ra successo qualche giorno prima, stava facendo una tranquilla passeggiata con Mireen parlando del ballo in Italia e di quanto si erano divertite ed imbarazzate, era un pomeriggio tranquillo che prevedeva una fermata in una gelateria babbana e racconti vari all'ombra degli alberi del parco di Londra; non doveva succedere nulla, eppure quando il cellulare di Lia canticchiò la sua canzoncina la Veela rimase sorpresa: un messaggio di poche righe, quasi imperativo visti i modi di Vath, le chiedeva un incontro quel sabato pomeriggio da Florian a Diagon Alley alle cinque in punto. Cosa doveva mai dirle? Lia non sapeva se esserne estasiata o intimorita, sicuramente era in allarme.
Quando finalmente arrivò sabato Lia aveva i nervi a fior di pelle e faceva fatica a non saltare addosso a chiunque la infastidisse, se già quando era tranquilla non era facile tenere a bada l'Arpia in quel momento rischiava di lasciarla libera per una parola di troppo; doveva assolutamente scoprire cosa suo cugino dovesse dirle, doveva sapere quale fosse quella notizia tanto importante. Non voleva innervosirlo, alla fine dei conti non sapeva se era un incontro di piacere o doveva dirle che non avrebbe più potuto vedere i due piccoli nipoti perché la moglie pazza la temeva, perciò decise di assumere un aspetto curato e poco vistoso l'opposto di quello che si sarebbe messa per una piacevole passeggiata; le ci volle quasi un'ora per trovare l'abbinamento giusto fra il paio di skinny antracite e la camicia color avorio a cui aveva solo arrotolato le maniche per non essere troppo formale, aveva raccolto i capelli in uno chignon da cui alcuni ciuffi spuntavano ribelli e aveva lasciato il viso completamente al naturale con solo una linea di mascara. Bacchetta alla mano e qualche galeone in previsione di un eventuale acquisto, poi la mano corse al pacchetto di sigarette involontariamente ma presto lo nascose in una tasca incantata. Le bastò appena qualche attimo per smaterializzarsi da casa sua al luogo dell'incontro in perfetto anticipo di cinque minuti, diede una rapida occhiata per vedere se l'uomo fosse già arrivato e quindi, un po' in disparte dall'entrata e dalla folla, si lasciò tentare da quel vizio assurdo e babbano che di certo sapeva non avrebbe fatto piacere al cugino ma che ad effetto placebo avrebbe calmato lei. Una sigaretta posata appena sulle labbra, il primo tiro che bruciava la carta bianca tingendola di nero e rosso, il primo sbuffo di fumo grigio e per un momento il mondo scomparve introno alla Veela che ignorava sguardi e parole di chi passando la giudicava. Ancora qualche minuto...
arebbe dovuta entrare dopo qualche secondo, le restava solo il tempo di terminare l'ultima boccata di fumo grigio e poi suo cugino sarebbe magicamente apparso davanti a lei già pronta ad una delle sue strigliate per quel comportamento da babbana, erano quasi distanti su quel lato i due cugini eppure non avrebbero certo smesso di vedersi sperava. Lia fremeva fra quei pensieri e l'ansia di incontrarlo, la testa un po' dissociata dal mondo che sembrava proseguire per una direzione tutta sua; poi qualcosa le turbò i pensieri costringendola volente o nolente a ritornare presente a sé stessa. Due occhi grigi intrisi di velature azzurre che andavano a richiamare una labradorite la fissavano con quello sguardo un po' disperso un po' sognante che di solito reputava maschile, erano incastonati su un viso punteggiato di rosse lentiggini che lo rendevano buffo e non banale mentre i capelli ramati tendenti al rosso carota volavano liberi sulle spalle coperte da un pesante cappotto nero come l'eyeliner che portava sugli occhi quasi a volerli rimpicciolire. Era un volto noto, soprattutto con quell'espressione evanescente e distratta. Qualcosa le diceva che la conosceva, forse una vecchia compagna di Hogwarts o forse qualcuna delle compagna che Vath proteggeva, una voce antica nella sua testa mormorò appena un Foxy quasi come se dovesse ricordarsi chi era la donna grazie a quell'indizio. Ancora nessun nome... Poi la ragazza le fece un grande sorriso, le mani in tasca abbinate agli anfibi manifestavano una sorta di atteggiamento punk-rock che presumibilmente indicava un'età ancora giovane e un temperamento festaiolo, e le chiese se poteva concederle una sigaretta fu forse quello a far luce nella mente di Lia che cominciò a ricordarsi di una concasata di Vath piuttosto incline ad abitudini simili: il cugino le aveva parlato di quella concasata qualche volta, sapeva che Lia si sarebbe astenuta dal commentare, e aveva sentito che ne parlava anche qualche ragazza della sua stessa casata, una dal nome strano. Cercò nel suo volto una traccia che era sulla strada giusta mentre le mani correvano al pacchetto ben nascosto nella tasca degli skinny, cercava un nome o una cosa che potesse assomigliarci mentre le passava il pacchetto aperto e gettava il mozzicone a terra schiacciandolo col tacco delle sue Corset heels antracite. "Prendi pure..." Le sorrise di rimando e guardò l'ora: cinque in punto, era ora di entrare. Attese che la giovane afferrasse la sigaretta quindi riponendo il pacchetto la salutò appena. "Scusa devo proprio andare.... Ho un appuntamento a cui non posso mancare."
