Le mani continuavano a far girare tra le dita, al pari di una trottola, una fiala di vetro dal contenuto ambrato. All'interno del piccolo strumento, uno strano liquido del tutto perlaceo sarebbe sembrato quasi invisibile se non fosse stato per i baluginii dorati che rapiva dal riflesso dell'amuleto indossato dal Mago seduto a tavola. Confuso, distratto, di sicuro sovrappensiero, Oliver Brior non si era interessato più di tanto alle occhiate infastidite, altre curiose e altre ancora invadenti, dei clienti che sostavano nei dintorni. Era entrato ai Tre Manici di Scopa con passo felpato in compagnia di suo cugino Elijia poco prima: un espresso macchiato per lui, un calice di Acquaviola per l'altro. Quando Elijia era andato via, lasciando dietro di sé un dolce profumo di fiori e di alcool, Oliver era rimasto da solo e si era chiesto, doveva ammetterlo, se il cugino non fosse impazzito da un momento all'altro. Non soltanto quel piacevole odore, ma anche e soprattutto una scia di confusione era rimasta intatta, sospesa nell'aria; adocchiato un nuovo posto libero, poiché intenzionato ad allontanarsi pure fisicamente dal tavolo precedente, Oliver si era semplicemente seduto per la seconda volta, lieto perlomeno del fatto che quella postazione appena guadagnata fosse sul fondo della sala. Non era dell'umore, stranamente, di intessere una conversazione: né con amici né con sconosciuti, in quel momento avrebbe di gran lunga preferito restare davvero da solo. *Ma non posso*
La consapevolezza giunse un attimo dopo aver articolato quel pensiero, ma non fu affatto inaspettata. In gioco c'era molto di più di un desiderio, molto più di un capriccio personale; mentre la fiala volteggiava in un tripudio di riverberi e scintillii da un palmo all'altro delle mani, il Caposcuola non poté fare a meno di ripercorrere il ricordo di quanto avvenuto soltanto mezz'ora prima. E una strana sensazione di disagio, fastidiosa più di qualsiasi altra cosa, rese il suo respiro sempre più difficoltoso.
«Giochiamo una scommessa, allora.»
La voce di Elijia Brior era stata un sussurro appena udibile dall'altro ragazzo seduto di fronte, poiché entrambi sistemati ad uno stesso tavolino del locale di Madama Rosmerta. Qualche cliente solitario di passaggio bloccò sul nascere la risposta di Oliver, serrandogli bruscamente la bocca; si preoccupò di scoccare almeno un'occhiataccia al cugino, prima di essere del tutto sicuro di prendere parola senza correre il rischio di essere ascoltato da alcun orecchio indiscreto. «Sei impazzito?» Allontanò di scatto il caffè espresso che stava bevendo in quel momento, improvvisamente disgustato perfino dal sapore forte della bevanda. Poteva Elijia essere così dannatamente stupido? Non aveva idea di cosa stessero discutendo, non aveva idea di quanti sentimenti contrastanti stessero nascendo, all'istante, nel cuore del più giovane dei due Brior lì presenti. Lo scorcio paesaggistico, del tutto pittoresco, del sobborgo magico di Hogsmeade non avrebbe richiamato quel fascino che da sempre aveva fatto sognare il Caposcuola Grifondoro, non quel giorno, né ci sarebbe riuscito il vivace locale dei Tre Manici di Scopa in cui erano entrati, lui ed Elijia, da poco. La testa gli stava per scoppiare, le mani tremavano per un'improvvisa rabbia che difficilmente avrebbe saputo gestire e che per poco non si sarebbe esaurita con un pugno diretto in faccia al Mago di fronte; se solo si fosse concentrato, avrebbe potuto già percepire il suono delle proprie nocche contro la mascella del cugino, in un movimento tanto repentino quanto fonte di soddisfazione perenne. Invece represse ogni reazione, perché tutto sommato, anche se mai avrebbe potuto ammetterlo, una parte di sé sembrava quasi interessata al discorso di Elijia. «Ascoltami, Ol. Dici sempre che questo segreto ti divora, che non puoi parlarne con nessuno, perché pericoloso, rischioso e blablabla.» *Lo ammazzo*, si ritrovò nuovamente a pensare il Grifondoro; non occorreva sfruttare il suo Dono per capire che di lì a breve l'immagine del pugno sarebbe divenuta reale. «Prova a pensare: come sarebbe poter condividere questo peso con qualcuno senza conseguenze?»
«Ma è proprio questo il punto, Elijia! Parlarne compromette anche-»
«Compromette anche l'altro, esattamente!»
C'era forse qualcosa di nascosto in quel discorso? Qualche nesso che era sfuggito all'attento giovane studente di Hogwarts? Stavano dicendo le stesse cose, lui e suo cugino, senza capirsi? Lo guardò con espressione sia corrucciata che sorpresa, le mani che prudevano sempre più per il desiderio di colpire qualcosa. O qualcuno. Elijia aprì bocca per fortuna subito dopo. «Se ne parlassi con un perfetto sconosciuto, no, ascolta! Ascoltami!» Il braccio dell'Irlandese si strinse attorno a quello dell'altro interlocutore, frenandolo non appena Oliver diede segno di voler andare via, voltandosi per non ascoltare più quelle idiozie. Lo sguardo del Veggente soppesò la mano di Elijia attorno il suo polso. Strattonò il braccio per liberarsi dalla prigionia, stizzito e infastidito. «Oliver, dannazione, stammi a sentire. Se condividessi questo segreto con uno sconosciuto, ad esempio... ad esempio la prima persona che incontri non appena me ne vado, allora potresti tentare, potresti parlarne liberamente. Non ti conoscerebbe, non saprebbe neanche il tuo vero nome. Fingiti qualcun altro, parla apertamente e vedi la reazione dell'altro. Se ti guarderà con sdegno o compassione, avrai ragione tu, quello che tanto ti preoccupa sarà dunque vero, potrai confermare che quanto ereditato sia soltanto una Maledizione.»
