Deal with the Devil, Privata

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view post Posted on 3/1/2018, 23:20
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You can take the darkness out of the man, but you can't force him to step into the light.

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Thalia J. Moran | 17 anni | Prefetto Tassorosso | IV anno

Ore 18

La sala principale del Castello era stata ideata con uno scopo preciso: unire gli studenti appartenenti a quattro gruppi differenti l'uno dall'altro per quelle che lei stessa definiva "peculiarità".
In quel salone, dalle pareti lunghe ed i soffitti irraggiungibili - incantati per mostrare a chiunque osasse rivolgervi lo sguardo la volta celeste in una qualunque delle sue poliedriche vesti -, centinaia di studenti si muovevano secondo passi scanditi dal ritmo delle lezioni.
Ogni giorno, quella Sala si animava di chiacchiere e risate, dello stridio di qualche civetta postina e - persino - di qualche gatto alla ricerca del proprio padrone disperso nella folla.

Quel pomeriggio, un venerdì per la precisione, la Sala Grande appariva spogliata della propria identità. L'orario di cena era proprio dietro l'angolo e per lei, che giungeva dal corridoio delle cucine, era facile captare i profumi di una modesta cena in preparazione; eppure, le quattro tavolate ospitavano solamente pochi eletti, ognuno religiosamente rannicchiato su se stesso, sperando che il tempo scorresse veloce o leggendo uno dei tanti manuali.

Lei stessa si era avventurata in quei luoghi fuori orario con il suo libro di Erbologia sotto braccio: la Biblioteca a quell'ora ribolliva di passi e chiacchiere soffuse ed il silenzio tanto decantato e ricercato al suo interno sarebbe stato solamente un triste miraggio; aveva perciò preferito rifugiarsi nell'ampio salone dai pavimenti in pietra e lunghe panche di legno.
In programma per quella sera c'era solamente il compito sull'Artemisia, una sciocchezza in termini di complessità - almeno secondo il suo punto di vista -, che sarebbe stato completato davanti al caminetto della Sala Comune, sotto lo sguardo vigile di Tosca. La donna incuteva una certa soggezione nell'Irlandese e la ragazza aveva sempre pensato che il soggetto dipinto avesse compreso le sue rimostranze mai davvero pronunciate sulla sua presenza in quella Casa. Col tempo, aveva compreso quanto si fosse sbagliata e, ora, lo sguardo dolce della sua fondatrice non la spaventava più. Ora riusciva persino ad accettare i loro colori: il nero perfetto ed il giallo nelle sue tonalità più svariate, da quella più intensa che ricordava la polpa di un ananasso a quella più sbiadita simile alle pallide sfumature cromatiche di una banana. Di sicuro, non avrebbe mai dimenticato il tentativo di catalogare per conto proprio l'intero spettro cromatico visibile nel corso di quegli anni.

Ogni buon proposito di portarsi avanti nel lavoro sull'Artemisia, tuttavia, venne vanificato dalla richiesta di Iris di giocare con lei a scacchi. Qualcuno nei paraggi, tra l'altro, si aggirava con uno strano aggeggio, probabilmente una specie di carillon di piccole dimensioni, che suonava una musica simile a quella di una cornamusa. Dopo aver gettato uno sguardo ben poco accomodante in direzione del ragazzino - che in breve tempo uscì dalla Sala - annuì alla sorella minore. Se avesse desiderato davvero completare il suo pomeriggio di studio, probabilmente, avrebbe dovuto cacciarla via; invece, aveva chiuso il testo con uno schiocco secco, posizionandolo sulla panca accanto a lei, accogliendo la scacchiera e scegliendo i pezzi bianchi.

*Tanto vale iniziare per prima.* - pensò. Punzecchiò la sorella quanto bastava per indispettirla e, mentre Fiona si aggiungeva al duo per commentare il match come una provetta cronista, la rossa mise a punto la mossa finale.
«Scacco Matto. Hai perso.» sentenziò, sorridendo sorniona. Come sempre, Iris incassò il colpo con grazia ed eleganza, iniziando a raccogliere i pezzi sul tavolo.
«Non cantare vittoria, Jane. Prima o poi ti batterò» annunciò fiera, incamminandosi verso i Sotterranei. Fiona, d'altro canto, rimase con lei qualche minuto in più sbirciando tra le pagine del suo libro.
«La curiosità ha ucciso il gatto, lo sai?» le disse, osservandola pigramente, il viso sostenuto dal palmo della mano sinistra. La destra si lasciò scivolare tra le dita i capelli vermigli, mentre i suoi occhi percorrevano il profilo della sorella. Si somigliavano appena nell'aspetto ed erano del tutto dissimili nel carattere; la sua attitudine diffidente l'aveva sempre tenuta lontana dai compagni per l'intera durata del suo primo anno; Fiona, invece, era riuscita a crearsi una seconda famiglia, fatta di amicizie vere sin dal primo giorno.
«Beh. Io andrei. Se Iris non c'è e non vi guardate in cagnesco... io non mi diverto.»
*Forse adesso potrò leggere in santa pace*
Le permise di congedarsi con un'alzata di spalle, appropriandosi del suo libro ed osservandola sgattaiolare via saltellando, proprio come faceva da bambina.
 
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view post Posted on 5/1/2018, 13:44
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Sophie Armstrong
Serpeverde | Prefetto | 17 Anni | ♪ VxQQqFv Ambition is the immoderate desire for power.
Se c’era un posto che Sophie aveva sempre evitato come la peste era proprio la Sala Grande. Odiava con tutta se stessa i posti affollati, li evitava fin dal primo giorno in cui aveva messo piede in quella Scuola. L’unico luogo che l’aveva sempre fatta sentire a proprio agio era la Sala Comune. Era lì che studiava, era lì che passava il tempo, era lì che si rilassava. E non poteva desiderare di meglio. Tra l’altro, non era sua abitudine fare colazione la mattina, a meno che non era in programma una partita di Quidditch. Solo in quel caso, saliva su in Sala Grande per mettere qualcosa sotto ai denti, ma attendeva l’ora tarda, quando presumibilmente si sarebbe svuotata. Si accontentava degli avanzi, pur di non avere a che fare col mondo esterno.
Ad ogni modo, si stava godendo quel giorno di libertà nel peggiore dei modi: studiando. Da quando aveva cominciato a lavorare come cameriera ai Tre Manici di Scopa, a stenti riusciva ad aprire un libro, dovendosi – inoltre – organizzare anche con i turni di ronda a Hogwarts. Il giorno dopo avrebbe dovuto trascorrere la nottata gelida sul limitare della Foresta Proibita, e col cavolo che sarebbe riuscita a rilassarsi un attimo davanti al fuoco in Sala Comune. L’idea la faceva già rabbrividire.
Aveva trascorso l’intera giornata in Dormitorio, distesa comodamente sul letto a pancia in giù, e davanti al viso aveva il libro di Cura delle Creature Magiche aperto a pagina cinque, eppure… eppure erano ormai le sei e mezza. Possibile che, da quando aveva aperto gli occhi quella mattina, si era messa a studiare e dopo minimo nove ore era ancora a pagina cinque? Aveva appena realizzato quanto tempo fosse passato inutilmente, a fissare quel dannato libro senza aver compreso neppure due righe di quello che c’era scritto, e si rese conto che, molto probabilmente, aveva bisogno di cambiare aria. Si diede una sistemata veloce alla divisa e ai capelli, raddrizzò la spilla da Prefetto e si diresse verso le scale che dal Dormitorio Femminile portavano dritte nella Sala Comune. Doveva pur esserci Elijah, di solito era lì che l’aspettava, su quel divano. Ma, di lui, non c’era traccia. Sbuffò, prima di incamminarsi verso i Sotterranei e, sconsolata, si diresse verso la Sala Grande. Non era propriamente un orario di punta, considerando che mancava almeno un’ora e mezza all’ora di cena, ma avrebbe corso il rischio, pur di cercare Elijah e poter trascorrere anche soltanto cinque minuti in sua compagnia. Aveva portato con sé quel maledettissimo libro di Cura, con la speranza di poter trovare un’illuminazione tra quelle lunghe tavolate. Superato l’ingresso, la Serpeverde si guardò intorno, in cerca di quel ciuffo chiaro, ma nulla. Osservò le numerose panche ivi presenti, le analizzò una ad una e scelse quella più vuota, dove sembrava esserci seduta una ragazza dai capelli vermigli di cui non riusciva a vedere il viso, e qualcun altro poco più lontano da lei. Sophie si sedette ad una debita distanza dalla rossa, aprì il libro alla maledetta pagina cinque, ma il suo sguardo continuava ad alternarsi tra quella riga e l’ingresso.
No, nemmeno quella era stata una buona idea.


