Me encanta el Chocolate , Privata

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Elijah Matthew Sullivan
view post Posted on 13/6/2018, 14:14






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I pomeriggi di libertà a Londra erano i suoi preferiti. Staccare la spina e bighellonare per il centro Babbano era un modo estremo per disintossicarsi, ma funzionava sempre. Camminò senza meta per almeno quaranta minuti, lasciandosi trasportare solo dall'istinto. Rimase ad osservare le vetrine di alcuni negozi di abbigliamento maschile. Non era mai stato particolarmente vanitoso, ma doveva ammettere che c'erano dei capi che avrebbe voluto possedere volentieri. Niente di particolarmente vistoso, preferiva il genere "dignitoso ma comodo". Cercò di non cedere alla tentazione di lanciarsi in uno shopping compulsivo, ma alla quarta vetrina la sua resistenza venne meno. Quella maglietta lo stava chiamando, sembrava che sul cartellino del prezzo ci fosse scritto proprio il suo nome. Fece un sospiro ed entrò, non c'era niente di male se ogni tanto comprava qualcosa di nuovo. Pensandoci bene, un paio di T-Shirt gli stringevano eccessivamente sulle spalle, ragion per cui andavano sostituite quanto prima. Ne comprò una nera come la pece e un'altra grigio chiaro. Prima di andare via, però, fece un giro esplorativo nel negozio, ma fortemente motivato a non aggiungere altro ai suoi acquisti.
Quando uscì dal negozio, riprese a passeggiare finchè non si rese conto che i suoi occhi erano morbosamente attratti dalle torte al cioccolato esposte nelle pasticcerie del centro. Doveva ammettere che le avrebbe addentate tutte volentieri, ma sapeva che c'era di meglio sulla piazza. La torta di cioccolato fondente dal cuore morbido di Florian non conosceva rivali. Fece un ghigno e si diresse senza esitazioni al Paiolo Magico per entrare a Diagon Alley.
Ad essere sincero si sarebbe fermato volentieri a sbranare una porzione di zuppa di lardo, ma il richiamo della torta era della potenza di un uragano. Salutò con la mano Nicholas, uno studente di Corvonero, che consumava caffè in un angolo del locale insieme alla sua famiglia. Avevano passato molti pomeriggi insieme in Biblioteca, sommersi di libri e pergamene. Condividevano la passione per lo stesso tavolo in fondo agli scaffali di sinistra, e avevano imparato a dividerlo da bravi colleghi. Parlavano poco e niente, nessuno dei due tollerava di essere interrotto durante lo studio. La conversazione tra loro era ridotta all'osso e verteva solo su argomenti didattici.
Andò nel retrobottega e toccò i mattoni nell'ordine richiesto. Il varco si aprì e Elijah si ritrovò nella bolgia di Diagon Alley. Doveva ammettere che faceva un bell'effetto, l'aveva dimenticato.
Scese lungo la strada con le mani in tasca, il caldo si faceva già sentire sebbene fosse ancora Primavera. La via principale non era molto affollata ma non tirava un filo d'aria rispetto alle strade della Londra babbana. Accelerò il passo verso la Gelateria e finalmente la vide spuntare tra un cappello a punta e l'altro. Si sistemò ad uno dei tavoli fuori dal locale, scegliendone uno piccolo vicino alla vetrina. Non amava quelli al ciglio della strada, dove quelli che passano ti sbattono addosso senza nemmeno chiedere scusa. Prese il menu, lo passò in rassegna, ed eccola lì la torta dei suoi sogni. Già ne sentiva il sapore sublime sulla lingua.


 
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view post Posted on 17/6/2018, 22:11
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Thalia J. Moran
17 anni| IV anno
Prefetto Tassorosso

Percorreva il marciapiedi solitaria, beandosi del calore del sole sul volto e sulle braccia. Era un tipico pomeriggio estivo a Londra, simile a molti altri, ma per certi aspetti - per chi vi avesse prestato davvero attenzione - totalmente diverso. Chiunque avrebbe potuto notare l'espressione serafica sul suo viso, ad esempio, col tipico sorriso di chi è davvero soddisfatto per qualcosa. I capelli sciolti le solleticavano le guance, sospinti dal vento contrario, e subito una mano arrivava a ristabilire l'ordine. Nella borsa a tracolla trovava posto qualcosa di speciale, o così almeno pensava lei.

«Signorina, è sicura che ci stiano?»
Sorrise divertita all'obiezione del negoziante babbano, ricambiando affettuosamente lo scetticismo dell'uomo: non poteva sapere che quella borsetta fosse stata sottoposta ad uno speciale incantesimo - un'idea di Desmond, naturalmente - in grado di estenderne la capienza.
«Mi creda, riuscirò a farceli stare.» rispose allora, prendendo tra le mani i volumi impilati sul bancone ed indicando le banconote sul ripiano. «Tenga il resto, insisto.»
L'uomo non aveva potuto far altro che constatare la sua stranezza e l'assurda gentilezza - quasi dieci sterline di mancia non capitavano esattamente tutti i giorni -, salutandola con un cenno della mano, dopo averle gentilmente aperto la porta del negozio.
Dopo un acquisto durato ben due ore, era riuscita a decidere quali romanzi assolutamente babbani portar via con sé: era stanca di limitarsi alle letture del proprio 'popolo' e aveva iniziato a riflettere seriamente sui consigli di nonna Lynch circa una maggior conoscenza dei Babbani, per l'appunto.
La via del ritorno avrebbe contemplato persino una capatina da Zarathustra, se quel pomeriggio non avesse coinciso con il suo giorno di riposo; quindi proseguì decisa verso Diagon Alley ed il primo camino a disposizione per tornare alla base.
Generalmente la lunga via acciottolata era gremita di famiglie, bambini pronti a gettare gambe all'aria il primo anziano che avessero incontrato e qua e là potevano udirsi persino i rumori tipici della Smaterializzazione. Quel giorno, però, la calma sembrava essersi impossessata del piccolo borgo magico e, forse per la prima volta in vita sua, non faticò a scorgere i manici di scopa esposti da Accessori di Prima Qualità per il Quidditch: quello era stato il suo primo impiego e, per certi versi, non avrebbe mai dimenticato quel periodo della sua vita; non avrebbe scordato nemmeno l'aroma del lucido per manici di scopa, particolarmente intenso, ma tutto sommato discretamente buono.
Se si fosse abbandonata a ripercorrere il viale dei ricordi non sarebbe mai giunta a destinazione, così accelerò il passo - già di per sé baldanzoso - e gettò un'occhiata al quadrante dell'orologio: ci sarebbe stato il tempo per una fetta di torta e un tè, dopotutto.
Florian era proprio lì, a due passi, e le sembrò quasi che le sue gambe l'avessero condotta lì senza particolare fatica: già gustava un assaggio di Red Velvet, in barba a chiunque le avesse suggerito di evitare i dolciumi per qualsivoglia motivo.
I tavolini migliori erano già stati occupati, ma ce n'era ancora uno libero: issò meglio la borsa sulla spalla, ricordandosi di aver appena acquistato cinque volumi di almeno cinquecento pagine ciascuno, ma quando sollevò lo sguardo si accorse di essere stata superata di gran lunga da un giovanotto dall'aria famigliare.
Capelli castani ed un volto decisamente famigliare. A quella distanza, persino allora, avrebbe riconosciuto le sembianze del ragazzo della Armstrong.*

Sospirò pesantemente, indecisa se rivolgergli una sequela di insulti per esser stato decisamente più veloce di lei, e si fece avanti, sistemandosi al tavolo accanto più vicino alla via centrale.
Non era certo abituata ad attaccar bottone con chi conosceva poco e Gerusalemme**, in fondo, aveva sancito una minima conoscenza tra loro che non si era, non proprio del tutto, concretizzata in un 'rapporto' vero e proprio.
Finse di non far caso alla sua presenza, impegnandosi a sistemare la borsa con gli acquisti sulla sedia accanto alla propria, e disponendo il menu sul tavolo, cosicché potesse scegliere il tè migliore per accompagnare quella fetta di Red Velvet già adocchiata in vetrina.
Trascorsero pochi minuti di silenzio religioso, ma non appena Sullivan ebbe riposto il proprio menu sul tavolo, la Tassorosso parlò.
«Oh, Sullivan, non ti avevo visto!» *Ci crederà senz'altro! Certo, come no.* e proseguì subito dopo «Ti sei seduto al mio tavolo preferito, lo sai?»
Non che ci fosse scritto il suo nome su quel tavolo, naturalmente, ma quello era davvero il suo posto preferito.

