Fuoco alle Polveri

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view post Posted on 21/5/2018, 12:08
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Scopro Talenti, Risolvo Problemi

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Era stata una giornata sufficientemente densa da sperare che fosse già conclusa, e invece...
Certo, sarebbe stato sotto molti punti di vista affermare dovesse ancora iniziare, eppure poco ci mancava. Sarebbe sicuramente stata una serata lunga, e impegnativa, tutta da ricordare sotto più d'un punto di vista. Quale sarebbe stata la conclusione? Forse era ancora presto per dirlo, anche se in fondo, non erano previsti più ostacoli di quanti non se ne potessero intravedere tra il disquisire cavilloso di un numero abbastanza imprecisato, ma elevato di persone. Pesi e misure diverse, ma che in una qualche misura sarebbero infine dovuti essere ricondotti a un'unica sintesi. Ma per quanto tutto potesse suonare straordinario, e ben oltre la semplice quotidiana amministrazione, fuori dai binari della quotidianità placida e rassicurante di Hogwarts, l'incredibile era che per una volta il Vecchio se ne rammentasse, che avesse perfetta cognizione di quanto di lì a breve sarebbe iniziato, e di chi si sarebbe presentato, o almeno di una gran parte. Per uno che sistematicamente rimuoveva qualunque tipo di informazione non fosse più che indispensabile, nell'arco di pochi minuti, il tutto andava via via, parallelamente all'incedere del Tempo, assumendo note trionfalistiche, di un 'allegro, maestoso'. Da lì il pur stupefacente quesito, cosa v'era annidato di straordinario nelle postille di una corrispondenza degna della repubblica delle lettere? L'evento stesso era straordinario, o il fatto che il suo organizzatore se ne rammentasse da ormai qualche giorno a quella parte?
In fondo sino a quel momento era stata una giornata pur densa, e ricca di eventi, ma pur sempre iscritti in una sana armonica quotidiana cornice, frutto del lavoro di un qualche ebanista dimenticato da molti, ma il cui intenso laborio non smetteva di dare i suoi risultati. Perchè ora della fine di quello si trattava, risultati, non di breve periodo, non frutto della volatilità inevitabile dei mercati intragiornalieri, ma quella stabilità di medio periodo, che avrebbe sostenuto le quotazioni in un orizzonte temporale che andasse oltre la mera speculazione transitoria, forte di fondamentali solidi, e granitici. Sarebbe stato possibile tutto quello? Forse. Ma se di forse dovevano parlare, la conversazione non avrebbe perduto alcunchè della sua carica suasoria. Come si sarebbe evoluta? Quali erano i possibili scenari? Quanto erano prevedibili, e sistematizzabili? Troppe incognite, poche costanti? Era quello il problema? L'impossibilità di determinare anzitempo una quadra, una previsione sufficientemente attendibile dell'esito di tutto da cosa era data? Dove stava l'essenza del problema? Qual era il problema? Non poteva essere risolto, perchè se ne ignoravano i contorni? C'era davvero un problema?
Sotto lo sguardo vigile di un essere di fuoco e senza tempo, l'ufficio si preparava nella penombra della sera. Lunghe ombre si stagliavano sulla sinistra, proiettate dall'allegro e mezzo sopito camino, un innocente tavolino da The vittoriano troneggiava proiettato sulla parete opposta, incutendo il timore reverenziale cui solo un Gigante avrebbe potuto ambire, alla luce del giorno. Seppur rinchiuso nelle Tartaree prigioni, di un parafuoco che mai tali ambizioni aveva paventato nella sua intera lunghissima esistenza. Non molto distante, armato di cipollotto, davanti a un orologio a pendolo, il Vecchio mago, tra l'irritato e il sovrappensiero, per una volta vestito di tutto punto, in un completo dalle molte sfumature del verde, dall'acido allo smeraldo. Di cosa rimuginasse che non fosse l'ormai imminente futuro? I minuti passavano inesorabili, che stesse tentando ancora una volta di dominarli? Che fosse stato 'beccato' infine nel tentativo? Che ancora una volta si stesse muovendo nella zona grigia di confine?
Alle spalle, dalle finestre colorate aperte sul parco, entravano i raggi di un Astro che ormai cavalcava precipitosamente verso il tramonto. Anche nel suo caso la via era tracciata, inevitabile. Al centro di tutto, come sempre, l'enorme inseparabile scrivania, sorprendentemente sgombra di libri e documenti. Da un lato una lampada, quasi a voler far luce in più d'un senso sull'intera questione, dall'altro lo storico servizio da The, pronto all'azione. Il silenzio di una scena che sarebbe stata altrimenti completamente muta era sistematicamente rotto a fasi alterne dallo scoppiettare dei ciocchi di legna, dal frusciare sinuoso del pendolo, dallo sbuffare spazientito di una teiera, e dai sinistri fendenti che tagliavano netti e violenti l'aria di un cucchiaino d'argento. Sul piano vuoto e lucido della scrivania, saltellava atletica e agguerrita la zuccheriera di sempre, mulinando l'arma che mai l'aveva tradito, beandosi dei riflettori della ribalta, preparandosi all'inizio della battaglia, leccandosi i baffi circondata com'era da ben sette tazze. L'euforia dell'una era controbilanciata atomo per atomo dalla cupa depressa rassegnazione delle altre. Eppure, così andava il mondo, sette tazze per sette sedute. Sarebbero stati poi sei gli ospiti?
Del resto dell'allegra brigata neanche l'ombra.


Ottimo signori, quando siete pronti possiamo iniziare, comunque verso la fine del mese. Giacchè non siamo pochi procederemo con una certa fluidità, evitando 'posizioni fisse' all'interno di ogni turno. Se all'interno del turno I, A posta prima di B, e dopo C, credo poco importi, l'importante è che non posti più volte nello stesso turno. Come da premessa vi confermo le intenzioni: non abbiamo premura, abbiamo un argomento preciso da affrontare, e dobbiamo arrivare in fondo (non in mille post). Per il resto solo buon senso. Per iniziare in gloria i Gargoyle vi stanno aspettando, salite ed entrate diretti, evitiamo almeno il primo post di attesa sul pianerottolo.


Atena McLinder Dorian kapitän Emily Rose. Oliver Brior Horus Sekhmeth
 
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view post Posted on 27/5/2018, 22:39
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Cjhmyup
Un cenno del capo, lieve quanto bastava a riconoscere la presenza del nuovo arrivato e ad ordinargli di prendere posto nell’unico banco libero; poi, le attenzioni di Dorian tornarono al registro aperto. Con l’indice scorreva dall’alto in basso i nomi, sollevando lo sguardo brillante ora verso uno studente, ora verso un altro.
«Turner» sospirò «venga».
Il Grifondoro strizzò gli occhi maledicendosi per non essere rimasto in dormitorio, si alzò e raggiunse la lavagna con una calma flemmatica.
Midnight si tolse gli occhiali e li ripulì meticolosamente sulla giacca di panno. Giocherellò con una stanghetta e assottigliò malignamente le palpebre, proprio mentre la brezza fresca lo investiva scostando il tessuto nero del dolcevita in una carezza di seta. Si passò una mano tra i capelli morbidi, con la studiata ostentazione che gli era propria.
«Se non sbaglio ha ripetuto l’anno» le labbra pallide si piegarono in un sorriso.
«Eppure nessuno dei suoi voti in Difesa Contro le Arti Oscure supera il Desolante.» Lo fissò, aggiustandosi infine la montatura sulla punta del naso. Nonostante i ripetuti richiami, Tom, un bel ragazzo robusto dai folti capelli castani che amava andare in giro trasandato – la camicia sdrucita fuori dai pantaloni, la cravatta allacciata alla bell’e meglio – non aveva mai preso l’abitudine virtuosa di trascorrere i pomeriggi in biblioteca.
«Vuole essere così cortese da mostrarci l’incantesimo Reducto?» Ricambiò l’occhiata interrogativa dell’alunno con un cenno del capo «si serva pure della mia scrivania, metteremo a posto in un batter d’occhio».
Nel corso del semestre Turner aveva dovuto subire l’umiliazione, le angherie e l’indifferenza di chi lo considerava manifestamente inferiore agli altri studenti, sia per intelletto che per capacità magiche vere e proprie.
Quando fallì nell’esecuzione – dalla bacchetta uscì solo una stria di luce lattiginosa – Dorian non disse nulla. Poggiò, invece, la mano destra sulla fredda superficie della stilografica scarlatta e si morse il labbro inferiore, come a voler trattenere un finto dispiacere.
«Troll. Anche questa volta» flautò.
Un compiacimento delizioso attraversò i lineamenti delicati del suo volto, propagandosi agli occhi che fiammeggiavano per il malcelato divertimento. Un minuto, e tutto terminò.
«Si accomodi, coraggio.»
Osservò interessato la pagina del registro, strinse la penna tra le dita, soppesandola come fosse un oggetto pericoloso. Quindi, sorrise.
«Black. Venga, prego.» Affermò alla fine, incrociando lo sguardo di William.

***


In Sala Grande quella sera il cielo era terso, vellutato di celeste, e il riverbero delle candele schiariva la notte incantata. Gli studenti sembravano silenziosi, sonnolenti, e i colleghi, sorpresi di poter godere di una tale meravigliosa occasione, gustavano la cena in pace.
Tutti eccetto loro due.
«Quella demente!»
Le lunghe dita sottili portarono il bicchiere ricolmo di vino – un lusso concesso solo ai professori – alla bocca cesellata, mentre la sua risata argentina riempiva l’aria. Dorian sorseggiò appena il liquido scarlatto; alzò il calice, studiandolo attentamente come a trovare un significato nascosto dietro la vivanda, poi lo posò e si rivolse alla propria interlocutrice, cambiando discorso.
«Ho ricevuto un invito da Albus, per stasera – un sorriso sottile si stese sulle sue labbra – pare siano stati convocati anche Atena e Christopher…»
Astaroth bevve senza particolare interesse, conciliante.
«E’ un vero peccato; mi è arrivato un Bourgogne con un bouquet favoloso…»
Entrambi risero. Non erano avvezzi a divorare le porcherie preparate dagli elfi e spesso le porzioni che si servivano rasentavano l’indigenza, eppure la prospettiva di un calice di vino schietto riusciva sempre a metterli di buon umore.
Se non erano chiamati a vigilare, d’estate, quando l’aria si faceva più fresca e satura di impalpabili fragranze naturali – quelle esuberanti delle erbe, quelle più penetranti dei fiori, quelle legnose degli alberi – uscivano dal Castello, pian piano si allontanavano dai bagliori infuocati delle lampade e delle candele, dalle decorazioni sgargianti, dai profumi densi, fragranti, delle pietanze della Sala Grande e si recavano alla baia, in silenzio, in un’inspiegabile tranquillità.
Scomparse ormai tutte le luci della scuola, rimanevano i colori opachi ed uniformi delle cose, e agli occhi tutto sembrava nuovo e diverso.
Davanti a loro la schiera delle onde mormorava sommessamente, agitata dalla brezza vespertina, e tutt’intorno si creavano mulinelli di petali e di polvere bianca. Sopra le loro teste, imponenti pur nella leggerezza, gli alberi sovrastavano il leggero incunearsi del terreno antistante allo specchio d’acqua.
Nelle lunghe notti d’estate, quando il vento era pervaso da una pioggia rarefatta di lucciole dorate e minute che, come tante piccole gemme opalescenti, brillavano nel chiarore di una luna vanitosa, intenta a contemplarsi nelle acque del lago, Dorian e Astaroth stappavano una bottiglia di frizzantino e, perduti in una visione onirica, in un sogno fantastico, passavano un’indefinita quantità di tempo a fumare, senza guardarsi, l’uno a fianco all’altra, ridendo e parlando del più e del meno.
«Non ho mai detto di voler andare a letto presto, mi pare. Prepara il decanter e il cestino; passo a prenderti prima che sorga il sole.»

***


«Ragazzi!» alzò la mano verso i colleghi in segno di saluto, richiamando la loro attenzione a voce alta prima di imboccare la scalinata.
«Prima che mi dimentichi, Christopher… hai pensato ad un giorno per quella famosa compresenza? – gli sorrise, mentre iniziavano a salire – il Lilletto, che è sempre sbalorditivamente aggiornato, mi ha notificato giusto stamani che l’aula al quarto piano sarà inagibile per l’arco intero della prossima settimana. Sospetto ne sappia una più del diavolo!» cercò conferma nello sguardo di Atena, ammiccando civettuolo.
«Dico bene?»
Quando giunsero al pianerottolo, Dorian annunciò il loro arrivo bussando sobriamente alla porta dell’ufficio del preside. Nonostante gli anni, Peverell continuava ad essere sorprendentemente energico e impegnato, presiedeva i consigli di classe con una puntualità disarmante, raramente mancava di interessarsi alla carriera di uno studente e sovente li convocava, anche solo per scambiare due parole. Era come un fuoco fatuo che rallegrava l’atmosfera monotona del Castello; lo apprezzava per il suo modo di intendere la didattica e lo stimava per il recente impegno che si era assunto, nonostante l’età veneranda.
«Buonasera, Albus. Siamo in anticipo?» domandò, affacciandosi con divertita reticenza.