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view post Posted on 7/1/2018, 16:24
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Thalia J. Moran | 17 anni | Prefetto Tassorosso | IV anno

Erbologia non rientrava nella rosa delle sue materie preferite: per quanta dedizione e cura si potessero dedicare alla semina e alla raccolta dei prodotti della terra, la disciplina che si occupava di istruire maghi e streghe sull'uso dei concimi e sulle tecniche di potatura meritava solamente di essere definita come lo strumento che permetteva la raccolta degli ingredienti fondamentali per la maggior parte delle pozioni.

Quello sarebbe stato l'ultimo anno disponibile per apprendere e migliorare in ogni campo del sapere magico, il termine ultimo per apprendere lo scibile prima dell'avvento dei tanto temuti G.U.F.O.; un solo anno e tutto sarebbe stato confermato o smentito. Di per sé, si trattava di un primo traguardo, al quale la Tassorosso intendeva arrivare preparata e - possibilmente - al primo posto.
Il desiderio di primeggiare rispetto ai compagni aveva subito un declassamento tra le sue priorità, visto e considerato che la sua vita sarebbe stata presto oggetto di cambiamenti. Non sapeva ancora che cosa le riservasse il futuro e, men che meno, avrebbe desiderato scoprirlo tanto in fretta. In quel preciso istante, del resto, si stava applicando anima e corpo alla lettura del testo di Erbologia, riacciuffato dalle mani della sorella meno di dieci minuti prima. Se l'Erbologia non attirava totalmente la sua benevolenza, d'altro canto l'argomento dell'ultima lezione aveva senz'altro incuriosito la giovane, che - col mento appoggiato al palmo della mano sinistra e un'espressione concentrata dipinta sul volto - anelava a conoscere tutti gli usi possibili dell'Artemisia.

Spostò agilmente i capelli vermigli sul lato opposto, lasciando così il profilo del volto ben visibile a chiunque avesse gettato uno sguardo alla sua figura; le iridi grigie correvano sulle sottili righe d'inchiostro e, istintivamente, le sue labbra formulavano silenziosamente i passaggi più importanti, come se quel semplice rito bastasse a farle ricordare le informazioni principali sulla pianta in questione.
Di tanto in tanto, sentiva la mancanza della Professoressa Goodheart e la sua passione per le piccole pianticelle conservate nella Serra numero tre; i suoi modi gentili - uniti ad un'attitudine pragmatica - ne facevano un'insegnante, a suo dire, eccezionale e un Auror capace. Ad ogni modo, quello era il passato e, tutto sommato, il Professor Black gestiva la cattedra discretamente, tanto che la sua media nella materia non era diminuita affatto nel corso degli ultimi anni.

Voltò la pagina, pronta a proseguire le sue letture, quando un foglietto di pergamena - più simile ad un ritaglio - si prestò al ruolo di segnalibro. In apparenza totalmente vuoto, sarebbe bastato girarlo per riconoscere la calligrafia tondeggiante dell'Irlandese e le annotazioni ivi contenute: date, luoghi ed orari. Ricordò con precisione quando, due sere prima, aveva annotato in fretta e furia i propri turni di ronda. Quella sera, fortunatamente, avrebbe goduto del tepore della propria Sala Comune per redigere la bozza del proprio compito di Erbologia e, se le fosse rimasto del tempo, avrebbe persino potuto scrivere qualche lettera.

*Sabato... Foresta... Armstrong.*
L'idea di monitorare la situazione al limitare della Foresta Proibita non la spaventava affatto: dopo la sua esperienza con un Centauro, poteva dirsi realisticamente soddisfatta per una vita intera; il sibilo di quella freccia, scoccata con lucidità e precisione estreme, risuonava ancora nelle sue orecchie; l'immagine del legnetto, che ancora oscillava per la forza dell'impatto, conficcato nella corteccia dell'albero, poi, riusciva ancora a sconvolgerla. Se avesse voluto, quella creatura avrebbe potuto trapassarla senza alcun problema.
L'altra questione, del resto, riguardava la compagnia durante il pattugliamento: Sophie Armstrong. Tutto ciò che sapeva di lei era che la maggior parte dei ragazzini temeva i suoi sguardi truci; in campo, nel ruolo di Battitore, sapeva essere sufficientemente aggressiva ed aveva iniziato a lavorare presso i Tre Manici di Scopa. Proprio lì l'aveva incontrata qualche settimana prima, in compagnia di un altro Prefetto: Nieve Rigos.
All'epoca le aveva rivolto candidi sorrisi e cenni gentili, ma non era sicura di potersi fidare completamente di lei. La giovane Serpeverde aiutava Mike e la Caposcuola Rose nella gestione della Casata, affinché tutto procedesse per il meglio, e questo - almeno sul piano teorico - le sarebbe dovuto bastare.

Sollevò lo sguardo dal libro per la prima volta, notando quanto - in soli quindici minuti - la Sala si fosse spopolata ulteriormente. Ora, un gruppetto di Grifondoro parlottava all'estremità del proprio tavolo, mentre un paio di Corvonero aveva seguito il precedente esempio della Tassorosso, iniziando una partita a scacchi. Sospirando, richiuse il libro di Erbologia, intenzionata ad abbandonare la nave prima che la stessa affondasse nel completo ed assoluto silenzio.
Fu allora che, dopo aver scavalcato la panca di legno scuro, individuò la figura accomodata ad un paio di metri da lei, in direzione dell'ingresso principale: capelli biondi, lunghi a coprire parte della schiena, ed una posa simile alla sua - china su un testo qualsiasi.
A colpirla, la visibilità delle cicatrici sullo zigomo destro: persino ai Tre Manici si era chiesta che cosa le fosse accaduto, ma aveva tutta l'intenzione - stranamente - di non volerlo scoprire.


«Armstrong.» l'apostrofò teatralmente, il suo accento tipicamente cantilenante a far da cornice al suo passo leggero «Posso?» e così dicendo indicò il posto accanto al suo, libero come il resto della lunga tavolata.
Glielo chiese senza troppe pretese, consapevole che - in quella presa di posizione - avrebbe potuto ricevere uno dei suoi tanti sguardi truci.
Se fino a qualche istante prima aveva l'intenzione di rifugiarsi sulla poltrona accanto al caminetto in Sala Comune, ora aveva cambiato decisamente prospettiva.

