| Vi racconto una storiella passata, ma che mi viene spesso rinfacciata, in particolare quando torno a casa dopo tanto tempo e si creano quelle dinamiche familiari a pranzo e a cena coi parenti. La frase tipica che introduce la storia è, di solito, "Ma vogliamo parlare della storia di Nieve e la brasiliana?", al che io so già che stanno per chiedermi di raccontarla di nuovo. Sono una cantastorie molto brava, devo dire!
Perché capiate il succo della questione, devo farvi una premessa culturale: in Sicilia, è invalso l'uso delle cd. ingiurie. È una pratica un po' datata, che non credo venga ancora praticata attivamente ma ci si limita a prendere atto di quelle passate. In soldoni, "ai tempi antichi" (cit.), si usava individuare le famiglia con un nomignolo - l'ingiuria, appunto - che potesse renderne semplice l'identificazione. Per farvi un esempio, la famiglia di mia nonna (quindi, suo padre, i suoi fratelli e sorelle, lei stessa, perfino qualche nipote) venivano chiamati i Millelire, perché era rimasto impresso in città il fatto che il mio bisnonno avesse venduto e ricomprato lo stesso scecco a mille lire. Insomma, è una specie di numero di identificazione rudimentale e funziona meglio di quelli moderni, tanto che è più facile che alcuni anziani riconoscano la persona solo richiamando l'ingiuria che non il cognome in sé. Ecco, tenete a mente questa cosa!
C'è una specie di parente lontana - la moglie di un cugino di mamma - che in famiglia è sempre stata chiamata la brasiliana. Ma talmente spesso che io manco mi ricordo il nome di questa! La brasiliana deqquà, la brasiliana dellà. Per me era, è e sarà sempre la brasiliana. Succede che, un giorno, dovevo andare a scuola guida e ci incontriamo sul portone di casa. La riconosco subito, vi pare?
"Ciao, Nieve!" "Oh, macciao! Come stai?" "Bene, bene. Ero venuta a trovare tua nonna. Stavo giusto per citofonarle..." "Oh, ma non ti preoccupare! Faccio io! Tu comincia pure a salire le scale!" Suono a nonnina, tutta fiera del mio attacco di gentilezza e socialità che mi sparassero ne li mortacci. "Nonny, sono Nieve! Guarda che c'è la brasiliana che sta salendo per venirti a fare una visita..." Intanto, faccio segnale alla Brasy di salire, ma lei mi sta ancora vicina. Muovo la mano come a dirle vadivadi, ma lei gnente. "Sì, sì, le dico di salire pure. Io vado a scuola guida. Passo appena torno." Mi rivolgo alla Brasy, sfoggiando il mio miglior sorriso di tiepida cortesia. Mi accorgo che ha un'espressione confusa in faccia, mentre mi tiro via il portone per chiuderlo, ma che ne so io che ha. "Vai pure. Io scappo a scuola guida, altrimenti arrivo tardi. Ciaociao!" Chiudo il portone e mi avvio lungo la discesa di casa, pensando ai quiz che mi aspettano e alla figura demmè del giorno prima.
{BREVE PARENTESI: Io, che sono una delle persone più timide e riservate sulla faccia della Terra - o, meglio, lo ero molto di più prima - ero stata additata dal tipo della scuola guida giusto il dì addietro in una stanza piena con tipo 50 persone. Mi ero messa ovviamente nelle ultime file per nascondermi dietro chi mi stava davanti e non essere interpellata durante le domande dal posto (perché piuttosto di parlare davanti a tutti mi facevo fare una laringectomia!). Ero convinta di essere salva. Invece, il simpaticone - che stava spiegando lo "stato di shock" - ha la bellissima idea di indicarmi e dire: "Ecco, vedete quella ragazza? - rumore di 50 persone che si girano verso di me e di Nieve che muore malissimo per la vergogna - È talmente chiara che fatichereste a capire se è in stato di shock o meno. Lo sembra anche adesso, vero?" Menghia, se ti ho nel mio Death Note, Massimo! }
Comunque, faccio per scendere e, dopo qualche passo, sento aprire il portone. Mi giro e la Brasy fa cucù. "Tutto bene?" le chiedo con aria innocente, alzando appena la voce perché mi senta dalla distanza. Lei ha ancora quell'aria perplessa che non riesco a spiegarmi, sennonché è pure più accentuata. "La brasiliana? Guarda che sono Tizia, la moglie di Caio, il cugino di tua madre." Comincio, giustamente, a dubitare di aver preso fischi per fiaschi. Magari, mi sono immaginata lei, ma la Brasy è un'altra. Eppure ne ero così sicura, l'ingiuria più bella che avessi mai sentito... "Oh! Devo essermi sbagliata... Scusa!" "La brasiliana?" mi chiede ancora, ma io non so che dire, quindi faccio spallucce. "Vabbé, sali comunque! Nonna ti conosce lo stesso," ironizzo.
Vado via, confusa. Ma era lei, mannaggia! Sono anni che ne parliamo e lo so, lo so che è lei. Comunque, vado a scuola guida, faccio i miei quizzetti e torno a casina. Trovo ad accogliermi dalla nonna un plotone di parenti che ride. Mio zio mi abbraccia e bofonchia un "Ma come puoi essere sempre tu?". Io non capisco, lo patpatto confusa e guardo nonna, che ha un'espressione di fuoco in faccia. "Ah, nonny, ma è salita quella alla fine? Io ero convinta fosse la brasiliana e invece..."
E, invece, era proprio la brasiliana. Solo che non era un'ingiuria, quella della Brasy, ma un soprannome che usavano in famiglia per sfotterla perché, una volta, a un matrimonio, mia mamma e mia zia l'avevano beccata in chiesa con un cappello esageratissimo; siccome in famiglia siamo molto sfottenti, le due avevano convenuto che somigliasse ad una brasiliana durante il carnevale di Rio. Quindi, fu Brasiliana per tutti. Io lo apprendo in quell'esatto momento dalla bocca di mia nonna, che mi prenderebbe a colpi di paletta sulle gengive.
"E-E io l'ho chiamata brasiliana... Ecco perché non capiva! Ma ti ha detto cose, nò?" Mia nonna è furente. "Mi ha detto che l'hai chiamata brasiliana e mi ha chiesto chi fosse 'sta brasiliana e come mai non ti ricordassi di lei." "E-E tu che le hai risposto..?" "Che ho una nipote che dice fesserie e non ti capisco manco io il più delle volte. Poi, ho cambiato discorso."
La cosa mi perseguita ancora.
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