E così, in barba a voialtri che volevate bussare per primi, taglio il traguardo e mi accomodo. :zalve:

Edited by Dorian - 29/5/2018, 08:28
 
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view post Posted on 28/5/2018, 23:20
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Il torsolo della mela rovinò al suolo, scivolò lontano, un'ultima sfumatura rossa ad infrangere il quadro d'insieme; parve sospendersi per un attimo soltanto, mentre ondeggiava su di sé al pari di una trottola: destra, sinistra, in bilico da un punto all'altro, infine senza più equilibrio di alcun genere. Si immobilizzò, imprigionata dalla stasi perpetua, il ricordo di un morso già singolo che violava quel frutto, la sua integrità, fin nel profondo. Il profumo si espanse bruscamente, eppure con dolcezza; il colore si accese di un'esplosione simile ad un fascio luminoso, fiammeggiante, di rosso e di nero, l'uno mai in esclusione dell'altro. La buccia smorza, il picciolo reciso, la polpa compromessa, fintantoché la mela smise di resistere e allo stesso modo, là dove il ristagno attendeva rinnovato movimento, la vita cominciò a scorrere agli occhi spalancati del Veggente. Rapida, fluida, leggiadra, in un infinito scorrere senza principio, senza conclusione alcuna. Oliver rivide se stesso addentare quel frutto insieme alla buccia, il sapore che invadeva la bocca, il gusto che si esprimeva come il suo preferito in assoluto. Il torsolo cadde, ancora una volta; il tempo riscritto, l'armonia spezzata dalla confusione nell'aria, infine il dubbio. La mano destra pizzicò quando lo sguardo dello Stregone vi si rivolse contro, mentre dal palmo aperto sgorgava una goccia scarlatta, forse di sangue, forse di ferite che ancora non erano state segnate sulla sua stessa pelle. Trattenne il respiro, quando le narici vibrarono, solleticate da un contatto più che leggero: dall'alto danzò in discesa perfetta, onda dopo onda, una piuma anonima, rivestita di bianco; perlacea, adamantina, cristallo tra i cristalli, strappò uno starnuto al giovane studente, mentre nei dintorni si amalgamava ancora una volta quell'intenso profumo di mela rossa. Prima ancora che un senso potesse essere trovato per davvero, il Veggente aprì gli occhi. Arricciò il naso, un'espressione buffa dipinta sul volto; perplesso, sovrappensiero, si ripromise di ripescare la sera stessa quella memoria preziosa: la spilla da Caposcuola appuntata sul petto, la cravatta dai colori accesi della sua nobile Casata, non un riccio in disordine, Oliver si disse pronto all'incontro in programma. Ci sarebbe stato tempo per tutto il resto in futuro; non poté fare a meno di notare l'ironia di quell'ultima riflessione.

Now the pale morning sings of forgotten things
She plays a tune for those who wish to overlook

And oh how you try to command it all still
Every single time it all shifts one way or the other


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Camminava a passo spedito, al fianco del suo Prefetto. Non erano in ritardo, la puntualità scorreva nelle vene del Mago al pari del galateo di cui fin dal principio, nolente o volente che fosse, si era mostrato autentico portavoce. L'incontro tra le rassicuranti e piacevoli mura dell'ufficio del Professor Peverell non lo preoccupava più di tanto, ma doveva ammettere di esserne ancor più curioso di quanto la sua stessa innata descrizione potesse permettere. Rivolse uno sguardo alla ragazza accanto, riprendendo il discorso che avevano iniziato non appena usciti dalla Sala Comune. Né la Signora Grassa né l'ennesimo cambio di parola d'ordine di quella giornata avrebbero potuto distogliere Oliver dai presagi nefasti, perfino divertenti, che stava elencando. «Quindi Nieve, ricapitoliamo. Se ci chiede di Dippet, se lo può riprendere. L'Incantesimo Aderente non sarà di certo un problema per Peverell» - e per loro, si ritrovò a pensare, non poteva che essere una liberazione vera e propria, forse - «Se invece domanda della visita alla Corte di Enrico V, diciamo che non ne sappiamo nulla e che al massimo bisognerebbe vedere con Nick-Quasi-Senza-Testa. Se ci chiede di Venceslao, Aslan oppure Arlette, noi facciamo così.» Si volse alla sinistra leggermente, mostrando un'espressione piuttosto bizzarra: lo sguardo stralunato, confuso, distratto; il senso di sorpresa visibile in modo teatrale, perfino esagerato, infine un sorriso, impossibile da trattenere. «Per tutte le altre cose, abbiamo concordato, mi fido di te. Oh, ci siamo.» Un'ultima occhiata amichevole alla studentessa, mentre la mano destra già sfiorava la porta in legno dell'ufficio del Docente; un brivido salì lungo l'intero braccio, il respiro si spezzò improvvisamente e la bocca si spalancò, leggermente. Oliver parve perdersi completamente nel vuoto per pochi brevi secondi, fin quando non lasciò andare il fiato trattenuto e con espressione forse mortificata, parlò in un filo di voce. «Nieve, non siamo soli. C'è anche il professor Midnight e arrive-» Le labbra tirate all'indietro, appena in tempo per tacere. Non era il caso di aggiungere altro, non quel momento; quei volti sospesi per un attimo tra i suoi pensieri, al confine fra Presente e Futuro, potevano essere reali, così come illusioni di una trama non propriamente scritta. Si rassicurò con un sorriso, bussando alla porta dopo un cenno del capo per Nieve; non si stupì, appena entrato, di scorgere l'insegnante di Difesa in tutta quell'eleganza che a tratti ammirava, nonostante nutrisse da poco sentimenti contrastanti per quell'uomo: la clessidra piangeva ancora punti che avevano guadagnato con sacrificio, eppure non una parola era stata spesa nei riguardi del Caposcuola Grifondoro. Non aveva dimenticato. «Buonasera.» Parlò in generale, lo sguardo che si spostava su ogni professore presente, il sorriso gentile a fior di labbra. Una mela, un torsolo, una piuma, un volto. Doveva esserci un senso comune, lo avrebbe scoperto.

Piccola licenza di vedo-non-vedo :*
 
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view post Posted on 5/6/2018, 09:29
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FUOCO ALLE POLVERI
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E così il fatidico giorno era arrivato.
Lo aveva osservato da lontano per molto tempo, come un miraggio, chiedendosi se lo avrebbe mai raggiunto e cacciando subito dopo il pensiero, perché – lo sapeva – se gli avesse permesso di farsi spazio nella sua mente avrebbe infine tentennato, concedendogli di prendere il sopravvento. Di tanto in tanto però lui tornava, picchiettando come un tarlo sulla parete della sua coscienza. Sono qui, sembrava dirle.
Atena guardava un punto imprecisato oltre i vetri della finestra, il sole era ormai al tramonto e il cielo si colorava velocemente delle sfumature della notte. In mano reggeva un calice di vino – bianco, leggermente frizzante, dal lieve sentore zuccherino; lo faceva ondeggiare con lentezza, portandolo alle labbra quasi meccanicamente, come se quel gesto potesse riempire lo spazio vuoto dell’attesa. Posata su un ripiano, a pochi passi da lei, la lettera del Preside. L’aveva ricevuta esattamente una settimana prima, l’appuntamento era per quella sera, alle 8 in punto, presso l’Ufficio di Peverell, naturalmente. Ma non era il contenuto di quella lettera, né l’incontro imminente o ciò che sarebbe avvenuto in seguito ad occupare i suoi pensieri. Non ancora.
Lo sguardo scivolò invece verso l’orologio appeso alla parete. Segnava le 19.37. Mancavano ancora pochi minuti, dopodiché sarebbe stato il momento:
non sarebbe mai rimasta ferma nello stesso luogo per tanto tempo, negli ultimi anni.
Da quando aveva terminato la Scuola non aveva mai avuto un luogo a cui appartenere o di cui sentirsi realmente parte. Era stata negli angoli più remoti del pianeta. Aveva esplorato, assorbendo ogni conoscenza con slancio ed avidità. Ma poi – puntuale – arrivava sempre il giorno in cui sentiva che era giunto il momento di cambiare. Quel posto non aveva più nulla da darle, si era come esaurito, aveva perso il suo sapore; o forse era lei ad aver perso il sapore. Ad ogni modo, qualcosa in lei scattava, come il rintocco solenne di una campana o un bisogno impellente a cui non poteva sottrarsi. A quel punto non le restava che raccogliere le sue cose e ripartire. Scivolare via, come acqua su una roccia. Nel silenzio, senza voltarsi indietro. Non era difficile.
E allora tutto ricominciava, con il tipico guizzo di eccitazione che la novità portava con sé.
Eppure ora c’era il suo nome davanti ad una porta, ripeteva continuamente che lei, di un luogo, faceva parte: era inciso nel metallo, scolpito in lettere maiuscole, non poteva sbagliare.
Tornò a guardare l’orologio, mancavano pochi secondi. Il cuore le batté più forte. Sarebbe stato il momento perfetto per accendersi una sigaretta, pensò tra sé, se solo questa fosse stata una sua consuetudine: tenere tra le dita un sottile bastoncino privo di peso – sicuro baluardo contro le avversità – reclinare poi la testa all’indietro e soffiare il fumo verso l’alto, osservandolo disperdersi a poco a poco nell’aria circostante, come la nebbia che avvolge i pensieri, o che forse che li porta via. Non era così che funzionava?
“Sei ancora in tempo per prendere le tue cose e andartene”, le disse una vocina all’orecchio, e per un momento ebbe davvero l’impulso di catapultarsi verso l’armadio. Ma non si mosse; un sorriso amaro – invece – sollevò un angolo della bocca, in uno sbuffo. Posò la testa contro la pietra fredda della parete e chiuse gli occhi. Era questione di scelte; o di semplici obiettivi. Di responsabilità, o forse – addirittura – di mero egoismo. Chi poteva dirlo. Ad ogni modo, era lì.
Quando riaprì le palpebre, il tempo aveva ripreso a scorrere come sempre, un ticchettio alla volta. Sentì i suoi demoni ancora avvinghiati intorno ai fianchi, accoccolati al suo petto. Ma l’aria era meno scura, ora; era tempo di procedere, ormai: a soffermarsi troppo a lungo su alcuni ragionamenti si rischia di rimanerne ingarbugliati, le ripeteva sempre uno stano ometto che abitava a poche case di distanza da lei, quand’era bambina, e con un gesto della mano cacciò via ciò che restava dei suoi pensieri, come avrebbe cacciato via il fumo di quell’ipotetica sigaretta. Bevve quindi l’ultimo sorso di vino rimasto sul fondo del bicchiere, infine si diresse verso la porta: aveva un appuntamento, quella sera, non poteva tardare.

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Il procedere dei tacchi echeggiava lungo il corridoio, camminava a passo spedito, le spalle dritte. Una svolta a destra, una a sinistra, alcuni scalini; un omino in un ritratto si tolse il cappello in segno di saluto, in un altro due cavalieri in armatura alzavano le spade contro un drago.

«Ehi, Kappa!» scorse il collega mentre si accingeva a salire la scalinata che portava alla Torre del Preside. Affrettò il passo per raggiungerlo, quando la voce di Dorian attirò la sua attenzione dal corridoio. Sorrise all’amico, salutandolo con un cenno della mano, ed attese che li avesse affiancati prima di procedere.
«Non rispondo ad alcuna domanda finché ti ostinerai a chiamarmi con quel nome.» rispose, fintamente impettita. «Però si» disse, rivolta a Christopher. «L’aula è interamente inagibile, pare che un Grifondoro del primo anno ne abbia combinata un’altra delle sue…».
Chiacchierarono amabilmente, percorrendo le candide spirali di marmo che formavano le interiora della Torre e prima che la fatica iniziasse a pesare sulle membra, i tre raggiunsero il pianerottolo antistante la loro meta.
Atena restò un passo indietro, sistemandosi la camicia lungo i fianchi e ravvivandosi i capelli, lasciando che fosse Dorian ad annunciare la loro presenza. Un paio di colpi alla porta, poi un attimo di silenzio; mentre attendevano che una risposta li raggiungesse dall'interno, la ragazza fece scivolare lo sguardo sulle figure dei Colleghi: impeccabili nei loro abiti eleganti, i volti freschi, i lineamenti vivaci.
«Siete splendidi, stasera.» disse piano, un flebile sorriso le curvò appena le labbra; poi, anticipando la domanda che – ne era sicura – sarebbe arrivata, puntualizzò «Stasera, più del solito» rise divertita, alzando scherzosamente gli occhi al cielo. Infine, approfittando dello spiraglio della porta, ora aperto, sgusciò dentro in un solo passo con la fluidità che la sua corporatura minuta era solita conferirle.
«Albus, buonasera!» salutò il vegliardo, non appena ne ebbe individuato il profilo. «Ti trovo in ottima forma, come sempre, del resto.» il tono cordiale e un sorriso allegro a far da cornice al suo intervento.
ATENA MCLINDER | DOCENTE DI ASTRONOMIA

 
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view post Posted on 5/6/2018, 22:27
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entropia.

