Not a new face, Privata.

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Abel Leiva
view post Posted on 14/6/2018, 00:03




Ormai erano in piena primavera e le temperature cominciavano a farsi più tiepide. Era strano per Abel passeggiare per quelle vie da adulto, eppure eccolo li, nel suo metro ed ottantacinque, forse, qualcosa in più, con nessuna divisa addosso, nessuno stemma, nessuna sciarpa, al contrario di molti ragazzini che passeggiavano o si intrattenevano a chiacchierare fra loro. Eppure, era stato come loro fio a non troppo tempo prima. Aveva sempre pensato che avrebbe rimpianto la Scuola, l'unico posto al mondo dove realmente si era sentito a casa, ma non fu così devastante quell'impatto. Forse per il semplice fatto di non vivere più sotto lo stesso tetto dei genitori, forse perchè crescendo, erano cambiate anche le idee, fatto sta che non sembrava affatto uno studente seppur fosse fresco di M.A.G.O. e doveva essere coetaneo di quelli dell'ultimo anno. Negli ultimi due anni, in particolar modo, aveva cominciato e continuato a crescere, a mutare, stava ancora cambiando a dirla tutta, ma di certo l'acerbo dei suoi giorni da studente erano superati. Il solito Abel, per alcuni versi, con la solita chioma di capelli castano ramati sempre in disordine, in pieno contrasto con tutto il resto, soprattutto con la camminata decisa ma ben eretta ed affatto forzata, nelle movenze tranquille, in quella cortesia che però, si era fatta più distaccata. Non era mutato nemmeno il suo ghigno sghembo, non visibile in quell'esatto momento ma pronto ad infilzare di ironia e sarcasmo chiunque. Le iridi smeraldine non si soffermarono su nessuno in particolare finchè non arrestò il passo davanti ai Tre Manici Di Scopa. Quell'insegna, quella porta, non erano affatto cambiate e sicuramente non sarebbe mai accaduto. Meglio così, aveva sempre amato quel posto esattamente per come era, pieno di chiacchiericci più o meno inutili, accogliente ma senza essere una bettola, per non parlare della Burrobirra più buona che avesse mai bevuto in vita sua. Ora era passato a qualcosa di più forte e di realmente alcolico, ma era bello tornare li dentro, per la prima volta da quando non era più uno studente. Entrò lentamente, sospingendo la porta con la mancina, facendo qualche passo per poi entrare e lasciare che la porta gli si richiudesse alle spalle, fermo ad osservare per una manciata di secondi, i tavoli. Ma non ne scelse nemmeno uno, dal momento in cui si diresse direttamente verso il bancone. Si slacciò con entrambe le mani il mantello nero nuovo fiammante da sopra le spalle e se lo appoggiò sull'avambraccio destro, dando un'occhiata al personale che si affrettava ad esaudire gli ordini dei clienti.
<Buon pomeriggio>
Esordì con tono basso e sereno, quanto gentile e cortese, di quelle buone maniere che non ti insegnavano a Scuola, nemmeno in quella più prestigiosa del mondo: era chiaro che non fosse uno studente così come lo era il fatto di non essere un ragazzo qualsiasi.
<vorrei chiedere uno whiskey, per cortesia>
E così dicendo, si frugò per un attimo nelle tasche per tirarne fuori un sacchetto di velluto nero legato da un laccetto dorato, con su incise le lettere A.B. I soldi per pagare la consumazione, senza ombra di dubbio.
 
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view post Posted on 14/6/2018, 12:39
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Serpeverde - III Anno - 17 Anni




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Era letteralmente stufa di fare quella vita. Nonostante col tempo avesse imparato ad apprezzare il lavoro ai Tre Manici di Scopa, si era resa conto ben presto che non era fatta per adattarsi alla routine. Trovava particolarmente noioso doversi alzare la mattina presto, dover frequentare le lezioni, doversi dividere tra studio e lavoro, senza nessun evento elettrizzante che potesse motivarla o incuriosirla in qualche modo, ma soprattutto distrarla da ciò che era la vita di tutti i giorni. Neppure negli anni in cui aveva portato la spilla al petto era mai accaduto qualcosa di eccitante. Cavolo, per quale diamine di motivo si diceva che la Foresta Proibita fosse così pericolosa? Ci aveva trascorso intere nottate, eppure mai era successo qualcosa. Tutto ciò che si doveva limitare a fare era prendere per le orecchie i ragazzetti che si spacciavano per mini-boss “sonotantocoraggioso” e portarli dal Preside o da chicchessia. Non fosse stato per quel particolare incontro ravvicinato del terzo tipo con quell’Acromantula quel venerdì pomeriggio di qualche mese addietro, poteva dire di non essere stata protagonista di alcun evento entusiasmante durante quell’anno appena trascorso. Sperava soltanto che prima della fine vera e propria dell’anno scolastico spuntasse fuori qualche partita di Quidditch, così, giusto perché era in carenza di sangue da mesi. Fortuna volle che in un certo senso riusciva a tenere la mente impegnata ogni tanto dedicandosi a ciò che il caro e magnanimo Lord Voldemort le chiedeva di fare, ma non poteva di certo essere perennemente attiva in qualche missione omicida, o avrebbe visto il diploma solo con il binocolo. Per quanto tutto ciò fosse qualcosa che la soddisfaceva alquanto, era consapevole che non se lo sarebbe potuto permettere, almeno non sempre.
Le lezioni erano finite e con l’occasione Sophie aveva deciso di dedicare qualche ora in più al pub di Madama Rosmerta, giusto per guadagnare qualche spicciolo in più. Non che una come lei, facente parte di una nobile famiglia Purosangue da infinite generazioni, avesse particolarmente bisogno di soldi, ma l’idea di andare a chiedere anche solo un Galeone a quella specie di padre che si ritrovava le faceva venire la nausea. Aveva raggiunto la maggiore età da un pezzo e con essa si era presentata un’insana voglia di prendere casa da sola. Cioè, a pensarci una casa ce l’aveva già, oltre alla Villa dei suoi genitori, ma l’idea di recarsi lì ed appiccare un incendio a quell’abitazione si faceva sempre più nitida.
I Tre Manici di Scopa, durante le ore pomeridiane, non erano mai particolarmente affollati, soprattutto in quel periodo, in cui l’estate aveva ormai fatto capolino da qualche giorno. Molti Maghi erano già partiti per le loro vacanze estive, altri erano ancora in zona ad attendere che gli studenti finissero di dare gli ultimi esami, ma a prescindere, a quell’ora, molti di loro preferivano trascorrere il tempo all’aperto. I pazzoidi che – come lei – preferivano starsene seduti ad un tavolo di fronte ad un bel bicchiere pieno di alcol erano davvero pochi. E, neppure il tempo di pensarci, che uno di loro apparve, ritrovandosi in un attimo di fronte al bancone dove Sophie, di spalle, era intenta ad assicurarsi che il Gratta e Netta stesse continuando a fare il suo lavoro. Non appena la voce apparentemente sconosciuta giunse alle proprie orecchie, l’ex Prefetto verde-argento alzò gli occhi al cielo e si voltò lentamente. Le iridi chiare si posarono delicate sul viso dell’ennesimo cliente che si presentava al suo cospetto, ma quello non si rivelò essere un viso qualsiasi. Per quanto soffrisse di mancanza di memoria a lungo termine, quella visiva era impeccabile. Ricordava i volti di ognuno dei suoi compagni di Casata, e quello che aveva di fronte apparteneva ad uno di essi. D’altronde non era da molto che aveva mollato la spilla da Prefetto, come poteva non ricordarsi di lui che aveva finito gli studi proprio l’anno prima? Sì, spesso e volentieri se l’era ritrovato in Sala Comune, ma purtroppo per lei non le aveva mai dato modo né motivo di punirlo per aver infranto qualche regola della scuola. Eppure, più lo guardava, più era convinta del fatto che non l’avesse visto soltanto a scuola. Per esclusione doveva essere successo durante quelle classiche e solite cene tra famiglie Purosangue, poco ma sicuro.
«Salve.» Nonostante tutto, decise di mantenere la sua posizione formale ed il suo solito tono di voce freddo. Si pulì le mani sul tessuto che teneva perennemente legato attorno alla vita, e, prima ancora che potesse chiedergli cosa volesse ordinare, lui prontamente l’anticipò. Poco male, le aveva evitato di sprecare ulteriore fiato. Gli diede nuovamente le spalle e riempì un boccale da trenta centilitri di Whiskey Incendiario, mentre il suo odore forte e nello stesso tempo piacevole le inondava le narici. Ripose la bottiglia al proprio posto e, voltandosi un’altra volta verso di lui, posò il boccale pieno sul bancone. Osservò poi il sacchetto che egli aveva estrapolato dalla sua tasca e scosse leggermente la testa. Lui, senza ombra di dubbio, aveva rappresentato una delle cause di tutte le volte in cui Sophie non aveva potuto rilassarsi sul divano di fronte al caminetto presente in Sala Comune dopo un’intera sera e una metà notte di ronda, ed in quell’ultimo anno, al contrario, le probabilità di trovarlo libero erano aumentate di parecchio, guarda caso in sua assenza. Quindi, da un lato, gli era grata per essere riuscito a diplomarsi e a lasciarle quindi la possibilità di poter riposare di più su quel divano.
«Non è necessario. C'è soltanto lei, offre la casa.» Non era solita dare del “lei” ad un compagno di scuola, a meno che non si trattasse di qualcuno proveniente da una famiglia di alto rango come la sua. Ma, oltre a questo, Abel Leiva non era più nemmeno un suo compagno di scuola.