*Thalia non conosce le vicissitudini intercorse nell'ultimo periodo, ma siccome è una brava fanciulla non si perderà in pettegolezzi, I promise. :flower:

**Immagino sia più comodo posporre il tutto all'estate di ritorno da Gerusalemme. Altrimenti Thalia avrebbe seri problemi di memoria, visti i primi post all'Evento :ihih:

 
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Elijah Matthew Sullivan
view post Posted on 23/6/2018, 21:13






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Quel posto era il suo Paradiso personale, una piccola evasione da quell'orrore di succo di zucca che si ritrovava sempre davanti al naso. Era più forte di lui, non si sarebbe mai abituato a quell'odore nauseabondo. Meglio non pensarci e vivere quel momento mistico in tutta tranquillità.
Chiuse il menu con un colpo secco e subito dopo si sentì chiamare. Momento mistico di solitudine, addio. E ora chi era? Possibile che non riuscisse mai a trovare un attimo di evasione? No, non gli era concesso, a quanto pare. Si voltò verso la voce femminile, con lo sguardo delle grandi occasioni e riconobbe immediatamente la Moran.
- Oh, Moran, qual buon vento! Che strano vederti pulita e senza zimarra addosso. É quasi una sorpresa scoprire i tuoi colori naturali.
Non gli sfuggirono, ovviamente le sue parole. Fece un sorriso sghembo di soddisfazione. La mano del Serpeverde raggiunse il piano del tavolo e si fermò appena prima di toccarlo. Rimase a guardarlo in silenzio e poi i suoi occhi chiarissimi tornarono a studiare Thalia. L'indice scese ed il polpastrello toccò la superficie liscia, poi si mosse, descrivendo una spirale in senso antiorario che si allargava. Elijah fece un ghigno leggero all'indirizzo della Tassorosso ed il suo dito tornò indietro con il movimento contrario e con la stessa lentezza. La stava scrutando, con calma e attenzione. Era pronto a godersi il suo momento di pace, ragion per cui non aveva fretta.
Strinse leggermente gli occhi, probabilmente non avrebbe ordinato solo la fetta di torta. La situazione era appena cambiata, e richiedeva anche qualcosa da bere. Certo, Florian non offriva bevande forti il giusto, ma si sarebbe accontentato. Prese di nuovo il menu e l'aprí senza sollevarlo. Succhi di frutta, the, milkshake, ma niente degno di nota o che valesse davvero la pena sacrificare per quell'incontro. Fece un pieno d'aria ed espirò con forza. Avrebbe preso un caffé, perché l'assenza di roba forte si configurava come oltraggio.
I suoi occhi indugiarono di nuovo qualche istante sul tavolo che occupava, poi tornò a guardare la rossa - Davvero? Oh, beh...Se questo è il tuo tavolo preferito, immagino ti sarai diretta qui appena arrivata nella speranza di trovarlo libero. Non puoi quindi dire di non avermi visto, non ci fai una bella figura. Ti credevo un'osservatrice piú attenta.- inclinò la testa da una parte e il suo sorriso si aprì di più. Era ovvio che l'aveva visto appena arrivata, il dubbio non lo aveva nemmeno sfiorato.

Si erano conosciuti a Gerusalemme, in occasione dell'Evento della Scuola di Atene organizzato dal professor Peverell. Lì ogni realtà era stata stravolta dallo scenario in cui si erano venuti a trovare. Nessuno poteva essere certo che il compagno che gli era toccato fosse effettivamente così, o se il suo comportamento fosse stato invece esasperato da ciò che li circondava. A quel punto sarebbe stato divertente ed istruttivo verificare come stavano davvero le cose, quanto una persona possa cambiare davvero quando si trova in una realtà che esula dall'abitudine.
Parlando di se stesso, sì, lui lo era stato e anche parecchio. Si era sentito intollerante verso tutto e tutti, insofferente nei confronti dell'ambiente che lo circondava. Forse molto dipendeva dal fatto che sarebbe voluto stare dalla parte dei Romani, ma questo non l'avrebbe mai saputo con certezza.
Ora, seduti a quei tavoli di Florian ci sarebbero stati i veri Elijah e Thalia e quello era già un ottimo punto di partenza.
- Nulla però ti vieta di occuparlo comunque ora, su mio invito - il palmo della mano voltò verso l'altro ad indicare la sedia di fronte alla sua - Prego...mi concederesti l'onore delle tua compagnia?

 
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view post Posted on 24/6/2018, 10:35
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Thalia J. Moran
17 anni| IV anno
Prefetto Tassorosso

La sua opinione di Elijah Sullivan non era mutata un granché dal giorno in cui, per la prima volta, era stata messa al corrente della sua esistenza. Quel pomeriggio d’inverno in Sala Grande sembrava così lontano, ed il ricordo così sfocato, che la strega non aveva voluto - forse per mancanza di informazioni - farsi troppe domande sul conto del Serpeverde.
La Scuola di Atene li aveva costretti a condividere un periodo di tempo piuttosto esiguo, seppur significativo, insieme: dall’alto dei suoi diciassette anni e col suo secondo viaggio all’attivo, si era sentita in obbligo di guidare il ragazzo, all’epoca vestito di stracci, all’interno di quel meccanismo non ancora del tutto compreso.
«Oh, è un piacere scoprire i tuoi. Da quel che ricordo eri più cencioso di me, ad un certo punto… ed è tutto dire.» sorrise sorniona, raccogliendo i lunghi capelli vermigli con entrambe le mani e spostandoli dietro le spalle. Non era solita portarli sciolti, la infastidivano per la maggior parte del tempo, ma in occasioni come quelle, in cui c’era bisogno di un comodo diversivo per sopperire all’imbarazzo di una provocazione fatta o ricevuta, la sua lunga chioma correva in suo soccorso e si prestava egregiamente allo scopo.
«Con quel menù davanti al viso sarebbe stato difficile riconoscere persino mia nonna.» rimbeccò decisa, ma pur sempre ironica. Effettivamente, giunta a qualche metro dall’ingresso del locale, le era stato difficile cogliere l’identità dell’occupante abusivo; il dubbio era stato poi dissipato dall’angolazione favorevole del suo tavolo e dal suo sguardo curioso di scoprire i tratti di quel ‘ladro’.
«Ero così concentrata a capire chi fossi che me ne sono rimasta lontana per un bel pezzo, prima di decidermi a proseguire in avanscoperta. Sono una persona diffidente… in certi casi.» spiegò con semplicità.
Riportò il suo sguardo sul menù, decisa a mantenere le proprie posizioni e di condurre quella giornata così come pianificato. Sullivan era stato un buon compagno nella Gerusalemme del 70 d.C., sebbene all’inizio di quel viaggio l’avesse ritenuto una palla al piede. I suoi continui riferimenti alla Armstrong avevano suscitato in lei una certa tenerezza e compassione per la sua situazione - se lei e Mike si fossero trovati su versanti opposti in quella battaglia forse avrebbe reagito allo stesso modo -, ma in seguito aveva scorto nei suoi occhi il desiderio di disertare. A quel punto si era augurata che in lui prevalesse del buon senso, che i sentimenti fossero definitivamente soffocati a beneficio del destino del gruppo.
Lei stessa, ad un certo punto, si era trovata costretta a separarsi da Mike e quella scelta ancora la perseguitava, conscia di quanto fosse avvenuto in sua assenza. A quel pensiero, istintivamente, si ritrovò a giocherellare con l’Anello Gemello sull’anulare sinistro; c’erano giorni in cui dimenticava di indossarlo, tanto quel piccolo oggetto era divenuto parte di lei, e momenti in cui la sua superficie tiepida la rassicurava. In quell’istante prevalse la seconda sensazione, come se Mike fosse proprio lì accanto a lei.
«Chissà cosa direbbe il tuo collega di un invito tanto audace.» mormorò sorridendo e distogliendo infine lo sguardo dall’anello per portarlo nuovamente su di lui. Il sarcasmo era la sua arma, solo e soltanto sua.
«Inoltre… sei tu ad aver usurpato il mio tavolo. Dovresti fare tu lo sforzo di accomodarti insieme a me in una zona neutra.»

