Cioccolata Amara

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view post Posted on 3/12/2017, 15:15
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xkdzkwWI modi in cui il mondo Babbano e quello magico si distinguevano erano innumerevoli, ma se c’era un momento in cui le due realtà parevano convergere, in cui si poteva riscontrare una certa difficoltà nel distinguerle, queste erano le feste natalizie. Entrambe permeate da un’atmosfera gioiosa, brillante e suggestiva, in cui le decorazioni facevano da sovrane, non lasciavano spazio all’ordinarietà e alla riservatezza. Da ambo i lati del muro di passaggio del Paiolo Magico era un tripudio di lucine a intermittenza, carole natalizie e palline colorate: insomma, da nessuna delle due parti c’era modo di scampare all’aria festosa.
Non che Eloise ne sentisse particolarmente il bisogno: aveva sempre vissuto le festività con la stessa aria meravigliata di Cindy Chi Lou, e se le godeva fino a che non riteneva - verso l’inizio di gennaio - che i coretti di Deck the Halls e i bastoncini di zucchero avessero rotto i Boccini. E benché fosse consapevole che prima o poi il momento in cui avrebbe mandato volentieri al diavolo le luci da attacco epilettico e compagnia bella sarebbe arrivato, all’inizio di dicembre non poteva che godersi lo spettacolo.
Gli stessi Tiri Vispi Weasley avevano subito l’influsso del suo entusiasmo che, unito a quello dei gemelli e a quello di Emma, generava una combinazione estremamente pericolosa, travolgente ed esplosiva. Quell’allegra combriccola, che solo da poco aveva riacquisito il suo membro più recente, aveva messo su un allestimento coi fiocchi. E “coi fiocchi” non era certo un modo di dire. La fornitura andava dal “Regala un Amico a un Amico” (un dispositivo che, quando innescato, impacchettava la persona più vicina) al “Vischio Molesto” (che intrappolava le coppie più improbabili e tirava i capelli finché queste non si scambiavano almeno un abbraccio), per non dimenticare il Banchetto Esplosivo (un tripudio di cibi natalizi che si rivelavano essere poi dei Fuochi Forsennati ben mascherati). Insomma, ce n’era per tutti i gusti. E poi decorazioni a pioggia, brillantini ovunque, pupazzi di neve talmente affettuosi che i loro abbracci erano come dei bagni in piscina, … Insomma, anche per quell’anno non c’era stato modo di annoiarsi. Sì, pensava Eloise lanciando un ultimo sguardo al negozio, le scelte stilistiche erano assolutamente moleste.
Il suo turno ai Tiri Vispi si era appena concluso e, dopo aver lasciato la baracca nelle mani di Emma, si era preparata ad affrontare il freddo del mondo esterno. Era primo pomeriggio e un vento gelido spazzava le strade luminose di Diagon Alley. Una folata particolarmente impetuosa le tirò via il berretto - che teneva in testa in maniera estremamente precaria, e la portò a rincorrerlo sulla strada opposta a quella che aveva pensato di percorrere.
Avanzò spedita nel tentativo di acciuffarlo, mentre turbini di foglie secche e gelate l’accompagnavano lungo il percorso. Finalmente il malandrino si arrestò, in prossimità di un cumulo di neve accuratamente ammonticchiato al bordo della stradina. Eloise lo prese, lo sbatté con vigore e tornò a piazzarlo nell’unico luogo dove gli era concesso di stare: la sua testa.
Forse fu una casualità, forse fu un segno del destino, o forse solamente una roler burlona, ma in quel momento, non appena la rossa sollevò lo sguardo, un intenso profumo di cioccolato giunse alle sue narici, portando con sé tutte le tentazioni e golosità di cui la Lynch era potenzialmente succube. Era estremamente vicina a Florian Fortebraccio, con un pomeriggio quasi del tutto libero davanti a sé e le feste di Natale alle porte. Esisteva al mondo una combinazione più fortunata di quella? Quando le sarebbe ricapitata un’occasione così ghiotta?
Non ci vollero più di tre virgola cinquantasette secondi per decidere cosa fare, che Eloise già dirigeva i suoi passi verso il negozio di dolciumi più popolare della zona. Sapeva bene che ormai Amber non era più di casa, ma magari avrebbe avuto l’opportunità di incontrare Elhena e farci quattro chiacchiere; oppure, molto più semplicemente, avrebbe potuto dare ascolto alla copia logora e consunta di Ahimè mi sono Trasfigurato i Piedi (appartenuta prima a Ned e poi a Jared) che scalpitava nella sua borsa fin da quella mattina.
Nella breve distanza che la separava dalla porta d’ingresso della gelateria, mentre veniva divorata dal languorino, ebbe modo di considerare che anche le cioccolate calde e i tè potevano essere manipolati come aveva visto fare ai Tre Manici di Scopa. Dalla festa di Halloween non aveva più pensato a quell’idea che Niah le aveva lanciato - ovvero di chiedere ad Astaroth di insegnarle qualcosa - ma era stata talmente piena di cose da fare che non ne avrebbe nemmeno avuto il tempo. Promemoria per se stessa: fare un salto ai Tre Manici durante le vacanze di Natale.
Non appena entrò da Florian lo sguardo di Eloise si posò con attenzione sul menu appeso dietro il bancone. La ricerca fu rapida: era solo una la cosa che l’aveva trascinata fin lì, e solo quella le avrebbe dato la soddisfazione che andava cercando.
«Una cioccolata fondente con lampone… Per ora…» Ghignò, pregustando il pomeriggio in compagnia dei dolci. La commessa, che al momento era di schiena, non era riconoscibile, ma visto il colore dei suoi capelli poteva affermare con certezza che non si trattasse di Elhena. Diede uno sguardo alla stanza, individuando un tavolino che faceva al caso suo. «Mi… Vado a sedere lì!»
Senza attendere un riscontro da parte della ragazza, si mosse spedita verso il tavolo prediletto, pregustando il momento della comparsa della sua attesa, fumante e golosa cioccolata amara.