uella frase la bloccò sul posto inerme contro lo sbeffeggiamento che la donna le stava procurando inconsapevolmente: come poteva avere un'appuntamento con una persona che non ricordava nemmeno? Eppure la rossa era stata sicura oltre ogni limite e il suo comportamento quasi imbarazzato era una riconferma che non aveva sognato quelle parole. Lia con il corpo volto all'entrata del locale e la mente ferma alle parole della donna cominciò a domandarsi se non fosse tutta opera di suo cugino: era dal loro primo incontro dopo il suicidio che Vath tentava di organizzarle appuntamenti con il probabile intento di aiutarla a creare relazioni; era una gentilezza che ultimamente le stava regalando troppa ansia. Furono le parole della donna a mostrarle che i suoi pensieri erano corretti: voleva farle una sorpresa e Lia temeva che avesse a che fare con la convinzione del cugino che lei avesse ancora difficoltà a relazionarsi; quella volta Vath avrebbe rimpianto lo scherzetto. "Beh... Di sicuro è stata una sorpresa." la frase spezzò l'aria come una lancia che si dirigeva verso il suo bersaglio. La Veela decise che era il caso di tornare a guardare il suo appartamento e forse si meritava una seconda sigaretta, sicuramente la rossa non ne sarebbe stata dispiaciuta. Perciò mentre cercava la seconda dose di nicotina, Lia ascoltò la presentazione della rossa che le esponeva anche il motivo per cui Vath avesse scelto proprio lei. Drinky Anser, ecco chi era la rossa; quel nome a Lia fece scattare una serie di immagini mentali che viravano fra una ragazza ricoverata per una sorta di overdose e un'altra, sua concausa, che ne parlava continuamente come se fosse la cosa più importante del mondo. "Anser... Se non ricordo male sei stata ricoverata per problemi con il Distillato della pace... Sicuramente nulla di grave in confronto al mio suicidio, scommetto che ne avrai sentito parlare..." Lia dava per scontato che Drinky sapesse chi lei fosse e che fosse curiosa di sapere come lei fosse lì, eppure i suoi pensieri continuavano a riportarla alla sua exconcasata che parlava della Anser praticamente sempre: era come se quel ricordo le desse fastidio, per un motivo ignoto, eppure erano solo parole di una ragazzina che non sapeva che fine avesse fatto. Decise di concentrarsi sulla sua sigaretta, stretta fra indice e medio ancora spenta, a differenza di Drinky non cercò accendini o fiammiferi ma prese la bacchetta incendiando l'inizio di quel dannato strumento babbano, se la portò alle labbra è per un lungo attimo di tempo andò alla ricerca di cosa l'ex serpe avesse di particolare: in fondo aveva vissuto fra i babbani per molto e doveva presentare qualcosa in più dei maghi, altrimenti perché la biondina non era stata in grado di ignorarla e non notare i colori e la struttura del viso senza paragonarla a criteri aurei? Probabilmente era solo per i ricordi riaffiorati e per quel problema che in un certo senso le avvicinava. Non provava ciò che aveva sentito incontrando Mireen, né era certa perché con l'azzurra si era sentita completamente al sicuro in grado di poter parlare della sua morte, non aveva osservato a lungo il viso della sua amica nonostante i capelli azzurri e i ricordi che le suscitava; no, con Drinky Lia si sentiva in balia, come se vederla imbarazzata fosse una pugnalata e ogni sguardo era come se fosse tornata sotto l'acqua del lago a morire. Era una cosa troppo strana, non era né come l'incontro con Maurizio né come ciò che sentiva per Issho, era più come un volersi nascondere e mostrarsi in un gioco che non aveva senso e che le faceva nascere una sorta di desiderio di mangiare... No, non era mangiare... Doveva capire meglio cosa fosse quel senso. "Vath ha sempre amato essere gentile...." soprattutto quando gli torna utile. "Figurati, qui fra i maghi nessuno fuma... Mi sento sempre un po' a disagio, ma in due è più tranquillo." rispose con gentilezza mentre liberava la sigaretta e il fumo ispirato, almeno quello le creava un'emozione che riconosceva non come succedeva con le persone: in quel momento odiò non saper comprendere le sue stesse emozioni, ma che ci poteva fare le stava imparando a gestire da appena pochi anni, prima proprio non le provava.
