▵18▵ Headboy ▵ Evening « Amber! Prova a sminuzzarci dentro dieci grammi di corno di Graforno. E tu, Whitmore, per gli Dei, stai ferma se non vuoi ritrovarti pure te con un corno in fronte. » Con la voce arrochita dai fumi densi del calderone della ragazza, Horus sporse la mano destra in direzione della compagna, intento con la sinistra a mescolare l’intruglio di non ben identificata origine appartenente a Porzia Whitmore, una Tassorosso tanto brava in Erbologia quanto impiastro in Pozioni. La ragazza aveva invocato aiuto nel momento in cui dal suo calderone era fuoriuscito un fumo nero come la pece che l’aveva avvolta completamente. Un acre odore di bruciato si era liberato nella stanza ed Horus, che aveva Porzia proprio di fianco, aveva notato con orrore come la ragazza avesse buttato dentro il pentolone tre quarti degli ingredienti che invece andavano attentamente pesati e aggiunti un poco alla volta. La sbobba aveva cominciato a ribollire pericolosamente, buttando fuori dai bordi del recipiente che la conteneva una schiuma compatta e pericolosamente corrosiva. La morale era che la classe si faceva beatamente i cavoli propri mentre lui ed Amber, gli unici ad essere accorsi consapevoli che il calderone sarebbe esploso da un momento all’altro, si facevano in quattro cercando di ignorare il pianto isterico della povera Whitmore. La Pompadour? S’era dileguata poco prima del fattaccio, adducendo “problemi didattici” da risolvere. “Non fate esplodere niente” aveva detto quasi in un profetico avvertimento.
Una grossa bolla esplose ed il suo contenuto schizzò in pieno viso il Tassorosso che imprecò sonoramente —e non in inglese, per la fortuna dei presenti.
« Ora esplode davvero, accidenti. Argh, brucia! » Mentre con la mano dominante era occupato a rimescolare la pozione andata a male (aveva già incantato un altro mestolo di metallo con l’incantesimo Manina, poiché uno solo non bastava vista la densità simile al cemento dell’intruglio), con la sinistra si sfregò la guancia offesa la cui pelle, dopo aver rimosso i residui di pozione, era rossa ed irritata. Il bruciore fortunatamente si affievolì nel momento in cui l’intruglio fu rimosso ed Horus sospirò mentre Amber a poco a poco aggiungeva il corno. Il mescuglio sembrò ammorbidirsi e il fumo mutò colore da nero ad un grigio pallido. « Sta funzionando? » Chiese alla Prefetta con un tono di speranza sul volto stanco. L’umidità aveva arruffato i capelli di entrambi e per un lungo minuto, intento ancora a centrifugare con forza, Horus guardò Amber. I capelli biondi erano elettrici, le guance arrossate per la tensione, gli occhi azzurri che, brillanti, erano intenti a squadrare la pozione con un cipiglio concentrato. Immaginò allor a come doveva essere la propria immagine: i capelli altrettanto disordinati, la grossa macchia vermiglia al centro della guancia, la camicia sbottonata sul collo e le maniche arrotolate fin su i gomiti mentre le braccia erano entrambe ancorate al mestolone che avevano Engorgiato per far fronte alla terribile composizione dell’intruglio. Ad un certo punto, Horus scoppiò a ridere e rise così tanto da richiamare l’attenzione dei compagni vicini. « Sembriamo due deficienti. » Riuscì a dire, cercando di riprendere fiato e asciugandosi col dorso della mano una lacrima che era rimasta impigliata tra le ciglia dell’occhio destro. Anche Porzia, che fino a quel momento aveva lanciato un lamento continuo ed irritante e si era aggirata come un’anima in pena attorno ai due ragazzi, abbozzò un sorriso; quando fu chiaro che il pericolo era passato, la poveretta pensò bene di gettarsi al collo di Amber.
