Χείρων

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view post Posted on 20/6/2018, 15:32
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Il Fato

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Mira c'ha fatto petto de le spalle;
perché volse veder troppo davante,
di retro guarda e fa retroso calle.

(Dante (XX, 37-39)



La primavera era ormai sbocciata, l'estate era alle porte, e con essa gli esami. Era la migliore delle stagioni, o comunque se la faceva con il primo autunno, anticipando o seguendo quella minacciosa fase del gran caldo. Era un tranquillo lunedì pomeriggio, il pranzo già da qualche ora alle spalle, e un folto numero di teste erano ancora chine su più o meno lunghi rotoli di pergamena, in un'insolitamente silenziosa aula di Storia della Magia. I banchi erano quasi gremiti, e altrettanto insolitamente separati, come un arcipelago di isolette, dal davanti di ognuno pendeva la prima parte di un rotolo di pergamena che recava un'intestazione dall'aria ufficiale, e solenne tra i tanti ghirigori e svolazzi 'Simulazione della Prova d'Esame, corso di Storia della Magia, III Anno'. Il vecchio mago passeggiava pensieroso e meditabondo da ormai più di un'ora tra i banchi, ora richiamato da un lato, ora all'angolo opposto, dispensando qualche assenso, e qualche risposta destinata a sollevare più dubbi di quanti non ne risolvesse, quando infine era tornato alla cattedra. A ben vedere una mossa programmata, e prevedibile, dall'ultimo laconico proclama erano ormai trascorsi i fatidici cinque minuti finali della simulazione, e... la frittata era ormai fatta.

Tempo scaduto, signori. Giù le piume.
In piedi quelli dell'ultima riga, portino qui le pergamene, e così via.


Un flusso ordinato di rotoli, e alunni raggiungeva la meta e defluiva ordinatamente fuori dall'aula, mentre la pila di pergamena cresceva a vista d'occhio. Per esser stata una simulazione molto era stato scritto, e come di consueto in pochi, forse nessuno, avevano dato molto peso alla lunghezza massima prevista, ma semplicemente scritto più piccolo. Come se in fondo, la più anacronistica delle leggende metropolitane fosse vera: più fosse stato lungo l'elaborato, meglio sarebbe stato per tutti. Il vecchio mago dal canto suo era stato abbastanza elusivo sul se avrebbe o meno tenuto conto della simulazione nella valutazione della media finale, e anche quello aveva contributo nel gettare ulteriore legna sul fuoco. Ormai era fatta, i giochi chiusi, e si era fatta una certa ora. Levò il disturbo tra un cenno e un saluto, con la cartella di sempre sotto il braccio, e un Serpeverde che lo seguiva con le pergamene. Direzione? Il quinto piano, lasciare le scartoffie in ufficio, rimediarne di nuove per la simulazione di quelli del VI Anno, e ridiscendere nel dipartimento di Storia della Magia. Un momento prima si trovava ancora lì, sulla soglia, a discutere con un Corvonero e una Tassorosso, un momento dopo lui, il Serpeverde, e soprattutto le pergamene si erano semplicemente volatilizzati. E lui, Oliver Brior, si trovava in un mare di guai. Nell'angolino della prima fila, a destra della cattedra, con ancora davanti il rotolo della simulazione. Si era attardato lui, o si erano scordati loro? Seppur plausibile come ipotesi, quanto sarebbe stato saggio sottolinearlo? Eppure, aveva problemi ben più gravi in quel momento da risolvere. Cosa doveva fare? Era vero non fosse l'esame, non era neanche giugno a ben vedere, ma era pur vero che fosse la cosa più simile a un esame che ci sarebbe stata quell'anno. Esisteva la possibilità di non essere ammessi agli esami? Sarebbe stato il primo? Si alzò improvvisamente in piedi, la borsa con i libri delle ore successive era ancora a terra, dimentica, alla pari del mantello penzolante sullo schienale della seduta. Qualche macchia d'inchiostro sui palmi, e la piuma che lo scrutava quasi burlandosene ancora sul legno. Aveva il rotolo in mano, e doveva prendere una decisione, in quello stesso istante. Correre? Sapeva dove stavano andando, quanto meno. Lasciar perdere, e giustificarsi poi a cena, dove era sicuro l'avrebbe rivisto?



