| Quale brillante avvenire avresti il coraggio di pregustare Se con i piedi di gomma ti dovessi ritrovare? Se là dove cercavi stabilità e certezze e vigore Non troverai che cadute e crolli e dolore
Eloise Lynch finì di leggere la riga soffocando una risata tra le pagine del libro. Non poteva credere che il mondo avesse potuto dare vita a un’opera così ridicola, insensata e grottesca, e se ne stupiva ogni volta di più. In origine, quando Ned le aveva descritto la magnificenza che avrebbe trovato tra quelle pagine, aveva ponderato le sue parole, dando per scontato che stesse esagerando, ma il libro continuava a sorprenderla con nuovi ghirigori e magnifiche metafore. Era giunta alla parte di “Ahimè, mi sono trasfigurato i piedi” in cui lo sventurato protagonista, reduce dai primi tentativi di tornare allo stato di origine in seguito a un incantesimo apparentemente irreversibile, rifletteva sul suo stato di persona diversa, ai margini della società. Il tutto era condito da un’innocenza e un’autocelebrazione quasi melensa, elementi che rendevano quello scritto puro oro. Il profumo di cioccolato aveva iniziato a propagarsi per tutto il locale, sollecitando delle papille che già erano convinte di aver fatto la scelta giusta. Eloise sollevò lo sguardo, un mezzo sorriso stampato in faccia, impaziente. Non poteva attendere oltre: lei e la cioccolata sarebbero presto diventate una cosa sola. Cercando di non pensarci, tornò a immergere il naso tra le pagine ingiallite, ma ormai la sua attenzione era stata portata altrove. E benché gli occhi scorrazzassero tra le lettere scure, il loro significato faticava ad arrivare alla mente. Anche la straziante sofferenza descritta da Malecrit non faceva presa, quando le sinapsi battevano il ritmo delle incombenti cose da fare. Aveva deciso di prendersi quella pausa a discapito di un’agenda fitta di impegni. Aveva palesemente ignorato il loro richiamo, decidendo da sé che lo spirito sarebbe stato più allegro nello svolgerli con una pancia piena. Dopotutto, sotto le feste i Tassini non potevano certo nutrirsi di una cioccolata qualsiasi, no? Qualcuno si sarebbe pur dovuto sacrificare per scegliere il meglio per gli adepti di Tosca. no? Il cibo, insomma, non andava sottovalutato. Si mordicchiò il labbro, tentando di ignorare il richiamo della coscienza, e considerando con se stessa che, se c’era una cosa che l’essere un Prefetto aveva provocato, questa era stata la capacità di inculcarle il senso del dovere a forza. A tratti non si riconosceva e, sentendosi scoperta a quella rivelazione, decise con ostinazione che una bella pausa nel ritmo frenetico non avrebbe potuto che farle bene: sarebbe stato un modo per tornare ad acquisire un po’ di spensieratezza, di dare al mondo un’oasi di imprevedibilità, di consentirgli di pilotarla verso mete insondate. Il rumore proveniente dal vassoio tremolante attirò l’attenzione della Lynch proprio lì, nel punto esatto dove il mondo aveva deciso di metterle davanti un tipico imprevisto. L’aveva chiesto? E adesso se lo beccava. Lo sguardo risalì dal vassoio, passando da quel grembiule da bambola che la cameriera portava, fino ad arrivare al volto. E si ritrovò davanti, un affidabile specchio del suo stesso sgomento, il volto di quell'uragano vivente che era Sophia Daver. Compita, precisa e attenta nel ruolo che ricopriva. Eloise dovette sbattere le palpebre un paio di volte prima di comprendere le parole che erano uscite dalla sua bocca, perché sentire il suono della voce di Sophia non era un evento a cui era del tutto preparata. E se - come si suol dire - di acqua sotto i ponti ne era passata, non avrebbe avuto difficoltà ad ammettere che la corrente era stata talmente impetuosa da trascinarsi dietro gli stessi ponti. «Sophia?» Abbassò lo sguardo verso la sua cioccolata con ostinazione, mentre un tripudio di sensazioni contrastanti iniziò a farsi strada in lei. Il nome dell’ex-collega, uscendo dalle sue labbra, era suonato quasi come un’accusa, scivolando via da lei a tradimento, prima che potesse fermarlo. Si chiedeva cosa andasse detto in casi come quello, ma nessuna risposta utile si faceva strada nella sua testa. «Sì. Riconosco la superiorità dei dolci agli scherzi.» Sollevò la tazza verso di lei, come a brindare a quel lavoro, mentre una miriade di domande sollecitavano i suoi pensieri. Perché si era allontanata da lei? Che fine aveva fatto? Perché era sparita dai Tiri Vispi senza dirle nulla? E soprattutto, perché in tutti quei mesi aveva fatto di tutto per evitarla? Il solo fatto che Amber non le avesse detto nulla riguardo a Sophia le suggerì che doveva essere entrata a Florian dopo che Amber aveva lasciato l’incarico. Anzi, probabilmente era subentrata proprio per sostituirla. Quasi come una prosecuzione lineare delle strambe vicende umane, la presenza di Sophia sembrava un modo coerente per ricordarle tutte le incomprensioni che c’erano state con la bionda. Nei rapporti con entrambe c’erano ancora ombre lunghe, e se dell’amicizia sincera di Amber era piuttosto sicura, non poteva affermare lo stesso di Sophia. Quali diritti aveva dopo tutto quel tempo? E la mora, adesso, che avrebbe fatto? Aveva intenzione di sparire dietro il bancone, a mantenere le distanze tra cliente e commesso, oppure avrebbe provato a ricostruire quel ponte trascinato via dalla corrente?
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