o aveva notato girandosi, quando i suoi occhi erano tornati a fissare la donna, era stato come sentirsi colpita da uno schiantesimo: Drinky non la guardava minimamente negli occhi, i era fissata a fissarle la bocca che stringeva la sigaretta ad ogni tiro e si schiudeva ad ogni respiro fumoso; sembrava quasi fremere e se ciò non bastava le mani della donna erano stranamente lucide. Lia si domandò cosa prendesse a quella ragazza, ma in realtà anche lei tornava spesso a concentrarsi su dettagli sciocchi e assolutamente inutili della rossa: i suoi occhi si muovevano animati di vita propria attorno alla figura seguendone la silhouette nascosta dal cappotto per poi soffermarsi sul collo sfiorato dai capelli, sentiva un'emozione che non conosceva verso quei capelli quasi come se provasse odio e invidia contemporaneamente e una sorta di senso di proprietà per quel collo lambito ripetutamente dalla chioma. Fu grazie al modo compulsivo con cui Drinky fumò la sua sigaretta che Lia poté riprendersi da quel suo osservare e litigare con oggetti inanimati; a differenza della rossa la Veela fumava con calma quasi teatralmente mentre avvertiva il calore del fumo riempirle i polmoni e lasciarli, era un suo modo per permettere al suo cervello di capire cosa stesse accadendo, per prendere tempo verso quell'incontro che ancora non era in grado di definire e collocare in una casella di gradimento. Fu solo quando Lia nominò il piccolo vizio passaro della rossa che ella chinò lo sguardo distogliendolo dalle sue labbra e involontariamente la Veela strinse il pungo destro libero lungo il fianco e si sentì scottata. Perché ha smesso di guardarmi...? Perché mi importa? E' solo una ragazza con cui ho frequentato Hogwarts. Però sembra che quei ricordi le causino dolore.... Ma perché mi importa?! Ha la mia stessa espressione di quando parlavo del suicidio con Issho-sama.... Il dispiacere che Drinky rivolse al ricordo di ciò che la giovane Ecate aveva fatto oscurò quel dibattito interno che Lia stava avendo e la costrinse a sottolineare quanto fosse lieta di averlo fatto: "Non dovresti dispiacertene. Ho preso una decisione che può essere opinabile, che ha fatto soffrire le persone che avevo attorno come Vath... Ma non ha fatto soffrire me." Non voleva sbilanciarsi troppo sulle motivazioni, l'incisione sulla testata del suo letto nel dormitorio era ancora là così come il suo tatuaggio argento regalava un piccolo bagliore al suo avambraccio sinistro scoperto dalla camicia: erano i simboli che la vita non era solo fatta del passato marchiato sul corpo ma anche di quello che ne aveva fatto; infatti lei era tornata, nonostante tutto.Un gesto involontario portò il pugno chiuso ad aprirsi e far scorrere le dita sulla cicatrice in rilievo e decorata d'argento che scriveva quelle parole tanto forti quanto fragili: parlava di uomini e li spronava a non vivere solo come selvaggi, ma a perseguire la conoscenza e le virtù, quante volte Lia aveva perseguito quelle due indefinibili figure piuttosto che le persone? Troppe. Lia sorrise a quella frase imbarazzata e piena di paranoie che Drinky le aveva rivolto, nemmeno si era accorta del passo avanti e sperava che lei non avesse notato il suo accarezzare il passato. "Oh beh... Morire può portare molti vantaggi!" Rise divertita sapendo ciò che diceva e immaginando che Drinky non avrebbe capito esattamente a cosa si stesse riferendo; le si sporse vicino per sussurrarle un segreto, o questo era l'effetto che voleva dare, e quindi riprese divertita. "Ultimamente mi basta fare gli occhi dolci a chi voglio perché faccia ciò che mi va.... Sarà il fascino da cadavere?" Un'occhiolino, i visi troppo vicini, il fumo dell'ultimo tiro che chiedeva d uscire; le scappò un gemito muto rendendosene conto, il fumo uscì rapido dalle labbra mentre lei si ritraeva. La Veela che era in lei sembrava aver perso la sua capacità di controllo. Ma fortunatamente Drinky tentò di invitarla a bere o mangiare qualcosa da Florian, anche lei sembrava fuori controllo ma ciò faceva solo sorridere la bionda che quasi lo trovava dolce(?). Terminò la sigaretta schiacciandola nuovamente con il suo tacco a stiletto e si rivolse alla rossa facendo strada con la mano destra. "Beh, allora prego, non rifiuto certo, ma solo se scegli tu."