Sono già accordata per una role con Sophiauauaua ♡

 
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no'one
view post Posted on 6/12/2017, 11:53




Inspiegabile come quel giorno Florian ospitasse ben poca gente rispetto al solito. Oh si, molti dei tavoli erano occupati ma l'atmosfera sembrava molto meno caotica del solito. Chiacchiere soffuse sostituivano il solito brusio, carole natalizie creavano un piacevole sottofondo, arricchendo l'atmosfera festosa ma senza sovrastare l'ambiente.
E se non fossero stati tutti quegli indizi a suggerirle l'arrivo del Natale, ci avrebbero pensato i festoni e le decorazioni che le era toccato appendere per tutto il locale. Un primo turno impegnativo, in cui si era destreggiata tra lucine, pupazzi e fiori glitterati, senza non poche difficoltà. Dopo quel mattino, era entrata ufficialmente a far parte del tran tran quotidiano di Florian; non era stato facile, arrugginita come garzona, si era dovuta abituare all'ordine e alla precisione. In appena una settimana le sembrava di aver fatto grandi passi da gigante, impressione che sicuramente era contaminata dalla sua totale inesperienza nelle mansioni da cafè. Almeno in suo aiuto c'era la ripetitività dei gesti: in un turno lavorativo si ritrovava cosi spesso a compiere le stesse movenze che dopo un po' le eseguiva senza pensarci... certo le sbavature c'erano e andavano corrette.
Una folata di aria fredda attraversò il locale quando la porta venne aperta.