 
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Abel Leiva
view post Posted on 17/6/2018, 20:37






Abel Leiva




Mago Adulto - 18 Anni




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Stava ancora cercando di capire cosa fare della sua vita. Aveva passato così tanto tempo ad agognare, sognare e desiderare quella libertà nei confronti della sua famiglia, che ora che l'aveva avuta, era come se si fosse tolto un peso dal cuore, certo, ed era positivo, ma allo stesso tempo, come se dovesse ricominciare da capo, come se fosse rimasto chiuso in una cella buia per tutta la vita cercando di immaginare il sole, ed ora ne fosse rimasto abbagliato. No, non aveva dimenticato di certo chi fosse o come fosse, non aveva dimenticato cosa aveva combinato, gli amici, le risate, i bei voti e quelli brutti, i compagni di Scuola, la ragazza che per un po' gli aveva occupato il cuore e non aveva nemmeno dimenticato tutto quello che era stato costretto a passare, non poteva. Aveva creduto che, una volta finita la Scuola ed essere andato via dal maniero Leiva, i ricordi legati alla sua famiglia si sarebbero dissolti nel nulla come una bolla di sapone, ma su quello, almeno su quello, si era illuso. E ne era la prova visibile il come appariva in quello stesso momento, davanti al bancone dei Tre Manici Di Scopa, dalla posizione composta ai modi di fare sempre cortesi e gentili alle vesti nere, eleganti e di prima mano, le stesse vesti che aveva maledetto per anni, eppure quel giorno nessuno gli aveva imposto di vestirsi in quel modo. In tutto ciò, i suoi non avevano dimenticato Abel. Continuavano a mandare le loro letterine utili solo a sprecare pergamene ed inchiostro, ma una in particolare lo aveva spinto a leggere tutto, prima di bruciarla. Non tutta. Un pezzo era ancora con sè, quel pezzetto che aveva conservato nella tasca interiore del mantello e che andò ad afferrare, prima di dimenticare l'indumento alla sua destra, chinando il busto in avanti e poggiando gli avambracci sul bancone, scurendosi in volto nel guardare quella foto, dove una ragazza sorrideva, vestita con la sua uniforme di Hogwarts. Un sospiro leggero gli uscì dalle labbra, fissando quell'immagine che stringeva fra le mani, prima che la voce della ragazza che andò a servirlo non lo fece rinsavire. <oh no, insisto> rispose, andando a corrugare la fronte nell'osservarla meglio. Non era di certo un viso sconosciuto ma non aveva memorie di averla vista li dentro. La studiò rapidamente con lo sguardo e si afferrò l'angolo destro del labbro inferiore con gli incisivi, prima di inclinare appena il collo verso destra. <io la conosco>. Non era una domanda, era più che certo di averla già vista, ma non la ricollegò a Serpeverde, non immediatamente. Il primo ricordo che ebbe di quella rgazza bionda, fu di una cena, una di quelle noiose, ghettizzate esclusivamente a persone di alto rango e Purosangue. Il lei fu voluto, anche se dalle apparenze dovevano necessariamente essere coetanei, le rispose dandole del lei perchè era la forma da lei usata per rivolgersi ad Abel. Le stava divinamente quel vestito nero, con quella faccia imbronciata, a casa Leiva. Si sposava magnificamente con il suo umore e con il mio. Possibile che la ricordasse solo a casa sua? Ovviamente no. ammetto che mi abbia dato filo da torcere, come Prefetto. Altrettanto però, non è mai riuscita a prendermi, Miss Armstrong. Adesso ricordava. Il Prefetto Sophie Armstrong, come poteva dimenticarla? Aveva passato mesi a sentire gli apprezzamenti dei compagni di casata nei suoi confronti, ogni volta che la vedevano. A seconda di come girava la situazione. Un giorno era una bella ragazza ed un giorno era un'arpia zitella, semplicemente perchè li aveva colti a fare qualcosa che non avrebbero dovuto e li aveva fatti punire. Dal canto suo, Abel era d'accordo sugli apprezzamenti, ma non era mai stato tipo da farne ad alta voce. Non anni fa, almeno. Continuò per qualche attimo a rigirarsi quella foto fra le dita prima di raddrizzarsi. <allora, la ringrazio per la cortesia> quella relativa al pagamento. Era strano vedere una figlia come lo era lui, lavorare in un pub come commessa, ma non aveva intenzione di fare come gli pareva? Forse era stato così anche per lei.



 
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view post Posted on 17/6/2018, 21:54
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Serpeverde - III Anno - 17 Anni




Se suo padre avesse mai saputo che la sua unica figlia si era abbassata ai livelli di un pub quale I Tre Manici di Scopa, lei non avrebbe rivisto la luce del giorno dopo. Sophie, a prescindere da tutto, era sempre stata una ragazza ribelle, fin da quando era molto piccola. Per quanto orgoglio provasse nei confronti della natura del suo sangue, avrebbe trascorso una vita intera a comportarsi in modo completamente opposto a ciò che voleva suo padre, che tra l’altro alla fine del conti si rivelò essere suo patrigno. Aveva appena compiuto undici anni, quando riuscì a scoprire che il suo padre biologico era un altro, che era qualcuno che lei non aveva mai visto. Come sarebbe stato se a crescerla fosse stato lui? Come sarebbe stato se, ormai giunta alla maturità, lo avesse potuto incontrare? Nessuno poteva saperlo, né tanto meno lei. Sapeva solo che l’odio che le era stato regalato durante la sua infanzia era cresciuto a sua volta dentro di sé, fino a farla diventare ciò che era in quel momento. Una ragazza piena di rancore, una ragazza che vedeva negativamente il mondo intero, che non apprezzava quasi nulla, che non dava mai amore, né affetto, né amicizia. Una ragazza priva di sentimenti, in quel periodo della sua vita più che mai. Ribelle, cinica, spietata, delle volte. Le voci che giravano sul suo conto all’interno delle pareti di Hogwarts erano giunte persino al suo stesso orecchio, ma, per quanto potessero cercare di sembrare offensive, in realtà erano giudizi che non facevano altro che farla sentire ancora più soddisfatta e orgogliosa di quello che era. I primini provavano un senso di timore acuto ogni qualvolta che ella si aggirava tra i corridoi della scuola, con il suo solito ghigno ed il suo sguardo da arpia. Le era giunta voce che la sua presenza li terrorizzava. Quale cosa più soddisfacente di quella? Il bello era che non la conoscevano, che non sapevano ancora quale fosse la sua vera natura, non sapevano cosa avesse fatto o cosa fosse capace di fare. Dietro quel viso angelico, quei lunghi capelli dorati e quegli occhi azzurri come il mare, si nascondeva un’anima burrascosa e oscura, proprio come un temporale in piena notte.
Dopo aver appoggiato il boccale sul bancone, spostò i suoi occhi chiarissimi su ciò che l’ex compagno sembrava reggere in mano. Non era mai stata una persona particolarmente curiosa, o meglio, sì, lo era, ma soltanto quando si trovava di fronte a qualcuno che era stato capace di attirare le sue attenzioni. Non si permise di chiedergli cosa fosse, per quanto diretta lei potesse essere, non credeva che fosse ancora il momento giusto. Ma, se avesse voluto scoprire qualcosa, lo avrebbe fatto in un attimo. Ignorò le sue prime parole. Abel avrebbe dovuto sapere che sarebbe stato tutto inutile, considerando anche il fatto che Sophie non aveva mai amato le persone insistenti. Egli, al contrario di quanto si aspettava, si placò ed andò oltre, con suo estremo piacere.
«Uhm?» Sussurrò, in un primo momento. La sua attenzione era ancora rivolta a ciò che il ragazzo aveva in mano e quel “Io la conosco” la prese completamente alla sprovvista.
«Ah. Sì, la conosco anch’io. Mi ricordo di lei.» Affermò, mentre con la mano destra si spostava una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Non poteva non dimenticare tutte le volte in cui aveva imprecato contro di lui, ogni volta che trovava quel divano occupato. Ma non poteva essere come tutti gli altri ragazzini della sua età? Non poteva andare alla ricerca di guai, invece di starsene lì seduto davanti al focolare? Ascoltando le sue successive parole, si accorse che egli aveva fatto riferimento ad un’occasione completamente diversa rispetto a quelle della Sala Comune: le cene in famiglia. Come giustamente aveva ipotizzato l’attimo prima, in quel momento ne ebbe la conferma: non lo aveva incontrato soltanto a scuola. Durante quegli incontri tra famiglie Purosangue, lei si estraniava talmente tanto da non accorgersi neppure chi effettivamente ci fosse attorno a quel tavolo. Eppure, le sue sensazioni non erano sbagliate.
In base alle sue constatazioni, poteva dire che Abel, a differenza sua, l’aveva studiata fin troppo attentamente. Aveva notato il modo in cui era vestita, aveva notato la sua espressione facciale. Per quale motivo? Non aveva proprio niente a cui pensare?
«Noto con piacere di non essere passata inosservata, nonostante i miei continui tentativi di apparire invisibile.» Fece, con un leggero sarcasmo, mentre era intenta ad afferrare un secondo bicchiere, più piccolo del boccale. Versò al suo interno due dita di Whiskey, lo stesso che aveva offerto a lui. Appoggiò poi entrambi i palmi delle mani sul bancone ed ascoltò con gusto ciò che Abel aveva ancora da dire. Sì, in quel momento aveva ricordato il suo esatto nome, insieme al cognome, pronunciato da lui stesso un secondo prima. Non aveva mai pensato che egli fosse uno studente modello. D’altronde quale Serpeverde aveva mai rispettato le regole? Forse solo Mike. La verità era che gli adepti di Salazar sapevano essere anche furbi, molto furbi, ed evidentemente Leiva lo era stato anche fin troppo, per non essere mai stato beccato dall’attenta Armstrong.
«Ah, sapevo che nascondesse qualcosa dietro quel sorrisetto sghembo.» Osò dire, alzando un sopracciglio. Afferrò il bicchiere e lo avvicinò a quello dell’ex compagno di scuola.
«Sono convinta che avrà modo di ricambiare la cortesia, prima o poi.»





