~ With tea, I summon thee.

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view post Posted on 24/1/2018, 22:40
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«Oh.»

Aveva risposto con semplicità disarmante, quella mattina, nel momento in cui Emma si era accostata al tavolo della Sala Grande per comunicarle la novità. Vittima del consueto disagio, la Woodhouse aveva allungato nervosamente il foglio di pergamena perché Nieve lo leggesse; poi, si era disposta all'attesa, paziente. Non erano seguiti commenti, né elaborate congetture circa l'atipicità di una convocazione che pareva non avere motivo di esistere. In circostanze differenti, avrebbero trascorso l'ora del pranzo a fantasticare sulle ragioni sottese a un simile richiamo - ed Emma a preoccuparsene - per, poi, separarsi nel corridoio che meglio si adattava alle esigenze di entrambe. Per come stavano le cose, tuttavia, l'islandese si era limitata a una fugace espressione di perplessità e a segnare su un foglio la parola d'ordine da riferire ai gargoyle, prima di restituire la missiva all'altra Grifondoro e annuire passivamente. Infine, si erano congedate con un rapido, reciproco ringraziamento. Non c'era nulla che valesse la pena di essere detto, nulla che potesse giustificare il prolungamento di una conversazione tra due persone di foggia tanto diversa e, da poco, così distanti. L'aveva lasciata andare, dunque, ed era tornata a sbocconcellare il pasticcio contenuto nel piatto, lo sguardo chino e la mente smarrita in solitarie riflessioni. Che il neo-eletto Preside potesse convocarle separatamente era un conto, ma che avesse deciso di invitarle simultaneamente dava da pensare... O, almeno, così credeva che fosse! Aveva sbattuto le palpebre e sospirato. Per finire, si era allontanata dall'enorme tavolata per raggiungere Hogsmeade con un solo pensiero in mente: avrebbe dovuto chiedere un permesso al suo datore di lavoro per assicurarsi che ogni cosa trovasse il suo incastro. Ne sarebbe valsa la pena.


* * *



Era in anticipo di una buona mezz'ora per una coincidenza che tale non era. Nel lasso di tempo intercorso tra l'apprensione della notizia e il termine designato per l'incontro, Nieve aveva riflettuto a lungo e macchinosamente, incapace di attribuire un senso alla sequela di se e di ma generati dalla convocazione. Aveva, tuttavia, raggiunto una conclusione: non desiderava affrontare il colloquio in compagnia dell'amica perduta. Pertanto, si era accertata di fare quanto in suo potere perché ciò non accadesse. A conti fatti, non era sicura di trovare l'uomo in ufficio, né le era del tutto estraneo il timore di suscitarne l'indispettimento per una questione che non avrebbe mai dovuto fare alcun ingresso nelle dinamiche scolastiche. Valeva, comunque, la pena tentare? Guardò i gargoyle dal basso del suo metro e settantasei e passò le mani sul cardigan grigio che componeva la divisa, titubante. Non era mai stata tanto preoccupata per il suo aspetto come adesso che si profilava all'orizzonte la prospettiva di trovarsi vis-à-vis col Preside Peverell. La spilla da Prefetto svettava sul petto in prossimità della spalla destra senza fornirle alcun conforto: benché non avesse ragione di paventare il peggio, in cuor suo dilagava copioso un sentimento d'intensa apprensione. Scosse il capo e le lunghe onde argentate accondiscesero al movimento senza rimostranza alcuna.

«Rigos, datti un tono, su!» Il sussurro vibrò brevemente nell'aria, mentre drizzava le spalle e inspirava. «Amor ac deliciae generis humani.»

Gli impietriti guardiani riacquistarono la mobilità perduta e le rivelarono l'accesso alla torre del quinto piano con un moto circolare. Nieve si posizionò sui primi gradini della scala e lasciò che la trascinassero in una danza a spirale che risuonava d'ineluttabilità. Non riusciva ad immaginare quale scenario avrebbe finito con l'assorbirla, una volta che le sue nocche avessero battuto il ritmo del permesso e il professor Peverell avesse fatto il suo ingresso nella vicenda. Il cuore percosse le costole di rimpetto con colpi impetuosi e, benché potesse sentire distintamente ciascun rintocco, Nieve comprese di non essere in preda all'agitazione. Fremeva, piuttosto. E il suo intelletto languiva nella miriade di collegamenti che era riuscito a elaborare nel corso del pomeriggio e che, adesso, avevano perduto fascino nel confronto con la realtà. Colmò la distanza che la separava dalla porta di assi di quercia con l'attitudine severa che le apparteneva nel quotidiano, muovendosi adagio. Quando il dorso delle dita batté due tocchi in rapida successione, Nieve volse il capo per lanciare una rapida occhiata oltre la spalla sinistra. Sorrise all'indirizzo delle insicurezze che aveva abbandonato lungo il percorso perché giacessero sulla fredda, ruvida consistenza della pietra. Quando fosse tornata per ripercorrere all'inverso il sentiero appena battuto, le avrebbe raccolte per dar loro nuova forma. A lei e a Peverell il compito di determinare quale.


Edited by ~ Nieve Rigos - 25/1/2018, 01:38
 
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view post Posted on 25/1/2018, 12:28
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Fare le cose in giornata aveva un vantaggio.
Correva il rischio di non riuscire a dimenticarsene, che era già l'ora giusta. Avrebbe infine dovuto optare per un'agenda giornaliera? Fissando, spostando, e annullando impegni su base quotidiana, e far fronte così all'annoso problema che ormai da qualche decennio lo vedeva confrontarsi? La soluzione poteva essere ancora una volta bypassare il problema stesso, ricorrendo a una soluzione non troppo innovativa, ma proprio per quello efficace? E se non fosse stata la migliore delle soluzioni possibili? I contro c'erano, ed erano anche parecchi. Poteva una strategia lungimirante conciliarsi con un'agenda a brevissimo termine? Avrebbe sacrificato tutta la flessibilità di cui aveva disposto sino a quel momento, per cosa? E quale sarebbe stato il risultato di contro che in fondo non erano affatto marginali? Chi ne avrebbe fatto le spese? Era inutile opporsi, ma era tempo di realizzare infine che gli anni erano passati, e che molto sarebbe dovuto ineluttabilmente cambiare? Era il primo atto di un lungo ma inesorabilmente inevitabile canto del cigno? Era già passato, del resto, da almeno mezzo secolo?
Era sera. Importanti processi digestivi e intestinali erano ormai all'opera da tempo, e quella che paventava essere un'operazione lunga e delicata era ormai avviata verso il migliore degli esiti. Cosa si sarebbe dovuto aspettare? L'anatra era stata un colpaccio, era piaciuta a tutti, e anche i cavoli non erano stati male. Per essere un tranquillo giorno della settimana, senza eccessive pretese era andata ancora bene. Eppure, prima ancora di aver concluso la cena, la consapevolezza di essersi già impegnato per la sera si era fatta largo sgomitando. Si era ritirato sorprendentemente in fretta, in quello che in altri tempi sarebbe stato ritenuto un vero e proprio blitz. Nella metà del tempo che aveva impiegato a raggiungere il parco prima di cena, era riuscito a tornare alla partenza, appesantito, sazio, e desideroso di concedersi un po' di tranquillità. In una qualche maniera sembrava essere riuscito a convincere una poltrona, un poggia piedi, e un tavolino a stringersi intorno al camino. Il fuoco allegro, e scoppiettante diffondeva l'odore della resina e pungente del tiglio nella stanza, mentre lunghe ombre si allungavano lungo le pareti circolari della stanza. Un rassicurante silenzio, pervasivo e oceanico, sembrava insinuarsi in ogni anfratto, pronto e lesto nel riassorbire immediatamente ogni minima incrinatura. Eppure, non tutti erano di quell'avviso. A cicli di tre o quattro minuti si ripetevano una serie di ruzzoloni, e scatti, seguiti da colpi netti di un pieno che cozzava violentemente con qualcosa. Il Vecchio spalmato sulla poltrona, lungo, sino al poggia piedi, sfogliava con la destra un libro, un codice miniato, delle dimensioni di una lastra di travertino di un qualche lastricato romano, che gli fluttuava paziente davanti. Una lunga veste viola staccava nettamente sulla pelle scura della poltrona. Sotto lo sguardo indignato di una fenice, dall'altro lato della stanza, poco lontano dalla familiare scrivania, spinta a suon di muscoli sin là da un piano all'altro del Castello, in quello che pur bollato come 'trasloco' aveva rappresentato un'epopea logistica seconda solo forse alla conquista di Troia, la sinistra a intervalli regolari lanciava a caso una grossa pallina di gomma rossa, che senza emettere alcun suono, si faceva largo rimbalzando per la stanza. Una palla di pelo bianca, e una seconda nera, si scagliavano lancia in resta dietro a ogni lancio, rimbalzando privi di apparente controllo, tra una superficie e l'altra. Salti, lanci, e voli di intere yarde, decine di piedi, quasi che l'intera squadra olimpica di salto in lungo con e senza rincorsa avesse deciso di darsi appuntamento in quella torre, quella sera. Eppure, così come sistematicamente non c'era verso che la prendessero, così quella stessa palla docile e pacifica faceva ritorno al bracciolo della poltrona, nello stesso punto identico punto, dove la sinistra spalancata attendeva paziente di dar seguito a un nuovo lancio. E poi, l'inatteso imprevisto, lo sguardo di una precisa di tanti farsi meno indisposto, ma forse curioso, e due note nette si staccarono riverberando dal legno di quercia della porta. La risposta immediata. Un ariete, spinto dalla forza di decine e decine di uomini, andava a schiantarsi contro quella stessa porta. Un cupo rimbombo, in un'apparente risposta, a quella domanda. Era un invito non dei più pacifici a varcare la soglia? Che razza di risposta era? Disteso a terra, in corrispondenza di quello che era sembrato un ariete, un gatto. Una palla di pelo nera, reduce dall'ennesimo 'volo incontrollato' in un'operazione che nessuno avrebbe stentato a definire 'di testa'. Un peso che si sarebbe opposto all'apertura del battente? Se la sarebbe filata prima? In tempo? Un solo istante dopo la palla atterrò nella presa salda, che ritardò il nuovo lancio. Un secondo paio d'occhi scrutava la porta. Chi era? Era ancora presto. Con chi diamine si era impegnato ulteriormente? Uno sbuffo, prima di girare la pagina.