«Una cioccolata fondente con lampone… Per ora…»

Un “arriva subito” le uscì in automatico dalle labbra.
Non prestò attenzione alla voce, non ci fece caso, troppo occupata a sgomberare il banco e soprattutto a prendere ordinazioni da persone invisibili a cui collocava un'identità solo nel momento del servizio.
Si impegnò per cercare di creare un piatto almeno carino da vedere,si mise sottobraccio un menù stagionale perché non si sapeva mai e prese un vassoio al volo, ancora insicura nel mantenere le cose in equilibrio.

"Cioccolate calde, canzoni allegre, luci colorate.... che volgare, vergognoso, basso espediente natalizio!!"

“Non fare l'invidioso Smurch” sogghignò.
E poi, dopo qualche passo, si fermò di botto, come se avesse sbattuto contro ad un muro.
Quella chioma rossa, quel viso spruzzato di lentiggini, un sorriso che partiva sempre prima dagli occhi: Elosie.
Da quanto non la vedeva? Non voleva ricordare.
Quante volte l'aveva spudoratamente ignorata nei corridoi della scuola? Non ci voleva pensare.
L'ansia, la voglia di scappare, non fecero altro che ricordarle quanto fosse vigliacca. E questo non portò altro se non fastidio e poi ancora vergogna, un circolo vizioso che andava avanti da parecchio tempo ormai.
Il vassoio le tremava tra le mani, i lamponi spruzzati di bianco in bilico sulla cioccolata, sarebbero caduti. Una sottile pellicina si stava già formando sulla superficie fumante.
Non aveva via d'uscita, se non quella di riprendere a camminare e servire quella maledetta cioccolata. Il peggio che poteva capitarle era di essere ignorata come tante volte lei stessa aveva fatto.

*Specchio riflesso.....*
“Eccoti la tua cioccolata..... El”.



Eccoti servita Nihnerottola :flower:
 
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view post Posted on 20/12/2017, 18:30
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xkdzkwWQuale brillante avvenire avresti il coraggio di pregustare
Se con i piedi di gomma ti dovessi ritrovare?
Se là dove cercavi stabilità e certezze e vigore
Non troverai che cadute e crolli e dolore