n secchio di acqua ghiacciata non l'avrebbe colpita così forte come avevano fatto le parole di Drinky che, forse per avvicinarlesi o per cercare un contatto, aveva parlato del suo tatuaggio; era strano, Lia non pensava che sentirla parlare di quel tatuaggio e quel poema potessero colpirla, lo aveva mostrato a Mireen e ne avevano parlato molto quel giorno, eppure Drinky rendeva tutto più difficile. La rossa aveva un effetto che Lia non riusciva a decifrare, la innervosiva e la colpiva con frasi che aveva già sentito pronunciare, la faceva perdere in un bicchier d'acqua e contemporaneamente la teneva sulle spine, se avesse dovuto dare una definizione della rossa l'avrebbe paragonata a cogliere una rosa selvatica: troppo per lasciarla stare, troppo per poterla avvicinare. Avrebbe voluto rispondere, la frase a mezz'aria che chiedeva di uscire, ma le labbra non si muovevano e la forza per aprirle era smisurata in quel momento. Le lezioni dei Kami Lia-san... I Kami ci insegnano la condivisione... Fu assurdo vedere come la rossa volle assolutamente mostrarle la volpe tatuata sotto la clavicola sinistra, sgualcendo vestiti e inosservante di quanto potesse essere frainteso quel gesto; fu completamente ridicolo e gentile da parte sua, come se avesse voluto esporsi anche lei come aveva intuito essere per Lia quel tatuaggio. Fu allora che comprese la connessione che il suo cervello aveva fatto fra il soprannome che le girava per la mente da quando l'aveva incontrata. "Ma quindi sei tu la famosa Foxy!" Furono le uniche parole che riuscì a dire, sorpresa e felice come se avesse risolto un puzzle complicatissimo: quella voce che continuava a chiamare Foxy l'aveva messa a disagio per troppo, ora sapeva di cosa si stava parlando e quindi tutto andava per il meglio. In più parlare di quel soprannome sperava distogliesse l'attenzione dal suo tatuaggio, almeno per un periodo sufficiente a farle creare una frase di senso compiuto; quell'avvicinamento che aveva cercato lei le aveva fatto fondere il cervello mentre il cuore batteva troppo forte, era come quando l'Arpia che nascondeva chiedeva di uscire, come quando cercava di trattenerla e lottava contro le sue emozioni turbolente e repentine che la incitavano a lasciare lo spirito di vendetta libero. Anche Drinky sembrava non sentirsi bene, o almeno sembrava boccheggiare a vuoto. Lia sentiva il bisogno di allontanarsi il più possibile da quella ragazza che le stava facendo perdere la ragione più di quanto già non lo facessero le emozioni, eppure più le stava lontano più soffriva sentiva qualcosa lacerarle l'anima e crearle una voragine di vuoto incolmabile; nemmeno i pensieri su tutte le persone a cui voleva bene servivano, nemmeno l'odore di dolci che si era legato a Mireen le faceva tornare il sorriso, incupita improvvisamente. Ma Drinky fu subito lì, accanto a lei, nel locale quasi vuoto nonostante il pomeriggio caldo di quel sabato, la mano della rossa era scivolata lungo il fianco quasi come se volesse allungarla per toccare quella di Lia mentre le parlava di menta e cioccolato; a Drinky piaceva l'abbinamento e le stava proponendo di mangiare proprio quello, Lia dal canto suo preferiva sapori più speziati ed esotici come la cannella e il cardamomo, come la crostata con crema al profumo di ribes e tapioca. Le sorrise facendo esattamente come lei per avvicinare almeno un po' quel contatto che riusciva a darle una sorta di pace e furia. "Ad essere onesti on ho mai provato cioccolato e menta, una mia cara amica quando ci siamo conosciute qui mi ha fatto mangiare nuovamente la Foresta Nera ma prima di quella volta non mangiavo dolci occidentali da molti anni... In Giappone ho assaggiato dolci speziati che mi hanno veramente colpito, ma magari tu puoi farmi conoscere la combinazione cioccomenta così da avere un'alleata contro tutta quella gente.... In fondo per il mio eroe preferito non siamo fatti per vivere come bruti, ma per perseguire conoscenza e virtù..." Aveva lanciato quel piccolo amo, voleva sapere se a Drinky interessava quello che nascondeva o era pura curiosità da pettegolezzo; voleva regalarle un indizio per decifrarla in fondo quale mago purosangue appartenente alla lista dei Venti conosceva ed apprezzava la cultura babbana? Inoltre il riferimento al Giappone era l'ennesima tentazione che le offriva: poteva chiederle di tutto, ma solo una domanda le avrebbe permesso di schiudere il vaso di Lia. Il gioco era un passo doble dove ognuna delle due cercava di evitare i piedi dell'altra e di mantenere la presa.