 
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Abel Leiva
view post Posted on 17/6/2018, 23:52






Abel Leiva




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Ormai, si era totalmente distratto dall'immagine che comunque, si faceva rigirare fra le dita. Osservava quella ragazza con aria serena, non invadente, tranquillo, forse solo qualche pensiero a tradirlo. Era il suo esatto contrario. Dietro le sue fiere e distinte iridi smeraldine, celava estrema calma, come un lago di montagna, magari di quelli con le acque gelide ma dalla visuale silenziosa e quieta. Cercava di ricordare tutte le occasioni nella quale lei era presente, ora che aveva un nome ed un cognome alla quale rifarsi. Quante volte si era nascosto da lei? E quante volte avrebbe voluto nascondersi invece, nel sentire i commenti degli amici che lui non condivideva, da quelli di puro maschilismo a quelli che la dipingevano come un mostro disumano o qualche cosa del genere. Se lui ci avesse mai creduto? Ovviamente no. Non la conosceva, perchè avrebbe dovuto darle anche solo dell'antipatica? Se le sue espressioni non erano mai felici e sorridenti, Abel aveva pensato che avesse dei motivi più che buoni, soprattutto perchè sapeva da che tipo di famiglia provenisse e non erano tutti come lui. Molti non si ribellavano minimamente a quel tipo di educazione, molti la temevano, molti, come lui, decidevano di assecondarli solo fuori dalla scuola per poi farli letteralmente impazzire quando non potevano punirlo se non con quelle letterine inutili che nemmeno finiva di leggere prima di ridurle a carta buona per alimentare il camino della Sala Comune. Chi era lui dunque, per giudicare? Si raddrizzò ed afferrò il bicchiere che aveva chiesto, facendo roteare appena il liquido ambrato nel vetro, sorridendo spontaneamente alle parole dell'altra. Se aveva deciso di provare ad offenderlo, le era andata male. Non era una sfida della quale lui stesso prendeva atto, era semplicemente così. Sarebbe stato strano non ricordarsi di uno dei giocatori che portò la squadra di Serpeverde alla vittoria della Coppa di Quidditch, non se lo aspettava nessuno, soprattutto, non contro Grifondoro. Diciamo che nemmeno la modestia mancata era una cosa della quale si rendeva realmente conto, però non avrebbe mai potuto eliminare dai ricordi quella partita. Il Quidditch gli era stato precluso dai suoi genitori, erano del parere che fosse roba da "plebei", che i ricchi dovessero solo comprare i biglietti nel miglior posto dello stadio e guardare con un bicchiere di buon whiskey in mano. E lui non aveva mai nemmeno guardato una partita al campo della scuola, finchè non decise che sarebbe stato l'ennesimo colpo che avrebbe donato ai suoi: e lo passò alla grande, quel provino. Anche per quello si presentava come una figura dalle spalle larghe e dalla muscolatura affatto eccessiva ma ben presente. Doveva scontrarsi con ragazzi anche più grandi di lui, lui che non aveva mai fatto una vera partita. Non voleva di certo essere disarcionato alla prima spallata. Si mise sotto con gli allenamenti, senza mai perdere di vista gli studi ed eccolo li. Campione e diplomato. <si fidi, anche io avrei voluto diventare invisibile in quei casi. Ma lei era l'unica persona che non portasse ancora il ciuccio o che non superasse la ventina, quindi si, mi ha incuriosito ammise con estrema semplicità, scrutandola in viso. Sorrise di nuovo, inevitabilmente, alle sue parole. Sorriso sghembo, si. Dipendeva parecchio dai casi, ma gli era caratteristico quel sorrisetto pieno di sè che somigliava molto ad un ghigno. Altre volte, come quella, gli veniva da sorridere naturalmente, mostrando un filo della dentatura perfetta e andando a far apparire quelle fossette sulle guance. Un sorriso spontaneo e sincero. Più di quanto lei possa immaginare, miss Armstrong. La osservò versarsi dello whiskey e la osservò, cercandone lo sguardo, tornando più serio nell'annuire con aria pensierosa. Non aveva idea di come avrebbe mai potuto ricambiare il favore ad una ragazza che non sapeva nemmeno quando avrebbe rivisto ma sembrò accettare, alzando il braccio destro e quindi la mano che stringeva il bicchiere, in una chiara richiesta di un "cheers". Alle cortesie ricambiate mormorò, osservandola ed attendendo che lei facesse cozzare il bicchiere contro il proprio, ammesso che volesse farlo.


 
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view post Posted on 18/6/2018, 11:27
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Serpeverde - III Anno - 17 Anni




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Ricordava quelle cene come fosse il giorno prima. Ricordava il suo corpo minuto e il suo viso giovanissimo, perennemente imbronciato, come anche lo sguardo ed il gelo che trapelava dai suoi occhi. Non era mai stata una bambina loquace, né tanto meno lo era diventata con il tempo, anzi. Era sempre sulle sue, silenziosa, era quella studentessa disposta a svegliarsi prima del previsto per accaparrarsi il posto nell’angolo dell’aula durante le lezioni. Era quella che, durante le spiegazioni, aveva il vizio di tacere e semplicemente ascoltare, sia le parole del Docente che quelle dei compagni di scuola. Qualora le passasse per la mente qualche domanda, il più delle volte se la teneva per sé, al costo di trascorrere ore in Biblioteca per cercarne la risposta. E così si presentava in quelle cene. Ben vestita, proprio come i suoi genitori chiedevano, seduta a quel tavolo in silenzio, ad ascoltare con estremo disinteresse le solite parole che fuoriuscivano dalle loro bocche. D’altronde, lei era cresciuta in quel modo: aveva trascorso anni ad odiare, a trattar male e ad evitare coloro che provenivano da famiglie Mezzosangue, ma col tempo aveva imparato che sì, ci si poteva vantare di avere il sangue puro, ma che effettivamente non ci fosse alcuna differenza sostanziale tra i due. Continuava ad odiarli e a guardarli con un occhio diverso, ma ad un certo punto della sua vita dovette ammettere a se stessa che in realtà, con la Magia, ci sapevano fare anche loro. Non sopportava quando, durante le lezioni, uno di loro dimostrava di essere più bravo di lei, ma aveva imparato ad accettarlo. Insomma, si mostrava a quelle cene così, fredda e distaccata, con lo sguardo perennemente vuoto, che faceva pensare che lei in realtà fosse lì presente solo con il corpo, mentre la mente era decisamente altrove. Aveva sentito molto spesso i suoi genitori nominare la famiglia Leiva, per un motivo o per l’altro, ma lei, poco attenta, non aveva nemmeno fatto caso al fatto che quel ragazzino che spesso e volentieri trovava in Sala Comune fosse il loro figlio prediletto, nonostante tutte le volte in cui lei e la sua famiglia fossero stati invitati nel suo maniero. Anche questo dimostrava quanto lei fosse distratta, in quelle occasioni.
«Come dimenticare quella partita?» Un altro caso di ribellione della ragazza nei confronti della sua famiglia fu proprio il Quidditch. Prima di partecipare a quel provino, molti anni prima, non si era mai dimostrata particolarmente interessata a quello sport. Fece quel provino giusto perché si annoiava, giusto perché non aveva altro da fare. Nel momento in cui prese in mano quella mazza per la prima volta, si sentì forse fin troppo a suo agio. Senza parlare del primo istante in cui poté percepire la vibrazione del colpo tra la mazza e il Bolide, quella le aveva regalato una sensazione unica. Fu per quel motivo che cercò in tutti i modi di restare fedele al ruolo di Battitrice, era estremamente convinta del fatto che altri ruoli li avrebbe rifiutati a occhi chiusi. Preferiva non giocare, piuttosto che starsene lì ferma a difendere gli anelli o ad inseguire una stupida palla dorata. Fatto stava che i suoi genitori non le avevano mai dimostrato di essere restii a quel suo lato ribelle, ma lei sapeva, sapeva perfettamente che in realtà rosicavano tantissimo. Ed ora che aveva raggiunto la maggiore età avevano un potere ancora minore nei suoi confronti.
Continuò ad osservare le movenze del suo interlocutore, dopo aver scrutato il suo viso, i suoi capelli ed il modo in cui vestiva. Per quanto potesse sforzarsi di apparire fredda e disinteressata, il sorriso di Abel seguito dalle sue parole divenne dannatamente contagiante, tanto da costringerla a sorridere a sua volta. Da quant’era che Sophie non sorrideva? Non ricordava neppure in quale occasione avesse sorriso per l’ultima volta. Non le accadeva così spesso, o meglio, non le accadeva praticamente mai. Per quanto fosse abituata ai complimenti degli uomini che si presentavano dietro quel bancone, quelli di Abel le fecero un effetto completamente diverso. Lui era diverso. Nella sua semplicità ci sapeva davvero fare e non poco.
«Non mi ha mai dato modo di notare la sua curiosità nei miei confronti, lo sa?» Piegò il capo da un lato come a volerlo osservare meglio e sorrise nuovamente.
«Non è mai troppo tardi, può ancora dimostrarmelo.» Un’altra cosa strana fu proprio quella: non aveva mai dato retta alle avances dei suoi clienti, né tanto meno le aveva mai ascoltate. Ma, nonostante questo, quella corazza costruita attorno al suo corpo era ancora lì, in tutta la sua durezza, splendente come non mai, senza un minimo difetto.
Alzò il bicchiere e lo avvicinò a quello di Abel, facendoli cozzare tra di loro.
«…E alla sua discrezione. Quel boccale lo ha pagato e io non ho bevuto.» Portò il bicchiere sulle labbra e ne bevve il contenuto tutto in un sorso. Era qualcosa che faceva sempre, piuttosto non capiva come facessero alcuni a tenersi quel liquido ambrato tra le mani per ore. Il vero piacere era quello, regalato dai brividi che tutti quei gradi causavano una volta ingeriti così velocemente. Era estremamente consapevole di quanto fosse sbagliato bere durante il suo turno di lavoro, ma nel momento in cui il pub si presentava vuoto, quelle bottiglie di superalcolici diventavano fin troppo invitanti ai suoi occhi. Se condivise poi con una piacevole compagnia, ancora meglio. Ma, in realtà, avrebbe mai ammesso a se stessa che Abel Leiva fosse una piacevole compagnia?