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«Peverell vuole vederci. Tra una settimana.»

L’annuncio di Oliver l’aveva sorpresa mentre era intenta a compilare una pergamena di Storia della Magia relativa alle potenzialità del pensatoio. L’argomento le era familiare per due ordini di ragioni, che oscillavano tra la deformazione professionale e quella esistenziale: non soltanto l’articolo figurava tra quelli in vendita presso Safarà, ma mesi prima Nieve aveva sperimentato sulla sua stessa pelle le conseguenze del processo di estrazione di un ricordo. Si era appena decisa a intingere la penna nell’inchiostro, ebbene, quando il Caposcuola aveva fatto la sua apparizione.

Non aveva perso tempo ad acciuffare la pergamena dalle mani di Oliver e a scorrerne il contenuto. «Ci saranno anche alcuni insegnanti,» si era limitata a dire, facendo eco alle parole della missiva. «Pensi che sia un problema di sicurezza?»
«Non ne ho proprio idea,» aveva commentato l’altro, facendo spallucce.
Nieve aveva premuto appena le labbra tra di loro, soppesando la questione. Infine, aveva lasciato che si distendessero in un sorriso. «Ricordamelo, però, o rischio di piantarti in asso. Sai come sono! E braccami almeno un’oretta prima, altrimenti ti farò fare tardi. E sappiamo entrambi quanto lo odi!»

Non aveva aggiunto altro. La presenza dei Prefetti rimaneva facoltativa, eppure Oliver l’aveva raggiunta e aveva parlato al plurale, dandone per scontata la partecipazione. Non si era stupita: da che aveva assunto quel ruolo, l’amministrazione delle faccende di Casata si era basata su un atteggiamento fortemente inclusivo, al quale si era accompagnata una naturale sinergia tra le parti che era sopravvissuta perfino ai dissapori. Non aveva sentito il bisogno di ulteriori spiegazioni.

* * *



L’umore di Nieve si aprì in una risata espressiva, che riverberò nello spazio vuoto del corridoio mentre procedeva al fianco di Oliver alla volta dell’ufficio del Preside. Nel tempo trascorso dal giorno della comunicazione, avevano snocciolato la questione per prepararsi al confronto e ne erano emerse le teorie più fantasiose. Stante la condizione del dormitorio del Caposcuola Grifondoro, c’era motivo di ritenere che le preoccupazioni del ragazzo non fossero del tutto infondate! Nieve poggiò confidenzialmente una mano sulla spalla del compagno che avevano appena raggiunto i gargoyle.

«Ce la caveremo! Se proprio dovesse andar male, fatti venire un colpo apoplettico e io, con le mie lacrime, lo muoverò a compassione. La fama e il teatro ci attendono, Brior. Si facessero tutti da parte!»

Spensierata non meno che ignara, Nieve si avventurò su per la scalinata. A pochi passi dal punto di approdo ultimo, tuttavia, parte della realtà si apprestò a investirli anzitempo. L’entusiasmo della Grifondoro, dunque, vissuto della stessa intensa brevità delle farfalle, fece presto a morire. Non avevano ancora oltrepassato l’uscio, quando Oliver le diede un annuncio che superava per disgrazia tutte le ipotesi formulate nei giorni passati. Per qualche ragione, la mente dell’islandese era talmente refrattaria all’idea del docente di Difesa da averne escluso la presenza al colloquio in via del tutto aprioristica. Strinse i pugni, invitò Oliver a temporeggiare un istante di troppo, infine si concesse un commento a denti stretti allo schiudersi della porta: «Se esiste un inferno dei protestanti, devo esserci appena caduta.»

Varcò la soglia con un contegno rigoroso che faceva onore al suo cognome, dunque passò in rassegna i presenti: uno sguardo pressoché neutro al professor Channing, un sorriso garbato alla McLinder e… Avrebbe dovuto controllarsi, lo sapeva bene, specie considerato l’addestramento cui Thalia la stava sottoponendo. Le fu impossibile, tuttavia, dissimulare lo spasmo di sdegno che colse il labbro superiore prima che riuscisse a distogliere lo sguardo dal Midnight e a puntarlo sulla zuccheriera che, indiavolata, brandiva il cucchiaino a poca distanza dalle tazze, remissive. La convergenza tra il proprio stato d’animo e l'intemperanza sfoggiata dal pezzo di porcellana le strappò un sorriso – Dio solo sapeva quanto desiderasse fare altrettanto! –, dunque si soffermò sulla figura autoritaria del Preside.

«Buonasera!»

La tentazione di aggiungere una spiegazione circa la propria – a tratti superflua – presenza fu bloccata sul nascere dal pensiero di Astaroth. Così, nell’atto di affiancare Oliver e disporsi in un punto imprecisato dell’ufficio, dirimpetto allo schieramento dei docenti, la distrasse l’eventualità di fare visita all’amica per un resoconto del colloquio, al termine del turno di ronda. Avevano già dibattuto la questione, pertanto le era familiare l’assenza dell’altra. Ciononostante, sospirò, scontenta.

Si voltò verso Oliver per rivolgergli una comunicazione a mezza bocca. «Cambio di programma: me lo faccio venire io, il colpo apoplettico.» *Tanto, ci siamo quasi. Tre… Due…*


Nota per il Buzzi: speravo di postare dopo di te per stuzzicarti, ma non mi sfuggirai comunque. Preparati! Ti fiorissimo! :flower:
 
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view post Posted on 6/6/2018, 23:03
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Trantor - Settore Imperiale

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▵18▵ Headboy ▵ Evening « Amber! Prova a sminuzzarci dentro dieci grammi di corno di Graforno. E tu, Whitmore, per gli Dei, stai ferma se non vuoi ritrovarti pure te con un corno in fronte. » Con la voce arrochita dai fumi densi del calderone della ragazza, Horus sporse la mano destra in direzione della compagna, intento con la sinistra a mescolare l’intruglio di non ben identificata origine appartenente a Porzia Whitmore, una Tassorosso tanto brava in Erbologia quanto impiastro in Pozioni. La ragazza aveva invocato aiuto nel momento in cui dal suo calderone era fuoriuscito un fumo nero come la pece che l’aveva avvolta completamente. Un acre odore di bruciato si era liberato nella stanza ed Horus, che aveva Porzia proprio di fianco, aveva notato con orrore come la ragazza avesse buttato dentro il pentolone tre quarti degli ingredienti che invece andavano attentamente pesati e aggiunti un poco alla volta. La sbobba aveva cominciato a ribollire pericolosamente, buttando fuori dai bordi del recipiente che la conteneva una schiuma compatta e pericolosamente corrosiva. La morale era che la classe si faceva beatamente i cavoli propri mentre lui ed Amber, gli unici ad essere accorsi consapevoli che il calderone sarebbe esploso da un momento all’altro, si facevano in quattro cercando di ignorare il pianto isterico della povera Whitmore. La Pompadour? S’era dileguata poco prima del fattaccio, adducendo “problemi didattici” da risolvere. “Non fate esplodere niente” aveva detto quasi in un profetico avvertimento.
Una grossa bolla esplose ed il suo contenuto schizzò in pieno viso il Tassorosso che imprecò sonoramente —e non in inglese, per la fortuna dei presenti.
« Ora esplode davvero, accidenti. Argh, brucia! » Mentre con la mano dominante era occupato a rimescolare la pozione andata a male (aveva già incantato un altro mestolo di metallo con l’incantesimo Manina, poiché uno solo non bastava vista la densità simile al cemento dell’intruglio), con la sinistra si sfregò la guancia offesa la cui pelle, dopo aver rimosso i residui di pozione, era rossa ed irritata. Il bruciore fortunatamente si affievolì nel momento in cui l’intruglio fu rimosso ed Horus sospirò mentre Amber a poco a poco aggiungeva il corno. Il mescuglio sembrò ammorbidirsi e il fumo mutò colore da nero ad un grigio pallido. « Sta funzionando? » Chiese alla Prefetta con un tono di speranza sul volto stanco. L’umidità aveva arruffato i capelli di entrambi e per un lungo minuto, intento ancora a centrifugare con forza, Horus guardò Amber. I capelli biondi erano elettrici, le guance arrossate per la tensione, gli occhi azzurri che, brillanti, erano intenti a squadrare la pozione con un cipiglio concentrato. Immaginò allor a come doveva essere la propria immagine: i capelli altrettanto disordinati, la grossa macchia vermiglia al centro della guancia, la camicia sbottonata sul collo e le maniche arrotolate fin su i gomiti mentre le braccia erano entrambe ancorate al mestolone che avevano Engorgiato per far fronte alla terribile composizione dell’intruglio. Ad un certo punto, Horus scoppiò a ridere e rise così tanto da richiamare l’attenzione dei compagni vicini. « Sembriamo due deficienti. » Riuscì a dire, cercando di riprendere fiato e asciugandosi col dorso della mano una lacrima che era rimasta impigliata tra le ciglia dell’occhio destro. Anche Porzia, che fino a quel momento aveva lanciato un lamento continuo ed irritante e si era aggirata come un’anima in pena attorno ai due ragazzi, abbozzò un sorriso; quando fu chiaro che il pericolo era passato, la poveretta pensò bene di gettarsi al collo di Amber.
« Oh, grazie, grazie! Se avessi fatto esplodere un altro calderone, la Pompadour mi avrebbe sicuramente spedita con Gazza a raccattare Vermicoli coi piedi! » Ma l’enfasi di quel ringraziamento fu tale che Porzia, spalancando le braccia, diede una gomitata ad Horus che a sua volta, colto di sprovvista, lasciò cadere il mega-mestolo nel calderone.
Si udì un “ploffete” che risuonò tetro in un improvviso silenzio dove tutti, per un lunghissimo momento, rimasero a guardare l’oggetto affondare lentamente.
« Ma porca di quella... »
E boom.


Erano praticamente capitombolati fuori dall’aula di Pozioni, seguiti da un fuggi fuggi generale. L’ora, del resto, era stata scandita dall’esplosione del calderone dopo la quale Horus non aveva capito cos’era successo. Piuttosto, si era ritrovato schiantato addosso al banco, senza fiato e con un odore acidognolo a pizzicargli le narici. Poi aveva compreso e con orrore si era tirato su, guardandosi spaesato attorno. Porzia, quella maledetta, era finita gambe all’aria e non si sa bene per quale motivo, ma un suo mocassino era finito in testa ad una Corvonero dall’aria sconvolta e con la divisa sporca di pozione. Inebetiti, anche gli altri studenti impiegarono diversi minuti per raccapezzarsi, ma poi le imprecazioni e gli improperi verso la povera disgraziata piovvero proprio come i rimasugli del suo intruglio. Schifato, una volta fuori dall’aula (che aveva visto il ritorno di una sconvolta ed incavolatissima Camille), Horus si levò di dosso il maglione inzaccherato, castando sulle maniche della propria camicia un rapido Tergeo.
« Ricordami di non sedermi mai più vicino a quella ragazza. » Borbottò, rivolto verso Amber. Da quando erano compagni di corso, avevano preso a parlarsi molto più di quanto avessero mai fatto; solo fino a qualche mese prima, Amber ed Horus si limitavano a scambiare qualche chiacchiera in Sala Grande o nella Sala Comune, consultandosi prettamente per gli impegni nello staff. Come compagni, invece, sedendosi spesso vicini, si intrattenevano molto più a lungo sulle materie, dialogando del più e del meno con molta più facilità. Spesso Horus si ritrovava a pensare alla timida biondina che anni prima aveva accompagnato ad Hogsmeade. Da allora, Amber era cambiata moltissimo, era cresciuta e si era fatta sorprendentemente graziosa, ma il suo sorriso era uguale a quello che gli aveva rivolto quando lui le aveva regalato la fetta di torta per il suo compleanno. Non sapeva bene perché, ma il sorriso di Amber lo rassicurava.
« Abbiamo un’ora prima della prossima lezione con Black. Credo andrò a farmi una doccia, questa roba è viscida e non vuole saperne di venir via. » Aggiunse con una smorfia, tenendo fra due dita un lembo del cardigan. La stoffa, macchiata di verde in più punti, sembrava marcita ed un prurito si diffuse nel corpo del ragazzo: la necessità di infilarsi sotto un getto d’acqua fresca stava diventando d’importanza vitale, a costo di arrivare tardi alla radura di Cura. Poi, mentre si avviava a passo spedito verso la Sala Comune fu colto improvvisamente da un pensiero. Si voltò verso la Tassina, qualche passo più indietro. « Ah! » Esclamò, richiamando la sua attenzione. Un paio di giorni prima, nell’ufficio dei Caposcuola era giunta una lettera indirizzata a lui, Emily ed Oliver. Il contenuto, enigmatico, lasciava presagire un discorso da molto tempo accantonato nelle Casate ed il pensiero di cosa avrebbero discusso lo aveva incuriosito all’inverosimile. Fino ad allora era stato convinto di voler andare da solo, per non allarmare le compagne qualora il discorso fosse stato diverso da quanto immaginato, ma poi, dopo l’avventura pozionistica… « Peverell vuole vedere noi Caposcuola, tra meno di una settimana. Ho un sospetto sull’argomento, ma te ne parlerò meglio stasera. Intanto, vorrei che venissi con me. » Sapeva che Amber non l’avrebbe mai lasciato solo e se c’era una cosa che aveva imparato in quegli anni di collaborazione come Prefetto e Caposcuola, era che lei fosse la persona più leale che avesse mai conosciuto. Nel dubbio, sicuro di averle lanciato un’esca troppo ghiotta, sorrise divertito ed infine le voltò le spalle. La doccia lo aspettava.