a danza della conoscenza sembrava una coreografia di una musica Heavy metal con pochissimi attimi di respiro fra un passo e l'altro, eppure in quei momenti di pausa il respiro mancava di più e Lia si ritrovava a non saperne il motivo. Quando aveva pronunciato il soprannome aveva notato una sorta di chiusura di protezione da parte di Drinky, quasi colpita da uno schiantesimo, cercava di far cadere l'attenzione da quel nomignolo ma nel farlo cercava risposte e per Lia osservare quel momento di emozione limpida fu sufficiente per capire che ne era rimasta scottata. "Oh si, parlavano di te in continuazione! O meglio.... una delle mie concasata parlava di te in continuazione... Hai presente quei film romantici per ragazzine dove la giovane innamorata non fa che parlare del ragazzo per cui ha una cotta? Beh, quella ragazza faceva proprio così! E purtroppo lo faceva la sera quando io stavo studiando nella sala comune perché la biblioteca chiudeva.... Non so se capisci quanto era fastidioso!" Lia aveva usato un tono apatico, per un attimo era tornata la Ecate che odiava quelle serate di chiacchiere in cui veniva coinvolta involontariamente, era stato più forte di lei ma ciò nonostante aveva come percepito che forse quel discorso avrebbe potuto recare una sorta di dolore a Drinky e così aveva rimediato con quella punta velata di dispiacere di chi non ne aveva assolutamente idea: "Però immagino che per te sia stato bello... Essere amata in quel modo... Non riesco ad immaginarlo..."
Drinky si era rifugiata nuovamente nella sua testa, era una cosa che le stava capitando spesso forse era una sua abitudine, e Lia non sapeva esattamente come comportarsi così rimaneva lì in silenzio in attesa del segnale di ripresa: solitamente la guardava in volto appena un attimo per poi distogliere lo sguardo che, simile a quello maschile in un situazione simile, non negava una sorta di attrazione. Questa volta la rossa riportò lo sguardo sul bancone dei dolci e solo allora Lia parlò delle sue preferenze in materia di gusti aggiudicandosi un'esclamazione adorante di Drinky che parlava di cucina giapponese: conosceva un negozietto fantastico a Soho, che senza sapere era il quartiere accanto all'appartamento di Lia. La veela sorrise fissandola negli occhi e rispose al suo entusiasmo con la stessa allegria. "Soho? Io abito lì accanto a Canon Row... Però se ti piacciono così tanto i mochi dovresti venire a casa mia a cena, è il primo piatto che ho imparato a fare in Giappone e li possiamo mangiare guardando il London Eye dal mio balcone!" Nemmeno razionalizzò che l'aveva invitata a cenare a casa sua come una sorta di secondo appuntamento, nemmeno si accorse che la cosa potesse suonare strana, per lei era il modo più logico e sensato per farle assaggiare dei mochi fantastici. Drinky le rivelò che era stata in Giappone, per otto giorni, e aveva dovuto prendere un sacco di aerei, era andata con un amico babbano tre anni prima; Lia si rabbuiò un attimo pensando al Giappone: aveva amato quel mondo, quell'universo magico e sociale, eppure era scappata a gambe levate; aveva trovato un padre in Giappone, un sensei, un amore che non sapeva spiegare, ed ora quel mondo era tornato credendo di essere in torto. Issho le aveva insegnato tanto soprattutto che oltre ai libri, la conoscenza si poteva trovarla nella natura. Ma non era pronta a parlare del Giappone, non era pronta a parlare di quel bacio mancato, di quel sentimento espresso o di quella crescita; non ancora, era qualcosa che si portava dentro da cinque anni, lo aveva tenuto per se e ancora doveva parlarne a Vath o a Mireen o a Nixy o