Eloise Lynch finì di leggere la riga soffocando una risata tra le pagine del libro. Non poteva credere che il mondo avesse potuto dare vita a un’opera così ridicola, insensata e grottesca, e se ne stupiva ogni volta di più. In origine, quando Ned le aveva descritto la magnificenza che avrebbe trovato tra quelle pagine, aveva ponderato le sue parole, dando per scontato che stesse esagerando, ma il libro continuava a sorprenderla con nuovi ghirigori e magnifiche metafore.
Era giunta alla parte di “Ahimè, mi sono trasfigurato i piedi” in cui lo sventurato protagonista, reduce dai primi tentativi di tornare allo stato di origine in seguito a un incantesimo apparentemente irreversibile, rifletteva sul suo stato di persona diversa, ai margini della società. Il tutto era condito da un’innocenza e un’autocelebrazione quasi melensa, elementi che rendevano quello scritto puro oro.
Il profumo di cioccolato aveva iniziato a propagarsi per tutto il locale, sollecitando delle papille che già erano convinte di aver fatto la scelta giusta. Eloise sollevò lo sguardo, un mezzo sorriso stampato in faccia, impaziente. Non poteva attendere oltre: lei e la cioccolata sarebbero presto diventate una cosa sola. Cercando di non pensarci, tornò a immergere il naso tra le pagine ingiallite, ma ormai la sua attenzione era stata portata altrove. E benché gli occhi scorrazzassero tra le lettere scure, il loro significato faticava ad arrivare alla mente. Anche la straziante sofferenza descritta da Malecrit non faceva presa, quando le sinapsi battevano il ritmo delle incombenti cose da fare.
Aveva deciso di prendersi quella pausa a discapito di un’agenda fitta di impegni. Aveva palesemente ignorato il loro richiamo, decidendo da sé che lo spirito sarebbe stato più allegro nello svolgerli con una pancia piena. Dopotutto, sotto le feste i Tassini non potevano certo nutrirsi di una cioccolata qualsiasi, no? Qualcuno si sarebbe pur dovuto sacrificare per scegliere il meglio per gli adepti di Tosca. no? Il cibo, insomma, non andava sottovalutato.
Si mordicchiò il labbro, tentando di ignorare il richiamo della coscienza, e considerando con se stessa che, se c’era una cosa che l’essere un Prefetto aveva provocato, questa era stata la capacità di inculcarle il senso del dovere a forza. A tratti non si riconosceva e, sentendosi scoperta a quella rivelazione, decise con ostinazione che una bella pausa nel ritmo frenetico non avrebbe potuto che farle bene: sarebbe stato un modo per tornare ad acquisire un po’ di spensieratezza, di dare al mondo un’oasi di imprevedibilità, di consentirgli di pilotarla verso mete insondate.
Il rumore proveniente dal vassoio tremolante attirò l’attenzione della Lynch proprio lì, nel punto esatto dove il mondo aveva deciso di metterle davanti un tipico imprevisto. L’aveva chiesto? E adesso se lo beccava.
Lo sguardo risalì dal vassoio, passando da quel grembiule da bambola che la cameriera portava, fino ad arrivare al volto. E si ritrovò davanti, un affidabile specchio del suo stesso sgomento, il volto di quell'uragano vivente che era Sophia Daver. Compita, precisa e attenta nel ruolo che ricopriva.
Eloise dovette sbattere le palpebre un paio di volte prima di comprendere le parole che erano uscite dalla sua bocca, perché sentire il suono della voce di Sophia non era un evento a cui era del tutto preparata. E se - come si suol dire - di acqua sotto i ponti ne era passata, non avrebbe avuto difficoltà ad ammettere che la corrente era stata talmente impetuosa da trascinarsi dietro gli stessi ponti.
«Sophia?» Abbassò lo sguardo verso la sua cioccolata con ostinazione, mentre un tripudio di sensazioni contrastanti iniziò a farsi strada in lei. Il nome dell’ex-collega, uscendo dalle sue labbra, era suonato quasi come un’accusa, scivolando via da lei a tradimento, prima che potesse fermarlo. Si chiedeva cosa andasse detto in casi come quello, ma nessuna risposta utile si faceva strada nella sua testa. «Sì. Riconosco la superiorità dei dolci agli scherzi.» Sollevò la tazza verso di lei, come a brindare a quel lavoro, mentre una miriade di domande sollecitavano i suoi pensieri. Perché si era allontanata da lei? Che fine aveva fatto? Perché era sparita dai Tiri Vispi senza dirle nulla? E soprattutto, perché in tutti quei mesi aveva fatto di tutto per evitarla?
Il solo fatto che Amber non le avesse detto nulla riguardo a Sophia le suggerì che doveva essere entrata a Florian dopo che Amber aveva lasciato l’incarico. Anzi, probabilmente era subentrata proprio per sostituirla. Quasi come una prosecuzione lineare delle strambe vicende umane, la presenza di Sophia sembrava un modo coerente per ricordarle tutte le incomprensioni che c’erano state con la bionda. Nei rapporti con entrambe c’erano ancora ombre lunghe, e se dell’amicizia sincera di Amber era piuttosto sicura, non poteva affermare lo stesso di Sophia. Quali diritti aveva dopo tutto quel tempo? E la mora, adesso, che avrebbe fatto? Aveva intenzione di sparire dietro il bancone, a mantenere le distanze tra cliente e commesso, oppure avrebbe provato a ricostruire quel ponte trascinato via dalla corrente?