Forse, dopotutto, sarebbe stato il caso di conoscere meglio - e davvero - questo nuovo Prefetto della nobile Casata dei Serpeverde.


 
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Elijah Matthew Sullivan
view post Posted on 28/6/2018, 12:37






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Per il tempo che aveva condiviso con Thalia e Mike a Gerusalemme non aveva avuto proprio tempo di formulare un giudizio su di lei. La situazione in cui si trovavano in quel momento era appena appena complessa per mettersi a fare indagini psicologiche sui suoi compagni di brigata.
Le parole di Thalia lo riportarono con la mente a quei giorni e il Serpeverde storse le labbra in modo piuttosto teatrale.
- Moran, non ricordarmi quelle tuniche che ricomincio a grattarmi.
Era convintissimo che la sua, di tunica, avesse diversi ospiti indesiderati che l'albergavano.
- Credo che la mia avesse le pulci o qualcosa di simile. Ho sofferto le pene dell'Inferno e mi sono riempito di bolle rosse di cui ignoro la natura - si passò le lunghe dita tra le ciocche del ciuffo. Solo l'idea di rimettere addosso quella tunica cenciosa gli faceva alzare tutti i peli delle braccia effetto micio.
- Spero che almeno voi ragazze abbiate avuto una sorte migliore - concluse, battendo la punta del dito sul bordo del tavolo della caffetteria.
Certo che, pensandoci, la Storia in genere era stata tutta così, a parte rarissime eccezioni. C'erano dei periodi che erano proprio da dimenticare. Prendiamo il Medioevo, il Serpeverde l'aveva sempre giudicato un periodo orribile, infarcito di religione, sudiciume e pestilenze. Chi di noi non vorrebbe avere una macchina del tempo per poter tornare indietro e trascorrerci una bella vacanza in allegria.
- Mike dici? - fece un sorriso appena accennato, mentre i suoi occhi si concentravano sulla figura che aveva di fronte - E' un semplice invito, non ci vedo nulla di audace. Se io avessi una ragazza e lui la incontrasse, credo che le userebbe la stessa gentilezza. Mike è una persona molto attenta ai particolari e credo che la cortesia sia indubbiamente uno dei suoi pregi.
Davvero aveva inteso quell'invito condito da un secondo fine? Se così era, aveva sbagliato strada e se ne sarebbe accorta proseguendo la conversazione. Thalia era la ragazza di Mike e mai e poi mai Elijah si sarebbe messo a fare il cretino con la ragazza di un suo concasato e, soprattutto, di uno che conosceva bene. Era eticamente scorretto. Il mondo era pieno di pesci e non aveva alcun bisogno di mettersi ad infilare le mani nelle reti degli altri.
All'ultima frase della Tassorosso, sollevò il sopracciglio sinistro aggrottando appena la fronte. Abbassò la testa sotto il tavolo e, dopo averlo esaminato, tornò nella posizione iniziale. Non pago, lo afferrò con entrambe le mani e lo fece roteare lentamente in senso orario finchè il menu non tornò nella posizione di partenza.
- Sarò diventato cieco, Moran, ma non vedo il tuo nome impresso a fuoco da nessuna parte - sentenziò con voce tranquilla.
Nonostante tutto decise di farla contenta, da qualche settimana era diventato decisamente più malleabile sotto certi punti d vista.
- Va bene, vada per il tavolo in zona neutrale - si alzò dalla sedia e ciondolò fino al tavolo della Tassorosso - e che non si dica che non sono un gentiluomo.
Afferrò la sedia libera per lo schienale e la sollevò. Detestava quando la gente raspava le zampe delle sedie sul pavimento, era davvero un gesto poco fine. Si accomodò al tavolo che occupava Thalia, dritto di fronte a lei. I piedi del Serpeverde sparirono sotto la sedia, e lì le caviglie si incrociarono.
- Oh, allora, mi permetti di offrirti qualcosa da bere o sarei ritenuto audace anche in questo? - l'ironia si tagliava tanto al chilo, ovviamente. Elijah sapeva che in quel gesto non c'era proprio nulla di sconveniente. Indice e medio andarono ad indicare i menu - Prego, prima le signore!

 
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view post Posted on 2/7/2018, 20:49
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Thalia J. Moran
17 anni| IV anno
Prefetto Tassorosso

Sorrise al ricordo di quell’unico giorno trascorso a Gerusalemme, non poté farne a meno, e annuì convinta assecondando il desiderio del ragazzo. Quel viaggio aveva significato molto, sotto molteplici aspetti, e forse in virtù del fatto che si trattasse del suo secondo viaggio con la Scuola di Atene aveva deciso di non rimuginare troppo sul passato e sulle sue implicazioni.
Era trascorso il tempo in cui ostinatamente si imponeva di dare una seconda lettura, ben più complessa del necessario, a quanto avvenuto; la Storia aveva assunto il proprio ruolo, giocato partite e messo a segno punti che lei - nella sua convinzione che il mondo non fosse del tutto irrazionale - non voleva più giudicare. Non desiderava più interrogarsi sulla legittimità di questo o quell’avvenimento né anelava a ricevere risposte esaurienti sulla ragione dei fatti accaduti e degli eventi vissuti.
«Hai cominciato tu, vorrei ricordartelo.» gli fece eco, godendosi quel breve momento di supremazia. Del carattere di Sullivan le era stata chiara immediatamente una cosa: non accettava di essere messo nel sacco, tanto meno da una come lei. L’insubordinazione alla quale aveva assistito a Gerusalemme, prima della scissione del loro gruppo, le aveva suggerito tutto ciò che c’era da sapere sul suo conto. Si era convinta, mano a mano che si allontanava dalla Fortezza Antonia, che Mike avrebbe saputo gestirlo al meglio e che, senza di lei, con un carattere tanto diverso dal suo, sarebbero riusciti ad ottenere qualcosa, qualsiasi cosa.
«Noi ragazze...» cominciò «...meglio che non ti dica che cosa abbiamo dovuto sopportare.»
In fin dei conti, il bello di viaggiare nel Tempo con Peverell era proprio questo: ognuno riusciva a vivere un’esperienza personale nel contesto generale, qualcosa che in Messico le era sfuggito completamente. Gerusalemme era stata, in questo senso, una palestra migliore.