a Colin... Solo Issho sapeva e ciò era quasi un peso. Poi Drinky ci riuscì, pronunciò l'unica domanda che a nessuno era venuto in mente di fare e che forse poteva spezzare le catene con cui stava cercando di legare il suo nuovo essere; era stato un fulmine improvviso che aveva lasciato Lia immobile con ancora la mano lungo il fianco rivolta alla ricerca di quella di drinky, gli occhi di ghiaccio vibranti come in combattimento con l'arpia le labbra ancora immobili a cercare una risposta. "Salvarmi?" Lia non aveva mai creduto che qualcuno o qualcosa potesse salvarla, o meglio non credeva di poter essere salvata: a sei anni aveva accettato che non avrebbe mai potuto essere come gli altri che non li avrebbe mai capiti, a quattordici aveva deciso che non si sarebbe mai schierata come gli altri, a sedici aveva capito che non poteva stare con i purosangue convinti, a diciannove sapeva che non avrebbe avuto pace tranne che nella morte, a ventuno aveva dovuto arrendersi al fatto che non aveva nessuno, a ventiquattro aveva scoperto che la volevano solo per il piacere; chi o cosa poteva salvarla da tutto quello? Lia non badò ad altro della loro conversazione, il suo pensiero naufragava in quella parola così strana e dolorosa. Nemmeno quando si era lanciata nel lago per morire aveva pensato di salvarsi, nemmeno quando era scappata in piena notte, sapeva che non poteva salvarsi: lei era una condannata, dalla natura e dalle sue scelte.
rinky parve incredibilmente colpita da quella improvvisa conoscenza che la ex concasata parlasse di lei in quei termini, probabilmente era stata una storia tormentata e dolorosa che non si era conclusa bene ed infatti le aveva rivelato proprio che non ne aveva alcuna idea: Drinky non sapeva che quella corva l'amasse eppure si amavano a vicenda, era evidente, ma perché non se l'erano mai dette? Lia rimase basita, avrebbe capito se avessero avuto un problema come il suo, ma non dirselo quando lo provavano entrambe era da sciocche; negli ultimi anni aveva cercato di pensare a quante volte magari qualcuno avesse provato a comunicare con lei cose del genere e a quante volte lei non aveva capito o non aveva ricambiato per impotenza, mano a mano aveva scoperto che anche ricordando le era quasi impossibile definire quei momenti però aveva cominciato a capirli e ciò le aveva permesso di sfruttarli e negarli. Drinky invece aveva solo evitato di esporsi, come quella corva, forse impaurita. Ma Drinky sembrava più interessata alla sua incapacità di immaginare un amore simile, sembrava volesse arginare una diga in procinto di crollare e curare quello sguardo che Lia aveva scoperto osservandosi sulla vetrina dei dolci splendente, sembrava chiedersi come mai Lia non potesse immaginarlo ma mai lo chiese. "Non ti preoccupare, Foxy... Ricordandolo mi fa quasi sorridere... Ero davvero strana all'epoca!" Era stata allegra, leggermente provocatoria nel vezzeggiativo e scherzosa su sé stessa; spiegare la sua stranezza dell'epoca era qualcosa al di sopra di molte cose, ma sapersi ridicolizzare era stata la prima cosa che aveva imparato per non crollare contro il suo passato. Spesso si era, infatti, ritrovata a pensare che non era stata una brava persona e che aveva creato problemi, che non aveva mai sentito calore umano e non ne aveva mai dato realmente; così spesso si era richiusa dietro quella maschera di scherno personale che faceva sorridere i più e le permetteva di rialzarsi da sola: era così brava a ricostruirsi, così brava a fingere che il suo mondo fosse rose e fiori anche prima della trasformazione, era così brava da ingannare perfino sé stessa.