Sera dell’incontro, quinto piano

« Continuo a pensarci su, e sono assolutamente convinto che sia per la questione che ti ho detto. » Finendo di smangiucchiare un paio di noci che si era portato dietro dalla Sala Grande —aveva fatto tardi durante la ronda e non aveva cenato, con suo grande rammarico—, Horus salì le scale, guardando l’entrata del corridoio del quinto piano che si avvicinava.
Aveva spiegato la sua ipotesi ad Amber la sera stessa in cui le aveva chiesto di accompagnarlo e benché tutto sembrasse collimare con le sue speculazioni, una parte di lui si chiedeva se in realtà ci fosse ben altro dietro quell’incontro. I recenti accadimenti, i continui cambi di cattedra, gli strani avvistamenti nei perimetri del Castello: tutto faceva pensare a qualcosa che si muoveva sotto le fondamenta della scuola, come un serpente che si aggira fra l’erba altra. Rimase in silenzio, camminando assorto nei suoi pensieri. Peverell aveva scritto “i docenti”… Se davvero si trattava del ruolo di Capocasa, chi avrebbe ricoperto quello di supervisore di Tassorosso? Ci aveva pensato per tutte le notti che erano seguite ed una parte di sé aveva sperato ardentemente per Camille. Sapeva, però, che ciò non sarebbe stato possibile per via dell’alta carica che la Pompadour ricopriva e perciò alla fine Horus si era rigirato nel letto, chiedendosi cosa sarebbe accaduto quella sera. E se invece era una scemenza? Una gita di fine anno? Ma poi, le gite, le avevano mai fatte ad Hogwarts?
*Mi sa di no.*
Giunsero davanti il gargoyle perfettamente in orario e senza troppe cerimonie salirono la scala a chiocciola che portava nell’ufficio del Preside. Horus non vi era mai stato prima di allora, ma fu convinto (e trovò conferma poco dopo) che lo studio di Albus era esattamente come l’aveva visitato la prima volta, quando ancora le redini della Scuola non erano nelle sue mani.
Entrarono dunque nell’ufficio, trovando al suo interno alcuni volti familiari ad attenderli.
« Buonasera, Preside. » Un educato cenno del capo al più anziano dei tre. « Professor Midnight, professoressa McLinder. » Lo stesso ai due docenti in attesa. Dorian, alto, elegante, sostava vicino ad Atena la cui presenza fece sorridere Horus di speranza. E se…?
« Oliver, Nieve, ciao. » Un caldo sorriso per il primo, un divertito, appena accennato ghigno per la seconda. Notò subito la mancanza di Emily, ma conoscendola sarebbe arrivata di lì a pochissimi minuti. Perciò, spostandosi in un punto dove non fosse d’intralcio —più o meno dirimpetto ai due docenti— incrociò le braccia, in attesa. Dalle ampie finestre i morenti raggi del sole illuminavano i volti degli insegnanti ed Horus scoccò una lunga ed intensa occhiata alla professoressa di Astronomia. Poi, arricciando un labbro divertito, distolse lo sguardo e si piegò in direzione dell’orecchio di Amber, con una certa discrezione e dissimulando la sua azione.
« Se non è lei… preparati al piano B. La Whitmore potrebbe procurarci un po’ di quella pozione esplosiva per confondere tutti. » Le sussurrò divertito, facendo riferimento a ciò su cui avevano speculato la sera prima, in Sala Comune.
Horus R. Sekhmeth ▵ [ sheet ] ▵ Let’s lay down our masks, and be true.
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view post Posted on 7/6/2018, 09:37
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18 Anni ▴ Prefetto Tassorosso ▴ V anno
Amber S. Hydra


t2ilwtK

L
o sguardo preoccupato s'incollò per qualche istante al calderone di Porzia, ora avvolto dal fumo nero che ne era fuoriuscito. *Per Morgana, adesso esplode!* sembrava gridare l'espressione preoccupata che in seguito aveva rivolto ad Horus, prima che questo venisse avvolto dallo stesso fumo nero che minacciava di inglobare l'aula, accorso come lei in soccorso della tassina incapace. Amber non aveva la minima idea di come quella pozione fosse diventata una melma nera maleodorante, era stata abbastanza impegnata a gestire la propria, ma di certo sapeva di dover porre rimedio prima che la Pompadour decidesse di far ripulire a loro tutto il caos che avrebbe provocato. Chiaramente al resto della classe poco importava di quell'agitarsi giallo-nero, probabilmente nessuno di loro considerava che un'eventuale esplosione avrebbe potuto coinvolgere ben più di tre studenti! A fare da sfondo al tutto c'era Porzia che singhiozzava istericamente, dandole ancora più sui nervi. Rapidamente, senza fiatare, prese il corno di Graforno - unico ingrediente che l'altra tassina non aveva gettato a casaccio nel calderone - ed iniziò a sminuzzarlo. Sentiva già quelle piccole goccioline di sudore imperlarle la fronte, anche se non era certa che non fosse una conseguenza all'esposizione a quel fumo potenzialmente tossico. Per un soffio, prima che una bolla nera e acida la fondesse, spostò la bilancia. Lo sguardo tornò su Horus quando una bolla gli esplose letteralmente in volto. Gli occhi sgranati di Amber avrebbero indicato tutta la sua preoccupazione. Quella cosa nera bruciava anche? Porzia aveva creato un'arma di distruzione di massa! Rimase ferma un solo istante, nella speranza di non vedere il ragazzo ricoprirsi di pustole o bolle, in quel caso avrebbero dovuto correre in infermeria. Ma scongiurato il danno, si affrettò ad aggiungere il corno sminuzzato. L'espressione concentratissima, e la mano libera a tenere ferma la Whitmore, che in compenso sembrava desiderosa di rovinare anche quell'estremo tentativo di salvare il salvabile. «Credo di sì, credo stia funzionando...» Commentò non appena vide i mestoli muoversi affrontando meno resistenza ed il fumo nero assumere un tono più grigio. Di certo quella pozione sarebbe stata da buttare, ma la cosa importante era proprio evitare che esplodesse. Tanto concentrata sulla miracolosa risoluzione del problema principale, Amber non si era resa conto delle condizioni in cui sia lei che Horus si trovavano, non finché non aveva alzato lo sguardo su di lui. Allibita, stanca, con i capelli arruffati, lo sguardo stralunato, il fiatone e sull'orlo di una crisi nevrotica, non poté non notare la stessa identica espressione in Horus. Quando lui scoppiò a ridere, lei faticò a contenersi e seguì la sua scia con una risata a metà tra l'isterico ed il divertito. Si coprì la bocca nel tentativo di smettere di ridere anche dopo l'affermazione del compagno, mentre il petto ancora sobbalzava. Scosse il capo in un vago tentativo di riprendere un certo contegno, ma non appena lo fece, Porzia - rianimatasi per l'occasione - le gettò le braccia al collo, spiazzandola. Rigida come una bacchetta. Amber posò le mani sulle spalle della concasata, pronta ad allontanarla con garbo, prima che il suo isterismo raggiungesse le stelle. «Oh, ehm no.. no guarda ha fatto tutto Hor-.... US NO! » Fece solo in tempo a vedere Horus barcollare, ed il mestolo engorgiato cadere nel calderone. *Aiut-..*

▲ ▼ ▲

L'esplosione del calderone aveva provocato un'onda d'urto che aveva spinto mezza classe alla fuga, e l'altra metà fuori dall'aula. Amber accusò il colpo nonostante la caduta, salvata e uccisa dallo stesso corpo di Porzia che la stava ancora abbracciando prima che la melma li colpisse tutti. Da una parte, capitombolando la tassina aveva perso un mocassino e si era presa un bel po' di pozione dritta nella schiena, tanto che la divisa era ormai rovinata. Facendo così, però, aveva spinto Amber tanto indietro da trarla accidentalmente in salvo dal bagno di melma acida. Cosa che invece non poteva dirsi per Horus. Tornata in piedi, sbuffando, nauseata dall'odore che aveva impregnato la stanza, si era avvicinata al Caposcuola, incerta se fosse un bene o un male avvicinarlo in quel momento. La cosa buona era che da quando avevano iniziato a frequentare le stesse classi, Amber aveva iniziato a conoscerlo senza i pregiudizi del ruolo che ricopriva, e quello che per lei era sempre stato un timore reverenziale nei suoi confronti si era tradotto in una sorta di strana complicità. «Stai ..bene?» Dovette sforzarsi di contenere la seconda risata isterica a cui volentieri avrebbe dato sfogo. Tra gli insulti a Porzia, i rimproveri che lei stessa avrebbe espresso e lo sguardo furente di Camille Pompadour, Amber comprese come fosse il caso di uscire dall'aula il prima possibile e dimenticare quelle due ore d'inferno. Seguì Horus nei corridoi del sotterranei, mentre una sconvolta Porzia Whitmore barcollava qua e là dietro di loro. La bionda allungò l'indice verso il Caposcuola. «Solo se tu mi ricorderai di fare altrettanto!» convenne, sorridendo vagamente, visibilmente esausta, senza nascondere una smorfia di disgusto nei confronti della sbobba che era finita su di lui. «Solo un'ora? Me ne servirebbero almeno tre!» commentò subito dopo, non aveva voglia di andare ad altre lezioni così come non amava dover fare tutto di corsa, doccia compresa. Avrebbe preferito potersi rilassare sotto il getto d'acqua o direttamente nella grande vasca del Quinto Piano, per ore! «Va bene, nel frattempo io mi assicuro che chi deve andare in Infermeria non si perda per strada. Ci vediamo lì ». Non ebbe modo, però, di fare più di due passi, prima che un nuovo richiamo all'attenzione di Horus la raggiungesse. «Oh» Peverell voleva vederli, e certamente Amber non avrebbe rifiutato un'occasione simile, soprattutto considerato che ne sarebbero seguite congetture su congetture a riguardo, in Sala Comune, ben più tardi. «Conta su di me» Rispose ricambiando con un mezzo sorriso, prima di rivolgere un'espressione ben più dura a Porzia distante qualche metro. L'avrebbe trascinata con un Levicorpus se non si fosse mossa più velocemente.

Sera dell'incontro

«A questo punto inizio a sperare che sia davvero così.» Aveva risposto di getto, sospirando. Lo sguardo serio era tornato quello di sempre, lontano dall'avventura in Aula di Pozioni, ed un po' appesantito da una giornata altrettanto sfiancante. La divisa perfetta, la spilla appuntata nel solito posto, i capelli lunghi ben sistemati e lasciati liberi a cadere sulle spalle erano solo la facciata di un corpo ben più stanco di quanto poteva mostrare. Sperava che Horus avesse ragione, perché tra le tragiche idee che la sua mente era riuscita a partorire c'era anche quella che vedeva Hogwarts chiusa per sempre. Salì le scale, superò i Gargoyle e cercò con tutta se stessa di non pensare a nulla di più tragico del ritrovarsi come Capocasa un docente assolutamente non in grado di ricoprire quel ruolo.«Buonasera» un saluto ben meno personale, mentre con le iridi acquamarina abbracciava i presenti, tra Preside, docenti e studenti. Rivolse un cenno appena più cordiale ad Oliver e Nieve, prima di affiancare Horus nel punto da lui scelto per stazionare. In piedi, ovviamente. Forse si sarebbe davvero trattato di una cosa veloce. Forse Horus aveva ragione, ma davanti a loro - per ora - c'erano solo Dorian Midnight, che aveva imparato ad apprezzare nel corso delle lezioni, ed Atena McLinder, che ricopriva la cattedra di Astronomia ma con la quale non aveva avuto modo di confrontarsi a dovere. Nonostante tutto però sapeva per chi parteggiava il suo concasato ed era stato tanto bravo da convincerla a desiderare lo stesso nome per Tassorosso. Un lieve brivido giocò con la sua spina dorsale quando Horus le si avvicinò, ma mantenne lo sguardo fisso in un punto a caso della stanza, per evitare di tradire la dissimulazione del compagno. Le parole che le sussurrò fecero il loro effetto, perché un lieve sorriso scaltro comparve in seguito sul volto del Prefetto. Perfettamente visibile come conseguenza del ricordo che quella frase aveva innescato. Non c'era bisogno di rispondere, si erano già capiti così. No, quell'episodio non l'avrebbero dimenticato tanto facilmente. Doveva ammetterlo, con Horus accanto il peso della spilla sembrava alleviarsi appena, segno che la sua guida era indispensabile per lei, così come la sua complicità. Non era ancora calma, ma il nervosismo che l'aveva accompagnata aveva iniziato ad attenuare la presa su di lei.