Avanti!

Chi si sarebbe sorpreso di più?
Era poi una vera sorpresa?
Doveva andare così?

 
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view post Posted on 26/1/2018, 14:12
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Il colpo che udì contro la porta la costrinse a indietreggiare di mezzo passo, il braccio sospeso a breve distanza dalle assi scure. Squadrò la soglia con una certa perplessità, dando l'impressione di chi si aspetti di trovare una spiegazione nelle venature del legno. La schiena era appena arcuata in direzione opposta all'entrata e alcune ciocche di capelli penzolavano, docili, perpendicolarmente al pavimento. Possibile che il Preside non fosse in sede e che si fosse attivato un particolare meccanismo d'allarme, volto a scoraggiare gli avventori delle ore più sospette? Nieve era in procinto di tornare sui propri passi e attendere lo scoccare delle otto, sconfitta, quando una voce di uomo la invitò a rompere gli indugi. Non senza un briciolo d'incertezza, la Grifondoro si risolse, infine, ad accondiscendere alla cortese esortazione e a fare il suo ingresso nell'ufficio.

Si era ripromessa di individuare da subito la sagoma del docente per spiegare la ragione dell'anticipo, tuttavia non fu in grado di mantenere il proposito quando si immise nell'ambiente denso spiegantesi oltre l'uscio. Vi era una tale miriade di oggetti che, inevitabilmente, la curiosità ebbe la meglio e la distrazione prevalse sul rigore degli intenti. Lo sguardo esplorò lo studio sotto la spinta di un'unica, continua ondata di interesse e scoperta: i quadri, la robusta scrivania, la fenice sul suo trespolo, i libri, le imponenti scaffalature. Da ultimo, scorse le poltrone in prossimità del caminetto e trovò la persona che cercava. C'era ancora una certa meraviglia sul suo viso giovane, quando si rese conto di essere al cospetto del neo-eletto Preside di Hogwarts. D'istinto, benché il corpo si fosse irrigidito e il mento alzato in una posa severa, le labbra si aprirono in un sorriso gentile, a tratti imbarazzato. Subì il potere della soggezione dovuta al confronto con un uomo di quel calibro. Dunque, era forse un bene che il mondo magico le fosse ancora estraneo a sufficienza da impedirle di sapere quanto effettivamente Ignotus Albus Edward Peverell si fosse distinto nel corso della sua vita.

«Buonasera, professore!» La voce di Nieve si espanse con chiarezza nello studio, mentre finalmente trovava in sé la concentrazione sufficiente a chiudere la porta. Ad ogni modo, non distolse lo sguardo dal suo interlocutore. «Sono Nieve Rigos. Sarei dovuta venire alle otto per un tè insieme a Emma Woodhouse, ma ho pensato di anticipare la visita per ragioni personali.» La vaghezza era lo stratagemma migliore per scansare il guazzo della menzogna e la Grifondoro se ne servì per impedire che il colloquio subisse l'onta di una disonestà che muoveva da futili motivi. «Spero che non sia un problema e che non l'abbia disturbata troppo,» disse e alzò il braccio destro per indicare con un gesto vago la zona in cui il suo interlocutore si trovava. Il libro sospeso a mezz'aria di fronte al viso dell'uomo suggeriva l'esistenza di un'attività in corso e Nieve ritenne di dovergli l'accortezza che viene col rispetto delle incombenze altrui. «Se preferisce-» La sua visione periferica fu invasa dalla sagoma di qualcosa di non meglio identificato. Solo allora, Nieve scorse la sagoma del felino nero che, a sua insaputa, aveva sferrato il colpo alla porta. Non fu in grado di realizzare il collegamento, dunque si limitò a sorridere all'animale prima di proseguire. «Dicevo, se preferisce, posso comunque tornare più tardi.»
 
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view post Posted on 28/1/2018, 11:29
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E la Grifondoro apparve.
Anticipo, era stato fregato da un anticipo.
Del resto, per una volta che se ne ricordava, doveva pur succedere qualcos'altro. Che fosse quella la dimostrazione pratica che ricordarsi di qualcosa in definitiva fosse del tutto inutile? Agenda giornaliera per riuscire a ricordarsi tutto, e saltavano gli orari, allora che senso poteva avere? Tanto valeva restare fedeli al vecchio modo di fare, e lasciarsi stupire dalle circostanze. Era quello il succo della cosa? Un chiaro messaggio, nemmeno troppo gomitato, che la Tuke gli stava mandando? Era quello che dopo tutto gli stava rallentando la digestione? Si sentiva appesantito, era colpa chiaramente del Caso. Un altro colpo gobbo, non poteva esservi altra logica spiegazione. Chiusa in quell'armatura d'altri tempi, il tradizionale cardigan grigio di Grifondoro, stava sull'attenti pronta a fare dietrofront, e ripresentarsi di lì a mezz'ora. Che avesse deciso di battere sul tempo la collega, di cosa e quanto era indicativo? Sembrava evidente in una qualche maniera si fossero parlate, doveva pur averglielo detto, in fondo non aveva scritto direttamente a lei, mosso da un istinto insano per il risparmio di agnelli, inchiostro, e gufi. Ma se il messaggio era comunque arrivato, qualcosa doveva pur dire, no? E negli ultimi tempi sembrava anche essere divenuto particolarmente 'rischioso' mandare un elfo in missione sulla Torre. Non che nei Sotterranei andasse meglio, certo, ma almeno lì la minaccia era circostanziata, e ridotta a un unico caso irrisolto. Come avrebbe potuto rispedirla da dov'era venuta? L'aveva chiamata lui, seppur non propriamente a quell'ora, e nemmeno in tale circostanza, tutto sommato apparivano come trascurabili piccoli dettaglini. Richiuse il libro, appoggiandolo sul tavolino, dal lato opposto al camino. Fidarsi era bene, ma non fidarsi rimaneva comunque preferibile. Su certe cose non si scherzava, gli erano costati anche troppa fatica quei libri, non avrebbe permesso che familiarizzassero improvvisamente con un fuoco diverso da quello con cui erano stati già in precedenza segnati. Una volta poteva essere andata bene, il rischio era che non sarebbe riaccaduto. In una nuvola di fumo cremisi anche la pallina svanì, tra le proteste di qualcuno che non sembrava volersi perdere nulla di quella reazione, per quanto inaspettata. Non troppo distante, indistinto, sullo sfondo, dalla relativa sicurezza di una boccia di vetro, un pesce da blu scuro virò rapidamente a rosa acceso, mentre i due fari gialli seguivano da un lato la coda bianca del primo spettatore indesiderato, e deluso, dietro la scrivania, e del secondo sollevato, il felino nero, che scuotendo la testa sembrava sulla giusta via della ripresa. Era un chiaro, e manifesto 'fine dei giochi'?
Infine, il Vecchio si tirò in piedi, sorridendo alla giovane.
Se andava fatto, appariva abbastanza inutile posticipare, no?
Cos'avrebbero risolto? In parte qualcosa, certo, una sola conversazione, invece che due. Allo stesso tempo avrebbe potuto offrirle un libro, un cantuccio, e avrebbero potuto attendere in religioso silenzio che anche la terza arrivasse. Ma se era arrivata in anticipo... Era stato lui a fare la proposta, ne avrebbe anche pagato interamente il conto. Con che coraggio avrebbe potuto non farlo? Con che coraggio avrebbe potuto evitare l'inevitabile?


Buonasera mademoiselle Rigos!
Ma che piacere averla qui, nessun problema.
Prego, è in anticipo, può scegliere quindi il dove.
Posso offrirle magari un The, o anche altro?


Tornò a sedersi, accennando alla coppia di poltrone, e osservando la giovane studentessa. Solare, melodioso, tra i rotacismi delle alveolari R, ed i francesismi di sillabe sincopate con una certa normanna eleganza. Procedeva spedito, da cicerone, ma pacato, risoluto nel concedere ad ogni immagine il suo giusto e legittimo spazio. Non vi sarebbero state querelle, non ancora, non era ancora giunto il tempo. Ciò nonostante aveva alimentato una serie di aspettative. Cosa si aspettava da lui la giovane? E soprattutto, già che era stata al gioco, cosa avrebbe preteso lui da lei? Sarebbero stati disposti entrambi a pagare il prezzo? E se così non fosse stato? Qual era la prima uscita disponibile? Chi avrebbe ceduto per primo? E quanto era in vantaggio, per una volta, uno, sapendo cosa sarebbe presumibilmente accaduto? Era un'apprezzabile evoluzione del modello? A parti invertite, sarebbe funzionato? Come sarebbe stato?

 
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view post Posted on 30/1/2018, 13:59
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«Un tè andrà più che bene.»

Un sospiro di sollievo seguì la breve frase che aveva appena pronunciato, mentre osservava il docente e si incamminava per raggiungerlo in prossimità del salotto. Per un istante, il timore di essere scacciata dall'ufficio l'aveva costretta a un'apnea che le aveva infiammato i polmoni e affaticato il cuore. Nei pochi minuti intercorsi tra l'enucleazione delle sue giustificazioni e la finale risoluzione dell'uomo, le immagini del suo dietrofront le avevano occupato la mente finanche a caricarsi di dettagli: aveva colto la curva pronunciata degli zigomi tingersi di porpora, le palpebre calare infaustamente sugli occhi e le mani tremare appena per il senso di inadeguatezza. Si era pentita, dunque, della decisione presa prima ancora di avere un responso e aveva imputato alla sua stupidità la causa del rifiuto che si profilava all'orizzonte. Non poteva che meritare, ebbene, ciascuna delle conseguenze che l'aspettavano. Il Fato, tuttavia, vestito di una tunica viola acceso, era stato benevolo nei suoi confronti e aveva scacciato - per sostituirla - la realtà immaginaria con quella che stava vivendo.