 
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no'one
view post Posted on 17/1/2018, 20:16




Se lo ricordava come se fosse successo in quel momento. Quella mattina, di un Natale di tanti anni prima, aveva più o meno sette anni o forse sei.
In casa era tutto perfetto, tutto addobbato secondo un criterio preciso, tutto pulito e ordinato. Nell'aria il profumo di biscotti alla cannella appena sfornati, con suo padre che leggeva il giornale a tavola, mentre sua mamma puliva una tazza, dopo aver bevuto una delle sue tisane. Contrariamente a ciò che doveva essere fatto, le era stata consegnato un ultimo regalo. Era una palla di neve, con una casetta al centro - aveva il tetto rosso e i muri gialli - della bolla di vetro e un bambino, che solitario giocava con un cumolo bianco. Si era divertita un sacco a capovolgerla e a scuoterla per permettere ai piccoli fiocchi al suo interno di vorticare tutto intorno. Guardando ipnotizzata il movimento, era stato facile invidiare quel bimbo che poteva giocare con la neve, anche se finta.
Adesso, dal bancone che le faceva da scudo, si sentiva proprio come quella neve: i pensieri dentro di lei continuavano a turbinare dappertutto senza volerne sapere di posarsi.
Eloise.
Il suo nome continuava a rimbombarle nella testa manco fosse stata una ragazzina innamorata, al cospetto della sua celebrità preferita. Quante volte era passata davanti a Tiri Vispi, si era avvicinata all'entrata ma poi da codarda era tornata sui suoi passi, tirando dritto? Quante volte aveva evitato di lanciare anche solo la minima occhiata in direzione del negozio?
Anche adesso, dopo un minimo accenno, invece di rispondere e restare aveva approfittato dell'arrivo di nuovi clienti per darsela a gambe. Quante volte aveva pensato di scriverle? All'inizio del suo vecchio lavoro il pensiero di trovare un'amica nella sua collega non le aveva sfiorato minimamente il cervello. Aveva Mary, Violet e la sua casata; andava bene così.
Ma poi quella ragazza tutta lentiggini aveva forzato il suo carattere volubile, scherzare con lei era facile, un vero vulcano quando si trattava di sperimentare idee nuove.
L'organizzazione della sua ultima festa di Halloween era stato uno dei periodi più belli che ricordasse.
Il gelato che aveva diviso in una calda giornata, il pretesto perfetto per parlare di ragazzi per la prima volta con un'amica, sei sentimenti contrastanti che a volte avvertiva per la persona meno opportuna.

"Ho bisogno di una piccola pausa" approfittando del momento di pace, lasciò alla sua collega la briga di servire i pochi clienti al bancone. Si slacciò il grembiule e indecisa su come iniziare il discorso, andò a sedersi al tavolo con la sua ex collega.
Appoggiò dapprima le braccia sul tavolo, facendo vagare lo sguardo dalla tazza fumante, al viso della ragazza, ai tavoli circostanti.
Chissà cosa vedeva Eloise se la guardava. Se la vedeva cambiata. Lei un po' si sentiva così.

"Avrei scelto gli scherzi piuttosto dei dolci.... ma...." alzò le braccia gesticolando le parole che non trovava, per poi lasciare che cadessero sul tavolo arrese, a dimostrazione della sua incapacità. Sprofondò ancora di più nella sedia, scivolando verso il basso.