« Oh, grazie, grazie! Se avessi fatto esplodere un altro calderone, la Pompadour mi avrebbe sicuramente spedita con Gazza a raccattare Vermicoli coi piedi! » Ma l’enfasi di quel ringraziamento fu tale che Porzia, spalancando le braccia, diede una gomitata ad Horus che a sua volta, colto di sprovvista, lasciò cadere il mega-mestolo nel calderone.
Si udì un “ploffete” che risuonò tetro in un improvviso silenzio dove tutti, per un lunghissimo momento, rimasero a guardare l’oggetto affondare lentamente.
« Ma porca di quella... »
E boom.
Erano praticamente capitombolati fuori dall’aula di Pozioni, seguiti da un fuggi fuggi generale. L’ora, del resto, era stata scandita dall’esplosione del calderone dopo la quale Horus non aveva capito cos’era successo. Piuttosto, si era ritrovato schiantato addosso al banco, senza fiato e con un odore acidognolo a pizzicargli le narici. Poi aveva compreso e con orrore si era tirato su, guardandosi spaesato attorno. Porzia, quella maledetta, era finita gambe all’aria e non si sa bene per quale motivo, ma un suo mocassino era finito in testa ad una Corvonero dall’aria sconvolta e con la divisa sporca di pozione. Inebetiti, anche gli altri studenti impiegarono diversi minuti per raccapezzarsi, ma poi le imprecazioni e gli improperi verso la povera disgraziata piovvero proprio come i rimasugli del suo intruglio. Schifato, una volta fuori dall’aula (che aveva visto il ritorno di una sconvolta ed incavolatissima Camille), Horus si levò di dosso il maglione inzaccherato, castando sulle maniche della propria camicia un rapido Tergeo.
« Ricordami di non sedermi mai più vicino a quella ragazza. » Borbottò, rivolto verso Amber. Da quando erano compagni di corso, avevano preso a parlarsi molto più di quanto avessero mai fatto; solo fino a qualche mese prima, Amber ed Horus si limitavano a scambiare qualche chiacchiera in Sala Grande o nella Sala Comune, consultandosi prettamente per gli impegni nello staff. Come compagni, invece, sedendosi spesso vicini, si intrattenevano molto più a lungo sulle materie, dialogando del più e del meno con molta più facilità. Spesso Horus si ritrovava a pensare alla timida biondina che anni prima aveva accompagnato ad Hogsmeade. Da allora, Amber era cambiata moltissimo, era cresciuta e si era fatta sorprendentemente graziosa, ma il suo sorriso era uguale a quello che gli aveva rivolto quando lui le aveva regalato la fetta di torta per il suo compleanno. Non sapeva bene perché, ma il sorriso di Amber lo rassicurava.
« Abbiamo un’ora prima della prossima lezione con Black. Credo andrò a farmi una doccia, questa roba è viscida e non vuole saperne di venir via. » Aggiunse con una smorfia, tenendo fra due dita un lembo del cardigan. La stoffa, macchiata di verde in più punti, sembrava marcita ed un prurito si diffuse nel corpo del ragazzo: la necessità di infilarsi sotto un getto d’acqua fresca stava diventando d’importanza vitale, a costo di arrivare tardi alla radura di Cura. Poi, mentre si avviava a passo spedito verso la Sala Comune fu colto improvvisamente da un pensiero. Si voltò verso la Tassina, qualche passo più indietro. « Ah! » Esclamò, richiamando la sua attenzione. Un paio di giorni prima, nell’ufficio dei Caposcuola era giunta una lettera indirizzata a lui, Emily ed Oliver. Il contenuto, enigmatico, lasciava presagire un discorso da molto tempo accantonato nelle Casate ed il pensiero di cosa avrebbero discusso lo aveva incuriosito all’inverosimile. Fino ad allora era stato convinto di voler andare da solo, per non allarmare le compagne qualora il discorso fosse stato diverso da quanto immaginato, ma poi, dopo l’avventura pozionistica… « Peverell vuole vedere noi Caposcuola, tra meno di una settimana. Ho un sospetto sull’argomento, ma te ne parlerò meglio stasera. Intanto, vorrei che venissi con me. » Sapeva che Amber non l’avrebbe mai lasciato solo e se c’era una cosa che aveva imparato in quegli anni di collaborazione come Prefetto e Caposcuola, era che lei fosse la persona più leale che avesse mai conosciuto. Nel dubbio, sicuro di averle lanciato un’esca troppo ghiotta, sorrise divertito ed infine le voltò le spalle. La doccia lo aspettava.
