora, ti chiedo ancora, come mai mi hai portata qui?”- Le parole della giovane Corvonero tornarono ad essere distaccate, non le importava più cercare di prendere parte ad una conversazione interessante; fino a quell’istante la Tassorosso non aveva fatto alcun passo verso di lei e vederla divertirsi credendo di riuscire nel suo – chissà quale misterioso – intento, suscitava in lei un malessere che fino a quel momento era riuscita a controllare. Le aveva provate tutte e lo aveva fatto soprattutto per Danielle, non avrebbe voluto vederla in difficoltà in futuro ma, la sua dignità non era giusto venisse calpestata in quel modo, poi per cosa? Per una boccetta d'inchiostro chiusa male. Incrociò le braccia rizzando la schiena e, sollevando il mento, mostrò uno sguardo cupo che riuscì ad abbuiare le sue iridi chiare: non le avrebbe più permesso quell’atteggiamento.




 
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view post Posted on 14/12/2017, 17:35
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Fu costretta ad ammettere a se stessa di non sentirsi particolarmente offesa da quell’ultima illazione della Corvonero. Per gran parte della sua giovane vita aveva cercato di allontanarsi dalla figura descritta da quella semplice parola, evitando di atteggiarsi in modo indisponente a meno che non fosse estremamente necessario; tuttavia, Megan aveva fatto centro e la Tassorosso si sorprese nel darle ragione. Era diventata presuntuosa, ma non lo era sempre stata. Che cos’era cambiato? Era quello l’effetto che il periodo dell’adolescenza aveva sortito su di lei?
Non aveva smesso di credere che gli esseri umani potessero scegliere il proprio Destino, eppure i fatti che l’avevano coinvolta personalmente avevano contribuito a sostenere quel cambiamento. Pensandoci bene, tutto era iniziato con l’ossessione di una pagella perfetta ed il desiderio di fornire aiuto a chi, tra i suoi compagni, aveva avuto bisogno di un consiglio o di una spiegazione in più.
Questo l’aveva condotta ad ottenere il rispetto di concasati e professori, un dato oggettivamente soddisfacente per chiunque. Far parte della Scuola di Atene, poi, aveva sortito un effetto benefico sulla sua autostima: far parte di un gruppo selezionato di studenti, scelti dal Vicepreside in persona, le aveva garantito la presenza ad un evento più unico che raro.
Raggiunto quel punto e con la Spilla da Prefetto al petto nel giro di pochi mesi, la situazione si era complicata gradualmente, senza che potesse accorgersene tempestivamente.

Era lecito supporre, quindi, che il potere le avesse dato un pochino alla testa? Si era ripromessa di non agire mai secondo i dettami della superbia, eppure Megan aveva sottolineato proprio quell’orribile aspetto del suo carattere. E si erano conosciute da meno di cinque minuti.

«Immagino di sì. Danielle ti avrà senz’altro detto che non ho la presunzione di essere migliore di altri.» esordì, rivolgendole uno sguardo serio. La sua voce tradiva un tono lezioso, un altro sintomo di quanto - in quel periodo - la Tassorosso stesse cambiando. «Esisterà sempre qualcuno migliore da superare in bravura, ma potrei dargli comunque del filo da torcere. Un po’ come sto facendo con te in questo preciso momento.» concluse ironica, abbozzando un sorriso.

Gli occhi brillavano della luce della vittoria, ma sarebbe stata una soddisfazione di breve durata. Megan era giovane, poco esperta di magia, ma con una lingua sufficientemente tagliente da poterla contrastare più che dignitosamente. Certo, il fatto che la Spilla albergasse sulla sua uniforme in pianta stabile le garantiva uno scudo invisibile, in grado di proteggerla da qualsiasi rivalsa; così, però, non avrebbe conosciuto la vera essenza della Corvonero che, irrimediabilmente, si sarebbe fatta frenare dalla presenza della dannata spilletta.
Non smise mai di guardarla negli occhi, distinguendo le lingue di fuoco che ardevano nei suoi occhi; i lampi alle sue spalle illuminavano il piccolo viso della giovane, mentre le tenebre iniziavano a calare definitivamente su Hogwarts. Fu in quel momento che le sue dita affusolate iniziarono a trafficare con la Spilla. Alla luce delle folgori, che saettavano in lontananza oltre le cime delle montagne, la P si stagliava brillando sul fondo dorato della sua Casa.
Mostrò l’oggettino alla ragazzina, come avrebbe fatto un comune prestigiatore babbano che voglia nascondere una monetina dietro l’orecchio del malcapitato di turno, dopodiché la assicurò all’interno della tasca esterna della propria borsa.


«Vedi, Megan, se fossi presuntuosa come tu dici - e non sto dicendo di non esserlo almeno un po’ - ti avrei portata direttamente da Toobl o da Sekhmeth.» sospirò stanca, osservandola con attenzione.
«Mi sarei presa qualche merito, me ne sarei vantata un po’ e avrei dormito sonni tranquilli, fiera di aver portato a termine i compiti per i quali sono stata scelta. Cosa che non si sarebbe potuta dire di te.»
Avrebbe lasciato che il silenzio colmasse quella pausa, in modo che le sue parole giungessero a lei come una carezza. Era chiaro che si sarebbe sfogata di lì a poco, ma la Tassorosso non aveva ancora finito con lei.
«Invece mi sono liberata dell’unica cosa che ci differenzia. Ora non sono in servizio, mettiamola così. Ti ho portata qui perché tu possa sfogarti per l’ingiustizia ricevuta.»
Concluse il tutto sorridendo amabilmente, certa di averla spiazzata almeno in parte.
La piccola forse non lo sapeva, ma non esistevano i presupposti per condurla da uno dei Capiscuola. Daddy si sarebbe fatto una risata se avesse saputo quanto era accaduto davanti alla biblioteca ed Horus le avrebbe chiesto di non fargli perdere tempo con quelle sciocchezze. Gli incidenti capitavano ogni giorno, ma non per questo tutti ricevevano pesanti punizioni.
Quel pomeriggio, negli occhi di Megan, aveva assaporato la magia del potere - o presunto tale - come la più affascinante forma di manipolazione. Il caratteraccio della Corvonero era lì, pronto ad esplodere in tutta la sua furia, eppure la ragazzina si era trattenuta con un notevole senso pratico: perdere punti non le avrebbe giovato sotto ben più di un aspetto e, di certo, Danielle si sarebbe chiesta come mai due delle sue migliori amiche non fossero riuscite ad intendersela dal primo istante.

«Forza, Megan.» la esortò con un sorriso, spalancando le braccia in una posa teatrale che non si addiceva al suo spirito. «Colpisci senza pietà.»
 
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