 
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view post Posted on 28/1/2018, 15:12
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xkdzkwWSenza commentare oltre, Sophia era tornata verso il bancone a svolgere i suoi compiti di cameriera. Eloise era rimasta immobile, imbambolata, fissando una cioccolata fondente amara quasi quanto quell’incontro. Non c’erano zucchero o dolciumi ad attenuare il silenzio penoso che le aveva accompagnate fino a quel momento.
Sperando di demandare il compito ai lamponi della guarnizione, se ne portò uno alla bocca e lo assaporò con gusto. Forse non era dolce, ma il sapore delicato e la consistenza morbida iniziarono a bilanciare l’amarezza che le era rimasta sulla punta della lingua.
Quand’era l’ultima volta che lei e Sophia si erano rivolte la parola? Doveva essere stata un’occasione di poco conto, perché ormai stentava a ricordarlo. Probabilmente in un cambio turno, parlando di prodotti o di clienti. Ed Eloise era uscita dal negozio, salutando con distrazione, senza sapere che l’amica già meditava di lasciare il posto. Senza sapere che non si sarebbero più parlate per un secolo.
Si chiese se avrebbe potuto prevederlo: c’era qualcosa, negli occhi di Sophia, che avrebbe potuto tradire un disagio, una delusione, una tristezza? C’era, sul suo volto, la ragione delle sue azioni? Perché Eloise non aveva dedotto niente e, per quanto la sua attenzione verso il mondo e i suoi abitanti fosse aumentata e si fosse affinata, ancora oggi non riusciva a spiegarselo. Cosa si era rotto nel meccanismo funzionante di quella squadra?
Il suo dito picchiettò sulla tazza, come a scandire i pensieri che le solcavano la mente. Ricordava con chiarezza cos’era successo dopo: i Gemelli, partiti dal presupposto che lei ne fosse già a conoscenza, avevano pubblicato un annuncio sul Profeta, e quando era andata a lamentarsi del fatto che lei e Sophia non erano state informate, aveva scoperto che non c’era più un “lei e Sophia”. Sophia aveva lasciato il lavoro, se n’era andata, sparita.
Le era sembrato che la scelta più ragionevole sarebbe stata andare a chiedere alla diretta interessata, e così aveva fatto. O almeno, aveva cercato di fare: tre erano stati i suoi tentativi, tre le volte che aveva provato ad avvicinarla, rimanendo sempre con un pugno di mosche. Nelle prime due occasioni, in cui la Corvonero era magicamente sparita al suo sguardo, aveva convinto se stessa che non l’aveva fatto di proposito. Ma la terza volta non c’erano stati più dubbi: le aveva detto di avere bisogno di tempo e le distanze, con il passare del tempo, erano diventate incommensurabili. Più di una volta aveva avuto a che fare con le sue amiche e concasate - Violet e Mary - ma non si era mai azzardata ad andare più in là.
La cioccolata era ancora bollente e le mani di Eloise, strette alla tazza, cercavano di acquisire calore perso nel tragitto. Stava per saggiarne la temperatura (prematuramente, com’era inevitabile) quando vide il soggetto dei suoi pensieri materializzarsi davanti a lei e crollare sulla sedia.
Ci fu un istante di silenzio totale, in cui gli occhi verdi e gli occhi blu restarono a fissarsi immobili. Non erano due persone silenziose, Eloise e Sophia, né introverse o taciturne: era un silenzio di chi prende le misure, di chi pesa le parole e saggia il pensiero dell’altro.
Al sentire quel pensiero di Sophia, le sopracciglia della Tassorosso si sollevarono. Non fu solo ciò che aveva detto, ma anche il modo in cui si era espressa, l’atteggiamento con cui si era mossa, a tradire un cambiamento a cui non era preparata. C’era qualcosa di diverso, ed era come se l’angoscia avesse preso il sopravvento sulla sua ex collega.
Non provava rabbia, né delusione, né gioia. Era sospesa, in attesa di capire cosa fosse successo prima di esprimere una qualsiasi emozione. Ma per capire quel rompicapo complesso, pensò, sarebbero dovute partire dalle cose semplici.
Mise un lampone su un tovagliolo e lo allungò verso Sophia.
«E a me piacerebbe essere ancora tua collega.» Disse con tono piatto. Non era del tutto sicura che la mora fosse arrabbiata con lei, ma non capiva proprio dove fosse il problema. «Mettiamola così: ho un’ottima scusa per venire a trovarti.» Infine, abbozzò a un sorriso. Il suo obiettivo era chiaro: far capire a Sophia che non ce l’aveva con lei e che in Eloise Lynch poteva ancora trovare una porta aperta.
Prese il cucchiaino e provò ad assaggiare la cioccolata: scottava ancora.


 
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