Drinky rimase un bel pezzo imbambolata a fissarla, quasi stesse avendo una conversazione interiore sul suo invito, mentre Lia ne studiava i lineamenti in cerca di qualche micro espressione che rivelasse almeno in parte quel suo mondo interiore complesso e caratterizzante che tanto sperava di conoscere: negli anni aveva voluto trovare mezzi sostitutivi per capire le emozioni che trovava incomprensibili, così aveva cominciato a studiare le micro espressioni, il linguaggio non verbale, la psicologia e i comportamenti involontari; nel suo appartamento la biblioteca magica conteneva anche libri babbani di tutto ciò che Lia imparava o voleva imparare, probabilmente avrebbe dovuto ingrandire la biblioteca di lì a breve. Ma quel suo studio si fermò quando un sì addobbato di un sorriso quasi carnevalesco uscì dalle labbra della rossa... Quelle labbra che Lia non smetteva di rimirare in cerca di un buon motivo per non sfiorarle. "E' un quartiere in evoluzione, da quanto ne so... Sono tornata a Londra da appena un anno e quando ho comprato il mio appartamento ho solo pensato ad una vita nuova... Non mi sono nemmeno accorta che è un appartamento enorme per una persona sola tanto che ha due camere da letto! Perciò se vuoi ogni tanto puoi scappare a casa mia... Credo che gli unici periodi in cui potrei sparire saranno le vacanze di natale e magari durante l'estate, ma solo per la mia sorellina che rientra da Hogwarts." Si, parlare della sua casa e di sua sorella non era un problema per Lia, anzi era qualcosa che le metteva una sorta di tranquillità e anche quelle proposte un po' troppo veloci per quella conoscenza sembravano essere giuste per Lia che bene o male cercava di raccapezzarsi in quei riti sociali che ancora non le erano chiari: in fondo Issho l'aveva ospitata a casa sua senza nemmeno conoscerla! E poi Drinky era Drinky, era come essere catapultati in un film dove i due ragazzi palesemente innamorati frenano le loro emozioni impauriti, poi cominciava a piovere e uno dei due trovava il coraggio di dare quel bacio atteso a chi non sapeva di attenderlo. Si, Drinky aveva qualcosa che Lia non sapeva come spiegare ed era anche quello il motivo per cui voleva avvicinarla e portarla sul suo territorio: doveva esaminarla, capirla e quindi decifrarla.
Ma non sarebbe stato facile, soprattutto se Drinky spezzava quel muro in cui aveva rinchiuso tutto e da cui la consapevolezza di non poter essere salvata traeva forza; Lia era rimasta inerme a quelle parole negli occhi un'emozione così chiara che avrebbe potuto far esplodere i vetri della gelateria, nel cuore un pugnale arroventato. Era cresciuta con quell'idea devastante che era colpevole, che per lei la salvezza che tanto i cristiani sventolavano era irraggiungibile, che il suo luogo sicuro era inesistente e che l'unico modo per andare avanti fosse diventare la salvezza degli altri: lei curava, lei accudiva, lei conosceva, lei salvava, lei teneva in vita. Ma in quel momento Drinky le aveva chiesto se lei avesse trovato salvezza, lei la dannata! Quella ragazza credeva davvero che Lia potesse essere salvata, si illudeva che una creatura mostruosa come Lia avesse questa possibilità paradisiaca; ma Lia lo sapeva che non era vero, lo sapeva talmente tanto che aveva il bisogno di inciderselo addosso guardando la sua linfa scorrere in fiumi colorati. Ma Drinky ci credeva così fermamente da bruciarla, da ferirla, e quella mano che correva a stringere la sua come per aiutarla e ricordarle che non era sola fu uno smacco troppo violento per la sua consapevolezza. Lia si liberò della mano con un gesto brusco nonostante Drinky l'avesse già allontanata e fissò con occhi di fiamma quella rossa che negli occhi aveva l'istinto materno che Lia non conosceva. "Tu vorresti aiutarmi? Tu credi che tutti possano essere salvati? Di essere al sicuro e amati... Ma chi ti credi di essere?! Non hai idea di chi sono e ti illudi che una come me possa essere salvata?! Hai idea di cosa ho fatto! Di chi io sia in realtà?! Non puoi nemmeno lontanamente immaginare cosa quel bel visino che tanto apprezzi da quando ci siamo incontrate nasconda! Sei un'illusa! Non tutti possono essere salvati... Ed io sono la prima!" Era stato un crescendo del tono rigido e furioso, non con lei ma con la sua vita e con quel suo credo; negli occhi ghiaccio si era manifestata l'improvvisa presenza dell'Arpia tingendoli di sangue, ma Lia era troppo presente in quelle parole per lasciare che l'Arpia si manifestasse, non era la rabbia dell'Arpia quella era quella di Ecate che si mostrava in quel gelido affronto.