Non si curò di osservare i movimenti di Sullivan, immaginando la calma con cui avrebbe intavolato una discussione sulle relazioni sentimentali; del resto, era consapevole di quali fossero le posizioni del ragazzo in materia di innamoramento e simili. Sophie Armstrong poteva contare su un individuo caparbio e, ciononostante, educato. Ambizioso, ma mai tronfio. La maggior parte dei Serpeverde conosciuti - eccezion fatta per Mike - aveva quel terribile vizio di ritenersi sopra le righe, in un modo che all’Irlandese piaceva davvero poco. L’ambizione è, per natura, materia pericolosa e difficile da maneggiare, capace di inabissare qualsiasi tipo di relazione. Quando sfociava in mera superbia, poi, le lotte si inasprivano senza possibilità di risoluzione.
Percepiva il suo sguardo su di lei, forse cercando di cogliere un leggero imbarazzo sulle gote arrossate appena nell’udire il nome del Prefetto verde-argento; il suo volto accaldato aveva poco a che vedere con le sensazioni suscitate da quel nome, eppure a sconvolgerla non furono tanto i complimenti inaspettati verso Mike, quanto l’affermazione che Sullivan aveva fatto all’inizio di quella breve risposta.
*Non stava con la Armstrong?*
La sensazione di aver perso un passaggio significativo dell’intera conversazione la costrinse a sollevare il mento e ad osservare il volto del ragazzo alla ricerca dei segni di quanto detto. Non vi era traccia di sofferenza, nessun cenno al dispiacere di una relazione finita. Si chiese da quanto tempo Sullivan fosse tornato sulla piazza e perché nessuno ne parlasse. Oppure, dopotutto, era finalmente riuscita a sbarazzarsi di quei pettegolezzi in grado di viaggiare veloci come la luce tra i corridoi del castello.
Decisa a non impicciarsi della vita altrui, soprassedette all’argomento, concentrandosi su Mike per buona pace della sua coscienza. Non avrebbe mai sopportato l’onta del pettegolezzo associato alla sua persona.
«Stavo scherzando, Sullivan.»
L’angolo destro delle labbra si stiracchiò verso l’alto, in chiaro segno di un divertimento represso a fatica. Non aveva dubbi circa la moralità di Elijah né temeva che Mike potesse travisare quanto stesse accadendo in quel piccolo angolo di Diagon Alley. Le sue dita tamburellarono velocemente sul tavolo, prima di afferrare nuovamente il menu; esaminandolo sarebbe riuscita comunque a tener d’occhio i movimenti del Serpeverde e le sue eventuali occhiatacce.

«Oh, beh. Sono certa che al signor Fortebraccio dispiacerebbe se marchiassi a fuoco i suoi tavoli per puro diletto personale. Non credi?» e così dicendo avrebbe distolto lo sguardo dal menu definitivamente, estendendo l’invito precedente con un cenno della mano. Indicava la sedia di fronte alla sua, una zona assolutamente privilegiata e, soprattutto, neutra.
«Non avevo alcun dubbio sulla tua nobiltà d’animo. E sì, direi che potresti. Mike sarà felice di sapere che il suo collega si preoccupa della gola secca della sua ragazza.»
Nessuno dei Garzoni era nei paraggi, sintomo che per le ordinazioni sarebbe servito più tempo del previsto.
«Non so che cosa scegliere. Insomma, volevo una fetta di Red Velvet, ma...» e così dicendo scorse con l’indice la pressoché infinita lista di bevande offerte da Florian «Suggeriscimi qualcosa, Sullivan, dai.»


Se vogliamo ordinare, io ci sono!

 
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Elijah Matthew Sullivan
view post Posted on 5/7/2018, 14:59






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Se Thalia si fosse alzata per raggiungerlo, il Serpeverde si sarebbe alzato a sua volta. Avrebbe atteso con calma che la Tassorosso avesse preso posto di fronte a lui e, solo allora, si sarebbe messo di nuovo a sedere. Piccole regole di buona educazione che un cavaliere non dovrebbe mai dimenticare. Piccole cose che possono sembrare delle sciocchezze, ma che in lui orami erano diventate gesti automatici fin dall'infanzia. A casa sua, a parte sua madre, c'erano sei sorelle sedute a tavola con lui ad ogni pasto. Ogni volta che una di loro si alzava, Elijah e Daniel erano obbligati ad alzarsi e potevano riprendere posto solo quando la ragazza in questione si accomodava di nuovo. Era un po' come cenare e fare ginnastica allo stesso tempo. Suo fratello maggiore ci scherzava sempre, dicendo che avevano i quadricipiti così solidi da poter fare i calciatori, proprio come i Babbani. In quel caso fu tutto molto più semplice e veloce.
Ora erano in campo neutro...buffa parola. Faceva quasi configurare il loro incontro come uno scontro.
Il Serpeverde portò la mano sulla nuca. Le dita lunghe accarezzarono con delicatezza l'attaccatura dei capelli, movimento lento e ripetuto così tante volte che il ragazzo perse il conto. Gli occhi si strinsero in una danza poco convincente tra la Tassorosso ed il menu di Florian. Lui consigliarle qualcosa? Bella domanda, una sola risposta.
- Io vengo qui solo per la torta di cioccolato fondente dal cuore morbido, non ho la minima idea di come siano le altre. Ho un debole per il cioccolato - ghignò sommessamente mentre la mano si staccò dal collo, accompagnando il gesto con un sospiro - quella te la consiglio vivamente se ti piace il genere.
Annuì appena, come per dare ancora più valore alle sue parole, quindi si guardò intorno a sua volta. A quanto pareva i camerieri erano impegnati a raccogliere ordinazioni nella parte interna della gelateria. Non era un problema aspettare per lui, era abituato a fare tutto con la massima calma.
- Di solito insieme alla torta prendo sempre un caffè e lo bevo quando ho finito. Non mi piace mischiare il sapore del cioccolato con altre cose, lo giudico un sacrilegio.
Si strinse nelle spalle. Quella era la sua idea, condivisibile o meno, ma la cosa poco gli importava. Era ben saldo sulle sue certezze e non le avrebbe mai abbandonate. Magari ci poteva interloquire sopra, ma poi tornava sulla sua opinione iniziale, richiudendo inesorabilmente il cerchio.
- Posso dirti una cosa in tutta sincerità, Moran? - il braccio sinistro all'altezza della vita, fece da supporto per il destro. Il lungo indice ed il pollice afferrarono la punta del mento e ci giocarono appena - E' una cosa che riguarda la nostra avventura in quel di Gerusalemme. Se sei però un'attenta osservatrice, credo che tu te ne sia già accorta.
Come già detto, non si era fatto un'opinione sulla Tassorosso, cosa impossibile in un frangente come quello. Nei momenti in cui si erano interfacciati, era sempre maturato in lui un desiderio di ribellione incontrollabile. Aveva sofferto non poco l'assegnazione dei ruoli. Quando aveva sentito che nella faccenda c'entravano i Romani si era gasato a mille. Immaginate la sua delusione quando si era ritrovato sdraiato a terra in quel magazzino polveroso con addosso una tunica giudea. Dov'era la sua armatura di cuoio e porpora? Dov'erano le Legioni? Aveva passato ore sui libri di Storia antica, deliziandosi con i disegni che ritraevano la magnificenza di quelle armature e la perfezione di quell'esercito. Erano solo sogni idealizzati nella testa di un ragazzo innamorato della Storia.
- A Gerusalemme volevo disertare e passare dalla parte dei Romani - diretto come un anatema sul petto. Beh, a cosa serve girare intorno alle cose? Nulla! Serve solo a perdere tempo, e il Serpeverde non lo sopportava. Non aveva alcun problema a confessare quella cosa a Thalia, ormai per lui era una cosa bella che passata.

____________
Se vogliamo ordinare, io prendo:
-un caffé
-una fetta di torta di cioccolato fondente dal cuore morbido


 
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view post Posted on 5/7/2018, 17:51
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Thalia J. Moran
17 anni| IV anno
Prefetto Tassorosso

«Caffè? Uhm...»
Considerò l’idea per un solo istante, il tempo necessario affinché il suo cervello creasse l’immagine di se stessa con una una tazza bollente di liquido scuro ed amaro tra le mani, con leggere volute di vapore ad annebbiarle a malapena la vista.
*Il caffè proprio no, scusa Sully.*
«Resterò fedele alle usanze inglesi, a dispetto delle mie origini. Devo solo sceglierne uno...» e così l’indice affusolato ricominciò a scorrere lentamente la lista di té e bevande del menù appiattito sul tavolino.
«Il cioccolato non mi entusiasma...» riprese poco dopo, assorta in altri pensieri, mentre gli occhi scorrevano le brevi descrizioni riportate sulla carta «...ma non disdegno la sfida. La prossima volta la prenderò e se non sarà eccezionale come dici… beh. Vedremo il da farsi.»
A quel punto sorrise, senza guardarlo negli occhi: giunti ad un tale livello di confidenza imposta a forza, iniziava seriamente a temere per la propria incolumità. Non era raro che le sue escalation di sarcasmo la conducessero a situazioni imbarazzanti e talvolta spinose: il suo incontro con Arya Von Eis nel giardino della Scuola era stato sufficiente a ridimensionare i suoi istinti e, d’altro canto, non aveva sortito del tutto l’effetto sperato. L’Irlandese continuava imperterrita nella continua ricerca di insulti gratuiti e Sullivan, al momento, era il candidato migliore per l’assoluzione di quell’ingrato compito.