Edited by Sophie Armstrong - 18/6/2018, 13:26
 
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Abel Leiva
view post Posted on 18/6/2018, 14:27






Abel Leiva




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Non che Abel amasse quelle feste, al contrario. Come aveva appena detto, anche lui si sarebbe fatto scomparire nel nulla. Solitamente, non parlava nemmeno, non aveva nulla da dire a persone convinte di avere la verità cosmica nel palmo della mano e non aveva nulla da dire sui babbani, nati babbani, mezzosangue o quello che fossero, che era sempre discussione centrale di quegli incontri. Lui era sempre stato del parere che la gloria, i complimenti, i meriti e quant'altro, non avrebbero mai potuto piovere dal cielo senza che lui muovesse un dito, solo perchè portasse un cognome che nemmeno aveva scelto di avere, i meriti e le lodi andavano guadagnate. E se da diciottenne che aveva terminato gli studi poteva vantare qualcosa, era proprio quella: il non essersi mai adagiato su un nome o sulla purezza del suo sangue, l'aver passato notti in bianco per studiare e ricevere bei voti, l'essersi allenato tanto per entrare in squadra ed aver lasciato un ricordo di sè grazie ad una partita giocata alla perfezione. Aveva potuto vedere benissimo come un nato babbano superasse facilmente uno di famiglia simile alla loro, Abel stesso aveva preso voti più bassi di alcuni mezzosangue ma non se ne era fatta una colpa, tutt'altro, la cosa gli aveva ancor di più aperto gli occhi sul come l'essere Purosangue non ti lasciava essere migliore di nessuno se non ci si applicava. E quei marmocchi che invece non avevano aperto libro perchè si credevano superiori ed avevano anche fatto perdere punti a Serpeverde, non li aveva mai giustificati, mai capiti. Un nome si tiene alto per meritocrazia non per grazia ricevuta. Si era divertito come un bambino con persone di entrambi i genitori non maghi, così come aveva apprezzato la compagnia di persone provenienti da famiglie come la sua, così come aveva provato antipatia per una persona a prescindere dal suo albero genealogico. Già. Beh, spero che la cosa si ripeta, anche se senza di me ammetto che la squadra abbia perso molto del potenziale che aveva. Sorrise divertito, non la pensava affatto in quel modo ma che importava ormai? Doveva ancora decidere se quella maturità tanto sognata gli piacesse davvero o se avrebbe preferito non andarsene mai da quella che, per sette anni, era stata la sua unica, vera, casa. La osservò sorridere e si umettò le labbra con un gesto repentino della lingua alle sue parole, annuendo Diciamo che sarebbe andato contro... i criteri di fratellanza, o qualcosa del genere rispose in merito a non averle mai rivolto la parola, seppur fosse incuriosito da lei, unica coetanea in quelle feste, se così si potevano chiamare. Avevano più la vitalità di un funerale, generalmente. Piaceva a più di qualche suo amico, la bionda che aveva di fronte e per quanto avessero ricevuto solo rispostacce e pali, non era carino o giusto o corretto far vedere che, al contrario, lui le parlasse senza essere mandato immediatamente a quel paese. Almeno, così gli dicevano quando si offriva di farsi portavoce di uno di loro. Il ragazzino ingenuo che era Abel, non aveva capito che fossero solo gelosi, che non volessero che lui attaccasse bottone con la bella ragazza bionda che li respingeva. Semplicemente perchè lui, con le ragazze, aveva successo anche senza accorgersene. Che fosse per il nome, il conto in banca, l'aspetto fisico o il suo carattere espansivo e ribelle, alle ragazze piaceva. Ma era cresciuto, aveva ormai preso delle consapevolezze da adulto, quello che ormai era seppur solo diciottenne. Mi scusi? Chi le dice che lo sia ancora? che fosse ancora incuriosito da lei, insomma. Lo era o non starebbe li a tergiversare, avrebbe bevuto e se ne sarebbe andato, ma a proposito di consapevolezze, aveva recepito che una ragazza di carattere forte come lo era Sophie, che probabilmente aveva tante persone a temerla quanto a sbavarle dietro, non andasse troppo adulata. O sarebbe passato per uno qualsiasi, un altro rompiscatole seriale. Non era più un ragazzino da un pezzo. Però devo ammettere che dovrebbe sorridere più spesso. Diventa più carina. E non la prenda come una delle solite frasi fatte, mi piace il modo in cui le si illumina il viso, quando lo fa. Un commento fatto con estrema semplicità, facendo quel brindisi e portandosi il bicchiere alle labbra per dare un sorso al suo whiskey che immediatamente gli diede l'impressione calda e piacevole di scorrergli come fuoco nel palato, nella gola, fino allo stomaco. Ed alla mia discrezione. Aggiunse senza troppi problemi, poggiando il bicchiere sul bancone.


 
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view post Posted on 18/6/2018, 23:26
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Amava il calore quasi esagerato che quel liquido ambrato regalava al suo esofago una volta ingerito. Non si era mai mostrata restia di fronte ad un bel bicchiere – o boccale che fosse – colmo d’alcol, anzi. Forse era principalmente per quel motivo che aveva cominciato ad apprezzare il lavoro in quel locale. E pensare che, prima di prendere quella decisione, quando per un motivo o per un altro era costretta a recarsi lì da semplice cliente, percepiva continuamente quel senso di disgusto che le faceva venire un’estrema voglia di dileguarsi il più presto possibile. Odiava l’odore nauseabondo che emanava quel posto, odiava quel tanfo d’alcol che fuoriusciva dalle bocche della gente che lo frequentava, odiava tutto talmente tanto da arrivare a pensare che quello fosse un ambiente sporco, per nulla indicato per una ragazza di nobili origini come lei. Eppure, all’età di diciassette anni, si trovò a lavorarci addirittura, accettando di buon grado l’idea di dover avere a che fare con quegli stessi ubriaconi da cui era sempre stata disgustata. Eppure, col tempo, aveva cominciato a provare piacere nel trascorrere le sue giornate all’interno di quel pub. L’aiutava a tenere la mente impegnata quando era triste e nervosa, l’aiutava a cambiare aria e ad allontanarsi dalla solita noia che torreggiava all’interno delle quattro mura di Hogwarts, l’aiutava a distrarsi, insomma. Senza considerare il fatto che, per lei, ogni scusa era buona per poter lasciare il castello. In quel periodo più che mai aveva un estremo bisogno di starne lontana, nonostante si fosse messa il passato ormai alle spalle. Quindi, poco le importava di ciò che pensava la gente di lei. Era ribelle ed estremamente incline all’indipendenza, aveva sempre fatto quello che voleva fare ed avrebbe continuato per quella strada, su questo non ci pioveva. Certo era che fu costretta a trascurare lo studio, nonostante si portasse sempre dietro un libro scolastico qualsiasi, che sistematicamente provava ad aprire nei momenti di pace dietro quel bancone. Ma, purtroppo o per fortuna, quella pace era del tutto infrequente. Di clienti simpatici e/o interessanti ne aveva incontrati davvero pochi, in tutto quel tempo che aveva preso a lavorare lì. Anzi, a pensarci bene non ricordava nemmeno se, di fatto, avesse mai incontrato qualcuno di piacevole. Non come Abel, almeno. Dal basso della sua tenera età, durante quelle permanenze a casa Leiva non aveva potuto notarlo, o quanto meno non come stava facendo in quel momento. Non che provasse interesse nei suoi confronti, o meglio, ancora non poteva saperlo, dato che non aveva avuto modo nemmeno di poterselo chiedere. Ma poteva dire che stava apprezzando molto quel suo modo di fare, che non sembrava affatto appartenente ad una persona di alto rango, tutt’altro. Era elegante e nello stesso tempo semplice, proprio come era giusto essere.
«Poco modesto, mi dicono.» Corrugò la fronte ed annuì ironicamente, mentre quel sorriso si accentuava leggermente di più. Faceva quasi fatica a staccare lo sguardo da quelle fossette che si presentavano ogni qualvolta che egli sorrideva, ma lei ancora non se ne rese conto.
«Criteri di fratellanza? Mmmh…» Lo guardò con aria perplessa, mentre con lentezza si voltava nuovamente ed afferrò la stessa bottiglia di Whiskey che aveva utilizzato poco prima per riempire i loro bicchieri. La appoggiò sul bancone e tornò a scrutarlo, curiosa.
«Si serva pure.» Per esperienza, sapeva che, non fosse stato per Abel, avrebbe dovuto trascorrere ore su ore da sola, magari a cercare di studiare quel capitolo di Storia della Magia che proprio non le entrava in testa. Sapeva che per il momento nessuno avrebbe varcato quella porta, le probabilità che accadesse erano assai scarse. Sbuffò in una risata alle sue successive parole e si afferrò il labbro inferiore con i denti per un solo attimo.
«Diamine, si vede da lontano un miglio che lo è ancora!» Esclamò, in un tono di voce alquanto convinto. «In caso contrario, si sarebbe andato a sedere a quel tavolo laggiù e si sarebbe limitato a rivolgermi la parola soltanto per fare l’ordinazione.» Indicò il tavolo posto all’angolo opposto e tornò ad osservarlo con un’espressione sicura di sé. Sicurezza che svanì dopo aver udito il resto del suo discorso. Da tempo si era ripromessa di non lasciarsi andare, di limitarsi ad una chiacchierata breve e non andare oltre, in seguito alla botta di delusione che aveva ricevuto qualche tempo prima. E le parole di Abel la portarono a realizzare che aveva sorriso e per lei non era di certo una cosa da poco. Dopo un attimo di isolamento mentale, si ricompose, e quel sorriso sereno si presentò nuovamente sulle sue labbra senza che lei se ne accorgesse.
«Apparire carina… È di questo che si preoccupano le ragazze della mia età. Per me non è mai stata una priorità.» La sua poca autostima l’aveva portata ad accettarsi per ciò che era, seppur fin da quando era una bambina avesse il vizio di curarsi. Certo, non era una che si faceva problemi ad uscire dal Dormitorio con gli occhi gonfi per il sonno o per qualche lacrima versata durante la notte, ma il modo di vestire doveva essere perennemente ben abbinato, e i capelli sempre perfetti. Preferiva essere temuta, più che piaciuta. A dispetto del fatto che non si fosse mai apprezzata fisicamente, durante la sua vita aveva ricevuto tanti complimenti, ma le volte in cui li aveva considerati erano state davvero poche, se non pari a zero.
«…Ma la ringrazio, davvero.» Fece, sincera, abbassando di poco il tono di voce.
«Ma se questo è un tentativo di ricambiare le mie cortesie, missione fallita. Ne avrà di strada da fare…» Ironizzò, forse nell’intento di rompere quell’attimo di imbarazzo che stava provando. E una persona come lei non provava mai imbarazzo.
«Fossi in lei mi reputerei fortunato, in pochi hanno potuto assistere ad un evento del genere. Sophie Armstrong che sorride, quale avvenimento improbabile!»