La Grifondoro sedette su una delle poltrone di rimpetto al mago con le gambe che tremavano un poco. Ringraziò mentalmente il solido sostegno che le offrì la seduta, quando realizzò la portata del rischio che aveva corso. Poi, s'impose di ricomporsi e rimandare a una sede più opportuna l'esplorazione della natura delle sue paturnie. Rivolse brevemente lo sguardo al libro che il Preside aveva riposto sul tavolo con l'intenzione di leggerne il titolo. Tuttavia, un mugolio desolato la distrasse e Nieve si volse appena ii tempo per scorgere il muso imbronciato di un cane di piccola taglia dal pelo candido. La bocca della giovane si mosse per dedicargli un'espressione partecipe, di scusa. Se si fosse attenuta all'orario prefissato nella lettera, il cucciolo avrebbe potuto godere di qualche altro momento di sollazzo. Le premesse di quell'incontro non erano proprio a suo favore, rifletté, considerato il fatto che fosse già riuscita ad attirarsi le antipatie degli animali del Preside. Eppure, al di sopra di ogni titubanza e dispiacere, continuava a prevalere l'urgenza di conoscere le ragioni di quel richiamo. Cosa poteva mai aver spinto l'uomo a volerla nello studio per un colloquio privato? E perché aveva deciso di convocarla insieme ad Emma? Alzò gli occhi sul docente alla ricerca del verde delle iridi di lui, prima di risolversi a parlare.

«Immagino che il tè non sia il motivo per cui mi trovo qui.» Nieve non amava temporeggiare. Diluire i tempi d'attesa per un risultato che, comunque, non spettava a lei determinare le era sempre parso controproducente. Dunque, preferì portare la conversazione sul nocciolo della questione. La sua indole le impediva di intrattenersi in futili convenevoli, benché fosse consapevole di non possedere lo scettro che serviva a gestirne l'andazzo. «Non soltanto, almeno,» aggiunse, conciliante. «Se voglio avere una speranza di fare ammenda col suo cane e ottenerne il perdono per aver anticipato la fine dei giochi, devo avere qualcosa che deponga a mio favore.» Parlò con fare giocondo, ora che cominciava ad acclimatarsi e il timore di essere rispedita in Sala Comune non le opprimeva più il petto. Lanciò una rapida occhiata all'animale, prima di tornare al suo interlocutore. «Ma comincio a sospettare che dovrò comunque chiederle di intercedere per me.»

Gli sorrise.
 
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view post Posted on 4/2/2018, 22:36
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Non si poteva affermare di iniziare in salita.
O meglio, sicuramente non più del solito. Aveva in mano il boccino.
Quanto era più conveniente poter decidere il da farsi, piuttosto che non subire il volgersi degli eventi? In altre circostanze non avrebbe esitato nell'affermare che la situazione non fosse che migliorata, eppure vuoi l'abitudine, vuoi il passare degli anni, una tattica d'investimento passiva infine aveva anche dimostrato tutti i suoi pro. Era meno onerosa da condurre, assorbiva meno energie, era più semplice. Certo, si esponeva il fianco all'ignoto, ma era pur sempre legittimo sottrarsi al problema con un secco 'nein'. Se domandare era sempre lecito, non era lo stesso nell'aspettarsi una qualche risposta. Il resto cos'era? A fronte di ciò, da dove avrebbe dovuto iniziare? In fondo era stata convocata, da lui. Appariva del tutto legittimo attendersi che fosse lui a guidare le danze. Eppure, il primo passo era presto fatto.
Iniziare da un The era sempre stato di buon auspicio.
E così sempre sarebbe stato?


Splendido, semplicemente splendido!
Dunque, un The per me, e due di zucchero.
Mi raccomando, non lasci margine a fraintendimenti.


Sorrise allegro, mentre alla scrivania il complicato meccanismo entrava in funzione, ligio al dovere, almeno in apparenza. Il raffinato, ed insospettabile servizio blu e bianco cinese, poco distante, si animò. La teiera sbuffando prese a riempire una tazzina, già in movimento, con tanto di piattino, in direzione del grazioso e prevedibile cliente, inseguita a ruota dalla delicata zuccheriera, che mulinando un cucchiaino d'argento, sembrava ansiosa di portare a compimento il suo uffizio, stanca di quella forzosa quiescienza, stanca delle chiacchiere, grata di aver un certo margine d'azione. Una volta pronta, la tazza dal liquido ambrato, e dalle vorticose spirali di vapore, prese la 'via delle Indie', galleggiando sino al tavolino, piazzandosi esattamente davanti al tomo. Quanto ne restava di leggibile sulla costa era ormai ridotto a 'di Trasfigurazione'. Potevano però veramente iniziare? Probabilmente sì, con un minimo di fortuna ce l'avevano fatta. Il tempo che il The iniziasse a raffreddarsi, e già il primo tentativo sarebbe stato portato a compimento. Intanto, erano tornati a essere soli. Non troppo distanti, un gatto acciambellato, e un cane disteso nei pressi del camino si godevano sonnecchiando il tepore del fuoco. Che avessero già inteso l'andazzo?

In realtà non credo, per quanto Amalia abbia le sue esigenze, capisce anche quando è il momento e quando non lo è. Siamo ormai insieme da troppi anni, ci siamo abituati entrambi a conciliare al meglio dovere e piacere. Sospetto che spesso sia più interessata di molti dei suoi colleghi, ma questa sarebbe un'altra Storia, che possiamo lasciare a un'altra volta. In effetti non le ho chiesto di venire per un The, anche se convengo con lei sarebbe stato comunque un ottimo proposito. Due giorni non sono molti, è vero, ma di tempo per domandarsi cosa possa avermi spinto immagino ne avrà avuto, no? Forse è arrivata a qualche conclusione? Una buona domanda da cui potremmo iniziare potrebbe anche essere: se fosse chiamata a farlo, che tipo di persona direbbe di essere?

Sorrise, a parti invertite che avrebbe risposto?
La reazione più prevedibile qual era? Sconcerto? Sorpresa?
Aveva già previsto tutto, o si sarebbe lasciata stupire? Quanto già lo conosceva?
Quante possibili scappatoie erano state lasciate volontariamente nelle due semplici domande? Quante involontariamente? E quanto era bene marciare su quel margine? Il sentiero era davvero stretto, o era stato reso tale solo artificiosamente? E oltre il sentiero, cosa c'era?

 
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view post Posted on 8/2/2018, 21:39
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Nieve aveva sentito parlare delle stramberie del professor Peverell ben prima che questi si accaparrasse un posto nella torre al quinto piano e, insieme ad esso, il ruolo come Preside di Hogwarts. Correva voce che fosse un uomo dall'estro vivace e dai modi garbatamente stravaganti e che una visita nel suo ufficio equivalesse a un'avventura in piena regola. Nessuna delle informazioni pregresse sul docente, tuttavia, servì a smorzare la meraviglia che le invase il volto quando il servizio da tè si animò. Ciascun pezzo mirava ad adempiere al proprio, cruciale compito e lo faceva con energica solerzia. Nieve sorrise all'indirizzo della zuccheriera, impossibilitata a trattenersi. Avrebbe voluto essere sincera circa le sue preferenze e decretare che nessuna aggiunta dolcificante sarebbe stata necessaria per soddisfarla. Eppure non fu in grado di deluderla.

«Un cucchiaino andrà bene per me. Non troppo abbondante, grazie.»

Il desiderio di osservare le ultime fasi dell'operato del servizio da tè manipolava ancora la sua attenzione, quando la voce dell'uomo la distolse e la spinse a correggere il tiro. Non doveva essere uno spettacolo particolarmente brillante vedere una giovane strega tanto attratta da un evento domestico che, per quanto peculiare, poteva essere catalogato nei ranghi della normalità. Specie se accostato a una figura come Peverell. Ascoltò con pazienza le spiegazioni dell'uomo circa il suo rapporto con l'animale e lo seguì, mentre si lasciavano alle spalle le frivolezze per ribaltare le loro rispettive posizioni. Se Nieve si era aspettata una risposta secca alla domanda che aveva tacitamente posto qualche minuto prima, dovette ben presto farsi carico del peso della sorpresa. Labbra e occhi, in sincrono, si schiusero e sbarrarono. L'aveva colta doppiamente impreparata, sia nella razionalità sia nell'emotività. Impiegò qualche istante a trovare in sé la forza per ristabilire l'ordine tra i suoi lineamenti e trovare, almeno all'esterno, la compostezza perduta. Si allungò per agguantare la tazzina, ora che la zuccheriera aveva svolto con diligenza il suo compito, e tornò a poggiare la schiena contro la poltrona senza alzare lo sguardo. Di tutte le domande che le aveva posto, era stata l'ultima a decretare l'insorgere di una crisi e a farle palpitare il cuore. Cercò nel liquido ambrato le risposte che sapeva di non avere.

«Io...» Si rese conto dell'incertezza che emanava non solo dalla sua voce, ma dal suo essere nel complesso. Dunque, riportò l'attenzione sul suo interlocutore e, dopo il tempo di un sospiro, procedette. «Ho vagliato diverse ipotesi, onestamente: dalla più banale, come quella relativa ai miei risultati in Storia, alla più fantasiosa. Su tutte, quella che mi ha provocato più turbamento era la prospettiva di aver disatteso uno dei miei compiti da Prefetto al punto da meritarmi un rimprovero.» Le dita reggevano la tazza con fermezza, beandosi del giovamento del calore sui nervi. «Il fatto che mi abbia convocato insieme a Emma ha reso tutto più complicato. Se è vero che Lei non fa nulla per caso, non riesco a trovare un motivo per una convocazione che possa coinvolgerci entrambe. L'unico è che c'entrasse l'assenza di Emma dalla scuola nei mesi trascorsi, ma non sono sicura che sia un affare che mi riguardi.»

Parlò con chiarezza, schiava della verità. E rifletté sull'aspetto della questione che più le risultava ostico alla comprensione. Chi era? Cosa la definiva? Chiedere a Nieve di descriversi era probabilmente la peggiore delle prospettive, a maggior ragione adesso che Emma le aveva fornito una visione tanto oscura di sé. Era egoista, troppo concentrata sui propri problemi per prestare attenzione alle esigenze altrui; e la cosa peggiore era che lo facesse senza rendersene conto, sicché non c'era rimedio. O, almeno, questo le aveva detto l'amica.

«Quanto alla sua altra domanda...» Abbassò gli occhi, intimamente desolata. Si sentiva fragile come la scia sottile di vapore che si sollevava dalla superficie del liquido. «Non lo so.» Si espresse con una nota di rassegnazione, prima di tornare a indagare le iridi del Preside. «Io non so che tipo di persona sono, non più. Non sono sicura di averlo mai capito, a dirla tutta.» Era un argomento complesso da sottoporre a una sedicenne e lo era ancora di più se la sedicenne aveva i trascorsi (remoti come recenti) di Nieve. «Lo so che Lei non mi conosce e che questo renderà la mia risposta insoddisfacente, ma sono Nieve. Solo Nieve.»