Proprio quando si sentì pronta per annunciare la propria decisione in merito alla bevanda di accompagnamento, Sullivan solleticò la sua curiosità; la sincerità era un dogma da rispettare se si voleva avere a che fare con lei e, d’altra parte, il Prefetto aveva usato un tono quasi ironico che la fece dubitare della genuinità della sua domanda retorica.
Era certa che la risposta non si sarebbe fatta attendere e, infatti, il Serpeverde vuotò il sacco in meno di un secondo, mentre chiudeva definitivamente il menù.
Le labbra si stiracchiarono in un sorrisetto divertito e lo sguardo - dapprima rivolto alle mani giunte sul menù - finalmente si adagiò su di lui. Non c’erano dubbi sulla natura di quello scambio di espressioni: se Sullivan credeva di averla lasciata di stucco si sbagliava di grosso.
«Da attenta osservatrice quale sono… avevo già notato il punto perfetto da cui farti penzolare per una caviglia se solo ci avessi provato.» dichiarò, il tono carezzevole e canzonatorio al tempo stesso «Me ne sono accorta subito, prima ancora che ci dividessimo da Amber e dagli altri. Ero certa che volessi...» s’interruppe, indecisa se nominare la ragazza per cui Sullivan, all’epoca, avrebbe fatto follie «...perpetrare il delirio di onnipotenza dei Romani.»
A quel punto si aspettava di ricevere una risposta altrettanto sarcastica, tagliente come la lama di un rasoio, ma fu allora che intravide una Garzona e, ammiccando nella sua direzione, la chiamò a sé.
«Nonostante quei pensieri però... sei rimasto.» aggiunse a mezza voce «Perché?»


Per me:
° una fetta di Red Velvet (5F)
° un tè freddo ai frutti di bosco (5F)
 
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Elijah Matthew Sullivan
view post Posted on 10/7/2018, 13:52






zSBxnkB


Alla dichiarazione della Tassorosso, Elijah storse vistosamente il naso. Udire poco entusiasmo verso il cioccolato lo faceva sentire strano. Insomma, dai, una sorta di bestemmia! Come si può non amare il cioccolato? Almeno sul tè era d'accordo anche se non in quel particolare frangente.
- Oh, beh...amo anche io il tè, ma ho riscontrato che con la cioccolata lega molto meglio il caffè. Mia sorella mi ha detto, però, che qui il tè è buonissimo e prima o poi dovrò provarlo.
Nonostante Thalia continuasse a punzecchiarlo, Elijah restava imperturbabile. Non era solito perdere la calma con quei sottili giochi psicologici, al contrario lo divertivano non poco. Ragion per cui la lasciò fare, accettando silenziosamente la sfida come faceva sempre.
- Bene, quando l'avrai assaggiata, fammi sapere che ne pensi. Sono certo che non resterai affatto delusa.

Come era prevedibile, la sua dichiarazione andò dritta al centro del bersaglio. Esattamente come lui voleva. Se vuoi rendere una conversazione interessante devi dire o fare qualcosa di interessante. Non esiste battaglia non cui puoi tirarti indietro senza aver prima messo qualcosa in gioco. Elijah non si era mai fatto problemi in questo. Era un carattere molto particolare, le cui sfaccettature lo rendevano decisamente imprevedibile anche per chi lo conosceva bene.
- Farmi penzolare, Moran? Uhm, non sarebbe stata una buona idea perché prima o poi sarei sceso e ti sarei venuto a cercare. Non avrei gradito stare a testa sotto, mi si scompigliano i capelli.
Fece una smorfia e un ghigno leggero. No, quella non sarebbe stata una buona mossa da parte della Tassorosso. Elijah possedeva tanti difetti e pregi, che sommati insieme si sintetizzavano in una sola frase : memoria da elefante.
- Addirittura prima di uscire dal magazzino? Dovrei quasi fare una faccia meravigliata - strabuzzò gli occhi e poi ridacchio - ma non lo sono. Non ho fatto assolutamente nulla per nasconderlo.
Restò per qualche istante in silenzio sul finale della frase. La sua mano tornò ad accarezzare il piano del tavolo della gelateria. I suoi occhi seguirono le dita mentre queste si muovevano in modo quasi studiato. La mano si fermò e gli occhi del Serpeverde si sollevarono di scatto.
- Delirio di onnipotenza?...Moran, non è un delirio, i Romani sono onnipotenti. Non è necessario tornare indietro nel tempo per vedere quello che hanno fatto, non occorre leggere un libro di Storia per prendere coscienza delle loro imprese. L'Impero è caduto ma loro sono ancora presenti in tutta Europa con il loro monumenti, i loro acquedotti, la loro genialità ed il loro latino. Se ostentavano onnipotenza potevano permetterselo.
Si passò le dita nel ciuffo, scuotendolo con violenza - Ma non è questo il punto della tua domanda, per cui eviterò di tergiversare. Il punto sono io, Moran.
Allargò leggermente le gambe, incrociando con cura le caviglie - Amo la Storia, e la Storia di Roma su tutto. Quando nell'ufficio di Peverell ho sentito che erano parte della missione...ho visto i miei sogni di bambino prendere vita, vedere le Legioni. Immagina come mi sono sentito quando siamo atterrati in quel magazzino vestiti da Giudei. Non era solo questione della Armstrong, ero io che mi trovavo dalla parte sbagliata. Ho letto una quantità incalcolabile di libri su Roma, le usanze, le imprese, le sue Legioni. Volevo vederle, volevo indossare l'armatura oro e porpora, invece mi sono ritrovato in una tunica piena di pulci fastidiose. Li ho visti però - i suoi occhi iniziarono a brillare di soddisfazione - un manipolo di legionari, proprio davanti a me prima di essere spazzato via. Non era quello che sognavo, Moran, ma alla fine qualcosa ho avuto.
Si strinse nelle spalle. Era cambiato molto. Il Preside non lo sapeva, ma l'Evento a cui gli aveva concesso di partecipare e le sue scelte, avevano poi influenzato quelle del Serpeverde, una volta tornato alla realtà.
- Bella domanda - sentenziò con il suo vocione - Credo di essere rimasto innanzitutto per me stesso e in seguito...probabilmente... per Mike.



 
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view post Posted on 10/7/2018, 18:09
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Thalia J. Moran
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Prefetto Tassorosso

Un mugugno, quasi impercettibile, si levò dal suo lato; che a Sullivan piacesse o meno, l’essere appeso come un salame alle porte di Gerusalemme sarebbe stato l’equivalente di una manna dal cielo, considerando quanto sarebbe avvenuto in seguito. Da quanto aveva potuto apprendere, sempre che le voci di corridoio fossero veritiere, c’era stato un piccolo incendio, qualche incantesimo e Sullivan era stato riportato indietro da Minerva. Insomma, si trattava della classica tiritera della Scuola di Atene.
Stiracchiate le labbra in una smorfia divertita, si fece cupa all’improvviso, sollevando lo sguardo dal menù appena richiuso. «Sarebbe stata una cosa permanente, Elijah. Tutto sommato, ti avrei salvato la vita ed avresti persino dovuto ringraziarmi.»