 
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Abel Leiva
view post Posted on 19/6/2018, 01:16






Abel Leiva




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No, Abel non lo faceva per cattiveria, semplicemente non concepiva la finta modestia, forse perchè ne era sprovvisto. Non riusciva a capire il perche una ragazza talmente magra da dar l'impressione di poter essere spazzata via doveva dire di essere in sovrappeso solo per essere smentita dagli altri. A cosa quel serviva quel giochetto che molto spesso aveva visto fare? A cosa sarebbe servito dire che fosse un ragazzo orrido, sapendo che non fosse così? Erano gusti, certo, ma oggettivamente, seppur non rientrasse nei gusti standard di una persona, in tutta onestà lui pensava che ce ne sarebbe voluta molta di faccia tosta per poter dire di lui che fosse brutto. E allora perchè se lo sarebbe dovuto dire da solo? Per farsi dire da Sophie di essere un cretino od un bugiardo? Abel era sempre stato strano anche da quel punto di vista, non gliene era mai importato nulla del giudizio altrui, tanto meno gliene fregava in quel momento. Ma l'essere superiore agli altri o scemenze simili non c'entravano un bel niente, gli dovevano solo aver ammazzato la parte del cervello nella quale viene tenuta la modestia. E probabilmente, se fosse stato un poveretto alto un metro e trenta, grassoccio e con tanto di acne e fondi di bottiglia al posto degli occhiali, non si sarebbe mai dato del bello. Ma i suoi genitori a quanto pareva, una cosa buona l'avevano fatta. Anzi, due, considerando la sua sorellina minore, pensiero per il quale si perse di nuovo in qualche pensiero, abbassando il mento e sospirando per tornare a guardare la ragazza dietro al bancone. Diresti di te stessa di essere brutta? chiese con un sorrisetto complice, ammiccando appena. Se lui era certo di non esserlo, così era sicuro che la ragazza fosse certa di non esserlo affatto a sua volta. I criteri di fratellanza, si. Non lo avevano forse anche le ragazze? Il non poterci provare con quello che piace all'amica e roba simile. Era quasi un codice che valeva l'onore della persona, seppur a volte qualcuno lo infrangesse. Diciamo solo che non era gradita la presenza di ragazzi accanto a te, specialmente gli amici. Spiegò senza dilungarsi troppo, pensando solo in quel momento che fosse una bella cavolata. Lui non ci avrebbe provato con la cotta di un amico, ma perchè non poteva parlarle semplicemente di come procedessero le lezioni o del tempo? Non era un "provarci", quello. Ma aveva preferito non sentire storie e lamentele e non l'aveva mai avvicinata. Se non era di suo gradimento la finta modestia, odiava letteralmente le lamentele sena senso, le accuse infondate ed i piagnistei, specie se doveva dividerci anche il dormitorio per anni. In effetti, adesso era libero anche da quello. Non disse verbalmente nulla all'invito dell'altra al servirsi, le fece solo un cenno di ringraziamento con la testa e si riempì il bicchiere fino a metà, riappoggiando la bottiglia sul bancone. Il bello di avere alle spalle famiglie come le nostre, era che se fossero stati beccati a bere, potevano sempre usare il loro cognome per terrorizzare il malcapitato pronto a fare la spia. Ma al momento il locale era stranamente vuoto ed il problema non si porgeva. Dunque, solo perchè ho preferito venie al bancone e non al tavolo, fa di me una persona interessata? Non potevo sapere che ci fossi tu, li dietro. "Poco modesta, mi dicono" le rivolse un occhiolino divertito dopo averle rigirato contro le sue esatte parole e si portò di nuovo il bicchiere alle labbra, osservandola. Aveva l'impressione che stessero giocando al leone e la gazzella, entrambi presi a studiare l'altro nei minimi particolari, nessuno pronto a cedere. Dunque, chi era la gazzella, veramente? Ma tu non hai bisogno di lavorarci su commentò sulle priorità delle loro coetanee, dopo aver allontanato il bicchiere dalle labbra, poggiandolo sul bancone. Altre avrebbero bisogno di più che un aiutino commento cattivo ma vero. A volte, per quanto si potesse sforzare di non offendere nessuno, non poteva evitare l'evidenza. Se crede che per i miei standard, il ringraziarla si limiti ad uno scialbo complimento, si sbaglia di grosso sorrise di nuovo di quel sorriso che anche lei a quanto pareva, ricordava. Quello sghembo, quello che non lasciava capire od intendere se fosse o meno serio, quello condito di una venatura di malizia. Devo ritenere privilegiato me stesso o è un modo per dire "grazie per avermi fatto sorridere"? A me sembra più la seconda opzione. Se non sorrideva mai come egli stesso ricordava e come lei stessa affermava, non poteva essere un caso che lo stesse facendo con lui, proprio in quel momento, senza un motivo, no? Aveva merito, in qualche modo, di quei sorrisi che di mostruoso e terrificante, agli occhi di Abel non avevano un bel niente.


 
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view post Posted on 19/6/2018, 10:20
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Nel suo caso, Sophie era semplicemente priva di autostima. Non era mai riuscita a guardarsi allo specchio e poter dire “Oh, ma che bella ragazza”, non perché credeva di essere brutta o addirittura inguardabile, ma semplicemente perché non si era mai posta il problema dell’apparenza. Era consapevole piuttosto di avere un brutto carattere, di quello ne era convinta e a volte ne faceva persino un vanto. Il suo essere cinica l’aveva portata ad essere completamente insensibile di fronte ad una scena che ad un’altra persona avrebbe fatto impressione. Tipo il sangue, a lei non faceva assolutamente alcun effetto, anzi. Se era lei a provocarlo, al contrario, percepiva un senso di soddisfazione unico. Come quel momento in cui aveva affondato quel coltello nel petto di quell’Elfo Domestico, esseri per cui da sempre provava un profondo disgusto. Lo aveva lacerato fino all’altezza dell’ombelico, come a volerlo aprire in due. Ma fu costretta a lasciarlo lì agonizzante, dato che l’arrivo dell’allora Preside Bennet le aveva rovinato la festa. Ma, nonostante tutto, nessuno in quella scuola dubitava di lei. Aveva imparato a portare bene quella maschera sul viso, fin dal suo primo giorno in quel castello. La carica di Prefetto era stata principalmente una copertura per lei, ed in quel momento che non ce l’aveva più, avrebbe dovuto fare maggiore attenzione. Ma non era stupida, non si sarebbe fatta sgamare così facilmente. A prescindere da tutto, mai aveva detto a qualcuno di non piacersi, né tanto meno aveva mai sperato che qualcuno le potesse dire “Sei bella”. Certo, faceva piacere sentirselo dire, ma quei complimenti prendevano importanza solo se detti da una persona ai suoi occhi interessante. Figurarsi se avesse mai voluto fare la vittima per sentirsi dire “Ma no, non è vero, sei perfetta!”. No. Non le importava un bel niente. Semplicemente, peccava di autostima.
«No, non credo affatto di essere brutta, ma nello stesso tempo non credo di essere bellissima. Ho tanti difetti, davvero tanti, ed alcuni lati del mio carattere sono davvero inammissibili.» Ammise, stringendosi nelle spalle. Afferrò un’altra volta la bottiglia di Whiskey una volta che lui ebbe finito e se ne versò ancora un po’. Realizzò solo in quel momento che Abel, per la prima volta, si era rivolto a lei dandole del “tu”. Ma molto probabilmente non era voluto, molto probabilmente nemmeno se ne era accorto. E la cosa non le dispiaceva affatto, considerando che anche lei stesse facendo fatica a parlare in modo così formale con un suo coetaneo.
«Mi sembra di capire che possiamo darci del “tu”, dunque.» Si portò il bicchiere vicino alle labbra e ne bevve il contenuto, stringendo gli occhi una volta che ebbe finito. Appoggiò il bicchiere con forza sul bancone, senza rendersene conto, causando un rumore abbastanza forte. Si concentrò sul resto del discorso che egli stava facendo, ma le situazioni a cui faceva riferimento le erano completamente estranee. Non si era mai ritrovata a dover inseguire qualche bel ragazzo nell’intento di rimorchiarlo, né tanto meno a doverne discutere con qualche sua Concasata, considerando che, in realtà, lei non aveva mai dato confidenza a nessuno, non al punto di poter dire ad una ragazza: “Quel tizio mi piace”. No, mai. Per quel che diceva lui, Sophie era stata al centro dei discorsi degli studenti di sesso maschile che si aggiravano per la scuola, ma lei non ci aveva mai fatto caso. Probabilmente era stata notata semplicemente perché, fino ad allora, aveva ricoperto una carica importante quale quella di Prefetto, quindi, anche volendolo, come sarebbe potuta passare inosservata?
«Chissà cosa penserebbero i tuoi amici in questo momento, se ti vedessero parlare con me.» Che lui avesse cercato di evitare qualsiasi contatto con lei soltanto per non fare un torto ai suoi Concasati, ci stava pure, ma qual era la verità dei fatti? Lui si sarebbe spinto oltre, se non fosse stato per i suoi amici?
Inoltre sì, era estremamente convinta del fatto che Abel fosse ancora interessato a lei. D’altronde, perché in passato avrebbe dovuto esserlo ed in quel momento – che tra l’altro era diventata una donna in tutto e per tutto – non più? Sì, pensava che in caso contrario sarebbe rimasto lontano da lei, o, quanto meno, si sarebbe limitato a bere quel drink in silenzio.
«Decisamente sì, Leiva, ne sono convinta. Tra l’altro sei ancora qui, non te ne sei ancora andato. Potresti anche restare in silenzio, potresti pensare alle tue cose mentre io penso alle mie, no?» Sentì per un momento la testa annebbiata dall’alcol. Forse avrebbe dovuto smettere. Era sempre stata brava a reggerlo, ma, quando era a stomaco vuoto, le bastava davvero poco. Sorrise più del dovuto alle sue successive parole e mosse leggermente la testa in un movimento confuso. Lei non si curava maniacalmente il viso soltanto perché credeva di non averne bisogno. Semplicemente odiava ricoprire la sua pelle di roba strana quali creme, cremine, make-up e altre schifezze. Già mal sopportava i vestiti addosso, figurarsi altre cose che servivano soltanto per rendersi più bella.
«Oh, no, non credo affatto che tu sia così superficiale.» No, non aveva davvero creduto che Abel potesse cercare di comprarla con un semplice complimento, non lo avrebbe mai fatto. Rise nuovamente di gusto quando egli terminò il suo discorso, portandosi una mano sui capelli ribelli che si erano presentati dinanzi al viso, nell’intento di poterli spostare.
«Ripensandoci, credo proprio tu abbia ragione, Leiva. Ti sono estremamente grata per avermi fatto sorridere, ora sono io a sentirmi in debito con te.» Se scherzasse o se dicesse sul serio non era dato saperlo, dato che rideva ancora. Ma subito dopo si ricompose, spostando lo sguardo sulla bottiglia di Whiskey Incendiario che la stava nuovamente attirando.
«Forse è meglio farla sparire…»