 
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view post Posted on 15/6/2018, 13:54
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Emily Claire Rose

Slytherin ⚜ Headgirl ⚜ 18


Le ore di straordinario richieste da Peverell si erano magicamente tramutate in lunghe notti prive di sonno. Con il braccio poggiato sulla fronte e lo sguardo che vagava tra le ombre moventi nate dalle fiamme instabili delle torce, Emily fissava il soffitto immersa nell'abisso di pensieri e dubbi.
Perché il Preside si era assentato, di notte, la settimana prima? Perché chiedere a tutti di prolungare le loro ronde? Cos'altro stava accadendo?
Sbuffando e voltandosi sul lato, la Serpina si rese conto di star diventando paranoica.
Le iridi argentee furono catturate per l'ennesima volta dalla sagoma della spilla che giaceva accanto al suo letto; lo smeraldo, nella penombra, era appena visibile ed i contorni, affatto lucenti, delineavano un oggetto che veniva ormai considerato pari ad un peso morto. Stringendosi alle ginocchia, il corpo esile tremante per le lenzuola fredde, si chiese per quanto tempo ancora avrebbe dovuto indossare quel fardello, appuntandolo sulla divisa con un ormai assente cipiglio fiero.


La settimana prevista dal Docente di Storia passò più velocemente di quanto potesse azzardare; la curiosità l'avrebbe indubbiamente condotta ai cancelli dell'Inferno prima o poi eppure, questa volta, Emily non si curò né del misterioso messaggio né dell'ipotizzare il motivo alla base di dell'atteso colloquio.
Giacché era stato concesso loro di portarsi dietro un Prefetto, la Caposcuola aveva preso facilmente la sua decisione e, seduta accanto al camino, operativo persino nelle giornate più calde di primavera, attese la sua vittima.
Minotaus era una persona estremamente silenziosa ed Emily lo apprezzava per questo; per quanto poco rumoroso potesse palesarsi, tuttavia, sapeva di molti molte cose e questo tornava spesso utile.
Il passo silenzioso del Serpeverde oltrepassò l'arco di nuda pietra e avendo notato la figura vermiglia della ragazza, doveva aver compreso che la sua attenzione era attesa.

Ti ricordi di Daniel Anderson? Il primino che aveva scommesso con il compagno di Dormitorio di scoprire gli accessi di ogni Sala Comune? Abbiamo risolto quel pasticcio, vero?
Osservando le fiamme ardere e consumare poveri tocchi di legno, Emily non spostò lo sguardo sul Serpeverde, troppo concentrata a sfoltire la lunga lista di piccoli crimini avvenuti la settimana prima della chiamata in Presidenza.
Il cenno di assenso del collega la tranquillizzò: Anderson era un ottimo elemento, non gli avrebbe permesso di rovinarsi e rovinare loro per stupidi screzi da undicenne.

E quella del secondo anno? Ana...Anne...Com'è che si chiama? Quella che ha dato fuoco ai capelli della Grifondoro durante Pozioni, insomma. E' riuscita a convincere la Pompadour che è stato un incidente?
Non che la rosso-oro non se lo meritasse ma quella diatriba aveva rischiato di creare una guerra civile - per non parlare del fatto che, con la testa lucente e spelacchiata, sembrava persino meno brutta.
Il Preside ci vuole nel suo ufficio, questa sera. Tra un'ora più o meno.
Ripose alla domanda più o meno tacita di Minotaus e spostando lo sguardo chiaro e perso su di lui, si ritrovò costretta ad arricciare le labbra, prologo di scuse che la Serpina odiava dare perché di poco conto.
]Se hai impegni, mi dispiace, mi sono dimenticata di parlartene. Ad ogni modo, parteciperanno all'incontro alcuni docenti ed altri due Caposcuola - a quanto pare, anche il Preside pensa che Toobl sia un irrilevante buono a nulla.
Detto ciò, stiracchiando le braccia, s'alzò osservando Mike, sperando che non se ne uscisse con qualcosa di cui Lei era all'oscuro e che avrebbe potuto cacciarli nei pasticci una volta raggiunto l'Ufficio. Il Preside, dopotutto, parlava di "questioni importanti" per le Casate e a meno che Anderson non fosse riuscito a spulciare nei dormitori femminili delle altre due, c'era poco di cui potevano essere a conoscenza per accusarli.

Essere sulla difensiva, non era sempre un'ottima linea d'azione, questo Emily lo sapeva bene, eppure, mentre insieme al Prefetto risalivano la scala a chiocciola, la sua mente continuava a chiedersi per quale motivo era stato organizzato quell'incontro serale. Aveva a che fare con la dipartita del Preside di una settimana prima?
E perché era richiesta la presenza dei docenti e di più della metà del loro Staff?
Lo Staff... *No. Ti prego. No.*
Oltrepassando la porta della Presidenza, con lo sguardo che cercava i Professori presenti, sperò di sbagliarsi sull'infelice illuminazione che l'aveva appena folgorata.

Preside. Professori. Buonasera.
Un inchino della testa appena percepibile accompagnò l'educato saluto.
I membri delle altre Casate presenziavano già l'Ufficio e sorridendo ad Oliver in cenno di saluto, Emily oltrepasso i Rosso-oro per dirigersi, quasi senza pensarci, verso l'unica persona di cui aveva intuito la presenza prima ancora di entrare in quello studio.
Horus, di spalle al tramonto morente, teneva le braccia incrociate al petto e questo la divertì.

Ra.
Gli sussurrò impercettibilmente mentre l'intera, esile figura tagliava ne tagliava lo sguardo per poi posizionarsi al suo fianco. Poggiando la schiena contro al muro, la spalla sinistra sfiorò il braccio teso di Lui e quel piccolo, innocente toccò bastò a rasserenarla; da quando aveva scoperto di essere una Banshee, erano ormai poche le cose che riuscivano ad infondere la pace della paranoia dei suoi tumultuosi pensieri; la voce del Tassino, le sue mani che si posano sulla pelle nuda, erano divenuti qualcosa da cui dipendere per allontanare quell'Oscurità ormai parte di Lei. Avere accanto Ra, voleva dire che nulla gli era accaduto e per un attimo, un solo attimo, riusciva a tenere a bada le voci ed i suoni e le urla che riempivano la sua mente provata e, col tempo, avrebbe anche capito perché...
Col respiro che tornava regolare, lo sguardo della fanciulla era ora in grado di osservare i Professori riunitisi nell'Ufficio. Dirimpetto a loro, le mani strette dietro la schiena che facevano tramite tra la divisa e la nuda pietra, Emily spostò lo sguardo dalla docente di Astronomia a Midnight.
Quest'ultimo, l'aveva incuriosita fin dal momento in cui il Preside aveva annunciato il nuovo detentore della cattedra di Difesa; l'avrebbe definito come una persona eccentrica ma non era certamente questo l'aggettivo che gli si confaceva. "Strano", forse, oppure "lunatico". Emily aveva come l'impressione che fosse capace di indossare tantissime maschere diverse nello stesso momento e seppur in grado di sostenere un educato sorriso, il secondo dopo una discussione civile, poteva decidere arbitrariamente di spedire qualcuno fuori dalla classe con uno Stupeficium su per il...
Tutto sommato, poteva non essere un dramma averlo come Capocasa.
Secondo la nuova teoria non ancora fondata, dovevano attendere la presenza di un'ultima persona e, a quel punto, le danze potevano dirsi aperte.

Giù le mani da Difesa.
Le labbra divertite si arricciarono in un sussurro; ciocche vermiglie andarono a coprire gli alti zigomi ed il capo venne chinato verso Horus in un tocco leggero e misurato mentre aggiungeva poche parole impercettibili se non a lui soltanto:
Giusto per mettere le cose in chiaro.
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view post Posted on 17/6/2018, 16:11
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A_STARA_STARA_STARA_STAR

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Il giovane Serpeverde aveva appena alzato lo sguardo dalla lettura appassionante che, casualmente, aveva trovato poco prima girovagando tra gli scaffali della biblioteca scolastica. Spunti e le riflessioni non sarebbero di certo mancate nel corso della serata ma, per godere appieno di quello scritto, era necessario un clima decisamente più tranquillo e silenzioso rispetto a quello normalmente presente in Sala Comune.
Per far fronte a quel bisogno di calma e per continuare a godere dell’avvincente trama, Mike avrebbe cercato di raggiungere con un certo slancio il suo dormitorio; il viaggio, tuttavia, si sarebbe ben presto arrestato.
Voltato l’ultimo e imponente arco della Sala Comune, il suo sguardo avrebbe incrociato, per un semplice istante, quello magnetico della caposcuola Rose.
Veloce e intenso, quel contatto sembrò suggerire qualcosa al Serpeverde. Era meglio fermarsi? Probabilmente si…

L’intuizione sembrò concretizzarsi in brevissimo tempo e, dinanzi a quella prima richiesta, un certo compiacimento avrebbe illuminato il volto di Mike.

Certamente Miss Rose. Ho agito personalmente nei confronti del Sig. Anderson; sono convinto che in futuro si atterrà in maniera scrupolosa al regolamento scolastico.
Seguì una piccola pausa per enfatizzare il concetto. Per quel tipo di situazioni, Mike sembrava aver ricevuto in dote il dono della persuasione; il giovane Anderson aveva passato un bruttissimo momento e, per rafforzare il concetto, l’ipotesi di una lunga quanto terribile punizione aveva vinto le ultime remore del primino ribelle.
Anche la seconda domanda avrebbe generato nel Prefetto una certa soddisfazione; un piccolo sorriso si sarebbe certamente allargato nel ripensare alla spinosa questione.

Oh, abbiamo fatto di più. Siamo riusciti a far cadere la colpa sulla Grifondoro stessa. Si è scoperto che la fanciulla è in effetti un po’ sbadata… Nella circostanza Mike avrebbe certamente omesso di evidenziare come, tralasciando un piccolo quanto “trascurabile” dettaglio, alla vicenda era stato dato infine un giudizio frettoloso e approssimativo.
Per come erano state poste le due domande, nel Serpeverde avrebbe iniziato a farsi spazio, tra l’orgoglio e un senso di appagamento, il seme della curiosità; cos’aveva potuto spingere la Caposcuola a quel confronto? Era forse prevista una riunione interna? Il suo sguardo, implicitamente, doveva aver trasmesso quel dubbio vista la replica della Caposcuola.

Certamente, può contare sulla mia presenza. Un piccolo ma profondo respiro accompagnò la risposta. La sua lettura avrebbe dovuto attendere...

Nel salire gli ultimi gradini della scala che l’avrebbe condotto nell’ufficio del Preside, un groviglio di pensieri si stava pian piano ammassando nella mente del Prefetto. Se tutte le questioni più importanti all’interno della casata erano state risolte, perché l’insolita convocazione? Al suo fianco Emily sembrava vagamente impegnata in attente e silenti riflessioni e, a quelle stesse considerazioni si sarebbe certamente adeguato; in fin dei conti, non avevano nulla da temere. Un ultimo pensiero sarebbe infine andato a Thalia; complice il poco preavviso, non aveva fatto in tempo a chiederle se anche lei avrebbe presenziato all’evento. Un dolce pensiero avrebbe accompagnato la riflessione, aumentando di pari passo il desiderio di scorgere i suoi lunghi capelli rossi all’interno della stanza.

Dopo aver sistemato per l’ultima volta la posizione della ribelle cravatta, Mike sarebbe entrato nell’ormai consueto studio del Preside. Lo sguardo, vagamente inquieto ma allo stesso tempo curioso, sarebbe andato a cercare il promotore di quell’incontro serale.

Buonasera Signor Preside, l’accenno di un semplice quanto veloce inchino con la testa prima di procedere con un sorriso garbato: e buonasera a tutti. Avanzando con discrezione per seguire Miss Rose, il Serpeverde avrebbe osservato per un breve istante i volti dei presenti; tre Professori, tre Caposcuola e tre Prefetti, tra cui svettava la figura della più esperta Amber; avrebbe dovuto immaginarlo.
Tutti riuniti per un semplice tè?