Oliver si mosse con difficoltà sulla sedia attorno al tavolo, come se ad un tratto la postazione fosse diventata estremamente scomoda; nel frattempo, Elijia non si era ancora fermato. «Se invece non proverai nulla di tutto questo, se lo sconosciuto si aprirà con te, accetterà con naturalezza il segreto che hai condiviso, magari anche perché attratto, sorpreso o chissà, forse incuriosito... allora avrò ragione io, Oliver, e mi pagherai dieci Galeoni.»
Il Grifondoro non fu in grado di nascondere un sorriso; anche se la situazione gli appariva più folle di qualsiasi altra cosa in quel momento, la voce di Elijia, le sue parole, perfino il tono utilizzato fino ad allora descrivevano una cornice di ipotesi niente affatto scontate, stuzzicando involontariamente la prima scintilla di aspettativa e speranza nel cuore del giovane Mago.
«So cosa ti sto chiedendo, Ol. Ma fidati, se dovesse andare storto qualcosa, mi trovi nei paraggi. Consideralo un esperimento.»
Davvero poteva essere così facile? Nessuna conseguenza, nessuna rimostranza, niente di niente? Era rischioso, senza dubbio, ma era elettrizzante. Oliver trasse un breve respiro, guardandosi attorno: la sala in quel momento non era gremita di clienti, non ancora. Si assicurò di non essere visto da nessuno, spostandosi di lato, sulla sinistra. Essendo di spalle all'ingresso del pub, si accertò, voltando il capo in modo rapido, di non essere mira di attenzioni altrui. A quel punto, poggiò una mano sul tavolo, quasi battendola silenziosamente contro la superficie di legno. «Aumenta la posta in gioco di venti Galeoni.»
E se avesse perso? Avrebbe effettivamente dovuto cacciare lui quella somma, mandando all'aria gli ultimi risparmi di più di due settimane. Tuttavia, era tanto disperato per la convinzione che da tempo lo attanagliava, che non avrebbe quasi immaginato di poter perdere. Nel periodo natalizio, tra l'altro, al tramonto di Santo Stefano, quei Galeoni non sarebbero stati disprezzati per farsi un regalo personale. Elijia annuì senza titubanza alcuna, andando a coprire con la sua mano quella di Oliver sul tavolo, in un gesto che sanciva la promessa e la scommessa. Cosa c'era in gioco, quale sarebbe stato il prezzo ultimo?
«A due condizioni, Elijia.»
Si sarebbe pentito un attimo dopo, ne era convinto.
Un altro respiro pesante, più simile ad un gesto esasperato che altro; il volto era leggermente accaldato, imbarazzato ancor prima che la pièce teatrale potesse dirsi iniziata. Oliver aveva accettato, suo cugino era andato via da pochissimo, non prima di aver rispettato le due condizioni che il giovane Brior gli aveva imposto: per tutelare se stesso, perché al gioco non avrebbe sottratto una parvenza di sicurezza, Oliver aveva chiesto al Mago più esperto di essere oggetto di una minima Trasfigurazione. Con pochi rapidi colpi di bacchetta e qualche Incantesimo appena sussurrato, lontani da occhi indiscreti, Elijia aveva mutato leggermente l'aspetto del cugino. I capelli ricci e castani erano rimasti tali, divenuti tuttavia di un biondo pari all'oro; gli occhi verdi si erano colorati di azzurro, in una forma più allungata, un pizzico orientaleggiante, che si sposava con eleganza al naso aquilino e all'incarnato rosato, acceso di una tinta maggiore sulle gote per via del momentaneo imbarazzo del ragazzo. Sopracciglia più chiare, non più castane come quelle del Grifondoro, concludevano un volto delizioso, ma diverso. Ad uno sguardo attento, tuttavia, il velo sarebbe stato a lungo andare discosto, rivelando qualcosa di familiare che avrebbe ricordato l'aspetto del Caposcuola vivace e quel giorno intimorito. E se la prima condizione sembrava essere stata esaudita quasi con divertimento da parte di Elijia - «niente capelli blu come l'ultima volta?» -, la seconda pure era stata accettata, sebbene con meno immediatezza rispetto alla prima. La fiala con cui Oliver stava distrattamente giocherellando, dunque, fu riposta nella tasca interna del giubbotto che indossava quel giorno; marrone, dal cappuccio con pelliccia morbida e non d'animale, a dispetto del tepore all'interno del locale, Oliver non si era ancora svestito. Sotto indossava una camicia a quadri, dal patchwork boscaiolo, sulle tonalità del rosso, chiaro e scuro geometricamente alternati. Un paio di pantaloni sempre marroni, scarpe da ginnastica dello stesso colore e un amuleto dorato, propiziatorio in onore del greco Apollo, pendente al collo sugli abiti concludevano la descrizione. Incantevole, ma distratto nell'espressione più evidente, Oliver trasse un ultimo respiro ristoratore e, nascosta la fiala, sollevò una mano per attirare l'attenzione della cameriera. Non avrebbe scelto il suo interlocutore, Elijia aveva posto come regola il fatto di considerare la prima - qualsiasi - persona incontrata, sulla quale si sarebbe posato lo sguardo di Oliver. Con gli occhi rivolti ancora verso il tavolo, si sarebbe prima concesso un drink più forte per la sua età, poi avrebbe agito come perfetto commediante. O almeno quella sarebbe stata la sua intenzione.