Lord Tyrell & Lady Stark, Privata

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view post Posted on 27/12/2017, 11:09
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Le mani continuavano a far girare tra le dita, al pari di una trottola, una fiala di vetro dal contenuto ambrato. All'interno del piccolo strumento, uno strano liquido del tutto perlaceo sarebbe sembrato quasi invisibile se non fosse stato per i baluginii dorati che rapiva dal riflesso dell'amuleto indossato dal Mago seduto a tavola. Confuso, distratto, di sicuro sovrappensiero, Oliver Brior non si era interessato più di tanto alle occhiate infastidite, altre curiose e altre ancora invadenti, dei clienti che sostavano nei dintorni. Era entrato ai Tre Manici di Scopa con passo felpato in compagnia di suo cugino Elijia poco prima: un espresso macchiato per lui, un calice di Acquaviola per l'altro. Quando Elijia era andato via, lasciando dietro di sé un dolce profumo di fiori e di alcool, Oliver era rimasto da solo e si era chiesto, doveva ammetterlo, se il cugino non fosse impazzito da un momento all'altro. Non soltanto quel piacevole odore, ma anche e soprattutto una scia di confusione era rimasta intatta, sospesa nell'aria; adocchiato un nuovo posto libero, poiché intenzionato ad allontanarsi pure fisicamente dal tavolo precedente, Oliver si era semplicemente seduto per la seconda volta, lieto perlomeno del fatto che quella postazione appena guadagnata fosse sul fondo della sala. Non era dell'umore, stranamente, di intessere una conversazione: né con amici né con sconosciuti, in quel momento avrebbe di gran lunga preferito restare davvero da solo. *Ma non posso*
La consapevolezza giunse un attimo dopo aver articolato quel pensiero, ma non fu affatto inaspettata. In gioco c'era molto di più di un desiderio, molto più di un capriccio personale; mentre la fiala volteggiava in un tripudio di riverberi e scintillii da un palmo all'altro delle mani, il Caposcuola non poté fare a meno di ripercorrere il ricordo di quanto avvenuto soltanto mezz'ora prima. E una strana sensazione di disagio, fastidiosa più di qualsiasi altra cosa, rese il suo respiro sempre più difficoltoso.

«Giochiamo una scommessa, allora.»
La voce di Elijia Brior era stata un sussurro appena udibile dall'altro ragazzo seduto di fronte, poiché entrambi sistemati ad uno stesso tavolino del locale di Madama Rosmerta. Qualche cliente solitario di passaggio bloccò sul nascere la risposta di Oliver, serrandogli bruscamente la bocca; si preoccupò di scoccare almeno un'occhiataccia al cugino, prima di essere del tutto sicuro di prendere parola senza correre il rischio di essere ascoltato da alcun orecchio indiscreto. «Sei impazzito?» Allontanò di scatto il caffè espresso che stava bevendo in quel momento, improvvisamente disgustato perfino dal sapore forte della bevanda. Poteva Elijia essere così dannatamente stupido? Non aveva idea di cosa stessero discutendo, non aveva idea di quanti sentimenti contrastanti stessero nascendo, all'istante, nel cuore del più giovane dei due Brior lì presenti. Lo scorcio paesaggistico, del tutto pittoresco, del sobborgo magico di Hogsmeade non avrebbe richiamato quel fascino che da sempre aveva fatto sognare il Caposcuola Grifondoro, non quel giorno, né ci sarebbe riuscito il vivace locale dei Tre Manici di Scopa in cui erano entrati, lui ed Elijia, da poco. La testa gli stava per scoppiare, le mani tremavano per un'improvvisa rabbia che difficilmente avrebbe saputo gestire e che per poco non si sarebbe esaurita con un pugno diretto in faccia al Mago di fronte; se solo si fosse concentrato, avrebbe potuto già percepire il suono delle proprie nocche contro la mascella del cugino, in un movimento tanto repentino quanto fonte di soddisfazione perenne. Invece represse ogni reazione, perché tutto sommato, anche se mai avrebbe potuto ammetterlo, una parte di sé sembrava quasi interessata al discorso di Elijia. «Ascoltami, Ol. Dici sempre che questo segreto ti divora, che non puoi parlarne con nessuno, perché pericoloso, rischioso e blablabla.» *Lo ammazzo*, si ritrovò nuovamente a pensare il Grifondoro; non occorreva sfruttare il suo Dono per capire che di lì a breve l'immagine del pugno sarebbe divenuta reale. «Prova a pensare: come sarebbe poter condividere questo peso con qualcuno senza conseguenze?»
«Ma è proprio questo il punto, Elijia! Parlarne compromette anche-»
«Compromette anche l'altro, esattamente!»
C'era forse qualcosa di nascosto in quel discorso? Qualche nesso che era sfuggito all'attento giovane studente di Hogwarts? Stavano dicendo le stesse cose, lui e suo cugino, senza capirsi? Lo guardò con espressione sia corrucciata che sorpresa, le mani che prudevano sempre più per il desiderio di colpire qualcosa. O qualcuno. Elijia aprì bocca per fortuna subito dopo. «Se ne parlassi con un perfetto sconosciuto, no, ascolta! Ascoltami!» Il braccio dell'Irlandese si strinse attorno a quello dell'altro interlocutore, frenandolo non appena Oliver diede segno di voler andare via, voltandosi per non ascoltare più quelle idiozie. Lo sguardo del Veggente soppesò la mano di Elijia attorno il suo polso. Strattonò il braccio per liberarsi dalla prigionia, stizzito e infastidito. «Oliver, dannazione, stammi a sentire. Se condividessi questo segreto con uno sconosciuto, ad esempio... ad esempio la prima persona che incontri non appena me ne vado, allora potresti tentare, potresti parlarne liberamente. Non ti conoscerebbe, non saprebbe neanche il tuo vero nome. Fingiti qualcun altro, parla apertamente e vedi la reazione dell'altro. Se ti guarderà con sdegno o compassione, avrai ragione tu, quello che tanto ti preoccupa sarà dunque vero, potrai confermare che quanto ereditato sia soltanto una Maledizione.»
Oliver si mosse con difficoltà sulla sedia attorno al tavolo, come se ad un tratto la postazione fosse diventata estremamente scomoda; nel frattempo, Elijia non si era ancora fermato. «Se invece non proverai nulla di tutto questo, se lo sconosciuto si aprirà con te, accetterà con naturalezza il segreto che hai condiviso, magari anche perché attratto, sorpreso o chissà, forse incuriosito... allora avrò ragione io, Oliver, e mi pagherai dieci Galeoni.»
Il Grifondoro non fu in grado di nascondere un sorriso; anche se la situazione gli appariva più folle di qualsiasi altra cosa in quel momento, la voce di Elijia, le sue parole, perfino il tono utilizzato fino ad allora descrivevano una cornice di ipotesi niente affatto scontate, stuzzicando involontariamente la prima scintilla di aspettativa e speranza nel cuore del giovane Mago.
«So cosa ti sto chiedendo, Ol. Ma fidati, se dovesse andare storto qualcosa, mi trovi nei paraggi. Consideralo un esperimento.»
Davvero poteva essere così facile? Nessuna conseguenza, nessuna rimostranza, niente di niente? Era rischioso, senza dubbio, ma era elettrizzante. Oliver trasse un breve respiro, guardandosi attorno: la sala in quel momento non era gremita di clienti, non ancora. Si assicurò di non essere visto da nessuno, spostandosi di lato, sulla sinistra. Essendo di spalle all'ingresso del pub, si accertò, voltando il capo in modo rapido, di non essere mira di attenzioni altrui. A quel punto, poggiò una mano sul tavolo, quasi battendola silenziosamente contro la superficie di legno. «Aumenta la posta in gioco di venti Galeoni.»
E se avesse perso? Avrebbe effettivamente dovuto cacciare lui quella somma, mandando all'aria gli ultimi risparmi di più di due settimane. Tuttavia, era tanto disperato per la convinzione che da tempo lo attanagliava, che non avrebbe quasi immaginato di poter perdere. Nel periodo natalizio, tra l'altro, al tramonto di Santo Stefano, quei Galeoni non sarebbero stati disprezzati per farsi un regalo personale. Elijia annuì senza titubanza alcuna, andando a coprire con la sua mano quella di Oliver sul tavolo, in un gesto che sanciva la promessa e la scommessa. Cosa c'era in gioco, quale sarebbe stato il prezzo ultimo?
«A due condizioni, Elijia.»
Si sarebbe pentito un attimo dopo, ne era convinto.