Una disciplina come Storia della Magia non differiva poi molto dalla semplice Storia babbana. Insegnata su libroni rilegati in plastica - a volte con la copertina in cartone - vi venivano riportate le gesta di questo o quel popolo, attraverso lunghi capitoli fitti fitti di informazioni e immagini mai troppo cruente.
*Non sia mai che i Babbani si sconvolgano.* pensò amaramente.
Elijah forniva convinto le proprie spiegazioni, fiero che la popolazione Romana avesse perpetrato le proprie azioni su gran parte dell’Europa e nei confini più meridionali del mondo all’epoca conosciuto. C’era un dettaglio - forse più d’uno - che Sullivan non stava però considerando. Innegabili erano le tracce del passaggio di un popolo tanto prolifico - acquedotti e monumenti erano soltanto una millesima parte del lascito di quella civiltà - eppure c’era un lato della medaglia di cui il Serpeverde sembrava aver dimenticato l’esistenza.
Si schiarì la voce, senza interrompere le sue ultime considerazioni, e quando finì di argomentare le proprie idee fu, finalmente, il suo turno.
«Sullivan, lungi da me voler stravolgere le tue conoscenze, ma...» fece una pausa, sporgendosi verso di lui e abbassando il tono «I Romani erano ben lontani dall’essere onnipotenti.»
Gli sorrise sorniona, lasciando che quell’informazione mettesse radici nelle convinzioni del ragazzo.
«Tanto per cominciare, hanno preteso troppo. Gerusalemme è un capitolo tutto sommato felice, per loro, ma quello che è successo dopo... E’ storia.»
Spazzati via da popoli considerati ‘barbari’ in quanto stranieri all’Impero, i Romani non erano riusciti a concentrare i propri sforzi di difesa su più fronti; un ruolo importante era stato giocato persino dalla semplice vita quotidiana. Poche nascite, scarsi commerci e rivolte in tutto l’Impero avevano fatto sì che la loro supremazia crollasse come un castello di carte.
Da buon Inglese, Sullivan doveva sapere che la conquista romana non si fosse spinta oltre un certo punto e si chiese se, dopotutto, conoscesse davvero quel popolo eroico ed intelligente di cui decantava i pregi.
«Scozia e Irlanda sono sempre rimaste fuori dalla loro portata. E noi per quanto rozzi discendenti del popolo celtico, abbiamo saputo sfruttarli per il commercio.» concluse con un sorriso, certa che Sullivan avrebbe avuto qualcosa da ridire. Non c’era motivo di scendere nei dettagli della complessa rete ‘internazionale’ ante litteram, ma - come al solito - sentiva la necessità impellente di mettere i puntini sulle I.
«I Celti, come la Natura, si sono sempre arrangiati nel risolvere le proprie dispute e le incongruenze. Benché i Romani abbiano appoggiato alcuni usurpatori… beh. Non hanno ottenuto nulla. Prova a cercare qualcosa sull’argomento nei tuoi amati libri di storia romana. Sono certa che non ci troverai nulla… perché la sconfitta brucia. Anche a secoli di distanza.»

Non era facile rimanere soddisfatti dalle avventure della Scuola di Atene: personalmente, aveva constatato quanto poco fosse facile adattarsi a scenari conosciuti, ma mai vissuti realmente. Tutto ciò che avevano vissuto era, a suo avviso, un’illusione creata da un libro intriso di magia. Peverell non aveva mai esposto chiaramente quale fosse l’origine di quest’ultima e del libro, ma era certa che - in buona misura - si trattasse di un mero processo di simulazione. Minerva stessa, la splendida Fenice del Preside, era parte del meccanismo di prova e fungeva da salvagente di fortuna ogniqualvolta un partecipante ne avesse bisogno.
«Ti fa onore.» mormorò alla fine, con un briciolo di gratitudine impigliato in gola insieme al rimorso «Essere rimasto con lui, intendo.»
Il senso di colpa per averli lasciati soli - una volta tornati e dopo essere stata aggiornata sull’accaduto - l’aveva perseguitata per intere settimane. Non era disposta ad ammettere che Sullivan le avesse fatto implicitamente un favore, quindi si richiuse nel proprio silenzio, fingendo di riflettere sul ritardo anomalo dei Garzoni di Florian.


 
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Elijah Matthew Sullivan
view post Posted on 25/7/2018, 16:03






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Il botta e risposta tra lui e la Moran era un po' come lanciare un Bolide incantato con effetto boomerang. Qualunque cosa entrambi buttassero sul tavolo per colpire l'altro, tornava sempre indietro nella stessa misura. Per quel poco che aveva imparato a conoscere Thalia, non si sarebbe aspettato nulla di meno. Doveva ammetterlo, la cosa lo divertiva non poco. Tra loro non esisteva quel batti e ribatti tipico della seduzione, come era successo con Nieve. No, era un gioco molto più subdolo proprio perché non esistevano coinvolgimenti di alcun tipo.
- Io ringraziare te per Gerusalemme, Moran? Credo che sia più facile vedermi con addosso la divisa di Grifondoro. Non credo proprio che ti avrei fatto l'inchino se tu mi avessi appeso per i piedi. Non per qualcosa, è che detesto stare a testa sotto.
Fece un ghigno all'indirizzo della rossa. Non avrebbe mai dimenticato quei momenti insieme, sudici e accaldati. Quella tra loro era stata una vera guerra, conclusasi con la separazione degli eserciti. A mente fredda, per modo di dire, non sapeva davvero come sarebbe andata finire. Lei magari, sì, l'avrebbe appeso per piedi, ma lui poi l'avrebbe presa per i capelli e fatta girare come una bandiera. Due esperienze piuttosto gradevoli, entrambe, doveva riconoscerlo.
Ovviamente, a proposito di bandiere, Thalia non sventolò quella bianca nemmeno sulla Storia Antica. Strano, ma vero.
- Moran, Moran, Moran, dovresti saperlo che l'onnipotenza comporta sempre dei rischi. Molto spesso la fine di un grande impero è data dal rozzo e dall'imprevisto - si voltò di nuovo verso l'ingresso della gelateria, ma delle commesse nessuna traccia. Forse avevano avuto problemi con qualche cliente all'interno del locale, sicuramente sarebbero apparse a breve.
- Attaccarsi al commercio dei Celti mi sembra che vada a sminuire anche i Celti stessi. Nel commercio, e soprattutto nel commercio, nessuno fa niente per niente. Esiste un do ut des che resta insindacabile.
Mosse appena le gambe sotto alla sedia. Possibile che quelle cose di metallo fossero sempre così maledettamente scomode? Le allungò un poco sotto al tavolo finchè i polpacci non furono perpendicolari al pavimento. Provò ad accavallarle, ma si rese subito conto che stava peggiorando le cose e tornò nella posizione iniziale.
- Tu parli di sconfitta che brucia? - abbassò appena il capo, lasciando che poi le sopracciglia si sollevassero per osservarla a 180 gradi - secondo te può avere un valore un minimo rilevante l'arresto del Vallo di Adriano? E' come un allevatore che perde una gallina, se ne fa una ragione e va oltre, perché ne ha altre mille a cui badare.
Una dissertazione storica era sempre piuttosto sfaccettata, soprattutto se non si ci si accosta ad essa con il rispetto dovuto a qualcosa che viaggia al di sopra di noi stessi. Elijah non era certo di riuscirci sempre, ma ci provava comunque, quello sì.
- A parte la retorica, Moran, ogni cosa imponente e fuori controllo è destinata a finire pian piano. Non è merito dei Celti, è semplicemente la Storia. Basta guardare i corsi e ricorsi storici, no? La Storia è paziente e costante in ogni più piccola azione. I Romani si sono spinti oltre le loro possibilità? Hanno fatto benissimo. Come ti ho detto prima, non esiste alcuna grandezza senza rischio. Chi ha paura di rischiare non otterrà mai nulla di concreto, e questo vale per la Storia come per tutti gli aspetti della vita. Si rischia, si fanno scelte che ai più possono sembrare incomprensibili, ma se non si ha il coraggio di farle si finisce in cenere ancora prima di combattere. Non cadono gli imperi dei miseri ma solo quelli che lasciano un segno nella Storia senza poter essere dimenticati. I Celti avranno pure avuto la loro soddisfazione, e te lo dico da inglese, ma la Storia parla chiaro e soprattutto richiede una visione obiettiva. Una vittoria di Pirro non rende i Celti migliori o peggiori, li rende solo parte del meccanismo.
Quando il discorso andò su Mike, Elijah ebbe l'impressione che la Prefetto Tassorosso si stesse ammorbidendo. Non glielo fece notare ovviamente, sapeva che tanto non lo avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura.
- Mi fa onore? - le fece eco - si può darsi. Mike avrebbe fatto lo stesso con me, su questo non ho il minimo dubbio. Non credo che serva aggiungere altro.
No, non serviva, almeno per lui.