 
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view post Posted on 11/1/2018, 15:54
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Sophie Armstrong
Serpeverde | Prefetto | 17 Anni | ♪ VxQQqFv Ambition is the immoderate desire for power.
No, non era decisamente stata una buona idea. Eppure doveva ammettere che, da quando aveva conosciuto Elijah, aveva trovato un equilibrio interno accettabile, aveva ritrovato l’appetito, e soprattutto la voglia di fare. Non era mai stata una grande studiosa, ma, sì, da qualche mese a quella parte si sentiva molto più motivata del solito. E allora, per quale diamine di motivo, dopo altri dieci minuti trascorsi in Sala Grande, era ancora a pagina cinque del libro di Cura delle Creature Magiche?
Era abituata a vederlo ormai ogni giorno, anche soltanto per cinque minuti, e probabilmente era proprio quello il problema. Non lo vedeva da fin troppo tempo, e la sua mancanza si faceva sentire con violenza. Era quello, quindi, il motivo per cui non riusciva a concentrarsi? Considerando il suo istinto ad alzare il capo ogni tre per due in direzione dell’ingresso, si direbbe proprio di sì. Si limitava a quel movimento, voltandosi dunque nella direzione opposta alla posizione della ragazza non ancora identificata dai capelli vermigli, e, di conseguenza, non aveva potuto notare alcun suo movimento. Era riuscita, per quattro minuti, a non distogliere lo sguardo dal libro, eppure… eppure era sempre a pagina cinque. Sapeva, era consapevole del fatto che sarebbe bastato concentrare un po’ di più l’attenzione su quel maledetto libro, ma era più forte di lei. Il pensiero era sempre altrove, e lei non riusciva a gestirlo.
Aveva trascorso le vacanze di Natale, come suo solito, a Hogwarts, a sorvegliare quei pochi studenti rimasti al Castello. Era risaputo, quegli odiosi primini non aspettavano altro che la scuola si spopolasse per avere meno possibilità di essere scoperti, ma la tanto odiata Prefetto donna di Serpeverde era ben vigile, soprattutto in quel periodo dell’anno. Fosse per lei li manderebbe direttamente in Infermeria, solo in quel modo avrebbero potuto imparare le buone maniere, ma… purtroppo… quelle erano le regole, e andavano seguite. Certo era che lei era sempre stata la prima a violare il coprifuoco, ma quanto meno l’aveva fatto con stile, con astuzia, e soprattutto non era mai stata beccata da nessuno. Non aveva mai sopportato stare chiusa in quelle quattro mura umide, e amava poter trascorrere le nottate nella pace e nel silenzio che regalava il Giardino di Hogwarts. Amava osservare la luna, le stelle, amava udire il fruscio del vento e i versi delle creature che si aggiravano lì intorno… quelle erano le poche cose che apprezzava del Castello. Il poter fuggire, il poter trascorrere del tempo da sola, completamente da sola. E, quel vizio, lo aveva già da bambina. Nonostante fosse cresciuta in un’enorme Villa in un piccolo quartiere magico di Londra, odiava la freddezza di quel posto. Era solita uscire di casa quasi ogni notte, anche soltanto per potersi sedere sul prato che contornava la sua casa e respirare aria fresca. Non le importava se il cielo era stellato, se pioveva, se nevicava o se c’era un uragano, non le importava per nulla. Era disposta a tutto, pur di uscire fuori. Senza considerare anche quanto odiasse seguire le regole: non a caso, durante il suo primo anno si era recata ad Hogsmeade da sola, senza alcun Prefetto, eppure sapeva che non avrebbe potuto farlo. Eppure non si era fatta beccare. Alla fine dei conti, non sapeva dire se fosse troppo astuta lei, o se le nuove generazioni fossero talmente stupide da farsi riprendere prima ancora di fare il danno.
Fatto stava che era ancora china su quel diamine di volume, ma lei non vedeva altro che X sparse ovunque, senza alcun senso. Sbuffò, e, prima di rialzare lo sguardo verso il mondo dei vivi, una candida voce giunse alle sue orecchie come una melodia. Sophie voltò lentamente il capo nella direzione da cui sembrava provenisse quella voce, ed i suoi occhi si ritrovarono ad osservare il viso chiaro di uno dei Prefetti Tassorosso. L’osservò per un lasso di tempo indefinito, prima di ragionare e rimettere in ordine i suoi pensieri. Rimembrò di averla incontrata qualche settimana prima ai Tre Manici di Scopa in compagnia della Rigos. Rimembrò qualche sorriso che le aveva rivolto e che lei, di rimando, aveva ricambiato, come imponevano le buone maniere sul posto di lavoro. Collegò, dunque, quei capelli rossi che aveva adocchiato prima a quel viso, finalmente. E, poi la domanda che per forza di cose sarebbe dovuta venir fuori, o non avrebbe avuto senso il richiamo della sua attenzione. Prima di rispondere, spostò le iridi chiare verso la lunga tavolata ormai vuota, poi sul lato opposto. Nonostante ci fosse spazio in abbondanza per decine di persone, Sophie, istintivamente, fece per spostarsi col bacino per poter fare ulteriore spazio.

– Se proprio non ci sono altri posti... – Affermò, ironicamente, prima di posare nuovamente gli occhi sul libro di Cura. Era decisamente giunto il momento di arrendersi, anche se la resa non era mai contemplata tra i suoi pensieri, ma sapeva che quella sarebbe stata una guerra persa, almeno per quel giorno. A breve si sarebbe avvicinata l’ora di cena, e di certo non aveva intenzione di passare molto tempo in Sala Grande, né tanto meno avrebbe trascorso la serata a continuare ad osservare la pagina cinque di quel volume.

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view post Posted on 12/1/2018, 17:49
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Thalia J. Moran | 17 anni | Prefetto Tassorosso | IV anno

«Oh, non affannarti.»
Quelle parole affiorarono alle sue labbra con semplicità, senza che fosse possibile confondere la sua spontaneità con un altro genere di atteggiamento.
Appoggiò il libro di Erbologia sul tavolo, accomodandosi sulla panca con il busto rivolto verso l'esterno. In quel modo, seppur sedute l'una accanto all'altra, la Armstrong avrebbe potuto vederla chiaramente in volto, scorgendo ogni dettaglio del suo viso e leggendone chiaramente ogni espressione.


«Spero di non aver interrotto il tuo momento di studio.» aggiunse poi, ironizzando un po'. L'aveva chiaramente disturbata, forse salvandola da un noiosissimo quarto d'ora, ma nel suo piccolo avrebbe desiderato sincerarsi della situazione reale. Le piaceva la chiarezza, che fosse d'intenti o di parole, dunque non si sarebbe risparmiata delle scuse qualora la compagna avesse manifestato un chiaro assenso.
Non sapeva se la Armstrong fosse ligia al proprio dovere di studentessa tanto quanto - almeno così si diceva - fosse prodiga nel garantire punizioni agli abitanti del castello meno rispettosi. Bisognava ammettere che, in fondo, giungere a quel livello - con una spilla al petto, un lavoro come garzone e una discreta media scolastica - richiedesse svariati sacrifici.
Dal canto proprio, riusciva a vedere Mike durante i pasti e nelle rare ronde serali che i due condividevano da un anno a quella parte, ma il suo lavoro presso Zarathustra ed il suo impegno come Prefetto non l'affaticavano più come, invece, era accaduto nei primi tempi.


«Cura delle Creature Magiche, uh?» chiese, accennando con il capo al libro chiuso tra le sue mani «Disciplina affascinante, senza dubbio. Merito anche dell'insegnante, probabilmente.»
Quel commento scivolò in un sussurro, ma la Serpeverde avrebbe potuto cogliere l'assenza di malizia in quella frase, quanto una discreta onestà nell'affermare l'innegabile apporto del docente alla comprensione della materia.
In quell'ultimo periodo si era concessa il privilegio di stilare una classifica mentale, del tutto personale, dei docenti schierati dal neo-preside Peverell: Black si trovava esattamente a metà della sua scala di gradimento, preceduto all'apice dal Preside e dalla docente di Pozioni, nonché Ministro della Magia.
Era curiosa di sapere che cosa ne pensasse lei, visto e considerato l'argomento del suo tentativo di studio pomeridiano.