 
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Era stata un'attesa lunga, molto più lunga del previsto, carica di aspettativa che erano solo andate addensandosi al pari di minacciosi nubi temporalesche, pronte a rigurgitare acqua a catinella. Eppure, dove aveva sbagliato? Non c'erano errori, tutto era in perfetto orario, non erano trascorsi che pochi minuti in fin dei conti, da che il pendolo aveva battuto il primo rintocco, forse addirittura una manciata d'istanti. Lo sguardo perso, catatonico, completamente alienato, a che il primo di una lunga lista di ospiti facesse la sua comparsa. Quanti sarebbero stati? Risultava difficile credere che non si sarebbero presentati, così come del resto c'era da augurarsi che non si verificasse alcuna circostanza che rendesse possibile un'assenza. Erano tempi difficili, in più d'un senso, era quello il significato non troppo recondito del colloquio che aveva avuto ormai una settimana prima con il Ministro della Magia. Un accordo programmatico sarebbe stato eccessivo a definirsi? Forse, ma dava la giusta rilevanza a delle parole spese nell'interesse per una volta di quel tanto bistrattato e il più delle volte invocato a vanvera bene comune. Era troppo vecchio per cambiare, lui ne era conscio, gli altri anche, era quella la garanzia? Erano ormai diverse settimane da che la Preside aveva alquanto misteriosamente, per dirla tutta e con una certa ironia, passato il testimone. A momenti nessuno si era accorto che tale operazione fosse avvenuta. Neanche chi l'aveva ricevuto, che ne era rimasto per interi lunghi giorni consapevolmente ignaro testimone. Era successo, ma non era accaduto, che fine aveva fatto Persefone? E soprattutto, perchè? Se tutto aveva un senso, e soprattutto dietro a ogni effetto doveva esservi una causa, come era solito predicare da anni, ecco improvvisamente ritrovarsi 'a razzolare' male, se non malissimo, nella più miseranda delle solitudini. Quale era stata la causa? A distanza di settimane ancora non l'aveva vista. E se in fondo poteva anche ingannare se stesso sostenendo che avesse da tempo previsto qualcosa del genere sarebbe potuto accadere, in realtà rimaneva il più che sostanziale 'j'accuse' per essere rimasto semplicemente a vedere. E così un'altra tessera del mosaico era sparita, nei meandri di un tempo che era già passato.
Più il tempo passava, più sembrava evidente che il numero di poltrone previste almeno inizialmente fosse destinato ad aumentare. Confrontatisi con l'opportunità di portarsi un 'incoraggiamento morale', a un appuntamento che per quanto ne sapessero poteva anche tradursi nella richiesta di un inatteso, quanto improbabile salto nel vuoto, non avevano saputo resisterle. I tre Capiscuola avevano portato con loro tre Prefetti, che sommati ai tre Colleghi portavano il numero a nove. Se a questo si fosse sommato il vecchio mago, e il silente pubblico che faceva la posta all'incontro, sembrava sempre più doveroso l'esser grati al fato per quello scomodo e terribile trasloco che aveva portato in dote stanze decisamente più ampie. Ci sarebbero stati, sembravano pensarlo anche le sedute, che andavano silenziosamente moltiplicandosi all'entrata in scena di ogni attore inatteso. Anche in quel caso, quanto quella marmellata di nomi era destinata a sorprendere? Sei su nove erano nomi che già conosceva, avendoli personalmente selezionati, dei restanti tre uno era pur sempre una scelta obbligata, gli altri due erano ampiamente intuibili. Si poteva dunque affermare tutto procedesse secondo il piano? Ora che c'erano tutti, era solo questione di far partire la musica? Tra un cenno cortese, e un sorriso accoglieva uno alla volta i numerosi venuti, per questioni logistiche e loro fortuna, da non troppo lontano. Quanto tempo avrebbe richiesto? Infine, giunti che erano al quid, si trovavano con troppa marmellata, per troppo poco pane? Una fetta stiracchiata, un po' vecchia e stantia, per molti versi stanca, al centro di un oceano di problemi e avversità. Cosa ne sarebbe potuto derivare? I Serpeverde chiusero infine la processione, c'erano ormai tutti. Era tempo d'iniziare.


Ottimo signori, ben trovati, mi fa piacere siate riusciti tutti a trovare la strada e che non siamo in ritardo. Prego, accomodatevi. Come vi ho scritto settimana scorsa, e come ho poi accennato nei giorni seguenti ad altri, quello di cui dobbiamo discutere è incredibilmente importante, e non può essere più rimandato. Ma prima, gradite qualcosa da bere?

La domanda cadde inaspettata, come un grave in un vuoto. Nonostante tutto, e tutti, ci sarebbe sempre stato il tempo necessario per una tazza di The, o un bicchiere di whisky, era una questione di orgoglio nazionale, e di principio, già le circostanze ormai dettavano legge e buona parte dell'agenda impunemente, sorde ad alcun tipo di accordo o legge quadro che cercasse di imbrigliarle con il meglio che i moderni strumenti del diritto mettessero a disposizione, ma oltre non era proprio possibile andare. Una domanda, posta con tono soave, che parve immediatamente essere captata dall'intera fauna che in quelle stanze trovava rifugio. Era davvero una domanda? Famelico, il servizio da The attendeva al varco. Sino a quando, infine, parve che un taciturno giudice di gara avesse lasciato il fazzoletto, e tutto si fosse messo in movimento. Il raffinato, ed insospettabile servizio blu e bianco cinese si animò. La teiera sbuffando prese a riempire una tazzina, già in movimento, con tanto di piattino, in direzione del primo prevedibile cliente, inseguita a ruota dalla saltellante zuccheriera, che mulinando un cucchiaino d'argento, sembrava ansiosa di portare a compimento il suo uffizio, stanca di quella forzosa quiescienza, stanca delle chiacchiere, grata di aver un certo margine d'azione. Una volta pronta, la tazza dal liquido ambrato, e dalle vorticose spirali di vapore si fermò alla destra del mago. Un primo passo era infine compiuto. Era infine giunto il momento di procedere?

Come vi stavo dicendo, settimana scorsa ho incontrato l'ormai ex Professoressa Pompadour, e a seguito anche dei disastrosi eventi di pochi mesi fa, durante l'ordinaria sessione di esami Gufo, sono addivenuto a una serie di decisioni. Come avrete ormai saputo negli scorsi dieci giorni ho ricevuto la richiesta formale da parte dei Consiglieri di assumere l'incarico di Preside, e mio malgrado ho dovuto accettare. Perchè la nostra Storia e quella di Hogwarts possano proseguire è indispensabile che vi sia il ritorno a una pacifica fiducia da parte di tutti nella forza delle nostre istituzioni, nonostante gli errori commessi in passato, fiducia nel fatto che essi non si ripetano.

Procedeva spedito, lungo un sentiero tortuoso, che non sembrava avere un capo o una coda lineari. Il dove volesse andare a parare era ancora tutto da dimostrarsi, a patto che poi volesse davvero finire con il parare su qualcosa. Possibile che fossero lì in dieci per il solito sproloquio su 'O tempora, o mores!'? Mentre i primi legittimi dubbi sul perchè fossero lì iniziano con il farsi avanti, bussando insistentemente alle porte della torre, ecco la risposta inaspettatamente servita su un vassoio d'argento.

A proposito della questione vi sarà richiesta la massima discrezione, ma per sottolineare la gravità della situazione posso affermare di non avere alcuna intenzione di essere l'ultimo Preside di questa scuola. Ma se effettivamente le cose non dovessero andare meglio, e non riuscissimo nei prossimi mesi a riguadagnare la fiducia dei nostri studenti questo sarà l'esito già scritto della Storia: la fine di dieci secoli di tradizione ininterrotta. E credo che questo non lo voglia nessuno dei presenti, giusto? Per l'immediato futuro, per le prossime settimane ci aspetta un incredibile lavorio. Se qualcuno ha delle idee, penso sia il momento di tirarle fuori.

Il dado era tratto?
Ormai era detto e fatto?
C'era margine per altro ancora?
Quindi, che razza di musica era quella?
Cosa si aspettavano, e cosa stavano ricevendo?
Era un modo elegante per annunciare il 'game over'?
O era l'esatto contrario di una bandiera bianca?
E che idee venivano richieste in fondo?
Avrebbero fatto la differenza?
Possibile?




A livello temporale l'intera role potrebbe risultare un po' paradossale per la 'storia' di diversi Pg, dobbiamo infatti allacciarci a un evento che in real si è svolto parecchio tempo fa (i Gufo di Mr. Swan), ma che in On è distante da noi solo pochi mesi (teniamoli generici, per carità). Molto in teoria all'epoca c'erano altri Pg attivi, dai Professori ai Prefetti, ma non stiamo a guardare tutto, chiuderemo entrambi gli occhi guardando altrove. Così come nel gufo di invito, Poverell si è insediato da poche settimane, da quando ha iniziato ufficiosamente a supplire all'assenza di Persefone, che avete conosciuto in On tutti, e poi ufficialmente.

K è indietro di un turno, ma immagino recupererà.
 
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view post Posted on 23/6/2018, 22:22
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qpMAphK
Si lasciò andare ad un'occhiata di ispezione precisa, più deliziato dall'ufficio di quanto potesse credere. Quanti e quali misteri avrebbero potuto trovare, tutti loro, tra quelle pareti; quanti volumi incantati, quanti sortilegi ad attenderli su carta ed inchiostro, quanti manufatti dal potenziale fuori dal comune. Per un attimo, il Veggente si chiese se la vera intenzione alla base di quell'incontro non fosse che un altro preciso viaggio nel tempo, all'insegna di una collaborazione fra lo staff del castello. Caposcuola, Prefetti, Preside e una manciata di Docenti avrebbero senza dubbio, in totale compagnia, reso quell'avventura sorprendente, ed anche leggermente stravagante, bisognava ammetterlo. Roma, Sparta, l'Antica Grecia? La cultura a fare capolino da ognuno di quei percorsi, il pensiero di avere esperti in Arti Oscure, Trasfigurazione ed Astronomia, in un quadro d'insieme di gran lunga fantasioso, tutto quello avrebbe avuto un certo valore per instaurare una relazione di fiducia. Aveva imparato a sue spese, a rischio e pericolo concreti, quanto l'esperienze della Scuola d'Atene formassero la propria conoscenza, così come quella di gruppo, in un connubio perfetto di spiritualità e partecipazione. Non era quello il giorno, non il caso, ma non poté fare a meno di accennare un sorriso tra sé e sé. Al seguito di convenevoli in cenni di saluto più o meno uguali, finalmente Oliver riuscì a concentrarsi sulle parole del Preside. A dispetto della curiosità sempre più crescente, fu contento perlomeno di non sentire anche una sola volta il nome di Dippet o di Ser Nicholas de Mimsy-Porpington, a riprova del fatto che Nieve avesse avuto ragione e che le loro impeccabili doti teatrali - Oliver non era sicuro per sé - non dovessero essere messe alla prova. Tanto bastava per non essere definitivamente coinvolto, non come c'era da aspettarsi, dal pericoloso epilogo di cui Peverell stava parlando: Hogwarts non era più sicura, Hogwarts non era più come prima; quante volte aveva udito quelle frasi, quante volte erano state bisbigliate da concasati, studenti in generale, talvolta perfino dai Fantasmi che di corridoio in corridoio si imbattevano nelle ronde del Caposcuola Grifondoro. Non vi aveva mai dato peso, convinto più di ogni altra cosa - più della fiducia in se stesso, addirittura - dell'incrollabile energia dell'imponente castello. La storia insegnava di momenti peggiori tra quelle stesse mura: la Scuola era una fortezza, in tutto e per tutto, dalle fondamenta rivestite di magia fino agli abitanti che di secolo in secolo l'avevano abitata. Non si disse così pessimista: per natura, così come per positivo carattere, non lo sarebbe mai stato. Annuì in merito all'offerta di té, ringraziando con un cenno cordiale il Docente; attese che gli altri professori prendessero posto, scegliendo per primi, più per rispetto e gentilezza che per altro, fin quando invitò Nieve a precederlo ed infine anche lui si sistemò accanto. Collaborazione, impegno, attenzione: le tre parole erano state alla base di quell'anticipo d'incontro, ma non guastava una tazza di tè, come da prassi, da parte di un tradizionalista, da quel punto di vista. Tre zollette di zucchero fu tutto ciò che Oliver chiese, augurandosi di non essere pizzicato dalla collezione in volo, non di nuovo. Aveva una certa esperienza con la teiera in particolare. Quando la tazza giunse tra le sue mani, ringraziò tacitamente e si premurò di ascoltare il Docente circa il continuo. Non c'era molto che avrebbe potuto aggiungere, ma se ne avesse avuto possibilità - sicuro di non interrompere alcun intervento ancor più tempestivo, primario al suo -, allora avrebbe preso parola con tono pacato, schiarendosi rapidamente la voce. «Non sono sicuro circa quali proposte possano essere più apprezzate né sono sicuro possano essercene di concrete, ma incrementare la sicurezza - ora come ora - sarebbe un sintomo perfetto per gli studenti e di conseguenza per le loro famiglie. Nella forma di controlli più scanditi circa cosa entri al castello - anche di oggetti e artefatti magici - oppure di ronde più precise, coinvolgendo più aree. Il mio consiglio è quello di mostrare alle famiglie dei nostri studenti di essere capaci, come sempre è stato, di cavarcela anche con le nostre forze. Hogwarts è la nostra Scuola, a tutti gli effetti.» Un sottile riferimento ad un tema forse più profondo, un richiamo che avrebbe potuto considerare altri aspetti, di gran lunga anche più interessanti. Si fermò abbastanza in fretta, quasi sul nascere, convinto di sondare prima la situazione per poi aggiungere eventualmente qualcosa di più preciso. Non era ancora certo circa il senso di quell'incontro.
 