Un altro respiro pesante, più simile ad un gesto esasperato che altro; il volto era leggermente accaldato, imbarazzato ancor prima che la pièce teatrale potesse dirsi iniziata. Oliver aveva accettato, suo cugino era andato via da pochissimo, non prima di aver rispettato le due condizioni che il giovane Brior gli aveva imposto: per tutelare se stesso, perché al gioco non avrebbe sottratto una parvenza di sicurezza, Oliver aveva chiesto al Mago più esperto di essere oggetto di una minima Trasfigurazione. Con pochi rapidi colpi di bacchetta e qualche Incantesimo appena sussurrato, lontani da occhi indiscreti, Elijia aveva mutato leggermente l'aspetto del cugino. I capelli ricci e castani erano rimasti tali, divenuti tuttavia di un biondo pari all'oro; gli occhi verdi si erano colorati di azzurro, in una forma più allungata, un pizzico orientaleggiante, che si sposava con eleganza al naso aquilino e all'incarnato rosato, acceso di una tinta maggiore sulle gote per via del momentaneo imbarazzo del ragazzo. Sopracciglia più chiare, non più castane come quelle del Grifondoro, concludevano un volto delizioso, ma diverso. Ad uno sguardo attento, tuttavia, il velo sarebbe stato a lungo andare discosto, rivelando qualcosa di familiare che avrebbe ricordato l'aspetto del Caposcuola vivace e quel giorno intimorito. E se la prima condizione sembrava essere stata esaudita quasi con divertimento da parte di Elijia - «niente capelli blu come l'ultima volta?» -, la seconda pure era stata accettata, sebbene con meno immediatezza rispetto alla prima. La fiala con cui Oliver stava distrattamente giocherellando, dunque, fu riposta nella tasca interna del giubbotto che indossava quel giorno; marrone, dal cappuccio con pelliccia morbida e non d'animale, a dispetto del tepore all'interno del locale, Oliver non si era ancora svestito. Sotto indossava una camicia a quadri, dal patchwork boscaiolo, sulle tonalità del rosso, chiaro e scuro geometricamente alternati. Un paio di pantaloni sempre marroni, scarpe da ginnastica dello stesso colore e un amuleto dorato, propiziatorio in onore del greco Apollo, pendente al collo sugli abiti concludevano la descrizione. Incantevole, ma distratto nell'espressione più evidente, Oliver trasse un ultimo respiro ristoratore e, nascosta la fiala, sollevò una mano per attirare l'attenzione della cameriera. Non avrebbe scelto il suo interlocutore, Elijia aveva posto come regola il fatto di considerare la prima - qualsiasi - persona incontrata, sulla quale si sarebbe posato lo sguardo di Oliver. Con gli occhi rivolti ancora verso il tavolo, si sarebbe prima concesso un drink più forte per la sua età, poi avrebbe agito come perfetto commediante. O almeno quella sarebbe stata la sua intenzione.

 
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view post Posted on 28/12/2017, 16:51
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Non riusciva più a ritagliarsi del tempo per se stessa, da qualche mese a quella parte. Certo, sì, era abituata ai numerosi doveri che la carica di Prefetto le imponeva, ma non a doverli dividere con il lavoro, che da poco aveva trovato preso il pub più rinominato di Hogsmeade. Nonostante fosse sempre stata una persona che il più delle volte aveva la testa tra le nuvole, in quell’ultimo periodo era riuscita a concentrarsi abbastanza da essere arrivata a trovare il giusto ritmo tra un impegno e l’altro, eppure… eppure non aveva il tempo nemmeno di mangiare. Quella notte aveva avuto il turno di ronda all’esterno del Castello e, nonostante questo, non era riuscita a recuperare un po’ di sonno la mattina seguente. Era andata a letto all’alba e alle otto e mezza era già sveglia. Aveva ritrovato la pace, in quel periodo, e anche l’appetito, ma l’insonnia non accennava a scomparire neppure per una notte. Ne aveva sempre sofferto, fin da quando era piccola, e non sapeva davvero come avrebbe potuto combatterla. Elijah Sullivan sembrava essere la cura a tutto, sì, ma per quel problema ancora nessuna notizia. Quel giorno era riuscita a vederlo soltanto di sfuggita, tra una lezione e l’altra, e poi lei sarebbe dovuta correre a Hogsmeade per coprire il suo turno ai Tre Manici di Scopa. Il pomeriggio sembrava essere abbastanza tranquillo, d’altronde il Natale era appena passato, e, per sua fortuna, la gente aveva finalmente smesso di andare in giro per il Villaggio con l’intento di comprare regali per i loro cari. Come se non bastasse, la maggior parte di loro, giacché erano lì, ne approfittavano per fermarsi a cenare o bere qualcosa proprio a quel locale. Finalmente, la situazione sembrava essersi tranquillizzata e soprattutto tornata al suo stato naturale, e Sophie aveva avuto modo di recuperare un po’ di serenità che aveva perso durante quelle feste. Non era ancora finita, questo lo sapeva, ma quanto meno avrebbe potuto approfittare di quei due o tre giorni di calma. La Serpina era già dietro al bancone intenta a servire i clienti che passavano al volo e, di tanto in tanto, passava tra i tavoli per sistemare anche gli altri. Era passato ormai molto tempo da quando aveva cominciato a lavorare lì, e sì, odiava dover trascorrere le serate tra gente ubriaca o ragazzini che partivano con mezza Burrobirra: quel suo naturale istinto omicida era praticamente aumentato proprio da quando aveva accettato quel lavoro, ma doveva trattenersi. Sapeva che doveva trattenersi. Ma sapeva anche che, prima o poi, sarebbe riuscita a sfogarsi, in un modo o nell’altro. C’era poi quel cliente che, spavaldo, si appoggiava con sicurezza sul bancone e pretendeva di essere servito prima ancora che parlasse. Ecco, a proposito di questo tipo di cliente, quale forza sovrannaturale cercava di mantenerla calma? Quell’incredibile voglia di versargli il drink che chiedeva nell’apposito bicchiere e farglielo bere con la forza fino ad affogarlo era sempre più presente, e Sophie poteva sentire il calore dato dalla rabbia in testa, che sembrava voler scoppiare da un momento all’altro. E invece? Ennesimo sorriso falso, ennesimo ringraziamento educato e si ritornava al punto di partenza.
Adocchiò, poco dopo, un tavolo dapprima vuoto a cui aveva preso posto un apparente giovane ragazzo, che, prontamente, alzò il braccio per richiamare la sua attenzione. Le sue iridi chiarissime avrebbero captato quel gesto perfettamente in tempo, e, a passo lento ma deciso, si avvicinò a quella figura.
– Salve. – Sentenziò, in un tono di voce non particolarmente alto. I suoi occhi, poi, cominciarono a scrutare il viso del ragazzo, e… Diamine, dove lo aveva visto? Oddio, no, era convinta di non averlo mai visto nella sua vita, ma… quel volto era fin troppo familiare. La forma degli occhi ma non il colore, i capelli ma non il colore... insomma, aveva come la sensazione che non appartenessero ad un forestiero. Osservò quel viso per un lasso di tempo indefinito, fino a quando i suoi occhi non si abbassarono verso i quadretti della camicia da boscaiolo, poi sui pantaloni. Le piaceva quello stile, doveva ammetterlo. Ed anche quello sembrava ai suoi occhi alquanto noto. Si rese conto, in quell’istante, che molto probabilmente stava esagerando, e che avrebbe messo il cliente in enorme imbarazzo e difficoltà se avesse continuato a guardarlo in quel modo, pertanto cercò di tornare con i piedi per terra e le sue labbra si schiusero nuovamente:
– Cosa posso portarle? –
 