Edited by Thalia Moran - 12/1/2018, 22:04
 
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view post Posted on 16/1/2018, 12:59
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Sophie Armstrong
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Perché non si era ancora alzata per abbandonare quel posto? Eppure era così che faceva, quando qualcuno si avvicinava a lei nell’intento di conversare un po’. Tra l’altro quante volte qualcuno aveva avuto il “coraggio” – per così dire – di avvicinarsi a lei ed incrociare il suo gelido sguardo? Sì, era successo ogni tanto, ma lei era sgattaiolata via prima ancora di permettere a questo “qualcuno” di aprire bocca. Oppure, se gli aveva dato l’onore di restare, non si rivelò altro che una conversazione fatta di battibecchi vari e lei si era rivelata essere la solita e acida Sophie Armstrong. Ma, considerando che si trovava in un periodo di “transizione”, non si sentiva, in quel momento, di fare lo stesso. Senza considerare anche il fatto che, di recente, aveva cambiato modo di vedere il mondo esterno, ed era – in un certo senso – maturata, da questo punto di vista. Tra l’altro aveva imparato a non sottovalutare gli adepti di Tosca, nonostante durante il suo primo anno non aveva fatto altro che snobbarli. Sophie era piuttosto brava a capire, con un solo sguardo, chi, a pelle, poteva esserle simpatico o meno, e raramente riusciva a sbagliarsi. Thalia Moran era una di quelle persone che, probabilmente, sarebbe potuta entrare nelle sue grazie, ma la Serpeverde era fin troppo prevenuta per poterlo dire subito. Si sarebbe concessa il beneficio del dubbio, ed avrebbe approfittato di quella situazione per capire se, anche quella volta, avrebbe potuto ritenersi soddisfatta delle sue aspettative.
«Spero di non aver interrotto il tuo momento di studio.» Stava continuando ad osservare il libro aperto di Cura, ma le sue orecchie erano ben vigili nell’intento di captare ogni singola parola che sarebbe uscita dalla candida bocca della Tassina.

– Oh, ma no, cosa te lo fa pensare? – Non si degnò di alzare il capo dal libro, non ancora, quanto meno. Thalia avrebbe potuto cogliere perfettamente quel velo di sarcasmo ed ironia nel tono della sua voce, ma… molto probabilmente, se aveva scelto di avvicinarsi a lei, voleva dire che era alquanto consapevole di quello che le sarebbe aspettato. Fece un respiro profondo, prima di spostare la mano destra sull’angolo destro della pagina cinque e la girò, nonostante non avesse letto nemmeno metà paragrafo. Sembrava, però, che la Tassorosso non avesse intenzione di mollarla, tanto che, dopo qualche secondo, pronunciò qualche altra parola.
«Disciplina affascinante, senza dubbio. Merito anche dell'insegnante, probabilmente.» Furono esattamente quelle parole a destabilizzare per un attimo la sua mente e ad attirare la sua attenzione. Sophie sgranò gli occhi dopo averle udite, e ricordò come fosse il giorno prima quel Ballo di Fine Anno trascorso in compagnia del Professor Black. Che cosa sapeva, esattamente? Che li avesse visti ballare, quella sera? Tutto quello che successe tra lei e quel Docente, doveva ammetterlo, era finito nel dimenticatoio da ormai molto tempo, ed in quel momento quel ricordo si ripresentò con violenza, provocandole delle palpitazioni più veloci. Non che ci fosse stato qualcosa tra di loro, perché – di fatto – non c’era stato nulla, considerando che lei stessa aveva messo un punto prima ancora che potesse accadere qualcosa. Il viso di Elijah si ripresentò nella sua mente, ed un dubbio improvviso cominciò a martellarle nel cervello. Lui non sapeva ancora nulla, di quel piccolo “sbandamento” che aveva avuto qualche anno addietro, ed il problema in quel momento era: dirglielo o non dirglielo? E se l’avesse saputo da altre persone, come l’avrebbe presa? Avevano ballato lì, di fronte a tutti. Chi non avrebbe potuto far caso ad una studentessa che ballava con un Docente, nonostante fosse stata una cosa del tutto innocente? Ma soprattutto, perché quell’affermazione appena uscita fuori dalla bocca della Moran le aveva fatto venire tutti quei dubbi?
Non poteva essere una provocazione, e dal tono di voce della Tassina non lo sembrava neppure, pertanto, riprese immediatamente il suo autocontrollo e si ricompose. Istintivamente, infilò la mano sinistra sotto la copertina del libro e, con violenza, lo chiuse, provocando un tonfo che avrebbe potuto udire anche lo studente al tavolo accanto. Alzò il capo e si girò lentamente verso Thalia, ritrovandosi il suo viso di fronte agli occhi. Nonostante tutto, Sophie riuscì a rendere l’espressione del suo volto del tutto rilassata e, dopo aver penetrato le iridi chiare della compagna con le sue, schiuse la bocca.

– Temo ce ne siano di migliori, al momento. – Sentenziò.
– …Ma anche di peggiori, direi. – Si lasciò sfuggire, d’istinto, quella piccola considerazione, probabilmente nell’intento di accantonare il discorso relativo al Professor Black. Spostò per un attimo lo sguardo verso la direzione da cui sembravano provenire dei passi, ma… no, era soltanto un primino che stava attraversando il centro della Sala Grande per andare a sedersi chissà dove.
La cosa brutta era che non era lui, nemmeno quella volta.



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Thalia J. Moran | 17 anni | Prefetto Tassorosso | IV anno

Non si poteva dire che non avesse una preferenza per gli adepti della Casa verde-argento. Levine e lo stesso Mike erano esponenti di quel gruppo ed il secondo ne era addirittura Prefetto; le sue amicizie, certamente, non conoscevano colore e benché si pensasse spesso a loro come ad individui ambiziosi e disposti a tutto, solo pochi percorrevano le orme del proprio Fondatore.
«Mi chiedevo quando avresti usato della sana ironia.» commentò sorridendo. Immaginava la Armstrong come una figura schiva ed altezzosa, algida quasi. Di rado la si vedeva sorridere e nei rari momenti trascorsi insieme, si erano scambiate poche parole di circostanza. C'era il desiderio, dunque, da parte sua di approfondire maggiormente la sua conoscenza, se non altro per inquadrarla al meglio e capire quanto, in definitiva, avrebbe potuto affidarsi a lei durante le ronde serali che - oltre a quella dell'indomani - avrebbero affrontato insieme.

La Foresta Proibita non l'aveva mai spaventata e, benché molti ne stessero alla larga solamente a causa dei moniti degli insegnanti e dell'allora Preside, lei stessa vi aveva avuto accesso. Non ne andava fiera, visto e considerato il modo in cui ne era uscita indenne, ma doveva ammettere che l'oscurità e le Creature ivi celate, in quel microcosmo fatto di regole intangibili e - ciò nonostante - conosciute universalmente, aveva sortito su di lei un effetto benefico. Il limitare della Foresta invitava spesso gli studenti del primo anno ad ingaggiare gare e prove di coraggio, quasi che accedere alla zona proibita del giardino li avesse resi maghi più esperti; riflettendoci meglio, se solo avessero saputo quali insidie si celavano tra i fusti e le felci selvatiche avrebbero presto mutato la propria opinione.
Tuttavia, non si dovevano sottovalutare gli eventi in corso nel loro mondo in quel periodo: la destituzione o - come l'avevano definita i giornali - le dimissioni della Preside Bennet, inducevano a pensare che Hogwarts non fosse più il luogo idilliaco che lei stessa aveva conosciuto al proprio arrivo. Era bene capire, quindi, su chi avrebbe potuto fare affidamento. La Armstrong, per volere del Destino, era solamente la prima di una lunga lista di individui.


