Il Silenzio.
Beato fantomatico benedetto Silenzio.
Il basso scoppiettio dei ciocchi del camino, andava accavallandosi, in una ideale staffetta, con il vergare rapido, e preciso, della piuma sulla pergamena. Il becco della nobile, ed orgogliosa piuma, che si pavoneggiava, salda nella morsa, grattava sulla superficie ruvida ingiallita del supporto, lasciando chiare, nette tracce ferrose, una calligrafia svolazzante, inclinata, sottile. Appunti. Una serie di codici sparsi sulla scrivania sembravano voler reclamare bulimicamente a gran voce spazio, ed ancora spazio, rilevanza, importanza, come se già non ne avessero a sufficienza. Codici aperti, chi sull'inizio, chi nel mezzo, chi sul finire, sembrava non esservi uno schema preciso, così come nemmeno tra gli argomenti, che fosse imperante il Caso? O peggio il Caos?
La piuma, salda nella presa dell'Anziano Mago, sembrava trarne uno smisurato piacere, vivendo in uno stato di estasi quei momenti di concentrata dedizione, dedicandosi a quanto meglio le riuscisse: scrivere. Scivolava lesta sulla pergamena, prima irruenta, come se non vi fosse un domani, precipitosa come a non volersi far scappare nemmeno una sillaba, in uno stato di bisogno, e scarse capacità mnemoniche, poi tornava alla calma, alla riflessione, l'interpunzione, la quiete che solo una virgola era in grado di ripristinare, in un oceano di emozioni compulsive, irruente, che spazzavano la superficie con impavida sagacia, ed altezzosa superbia. Appunti meditati, ponderati, pesati, ogni parola sembrava dover essere calibrata, tagliata, il lavoro di un artigiano, il tagliatore di gemme, lì all'opera, in un'inedita veste, tutto per qualcosa che probabilmente nessuno avrebbe mai letto, o visto. Appunti, semplici appunti. Eppure, un lungo, e laborioso processo mentale, che sembrava voler lentamente prender guisa nel Verbo, perdendo buona parte dell'ineffabilità che sino a quel momento l'aveva contraddistinto, e reso grande, unico. Un tributo d'onore, un silenzioso domestico grazie, tra quella che era stata un'idea, ed il suo Artefice, che lentamente ne stava anche divenendo illuminato, ma pur sempre, carnefice. Idea, che per quanto elegantemente venisse redatta aveva smesso di essere tale, frastornata nella sua essenza, tradotta e tradita, in quell'unico primo punto della piuma. Era bastato un singolo, innocente, innocuo punto, ed era stata strappata al suo Mondo, trascinata attraverso gli elementi, sino a varcare una nuova Dimensione, e giungere infine lì.
L'Anziano Mago con un'innata calma lasciava spaziare lo sguardo da una pagina all'altra, prima di tornare a vergare il lungo rotolo, ormai scritto per metà, un guanto bianco abbandonato a metà strada tra un codice, e la pergamena, passata la fase d'analisi, sembrava essere ormai nel vivo della fase di scrittura. Cosa poi in fondo stesse scrivendo, con ogni probabilità non l'avrebbe compreso nemmeno lui, sino alla conclusione della sessione. Era pur sempre una questione di Genio, ed estro, ineludibili gregari di una Vita spesa in un vicendevole servizio. La lunga veste cremisi, spiegazzata nella seduta, riluceva dei chiarori del fuoco, ravvivandosi, quasi rifulgendo di una seconda misteriosa vita, ignota ai più, come se potesse a sua volta prendere, ed uscire dalla stanza, mollando tutto e tutti, per lidi ignoti ai mortali, stufa della noia, se mai ve ne fosse stata. Quelle stanze gli erano divenute in poco tempo tanto famigliari, da trovare sorprendente non esservi mai stato, per scherzo o per caso che fosse. Spoglie come le aveva trovate, avevano un che di lugubre, peccaminoso, tornate infine ai rassicuranti fasti d'un tempo, era tutta un'altra Storia. Perchè di Storia pur sempre andavano trattando, certo, ci sarebbe voluto tempo, ma Storia sarebbero diventati, Storia e polvere.
Il nobile animale, amico di un'intera esistenza, riposava, il capo celato sotto un'ala, tranquillo, ed elegante sul suo trespolo, poco distante. L'ora non era tarda, certo, ancora ne mancava al desinare, fuori l'ululare del vento, e il vorticare dei fiocchi, sembrava voler sfidare l'eroe di quella fortezza a farsi avanti. Chi era l'Achille della situazione? Sarebbe dovuto infine un novello Priamo correre al campo acheo, abbracciando le ginocchia di un mostro, chiedendo le spoglie dell'amato Ettore? Ci sarebbe stato quell'inevitabile scontro? Per quanto il vento ululasse forte, avrebbe potuto la montagna piegarsi ad esso? Eppure il pomeriggio era ancora lì, con tutti i suoi rituali, come tradizione imponeva, e a seguire l'intera serata era ancora in agguato, prolifica nella sua benigna quiescenza. L'emergere lesto del becco, lo sguardo fulvido, curioso, della nobile compagna parve sfuggire al Mago, che proseguì gaudiente nell'opera, prima che l'inevitabile precipare della situazione, reclamasse una qualche reazione. Un paio di colpi, non propriamente un colpo di mortaio, in fondo. Poggiati saldamente entrambi i piedi sul primo gradino della chiocciola, la giovane Corvonero aveva infine raggiunto una porta a doppio battente, lì la situazione era precipata.
*Toc Toc*
Il primo pensiero era sempre lo stesso.
Che avesse scordato qualcosa d'importante?
La soluzione era dietro la porta, forse.
Nulla di troppo difficile, in fondo, non si sarebbe stupito.
Che razza di giorno era? Lezioni pomeridiane del III Anno.
Quand'erano? Forse giovedì, forse venerdì? Sì ecco, venerdì...
Del resto, gli anni dei problemi, erano ormai felicemente alle spalle.
O almeno lo erano stati per un periodo sorprendente lungo.
Ma aveva quella sensazione strana, qualcosa...
Sospirò, alzando lo sguardo.
Aveva il loro interesse.
Avanti!