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view post Posted on 29/12/2017, 16:48
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Non farlo.
Il pensiero fu tanto forte, tanto preciso nella sua mente sempre più distratta, a ben vedere, da risultare un autentico comando. Combattuto tra la speranza di ricevere un parere positivo, la consapevolezza di rischiare moltissimo, la curiosità di scoprire le carte in gioco e di scoprirsi senza conseguenze apparenti, Oliver si ritrovò a soffrire più del dovuto. Il respiro era difficoltoso istante dopo istante sempre più, il cuore batteva al pari dell'imbarazzo crescente, mentre le mani non riuscivano a stare ferme per nessun motivo al mondo. Si impose un certo autocontrollo, invano, perché se i palmi furono stretti a forza per frenare qualsiasi rivolta, le gambe presero il sopravvento sulla scia dell'esempio precedente e scandirono il tempo - quale, si chiese il Mago - sotto al tavolo, battendo i piedi sul pavimento con un ritmo non troppo scontato. Il desiderio di alzarsi di scatto, dirigersi all'uscita del locale e abbandonare ogni scommessa, ogni promessa, ogni difficoltà inerenti il discorso fatto con suo cugino Elijia poco prima, quel desiderio era incessante e stordiva il Caposcuola come mai prima di allora. Aveva davvero accettato? Aveva scelto di mettersi alla prova in una partita che sapeva già di perdere in partenza? Quale giocatore poteva essere talmente sciocco, allora? Si diede dello stupido e dell'avventato da solo, si punì con le unghie infilzate con vigore nella pelle delle mani, arrossando i palmi altrimenti pallidi, come se ad un tratto la stessa circolazione sanguigna si fosse fermata, impaurita da quanto stesse per accadere. L'istinto suggeriva di scappare, di lasciare incolume il proprio spirito e soprattutto libera la propria ragione, ma il corpo, forse più forte del previsto, restava ancorato ad un anonimo tavolino sul fondo dei Tre Manici di Scopa. Quando la voce della cameriera giunse a spezzare il momento di stasi creatasi tra i pensieri dello studente, l'emozione del momento e l'idea di essere stato sorpreso, quasi scoperto, giocarono un bruttissimo scherzo che si concluse con l'improvvisa perdita di concentrazione da parte del sempre attento rampollo di Casa Brior. Parve osservare la Strega di fronte con una certa curiosità, avvampando talmente da sentire le gote scottare in malo modo. «C-cosa?» chiese, ma al suo stesso udito quella domanda parve scontata, inutile, perfino fuori luogo. Non impiegò più di qualche secondo, per fortuna, a ripristinare l'ordine e il controllo, ma il danno poté dirsi concreto senza dubbio alcuno: se in quell'attimo, alla vista della cameriera, Oliver ricordò di dover fare un'ordinazione, avendo sollevato prima la mano per chiamare qualcuno al suo tavolo, dall'altro lato il ragazzo comprese anche di aver fatto un errore e di aver appena dato inizio alla scommessa. "La prima persona sulla quale si poserà lo sguardo", così aveva detto, più o meno, Elijia. E se le parole esatte non sembravano chissà quanto importanti a quel punto, di certo lo sarebbe stato il contenuto che sancivano. Oliver aveva appena guardato negli occhi la cameriera che si era rivolta con cordialità alla sua persona, ma ancor più aveva appena compreso di essere di fronte il Prefetto Serpeverde di Hogwarts. *Armstrong* pensò, per fortuna tanto imbarazzato e sorpreso da non pronunciarlo ad alta voce. Un volto familiare, una figura conosciuta: poteva essere così sfortunato in quel momento? Non si trattava di certo di remore e rimostranze nei riguardi della Strega, al contrario aveva sempre apprezzato l'innato fascino della donna poco distante, lo stesso incanto di cui Sophie si era rivestita con naturalezza durante il ballo scolastico invernale di fine scorso anno. Anche se Oliver poteva dirsi esperto conoscitore di pub, locali e negozi del sobborgo magico di Hogsmeade, perfino di anfratti poco raffinati come la Testa di Porco, fu costretto ad ammettere con se stesso di non essere a conoscenza dell'assunzione della Serpeverde da Madama Rosmerta. Non vi lavorava la Tassorosso che Oliver chiamava affettuosamente Ash, dopo averla vista più volte anche alle riunioni del Comitato per gli Elfi Domestici di cui era portavoce ed attivista? Eppure, a pensarci bene, era da tempo immemore che il Grifondoro non scorgeva Aschling anche solo tra i corridoi del castello. *Che fine aveva fatto?*
«Cosa posso portarle?»
Si accorse solo in quel momento di essere stato più in silenzio del solito e se lo stesso poteva dirsi per l'altra ragazza, per Oliver fu chiara la sua distrazione e niente di più, profondamente scosso dalla consapevolezza di giocare una partita - una scommessa - con una persona abbastanza familiare, un Prefetto della sua scuola, una collega e una studentessa di cui non sapeva molto. Poteva andare peggio, forse, ma fra Grifondoro e Serpeverde non scorreva buon sangue e quel pensiero bastò a preoccupare Oliver più del dovuto. Si schiarì la gola, tentando di afferrare gli ultimi barlumi del suo galateo, pronto ad impersonare la parte: la voce modulata affinché non potesse essere del tutto riconosciuta, frutto di un banale Incanto sempre ad opera di Elijia, il Caposcuola trasse un breve respiro e si gettò a capofitto, ormai, in quella pièce che aveva contribuito a creare. Ora che era in gioco, tanto valeva giocare al meglio delle sue possibilità.
«Una bottiglia del miglior Idromele Barricato che avete.» Alcool? Avrebbero chiesto una prova della sua maggiore età? In quel caso, Oliver avrebbe esibito la tessera ministeriale lavorativa di Elijia, ma sperava con tutto se stesso che il suo aspetto risolvesse quel grattacapo. Riacquistando sempre più l'autocontrollo di cui era dotato in abbondanza, per fortuna sfruttò un'altra scusa per amalgamare il tutto. «Aggiunga un Galeone di mancia, due calici e la richiesta gentile di potergliene offrire uno. Oggi festeggio il compleanno, ma a quanto pare...» - sollevò le mani, come ad indicare nei dintorni - «sono rimasto solo.»
 