Avrebbe voluto aggiungere una spiegazione, rapida e concisa: per Nieve, essere se stessa equivaleva a non essere abbastanza. Avrebbe saputo elencare ciascuno dei suoi difetti fino alla più piccola e insignificante delle lacune, ma non desiderava compiangersi dinanzi al docente. D'un tratto, la prospettiva di essere destituita dalla carica di Prefetto non le parve più tanto implausibile. Forse, cogitò non senza un certo turbamento, il discorso che avevano intavolato si sarebbe spinto fino alla restituzione della spilla che portava appuntata al petto. Accostò la tazzina alle labbra e bevve un piccolo sorso di tè per scacciare il magone che le aveva stretto la gola. Come poteva non essere abbastanza e troppo insieme?
 
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Sorrise all'indirizzo prima della zuccheriera, e poi dell'espressione sorpresa della giovane Grifondoro. Per quanto dunque fosse evidente e ineluttabile che circolassero voci di corridoio più o meno bene informate, anche a fronte dell'elementare e semplice fatto che i visitatori non fossero mai stati restii dal presentarsi, ora della fine non tutti sapevano tutto. O almeno, per quanto in molti avessero la presunzione di saperne a sufficienza, in realtà la semplicità dei fatti il più delle volte metteva a nudo una basilare verità: chi più presumeva di sapere sulla soglia, era anche quello a sapere di meno. Uno spaccamento tra significante e significato, una frattura insanabile che nel corso del tempo era andata trascinandosi, ingigantendosi, ampliandosi. Qual era la verità? Sino a che punto era legittimo affermare e presumere di sapere? Oltre quale asticella la presunzione perdeva di verosimiglianza con la realtà oggettiva dei fatti? Entro quali limiti non era invece possibile affermare nulla? Quanto meno si aveva l'idea, almeno il più delle volte, di sapere perchè si bussava. Altre volte poi si dimostrava in corso d'opera che quella che sino a quel momento era stata un'idea, non coincideva con niente, e quella percepita come la domanda cruciale, in realtà non lo era mai stata. In quel caso, invece, quella residua eventualità di possedere quella domanda, almeno inizialmente, una dolce illusione in cui cullarsi sino alla doccia gelata, era sfumata ancora prima di aver avuto la possibilità di crearla: non c'era mai stata. Era un problema? Poteva esserlo. Lo sarebbe stato? Forse. Perchè erano lì? Aveva senso muovere sempre dalla genesi? Certo, avrebbero trovato il saluto del divo beota di Ascra, ma allo stesso tempo c'era sempre il rischio di sfiancare il pubblico prima ancora di arrivare in vista dell'obiettivo primo, l'ultimo diveniva man mano un semplice immaginifico miraggio, perso tra le dune di un deserto senza fine. Dal quale forse un giorno sarebbe emerso sulla schiena di un tartaro.

Le dirò una cosa, mademoiselle Rigos, che per quanto molti di quelli che mi conoscono avranno forse intuito, non ho mai detto. Sino a poco tempo fa, dopo un'intera esistenza, ero solito prendere il The senza zucchero. Per la verità continuo anche oggi ad apprezzarlo maggiormente senza, ciò nonostante ho un religioso timore di farmi una nemica, oltre che di darle un dispiacere, come avrà notato, e mi adeguo alle circostanze quali che siano.

Tra una voluta di vapore, e l'altra, non sembrava molto chiaro dove volesse andare a parare. Almeno lui lo sapeva? Se anche era così, non sembrava ne volesse far cenno. Che fosse incredibilmente geloso di quel segreto? Era quello una parte del problema, se non addirittura il grosso del problema? Un interlocutore che avesse l'iniziativa, ma che anche avesse il timore di condurre, quanto disastroso poteva rivelarsi? L'impasse si sarebbe sbloccata, o erano già finiti in un loop? E poi riprese, un'espressione più seria, meno gioviale? Era già invecchiato di qualche anno, nell'arco di pochi istanti?

Allo stesso modo, può credermi nel dirle che era mia intenzione espormi a un nuovo trasloco, ma ho dovuto. Quello che voglio dirle è che non sempre siamo liberi di fare quello che vogliamo, anzi, più passano gli anni più una quota crescente delle nostre azioni sono dovute, vuole a una particolare circostanza, vuole a una particolare ricorrenza. Quello che non cambia, ed è per questo scoprirlo relativamente in fretta, ma senza barare, ossimoricamente parlando nei tempi giusti potrei dire, è: chi siamo. Non sempre è un'attività piacevole, non è nemmeno particolarmente divertente o allegro, ma sicuramente necessario. Potremmo scoprire parti di noi che non ci piacciono, altre scomode o imbarazzanti, la domanda è: è meglio conoscere, o non conoscere se stessi? Lei è molto giovane, ma questa non è una scusa, ha anche delle notevoli responsabilità nei confronti di Grifondoro, ed è quasi giunta alla metà del tempo che trascorrerà in questo Castello, lo investa bene, apprenda e conosca il più possibile. Certo, lei è Nieve, non lo scordi.

La gestualità limitata, quasi contenuta, un braccio che si spostava, un gesto, un dito disteso, una gamba che cambiava posizione, al sopraggiungere di un già iniziale insofferente torpore, in quel caldo sonnolento clima dello studio, eppure, mai così vivo. Scariche di energia, ondate di vita, quasi emanate a raggera dal caminetto, il fuoco, presenza costante, immanente, presi tra due fuochi, che rischiassero forse infine di prendere a loro volta fuoco? Incenerirsi? Che forse Minerva non fosse la benigna e silente spettatrice che si credeva essere? Il fuoco era il suo elemento, chi meglio di lei avrebbe potuto comprenderlo, afferrarlo, controllarlo, con risultati strabilianti, anche per il più talentuoso dei Maghi? Il tentativo di non turbare oltre quel tanto che vi fosse di accettabile quel tenue equilibrio che si andava creando, mantenendo, e rinforzando, sillaba dopo sillaba. Quanto era necessario a poter affermare che vi fosse un’intesa? Che vi fosse una triplice Intesa? O era un’Alleanza? Quanto sarebbe stato dirimente il punto? In fondo, non era in gioco una guerra, o forse sì? Se vi fossero giunti, che avrebbero fatto? Ma l’intesa andava pazientemente coltivata, come una pianta, come quella stessa pianta grassa che all’estremo angolo destro della scrivania, dietro al paralume, sembrava voler reclamare un suo posto, un suo ruolo, in quella Storia, pur non riuscendoci. Snobbata, misrattata, frutto di un qualche esperimento andato male, era lì per l’indulgenza, ed il placet dell’Anziano Mago, che fosse una scommessa? Un pegno? Un voto? Così come la boccia di un pesce rosso fosforescente, una singolare scelta di gregari, non v’era che dire, eppure, quelli erano capitati in sorte, e nessuno sarebbe stato lasciato indietro.
Le aspettative che tornavano, forti di un’atavica prepotenza, come sbarazzarsene? Farlo? Se fosse stato possibile, l’avrebbero davvero fatto, a cuor leggero? In fondo, le aspettative, si legavano indissolubilmente con l’inconscio, con tutta una serie di meccanismi che inconsciamente erano silenziosamente all’opera ogni istante della giornata, a vagliare, cernere, ed esaminare ogni tipo d’informazione che fosse degna di stimolare quel loro minimo indispensabile ma sufficiente interesse. Un meccanismo di sicurezza, un’eredità dei progenitori, o forse di qualche generazione successiva, non la prima, ma forse la cinquantesima. E se anche Eva le avesse condivise? Quanto sarebbe mutata la Storia? Come si sarebbero trovati nell’Eden? Il The? Certo, il Sommo era pur sempre Sommo, non si discuteva, ma poteva davvero aver pensato a tutto e tutti, e quindi anche a quel sottile cruciale dettaglino? O avrebbe dovuto ordinare il The a qualche ornitorinco? O a qualche castoro, particolarmente sviluppato, in società con un babbuino, ed un bonobo? Erano anche quelli problemi. Certo, se non l’avesse conosciuto, probabilmente non ne avrebbe sofferto, ma un’eternità senza The, avrebbe davvero avuto lo stesso sapore? Intanto, servizievole la delicata Teiera svolgeva la sua funzione, liquido ambrato andava addensandosi nelle due tazze, spirali di calore si levavano dalla superficie ancora turbinante, bolle d’aria ribollivano tra i garganelli della mistura, tra l’altalenante movimento del pulviscolo, evaso alle cure dei filtri.


Le dico questo perchè presto dovremo decidere tra ciò che è giusto, e ciò che è facile. Ma senza voler eludere ancora a lungo la domanda, in effetti non le ho chiesto di raggiungerci per questo, per quanto... potrebbe avere comunque il suo peso. Così come non c'entrano nemmeno i suoi rapporti con mademoiselle Woodhouse, per quanto sono certo meriterebbero la nostra attenzione. Posso chiederle invece cosa sa a proposito della Scuola di Atene? Siamo chiusi in un Castello, nel mezzo della Scozia, e anche alle pietre piace parlare...

Concluse, tornando gioviale.
In fondo, già quella, era una liberatoria?
Firmata e omologata, con tanto di numero di registro?
Arrivava di gran carriera il momento del The?
Era quello a metterlo così di buon umore?
La tentazione in fondo era grande...
Come negarlo?

 
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view post Posted on 21/2/2018, 15:19
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Non fu difficile per Nieve interiorizzare una prima, indubitabile verità sul preside Peverell. Dopo pochi minuti di conversazione mista a osservazione, si era detta certa di poterlo definire magnetico. Lo studio in cui si trovavano, nella sua densa interezza, pullulava di vita e delle sue storie: ora un arazzo, ora un suppellettile, ora una colonna di soli libri servivano a dare una vaga idea del corso di un’esistenza a tratti perfino incomprensibile. Eppure, nel marasma di oggetti e utensili di sorta che si diramavano alla vista degli avventori, era l’uomo a spiccare sopra ogni cosa. Ecco perché, mentre prestava orecchio alle rivelazioni del suo interlocutore e pur faticando ad afferrare il significato ultimo del discorso, Nieve non trovò in cuor suo il desiderio di distogliere l’attenzione dalla figura che le stava dirimpetto. Sorrise appena nell’apprendere la natura della scelta operata dal preside per preservare i suoi rapporti con la zuccheriera; inclinò leggermente il capo verso destra quando comprese l’esortazione contenuta nelle parole dell’altro; e tremò un poco al riferimento circa i suoi doveri da Prefetto. Avrebbe potuto distogliere lo sguardo e rifugiarsi nello spazio di un contatto infranto per non sentirsi esposta, come avrebbe potuto decidere di parlare a sua volta e inframmezzare il discorso di lui con una considerazione che ne smorzasse i toni. Tuttavia, la proprietà – di linguaggio, d’intelletto, infine d’esperienza – di cui l’altro si faceva portatore esplose in un effluvio di malìa che la convinse a desistere e, insieme, persistere. Così Nieve, che di solito era portata a schivare l’autorità altrui nel timore di rimanerne schiacciata, finì per subirne il fascino. Da ultimo, si espanse il boato del tuono che rivela.