«Il Professor Black si dà parecchio da fare.» replicò distrattamente, scostando una ciocca di capelli dal viso e spostandola dietro l'orecchio. Sistemò le pieghe della gonna grigia, mentre la gamba destra si sovrapponeva alla sinistra senza dare troppo nell'occhio.
«Lo scoprirai, almeno credo.» aggiunse in fretta, sorridendole amichevolmente.
Al principio del suo terzo anno, la Armstrong aveva appena affrontato i rudimenti della Magizoologia. Lo capì sbirciando le pagine di quel libro che - oramai - conosceva a memoria.
«Scoprirai che ci sono argomenti interessanti da trattare... sempre che questa sia la materia giusta per attirare la tua attenzione.»

Per sua sfortuna, o per il suo contrario, Desmond aveva incrementato quello che - da bambina - era un suo interesse piuttosto vago. Appassionata di tutto ciò che richiedeva logica e razionalità, Cura delle Creature Magiche l'aveva messa di fronte ad una serie di casistiche ed eventualità in grado di sconvolgere il suo modus operandi: era una disciplina che richiedeva competenze specifiche ed una buona dose di istintività, un lato del suo carattere che tendeva a nascondere per paura.
Non era sempre stato così, naturalmente. Se non fosse stata animata da uno spirito impavido, di sicuro non si sarebbe avventurata nella Foresta Proibita, mantenendo il sangue freddo necessario per argomentare un breve - seppur significativo - confronto verbale con un Centauro.
Con il trascorrere degli anni, avvicinandosi ad una soglia di maturità ben lontana dall'ingenuità della fanciullezza, aveva compreso quanto fosse necessario bilanciare tutte le componenti del proprio carattere e della propria personalità.

Di rado, poi, si era permessa di commentare l'operato degli insegnanti più approfonditamente.
Nella sua idea di ambiente scolastico, i docenti erano maghi e streghe preparati, con una certa dose di amore per il proprio lavoro che avrebbe impedito loro di uscire dal percorso stabilito.
Eppure, nonostante le buone intenzioni, una certa testolina bionda di origini lontane era riuscita ad insinuare in lei il germe della rivolta contro un sistema che - sia all'interno sia all'esterno - iniziava a perdere di mordente.
Si chiese se anche la Armstrong non avesse qualche sassolino nelle scarpe, se qualche docente avesse urtato il suo modo di essere, e di vedere il mondo, attraverso atteggiamenti poco affini alla professione intrapresa.

«Che cosa intendi?»

OT: Il fatto che abbia considerato il libro di Cura chiuso resta un mistero. :grat:
 
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Sophie Armstrong
Serpeverde | Prefetto | 17 Anni | ♪ VxQQqFv Ambition is the immoderate desire for power.
Non aveva avuto neppure il tempo di leggere la prima parola della pagina sei, che la voce della Tassina la distolse nuovamente dal suo disperato tentativo di studiare. Sapeva che era quella la fine che avrebbe fatto quella giornata, eppure non riusciva a togliersi dalla testa quella paura di non riuscire a combinare qualcosa di utile durante quel terzo anno.
«Mi chiedevo quando avresti usato della sana ironia.» Accennò un piccolo, minuscolo sorriso istintivo subito dopo aver udito quelle parole, prima ancora di alzare lo sguardo in direzione del viso chiaro della compagna.

– Lieta di non averti fatto attendere a lungo. – Sentenziò, muovendo appena la bocca. L’ironia ed il sarcasmo erano sempre stati il suo forte, eppure era davvero da molto tempo che non si degnava di usarli come si deve.
I modi bruschi della Serpeverde, comunque, sembravano non aver messo in difficoltà l’adepta di Tosca, e Sophie non poté far altro che apprezzarlo. Era un movimento che faceva sempre, quando si arrendeva a quei vani tentativi di studio. Se poi erano accompagnati da un’ulteriore distrazione esterna, era anche peggio. Cominciò a chiedersi come mai Thalia non si fosse ancora arresa, come mai fosse ancora lì ad intrattenersi con lei. Cominciò a chiedersi anche che cosa, esattamente, ci facesse una come lei in quella Casata. Più passava il tempo in quel Castello, più si rendeva conto di quanto, in realtà, ogni singolo individuo ivi presente fosse diverso l’uno dall’altro. Certo era che quelle erano soltanto sue impressioni, considerando che non conosceva ancora quella ragazza come si deve, almeno non abbastanza da poterla inquadrare in una determinata prospettiva. Ma poteva dire con certezza che non tutti gli studenti Tassorosso avrebbero continuato imperterriti quella conversazione che ad un primo impatto sembrava fosse a senso unico.
Ad ogni modo, come si era potuto vedere, si era arresa alla Magizoologia, ma non aveva nessuna intenzione di rinunciare alla materia. Voleva darle un’altra possibilità. Sapeva benissimo che le prime nozioni erano sempre quelle più pesanti e noiose, ma vi erano fin troppe Creature Magiche che la affascinavano. I Draghi erano in cima alla lista. Non aveva, purtroppo, avuto la possibilità di poterli vedere di persona, ma nell’enorme Biblioteca presente nella sua gelida Dimora, erano presenti molti libri, alcuni dei quali parlavano proprio di queste meravigliose creature. Aveva trovato il suo passatempo preferito, prima di cominciare gli studi a Hogwarts: leggere libri sui Draghi. Era l’unico argomento che, in tutti quegli anni, era riuscito ad affascinare la mente malata di Sophie, quindi… Perché avrebbe dovuto arrendersi allo studio di Cura delle Creature Magiche? Era consapevole di quanto tempo ed esperienza ci volessero per poter arrivare a studiarli bene, ma l’ambizione che la contraddistingueva doveva pur servire a qualcosa, no? Era dunque quella una delle materie che avrebbe attirato la sua attenzione?

– Ah, temo proprio che lo scoprirò presto. –
Rifletté nuovamente sull’argomento “Professor Black”, ma in maniera molto più lieve e tranquilla. Era passato più di un anno da quel Ballo di Fine Anno, e, se qualcuno li avesse visti e di conseguenza pensato male, perché non le era giunto all’orecchio? Si sapeva, le voci giravano, anche se non sempre arrivavano ai diretti interessati. Ma lei, solitamente, aveva orecchie ovunque, e, in un modo o nell’altro, lo avrebbe saputo. Evidentemente, erano poche le persone che li avevano potuti vedere, persone che comunque sarebbero potute essere pericolose. Elijah non avrebbe dovuto saperlo, non da altri. Solo da lei.
Ascoltò poi la sua domanda, a cui Thalia sembrava voler esigere una risposta. Deglutì, principalmente perché era stata soltanto qualcosa buttata giù così. Una piccola considerazione personale, che, comunque, non seguiva un discorso ben preciso.

– Sinceramente, Moran, parlavo in generale. Diciamo che non sono una persona che si accontenta facilmente, ragion per cui è piuttosto raro che qualcuno mi vada a genio, principalmente se si tratta di Docenti. – Fece una piccola pausa, prima di cercare di girare ancora di più il busto in direzione della compagna.
– Se devo essere sincera, non ho una lista dei Docenti che mi piacciono più, né di quelli che mi piacciono di meno. Diciamo che, grosso modo, sono in questa scuola perché ne sono obbligata. –



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Thalia J. Moran | 17 anni | Prefetto Tassorosso | IV anno


Nulla al mondo la divertiva di più di indispettire qualcuno. Il passatempo aveva trovato diversi bersagli nel corso di quegli anni e in molte occasioni era riuscita a farla franca con un bel sorriso stampato in volto e qualche scusa arrangiata alla bell'e meglio. La tendenza, poi, era stata invertita con l'aiuto di una certa studentessa Corvonero, che aveva favorito un'ulteriore spinta verso la tanto agognata maturità: alla soglia dei diciassette anni, a metà del proprio percorso di studi e con il principio di un progetto di vita in cantiere, aveva iniziato a pensare che fosse il momento di preferire la serietà alla più sciocca perdita di tempo.