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view post Posted on 1/1/2018, 21:41
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Sì, probabilmente aveva esagerato a guardarlo in quel modo. Sophie odiava avere dubbi che le martellavano in testa, era abituata a vedere tutto in modo assolutamente chiaro, era abituata al bianco o al nero, al giorno o alla notte. Odiava aver di fronte una persona ai suoi occhi familiare, ma che, di fatto, non aveva mai incontrato. Perché aveva una memoria così limitata? Era ovvio, da qualche parte doveva averlo pur visto, ma… dove? Fortunatamente, lui era talmente assorto nei suoi pensieri che non si accorse neppure dell’arrivo non tanto improvviso della cameriera, di conseguenza, sembrava non essersi accorto neppure dell’intento di lei di scrutarlo.
«C-cosa?» La Serpeverde alzò un sopracciglio a quella reazione, ma si ricompose immediatamente. Come poteva biasimarlo? Come poteva, se era lei la prima persona che, ogni volta che si perdeva nei suoi pensieri, si estraniava dal mondo esterno?
– Tutto bene? – Fu una domanda che fuoriuscì dalla sua bocca completamente d’istinto, ma di certo non perché si preoccupava di lui. Non lo conosceva, non lo aveva mai visto – forse –, ma era nel locale in cui lavorava lei, e, per ovvi motivi, doveva assicurarsi che tutto andasse bene. Nell’istante in cui ella riuscì ad incrociare i suoi occhi, ebbe la conferma di quello che aveva pensato l’attimo prima: erano fin troppo familiari. La voce, però… La voce aveva frantumato nuovamente tutti i suoi pensieri. Sperava di poterla sentire e poter associare quel volto ad un nome, ma invece… Nulla. Non l’aveva mai sentita. Quel ragazzo non sembrava avere un’espressione alquanto rilassata, aveva probabilmente qualche pensiero per la testa che lo rendeva così confuso, così lontano dal mondo esterno. Ascoltò, in seguito, la sua ordinazione e… davvero stava ordinando un’intera bottiglia di Idromele? Sophie piegò leggermente il capo verso destra e i suoi occhi si assottigliarono, come a volerlo scrutare ancora meglio. Non poteva avere un’età inferiore alla sua, assolutamente no. Prima ancora che ella potesse annuire, lo sconosciuto continuò a parlare, ma Sophie non gli stava dando molto ascolto. Poi, riosservando le sue labbra muoversi, si ripeté nella mente quello che aveva appena detto.
– Che? – Sgranò gli occhi, nuovamente d’impulso, prima di voltarsi per pochi secondi verso il bancone per assicurarsi che non vi fossero altri clienti in attesa. Non era di certo la prima volta che uno sconosciuto la invitava a sedersi e a bere, ma lei non aveva mai accettato. Quel ragazzo, al contrario di tutti gli altri, non sembrava avere secondi fini o chissà cosa in mente, ma lei… non era abituata ad essere gentile e di certo non aveva mai avuto alcun interesse a fare compagnia a giovani ragazzi soli. Avrebbe risposto un secco “no”, senza pensarci mezza volta, eppure era ancora lì, titubante. Non vi erano altri clienti, e l’ultimo tavolo servito si era appena svuotato. Era consapevole del fatto che non ci sarebbe stato nulla di male, se avesse accettato quell’offerta, e la cosa che la intrigava di più era proprio la presenza dell’alcol tra i due. Senza parlare poi di quanto fosse incuriosita da quella persona, e non perché era un bel ragazzo, no no. Doveva trovare una risposta a quei suoi mille dubbi, e se il prezzo da pagare era sedersi lì con lui e studiarlo, lo avrebbe fatto. Elijah era solito seguirla, quando lei aveva il turno ai Tre Manici di Scopa, ma quel giorno non lo aveva fatto. La seguiva per guardarla, per poter stare con lei nei minuti di stacco, e, sicuramente, per tenere d’occhio la situazione, considerando la sua – agli occhi di altre persone – esagerata gelosia nei suoi confronti. Invece lei lo amava, amava quel suo vizio da morire. Lei sapeva che scambiare quattro chiacchiere con uno sconosciuto non era assolutamente nulla di così grave, ma Elijah… lui non sarebbe stato dello stesso parere. Non osava nemmeno immaginare una sua eventuale reazione, se solo fosse entrato da quella porta e l’avesse vista seduta al tavolo con quel tizio.
Era il suo compleanno, le aveva offerto anche un Galeone di mancia, perché non renderlo felice, anche solo per cinque minuti? Sophie si ricompose dopo la sua iniziale sorpresa a quell’offerta, ma non accennò ad alcun sorriso né nulla del genere. Ma poi, qual era il problema del passare il proprio compleanno da soli? Sophie non ricordava nemmeno l’ultima volta che aveva trascorso il proprio compleanno con qualcuno, ma sapeva che, da quell’anno, tutto avrebbe avuto un altro sapore. Lo capiva, da un lato lo capiva, ma lei mai avrebbe cercato la compagnia di qualcuno.
– E sia. – Rispose, accennando un lieve, lievissimo sorriso.
– Ma solo uno. – Il tono di voce non era poi del tutto sicuro a quell’affermazione, principalmente perché sapeva che, quando Sophie cominciava a bere, difficilmente riusciva a smettere.
– Con permesso. – Gli diede un’ultima occhiata, prima di dargli le spalle e dirigersi verso il bancone. Afferrò la bottiglia di Idromele Barricato con la mano sinistra, mentre la destra andò ad afferrare il gambo dei due calici, incrociandoli tra di loro. Ritornò al tavolo, si fermò lì davanti e posò il tutto su di esso, poi stappò la bottiglia. Spostò di poco la sedia più indietro ed elegantemente vi si sedette, per poi tornare a guardare con sguardo freddo ma non troppo, il viso del giovane. Rimase in silenzio ed attese che fosse lui a fare la prima mossa.
Dopo tutto era il suo compleanno.