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view post Posted on 23/6/2018, 23:21
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▵18▵ Headboy ▵ Evening « Ciao Ly. » Bisbigliò dolcemente al saluto di lei, mentre il familiare sorriso gli si dipingeva sulle labbra. Nonostante stessero insieme da più di un anno, Horus non riusciva a fare a meno di guardarla, di sorriderle in un modo diverso e unico e pur consapevole di quegli atteggiamenti, non se ne preoccupava. Erano successe tante, troppe cose nell'ultimo periodo ed ora che si ritrovavano tutti lì, radunati sotto l'alto soffitto della Torre del Preside, il peso di quegli eventi sembrò gravare tanto quella curiosità che gli rodeva il fegato. Distolse lo sguardo da Emily, di cui aveva seguito ogni movimento, e si concentrò sulla figura dell'anziano professore. Il viso segnato dalle rughe sembrava più stanco del solito e c'era un'aria di gravità che aleggiava attorno alla sua rispettabile figura. Allora Horus ricordò quando Peverell era il loro Capocasa, quando la sua presenza gli aveva comunicato, in un certo senso, un senso di tranquillità e sicurezza quando il suo animo di undicenne irrequieto non riusciva ad accettare la sorte che gli era capitata fra le file giallo-nere. Non aveva mai parlato con lui del tumulto che lo aveva tormentato da piccolo, eppure era come se in un certo senso Albus avesse saputo. Quei vibranti occhi azzurri che avevano abbracciato i Tassorosso, gli incoraggiamenti alle partite di Quidditch (dove lui era sempre in tribuna a sostenerli) e poi, infine, la partenza. Da quel momento in poi, Tassorosso non aveva più avuto un Capocasa (la Pride neanche voleva contarla) e a lui era sempre andata bene così. Non vedeva nessuno meglio di Albus eppure il sospetto che avrebbero potuto parlare di Capocasa per un momento tornò a solleticargli l'interesse con la battuta della Serpina al suo fianco.
« E invece dalla Rose? » Sussurrò provocatorio, fingendo di voltarsi per controllare la porta ancora chiusa, affinché solo Emily potesse notarlo e sentirlo. La provocazione gli era uscita dalle labbra con fare malizioso e naturale e pur consapevole della serietà di quel momento, non era riuscito a trattenersi. Forse si sarebbe scusato, o forse no, fatto sta che un angolo delle labbra si incurvò in un'espressione divertita, generando una piccola fossetta sulla guancia.
Ma quel momento di ilarità venne spazzato via, così come la luce che bagnava i volti dei docenti a poco a poco si attenuò col sole morente. In contrasto con ciò che presto sarebbe stato detto, il curioso servizio da tè prese il via, arrabattandosi a servire quante più persone riuscivano. Dopo aver inizialmente declinato l'offerta, una tazza di tè caldo si fece così insistente (tanto da svolazzargli indispettita davanti al naso) che Horus fu costretto ad accettare e ad afferrarla al volo, prima che questa decidesse di ammutinarsi rovesciandosi sulle sue scarpe.
La voce del Preside risuonò autorevole e, dimentico dei precedenti, puerili pensieri Horus si rivolse verso l'uomo, scorgendo il profilo di Amber al proprio fianco. Deglutì piano, reprimendo un brivido quando lui accennò a quanto si era recentemente concluso, lasciando distruzione e desolazione le cui cicatrici ancora si potevano osservare sui muri. Ora che il pensiero dell'evento dei G.U.F.O. di Swan gravava nella stanza come un tanfo pestilenziale, ad Horus si attorcigliarono le viscere al pensiero di quanto vissuto. Dopo ciò che aveva visto —non ne aveva parlato con nessuno di quell'ombra terrificante che lo aveva sfiorato proprio lì, a pochi passi dall'ufficio del Preside— spesso si era rigirato nel letto senza trovare sonno. Gli incubi della Battaglia di Ottobre si accavallavano a quelli avvenuti solo pochi mesi prima e spesso chiudere gli occhi significava soltanto rivivere esperienze che avrebbe voluto solo dimenticare. Riviveva spesso il momento dove aveva corso a perdifiato i gradini che lo avevano separato dal piano terra e aveva cercato Emily, Eloise, Amber, Niahndra e tutti gli altri per assicurarsi che stessero bene. Aveva trattenuto le lacrime quando aveva visto Ly sana e salva, con quegli orribili segni sulla gola, e l'aveva stretta a sé a lungo, senza riuscire a muoversi, tremando come una foglia per la paura di averla persa. Ad oggi, nessuno aveva saputo scoprire cosa era accaduto e cosa i Mangiamorte (o chi per loro) avevano voluto prendere nella Scuola.
Senza rendersene conto, Horus aveva serrato la mascella, irrigidendo i muscoli delle braccia e delle spalle, le pallide iridi aggrappate alla figura di Albus. La Bennet, a seguito di quell'evento, aveva lasciato la carica, con la delusione (compresa quella di Horus) di molti. Peverell non era di certo da biasimare se aveva accettato, suo malgrado, di tornare a ricoprire quel ruolo. Quando Oliver prese parola, Horus non si voltò verso di lui; continuò a guardare il Preside, scrutandolo e chiedendosi cosa avesse in mente. Il pensiero che Hogwarts avrebbe potuto chiudere da un momento all'altro gli procurò un'altra, dolorosa fitta allo stomaco. Era fuori discussione, pensò risoluto.
« Oliver ha ragione, signore. » Accennò appena con lo sguardo al collega di Grifondoro. « Hogwarts è la nostra Scuola, la nostra Casa e non possiamo permettere che venga chiusa. » Il suo tono di voce era deciso, scandito e mentre parlava Horus si soffermò velocemente sui presenti, prima di tornare sul volto del più anziano; la tazza di té gli scaldava le mani divenute improvvisamente fredde. Gli era venuto un pensiero, sulla scia di quanto accennato da Brior, che riprendeva il filo di ciò a cui aveva pensato solo pochi istanti prima e sentiva di doverlo esporre.
« Come tale, oltre alla sicurezza, credo sia opportuno essere uniti, non solo darne l'idea, ma esserlo davvero. L'unione non solo fra studenti e Casate, ma anche fra studenti e personale scolastico, un unione che coinvolga tutta Hogwarts. Bisogna essere solidi dall'interno, forti di una protezione che, con tutto il rispetto signore, ora viene meno. » Si azzardò a dire, inumidendosi velocemente le labbra. « Quel che voglio dire è che... non credo che sia un caso che solo alcuni professori siano qui, non è vero? » Decise di dirlo senza preamboli, scoccando una veloce occhiata agli insegnati per poi osservare attentamente il Preside. Inutile girarci attorno, pensò mentre si decideva, infine, a portare alle labbra la tazza di tè (no, la zuccheriera non aveva vinto questa volta e se n'era andata sconsolata da Amber).
Sperò che almeno la bevanda calda potesse ristorare il senso di inquietudine che sentiva covare dentro di sé.

Horus R. Sekhmeth ▵ [ sheet ] ▵ Let’s lay down our masks, and be true.
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view post Posted on 24/6/2018, 14:55
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entropia.

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*... Tr-* Quando la porta si schiuse per l'ennesima volta, Nieve era sul punto di condurre la mano alla fronte e lasciarsi andare allo svenimento più teatrale che le fosse mai capitato di mettere in scena — l'unico, invero. Invece, per buona grazia del tempismo, il legno fece spazio alla carne, fornendole la più piacente delle distrazioni: Horus (temperamentomansueto) Sekhmeth. D'istinto, gli angoli della bocca di Nieve s'incurvarono in una smorfia che aveva del divertito, del compiaciuto e, nondimeno, del furfantesco.
Scivolò sul pavimento in direzione dell'altro per intralciarlo brevemente lungo il cammino. «Mi sono assicurata che il Preside mettesse a disposizione un paio di manici di scopa per ogni evenienza,» sussurrò in modo tale che la frase giungesse soltanto a Horus, gli occhi puntati in quelli di lui. Inclinò il capo in una posa sbarazzina e gli sorrise, prima di aggiungere: «Sai, tipo se fossi colto da uno dei tuoi attacchi di rabbia distruttiva...»
Si limitò a battergli un colpetto sulla spalla, prima di rivolgere un cenno di saluto ad Amber e tornare ad affiancare Oliver. La presenza di un altro Prefetto la rincuorò, restituendole un certo margine di distensione, che si acuì con l'ingresso degli ultimi arrivati: benché continuasse a ritenere di non poter fare la differenza, qualsiasi si fosse rivelato il nocciolo della questione, le era di consolazione la presenza di alcuni colleghi.

Portò lo sguardo, dapprima, sul profilo assorto di Oliver e, dopo, sui lineamenti provati del Preside. Gli eventi dell'ultimo periodo avevano prostrato l'intero apparato scolastico, determinando una rivoluzionaria inversione di tendenza: da inespugnabile roccaforte, Hogwarts era divenuta il fantasma di se stessa e, insieme alla sua apparenza, era crollata la fiducia nelle istituzioni. Nieve non si sorprese di scorgere sul volto della persona adesso al vertice i segni delle più recenti tribolazioni, sicché finì per condividerne empaticamente il peso. Stavano facendo del loro meglio e, tuttavia, era evidente che non fosse ancora abbastanza. Le parole con cui il Preside esordì glielo confermarono poco dopo, mentre, seduta alla sinistra di Oliver, reggeva distrattamente la tazza di tè e coglieva gli interventi del suo Caposcuola e di Horus.

«Oh!»

La riflessione del Tassorosso colmò la sola lacuna che fosse rimasta nell'intrico delle sue macchinazioni, dunque gli occhi passarono nuovamente in rassegna i tre esponenti del corpo insegnante, stavolta con un sentimento diverso. Non era stato complesso estrarre la carta della sicurezza dal mazzo delle ipotesi, quando Oliver l'aveva resa partecipe della convocazione: stavano vivendo tempi torbidi, così oscuri che la sola ancora di salvezza avverso il caos dell'anarchia risiedeva nel ristabilimento di valori e fiducia nell'ordine costituito. Le era sfuggito, eppure, il tassello che Horus aveva appena aggiunto al quadro, completandolo. Mentre la zuccheriera superava finalmente la povera Amber, Nieve si limitò a una rapida sequenza di sculacciate assestate sul fianco in porcellana per invitarla a proseguire, risparmiando la sua tazza.

«Ahia!» Non aveva fatto in tempo a ritirare la mano, sicché la zuccheriera aveva vendicato l'onta del gesto della Grifondoro con un colpo di cucchiaino a danno delle sue nocche. Nieve le lanciò un'occhiata in tralice, ma non provò il bisogno di vendicarsi. L'inquietudine, sollecitata dagli interventi dei presenti, aveva risvegliato in lei il timore di perdere il solo luogo dove si fosse mai sentita veramente se stessa. Non si avvide di aver preso parola, finché l'eco delle sue considerazioni non tornò a riverberarle nelle orecchie come da molto lontano. «Stante l'argomento sicurezza e quello che è successo, professore,» fece rivolta al Preside con espressione riflessiva, «mi chiedo: abbiamo motivo di temere che la minaccia sia anche interna, oltreché esterna? E, se sì, in che termini? Dopo il trambusto dei G.U.F.O. e l'abdicazione lampo della professoressa Bennet, la più grande paura delle famiglie non è tanto che Hogwarts non sappia gestire un attacco da fuori le mura, ma che non sia preparata all'eventualità di proteggersi dall'interno. Questo è quello che ho sentito da mia m... dalla mia famiglia, almeno.» Grimilde e Julian l'avevano raggiunta di gran carriera a Hogsmeade, un pomeriggio di poco successivo agli accadimenti cui stavano facendo tutti riferimento, incerti sul modo più appropriato di procedere. Se Nieve non si fosse strenuamente opposta, la probabilità di un allontanamento da scuola si sarebbe fatta certezza. «Se così fosse, immagino che lo sforzo richiesto in termini di sicurezza debba essere di natura diversa...»

Non era una soluzione, la sua. Ma, in fondo, potevano davvero pretendere che un gruppo di studenti assurgesse dal nulla al ruolo di deus ex machina?


@Buzzi, la tua indecenza continua a indignarmi. :sospetto:

Per il resto, ho provato a mantenermi sul vago nei limiti del possibile per evitare distorsioni di sorta, considerata la storia dei G.U.F.O. Nel caso di errori e/o sbavature, ditemi così correggo. :flower:


Edited by ~ Nieve Rigos - 24/6/2018, 19:06
 
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view post Posted on 24/6/2018, 17:48
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Emily Claire Rose

Slytherin ⚜ Headgirl ⚜ 18


Non si era mai fermata in quell'Ufficio tanto a lungo né aveva avuto ragione per visitarlo più di un paio di volte eppure, in qualche modo, le sembrava estremamente familiare.
Forse non erano le mura o gli strani oggetti a donarle quella stramba sensazione ma le persone che la circondavano. Con Mike passava più tempo che con se stessa, Horus rappresentava la sua Pace, Oliver era diventato, contro ogni probabilità, un amico con cui era persino divertente battibeccare; e c'erano i professori, quelli che vedeva più spesso del proprio riflesso allo specchio e... Peverell. Scoprire della dipartita della Bennet era stato un duro colpo, soprattutto a seguito di quanto era accaduto; leggendo il titolo della prima pagina di quello stupido giornale che spacciavano a Scuola, quando la notizia era ormai stata distribuita ed assimilata dai più, Emily doveva ammettere di essersi sentita spaesata. Non che avesse chissà quale legame con la Docente e Preside o provasse per lei una particolare simpatia ma ciò che lei rappresentava, la sua intera ed integra figura, era divenuta mera carta straccia e lavatasi le mani di quanto accaduto sotto ai suoi occhi, aveva infangato non solo il suo nome o la sua carica ma anche la Scuola stessa.
Più di ogni altra cosa erano le condizioni ed il futuro di Hogwarts che interessavano Emily: cosa avrebbe fatto se le porte di quel Castello fossero state chiuse per sempre? Non aveva un posto dove andare e non aveva nessuno perché, nella sua situazione, non poteva permettersi di intralciare la vita di nessuno, tanto meno di metterla in pericolo.
Il pensiero di Lei fuori da Hogwarts la colpì per pochi istanti, gli stessi che si susseguirono tra la propria battuta e la pronta risposta del compagno. Non se l'aspettava, non in quella situazione e mentre il Tassino si sporgeva per osservare la porta - gesto che suscitò non poco desiderio di trarlo a sé - Emily alzò lo sguardo su di lui, stringendo le iridi cineree. Il volto niveo si colorò di tenera vergogna e, stringendo appena le labbra, un leggero ed accorto sorriso delineò quei rossi contorni.