La sua presenza lì, accanto ad una Serpeverde con la quale - in apparenza - non aveva nulla a che spartire, non era comunque casuale; non aveva alcuna intenzione di turbare il suo studio né bramava indispettirla. Solo Merlino avrebbe saputo dire quale sarebbe stata la punizione per chiunque avesse osato tanto.

«Oh, lo immagino.» le fece eco con un tono vago e distratto, mentre ispezionava il resto della Sala Grande con un'occhiata veloce. «Non era di questo che volevo parlarti, comunque.»

Dritta al punto, precisa.
Non avrebbe sprecato il suo tempo e nemmeno quello della ragazza che, visibilmente infastidita, cercava ogni spunto possibile per scacciarla. Il suo sguardo continuava a tornare su quelle pagine, dove concetti ed idee si riassumevano in paragrafetti concisi, essenziali. Era forse il tratto che meno preferiva di quel libro di testo: per quanto completo nella disamina delle Creature Magiche di tutto il mondo, dedicava poco spazio ad alcuni aspetti, perdendosi ad analizzare altri Esseri che, al contrario, avrebbero meritato due righe di cortesia.
Le rivolse un nuovo sguardo, questa volta fiammeggiante: il grigio, inframmezzato da pagliuzze azzurre, sarebbe parso più brillante ad un occhio attento; si allungò per prendere il proprio libro di Erbologia, rimasto sul tavolo sino a quel momento. Lo aprì e fermandosi alla sguardia ne trasse un foglietto di pergamena. Lo stesso che aveva riletto poco prima, con le indicazioni delle ronde settimanali. Sperava che la ragazza avrebbe colto al volo i riferimenti che di lì a poco avrebbe pronunciato a voce alta.

«Sabato, Armstrong, Foresta. Confermi?» chiese con noncuranza «Non vorrei mai aver letto una cosa per un'altra. Con tutte le cose che ci sono da fare non mi stupirei.»

Sarebbe rimasta in silenzio, aspettando la risposta della giovane.
Nel frattempo, avrebbe riposto il foglietto nel libro, tenendolo in grembo come il più caro dei tesori. Anche lei avrebbe dovuto dedicare quelle ore preziose allo studio, ma mai si sarebbe fatta sfuggire la possibilità di conoscere colei che - almeno nella teoria - avrebbe dovuto coprirle le spalle.


 
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Serpeverde | Prefetto | 17 Anni | ♪ VxQQqFv Ambition is the immoderate desire for power.
Se c’era qualcosa che Sophie proprio non riusciva a capire di se stessa era il suo modo di ricordare le cose. Aveva il brutto vizio di non segnarsi la roba su un pezzo di pergamena, forse pensando di potersi vantare della sua memoria apparentemente infallibile. Il bello era che, quando era di turno ai Tre Manici di Scopa, riusciva a registrare a mente ogni ordinazione dei suoi clienti e non ne sbagliava neppure una, mentre, al contrario, non era mai andata d’accordo con il ricordare i turni di ronda. Fino ad allora sembrava essersela cavata – nonostante ricoprisse quel ruolo dal suo primo anno – eppure un dubbio ce l’aveva: quante volte, in realtà, si era recata in una qualche zona del Castello o di Hogsmeade a vuoto? Molte volte non riusciva a ricordare se il suo turno fosse quel giorno o il giorno dopo, e lei, nel dubbio, lo faceva in entrambi i giorni. Quindi, la domanda principale era: perché sul lavoro riusciva a ricordare tutto e a scuola no? Senza parlare dello studio, poi, che rappresentava una delle sue principali piaghe. Molte volte aveva dovuto ringraziare il fato per averle fatto incontrare qualche altro Prefetto o Caposcuola nei corridoi che, come stava facendo Thalia, le avevano ricordato il giorno ed il posto della successiva ronda. Doveva ammettere che, in quell’ultimo periodo, riusciva a ricordare bene quando avrebbe avuto le ronde serali/notturne. Perché? Forse perché le toglievano del tempo da poter trascorrere con Sullivan in Sala Comune? O forse perché, avendo lui nella sua vita, sentiva il bisogno di fargli sapere tutto quello che faceva o che aveva da fare? Ecco, lui era un altro individuo da dover ringraziare: conosceva perfettamente i suoi turni di ronda, dopo che lei glieli comunicava, e lui, a distanza di giorni, non si faceva problemi a rimembrarglieli.
Osservò comunque ogni minimo movimento della Tassorosso con aria disinteressata ma, nello stesso tempo, attenta. Seguì le sue mani afferrare dapprima il libro, ed in seguito osservò le sue dita che stringevano un pezzo di carta. Non si permise di sforzarsi di leggerne il contenuto, ragion per cui il suo sguardo si alzò nuovamente in direzione del suo candido viso, poi sulle sue labbra.
«Sabato, Armstrong, Foresta. Confermi?» Si ripeté quelle parole nella mente per due, tre, quattro volte. Chiedeva troppo? Sì, chiedeva decisamente troppo. Come diamine poteva pretendere che quella testa marcia ricordasse cosa sarebbe successo sabato? Un attimo, ma sabato non era forse il giorno dopo? Istintivamente, portò la mano destra sul cuoio capelluto e l’unghia dell’indice accennò un movimento dall’alto al basso, come per grattarlo. Eppure qualcosa la ricordava. Sì, il suo strano cervello sembrava volersi attivare, ed un piccolo flashback le si presentò davanti agli occhi. Era lei, sì, era lei che diceva a malincuore ad Elijah che sabato non ci sarebbe stata a causa di un turno di ronda sul limitare della Foresta Proibita.

– Sì. Sì, è giusto. – Annuì. – Ma, un consiglio… la prossima volta che hai dubbi su un eventuale turno di ronda, non chiedere a me, anche se quel turno presumibilmente dovrai dividerlo con me. Insomma, non ti affidare alla mia memoria, se non vuoi fare brutte figure… –



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Thalia J. Moran | 17 anni | Prefetto Tassorosso | IV anno


Il rispetto per l'autorità era il principio cardine della sua esistenza, attorno al quale ruotava la deferenza per gli insegnanti - perlomeno per la maggior parte di essi - e per i colleghi; a conti fatti, la Armstrong era Prefetto da prima che lei stessa avesse potuto accarezzare il sogno di aggiungere l'amata spilletta all'uniforme, dunque - a conti fatti - l'espressione usata dalla Serpeverde avrebbe dovuto suscitare in lei un moto di preoccupazione non indifferente.
Al contrario, un sorriso sghembo si disegnò sul suo viso, segnalando il profondo divertimento che l'intera situazione le aveva provocato.
Ora, la Tassorosso volgeva lo sguardo al manuale di Erbologia, il capo chino e le dita affusolate ad accarezzarne distrattamente la copertina. Il paragone tra la ragazza dai capelli biondi ed il suo collega, Mike, fu immediato quanto spontaneo. La miglior caratteristica del Serpeverde era la memoria: ironico che la Armstrong ne fosse totalmente sprovvista.


«Dicono che i vuoti di memoria siano dovuti ad altri pensieri.» mormorò, lasciando che quella semplice affermazione solleticasse lo spirito della compagna e la inducesse ad assumere un atteggiamento rivolto alla strenua difesa della sfera privata, mentre il suo sguardo attento tornava ad esaminare la sua figura «Insomma, Armstrong: quali pensieri ti impediscono di pensare lucidamente al tuo compito?»

Era consapevole di non aver mai visto la ragazza in compagnia di qualcuno, ma lo scatto repentino del capo e quegli sguardi veloci al portone d'ingresso della Sala, poco prima, non lasciavano spazio ai dubbi. Cercava qualcuno e c'erano pochissime probabilità che si trattasse di una persona sgradevole. Aveva riconosciuto, in conclusione, i cosiddetti "sintomi".
Non era interessata al pettegolezzo spicciolo, né avrebbe desiderato conoscere il nome di un ipotetico "lui"; la sua domanda era circostanziale. La ragazza avrebbe potuto mentire se avesse voluto, niente e nessuno gliel'avrebbe impedito. Tuttavia, si palesavano una serie di possibili risposte, tutte valide, che la giovane Prefetto avrebbe potuto addurre per giustificare quella distrazione tanto palese.


