| Sophie
Armstrong
Serpeverde - III Anno - 17 Anni Nel suo caso, Sophie era semplicemente priva di autostima. Non era mai riuscita a guardarsi allo specchio e poter dire “Oh, ma che bella ragazza”, non perché credeva di essere brutta o addirittura inguardabile, ma semplicemente perché non si era mai posta il problema dell’apparenza. Era consapevole piuttosto di avere un brutto carattere, di quello ne era convinta e a volte ne faceva persino un vanto. Il suo essere cinica l’aveva portata ad essere completamente insensibile di fronte ad una scena che ad un’altra persona avrebbe fatto impressione. Tipo il sangue, a lei non faceva assolutamente alcun effetto, anzi. Se era lei a provocarlo, al contrario, percepiva un senso di soddisfazione unico. Come quel momento in cui aveva affondato quel coltello nel petto di quell’Elfo Domestico, esseri per cui da sempre provava un profondo disgusto. Lo aveva lacerato fino all’altezza dell’ombelico, come a volerlo aprire in due. Ma fu costretta a lasciarlo lì agonizzante, dato che l’arrivo dell’allora Preside Bennet le aveva rovinato la festa. Ma, nonostante tutto, nessuno in quella scuola dubitava di lei. Aveva imparato a portare bene quella maschera sul viso, fin dal suo primo giorno in quel castello. La carica di Prefetto era stata principalmente una copertura per lei, ed in quel momento che non ce l’aveva più, avrebbe dovuto fare maggiore attenzione. Ma non era stupida, non si sarebbe fatta sgamare così facilmente. A prescindere da tutto, mai aveva detto a qualcuno di non piacersi, né tanto meno aveva mai sperato che qualcuno le potesse dire “Sei bella”. Certo, faceva piacere sentirselo dire, ma quei complimenti prendevano importanza solo se detti da una persona ai suoi occhi interessante. Figurarsi se avesse mai voluto fare la vittima per sentirsi dire “Ma no, non è vero, sei perfetta!”. No. Non le importava un bel niente. Semplicemente, peccava di autostima. «No, non credo affatto di essere brutta, ma nello stesso tempo non credo di essere bellissima. Ho tanti difetti, davvero tanti, ed alcuni lati del mio carattere sono davvero inammissibili.» Ammise, stringendosi nelle spalle. Afferrò un’altra volta la bottiglia di Whiskey una volta che lui ebbe finito e se ne versò ancora un po’. Realizzò solo in quel momento che Abel, per la prima volta, si era rivolto a lei dandole del “tu”. Ma molto probabilmente non era voluto, molto probabilmente nemmeno se ne era accorto. E la cosa non le dispiaceva affatto, considerando che anche lei stesse facendo fatica a parlare in modo così formale con un suo coetaneo. «Mi sembra di capire che possiamo darci del “tu”, dunque.» Si portò il bicchiere vicino alle labbra e ne bevve il contenuto, stringendo gli occhi una volta che ebbe finito. Appoggiò il bicchiere con forza sul bancone, senza rendersene conto, causando un rumore abbastanza forte. Si concentrò sul resto del discorso che egli stava facendo, ma le situazioni a cui faceva riferimento le erano completamente estranee. Non si era mai ritrovata a dover inseguire qualche bel ragazzo nell’intento di rimorchiarlo, né tanto meno a doverne discutere con qualche sua Concasata, considerando che, in realtà, lei non aveva mai dato confidenza a nessuno, non al punto di poter dire ad una ragazza: “Quel tizio mi piace”. No, mai. Per quel che diceva lui, Sophie era stata al centro dei discorsi degli studenti di sesso maschile che si aggiravano per la scuola, ma lei non ci aveva mai fatto caso. Probabilmente era stata notata semplicemente perché, fino ad allora, aveva ricoperto una carica importante quale quella di Prefetto, quindi, anche volendolo, come sarebbe potuta passare inosservata? «Chissà cosa penserebbero i tuoi amici in questo momento, se ti vedessero parlare con me.» Che lui avesse cercato di evitare qualsiasi contatto con lei soltanto per non fare un torto ai suoi Concasati, ci stava pure, ma qual era la verità dei fatti? Lui si sarebbe spinto oltre, se non fosse stato per i suoi amici? Inoltre sì, era estremamente convinta del fatto che Abel fosse ancora interessato a lei. D’altronde, perché in passato avrebbe dovuto esserlo ed in quel momento – che tra l’altro era diventata una donna in tutto e per tutto – non più? Sì, pensava che in caso contrario sarebbe rimasto lontano da lei, o, quanto meno, si sarebbe limitato a bere quel drink in silenzio. «Decisamente sì, Leiva, ne sono convinta. Tra l’altro sei ancora qui, non te ne sei ancora andato. Potresti anche restare in silenzio, potresti pensare alle tue cose mentre io penso alle mie, no?» Sentì per un momento la testa annebbiata dall’alcol. Forse avrebbe dovuto smettere. Era sempre stata brava a reggerlo, ma, quando era a stomaco vuoto, le bastava davvero poco. Sorrise più del dovuto alle sue successive parole e mosse leggermente la testa in un movimento confuso. Lei non si curava maniacalmente il viso soltanto perché credeva di non averne bisogno. Semplicemente odiava ricoprire la sua pelle di roba strana quali creme, cremine, make-up e altre schifezze. Già mal sopportava i vestiti addosso, figurarsi altre cose che servivano soltanto per rendersi più bella. «Oh, no, non credo affatto che tu sia così superficiale.» No, non aveva davvero creduto che Abel potesse cercare di comprarla con un semplice complimento, non lo avrebbe mai fatto. Rise nuovamente di gusto quando egli terminò il suo discorso, portandosi una mano sui capelli ribelli che si erano presentati dinanzi al viso, nell’intento di poterli spostare. «Ripensandoci, credo proprio tu abbia ragione, Leiva. Ti sono estremamente grata per avermi fatto sorridere, ora sono io a sentirmi in debito con te.» Se scherzasse o se dicesse sul serio non era dato saperlo, dato che rideva ancora. Ma subito dopo si ricompose, spostando lo sguardo sulla bottiglia di Whiskey Incendiario che la stava nuovamente attirando. «Forse è meglio farla sparire…»
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