 
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Abel Leiva
view post Posted on 20/6/2018, 16:56






Abel Leiva




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Il fatto di non avere molta modestia non stava certo a significare che Abel passasse le giornate a specchiarsi in qualsiasi cosa potesse creare un riflesso e quindi, a ripetersi quanto fosse bello. Immaginava che quello lo dovessero dirlo gli altri, non se lo diceva certo da solo e, a dire il vero, non perdeva nemmeno troppo tempo a perfezionarsi se non per le vesti, ma quello ormai era un vizio che gli avevano messo addosso i suoi genitori con gli anni. Se così fosse, non avrebbe quella chioma ribelle, cercherebbe di dargli una sistemata, ma quella era l'unica cosa che stonava quando la sua famiglia lo obbligava a vestirsi da damerino, ormai si era affezionato al quel modo di tenerli, come se fosse un simbolo del come non sia mai stato realmente un damerino e come non lo sarebbe mai stato. Ecco, questo si che se lo diceva, specchiandosi. Non era come i suoi. Anche se, da una parte, in quei giorni perfino quel pensiero aveva smesso di metterlo di buon umore a causa di sua sorella, perchè, al contrario, lei ci teneva ad essere impeccabile già ad undici anni. I suoi genitori stavano creando un mostro a loro immagine e somiglianza, la figlia perfetta che non avevano avuto con lui ed Abel si sentiva in fondo, un po' complice di tutto quello. Perchè se ne era andato lasciandola nelle grinfie di quei pazzoidi, perchè non le era rimasto accanto a cercare di farle capire che quello sbagliato non fosse lui, ma loro e tutte le diavolerie che le dicevano. Sarebbe diventata come loro, lo era già, e lui era stato egoista, se ne era andato, aveva permesso che accadesse senza muovere un dito, pensando solamente alla propria libertà. Strinse la foto che ancora stringeva nella mano sinistra e sospirò appena, abbassando le iridi smeraldine per poi rialzarle verso la ragazza bionda dietro al bancone. Allora sei una finta modesta, perchè non credo che ti debba dire io che tu sia molto in alto rispetto agli standard di bellezza delle nostre coetanee. Di certo, non direi che tu sia "carina" era vero, le stava dando del tu e nemmeno se ne era reso conto, ma l'alcool a stomaco vuoto saliva rapido e caldo dall'esofago al cervello. Non era ubriaco, ci mancherebbe, ma qualche freno inibitorio era andato a farsi maledire, poco ma sicuro. Non era mai stato uno che bevesse poi chissà quanto, ma il suo bicchiere di whiskey lo gradiva e lo reggeva volentieri. Finì in un sorso rapido ciò che rimaneva del proprio liquido ambrato nel bicchiere e lo abbandonò sul bancone, annuendo alla sua domanda sul darsi del tu, senza prolungarsi troppo, visto che lo stavano già facendo, sorridendo con fare sardonico alla sua domanda. Non è quello che loro penserebbero che mi preoccupa, ma quello che non sono riusciti a pensare per anni. Ovvero, di avere le speranze di un Elfo Domestico, con te. E lui lo aveva intuito? Ovvio che si, nessuno era mai riuscito ad avvicinarla in fondo, ma non aveva mai voluto mettere il dito nella piaga e dire apertamente cosa ne pensava. "Amico, cambia obbiettivo, con lei non hai speranze", per esempio. Se lui avesse mai pensato al contrario di poter avere speranze? Non ci aveva mai pensato, semplicemente l'aveva vista come la cottarella di tutti i suoi amici, come un Prefetto e non si era mai soffermato a guardarla troppo, ad apprezzarne la fisicità o a tentare di conoscerla meglio. E considerando che per un periodo, una ragazza l'avesse avuta, semplicemente non si era mai preoccupato di poter piacere o meno ad un'altra. Lo sai, hai ragione. Non me ne sono ancora andato. si passò un dito sul mento e le rivolse un altro sorriso sardonico chiedimi di farlo e me ne andrò, con tanti saluti ed altrettanti grazie per il servizio. Sfide. Quanto gli piacevano quel tipo di sfide. Era vero ciò che lei aveva detto, continuava a rimanere li, ma altrettanto era vero che lei non gli avesse detto di lasciarla lavorare, non lo aveva salutato e non si era a sua volta, congedata. Ergo, se a lui quella compagnia stava piacendo più del dovuto, perchè doveva pensare che non fosse lo stesso anche per Sophie? Le aveva appena servito su un piatto d'argento l'opportunità di dimostrare che orribile e brutto caratteraccio solitario avesse, come diceva, e quindi di salutarlo. Ma, sicuro di sè com'era, non credeva che sarebbe accaduto. Nessun debito, sono lieto di aver visto un sorriso, una ricompensa più che sufficiente. Continuò ad osservarla, incrociando le braccia al petto, facendo scivolare lo sguardo verso la bottiglia. Farla sparire? A lui non sarebbe dispiaciuto un altro bicchiere, ma tutto stava nella sua decisione di mandarlo via o meno. Non poteva di certo chiederle altro whiskey, se lei si fosse congedata, nell'assurdo caso in cui lui si fosse sbagliato, no? Sarebbe stato un controsenso.




