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| Rowena Abyss «All women are born evil. Some just realize their potential later in life than others.» ► Origine: Mezzo-Sangue ► Età: 28 ► Ruolo: Mangiamorte/Giornalista ► Scheda: Qui L La stamberga dove stavano era uno scricchiolio continuo, il vento che ululava tra gli spifferi, la neve che si appoggiava alle sue esili pareti emetteva suoni appena percettibili e il freddo, assieme ai loro passi, pesava sulle assi di legno. Lo vide finalmente, quel mago che stava seguendo era fermo su alcuni gradini della scala, osservandosi mollemente in giro. Un viso che le ricordava qualcosa, un ultima fetta di torta paradiso che le veniva strappata da sotto gli occhi e due dita, le sue, che si attaccavano ad un mento troppo pronunciato, giurando nel contempo vendetta contro quel concasato dagli occhi plumbei. Un ricordo di spensieratezza che le strappò un sorriso tra le labbra appiattendosi ancora di più al muro ora che lui, scendeva di un paio di gradini. Osservò il suo fare, il braccio che venne sollevato e la bacchetta protesa verso l’aera dove proprio Rowena stava. In quel momento, il pensiero su cosa fare e come agire si fece largo nella mente: le opzioni erano varie, alcune che prevedevano uno scontro fisico che vennero scartate quasi all’istante data la differenza di mole tra di loro, altre che erano figli della sua parte più oscura, quella che prevedeva di immobilizzarlo e fargli male, vedere il sangue copioso schizzarle le mani e il viso e andarsene, lasciandolo nella sua agonia, l’ultima opzione, che fu anche la via che intraprese, prevedeva di andarci invece molto più piano, dopotutto i gesti e il modo di comportarsi del mago non sembravano particolarmente minacciosi, cosí, con il finite che faceva il suo effetto e Rowena che venne notata da Sefior, come se uscisse da una bolla invisibile, agí. Tracciando in aria in direzione delle scale dove stava l’uomo una sorta di parabola, da sinistra a destra e partendo dall’alto verso il basso, come se trascrivesse in aria la lettera U, andò nella mente a comporre la formula dell’incantesimo
“Glìsseo”
ascoltando la propria voce in testa e ponendo particolare attenzione sulla cadenza dell’accento. Se questo fosse andato a buon fine, la scala dove stava l’avversario sarebbe dovuto diventare un liscio e dritto scivolo che avrebbe finito per metterlo probabilmente con il sedere per terra. Solo al raggiungimento del suo obbiettivo, bacchetta ancora stretta saldamente in mano avrebbe fatto cenno a quella diatriba in sala grande.
-Questo è per la mia fetta di torta!-
sarebbe andata a dire. Poco male se non si trattava del suo concasato, già sapeva come levarsi dall’impiccio con una qualche scusa banale per poi smaterializzarsi altrove.
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