 
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view post Posted on 12/2/2018, 13:11
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Sophie Armstrong
Serpeverde | Prefetto | 17 Anni | ♪ VxQQqFv Ambition is the immoderate desire for power.
Aveva pronunciato quelle parole con il suo solito tono di voce freddo, ma nello stesso tempo confidenziale. Sophie non era solita intrattenersi a conversare amabilmente con qualcuno, ma Thalia era uno di quei personaggi per cui valeva la pena tentare. Non aveva mai avuto un rapporto di amicizia con qualcuno, non ci era mai riuscita. L’unica persona con cui era riuscita ad aprirsi, dopo diciassette anni dalla sua nascita, fu proprio Elijah. Con lui riusciva ad essere se stessa, riusciva a ridere, a scherzare, a parlare di tutto ciò che le passava per la testa ed aveva maturato la consapevolezza che si sentiva davvero bene, quando era con lui. Si sentiva una persona limpida e sincera, senza peli sulla lingua. Non che si fosse mai posto il problema di non dire quello che pensava, ma con lui era tutto completamente diverso.
Più trascorreva il tempo in compagnia di Thalia, più si rendeva conto del fatto che, molto probabilmente, le due avevano tanto in comune. Tranne la sfacciataggine, che aveva appena dimostrato di avere la Tassorosso. Sophie aveva sperato fino all’ultimo che nessuno si accorgesse del suo nervosismo e della sua attenzione perennemente rivolta verso l’ingresso della Sala Grande, ma la Moran aveva appena mostrato di essere più sveglia di quanto lei si aspettasse.

– Credimi, Moran, ho vuoti di memoria fin da quando sono nata. – I suoi occhi andarono a cercare nuovamente quelli della collega, e fu proprio in quell’istante che essi si incontrarono. Sì, era vero, aveva sempre avuto un pessimo rapporto con la memoria, ma era perfettamente consapevole del fatto che sarebbe bastato un po’ di impegno in più per far sì che la cosa migliorasse. Era forse pigra? Probabilmente sì.
– Però sì, hai ragione. Sono molto distratta e nervosa in questo momento, e sì: è a causa di una persona in particolare. – Abbassò lo sguardo sulla copertina del volume di Erbologia che la compagna stava accarezzando con leggerezza, quando poi, in automatico, il capo si voltò nuovamente in direzione di quell’ingresso. Non era abituata a parlare della sua vita privata, non lo aveva mai fatto con nessuno, né tanto meno con una persona appena conosciuta. Thalia le ispirava fiducia, questo doveva ammetterlo, ma il disagio che provava in quel momento non era affatto paragonabile. Sperava che la Tassorosso deviasse quel discorso altrove, ma era cosciente di quanto fosse inutile. Aveva notato nei suoi occhi la sua curiosità, ed era certissima che non avrebbe mollato quell’argomento per nulla al mondo. Ragion per cui, decise di essere lei l’artefice di quel cambio di marcia, e, non contenta, sarebbe anche stata al suo gioco, ricambiando con la stessa moneta.
– So che il mio collega Mike ha una relazione con uno dei Prefetti della tua Casata. – Senza molti giri di parole, com’era solita fare, la buttò lì, mentre un ghigno si disegnava sul suo volto ed il suo sguardo puntava un’altra volta il viso della compagna.
– Sei tu, vero? –

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Thalia J. Moran | 17 anni | Prefetto Tassorosso | IV anno


«Che cosa terribile, Armstrong.» le fece eco immediatamente, sorridendo maliziosa. Si era interrogata spesso sul metodo di selezione di Prefetti e Caposcuola; che cosa contava maggiormente? La media scolastica, il rapporto con i compagni o la semplice condotta?
La Armstrong sembrava innocua, ma dietro a quello sguardo si celava una natura diversa, più simile a quella di una creatura schiva e riservata, poco incline a relazionarsi col prossimo. Il loro ruolo imponeva il rispetto delle regole, il contatto con gli studenti e, in definitiva, di estendere il ruolo di "polizia" scolastica a quella di "mediatore". Era lecito chiedersi se la Armstrong, a conti fatti, ne fosse davvero in grado.

Scorse i sintomi dell'imbarazzo sul suo viso e nei suoi occhi, benché questi cercassero di rifuggire le iridi grigio-azzurre della Tassorosso, inquisitorie ed implacabili. Si sentiva in una posizione dominante in quella conversazione, forte del fatto che - a differenza della Serpeverde - non avesse nulla da nascondere.
Le vecchie abitudini tornarono velocemente a galla e il suo amato gioco di potere, perpetrato attraverso domande mirate ed accurata analisi delle espressioni del viso, tornò a solleticare la sua indole giocosa mai davvero sopita.
Sophie Armstrong poteva apparire letale agli occhi dei più piccoli, ma non ai suoi.

Accolse piacevolmente la stoccata della compagna, certa che in egual misura ella avrebbe tentato di metterla in difficoltà.
Lei e Mike non avevano mai cercato di nascondere la propria relazione, eppure erano davvero in pochissimi a potersi vantare del fatto di averli visti nel medesimo luogo e in atteggiamenti intimi. Di certo l'appartenenza a due Casate diverse giocava a loro sfavore, ma per alcuni versi era un ottimo metodo per lasciare che il pettegolezzo - così vivo tra quelle mura antiche - non corresse veloce come il vento.
Sorrise e si limitò a quella smorfia, pensando al suo ragazzo in compagnia di un'altra Tassorosso che non fosse lei.
Amber, fiera ed elegante, non aveva tempo per le relazioni amorose. Se ne era quasi convinta del tutto durante l'ultima serata trascorsa al Castello, prima delle vacanze natalizie. Eloise, d'altro canto, era così esplosiva che Mike non si sarebbe mai permesso di avvicinarvisi. Almeno secondo il suo modesto parere.
Non c'erano dubbi, poi, che le numerose serate di fine anno trascorse insieme avessero gettato luce su quella relazione che gradualmente andava consolidandosi. Nessuno dei due sapeva quanto e se sarebbe durata, il tempo e le circostanze avrebbero influito a modo loro su quell'aspetto della loro vita. Eppure, per il momento, tutto filava liscio.

«Così pare.» mormorò distrattamente, iniziando a tamburellare con le dita della mano destra sul tavolo. Una genuina curiosità s'instillò in lei alle parole della Serpeverde, ma avrebbe tentato di schivare con grazie ed eleganza quel tentativo di intromissione da parte della ragazza.
Ammettere qualcosa di palese non era certo un problema, ma non si sarebbe dilungata sui dettagli più privati. Non si conoscevano affatto e non era sua abitudine confidarsi con un'estranea.
«Posso dire che lui, almeno, non mi ha causato problemi di memoria.»

Non rise nel pronunciare quelle parole: si trattava di una frecciatina bella e buona, comprensibile anche al più ottuso dei presenti. Due Corvonero stavano uscendo dalla Sala in quel momento, due giovani ragazze del quinto anno, mentre una figura maschile anch'essa sconosciuta, entrava nel medesimo istante. Il passo deciso, un libro sottobraccio e lo sguardo puntato alla ricerca di qualcuno in quella Sala.