Idromele Barricato (Bottiglia) -> 5 Falci + 1 Galeone di mancia
[aggiornato]


Edited by Sophie Armstrong - 5/1/2018, 12:18
 
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view post Posted on 3/3/2018, 16:35
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Sarebbe stato così difficile tornare indietro, a quel punto? Quanto era trascorso dall'uscita di scena di suo cugino? Quanto tempo avrebbe dovuto ancora attendere, prima di sentirsi sufficientemente sicuro di non essere oggetto di quello sguardo severo? E quanto a lungo avrebbe dovuto trattenersi in quel locale? Se si fosse trattato di un gioco, uno qualsiasi, Oliver non avrebbe avuto problemi di sorta a prendervi parte: una bottiglia preziosa di un'altrettanta deliziosa bevanda in vendita da Madama Rosmerta, un pub non di certo indifferente al suo gusto personale, infine una ragazza senza dubbio incantevole a fargli compagnia. Nessuno, al suo posto, si sarebbe fatto troppi problemi, al contrario lasciare che gli eventi seguissero il loro corso naturale sarebbe stata la scelta migliore, nonché la più semplice tra tutte. Ma non era un gioco, Oliver lo sapeva bene. Era un esperimento e lui odiava, odiava con ogni parte di sé esserne soggetto ed autore. *Torno indietro*
Fu un pensiero così rigido, nella sua articolazione, che coinvolse e mente e cuore, facendo scattare le gambe in un movimento repentino. Quasi sul punto di lasciare il locale, il pagamento di quanto richiesto e la mancia promessa già posti sul tavolo cui era seduto, Oliver parve sentirsi perfino meglio, in pace con la coscienza. Aveva sbagliato, e di gran lunga ne era consapevole, ad accettare quelle regole fasulle di un gioco che non avrebbe dovuto prendere forma. E se Elijia, suo cugino, si divertiva più di chiunque altri in una situazione del genere, non essendone altro che mero spettatore, per Oliver era diverso. La posta in palio era troppo alta e il pericolo per la sua persona, per la sua protezione, per la sua vera e propria privacy, non pareggiava affatto il conto. Si fermò appena in tempo, i muscoli delle gambe già in tensione sotto il tavolo, quando la cameriera fece il suo ritorno. Non aveva possibilità di fuga, non aveva libertà alcuna, a quel punto. E più condizionato dalle norme comportamentali che da altro, perfino più del timore che ancora governava i suoi sentimenti, Oliver acconsentì alla tacita imposizione di restare. Accennò un sorriso, tanto leggero quanto palesemente forzato, prima di spostare l'attenzione alla coppia di calici portati. Ringraziò la giovane studentessa, consapevole di conoscerla ma non di essere totalmente riconosciuto, così da prendere poi la bottiglia per colmare i bicchieri. Il liquido ambrato parve scivolare velocemente fino a riempire i contenitori perlacei e fu un contrasto netto, oro contro argento, in una metafora che quasi riuscì a calmare il Veggente. Il sorriso sul suo volto divenne più sincero e la tensione iniziò a scemare, anche se lentamente. Poteva farcela, non era ancora il caso né il momento di preoccuparsi per davvero e a mali estremi, una soluzione era di sicuro già stata presa in esame. Offrì il calice alla ragazza, lasciandolo correre sulla superficie in legno del tavolo. «Grazie davvero per aver accettato.» Non c'era imbarazzo né ipocrisia in quelle parole, perlomeno in pochi attimi Oliver si dimostrò totalmente sincero con l'altra. «Un brindisi per festeggiare, allora? Con chi ho il piacere di condividere il mio compleanno?» chiese, e prima ancora che ricevesse risposta, come da copione, si presentò a sua volta per educazione. «Il mio nome è Loras.»

Un'identità fittizia, un'identità mancata.
Tra tante varianti, aveva scelto quel nome.
E i ricordi lo sommersero, così come il dolore.
Un sorso di Idromele e fu tutto meno oscuro, tutto meno forte, perché l'alcool bruciò ogni memoria. E fu pace, per un inizio che avrebbe potuto tramutarsi in epilogo; per un epilogo che avrebbe potuto cambiare drasticamente in dramma oppure in lieto fine. Questione di scelte, come sempre.
 
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view post Posted on 16/5/2018, 20:45
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I calici non erano propriamente adatti per bere l’Idromele. Amava lo stile e la bellezza dei corni, ma allo stesso modo odiava quanto fossero scomodi. Il più delle volte aveva visto alcuni suoi clienti cercare di fare bella figura nell’intento di bere da quel corno, ma era più il liquido che cadeva addosso ai loro vestiti, che quello che effettivamente finiva nello stomaco. Erano belli da vedere, ma scomodi da morire.
Quel periodo di pace e di stabilità mentale ed emotiva le aveva permesso di cominciare ad apprezzare – almeno un minimo – il lavoro ai Tre Manici di Scopa. Certo era che, tra i doveri che aveva come Prefetto della sua Casata e i turni al pub, aveva realizzato di avere davvero poco tempo da poter dedicare allo studio e, soprattutto, a lui. Nonostante lo vedesse poco per cause di forze maggiori, Elijah era sempre, perennemente nel suo cuore. Ma quanto sarebbe durato quel momento di tranquillità? Aveva davvero raggiunto quella fase di stabilità o le aspettava qualcosa di completamente assurdo o, addirittura, doloroso? Non sarebbe stato il caso di abituarsi all’idea di poter vivere una vita serena, ma non poteva farci nulla, si sentiva fin troppo bene per poter pensare al peggio o per poter accettare l’idea di dover trascorrere un altro periodo distruttivo. La sua incolumità era sempre stata la cosa più importante per lei, ma da adolescente innamorata per la prima volta, aveva raggiunto un livello di ingenuità fin troppo alto per la sua età. Fatto stava che, nonostante tutto, aveva accettato quell’invito, seppur dopo diversi momenti di titubanza. Perché aveva accettato? Si sentiva talmente tanto in pace con se stessa da cominciare ad essere gentile col prossimo? O semplicemente voleva approfittare dell’assenza di clientela e di quell’offerta da parte di quel cordiale ragazzo? Come poteva, una come lei, rinunciare a quella sensazione d’ebbrezza che poteva regalare l’alcol? A prescindere dal suo stato d’animo, aveva sempre apprezzato il piacere che regalava un bicchiere di Idromele o un tiro delle sigarette magiche di von Kraus, su questo non v’era dubbio. Ma quanto saggio poteva essere intrattenersi con uno sconosciuto? Per quanto familiari potessero sembrarle quei due occhi, era ancora pur sempre un estraneo. Ma c’era qualcosa in lui, qualcosa che l’aveva spinta ad accettare quell’invito, qualcosa che la incuriosiva. Dopo aver appoggiato il tutto sul tavolo ed essersi seduta di fronte al giovane ragazzo, afferrò il calice ormai colmo di liquido alcolico e, a sua volta, lo avvicinò a quello di lui. Loras si chiamava. Doveva ammettere che riusciva a percepire quella leggera nota di imbarazzo, in quella situazione, ed era altamente strano, per una come lei.
«Il mio nome è Sophie. Sophie Armstrong.» Portò il calice davanti al naso e l’odore forte quanto piacevole dell’Idromele le inondò le narici. Ne bevve un sorso e il calore dato dal grado alcolico della bevanda si fece sentire, ardendole l’esofago.
«Non so quanto tu possa essere stato fortunato a condividere il tuo compleanno con me, ma…» Appoggiò il calice sul tavolo e tornò a guardare il ragazzo.
«...Auguri, Loras.» Sentenziò, con una nota di freddezza nella sua voce. L’attimo dopo si guardò intorno, per assicurarsi, ancora una volta, che nessuno fosse lì a richiedere i suoi servigi.
«Non so perché, ma mi ricordi qualcuno. È come se ti avessi già visto da qualche parte…» Ammise, mentre si portava una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
«Studi ad Hogwarts?»