 
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view post Posted on 2/8/2018, 20:18
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Thalia J. Moran
17 anni| IV anno
Prefetto Tassorosso

Sembrava non vi fosse pace per lei nemmeno quel giorno: se da un lato le sue giornate trascorrevano in balia dell’umore altalenante, dall’altro c’era sempre qualcuno pronto a discutere contrastando le sue opinioni con determinazione.
Il vincitore di quel giorno era indubbiamente il buon Sullivan. «Per quello basterebbe un incantesimo, facile facile.» replicò svelta, curvando le labbra in un sorriso divertito «Il rosso ti donerebbe davvero!»
Non aveva intenzione di dibattere a lungo sui pregi della Casa Grifondoro né della ragione più o meno logica secondo cui, almeno sul piano storico, le affermazioni del Prefetto Serpeverde potessero apparire esatte ai più.

La conversazione aveva trovato una nuova via per dimostrare quanto quei due fossero diversi. Non potevano esserlo più di così, pensava lei - gettando uno sguardo distratto all’interno del locale -, eppure la convinzione nelle parole del ragazzo istigava quella parte del suo carattere che le impediva sovente di tacere, continuando ad addurre variabili e discriminanti che avrebbero potuto vanificare il punto di vista del suo giovane e convinto interlocutore.
«Come immagino avrai capito con la Scuola di Atene, la Storia ha tanti modi per essere scritta. La tua è solo una delle mille e più versioni possibili, ma non è detto che sia l’unica vera versione dei fatti.» tacque, riportando lo sguardo sul suo viso senza ombra di malizia.
«La Storia è fatta di molti punti di vista, essere oggettivi è d’obbligo, Elijah. Essere superbi… un po’ meno. E perdere una gallina, proprio sotto il naso, beh. E’ da stupidi secondo me.»
Non era certa che le sue ragioni potessero essere considerate il punto definitivo a quel discorso iniziato quasi per caso. Di fatto, quel pomeriggio avrebbe dovuto subire un’inversione di tendenza - prima o poi - giacché le poche ore rimaste prima del rientro non si sarebbero dovute sprecare, a suo avviso, in simili conversazioni. «Lungi da me volerti dare l’impressione di dartela vinta, ma vorrei parlare di qualcosa che non implichi la comparsa del nostro Preside per una precisazione di carattere storico. Ne ho abbastanza di lezioni di quel genere... con tutto il rispetto, naturalmente.»

Se fosse il caso di defilarsi in quel preciso istante non avrebbe saputo dirlo: sentiva di aver ceduto di fronte agli assalti del nemico inconsapevole e di aver compiuto un passo falso che ben presto avrebbe rimpianto.
«A volte penso che sarei dovuta restare.» aggiunse a mezza voce «Mi chiedo se facendolo si sarebbe convinto ad agire diversamente.»
In taluni frangenti - specialmente durante quelle particolari lezioni a tutto tondo - era riuscita a comprendere l’intima natura di Mike; questa, in netto contrasto con la sua, rendeva evidenti alcuni aspetti del loro rapporto e, forse, le differenze che, invece di accomunare le reciproche esperienze, contribuivano ad un allontanarli in modo lento e graduale.
Non aveva mai riflettuto in merito alla questione considerando il lungo periodo. Lo aveva sempre ritenuto sciocco ed inutile, ma col trascorrere delle settimane, dei mesi e persino degli anni, si era resa conto che quel bilancio si era fatto incredibilmente vicino ed opprimente. Il fatto che ne stesse quasi per parlare a Sullivan, poi, gettava una nuova e terrificante luce sull'argomento.

Per quanto riguardava Sullivan, d’altra parte, era evidente che puntare al cameratismo fosse l’unico modo per lui di replicare a quel palese atto di sincera gratitudine. Fu costretta, quindi, a rivolgersi nuovamente a lui nella speranza che questa volta comprendesse il reale significato di quelle parole.
«Non sei proprio in grado di riconoscere un ringraziamento quando ti viene rivolto, non è così?»


 
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Elijah Matthew Sullivan
view post Posted on 5/8/2018, 13:38






zSBxnkB


Storse il naso alla dichiarazione di Thalia. Il rosso lo detestava per l'abbigliamento, l'aveva sempre detestato. Il pensiero di lui con addosso qualcosa che potesse assomigliare vagamente ai colori della Casa di Godric gli fece fare una smorfia.
- Non mi piace il rosso, Moran, mi sbatte addosso come una palla di cannone - se solo si fosse azzardata a fargli uno scherzo del genere l'avrebbe presa per il collo senza troppi complimenti. Non amava gli scherzi per principio. Se poi aveva reso noto che quella cosa non la gradiva e veniva fatta comunque, allora entrava in gioco il dolo - voi donne di solito siete così attente a certi dettagli.
- Tu hai una visione piuttosto distorta del concetto di Storia e, comunque, l'esempio della gallina non andava preso così alla lettera - un'ultima precisazione, tanto alla fine ognuno sarebbe rimasto della sua idea. Se lei era di marmo, Elijah era un pezzo di travertino. In pratica mettevano in scena uno scontro epico tra Titani, dove non ci sarebbero stati vinti o vincitori.
La dichiarazione di Thalia sul Preside Peverell, e la sua presenza non richiesta nella loro conversazione, lo colse piuttosto di sorpresa. Non poteva essere più d'accordo in quel momento. Annuì senza sprecarci più parole del dovuto. Riteneva di aver parlato a sufficienza fino a quel momento. La Tassorosso portò però la conversazione su dei binari così inaspettati ed inesplorati che arrivò nuovo combustibile nella conversazione.
Sollevò il sopracciglio sinistro, la mano strofinò vigorosamente la barba all'apparenza incolta.
- Saresti dovuta restare? - non era certo di capire il senso di quel discorso, ma ora che Thalia aveva gettato l'amo non poteva più tirarsi indietro. Lo sapeva anche lei, ne era convintissimo.
- Parli di Mike, immagino, cosa c'è nel suo modo d'agire che non incontra il tuo gusto? - un ghigno maligno fece la sua comparsa sul volto del Serpeverde - credi davvero di poterlo influenzare fino a questo punto? - e poi dicevano che era lui quello presuntuoso.
Poggiò i gomiti sul tavolo e si avvicinò di più a Thalia. Nonostante la vista perfetta, aveva bisogno di guardarla meglio, guardarla dentro. Sì, doveva essere sincero, non lo aveva mai fatto con lei.
- Mike ha le sue convinzioni, ma sono le sue, perché spingerlo ad agire in modo diverso?
Il suo amore incondizionato andava alla Storia Antica, doveva essere sincero. C'erano però dei risvolti di quella moderna che erano capaci di insinuarsi nella sua testa e catturargli morbosamente l'attenzione. Doveva capire, sempre e comunque, e Mike e Thalia erano un terreno talmente inesplorato da stuzzicarlo. Nulla a che vedere con la coppia in sé. La cosa riguardava proprio Mike e Thalia come entità separate. Mike aveva imparato a conoscerlo ed apprezzarlo durante la gita fuori porta con il Preside Peverell. Di Thalia sapeva meno di zero.
- Lo ami, Thalia, giusto? Perchè lui ama te, fidati, è stato piuttosto evidente per me nell'attimo stesso in cui siamo atterrati in quel puzzoso magazzino di Gerusalemme, l'avrebbe capito anche un cieco. Nulla che mi abbia detto lui, sia chiaro, mi baso solo su quello che hanno visto i miei occhi. - la fissava come un serpente. Quella era una domanda diretta, maligna, ma era nella sua natura. Non che fosse solito sguazzare in pettegolezzi da Settimanale delle Streghe, ma l'argomento era così denso e sfaccettato che stuzzicava la sua curiosità di osservatore.
- Facciamo un gioco - i suoi occhi si strinsero mentre le dita si intrecciarono - una domanda per uno. Tu rispondi alla mia e avrai il diritto di farne una a me. Ci stai?
Non sapeva se lei avrebbe accettato o no. Era un gioco tosto, come la roulette russa.