discorsi fatti fino a quel momento erano allegri e anche banali, frivoli e adatti ad un incontro casuale; ma quando il discorso sul salvarsi aveva completamente interrotto quel piacevole e provocante pomeriggio rendendolo il teatro adatto perché l'Arpia si mostrasse in tutto il suo terrificante orrore. La furia inizialmente gelida, di quella Ecate che aveva quasi dimenticato, si stava mescolando con la furia dell'Arpia che chiedeva di mostrarsi a quella sconsiderata, e più il tempo passava più Lia cominciava a perdere di vista la sua umanità illusoria: avvertiva nuovamente il viso frantumarsi e le giunture sotto le clavicole infocarsi mentre le ali cominciavano a riempire la vuota schiena, i biondi capelli setosi avevano cominciato a seccarsi e perdere quella luce mentre le mani lisce cominciavano a mostrare gli artigli rapaci; ma la cosa più sconvolgente erano gli occhi, quegli occhi ghiaccio che ora mostravano l'iride spezzata a metà dal giallo dell'Arpia. Lia voleva abbandonarsi a quel momento, voleva che la sua mente razionale si congelasse grazie all'intervento della sua controparte e non pensare più a quella stupida parola che aveva cominciato quello che avrebbe scoperto essere un lungo precipitare. Avvertiva già la mente perdersi e la voce dell'Arpia consolarla che avrebbe sistemato lei le cose quando Drinky, dopo aver detto qualcosa che Lia non aveva sentito, l'aveva abbracciata stringendola a sé: il mondo scomparve improvvisamente come se la trasformazione fosse avvenuta ma Lia era presente a sé stessa e poteva ben avvertire il cuore della rossa battere a tempo con il suo, il calore emanato da quel corpo che la stringeva, la voce che provava a calmarla. Per un attimo pensò di aver perso la testa e di sognare mentre l'Arpia distruggeva tutto, ma non era così e Lia lo constatò solo guardandosi le mani che aveva posato sulla schiena della rossa: umane, le sue mani erano umane e senza artigli con la pelle pallida e liscia di sempre, anche il viso aveva smesso di dolerle e la schiena non sembrava più sotto tortura, i capelli le sfioravano le guance morbidi; com'era possibile? Lia sapeva che la sua trasformazione poteva cessare per alcuni motivi, tipo acqua e stanchezza, ma in quel momento nessuno di questi sembrava aver causato l'interruzione; erano in mezzo al locale senza nessuna fonte d'acqua vicina e lei era piena d'energie, cosa era successo?
"Sì, è vero che vorrei aiutarti e no, non mi credo di essere niente e nessuno. Non so nemmeno perché sto facendo quello che sto facendo, sento solo il bisogno di farlo. Non m’importa chi tu sia in realtà o cosa tu abbia fatto, non m’importa se vuoi o non vuoi essere salvata ok? Ti chiedo solo di fermarti un secondo, di concentrarti sul battito del tuo cuore e di stare qui con me un attimo.Puoi fare quello che vuoi, va bene? Vuoi picchiarmi? Vuoi lanciarmi una fattura? Vuoi stordirmi? Provocarmi seri danni fisici? Quello che vuoi. Se vuoi possiamo stare così zitte per un po’ oppure se vuoi posso andarmene. Ma non sto decidendo io di fare quello che sto facendo. Sento di doverlo fare, lo sento e basta e non posso fermarlo."
Quelle parole erano aceto e sale su una ferita aperta e sanguinante, Drinky sembrava non essersi nemmeno accorta di quello che era successo, o forse non era propriamente successo ed era durato pochi millesimi, ma voleva solo che lei si calmasse; non le importava chi lei fosse o cosa fosse, era pronta a farsi male per seguire quell'istinto che l'aveva portata ad abbracciare Lia e bloccare la sua trasformazione. Lia avrebbe voluto parlare, avrebbe voluto avvertirla sul mostro che temeva sarebbe ricomparso, ma la sua bocca non era in grado di emettere suoni e la sua testa non riusciva a connettere frasi di senso. Che potere aveva quella ragazza per riuscire a fare una cosa simile? Non ne aveva alcuna idea, era successo ed ora Lia si ritrovava a levitare nel vuoto dell'incoscienza che quella situazione le aveva portato; sapeva solo una cosa: doveva proteggerla, doveva proteggere quella ragazza, anche da sé stessa.
"Mi dispiace." Due parole, troppi significati. Lia disse solo quello prima di scappare da quella stretta e sparire oltre la porta della gelateria smaterializzandosi a casa sua.