 
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view post Posted on 18/5/2018, 14:23
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Mantenere la calma, in quel momento più che mai, divenne necessità vera e propria; non avrebbe saputo spiegare neanche a se stesso il motivo alla base di quella decisione, di quel mettersi in gioco con tutto se stesso: accettare un piano così folle, una scommessa ancor più ridicola - e per lui pericolosa, senza alcun dubbio - non rientrava di certo nella prassi comune del ragazzo. Oliver non cercava il dramma, non cercava alcuna forma di tragedia: la sua stessa vita era già estremamente complicata da quando aveva scoperto l'eredità magica della sua famiglia paterna, tanto bastava per non voler intromettersi nell'ordine degli eventi, lui che di corsi e tempi era testimone autentico. Avrebbe sperato fin nel profondo di chiudere semplicemente gli occhi, un solo e rapido movimento, ritrovandosi subito dopo al caldo tepore della sua Sala Comune. Già mancava al Caposcuola quel senso di benessere, di tranquillità e di apprezzata solitudine, quando di sera tutti gli altri concasati erano nei rispettivi dormitori, mentre lui - vinto da quel ruolo spesso impegnativo, talvolta positivo - avrebbe perso tutto il tempo voluto con il dolce far nulla. Una pergamena tra le mani, una piuma caricata del più prezioso inchiostro, la scrittura di programmi per il Comitato, per il suo sviluppo, per il suo riconoscimento pubblico e tanto altro ancora sarebbe stata giusta compagna per una notte intera. Né il disturbo dell'insonnia né l'impellente necessità di addormentarsi avrebbero fatto la differenza, sarebbero stati ostacoli alla sua più intima preferenza. Ma il giorno tardava alla sua precisa conclusione, la sera non avrebbe visto il Grifondoro tra le accoglienti e misteriose mura del castello di Hogwarts, il pub di Rosmerta non era affatto un luogo sicuro, non per lui, non in quel preciso momento. Mandò giù un lungo sorso di Idromele, sentendo la gola bruciare al contatto con l'alcool, mentre il petto si alzava e abbassava per l'ennesima volta in modo troppo evidente, fin troppo forte. Non avrebbe retto quella bevanda così intensa più del dovuto, ne era sicuro. E già che la posta in gioco risultava personalmente tanto alta, a quel punto il gioco avrebbe dovuto prendere una piega del tutto a suo favore. Abbozzò un sorriso, increspando appena la bocca, mentre involontariamente anche il naso si arricciava al profumo dolciastro, eppure esagerato, del contenuto ambrato del suo calice. Quando si rivolse alla ragazza, la capacità di mentire divenne pari ad una necessità e la naturalezza con cui Oliver la adoperò, rivestendo la sua intera figura con ulteriori dettagli di un'identità ovviamente fittizia, quasi avrebbe avuto la possibilità di dissipare ogni dubbio nel cuore e nella ragione dell'altra. Il tono deciso, la consapevolezza pure, aprì bocca senza attendere ancora. «Studiavo ad Hogwarts fino allo scorso anno, mi sono diplomato ai G.U.F.O. e non ho voluto continuare con i M.A.G.O., per il mio sogno nel cassetto non ne avevo bisogno. Né avevo intenzione di farlo, ad essere sincero.» Offriva così nuovi intrecci, eccellenti trame di conversazione, di domande a bruciapelo, di curiosità cui avrebbe saputo rispondere. Sorrise, più determinato. «Ero un fiero ed orgoglioso Corvonero. Probabilmente mi avrai visto in giro, ero rappresentante del Club di Scacchi Magici. Non è mai andato ufficialmente in porto come progetto, non eravamo tanti, ma ci divertivamo. Immagino per la tua domanda che anche tu studiavi o studi ad Hogwarts, giusto? Ammetto di non averti mai vista prima, non uscivo molto. Ma non lo nego, vederti mi avrebbe fatto piacere.» Un occhiolino a fare da contorno, la fiducia in se stesso rinnovata sempre più con l'aiuto infinito dell'alcool. Quanti e quali dettagli aveva appena fornito: se la ragazza avesse fatto qualche ricerca ad Hogwarts - perché Loras poteva fingere di non saperlo, ma Oliver conosceva Sophie almeno di nome e di ruolo come qualsiasi altro Caposcuola -, allora avrebbe scoperto che sugli annuali o nei vari archivi del Club effettivamente scolastico nessun Loras sarebbe apparso. Per allora, si disse tacitamente, il pericolo di essere scoperto non sarebbe stato più così importante da risolvere. «Ho ricevuto in regalo questa boccetta di Acqua di Rose. Dicono che una sola goccia possa rendere qualsiasi bevanda non solo deliziosa, ma anche in grado di trasformare l'intera giornata in modo assolutamente positivo. Era un regalo di mio cugino, pensavo di condividerlo con qualcuno.» Estrasse dalla tasca del giubbotto che ancora indossava una bottiglietta interamente di vetro perlaceo, al cui interno un liquido roseo - Acqua di Rose calzava a pennello come nome, a quanto pareva - brillava luminoso. Lo stappò, rilasciando un profumo delizioso, floreale, che lui stesso non poté che apprezzare. «Una sola goccia, non è nulla di pericoloso. E chissà, potrebbe portarci cose belle. Inizio io, se ci stai.» Un altro occhiolino d'intesa, il sorriso luminoso, la mano destra già pronta a versare l'Acqua Magica nel suo calice, così per poi berla in un solo sorso. Ma si sarebbe prima assicurato che anche l'altra seguisse il suo esempio; se era in gioco, avrebbe senza dubbio preferito prendervi parte in compagnia. Quella bottiglietta non poteva vantare rischi eccessivi, non di certo, altrimenti non l'avrebbe bevuta per primo e senza dubbio non avrebbe potuto trasportarla tanto facilmente per tutta Hogsmeade. Fidarsi di uno sconosciuto era una cosa, ma fidarsi di qualcuno così familiare ne sarebbe stata un'altra?