Edited by Abel Leiva - 20/6/2018, 23:47
 
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view post Posted on 20/6/2018, 21:00
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Era più simile ai suoi genitori di quanto pensasse, e di questo se ne era accorta proprio durante i suoi primi due anni a Hogwarts, trascorsi principalmente a farsi beffe delle gaffe che rendevano i Mezzosangue protagonisti, a cercare di evitarli e persino offenderli nel momento in cui si trovava ad essere costretta a dover interloquire con uno di loro. Crescendo, nella sua solenne solitudine, si era resa conto di quali fossero le cose giuste e quali quelle sbagliate: per quanto continuasse ancora a non vederli come suoi pari, aveva smesso di prenderli in giro o di discutere su quanto superiore fosse il sangue puro, aveva smesso di evitarli persino, e soprattutto a chiedersi se un compagno di banco fosse uno di loro o meno. Ormai, non le importava più. Suo padre era stato la causa di tutto, non che sua madre fosse stata una persona migliore, dato che sembrava essere succube del marito. Non era mai riuscita ad avere un dialogo con loro, mai. Sapeva soltanto che sua madre si comportava in modo completamente diverso quando le due erano da sole, quando lui non era presente. Sembrava addirittura un’altra persona. Ma per quanto potesse guardarla con occhi amorevoli, Sophie non si era mai fidata di lei, né lo avrebbe fatto per i successivi anni. Era giunta alle condizioni di preferire mille volte la scuola a quella che avrebbe dovuto chiamare "casa". Non a caso, in tutti quegli anni, aveva deciso di trascorrere le vacanze natalizie a Hogwarts. In realtà, la spilla era soltanto una scusa da rifilare ai suoi genitori, ma era proprio in quel periodo che i ragazzini ribelli uscivano allo scoperto più facilmente. La scuola era semivuota, d’altronde non tutti gli studenti avevano una famiglia con cui trascorrere le vacanze, fatto stava che molti di essi, non avendo ricevuto un’educazione esemplare, amavano infrangere le regole, come d’altronde aveva fatto lei durante i suoi primi anni. In realtà non credeva che la maleducazione fosse il problema principale, quando si parlava di ribellione, vi erano diversi fattori che causavano tutto ciò. E per una persona come lei, che amava studiare le persone con un solo sguardo, era estremamente piacevole cercare di capire la natura dei loro comportamenti. Durante le lezioni, era solita scrutare movimenti e parole di compagni e docenti che fossero, e raramente riusciva a sbagliarsi. Riusciva a capire il loro modo di essere soltanto in quel modo. Ma quando si trovava a parlarci, come in quel momento con Abel, tutto appariva molto più semplice. Nel suo caso, ad esempio, aveva capito che egli fosse un ragazzo piuttosto solitario in quelle rare occasioni in cui lo beccava in Sala Comune dinanzi a quel caminetto, e così si rivelò essere in quel pomeriggio caldo. Fu probabilmente per quel motivo che i due non ebbero mai modo di interloquire a lungo: lei sociopatica, lui solitario. E se così non fosse stato, si sarebbe recato in quel locale con un gruppo di amici, di certo non da solo. Più trascorreva il tempo con lui, più Sophie si rendeva conto che quei due cocciuti e orgogliosi ragazzi fossero estremamente simili. Restò dietro quel bancone ad osservarlo e ad ascoltarlo con interesse e attenzione, mostrandosi perplessa alle sue prime parole.
«Mmmh…» Si limitò a dire, come a voler annuire, ma in maniera molto forzata. Lo sguardo si spostò in seguito sulla mano sinistra di Abel, la stessa che ancora reggeva qualcosa di non ancora definito. In quel momento più che mai la voglia di curiosare e scoprire cosa fosse o cosa ritraesse si fece ancora più presente. Ma non ebbe il coraggio di chiedere. Non sapeva esattamente per quale motivo, ma non avrebbe voluto apparire troppo curiosa o invadente. Oppure, molto semplicemente, non voleva fargli credere che fosse interessata a lui.
Continuando a parlare, egli confermò ancora una volta che Sophie Armstrong non era soltanto la Prefetto più cattiva e acida della scuola, ma riusciva ad essere anche una delle ragazze più ambite tra il genere maschile. Certo, vagando per i corridoi aveva avuto modo di poter udire alcuni commenti di poco gusto dei più volgari, ma effettivamente lei non ci aveva mai dato particolare importanza.
«E tu?» Le venne così, in automatico, senza pensarci neppure mezza volta. «Tu pensi di avere speranze con me, Abel?» Sul suo volto si dipinse un leggero ghigno e i suoi occhi chiari divennero più curiosi, mostrando persino un velo di malizia. Attraverso il suo modo di fare e anche di parlare, Abel aveva già dimostrato di essere un ragazzo abbastanza sicuro di sé, seppur molto trattenuto. Lo sarebbe stato abbastanza da negare l’evidenza?
Continuò a guardarlo con curiosità e restò per pochi secondi in silenzio in seguito alla sua successiva affermazione. Il sorriso che ne seguì le fece comprendere bene quanto lui stesse provando piacere a provocarla in quel modo, e lei avrebbe dovuto accontentarlo, considerando che l’alcol stava cominciando a fare il suo effetto.
«No.» Risposta secca e sguardo ancora più convinto del tono di voce. «Non te lo chiederei mai.» Ammise, poi, con un tono ancora più serio. D’altronde, perché avrebbe dovuto mandarlo via se Abel si era rivelato essere una parte molto piacevole della sua giornata? Anzi, a dirla tutta, l’incontro con lui, fino a quel momento, divenne la cosa più gradevole che fosse successa negli ultimi mesi, e quale altra stupida persona avrebbe rinunciato a qualcosa che le dava piacere? Lei, di certo, non era stupida, né tanto meno una persona che non sapeva esternare ciò che pensava senza alcun pelo sulla lingua. Piuttosto, afferrò per l’ennesima volta la bottiglia ormai non particolarmente piena di Whiskey Incendiario e ne versò una quantità più abbondante della precedente nel boccale di Abel. Lo stesso fece con il suo bicchiere che, seppur più piccolo, riuscì a contenere la stessa quantità di alcol.
«Non avrei mai creduto che un mio sorriso potesse mai essere una ricompensa per qualcuno.» Appoggiò la bottiglia sullo stesso punto di prima e, dopo essersi portata nuovamente il bicchiere vicino alla bocca, ne bevve quasi tutto il contenuto. Sì, stava cominciando a far fatica.
«La cosa mi aggrada.» Aggiunse poi, prima di portare lo sguardo oltre la figura di Abel, precisamente sulla porta di ingresso. Più che allontanare la bottiglia, forse sarebbe stato meglio chiudere i battenti.







 
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Abel Leiva
view post Posted on 20/6/2018, 22:30






Abel Leiva




Mago Adulto - 18 Anni




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Indubbiamente, li dentro cominciava a fare caldo, sempre più caldo. L'alcool saliva e lui non stava dando troppa importanza al fatto che non fosse abituato a bere chissà quanto, oltre ad aver bevuto la sua prima cosa alcolica molto tardi, a diciassette anni, solo come senso di sfida, appunto, quelle sfide che non amava perdere. Non era mai stato particolarmente attratto dal bere alcool, per una volta, non era stata una scelta imposta dai suoi. Non gli piaceva il modo in cui quelle bevande riuscivano a ridurre mentalmente e fisicamente le persone in veri e propri stracci umani. E per uno che ambiva a diventare Medimago o comunque, ad aiutare la gente, il distruggersi fegato e cervello con l'alcool non era mai stata sua intenzione nè una grande rinuncia sofferta. Amava sorseggiare due dita di whiskey, magari la sera, dopo cena e quindi, a stomaco pieno, davanti ad un buon libro, nella pace della sua nuova casa, ma nulla di più. Non che in quel momento fosse ubriaco, ma sicuramente l'effetto whiskey si faceva sentire come mai prima in vita sua. Niente che lui non potesse controllare, comunque. Almeno, così credeva. Si accorse dello sguardo della ragazza bionda verso la sua mano e si ricordò solo in quel momento di stringere ancora la foto fra le dita. Non disse nulla, non voleva accollarle la storia triste di una sorellina persa, non era sua intenzione e non era interesse dell'altra, o avrebbe chiesto, supponeva. La infilò in tasca con un gesto rapido e la dimenticò. Non voleva rovinarsi il pomeriggio a parlare dei suoi genitori, si era ripromesso che non si sarebbe più fatto condizionare la vita da loro e non gli avrebbe concesso di rovinargli quella conversazione. Tornò a posare lo sguardo sul viso della ragazza, cercandone lo sguardo. Era strano il trovarsi a pensare di averla conosciuta anni addietro e di non averle quasi mai rivolto la parola, di non averla mai degnata di sguardi interessati. Ma Abel era stato davvero poco precoce con le ragazze esattamente come lo era stato con l'alcool. Aveva avuto amici con la fidanzatina già a quattordici anni, lui era troppo distratto per rendersi conto di essere osservato da una ragazza in modo particolare, da un'altra avvicinato più del normale. Aveva sempre preso tutti quei gesti come semplicissimi gesti di amicizia, fra una lettera di rimprovero, una nottata passata in bianco a studiare ed un'altra passata ad allenarsi con la squadra di Quidditch. Ma pensava che fosse giusto così Aveva baciato capendo cosa stesse facendo, non con una cottarella da quattordicenne, aveva avuto una storia reale, non effusioni da ragazzino, aveva sviluppato una malizia reale all'età che a lui sembrava giusta, non a dodici anni. Aveva compiuto tutti gli step della vita di un normale ragazzo con i suoi tempi, senza perdersi nulla ma senza affrettare nulla. E, nel diventare un uomo, perchè oramai era un uomo, nel suo particolare carattere aveva sviluppato anche diversi modi di fare riguardo il gentil sesso. Era deciso, non lo si poteva mai vedere balbettare od arrossire, riusciva ad essere sarcastico e malizioso ma mai scadendo nel volgare, non allungava mani, era un gentleman, riusciva a non far capire se scherzasse o meno, rifiutare con tatto o accettare senza però adulare troppo. Non era di certo di quelli tutto cuoricini, cioppi-cioppi, nomignoli assurdi e troppi ti amo, non amava le cose troppo smielate ma era riuscito a fare gesti e regali che avevano in sè del romanticismo assoluto. Ma senza far cadere i denti per il diabete. Era strano, lo era sempre stato in tutto in fondo, era sempre stato quello pieno di sè, il pallone gonfiato umile, il fiero Purosangue che non odiava affatto i mezzosangue, quello che seguiva rigidamente le regole per poi infrangerle, una contraddizione umana che avrebbe mandato in confusione anche se stesso. La sua domanda non lo colse impreparato, figuriamoci: lui era anche quello della risposta pronta, sempre e comunque. Allungò la mano destra per tentare di afferrare il polso di Sophie, in modo deciso ma senza alcuna intenzione di farle male, guardandola in viso. Sinceramente? Si. Si, pensava di avere possibilità con lei ma lei stessa glielo aveva confermato, dicendogli che non avrebbe avuto intenzione di cacciarlo od allontanarlo o qualcosa del genere. Smentiscimi, Miss "Ho-Un-Brutto-Carattere-Lasciatemi-Sola sorrise appena e si sporse verso di lei, continuando a tenerla per il polso, puntando direttamente le sue labbra ma senza toccarle. Non lo faresti addirittura "mai"? Mai è un tempo severamente lungo, vuoi che ti chieda di sposarmi, per caso? ora la stava palesemente prendendo in giro, la mano sinistra poggiata sul bancone, l'altra intorno al suo polso, il busto chinato oltre quel bancone, gli occhi a cercare i suoi. Se la cosa comincia a non aggradarti più, sei autorizzata a buttarmi fuori, miss Armstrong. Altrimenti... Altrimenti? Altrimenti l'avrebbe baciata, senza sè e senza ma, altrimenti avrebbe avuto ragione ad essere stato sicuro di se stesso. Sarebbe stato un semplice bacio, un tocco sulle sue, ma comunque, un bacio. Si, cominciava a fare caldo la dentro.