Mi giunse voce che abbiamo un'abilità da sistemare, giusto? Inizia la Quest per Divinatore fatto e finito, Mr Oliver Brior è desiderato ai box. Sarà una cosa un po' strana, ma credo utile allo scopo, e soprattutto dovrebbe funzionare. Il Fato si rammarica del ritardo, ma... una cosa tira l'altra. Essenzialmente credo la situazione del punto zero sia chiara, no? È appena terminata la simulazione, sei rimasto in possesso del rotolo, come credo chiunque reagirebbe dovresti tentare di liberartene il prima possibile, senza buttarlo dalla finestra, consegnandolo effettivamente. Non abbiamo premura, evidentemente.
 
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view post Posted on 23/6/2018, 16:11
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Svegliati, bambino mio.
Sentiva la sua voce più di qualsiasi altra. Nitida, precisa, colma di una paura che non aveva mai percepito prima di allora, non così forte. Un richiamo all'origine primordiale, al confine fra vita e morte, in grado di superare la prima, di sottrarsi alla seconda. Svegliati, bambino mio. Svegliati. Il sonno era finalmente arrivato, da quanto a lungo lo stava aspettando, da quanto gli era stato negato. Aveva pensato, in modo infantile, di aver peccato in qualche modo, di aver commesso un grave errore per meritare quel mancato riposo; era così piccolo, il corpo rannicchiato su se stesso, le braccia che si stringevano al petto in un abbraccio che gli era stato negato dalla notte, il cuore che non batteva più all'impazzata, il respiro in pace per davvero, non più compromesso, non più sotto pressione infinita. Non voleva aprire gli occhi, non lo desiderava. La sua più grande richiesta era stata esaudita, era in silenzio, era da solo. Svegliati. Svegliati, bambino mio. Svegliati. Lo stavano chiamando, sentiva quella voce, ancora una volta, ed era così familiare da spingerlo all'estremo di ogni parte di sé. Avrebbe sacrificato la calma che tanto aveva agognato, avrebbe gettato tutto alle ortiche, si sarebbe detto pronto alla tensione eterna, alla dannazione della ferita più profonda. Svegliati, bambino mio. Lo stavano cercando, non riuscivano a trovarlo: era lì, su quel divano sporco di briciole, su quel cuscino macchiato dalle lacrime. Aprì gli occhi, lentamente, prima l'uno e poi l'altro. Sei sveglio, bambino mio. Il profumo di vaniglia del tessuto morbido che aveva solleticato la guancia destra, un bacio appena rubato al suo volto smunto, le mani che tentavano di aprirsi, palmo contro palmo, per essere strette. La consapevolezza di essere andato via, troppo distante per essere seguito, troppo vicino per essere definitivamente al sicuro. Bambino mio, bambino mio. La voce più calda, più sincera, più gentile. Loras era morto, ricadde quella colpa - quella certezza - come un macigno sull'esile figura. Il piccolo non riuscì a respirare, tornava il pericolo; non apriva bocca, tornava il dolore; non riusciva neanche più a piangere, tornava l'inadeguatezza più asfissiante, assoluta, impassibile. «Mamma.»
Oh, bambino mio.