 
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view post Posted on 24/5/2018, 11:10
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Non era mai stata particolarmente loquace né tanto meno era solita fidarsi delle persone. Ma la sua perenne curiosità andava oltre quelle sue fissazioni, andava oltre quel suo vizio di apparire fredda e distaccata dinanzi agli occhi di chiunque. Era stata dunque proprio quella curiosità ad averla spinta ad accettare di sedersi a quel tavolo, di condividere una bottiglia di Idromele con uno sconosciuto, di dargli modo di conversare pacificamente insieme a lei. La realtà dei fatti era che lei non era affatto cambiata, aveva sempre quella natura estremamente ribelle ed era perennemente una ragazza sulle sue, ma era pur sempre una cocciuta Serpeverde, e quando si metteva in testa qualcosa, faceva di tutto per raggiungerla. Più passava il tempo in compagnia di quel ragazzo, più si convinceva del fatto che avesse qualcosa da nascondere, e da ambiziosa quale era, avrebbe senza dubbio scoperto di cosa si trattava. Amava studiare le persone con gli occhi, ed in quel momento non faceva altro che scrutare ogni suo singolo gesto, ogni sua singola parola, ogni difetto presente sulla sua pelle. Osservava con estrema attenzione i suoi occhi, le sue labbra, il suo naso, le sue mani. Ogni piccolo dettaglio era indispensabile per poter capire cosa quel giovane avesse di così misterioso da nascondere. Ma, per quanto attenta potesse essere Sophie, lui non accennò ad un minimo passo falso, e chissà se col tempo si sarebbe tradito, in qualche modo. Ascoltò le sue successive parole ed ella assottigliò gli occhi, come per poterlo studiare meglio. Annuì, cercando di convincersi del fatto che molto probabilmente egli avesse quel viso conosciuto proprio perché aveva studiato ad Hogwarts. D’altronde lei era un Prefetto che vagava in giro per i corridoi e per i luoghi esterni del Castello, doveva pur averlo visto da qualche parte in quelle occasioni.
«Comprendo.» Si limitò a dire, non del tutto convinta, prima di portare nuovamente il calice vicino alle sue labbra.
«Studio ad Hogwarts, sì. Sono il Prefetto della Casata Serpeverde.» Aggiunse, poi, dopo aver assaporato il liquido ambrato. Le sue successive parole giunsero immediatamente alle orecchie della ragazza che, istintivamente, alzò un sopracciglio. Quale altro pazzoide avrebbe provato piacere nel poterla incontrare in giro per i corridoi? Si vedeva lontano un miglio che non la conosceva: in caso contrario, avrebbe dovuto sapere che lei era una delle studentesse più odiose del Castello, nonché uno dei Prefetti che i primini cercavano quanto più possibile di evitare, a causa del suo perenne sguardo colmo d’odio e per nulla contento. Restò in silenzio, ma la sua attenzione era fissa su di lui, in quel momento intento ad estrarre qualcosa dalla tasca. Si guardò intorno come impaurita da ciò che avrebbe potuto pensare la gente, ma, ancora, non vi era anima viva. L’aveva appena invitata a bere con lui quel liquido roseo che lei, di fatto, non aveva mai visto nella sua vita. Fatto stava che qualsiasi cosa che potesse darle piacere attirava la sua curiosità, ma quanto poteva fidarsi di quel Loras?
«Io non… Sto lavorando, non posso.» Sentenziò, con un tono di voce del tutto insicuro e preoccupato. La sua determinazione l’avrebbe portata ad andare fino in fondo o si sarebbe tirata indietro, prendendo la decisione di tornare a vivere la propria routine noiosa e priva di senso? No, quella richiesta era fin troppo succulenta per poter essere rifiutata.
«E sia.» Abbassò il tono di voce e tornò a scrutare il viso del ragazzo. «Ma se mi succederà qualcosa non farai una bella fine, sappilo.» Afferrò la bottiglietta e la portò vicino al naso. L’odore fresco e floreale le accarezzò l’olfatto, apparendo forse fin troppo dolce per i suoi gusti, essendo abituata all’aspro sapore dell’alcol forte. Versò il restante contenuto della boccetta nel calice ed attese che fosse lui a berlo per primo. Non doveva essere qualcosa di così pericoloso, a meno che Loras non era un pazzo depresso che voleva suicidarsi. Attese ancora qualche istante per assicurarsi che egli non morisse lì sbattendo la testa sul tavolo e, dopo aver guardato nuovamente il locale vuoto, chiuse gli occhi e bevve tutto in un sorso. Subito dopo, avrebbe appoggiato entrambi i palmi delle mani sul piano del tavolo. Non poteva immaginare cosa sarebbe potuto accadere di lì a breve, ma doveva sicuramente essere qualcosa di completamente inaspettato. O, addirittura, sarebbe potuto non succedere nulla. Ma, se doveva morire, tanto valeva farlo con stile.


 
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view post Posted on 10/6/2018, 12:32
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Attese per così intensi secondi da sentire l'adrenalina scorrere in ogni punto del suo corpo, insinuandosi lungo tutto il torace fino ad impattare al cuore con energia unica. Non avrebbe saputo definire quella sensazione al confine fra la preoccupazione più assoluta e la curiosità più accesa, ma di una cosa era sicuro: comunque fosse andata, avrebbe dovuto trovare una soluzione, un primo, secondo e terzo piano di fuga, per uscirne indenne in modo completo dall'intera situazione. Più di una riflessione era stata portata alla sua attenzione, più di una trama si era delineata tra i suoi pensieri, ma quel Futuro che già mutava in Presente non faceva al suo caso, non più di quanto avesse immaginato fin dal principio. Si lasciò andare ad un'ultima occhiata indiscreta nei dintorni, assicurandosi che la folla dei Tre Manici di Scopa restasse ancora un ricordo lontano, vuoi per il tempo in corso, vuoi per un colpo di fortuna. Scivolò in un respiro leggero, volto a darsi un contegno e un autocontrollo di grande valore, fin quando la conferma di Sophie giunse a coronare quel momento di stasi perenne. Oliver abbozzò appena un sorriso, le mani che già trafficavano con la boccetta di cristallo per aprirla, stapparla e riversarne un sorso sufficientemente abbondante nel suo calice colmo di idromele. Non avrebbe atteso più di un secondo aggiuntivo, fiducioso che anche l'altra seguisse il suo esempio. Quando il succo dolce, intenso e floreale invase la bocca in un tripudio di puro gusto, Oliver si ritrovò inconsapevolmente a chiudere gli occhi. Non una trama attendeva di essere scritta, non un accenno circa quanto sarebbe accaduto. Come aveva immaginato, l'effetto del Sognisvegli Brevettato dei Tiri Vispi Weasley, ultimo della sua collezione personale, stava prendendo forma. Così si preparò a qualsiasi fantasia fosse ormai in corso, mentre le mani si rilassavano, poggiandosi là dove in precedenza sostava il tavolo in legno del locale, là dove ora già si intravedeva una superficie ruvida, fredda, ghiacciata.