Ancora una volta, la bocca di Nieve soccombette alla sorpresa. «La Scuola di Atene…» C’era l’incertezza della domanda nel modo in cui la lingua aveva plasmato quell’ultima frase, eppure il baluginio della consapevolezza si era fatto spazio nel verde delle iridi chiare. «Ne ho sentito parlare l’anno scorso, poco dopo aver cominciato a frequentare le lezioni di Storia.» I polpastrelli tamburellavano leggermente sulla superficie delicata della porcellana, un po’ per seguire il ritmo di un’emozione effervescente, un po’ per dar loro sollievo dall’acutezza del calore. Aveva l’espressione cangiante di chi sta recuperando un ricordo dai contorni rarefatti e lo sente inconsistente tra le dita. «C’era un ragazzino del primo anno che ne parlava. Se la memoria non mi inganna, il fratello aveva sperato di entrare a far parte di questa… setta senza avere successo,» disse, le labbra arricciate nello sforzo di ottenere più dettagli. Fallì poco prima di tornare a consultare lo sguardo del preside. «Se non ho capito male, mettendo insieme le informazioni recuperate nel tempo, si tratta di una schiera sceltissima di studenti che hanno il privilegio di approfondire la conoscenza della storia attraverso un approccio meno… accademico?!»

Parlava con titubanza, timorosa di sbagliare. Nieve aveva una spiccata tendenza a non perdersi nel limbo dell’irraggiungibile. Preso atto delle proprie capacità, si metteva in gioco quel tanto che bastava a scoprirsi e ad apprendere per andare cautamente oltre i propri limiti, salvo rare eccezioni. Era refrattaria, tuttavia, a calcare la mano quando riteneva di non possedere le capacità per accedere a un livello a lei precluso. Mentre tornava con la mente allo stralcio di conversazione che aveva recepito l’anno prima, succube della propria insaziabile curiosità, comprese la ragione del suo disinteresse verso la Scuola di Atene e si accinse a condividerla con l’uomo che le sedeva di fronte. Un cipiglio deciso faceva capolino sui suoi lineamenti, ora.

«Non prenda la mia ignoranza come carenza d’interesse verso l’attività,» fece con tono sicuro, lo stesso che adoperava durante le esaminazioni scolastiche. «L’anno scorso, i miei voti in Storia si sono rivelati talmente mediocri che mi sono da subito convinta di non avere le carte in regola per aspirare ad entrare in quella peculiare fetta di popolazione. Se è vero che la Scuola di Atene permette di approfondire le nozioni di Storia, cosa avrei mai potuto farci io che arrivavo a stento all’Accettabile? Quindi, con la stessa timidezza con cui era sorto, ho lasciato andare il bisogno di saperne di più e non l’ho ripescato, nemmeno a fronte del miglioramento di quest’anno.» Trattenne un attimo il fiato, prima di lasciarsi andare a una sommessa espirazione. Era complesso spiegare il meccanismo che sovrintendeva alle sue scelte e la portava ad eliminare il superfluo, sia laddove questo s’incarnasse nello sgradito sia laddove prendesse l’aspetto dell’impenetrabile. «Non mi è mai neppure capitato di parlarne con qualcuno, ora che ci penso. Ho captato sussurri tra i banchi della biblioteca o per i corridoi. Ma, che io sappia, non ho mai conosciuto un membro di questa schiera di eletti, né so come vengano scelti. A suo tempo, ho solo supposto che mostrare una certa affinità con la materia potesse essere un requisito, ecco.» *Ammesso che ci sia del vero in tutto questo,* le venne da pensare per un attimo. L’eco delle parole di Peverell – “Le dico questo perché presto dovremo decidere tra ciò che è giusto e ciò che è facile” – tornò a sfiorarla brevemente, lasciandole addosso un vago sentore di incompreso. Le stava sfuggendo qualcosa, ma, per quanto si affannasse a districare i fili, non riusciva ancora a risalire al bandolo della matassa. «In conclusione, direi che ne so meno di quanto dovrei probabilmente, ma abbastanza da essermi fatta un’idea, giusta o sbagliata che sia. Posso sapere perché… Perché me lo chiede?»

Era sorprendente constatare come neppure per un istante, mentre parlava, il dubbio di essere stata convocata proprio per ragioni connesse alla Scuola di Atene avesse fatto capolino nella sua mente. I suoi occhi erano limpidi oltre il sottile strato di perplessità che ancora residuava. Era, forse, troppo modesta per lasciarsi tangere dal pensiero o, verosimilmente, altrettanto sciocca.



Edited by ~ Nieve Rigos - 21/2/2018, 20:32
 
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Massimi sistemi?
Tutto era destinato ad esaurirsi lì?
Sin dove sarebbe stato legittimo che si spingesse? Dopotutto dove e cosa erano affari suoi, e dove smettevano invece di esserlo? Dove era legittimo tastare e battere il sentiero? Dove era disdicevole andare? E dove era del tutto sconveniente? Avrebbe potuto affermare di conoscere la giovane Grifondoro più di quanto non potesse affermare di conoscere centinaia di altri studenti che ogni giorno affollavano quelle aule? Probabilmente no, anzi. Eppure erano lì. Non erano destinati ad esserlo soli, ma così avevano voluto le circostanze. Che avrebbero dovuto fare? Gettare tutto alle ortiche, e calarsi dalle finestre, urlando? Eppure, tutto aveva un che di nuovo, un'aria limpida e cristallina, quasi rarefatta, di alta montagna. Attraverso e grazie alla quale era possibile vedere meglio, più lontano, e più nitido. Un cannocchiale naturale, una lente d'ingrandimento che se da un lato ingrandiva, dall'altro distorceva la stessa essenza dell'essere. Scombinava l'ordine naturale delle cose, rimescolava inaspettatamente e imprevedibilmente le carte. Non c'era un copione già scritto, o se c'era nessuno era stato tanto premuroso da farglielo avere per tempo, non aveva nemmeno avuto il privilegio di poterlo scrivere lei. Era tutto diverso, lui lo sapeva? Era un problema abbastanza grande proporzionalmente perchè lo scorgesse?
Eppure fosse o non fosse stato calcolato di proposito, quello era stato l'esito di un complesso intrico di azioni. Quella ne era stata la conseguenza finale. Era seduta davanti a un tribunale? E con chi aveva a che fare? Con l'inquisitore del Sant'Uffizio? Era un Processo? Lo sarebbe stato? Era solo semplicemente tutta una farsa? L'esito era già scritto? Che tipo di prove le sarebbe stato richiesto di presentare? A che pro? In quale direzione si sarebbe indirizzata l'attività del tribunale? Sarebbe stato in grado di apprezzare la verità e la sincerità di quanto sarebbe emerso? Come l'avrebbe discriminata dal resto?
Un intenso, sostenuto scambio di sguardi.
La domanda silente: perchè era lì?
Aveva trovato risposta?
L'aveva già trovata?


Sicuramente un modo peculiare d'intenderla, ma in effetti potrebbe essere considerata una setta. Non credo gli Ateniesi seguano una particolare filosofia, o godano di singolari privilegi, ma capisco il senso del termine. In realtà come penso di riuscire a farle capire, è sempre una semplice questione di prospettive. Perchè crede che gli Ateniesi vengano scelti, prima ancora di essere volontari?

Era quello un buon punto di partenza? Quanto inatteso?
Del resto, la cifra caratteristica di una setta era sì il discrimine tra i suoi adepti, e coloro che invece ne erano esclusi, ma allo stesso tempo la differenza era sottile. Perchè, sulla base di quale logica, e sulla base di quale interesse tale scelta venisse monocraticamente portata avanti. Che le sue attività fossero in parte avvolte da una cortina fumogena, e dall'altra invece intrise di un tentatore profumo di pesche appena colte erano due elementi che marciavano alternati, dandosi il cambio ogni miglio, in quella che aveva la pretesa di essere una nuova stupefacente e vittoriosa Anabasi, verso cosa? Verso la Storia stessa? Sulle note di Clio dove avrebbero osato spingersi? Sin dove sarebbe stato davvero possibile? E a quale prezzo? Tutto aveva un prezzo, sarebbero stati davvero disposti a pagarlo? Il bigliettaio era corruttibile più o meno facilmente? E se li avesse colti impreparati, cosa sarebbe accaduto? Sorrise alla giovane, invitandola a procedere, mentre intanto la mano scivolava verso la tazza. Era giunto infine l'agognato momento di godersi un sorso di The.
Certo, non erano stati risultati eclatanti, sotto molti punti di vista. Ma del resto... era davvero il caso di farne un dramma? Una tragedia greca? Quanto erano davvero importanti? Più trascorreva il tempo, più era manifesta l'effimerità di tali traguardi, la caducità di certi risultati, rispetto ad altri. Quanto erano determinanti, quanto potevano davvero rappresentare pietre miliari del cursus studiorum di un giovane studente? Quando avrebbe realizzato la loro reale importanza, sarebbe ancora stato in tempo? Gli anni della formazione e dell'apprendimento erano davvero limitati e confinati a quella idilliaca dimensione, definita nello spazio e nel tempo, e ascrivibile alla giovinezza? Si poteva affermare che la giovinezza per sua stessa definizione venisse in parte sprecata in cose che a posteriori non avessero o non trovassero più una reale giustificazione? Cos'era invece ad avere reale importanza?
La Grifondoro aspettava qualcosa, ma cosa? Sarebbe stato in grado di darle quel qualcosa. Quali erano le premesse di quella conversazione? Quali le aspettative di entrambe le parti? Cosa poteva portare un The in dote? Le note di preoccupazione e nervosismo erano palpabili nell'area, la fragranza dell'aroma della miscela ancora non era riuscita nel compiere quella manieristica trasfigurazione. A correggere la rotta di un viaggio pericoloso, e omerico, il cui esito era di gran lunga troppo incerto per consentire pronostici su quanto ne sarebbe derivato. L'episteme stesso di quella conversazione cos'era? L'ignoranza?
L'assenza di qualcosa... qualcosa d'altro, ma vitale.
La manifesta percezione di una mancanza.