▵Sera dell’incontro, quinto piano
« Continuo a pensarci su, e sono assolutamente convinto che sia per la questione che ti ho detto. » Finendo di smangiucchiare un paio di noci che si era portato dietro dalla Sala Grande —aveva fatto tardi durante la ronda e non aveva cenato, con suo grande rammarico—, Horus salì le scale, guardando l’entrata del corridoio del quinto piano che si avvicinava.
Aveva spiegato la sua ipotesi ad Amber la sera stessa in cui le aveva chiesto di accompagnarlo e benché tutto sembrasse collimare con le sue speculazioni, una parte di lui si chiedeva se in realtà ci fosse ben altro dietro quell’incontro. I recenti accadimenti, i continui cambi di cattedra, gli strani avvistamenti nei perimetri del Castello: tutto faceva pensare a qualcosa che si muoveva sotto le fondamenta della scuola, come un serpente che si aggira fra l’erba altra. Rimase in silenzio, camminando assorto nei suoi pensieri. Peverell aveva scritto “i docenti”… Se davvero si trattava del ruolo di Capocasa, chi avrebbe ricoperto quello di supervisore di Tassorosso? Ci aveva pensato per tutte le notti che erano seguite ed una parte di sé aveva sperato ardentemente per Camille. Sapeva, però, che ciò non sarebbe stato possibile per via dell’alta carica che la Pompadour ricopriva e perciò alla fine Horus si era rigirato nel letto, chiedendosi cosa sarebbe accaduto quella sera. E se invece era una scemenza? Una gita di fine anno? Ma poi, le gite, le avevano mai fatte ad Hogwarts?
*Mi sa di no.*
Giunsero davanti il gargoyle perfettamente in orario e senza troppe cerimonie salirono la scala a chiocciola che portava nell’ufficio del Preside. Horus non vi era mai stato prima di allora, ma fu convinto (e trovò conferma poco dopo) che lo studio di Albus era esattamente come l’aveva visitato la prima volta, quando ancora le redini della Scuola non erano nelle sue mani.
Entrarono dunque nell’ufficio, trovando al suo interno alcuni volti familiari ad attenderli.
« Buonasera, Preside. » Un educato cenno del capo al più anziano dei tre. « Professor Midnight, professoressa McLinder. » Lo stesso ai due docenti in attesa. Dorian, alto, elegante, sostava vicino ad Atena la cui presenza fece sorridere Horus di speranza. E se…?
« Oliver, Nieve, ciao. » Un caldo sorriso per il primo, un divertito, appena accennato ghigno per la seconda. Notò subito la mancanza di Emily, ma conoscendola sarebbe arrivata di lì a pochissimi minuti. Perciò, spostandosi in un punto dove non fosse d’intralcio —più o meno dirimpetto ai due docenti— incrociò le braccia, in attesa. Dalle ampie finestre i morenti raggi del sole illuminavano i volti degli insegnanti ed Horus scoccò una lunga ed intensa occhiata alla professoressa di Astronomia. Poi, arricciando un labbro divertito, distolse lo sguardo e si piegò in direzione dell’orecchio di Amber, con una certa discrezione e dissimulando la sua azione.
« Se non è lei… preparati al piano B. La Whitmore potrebbe procurarci un po’ di quella pozione esplosiva per confondere tutti. » Le sussurrò divertito, facendo riferimento a ciò su cui avevano speculato la sera prima, in Sala Comune. Horus R. Sekhmeth ▵ [ sheet ] ▵ Let’s lay down our masks, and be true. [ code by psiche ]
Eccomi Buzzy del mio cuor