La piuma scriveva a più non posso, stretta con un'energia così sicura dalle mani del Caposcuola da scaricare in qualche modo quella conoscenza su carta ed inchiostro. Non una macchia, non una sbavatura, non una parola sbarrata: la fretta era sinonimo di malcelata qualità, ma non per lui. L'eleganza della sua persona era intatta attraverso l'ausilio della sua calligrafia: né il tempo che stava per sfumare al volo né la considerazione di dover rispondere ancora all'ultima domanda della prova d'esame avrebbero potuto compromettere la sua precisione. Oliver era nato per quel ruolo, non si sentiva mai esageratamente in difficoltà in contesti in cui c'era da mettersi in gioco totalmente. Apprezzava la sfida, soprattutto con se stesso. Nell'intero castello, però, c'erano due persone di cui il Veggente aveva e stima assoluta e paura totale per un fallimento di qualsiasi genere: una era il professore di Storia della Magia. Oliver spiccava, per natura e per passione, in più di una materia e quella era una delle sue preferite in assoluto: la comprensione del Passato, per lui, equivaleva ad una migliore analisi del Futuro, di cui era partecipe in modo perfino maggiore, anche più attivo. Quando Peverell aveva annunciato una simulazione d'esame, gli appunti di tutte le sue precedenti lezioni erano già saltati tra le mani del ragazzo: fra una ronda notturna in solitaria, un pomeriggio di libertà in biblioteca e un paio di ore di lettura approfondita alle rive del Lago Nero, si era detto così sufficientemente preparato per quella mattina. La richiesta su Nicholas Flamel e l'arte alchemica era stata tra le più facili cui rispondere, stesso discorso non era stato fatto per Montmercy. Ricordava soltanto un preciso collegamento con i Filtri d'Amore e per quanto avesse mandato a memoria la preparazione degli stessi, sulla scia di una spiegazione impeccabile nel corso di Pozioni, era esattamente il racconto dietro quell'invenzione a sfuggirgli. Era stato abbastanza furbo - perlomeno sperava di esserlo stato - da girarvi attorno, in una riflessione più filosofica che prettamente dettagliata. Anche se facoltativa, quella domanda avrebbe potuto assicurargli un voto di spicco e con Peverell, il cui giudizio per Oliver valeva più di ogni altra cosa tra quelle mura, non avrebbe mai voluto peccare di negligenza. Si augurò di essere stato attento al pari delle lezioni che aveva seguito con profondo piacere e quando finalmente pose un punto conclusivo all'ultimo quesito - sul Paiolo Magico era veramente preparato -, sollevò lo sguardo per segnalare al docente la consegna del suo compito. Quando si accorse di essere rimasto da solo, la sorpresa mutò in un attimo in preoccupazione pura. Se il cuore rispose con più battiti al secondo a quella scoperta, il respiro fu meno generoso, spezzandosi di netto. Boccheggiò alla ricerca di aria, mentre la ragione macinava più pensieri insieme del solito, fin quando Oliver si ritrovò di scatto in piedi, vinto da un istinto che suggeriva di inseguire l'insegnante prima che potesse essere troppo tardi. Abbandonò la piuma e la boccetta d'inchiostro sul banco, recuperò soltanto il plico di pergamene del suo esame e la borsa a tracolla accanto al tavolo di legno, partendo in confusione e sicuramente di corsa verso la direzione della sua unica salvezza.
«Professor Peverell, professore!»
*Per Merlino ballerino!*
 
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view post Posted on 24/6/2018, 10:36
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Sì insomma, un Vecchio con tanto di bastone, e un ragazzino, non potevano essere andati lontano. Non dovevano essere andati lontano. La prima vittima celebre di quella dannata fretta, di quella grande scommessa, era stato il mantello, abbandonato nella ritirata sullo schienate della sedia. Ma avrebbe avuto tempo più tardi di ritornare sulle sue orme, per riportare ordine in quell'incredibile guazzabuglio di priorità. Si era ricordato la borsa. E correva. Si era lanciato fuori dall'aula, prima travolgendo i due ignari studenti, poi il resto della classe nelle immediate vicinanze, in capanelli improntati al pubblico raffronto tra risposte che sembravano a tutti tutto fuorchè evidenti. Cosa diamine aveva voluto dire la quarta domanda? E perchè quella strana conclusione, nell'ultima? Eppure, il giovane Grifondoro non aveva tempo per tutto quello, correva nel mezzo del corridoio, circondato da soli studenti, in direzione delle scale. Doveva essere diretto alla Torre. Se avesse tagliato per la scorciatoia al I piano, passando poi dalle scale di servizio del II sarebbe arrivato dalla parte opposta, e con un pizzico di fortuna si sarebbero trovati faccia a faccia, nelle ultime yarde a disposizione. Un azzardo. Ma in fondo, dove diamine era finito? Era di fretta? Al termine del corridoio, al confine del dipartimento di Storia della Magia, imboccò la sinistra, finalmente sulle scale, almeno era quello il pensiero. E un fulmine senza tuono lo investì.

Era su quelle stesse scale, correva alla stessa maniera, aveva in pugno lo stesso rotolo, e sulla seconda mano aveva la stessa macchia d'inchiostro. Risaliva la scalinata balzando due scalini alla volta, lo sguardo verso l'alto, speranzoso di scorgere da qualche parte quella seta sgargiante arancione che poteva equivalere alla sua salvezza. Eppure... ovunque guardasse in alto, di lato, ancora più in alto, nessuna traccia di arancione. E poi lo sguardo, in parte abbagliato dal sole, era scivolato involontariamente pochi passi oltre a dove si trovava, se 'alle scale piace cambiare', era nel bel mezzo di un radicale cambiamento, e rischiava di precipitare al suolo, dal I piano.