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Prima ancora di qualsiasi altra cosa, fu la sensazione di essere capitato altrove, in un luogo dalla temperatura particolarmente bassa, lontano da qualsiasi clima del Regno Unito, a farsi strada sulla sua intera figura. Percepì il gelo sulla pelle d'oca come una cappa tetra, impossibile da contenere, a tal punto da cercare immediatamente la bacchetta magica per porre fine a quel dilemma. Per un attimo che lasciò Oliver senza fiato, la possibilità di non aver più la sua arma d'abete lo lasciò di stucco, fin quando la ritrovò, tastandola sotto strati e strati di un abito che non gli apparteneva. Quando aprì gli occhi, infatti, si accorse di indossare tutto fuorché la camicia da boscaiolo a quadroni, così già di per sé atipica dall'eleganza di Oliver, ma ancor più da quella fittizia di Loras, il personaggio che stava tacitamente interpretando in quel gioco-scommessa tanto pericoloso.
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L'abito che scendeva leggiadro sulla sua esile figura era di certo raffinato, di impeccabile sartoria, poiché il tessuto non troppo pesante si articolava in morbidi intrecci orientaleggianti, sia di realizzazione sia di espressione visiva: artisticamente delizioso, presentava una sorta di geometria arabesca, che si snocciolava in una serie floreale, appena disegnati, lungo tutte le maniche, il torace, infine a giungere quasi alle caviglie. Pantaloni di un verde smeraldo si sposavano perfettamente ad una camicia stretta, pari a corpetto, i bottoni dorati e la cintura che attingeva a quei bagliori come pendant d'eccezione. Oliver si accorse di avere una spada in un punto del fianco destro, mentre alle mani così curate più di un anello faceva da comparsa generosa, splendente e luminoso con uno stemma simile ad una rosa, che tanto ricordava l'origine intricata del Triskell Irlandese della sua famiglia vera e propria. Si accorse stranamente di essere scalzo, mentre finalmente metteva a fuoco l'ambiente circostante: dava l'impressione di essere giunto in una stanza spoglia, antica e di impianto greco, con colonne imponenti che si destavano in file su entrambi i lati, giungendo infine ad una sorta di trono trafitto di spade. Si volse alla ricerca di Sophie, lo sguardo preoccupato ed elettrizzato insieme. Non appena intravista, le avrebbe rivolto un'espressione particolarmente distratta, aggiungendo così soltanto una frase.
«Saranno gli effetti collaterali?»
Ma prima che potesse ricevere risposta, da un punto indefinito dell'ampia e fredda sala giunse un'imponente voce a destare attenzione.
«Lord Tyrell, Lady Stark, avanzate!»
Oliver si volse indietro, confuso. Dove diavolo erano capitati?
 
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view post Posted on 5/7/2018, 15:24
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Per quanto curiosa potesse essere quella giovane e attenta ragazzina, non accennava mai ad apparire superficiale. Così orgogliosa, seppur nella sua semplicità, non avrebbe mai permesso che uno sconosciuto la facesse sprofondare nel baratro, e il suo essere perennemente prevenuta nei confronti di chiunque l’aveva portata a studiare dapprima un’eventuale reazione del suo interlocutore dopo che egli avesse ingerito quell’affare. Dopo aver appurato che egli fosse ancora vivo e vegeto, seguì i suoi stessi movimenti, bevendo tutto in un sorso il liquido appena versato nel calice. Quando si trattava di bere, non si era mai fatta tanti problemi, a prescindere da ciò che potesse essere. Di certo non poteva essere veleno, per quale motivo uno sconosciuto avrebbe voluto ammazzarla? I battiti cardiaci aumentarono a dismisura dopo poco tempo, mentre l’intero locale svaniva come fumo dinanzi ai suoi occhi. Ebbe come la sensazione di essersi improvvisamente Smaterializzata altrove, come in un mondo parallelo, completamente diverso da quello in cui aveva sempre vissuto, come fosse in un’altra epoca. Ci mise una manciata di secondi a tentare di aprire gli occhi, a causa di quel continuo giramento di testa talmente forte che le aveva dato anche un forte senso di nausea, ma alla fine ce la fece, seppur le sue pupille ci misero altrettanto tempo a mettere a fuoco su ciò che la circondava. La prima nonché unica figura che vide fu rappresentata da Loras, lo stesso ragazzo con cui stava interloquendo qualche attimo prima, ma con un outfit completamente differente. Non c’era più quella camicia a quadri scozzese, ma qualcosa di molto più attillato che apparteneva decisamente ad un’altra era.
amanda-seyfried-in-un-momento-di-tensione-in-red-riding-hood-196089 Spalancò gli occhi non appena lo vide e, istintivamente, portò gli occhi su se stessa, su ciò che indossava. Un ampio vestito colmo di orli e roba varia copriva il suo esile corpo, e solo allora si rese conto di quanto si sentisse stretta all’altezza del busto, talmente tanto che il seno le sembrò più prosperoso del solito. Impulsivamente, portò le sue mani proprio all’altezza del petto, come per coprirlo. Si sentiva assolutamente a disagio. Ma, esattamente, che cos’era successo? Che cos’era quella diavoleria che aveva bevuto? Portò nuovamente il suo sguardo sul ragazzo, sguardo che in quel momento divenne rabbioso e nello stesso tempo confuso.
«Che cosa mi hai dato?» Fu un sussurro, ma colmo d’ira. Pronunciò quelle poche parole dopo essersi avvicinata quanto più possibile a lui, fino a quando una voce, una terza voce, non giunse alle proprie orecchie. Ma con chi parlava esattamente? Erano presenti soltanto loro due, che cosa stava succedendo? Si voltò verso la direzione dalla quale sembrava fosse arrivato quel timbro maschile, e d’istinto portò il braccio di fronte agli occhi, all’altezza della fronte per l’esattezza, come a voler rimpicciolire il campo visivo del tutto offuscato da una specie di nebbia. I suoi capelli erano sempre gli stessi, alcune ciocche scendevano lungo il suo corpo, fino all’altezza dell’ombelico, biondi come al solito, ma leggermente più spenti e più ondulati sulle punte. La mano destra andò a toccarsi la testa, su cui sembrava esserci un laborioso intreccio che lei indubbiamente non sarebbe stata capace di fare. Spostando lo sguardo più in lontananza, riuscì a notare una specie di trono trafitto di spade, visione che la portò un’altra volta a sgranare gli occhi per lo stupore. Ma quell’uomo li stava ancora aspettando. Non avrebbe di certo potuto permettersi di fare un passo falso, non prima di aver capito dove si trovassero e da chi fossero circondati. Lanciò uno sguardo di intesa a Loras e avanzò, dopo essersi assicurata che lui la stesse seguendo. Più si avvicinava, più quell’uomo si faceva visibile. Statura più bassa del solito, capelli arruffati e rossicci, piccole manine ad indicare qualcosa di indefinito, ed una cicatrice enorme su una metà del viso. Non disse una parola, nonostante mille domande le cominciarono a martellare in testa. Non fece altro che seguirlo, pur non sapendo dove. Ma... Perché aveva un mazzo di fiori in mano?



 
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