Ha ragione, dopotutto se dovessimo guardare a determinati aspetti del nostro sistema tutto potrebbe assumere una diversa facie, a dipendenza anche di cosa volessimo ricercarvi. Ma nel corso del tempo ho anche imparato a valutare le lezioni sulla base delle persone, ed evitare di cedere alla tentazione di fare il contrario: valutare le persone, sulla base delle lezioni. Decine dei migliori studenti di questo Castello non hanno simpatia per Storia, mio malgrado, potrei fargliene una colpa in tutta onestà? Del resto è anche improbabile che i nostri giorni vedano un drammatico bisogno di storici, o almeno dovremmo augurarcelo.

E poi tombola!
Era stato tutto un rapido accostamento, un farsi avanti in punta di piedi, silenziosamente, strisciando nell'ombra. Ed erano infine giunti alla meta. Perchè. Perchè parlavano di quello? Perchè quel The? Perchè quell'invito? Era un modo garbato di domandare cosa diamine ci facesse lì? Avrebbe davvero udito una risposta? Quanto erano abituate quelle mura a udirne? Chi era in grado di fornirla quella risposta? Era una soluzione che sfuggiva alla consapevolezza umana, pur essendone intrinsecamente unita, pervasa. Lo sapeva. Sapeva la risposta, non sapeva ancora di esserne in possesso? Come sarebbero giunti a stanare quell'imperscrutabile ma semplice verità? Quale sarebbe stato il percorso più semplice, e quale quello più giusto? Possibile che ancora una volta il giusto fosse diametralmente opposto al semplice? Perchè ciò che era giusto doveva essere implicitamente difficile? E soprattutto, era difficile in cosa? In quale misura? Qual era l'unità di misura di quel goniometro strampalato di difficoltà intriso e segnato?


Ottima domanda. Perchè glielo chiedo. Concorderà con me, però, essere stata un'ottima domanda, no? Per certi versi non negherò mi piaccia essere informato sulle ultime voci di corridoio. In parte le credo, sono certo si sia fatta un'idea, non so quanto essa possa essere davvero... aderente, alla realtà dei fatti, ma questa è un'altra Storia. Alle persone piace vantarsi, del resto, e attribuirsi spesso meriti che non hanno, o semplicemente credono di avere. Questo naturalmente riguarda anche me, non celiamolo dietro un mignolo. Di cosa crede che discutano i professori a tavola? Ricordo piuttosto bene di cosa discutessimo noi ai miei tempi al tavolo di Tassorosso, e ricordo anche distintamente quanto speculassimo allegramente sull'argomento del giorno dell''altro tavolo'.

Era una risposta?
Se una risposta era stata data, evidentemente doveva essersela persa.
Dov'era finita? Incanalata in un qualche strambo meandro, di un canale artificiale, era andata con il perdersi. Fagocitata da un qualche strambo mostro mitologico, rinchiuso nelle squallide prigioni del tartaro, che sotto idrica forma avesse deciso inaspettatamente di fare capolino, e libarsi di quel piccolo cruciale frammento d'informazione? Quanto era importante, e allo stesso tempo umanamente transitorio? Aveva davvero bisogno di saperlo? Era indispensabile? Qualche che fosse la ragione, in fondo ormai la frittata era fatta. Se anche la ragion d'essere fosse stata scadente, qualcosa sarebbe pur cambiato, o forse no? Lo strisciante scollamento tra significante e significato dove li avrebbe portati? Come resistergli?
E la tazzina tornò al piattino. Era tempo di scoprire un'altra carta?
Lo sguardò tornò a cercare quello della Grifondoro.
Andare oltre, un altro piccolo passo.


I miei professori hanno tutti, chi più chi meno, un'ottima impressione su di lei. E ancora più importante, tale impressione, seppur evidentemente diversa, la conservano anche i suoi colleghi. Spesso si capisce qualcosa di una persona dal suo rapporto con i rispettivi pari, o ancor meglio inferiori, che non da quelli che ritenga essere suoi superiori. Quindi vorrei discutere con lei proprio de La Scuola di Atene, è presto svelato almeno parte dell'arcano. Mi segue?

Semplice.
Essenziale. Sintetico?
Concettualmente armonioso.
Era quella la trippa del discorso?
C'era trippa per gatti quindi?
Era un gatto?

 
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view post Posted on 18/5/2018, 14:50
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Intercorse una lunga pausa tra la prima domanda del Preside e il momento in cui Nieve decise, infine, di rispondere. Preso atto dell'importanza del quesito, la Grifondoro distolse lo sguardo e lo fece vagare nelle immediate vicinanze del camino. Possedeva una mente elastica e un'intelligenza riflessiva, dunque non l'animava il desiderio di spasmodica prontezza che apparteneva ad altri. Le piaceva raccogliersi il tempo necessario a ponderare un concetto, saggiarne la portata e convincersi di averne afferrato il senso ultimo. A quel punto, procedeva. Nell'occasione che la vedeva occupare una delle poltrone della torre del Preside, decise di optare per un approccio personale e, nel farlo, tornò ad allacciare il proprio sguardo a quello dell'uomo.

«Se io fossi al Suo posto, vorrei assicurarmi la partecipazione degli studenti che ritengo più idonei, senza rimanere ingabbiato entro i confini delle scelte altrui. Mi spiego meglio. Se l'ammissione alla Scuola di Atene dovesse basarsi esclusivamente sulla preferenza per la storia, immagino che le adesioni sarebbero limitate. E' un dato di fatto - almeno stando alla mia esperienza - che l'entusiasmo non sia il primo sentimento che muove la maggioranza dei partecipanti al corso, specie a confronto con altri dal taglio più pratico. Io stessa, e immagino che i miei risultati siano ancora una volta indicativi, mi sono mossa allo stesso modo al primo approccio con le Sue lezioni.» Scostò la mano sinistra dalla tazza per assicurare una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Non era semplice ammettere di fronte al Preside, nonché titolare della cattedra, una verità così scomoda. Si rimproverò per la propria schiettezza, tuttavia comprese di non avere alternative che non comportassero il rischio di snaturarsi. «Dunque, dicevo che, se fossi nella Sua posizione, mi proporrei di avvicinare alla storia gli studenti che, a mio modo di vedere le cose, potrebbero riscoprirsi interessati a ciò che insegno se correttamente stimolati.» Inspirò ed espirò, parzialmente insoddisfatta. «In questo senso, trovo che Lei goda di più lungimiranza di noi studenti, che stiamo al di qua della cattedra. Non so in quali termini siano organizzate le sessioni di approfondimento della Scuola di Atene, ma, sempre se fossi in Lei, vorrei assicurarmi la partecipazione delle persone in cui ho scorto qualcosa di più. In questo modo, lo stimolo potrebbe muoversi in modo ambivalente: non soltanto Lei potrebbe stimolare l'interesse dei partecipanti, ma gli stessi studenti potrebbero dare qualcosa di inedito al corso.» A mano a mano che procedeva, le riflessioni si arricchivano di dettagli e, a un tempo, guadagnavano in linearità. L'espressione sul volto di Nieve era di tale concentrazione che le sopracciglia non poterono fare a meno di incurvarsi e scendere appena sugli occhi. «Allo stesso tempo, scegliendo, mi assicurerei una prima scrematura e potrei permettermi di dare una certa impronta al corso, consapevole del fatto che una soglia di sbarramento crei le condizioni per adesioni mirate.» Inclinò il capo, distogliendo lo sguardo per fissarlo in un punto indefinito sul pavimento. La mente lavorava, solerte, per districare l'ennesimo nodo. «Immagino che sia scortese da dire, ma» tornò a fissare il viso del Preside, «nella Sua posizione, vorrei un certo tipo di utenza e tenterei di assicurarmelo con una prima fase di valutazione. Non mi fraintenda, La prego. Il sapere è e deve rimanere accessibile a chiunque abbia in sé un desiderio di apprendimento. Sono anche convinta, però, che ciascuno di noi abbia delle inclinazioni da assecondare, talvolta perfino da scoprire o riscoprire ed è proprio qui che entra in gioco il ruolo dell'insegnante. O, meglio, di un buon insegnante, ma questo è un discorso in parte altro.» Che avrebbero affrontato a suo tempo, si disse. «Fare una cernita porterebbe ad una massimizzazione dei tempi in vista dei risultati auspicati... Credo!» Sospirò, in difficoltà. Era un discorso fumoso e Nieve comprese che l'incapacità di afferrarlo pienamente dipendesse da una mancanza di base: sapeva poco o nulla della Scuola di Atene, dunque le era inaccessibile il concetto di padronanza. Era come venire sottoposta a un esame su un argomento ostico alla comprensione. «Ma non sono sicura che questo mio modo di vedere le cose sia rapportabile al Suo modo di gestire la Scuola di Atene, ovviamente.»

Tornò a stringere la tazza con entrambe le mani e ad attingere da essa per rifocillarsi. Non aveva la certezza di aver centrato l'obiettivo, né di aver approntato la migliore delle risposte. Pertanto, il cuore decise di procedere a un ritmo appena più sostenuto, seccandole la bocca. Bevve un paio di sorsi, disponendosi ad accogliere le successive rivelazioni dell'uomo. Le labbra gli regalarono un sorriso di malcelata ammirazione. *Valutare le lezioni sulla base delle persone!* Non avrebbe dovuto stupirsi, eppure si concesse quel lusso innocente e la fascinazione che ne seguì. Se qualcosa aveva appreso quel giorno, era che il Preside Peverell meritasse di ricoprire esattamente il ruolo che gli veniva tributato nella stima altrui, intellettualmente più che accademicamente. Poi, d'un tratto arrossì di violenza.

«Mi fa piacere,» sussurrò con timidezza, gli zigomi toccati dal compiacimento. Nieve era così impermeabile a qualsiasi forma di vanto che l'idea di essere oggetto di approvazione da parte del corpo docente non l'aveva mai sfiorata. Agiva e raccoglieva i frutti della propria semina senza sentire il bisogno di esporre le proprie conquiste all'elogio altrui. Annuì sommessamente, lusingata. «La seguo...»