A tuo rischio e pericolo, Sekhmeth.

Pronunciò quando ancora il suo corpo le fungeva da valido scudo contro intercettazioni esterne. Tornati al suo posto, il respiro che riprendeva regolare e maledicendo Horus, Emily si finse interessata ad un particolare, insignificante, quadro che regnava sulla parete opposta a quella da cui s'era appena scostata.
La voce di Peverell irruppe nei vari mormorii e seguendo il suo invito, la Caposcuola s'accomodò accettando di buon grado il tè che veniva loro offerto. Non fu facile non arretrare dinanzi l'arrivo della zuccheriera che si contendeva il titolo di "essere più fastidioso" insieme a Pix. Brandendo un cucchiaio d'argento, pronta alla carica di chissà quale nemico, Emily la osservò avvicinarsi pericolosamente mentre arretrava di poco con la schiena e la sinistra si alzava per fare un cenno: "non voglio zucchero, grazie". La zuccheriera però, per taluni affari, doveva essere cieca e, chissà se perché aveva frainteso o per pura vendetta, aveva appena buttato nel brodo caldo ben tre porzioni del suo prodotto. Sospirando, la Serpina decise di lasciar correre e ritornando su Peverell, le sembrò di incrociarne lo sguardo proprio mentre riprendeva parola.
Era questo che più le piaceva di quell'uomo: sembrava avere sempre tutto sotto controllo e che sapesse ogni volta come sarebbero andate a finire le cose. Le aveva dato più volte sui nervi ma le donava anche una certa tranquillità e saperlo al posto della Bennet, era stata una delle migliori notizie delle ultime settimane.
Dopo quei maledetti G.U.F.O., Hogwarts non era stata più la stessa.
Sovrappensiero, si portò la sinistra al collo; le dita affusolata scivolarono lungo le clavicole per poi ricadere nel vuoto, sulle gambe. Lo sguardo si spense, Emily fissava il suo volto stanco senza ascoltare e le immagini di quell'incubo presero ad accavallarsi davanti ai suoi occhi vacui.
L'attacco, la paura, la rabbia, il desiderio di trovare Horus ed Arya e poi tutti gli altri, l'impressione che i suoi stessi compagni avessero provato ad attaccarla... Non capiva perché fosse successo.
Si era ritrovata ad avanzare nello scontro senza prendere parte alcuna perché in ognuna delle due potevano esserci le persone che amava.
Fu forse per questo che quando Nieve parlò, Emily spense il silenzio voltandosi in sua direzione, posando lo sguardo su di lei senza in realtà vederla.


La minaccia è anche interna.

Sentenziò a voce alta. Lentamente tutto ciò che era stato pronunciato fino a quel momento prese ad accavallarsi nella sua mente provata mescolandosi agli orrendi ricordi di quel giorno non ancora troppo lontano.

Mi dispiace essere così greve ma è questo il motivo per cui siamo qui. Non è vero, Preside?

E con queste parole, si voltò verso l'Anziano sperando quasi che lui la convincesse del contrario ma era impossibile, si disse. Lei sapeva cosa c'era là fuori e conosceva bene quanto il Male si fosse insinuato fin dentro quelle Mura e stesse cercando di corroderle dall'interno.
Aggrottando la fronte abbassò il capo vermiglio, ora che l'afflizione aveva adombrato il suo viso apatico. Non voleva che la vedessero in quello stato; Lei non aveva colpa alcuna ma, in qualche modo, avvertiva il peso del crimine adagiarsi comodamente sulle spalle.
Non aveva colpa se i Mangiamorte avevano deciso di fare irruzione ad Hogwarts ma non poteva nemmeno dimenticare che Lei, a tutti gli effetti, era una di loro. Non importavano i motivi che l'avevano spinta tra quelle fila, ne faceva parte; per quanto li odiasse, indossava la loro stessa maschera.
Strinse i pugni fino a sentire la pelle trafitta da quella morsa e cercò di ingoiare quella terribile angoscia.


Tre dei miei studenti sono spariti nel nulla dopo i G.U.F.O. . Non importa quante proposte possiamo avanzare per rimediare a quanto è successo, da soli non possiamo comunque farcela.

Avanzò con voce più bassa mentre gli occhi chiari puntavano Midnight.
C'era da fidarsi di lui? Di loro?
E di Lei... Ci si poteva fidare?
Tutto quel tempo sprecato per capire come mai erano stati convocati dal Preside quando la vera ragione era sempre la stessa: il Male era tra di loro e li stava mettendo alle strette.

*E pensare che, di questo Male, anche tu ti sei macchiata le mani, Claire*





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18 Anni ▴ Prefetto Tassorosso ▴ V anno
Amber S. Hydra


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n ultimo cenno a Nieve - entrata infine anche nel suo campo visivo - concluse il primo giro di convenevoli, ma la serietà che si era incollata sul volto di Amber non volle accennare alla presenza di alcuna crepa. In quel momento avrebbe potuto entrare - quasi - chiunque, e lei non avrebbe fatto una piega, era ancora troppo tesa. Ignorò quanto più possibile le interazioni che ancora vedevano impegnati alcuni dei presenti, nella snervante attesa che Peverell aprisse bocca e spiegasse loro il vero motivo di quella riunione straordinaria. Non volle dare il tempo alla propria mente di vagare in cerca di quelle altre possibili ragioni che li avrebbero condotti lì, per altro già discusse con Horus in precedenza. Credeva di aver in parte compreso come funzionasse il complesso meccanismo che albergava la mente dell'ormai nuovo Preside di Hogwarts, ma al contempo non riusciva a prevedere in toto le sue mosse. Quello di cui però era certa, era che non avrebbe bevuto nulla né si sarebbe seduta. Nell'elenco di cose che mal sopportava - un elenco che anno per anno si faceva sempre più lungo e complicato - c'era anche il doversi sedere in un momento di tensione crescente. Rimanere in piedi le permetteva di avere un maggiore controllo sia su se stessa, che su quanto poteva accadere attorno a lei. Le iridi chiare passarono in rassegna i presenti una seconda volta, mentre l'invadente servizio da Tè compiva il suo percorso forzato. Prima che potesse commentare con Horus la sfacciataggine della zuccheriera, la voce di Peverell la raggiunse una seconda volta, bloccando sul nascere quel gesto istintivo ed impedendole di trovare così un nuovo modo di placare l'agitazione. L'argomento "G.U.F.O. di Patrick Swan" annodò ancora di più il suo stomaco. La memoria di quanto accaduto qualche mese prima spinse contro le sue tempie, pronta a costringerla a rivivere tutto ancora una volta. La mano sinistra, più vicina ad Horus, strinse con forza la gonna della divisa, in un gesto istintivo che aveva come unico scopo trattenerla in quella dimensione reale. Se solo avesse avuto la libertà di pensare a quei tremendi attimi vissuti nei Sotterranei nell'attesa di capire dove fossero gli altri, che fine avessero fatto i suoi amici, non sarebbe stata abbastanza lucida. Se si fosse concessa di ricordare i pianti ed il terrore che nella sua sala comune avevano iniziato a dare il via ad una pandemia di lacrime e dai quali lei non avrebbe dovuto essere contagiata, avrebbe dovuto cercare l'appoggio delle solide mura per restare in piedi. Se avesse permesso alla sua memoria di rievocare la paura che le aveva gelato il sangue nelle vene nel momento esatto in cui aveva compreso che - forse - non sarebbe uscita da Hogwarts sulle sue gambe quel giorno, avrebbe lasciato la stanza in quello stesso momento, ignorando le possibili espressioni dei presenti. Ed invece non poteva permettere che niente di quanto accennato accadesse. Regolò il respiro affinché lo stato ansiogeno non trasparisse più di tanto, e ingoiò l'amaro boccone dei ricordi. Non poteva pensare in quel momento a quanto Johnathan avrebbe sofferto se lei non fosse più tornata a casa ed al dolore che gli avrebbe procurato. Non volle nemmeno concedere al suo cuore di mancare qualche battito nel pensare anche a chi, lontano chilometri da lì, avrebbe potuto preoccuparsi per lei. Aveva un ruolo da rispettare ed onorare, e più di una persona da non deludere. Con la coda dell'occhio osservò rapidamente Horus, lui più di tutti le aveva accordato fiducia sulla base di una conoscenza davvero scarsa, inizialmente, non avrebbe potuto permettersi di deluderlo. Alla tremenda prospettiva fornita da una ferita ancora non rimarginata, si aggiunse poi il sottile dubbio che Hogwarts potesse chiudere i battenti per sempre. «Ma... non lo possono fare» Sussurrò allarmata ad Horus, accorgendosi solo dopo quanto potesse apparire infantile quella prima reazione. Lo sguardo ora fisso sul Preside. Gli anni più utili e proficui ad Hogwarts erano appena iniziati, che ne sarebbe stato di lei se non li avesse portati a compimento? Non poteva dimenticare le discussioni con suo padre circa l'effettiva possibilità di non mettervi più piede dopo l'attacco. John era quasi arrivato a contattare il preside di una scuola differente, ma lei aveva combattuto con tutta se stessa perché lui concedesse una seconda possibilità alla sua scuola e sapeva quanto fosse costato al mago accettare quella sconfitta. Cosa sarebbe successo se fosse stata l'istituzione stessa ad ammettere di non essere in grado di proteggere i suoi studenti? No, non lo avrebbe accettato.

Risolute, più voci si unirono al coro che animava anche Amber. Ascoltò Oliver e poi Horus. La risolutezza dei Caposcuola sembrò darle appena più fiducia nella possibilità che ci fosse davvero qualcosa su cui discutere e che la decisione non fosse in realtà già stata presa. Fulminò con lo sguardo la zuccheriera così come evitò di prendere una tazza di Té, certa che anche quello avrebbe potuto rimanerle piantato alla bocca dello stomaco per ore. Non ci mise poco a convincere il servizio che quella fosse la sua ultima, anche se scortese, decisione. Fu la volta di Nieve, che mise in luce l'altro grande punto da discutere: la sicurezza interna. Ad Amber non era sfuggito come alcuni professori svolgessero più di una mansione. Inizialmente aveva trovato fastidiosa la possibilità che i suoi docenti fossero non solo probabili colleghi, ma anche possibili conoscenti di Killian, benché non avesse avuto conferme di nulla. Ma dopo l'attacco, aveva compreso come aumentare la sicurezza fosse il minimo indispensabile, ed avrebbe nuovamente ingoiato il rospo anche in quel caso, pur sapendo di dover agire con ancora più discrezione. La voce della Rose, dopo, sigillò le prime ipotesi della Grifondoro ed Amber non poté che essere più d'accordo. Non aveva idea - e forse si era ben curata dall'averla - su cosa avesse comportato quell'attacco per le singole casate oltre la propria, ma era anche abbastanza sicura che Peverell avesse già un chiaro progetto in mente e che per quanto potessero ipotizzare, almeno una decisione doveva già essere stata presa prima di convocarli.

Non c'era niente da aggiungere, a detta sua, avrebbe invece atteso con più attenzione i commenti dei docenti e del Preside prima di proferir parola. Non era avvezza a parlare a sproposito e nemmeno all'aggiungere sporadici "sono d'accordo con" o " la penso esattamente come...", era già stata messa un po' di carne sul fuoco, tanto valeva attendere di vedere se sarebbe stata cotta a puntino o bruciata. L'espressione, ad ogni modo, sarebbe rimasta quella seria che aveva assunto fin dal suo ingresso, una maschera che avrebbe ben nascosto l'angoscia che l'argomento in sé aveva mosso in lei. Quelli erano i momenti in cui le mancava avere vicino - a portata di mano - qualcuno che potesse accoglierla a fine giornata, che potesse guardarla negli occhi, capire quanto non avrebbe mai espresso a voce, e risponderle che tutto sarebbe comunque andato per il meglio. Anche fosse stata la bugia più grande del secolo, Amber vi avrebbe creduto per il tempo necessario a riprendersi e staccare dalla realtà.


 
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