Abel Leiva |
|
| Abel Leiva
Mago Adulto - 18 Anni Ormai le temperature cominciavano a diventare gradevoli. Non che da quelle parti facesse mai troppo caldo, spesso era uggioso, ma quel giorno, il cielo era limpido e le poche nuvole presenti non erano affatto minacciose. Abel era fresco di studi, per la precisione, con l'imminente fine della scuola sarebbe scoccata la fine del suo anno sabbatico. Dopo aver conseguito i M.A.G.O., la prima cosa che fece fu trovare la libertà tanto agognata, prendere tutte le sue cose dal maniero di famiglia nei pressi di Liverpool e scappare da quella sorta di gabbia d'oro dove da sempre era stato rinchiuso, con tutto ciò che desiderava di materiale ed economico a disposizione ma senza mai un filo di affetto. Venuto su come un soldatino da ammaestrare, aveva almeno avuto la forza di non lasciarli prevalere su di lui ed aveva contato i giorni che lo avrebbero portato alla sua maturità e quindi, alla sua libertà, come i bambini contano i giorni che li separano al Natale. Diciotto anni ed una vita intera appena spalancataglisi davanti, ma tanti dubbi, tante domande. Aveva passato così tanto tempo a pensare a come sarebbe stato l'essere libero, finalmente, che ora che lo era non sapeva da dove cominciare. Un lavoro, presupponeva, visto che una casa l'aveva già. Quella era stata la prima cosa che aveva comprato, a dire il vero. Lontano da Liverpool, lontano da tutto ciò che potesse ricordargli il suo passato li. Gli dispiaceva solamente per la sua sorellina, si colpevolizzava anche troppo per lei, ma non poteva farci nulla. Presto avrebbe iniziato la scuola, senza ombra di dubbio sarebbe finita a Serpeverde come tutta la famiglia, Abel compreso, ma non era la casata il problema. Lui non poteva che darsi colpe per quello che sua sorella sarebbe diventata e che stava già diventando: come i loro genitori. Aveva solo undici anni, ed invece di pensare a giocare con le bambole si preoccupava di non essere seduta accanto a qualche figlio di babbano, di come stessero i propri capelli...Chiamava Abel "indegno", proprio come i suoi genitori avevano fatto per tutta la vita. Non c'era più speranza per una bambina di undici anni o doveva pensarci due volte prima di abbandonare casa e cercare di farla crescere con qualcuno che le dicesse la verità del come funzionasse il mondo? Quella domanda lo stava letteralmente torturando da quando i suoi gli avevano scritto che non sarebbe stato il benvenuto per l'undicesimo compleanno della sorella. Undicesimo. Sospirò, seduto in modo composto ad uno dei tavoli di Florian Fortebraccio ed afferrò la copia della Gazzetta del Profeta che aveva portato con sè, voltando pagina in modo distratto. Il mantello era poggiato sulla sedia vuota accanto a sè, non aspettava nessuno, non sapeva da dove diamine iniziare e non poteva evitare di ritrovarsi a leggere per la decima volta la stessa riga, perso in mille e più pensieri.
|
| |