Dunque, aveva superato quella prima fase di valutazione?


Edited by ~ Nieve Rigos - 18/5/2018, 16:20
 
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Era presto detto, sarebbe stata una danza complicata.
Era nell'aria, probabilmente sin da prima che cominciasse tutto, era una serata particolare, e tale sarebbe continuata a esserlo. Di cosa stavano discutendo? In cosa si stavano avventurando? Risalivano il corso del Meandro, diretti a una rocca che non voleva essere conquistata? L'avrebbero spinta e convinta altrimenti? Da quanti anni sembrava che si fossero accampati lì fuori, sotto la volta stellata, e quanto poco tempo invece era veramente trascorso? Tutto si riduceva sempre a quanto fossero reciprocamente disposti a mettere sul piatto? Quanto era giustificabile una sana ritrosia, nel non volersi eccessivamente esporre ai problemi che potevano inevitabilmente sorgere da attività del genere? Come si sarebbe infine conclusa la vicenda, e quale sarebbe stato lo strumento più adeguato a che essa si consumasse nel migliore dei modi pronosticabili? Quale sarebbe stato quel novello 'cavallo', e chi il suo artefice? C'era un problema con la Storia, avevano un problema, sapevano forse anche come risolverlo? Si muovevano sulle spalle dei giganti che erano stati, un tempo, ma di quanta libertà godevano veramente? Quanto il passato poteva pregiudicare le scelte del presente, imponendosi quale unica linea di pensiero, e determinare indirettamente ma non meno forzosamente il futuro? Con lo sguardo magneticamente ancora avviluppato alle fiamme del caminetto, che scoppiettavano allegre, riprese con candore soffuso il discorso. Qual era il punto?


In effetti credo abbia ragione. È vero, la teoria è molto più stancante e impegnativa della pratica, e nella maggior parte dei casi gode di una considerazione inferiore anche da parte di candidati che semplicemente dovrebbero essere... 'incentivati', per così dire. Ma credo che il problema si incentri su un equivoco di fondo, che nonostante il trascorrere del tempo, è difficile sradicare. Quale crede che sia lo scopo, o l'obiettivo del nostro corso di Storia della Magia? E ancora più in generale, l'obiettivo della nostra scuola? Quale crede che sia la differenza tra teoria e pratica?

Lentamente, errabondo, meditando ancora tra una parola e l'altra, tra il concatenarsi delle domande, e delle brevi affermazioni, tornò a riallacciarsi allo sguardo della giovane Grifondoro. Erano ancora lì, non si erano mai mossi, quanto era trascorso? Lente scorrevano le parole, dell'una e poi dell'altro. Venivano passate al setaccio, spiluccate con attenzione, in un ozio letterariamente stimolante, ma che in molti non avrebbero esitato a non considerare nemmeno. Era quello il punto nodale? C'era un problema di fondo, che persisteva e senza la cui risoluzione, non poteva essere trovata una duratura soluzione a sostegno dell'intero impianto? Che tipo di scambio veniva inseguito e ricercato? Quanto era raggiunto, e quanto eluso astutamente? Come potevano essere scorte quelle persone con un quid in più, e quanto di quel quid faceva direttamente riferimento al loro corso? Ma quale corso poi? Quello ufficioso o quello ufficiale? Era quella pluralità di piani a seminare il caos? Il pressapochismo delle letture cui prestava il fianco? La parzialità delle stesse, e l'incapacità di non riuscire olisticamente a considerarlo nella sua interezza? Un sorriso, divertito, le stava forse dando ragione?

È vero, immagino che per citarla 'assicurarsi la partecipazione delle persone con una parvenza di qualcosa in più' possa essere un buon motivo per imporre una selezione. Così come è anche vero, contrariamente, che sarebbe piuttosto difficile determinare una vera 'preferenza per la storia' da una falsa, e come mi faceva giustamente notare a una certa età i confini delle scelte altrui possono risultare particolarmente scomodi. Eppure questa se vuole è ancora la parte pratica... c'è invece anche una parte più teorica, se vuole, che viene prima: non tutti potrebbero farcela, molto semplicemente. E non sapendo a cosa vadano incontro... qualcuno deve pensare per entrambi. Se vuole possiamo definirla lungimiranza, lusinghieramente parlando.

Certo, in altri termini poteva essere tranquillamente bollata come semplice buon senso, equilibrio, realismo, se non peggio. Qual era il freno a tutta quella Storia? Farcela a fare cosa, dopotutto? Era pur sempre una semplice attività extra scolastica, o no? Quali erano i limiti? Sin dove era possibile spingersi, e dove invece sarebbe giunto il momento in cui era opportuno arrestarsi e tornare indietro? Quali erano le colonne d'Ercole di quello strano viaggio? Dove il mare sarebbe precipitato per migliaia di stadi, ricongiungendosi ai fiumi infernali? Vi sarebbe stato un monito di un qualche tipo prima che succedesse? Stava per accadere, poi? Armato nuovamente di tazza si apprestava a proseguire il discorso, ancora in avanti. L'Aulide ormai era andato perso nella nebbia? Quanto se l'erano lasciato alle spalle? Erano infine salpati, l'avrebbero ritrovato? E la rocca? Non si vedeva ancora.

In parte ha già risposto, eppure riaffrontiamo la questione. Siamo davvero tutti uguali? Allo stesso tempo è anche vero che siamo tutti diversi, ad esempio per legittime inclinazioni. E mi dica, per accedere al sapere è davvero sufficiente il desiderio? Al netto delle inclinazioni, che possono essere stimolate a patto che vi siano, o instillate, l'esperienza mi suggerisce che manchi un importante tassello nel ragionamento, una semplice quanto elementare verità, che anche lei avrà scorto qui, come nelle sue precedenti esperienze. L'ha colta? La Scuola di Atene non è una semplice gita al museo, o al parco archeologico, quindi inevitabilmente presenta dei rischi. La cosa la sorprende, o la sconcerta?

E tacque. Era infine tempo di concedersi un nuovo sorso di The. Per quanto avesse sempre amato il suono della sua voce, e darsi solidalmente ragione, era anche vero che parlare stancasse. Certo, a patto che non fosse un semplice dar aria a quanto provenisse sulfureamente dalla pancia. Era un esercizio delicato, in cui molte arti venivano declinate, e richiamate al fronte, in poco tempo. Una mobilitazione accelerata, che al pari di una guerra lampo, poteva anche stremare un Paese, non sufficientemente preparato. Chiamare a raccolta i vessilli di guerra in Aulide, armare la flotta, e pianificare il viaggio aspettando la marea propizia poteva essere pur difficile, ma semplice nella sua linearità. Altra questione era arrivare dall'altra parte del mare, stringere d'assedio la città, prendere il controllo della regione, e convincere il resto delle forze a scendere in campo. Dove si trovavano? Dove si trovava la giovane Grifondoro?

 
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view post Posted on 28/6/2018, 19:10
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Cominciava a capire. Benché le informazioni arrivassero frammentarie e confuse, mascherate da osservazioni tra una frase e l'altra, Nieve fu colta dall'impressione di essere giunta a una piccola conquista. Si spinse in avanti fino all'orlo della sedia, dunque ripose la tazza sul tavolino. Aggrottò la fronte, pensosa.

«Quindi, è questo che fa,» sussurrò con un tono che diede alla sua asserzione le sembianze di una riflessione ad alta voce. Inclinò appena il capo. «Con la Scuola di Atene, prova a coniugare la teoria alla pratica.» Non riusciva ancora ad immaginare quali misteri si celassero dietro la partecipazione a quella che, fino a pochi minuti prima, aveva definito setta, eppure il fulcro della conversazione cominciava ad apparirle via via meno evanescente, estraneo. «Ha creato un corso strutturato in due parti: quella teorica, che è propria della sua materia d'insegnamento, si svolge in classe ed è giustamente accessibile a tutti; e quella pratica, che aggiunge al corso ciò che non viene fuori a lezione e dove può riservarsi la possibilità di decidere chi ammettere e chi no. In questo modo, dà al corso di Storia della Magia la stessa impronta degli altri, dove c'è sempre una fase dedicata all'esercitazione e applicazione delle nozioni teoriche.»

Non si avvide di aver portato la mano al mento in una posa riflessiva. L'indice picchiettava distrattamente sul margine sinistro della bocca. Sapeva di aver glissato la domanda del docente circa l'obiettivo dell'impostazione scolastica, ma non le importava. A mano a mano che il Preside le consentiva di farsi un'idea più definita della Scuola di Atene, Nieve perdeva interesse per le possibili derive altre della conversazione. Non era quello, del resto, il punto della sua presenza in quell'ufficio? Si limitò a tacere e lo lasciò proseguire, intimamente lieta che il ragionamento di poco prima non si fosse dimostrato del tutto errato.

«La capacità?» esordì in risposta, raddrizzando la schiena e cercando il sostegno del bracciolo. «Non penso che volere qualcosa equivalga ad ottenerla. Se così fosse, saremmo tutti belli, ricchi e potenti e l'esperienza, la mia, mi dice che siamo ben lontani da questo risultato. E forse è un bene.» Sorrise. C'era stato un periodo della sua vita in cui le problematiche adolescenziali avevano rischiato di travolgerla, spingendola a crucciarsi del suo aspetto più di quanto fosse lecito fare. Era stata una parentesi breve, fagocitata presto da problemi di natura ben più pressante. Era bruttina. E allora? «Posso... Posso chiederle quali rischi comporta?» La domanda fu pronunciata con un'espressione, se possibile, più corrucciata della precedente. Per quanto si stesse impegnando, non riusciva ancora a figurarsi le dinamiche alle quali il Preside aveva soltanto accennato. Avrebbe fatto conoscere loro Merlino, i fondatori di Hogwarts, Circe? L'imbarazzo la costrinse a mordersi la lingua e fu un bene: poteva accettare di non essere particolarmente graziosa e vivere in pace con se stessa, ma non la prospettiva di apparire sciocca. «Credo che io ci abbia girato attorno abbastanza, signore, nella speranza di capire senza dover chiedere. Era già sufficientemente imbarazzante presentarmi da lei e non avere un'idea precisa della Scuola di Atene. Ma, a questo punto, non vedo altra soluzione. Per quanto provi ad immaginarmela, sento di essere lontana dalla realtà. Quindi...» Un sospiro e strinse la presa attorno al bracciolo. «Come funziona la Scuola di Atene?»
 