Edited by Elijah Matthew Sullivan - 5/8/2018, 15:08
 
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view post Posted on 5/8/2018, 19:36
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D'accordo, doveva avere bisogno di un buon esame della vista per non essersi accorta che il Prefetto Tassorosso, nonché sua amica - se Elhena avesse osato usare quella parola per Thalia - si era seduta a uno dei tavoli di Fortebraccio. La Tassina sbattè le palpebre, stropicciandosi gli occhi, e distolse lo sguardo dalla porta di ingresso. Strano come l'aver deciso di fissarla con intensità per non perdere nessun cliente avesse invece avuto l'effetto contrario.

E la chioma fiammante di Thalia non passava di certo inosservata. Ora che ci faceva caso, riconosceva anche la persona seduta vicino alla Tassorosso, per quanto le loro strade a Gerusalemme si fossero incrociate solo per un breve periodo.

Fu difficile per la ragazza non pensare a tutto quanto era successo laggiù, alla musica che invadeva i sotterranei della Città Santa finché aveva avuto forza in corpo per suonare, al muoversi sotto un mantello della disillusione in mezzo ai soldati romani chiedendosi finché la sua fortuna avrebbe retto.

Afferrò due menù al volo, un block-notes e una penna, che infilò nella tasca frontale del grembiule, e si mosse verso il tavolo di Thalia e Elijah.


"Ciao, ragazzi. Bella giornata vero?" li salutò, le labbra che si piegavano quasi senza sforzo in un sorriso professionale da tutti gli anni che aveva lavorato da Fortebraccio.

"Scusate l'attesa. Cosa vi porto?"



Sarò via, quindi consideratevi pure serviti
 
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view post Posted on 6/8/2018, 20:40
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Thalia J. Moran
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In circostanze normali avrebbe probabilmente soprasseduto all’espressione di Elijah e alla domanda impertinente che si sentì rivolgere, rispondendo a tono e dimenticando velocemente l’accaduto; tuttavia, Sullivan aveva reagito in modo inaspettato, fuori luogo per certi versi, e questo urtava i suoi nervi indescrivibilmente. Si irrigidì appena alle sue parole, aggrottando le sopracciglia castano-rossicce.
«Non ho mai detto che ci sia qualcosa di lui...» s’interruppe, boccheggiando sorpresa «Non intendevo questo.» sentenziò infine, distogliendo lo sguardo per rivolgerlo, ancora una volta, all’interno della pasticceria, senza vederlo per davvero.

La sua storia con Mike era iniziata qualche anno prima, sugli spalti del Campo di Quidditch. Se all’epoca le avessero detto che il Prefetto sarebbe diventato il suo unico punto fermo in un mare di incertezze si sarebbe certamente ribellata. Sin da bambina aveva covato la ferrea convinzione secondo cui non vi fosse niente e nessuno in grado di guastare il suo equilibrio, una caratteristica - se non una delle poche - che l’Irlandese condivideva con la madre Leanne. Per lei la famiglia era al di sopra di tutto, in una posizione privilegiata rispetto persino alla sua personale ambizione.
Quel giorno, sugli spalti del Campo di Quidditch, non era nata niente di più che un’amicizia, un germoglio così delicato che mai avrebbe pensato di trasformare in qualcosa di diverso e duraturo. Col passare dei mesi si era ritrovata a pensarlo spesso, a scrivergli e ad immaginare possibili scenari futuri, inconsapevole del sentimento che piano piano iniziava a crescere in lei.
Ci sarebbero voluti solamente due anni, o poco più, prima che uno dei due - Mike in quel caso - facesse la prima mossa e ancora ricordava lo stupore di ricevere quel piccolo anellino dei Weasley in dono.
«Io non lo voglio influenzare. Voglio proteggerlo, è diverso.» sbottò seria, umettandosi le labbra con un’espressione indispettita dipinta sul volto.
Mike non era il primo a buttarsi nella mischia, né agiva secondo valori morali che per lei erano altresì fondamentali. Al cuore anteponeva la razionalità, al vantaggio collettivo preferiva la salvaguardia personale. Erano diversi su un piano importante, ma non per questo si era mai illusa di poterlo cambiare. Al contrario, era stato Mike a cambiarla, smussando gli angoli spigolosi di un carattere altrimenti insopportabile e, a volte, saccente.
«Ti riuscirà difficile comprenderlo, Sullivan, ma io rispetto sempre le sue scelte. Solo vorrei che nel metterle in pratica non rischiasse l’osso del collo.» *Cosa che io faccio costantemente*

Nelle sue riflessioni pressoché quotidiane non si era mai posta il problema di definire il suo rapporto con Mike secondo i termini di uso comune. Trovava che alcuni si spingessero troppo in là nell’esprimere i propri sentimenti, a volte anticipando e bruciando le tappe oppure usando impropriamente le parole.
Se il suo affetto per Mike fosse amore, non avrebbe saputo dirlo. Tutto ciò che sapeva era, in definitiva, che la sua sola presenza riusciva a lenire le sue sofferenze e che i suoi sorrisi la colmassero di serenità.
«Sullivan, non mi va di giocare su questi argomenti. Anche perché dubito che siano fatti tuoi.»
Quasi fosse stata chiamata ad interrompere quel momento teso, la figura di Elhena comparve al suo fianco. Si chiese se la ragazza avesse udito una parte o addirittura l’intero discorso e che cosa avrebbe pensato. La loro collaborazione a Gerusalemme le aveva portate ad avvicinarsi gradualmente, ma non erano di certo arrivate al livello in cui potersi definire amiche per la pelle.
Elhena era stata fondamentale nel processo di sopravvivenza a Gerusalemme e questo, com’era accaduto in passato tra lei ed Amber, costituiva un’ottima base di partenza per costruire una relazione più solida, che superasse il confine del mero cameratismo.
L’accolse con un sorriso imbarazzato, preparandosi al successivo round contro Sullivan, ed esordendo con le ordinazioni «Buon pomeriggio Elhena. Hai ragione, è proprio una splendida giornata! Comunque… Io prendo una fetta di Red Velvet e un tè freddo ai frutti di bosco. Ti ringrazio.»
Dopo che Sullivan ebbe ordinato, Thalia osservò Elhena sgusciare all’interno del negozio e rimase in quella posizione a lungo, finché la Tassorosso non fu tornata con le ordinazioni.

A quel punto, con la torta sul piattino di ceramica ed il tè freddo disposti davanti, si rese conto di quanto il suo appetito fosse inesistente. Sullivan aveva chiaramente toccato un nervo scoperto e qualcosa sul suo viso le suggeriva che egli ne gioisse intimamente. *Ti renderò pan per focaccia, Sullivan.*
I suoi occhi la scrutavano alla ricerca di una debolezza che difficilmente avrebbero trovato, ma nonostante le sue buone intenzioni, la Tassorosso non seppe resistere, mandando alle ortiche ogni buon proposito.
«Ti illudi che abbia bisogno di porti delle domande, non è così? Ma che cosa ci guadagnerei? Implicitamente mi hai già detto tutto ciò che volevo sapere.»
*E adesso vediamo come te la cavi*


Gwen ♥
Per comodità ti posto nuovamente l'ordine.
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° un tè freddo ai frutti di bosco (5F)
 
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