 
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view post Posted on 20/6/2018, 23:52
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Sophie



Armstrong



Serpeverde - III Anno - 17 Anni




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Non era ancora ben chiaro se il caldo che Sophie sentiva fino al cervello fosse dovuto alle temperature alte della stagione o all’effetto dell’alcol. Aveva decisamente esagerato, su questo non v’era dubbio, ma, non contenta, si scolò ciò che era rimasto nel suo bicchiere proprio dopo aver terminato di parlare. Lei, al contrario, aveva sempre apprezzato l’alcol, ma in quantità accettabili. Le piaceva l’effetto leggermente stordente che era capace di regalare una piccola quantità, ma non era mai arrivata al punto di ubriacarsi. Certo, c’era stata un’occasione in cui aveva un attimino superato il limite, occasione che in quel momento le ritornò in mente. Si trattava proprio della Festa di Fine Anno del precedente anno scolastico, evento in cui Serpeverde aveva vinto la Coppa delle Case dopo molto tempo e lei, da buon Prefetto, si era sacrificata nel festeggiare. Al ritorno avrebbe dovuto scortare il suo gruppetto di primini fino al Castello, li avrebbe dovuti riportare sani e salvi, e di fatto così fece, nonostante la sua mente fosse andata ormai a farsi benedire. Anche se quell’evento le rievocava brutti ricordi, da fedele adepta di Salazar, si sentiva ancora estremamente soddisfatta del risultato che la Casata aveva raggiunto. Insomma, in quell’occasione si ritrovò a giungere in Sala Comune leggermente brilla, ma stava di fatto che non aveva bevuto a stomaco vuoto come in quel momento.
Sentiva la testa annebbiarsi sempre di più. Sapeva che era una cosa sbagliata da fare, sapeva che non avrebbe dovuto, ma non poteva farci nulla. Tra una provocazione e l’altra, quella bottiglia si era fatta sempre più invitante e lei non era riuscita a trattenersi. D’altronde erano mesi che viveva nella completa apatia, un po’ di spensieratezza se la sarebbe pure meritata, no? Non sapeva nemmeno se effettivamente fosse incuriosita da Abel più del dovuto perché in effetti lui era interessante o se fosse anche in quel caso tutta colpa dell’alcol. Ma, a pensarci bene, aveva cominciato a dargli confidenza già prima di bere, quindi questo doveva essere già un indizio bello e buono. Ormai abituata ai clienti provoloni che le si presentavano davanti, si rese conto in quel momento che nessuno di loro era mai stato come Abel. Lui aveva un modo di fare completamente diverso, parlava in un modo che Sophie non poteva far altro che apprezzare e, soprattutto, la stava mettendo in difficoltà. Faceva fatica a sopportare il fatto che qualcuno potesse riuscire a zittirla, ma in quel caso tutto si stava rivelando essere alquanto piacevole. Non sentiva quel senso di benessere da tempo, e da un lato la cosa la preoccupava. O meglio, l’avrebbe fatta preoccupare, se fosse stata lucida. Ma lucida non era, quindi tutto ciò che avrebbe detto o fatto sarebbe stato dettato semplicemente dal suo impulso. Aveva agito d’istinto davvero pochissime volte nella sua vita, ma non se n’era mai pentita. Quanto alla sua ultima e unica storia d’amore che aveva vissuto, l’unico pentimento che aveva provato fu proprio il cedimento. Aveva dato il suo cuore ad una persona che non lo meritava, e di quello sì, se n’era pentita amaramente. Era passato del tempo, ed in quel periodo si rese conto di quanto fosse stato indispensabile sbagliare almeno una volta nella vita. Lei aveva sbagliato a fidarsi di qualcuno, ma, si sapeva, gli errori aiutavano a farti crescere. E lei era cresciuta, in un certo senso. Si era ripromessa di non cedere più alle lusinghe di qualcuno, ma allora perché Abel non era ancora stato mandato fuori a calci dal locale?
Lo osservò mettersi in tasca ciò che reggeva e per un attimo si sentì in colpa per aver osservato quella mano così troppo a lungo. Preoccupazione che però non durò poi troppo a lungo, dato che Abel la costrinse a spostare le sue attenzioni altrove. L’attimo prima il suo sguardo era vuoto e gli occhi si erano assottigliati per via degli effetti dell’alcol, ma nel momento in cui la mano calda di lui raggiunse la sua pelle, Sophie, d’istinto, portò il suo sguardo sul viso del ragazzo. Nessun ghigno, nessun sorriso, in quel momento. Restò in silenzio ad ascoltarlo e le sue labbra si curvarono leggermente solo dopo la fine di quel discorso. Decise di evitare di confermargli di provare interesse nei suoi confronti, ma molto probabilmente lo avrebbe dimostrato in altri modi, quindi andò oltre.
«Non lo farei mai oggi, in questo momento. Sai, Abel, bisogna sempre valutare il lasso di tempo a cui un “mai” o un “sempre” possano riferirsi. Il mio “mai” poteva arrivare fino a massimo la mezzanotte di questa calda giornata.» Per quanto sicura di sé potesse cercare di apparire, non ce l’avrebbe fatta in quel momento, non con l’alcol in circolo nel suo sangue. Ma quanto meno si sforzò.
«Sarei pazza a desiderare di passare una vita intera con uno come te…» Aggiunse, più ironicamente, senza muoversi da quella posizione.
«Non temere, Leiva. Non mi sono mai fatta problemi a buttar fuori da questo pub la brutta gente.» Non avvicinò ulteriormente il suo viso al suo, né si allontanò. Non si sentiva a disagio né in imbarazzo, e di certo non gli avrebbe dimostrato il contrario. Portò lo sguardo sulla mano che stringeva il suo polso e lo guardò per un breve lasso di tempo, prima di tornare a cercare i suoi occhi. Non ebbe neppure il tempo di ragionare né di rendersi conto della troppa vicinanza del viso di Abel al suo che le loro labbra si ritrovarono unite in un bacio. Un senso improvviso di panico si impossessò di lei. Tutto accadde così velocemente da non riuscire a realizzarlo e lei si ritrovò completamente immobile per qualche secondo. Immediatamente si staccò da lui e il suo sguardo penetrò i suoi occhi.
«È così che funziona, Abel?»
Poco dopo, la mano sinistra si sarebbe staccata dal piano del bancone e, decisa, sarebbe andata ad afferrare il colletto della sua camicia nell'intento di spingerlo nuovamente verso di sé. Avrebbe schiuso le labbra, tentando di trasformare quel bacio casto in qualcosa di più intenso.






Edited by Sophie Armstrong - 21/6/2018, 01:19
 
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Abel Leiva
view post Posted on 21/6/2018, 01:07






Abel Leiva




Mago Adulto - 18 Anni




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Abel non era mai stato uno eccessivamente riflessivo, ma nemmeno impulsivo. Calibrava bene le due cose, non si buttava a capofitto in qualcosa se non fosse stato certo che la percentuale di rischio fosse accettabile ma in quel momento, l'istinto sembrava avere la meglio su ogni singola sua molecola razionale. Non si sarebbe mai sognato di toccare qualcuno se non in stretta confidenza, non si sarebbe sognato di dire o fare determinate cose eppure, colpa dell'alcool, probabilmente, sembrava che non gliene fregasse un bel niente delle conseguenze, che non gliene fregasse un bel niente del fatto che si trovasse in un locale pubblico e che qualcuno sarebbe potuto entrare da un momento all'altro, non ci pensava e basta e quella leggerezza in fondo, lo faceva stare bene. Se ne sarebbe pentito e strapentito, una volta tornato completamente lucido ma in quel momento, semplicemente, non ci pensava ed andava bene così. Era stato una vita intera costretto in manette metaforiche, aveva combinato qualche guaio per la quale era stato rimproverato o punito severamente, ma non era mai andato troppo fuori dalle righe, mai, sempre ancorato ai suoi genitori ed alle loro mille regole ed ora era libero. Il che non voleva dire che se ne sarebbe andato in giro a bere e a baciare tutte le persone di sesso femminile che gli sarebbero capitate a tiro ma Sophie era diversa. Aveva visto in lei tante cose che gli ricordavano se stesso, tante similitudini, forse dettate da famiglie molto simili fra loro, oltre ad apprezzarla fisicamente, ma questo non aveva avuto alcun remore di dirlo ad alta voce. Le sorrise sempre in quel suo modo sghembo di fare e si strinse nelle spalle in un gesto rapido, quasi automatico. Allora dovresti stare attenta a come ti esprimi, o qualcuno potrebbe capire male perchè si, detto così, quel "mai" era suonato come un mai generico e lo era, se lei non avesse specificato solo dopo che si stesse riferendo a quel giorno. Quindi da mezzanotte di oggi in poi, non sarò più il benvenuto? domandò sarcastico, senza lasciare andare quella presa sul polso della ragazza che forse andava avanti da troppo o no? Non se ne stava preoccupando, non se ne stava rendendo conto. Davvero? Ed io che cercavo moglie! sbuffò divertito, perchè aveva ragione, quale persona sana di mente gli avrebbe chiesto di passare la vita insieme dopo una sola chiacchierata ufficiale? Era vero, si erano visti e rivisti, ma quella era la prima volta in cui parlavano sul serio e lui non dava esattamente l'idea di uno da sposare, tutt'altro. E tanto meno ci si vedeva lui stesso come maritino, non con lei e non con nessun'altra al mondo ma erano pensieri alla quale stava ragionando? No. Allora fallo. Buttami fuori. Fa qualcosa invece di minacciarla e basta sussurrò, avvicinandosi a lei dall'altra parte del bancone. Fortunatamente era abbastanza alto da potersi sporgere più del previsto, di fissarla da molto vicino, di baciarla, perfino. Ma quando lei si staccò, irrigidendosi, quel barlume di coscienza tornò a farsi vivo in lui. Deglutì e la osservò, quasi in procinto di scusarsi se solo non fosse stato appena acchiappato per il colletto e messo a tacere da un secondo bacio, un bacio vero, un bacio che non aveva nulla a che vedere con quello precedente. Sapeva di alcool, del suo buon sapore, di sbagliato eppure di terribilmente eccitante. Funzionava così? No. C'erano mille motivi per il quale sarebbe dovuto terminare tutto li ma non ne prese in considerazione nemmeno uno. Staccò la mano dal polso della sua ex concasata e le fece salire entrambe verso il suo viso, afferrandola per stringerla di più, continuando quel bacio senza nemmeno riprendere respiro, senza nemmeno capire quanto diamine stesse scomodo con il bancone di mezzo, ma non sarebbe stato lui a terminarla li. Si staccò solo un attimo, umettandosi le labbra e sussurrando un semplice è così che mi butti fuori? per tornare sulle sue labbra, accarezzandole con la lingua prima di cercarne la gemella ed intrecciarla con la sua, schiudendo gli occhi. Al diavolo le regole, le catene, il giusto, il nome, il posto... Per una volta in vita sua stava facendo quello che voleva, non quello che doveva e gli piaceva da impazzire.


 
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