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view post Posted on 10/7/2018, 17:20
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Scopro Talenti, Risolvo Problemi

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E sin lì erano giunti.
Il come sarebbero andati oltre, perchè era sicuro che la giovane Grifondoro non si sarebbe accontentata, ancora non lo sapeva. Vi sarebbero andati? Sarebbe davvero successo? Quanto quel gioco di elusione e scoperta sarebbe giunto a conclusione? Cosa avrebbe portato infine in dote? Perchè di qualcosa in fondo si doveva pur morire, no? Che genere di risposta voleva e inseguiva la Grifondoro, e quanto era disposto invece a cedere il vecchio? Quale sarebbe stato il punto d'incontro tra quella specifica domanda, e quella precisa offerta? Sarebbe anche stato d'equilibrio, o tanto insoddisfacente per entrambi, tale da giustificare un immediato inizio di una nuova quest? Dove terminava la teoria, e dove era già iniziata la pratica? Sulla base di cosa sarebbe stato lecito operare i distinguo, e quale sarebbe stata la più logica delle conclusioni? Qual era destinata a essere la domanda alla base di tutto? Si guardavano, tra un cenno e una parola, tra un silenzio e un The, tutto scorreva, lento, inesorabile, fagocitato dalle sabbie del tempo. Cosa fosse davvero conseguenza di cosa, cosa fosse causa, e cosa ancora fosse un semplice effetto? Veniva prima il silenzio, la parola, o la domanda? Se almeno inizialmente la risposta sarebbe stata semplice da consegnare ai posteri, più il tempo scorreva più ne risultava difficile la determinazione, secondo uno strano principio: era sì possibile affermare e sostenere che una qualche risposta esistesse, e che fosse solo questione di riuscire ad afferrarla, tanto l'area in cui sguazzava era determinata. Era possibile osservarne gli effetti che questa aveva e continuava ad avere sullo spazio circostante, eppure, ciò nonostante, non era possibile afferrarla. Era lì, ma impalpabile, vaga e indefinita come solo un'idea poteva ambire a essere. E tale sarebbe rimasta? Se verità andava cercando, se risposte erano attese, quella posta famelica avrebbe dato i suoi frutti? Era davvero nel luogo giusto? E quanto ne sarebbe risultato sminuito quando infine quella scomoda verità si sarebbe mostrata al mondo, in tutta la sua nuda essenza? Ma sarebbe successo? Tanto presto, quanto sembrava probabile accadesse? Un sorriso, una prima ammissione andava preparandosi ai cancelli di partenza? Sarebbe stata degna del delfino che avrebbero capovolto al suo passaggio, l'avrebbe battuto?


In effetti, per certi versi, credo possa vederla anche così, sì. Per quanto, badi bene, non è una semplice manierismo, frutto di un vuoto amore per quanto si è sempre fatto. Benché non sempre sia manifesto quanto ricevete tra queste mura ha un obiettivo specifico, Storia al pari degli altri corsi concorrono al raggiungimento di questa meta. Può capitare che se ne perda la strada, saltuariamente, a volte per colpa degli studenti, e a volte sì, anche per colpa dei docenti, ma nulla toglie all'importanza della meta.

Volere in che misura era anche potere?
Sin dove lo sarebbe stato? E rispettando quali vincoli esterni? Poteva esserlo in assoluto? Se lo fosse stato si sarebbero trovati davanti al paradosso di un mondo totalmente equalitario, cosa che in fondo i fatti smentivano decade dopo decade. Qualcosa non stava funzionando nella maniera corretta? Non erano partiti tutti da una posizione identica ai propri concorrenti? Cos'aveva fatto quindi la differenza? Perchè di vera e propria differenza si doveva parlare, con il senno di poi. E sorrise alle nuove parole della Grifondoro. Le capacità. Il vero punto era quello?


Tombola! La capacità di fare qualcosa, l'intelligenza. Non sempre volere è anche potere, ma del resto se così fosse sarebbe proprio come notava lei. In effetti non siamo tutti uguali, e dal momento che determinate attività presentano più rischi di altre, è cosa buona e giusta che qualcuno se ne preoccupi. Che genere di rischi? Dei più vari, ma in primo luogo reali. Credo che senza far torto agli altri, si potrebbe affermare che i più pericolosi siano però quelli legati all'applicazione sbagliata della teoria, o se vuole, più semplicemente, quelli logici.

Gli errori legata alla logica.
I bachi. I buchi cui qualunque ragionamento prima o poi si sarebbe trovato a fare i conti. Erano quelle le maggiori minacce, eppure, quanto era sorprendente come risposta? Quanto scandalo era destinata a sollevare? Quali conseguenze? E indirettamente, la giovane Grifondoro era davvero disposta a correrli? Una domanda taciuta, passata sotto silenzio, sotto al tappeto, andando a confondersi poi tra le braci crepitanti del camino, e nel silenzio che ancora una volta era tornato a farsi avanti con una certa autoritaria prepotenza. Domande, decine di domande, in cerca di risposte. Ma quali risposte sarebbe stata disposta ad accettare? Quante scomode verità si sarebbero appalesate, prima di essere nuovamente sospinte senza troppe cerimonie sotto al tappeto? Cosa vi si annidava davvero al di sotto?


In effetti una domanda affascinante: come funziona? Ma temo di doverla deludere, qualunque descrizione ha l'inevitabile rischio di aderire poco alla realtà dei fatti. Posso dirle che è l'equivalente di una scampagnata in un qualche museo a Londra, magari alla National Gallery, solo con qualche rischio in più, ma con l'indiscutibile vantaggio di non uscire da qui.

Beh, in fondo era la verità.
Una parte della verità, almeno.
Per il resto ci sarebbe stato sicuramente tempo. O no?

 
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view post Posted on 6/8/2018, 23:02
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«E la sua qual è? La sua meta.» La domanda le uscì di bocca in assenza di filtri, quasi che, col trascorrere del tempo, Nieve avesse dimenticato di essere in presenza della più alta carica istituzionale a Hogwarts. Gli pose la domanda, perciò, come avrebbe fatto con un conoscente per il quale provava una particolare curiosità. «Da quando frequento la scuola, mi sono sempre convinta che l’obiettivo fosse trasmettere delle semplici nozioni e, magari, prepararci a trovare la nostra strada attraverso un percorso di studi così ampio. Però, da come ne parla, ho come l’impressione che mi stia sfuggendo qualcosa.» Tentennò, mentre l’immagine della madre adottiva faceva capolino nella sua mente. Per la prima volta, si chiese quali aspetti della sua storia familiare fossero noti all’apparato scolastico. Sapevano che fosse un’orfana? «Grimilde dice sempre che è importante studiare per farsi un avvenire, trovare un lavoro che ci soddisfi ed essere indipendenti. Forse, è così e il vostro compito è aiutarci a scegliere,» disse, seguendo il filo continuo della riflessione. «Ma lei che obiettivo si prefigge?» Solo in quel momento parve accorgersi della situazione, quindi batté le palpebre e si riscoprì sorpresa e in possibile difetto. «S-se posso chiedere…»

Un sorriso ampio le incurvò le labbra nell’ottenere un riscontro positivo dal Preside, poco dopo. La inorgogliva la prospettiva di mostrare una certa sveltezza d’intelletto e riconoscere a sé stessa il merito di essere andata ben più in profondità di quanto avesse mai fatto. Da che aveva memoria, non le era capitato di affrontare una conversazione altrettanto stimolante negli anni di permanenza al castello. Fu inevitabile, pertanto, chiedersi se quella non fosse un’ulteriore dimostrazione delle ragioni che avevano condotto il professor Peverell al vertice: possedeva la peculiare dote di indirizzare l’interlocutore e, a un tempo, di lasciargli un margine di manovra sufficiente a favorire la riflessione. Proprio in virtù di ciò, in seguito alle spiegazioni circa la Scuola di Atene, Nieve non provò alcun imbarazzo nel dare respiro all’ennesima domanda.

«Credo di aver afferrato il concetto senza afferrarlo davvero, ma suppongo che avrò modo di rendermi conto del meccanismo direttamente, quando sarà giunto il momento.» Si prese il tempo necessario a una breve pausa, irrinunciabile premessa a quanto sarebbe seguito. «Ha presente il discorso di prima? Quello sullo scegliere gli studenti che possano dare qualcosa a lei e al corso, intendo. Ecco, vorrei sapere cosa pensa che io abbia da dare.» Serrò le labbra nel timore che passasse il messaggio sbagliato. Si affretto ad aggiungere: «Non è per vanità, davvero. Sono solo curiosa perché… Fino a poco prima di entrare in ufficio… anzi, direi fino a poco prima che il motivo della mia convocazione venisse fuori, avevo vagliato qualsiasi opzione, perfino la possibilità che lei volesse rimuovermi dalla carica di Prefetto, ma non questa.» Con un po’ di maturità in più, le sarebbe venuto spontaneo chiedersi per quale ragione stentasse a credere nei propri meriti e fosse, per converso, così rapida a dar adito ai propri demeriti, fittizi o meno che fossero. Tuttavia, non aveva che sedici anni e il lusso della maturità le era ancora consistentemente precluso. Si morse il labbro e, per un istante, si trovò a domandarsi se fosse opportuno dar voce al ragionamento nella sua interezza. Con un sospiro, optò per il sì. «E lei ha detto che i voti non sono, poi, così determinanti. Ma, in tutta onestà, non penso di essermi particolarmente distinta a scuola rispetto a molti altri studenti, né per la mia media, né per altro. Sono abbastanza portata per il Quidditch, ma non credo che c’entri con la sua decisione.»

Si convinse a tacere l’ultima parte del discorso, nonostante in esso si concentrasse il nocciolo fondamentale dell’intera questione. La ragione che impediva a Nieve di comprendere il perché della convocazione stava in ciò: era implausibile che qualcuno pensasse di tenere sotto controllo proprio lei, che non brillava per alcuna dote in particolare. Dunque, com’era possibile che il Preside non soltanto fosse edotto circa la sua esistenza, ma addirittura avesse avuto occasione di valutarla idonea a far parte di una schiera di sceltissimi?


Pevvy, ti dono il mio duemillesimo messaggio! :flower:
 
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