 
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Elijah Matthew Sullivan
view post Posted on 12/2/2018, 17:11






Elijah Sullivan


15 Anni - 3° Anno - Serpeverde


HdBpnSu

Nonostante avesse molte cose da studiare, aveva abbandonato il calore - pure troppo - della Sala Comune per salire in Sala Grande. Si era messo d'accordo con un ragazzo di Corvonero del terzo anno per un proficuo scambio di appunti. Lui gli avrebbe passato le sue pergamene di Pozioni e l'altro - piccolo genio della Trasfigurazione - gli avrebbe prestato gli appunti presi alla lezione di Channing.
Voleva fare in fretta e ritornare quanto prima in Sala Comune. Aveva portato con sé il libro di Trasfigurazione, dove avrebbe nascosto con cura le preziose pergamene. Varcò l'ingresso della sala e imboccò il corridoio centrale, appena vide il Corvonero in lontananza.
Fece altri due passi e ... i capelli più belli che conosceva erano lì, a pochi metri da lui. Fissò gli occhi chiarissimi su quella chioma dorata e si avvicinò senza mai smettere di guardarla. Un passo dietro l'altro e già aveva l'impressione di sentirne anche il profumo. Era inconfondibile, aria di tempesta e frutta appena tagliata. Man mano che i passi che lo separavano da lei diminuivano, Elijah rallentò il passo finchè il suo moto divenne quasi inesistente una volta che arrivò al suo fianco. La mano si mosse verso la guancia della Serpeverde, lentamente, mentre i suoi occhi la guardavano con devozione. Solo la parte posteriore di indice e medio le sfiorò il viso. Una carezza leggera che partì appena sotto l'occhio per arrivare all'angolo della bocca. Le labbra di Elijah si curvarono in un sorriso, che accompagnò il suo delicato movimento sul viso della ragazza che amava.
- A dopo - sussurrò mentre la sua mano si voltava e il palmo le accarezzava tutta la guancia. Succedeva sempre così quando la vedeva, non riusciva a non sorridere, sebbene quel gesto gli fosse spesso alieno. Elijah scoprì i suoi denti perfetti in un sorriso candido. Era un'emozione che lo scuoteva in ogni cellula, scaldandolo e facendolo sentire più leggero. C'era poco da fare o da dire. Quando era vicino a lei era felice. Dimenticava tutto, soprattutto sua madre, e si sentiva parte di un qualcosa che avesse davvero importanza.
Non smise di guardarla nemmeno mentre si allontanava. I suoi occhi erano dentro quelli della Serpeverde e un ghigno leggero era stampato sul suo volto. Voltò piano il capo, tornando così a guardare davanti a lui. Raggiunse il Corvonero, lo scambio avvenne in un attimo. C'era poco da dire, era tutto già deciso. Infilò i fogli al centro del libro e ritornò sui suoi passi. La guardò di nuovo passandole a fianco, ma questa volta si limitò a sorridere. Non disse e non fece nulla. Imboccò rapidamente l'ingresso e scomparve dalla Sala Grande, così com' era arrivato.

O.T. Tadaaaaaan !! Sorpresona Armstrong !! :flower:
Lo so che non te l'aspettavi, ma io e la Moran abbiamo voluto farti un piccolo scherzetto!! :asd: :fru:






Edited by Elijah Matthew Sullivan - 12/2/2018, 17:30
 
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view post Posted on 14/2/2018, 23:04
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Sophie Armstrong
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Guardava il viso di Thalia con aria soddisfatta, come se fosse lei ad avere il coltello dalla parte del manico, in quel momento. Era vero, non era del tutto convinta che fosse proprio lei la ragazza con cui Mike aveva un certo tipo di rapporto, ed il suo dubbio era estremamente fondato. D’altronde erano tre i Prefetti della Casata di Tosca, e tutte e tre le cariche erano ricoperte da tre donne, pertanto poteva essere chiunque. Non conosceva Eloise, non aveva mai avuto modo di interloquire con lei, a differenza di Amber, con cui aveva avuto l’onore ed il piacere di trascorrere del tempo nel Bagno dei Prefetti. Non era stato un incontro particolarmente profondo, ma poteva ammettere a se stessa che non aveva trascorso dei minuti pesanti con lei, anzi, era sembrato che il tempo fosse volato, in sua compagnia. Non aveva avuto modo di approfondire la conoscenza, ma aveva potuto constatare che, anche con lei, era riuscita a trovare dei tratti in comune. E chi l’avrebbe mai pensato? Possibile che aveva trovato della complicità con degli studenti Tassorosso, che era la Casata che più detestava e snobbava durante i suoi primi due anni a Hogwarts? Sì, Tassorosso era all’ultimo posto della sua lista, ma col tempo aveva imparato a capire che non bisognava fare di tutta l’erba un fascio e che soprattutto non bisognava giudicare le persone in base alla Casa di appartenenza. Ci aveva impiegato un po’ di tempo a capirlo, ma lo aveva capito.
Ascoltò le poche parole pronunciate da Thalia, senza assolutamente ignorare la sua frecciatina, a cui cercò di trovare una risposta degna di essere data. Era solita avere immediatamente la battuta pronta, ma doveva ammettere che la Moran sapeva essere davvero brava in quel campo. Rimase ad osservare il volto della compagna con un’espressione vuota, in una vana attesa di un’illuminazione che sembrava voler arrivare da un momento all’altro. Non ebbe neppure il tempo di cominciare a riflettere che una mano delicata e piuttosto familiare giunse ad accarezzarle lo zigomo, fino a scendere all’angolo della sua bocca. Durante quel movimento, gli occhi freddi di Sophie si mossero in quella direzione, ed una volta giunti sul viso perfetto di Elijah, da freddi divennero immediatamente ardenti. In quel momento, ogni minima presenza, ogni minimo vociare ed ogni minimo rumore che prima era presente in Sala Grande, svanirono nel nulla. Di fronte a sé, gli occhi, la bocca e la mano di Elijah si muovevano con una lentezza assurda, come in slow motion. L’espressione di Sophie rimase seria e quasi impassibile, ma dentro di sé un’improvvisa guerra fatta di emozioni scoppiò all’improvviso. Com’era possibile che lui aveva varcato quell’ingresso proprio nell’unico momento in cui ella non si era voltata a controllare? Com’era stato possibile? Non riuscì a sorridere, non riuscì ad emettere alcun suono, né a variare minimamente l’espressione del suo viso. Si limitò a penetrare gli occhi bellissimi e perfetti di Elijah con i suoi, per tutto il tempo che fossero stati visibili. Non riusciva a distogliere lo sguardo da quelle iridi per nulla al mondo, fino a quando non svanirono nel nulla.
Tutto accadde come se un sogno si fosse palesato di fronte ai suoi occhi con violenza, così breve, ma così intenso nello stesso tempo. Spostando poi lo sguardo di fronte a sé, un paio di occhi completamente diversi si ripresentarono dinanzi ai suoi: quelli di Thalia Moran. Percepì un potente pugno allo stomaco arrivato soltanto nell’intento di destarla da quello che sembrava un sogno, ma, scrutando il volto della compagna, capì in un attimo che tutto quello che i suoi occhi avevano visto in quell’istante equivaleva alla realtà. Davvero Elijah si era presentato a loro proprio nel momento in cui stavano parlando di lui? Davvero il destino sapeva essere così puntuale?
Sentì improvvisamente le guance andarle a fuoco, e, anche se avesse voluto, non avrebbe potuto nascondere quel rossore che si era appena presentato sul suo volto. Aveva appena messo a fuoco la situazione, si era appena ricomposta e aveva appena capito che era stato tutto vero. Quella scena non era stata vista soltanto dai suoi occhi, ma anche da Thalia, anche dagli studenti seduti al tavolo accanto, e non avrebbe potuto fare nulla per evitarlo. E, di certo, non avrebbe potuto negare l’evidenza.

– Sì. Era lui la persona di cui ti parlavo. –

PS: 157 | PC: 91 | PM: 97| PE: 15
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Vi odio. E questa storia non finirà qui, sappiatelo.
 
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