Quando si riebbe stava comunque ancora correndo, eppure era decisamente più in basso, aveva appena svoltato su quelle stesse scale, che risaliva con foga. Il primo nuovo imprevisto non tardò a palesarsi: da un secondo corridoio apparve improvvisamente una pattuglia folta di Studenti del I Anno, capitanati dal Docente di Volo, Grifondoro, armati di scope, e diretti al campo di Quidditch. L'urletto lanciato da un minuscolo Rosso-Oro moro e non più alto di un furetto anticipò e seguì l'impatto che ebbe con il Caposcuola, un po' troppo lanciato per potersi arrestare in tempo. Eppure, continuava a non avere tempo neanche per quello, quella era la verità. Scartando, incespicando, e scusandosi, passò rapidamente oltre. Correva di nuovo, ancora in alto, lungo una nuova rampa. La seconda vittima che la fretta aveva mietuto era appena caduta: la borsa, rimasta appesa al manico della scopa di un 'qualcuno' non meglio identificato di quella classe. L'avrebbe ritrovata, ma non c'era tempo in quel momento per quello, e per molto altro. Correva ancora, in solitaria, un'inspiegabile brezza gli agitava i capelli, e si infilava lasciva sotto i polsini della camicia. Lo stesso abbagliante raggio di sole di poco prima si trovava ora nelle medesima angolazione... Era tutto un déjà vu? E se era vero stava correndo un pericolo mortale, sospeso nel vuoto...


Dunque, prosegue la maratona. Non male direi, prossima tappa: Olimpiadi? Imbocchi le scale, quando inaspettatamente qulla che su due piedi potresti anche non riconoscere come una visione si palesa. Essendo la prima credo valga la pena spendervi un paio di righe. Stai correndo, risalendo la prima rampa di scale tra il piano terra e il I piano quando arriva tra capo e collo questa visione, che è semplicemente un anticipo di quanto accadrà di lì a una manciata di istanti. Mentre è in corso, il tutto condensato anch'esso nell'arco di pochi scalini, arrivi pressochè a ridosso dei primini della classe di Volo di Grifondoro, diretti al Campo, con il professore. Nell'inevitabile scontro che segue, come al solito lascio a te il definirne i dettagli, 'lasci' appesa a una scopa la borsa dei libri, tanto non servirà a granchè. Non perdi tempo, e prosegui. Arrivi a percorrere in solitaria la terza rampa delle scale, dunque ormai sei quasi al I piano, quando improvvisamente tutto assume quel retrogusto del 'già visto', a partire da quel raggio di sole fastidioso. La rampa si sta ancora muovendo, da qui anche l'inattesa brezza, ma sin tanto che guardi 'in alto e in giro' potrebbe non essere così scontato. Sarà bene però accorgersene, prima di provare l'ebrezza di essere Icaro. Attendi che le scale giungano a destinazione, e prosegui per il corridoio del I piano.

PS: Mi stavo scordando che l'obiettivo è raggiungere il II piano, e non il V, è quello l'ingresso della torre. La vecchiaia... :ihih:

 
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view post Posted on 24/6/2018, 12:57
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Era stata tutta colpa sua.
Il non aver profferito parola, il non aver parlato in altri modi, il non aver fatto esattamente niente. Avrebbe potuto forse cambiare l'ordine degli eventi, il loro corso, perfino il loro più drastico esito. Forse. Forse avrebbe potuto davvero farcela e a quel punto non avrebbe perso intere giornate su quel divano familiare, un tempo comodo, con il trascorrere del dolore eppure sempre meno. La stoffa dei cuscini iniziava ad essere ruvida al contatto leggero del volto, una sorta di infossatura si era plasmata al peso del suo corpo così esile, così piccolo, così perso. Quando aprì gli occhi, vide soltanto una coperta - la sua coperta preferita -, dai colori tanto sgargianti da abbagliare per una frazione di secondo soltanto. Lui che amava tutto ciò che era variopinto, sinonimo di un'allegria per natura intima e vicina, ora cercava di gran lunga il buio più compatto, meno nitido, senza dubbio solitario. Louise si strinse al bambino con un abbraccio materno, tipico del ruolo che con trasporto innato rivestiva tra quelle mura. Non ascoltava Oliver ridere da più di una settimana. Con un leggero movimento della mano destra, rimosse dai ricci scuri del piccolo un petalo di calendula e si chiese, ancora una volta, dove avesse recuperato quel fiore. In giardino non una pianta era sopravvissuta alla furia degli Incanti Tagliuzzanti della Strega: si era detta favorevole alla rimozione di tutte quelle piante, perché così avrebbero smesso di ricordare a suo figlio, ad Oliver, il legame profondo con la morte di Loras, del suo migliore amico. Ma come avrebbe potuto anche solo pensare di riuscirci? Cancellare un sentimento poteva essere cosa bizzarra. Ma neanche un Medimago al pieno delle sue potenzialità ci sarebbe riuscito.
«Mamma.» La voce del suo bambino la riscosse dai pensieri. Sorrise, gentilmente, pronta a recuperare dal tavolino in legno accanto al divano quel vassoio colmo di biscotti alle amarene, i preferiti del giovane Mago. Avrebbe finalmente messo qualcosa sotto i denti, era da giorni che non toccava cibo. Ma Oliver si limitò a spostarsi di lato, fermo disteso tra quei cuscini ormai sporchi, fin quando pose quella domanda che Louise, sua madre, attendeva da tempo. «Mamma, è stata colpa mia?»

In tutta la sua vita, ancor più da quando aveva messo piede al castello, Oliver non si era mai distratto più del dovuto: non a lezione, non agli allenamenti della sua squadra di Quidditch, non alle ronde notturne, non perfino alle riunioni del C.r.e.p.a. di cui era attivo portavoce. Attento come sempre, aveva studiato ogni particolare di qualsiasi incontro, a partire da un corso scolastico fino ad altro di molto più semplice, anche meno impegnativo. La cura per tutto ciò che lo circondava, la cura di visione e di percezione, era alla base della sua stessa personalità. Non avrebbe mai saputo spiegarsi, quel giorno, come diavolo fosse riuscito a non sentire gli altri compagni abbandonare la classe e come, ancor più, avesse tardato alla consegna della sua prova d'esame. Peverell non doveva essere poi così tanto lontano e raggiungerlo, ormai necessità primaria, era l'unico pensiero che la mente del Grifondoro fosse in quel momento capace di considerare. Svoltò a sinistra, in una corsa senza eguali, consapevole di essere per l'ennesima volta sotto sforzo esagerato. Quanto a lungo il suo cuore avrebbe saputo reggere quell'energica frenesia cui tanto spesso era sottoposto? E pensare che l'indomani aveva anche un'esercitazione di perlomeno una manciata di ore al Campo di Quidditch: come sarebbe arrivato in volo, se le gambe quel giorno lo avessero tradito per davvero? Si morse il labbro inferiore, distratto ancor più di quanto potesse credere, mentre la memoria e l'esperienza, fortunatamente, non lo tradirono e gli permisero di imboccare un corridoio migliore per arrivare prima a destinazione. La sola idea di essere escluso da quella valutazione, da parte del Docente di Storia, avrebbe accompagnato il Caposcuola nei suoi incubi peggiori. Follemente, si ritrovò per la prima volta a pensare, l'assenza di sonno e il suo disturbo relativo avrebbero avuto finalmente un discreto valore per sfuggire a quel timore così tipico di uno studente modello. Non si perse d'animo, nella speranza di porre fine a quel grattacapo il più presto possibile. Quasi si rivide al rallentatore, poi in rapida successione di schemi, e fu intenzionato a fermarsi di scatto, come a riflettere per un attimo, se solo il corpo non avesse deciso di agire d'istinto e in solitaria, senza altra perdita di tempo. La sensazione di essersi estraniato per una frazione di secondo, tuttavia, lo accompagnò fino all'ultimo gradino della rampa di scale. Fu colto da una vertigine così fastidiosa da invitare gli occhi a strabuzzare involontariamente; colse il tepore di un raggio di sole, chiedendosi da dove potesse spuntare da quelle parti ed infine, quando più confuso che altro riacquistò finalmente il suo autocontrollo, si ritrovò esattamente ad impattare contro una figura improvvisa. Boccheggiò come in preda ad una sorprendente forma di imbarazzo, rosso fino alla cima dei capelli, fin quando tentò di rimettersi in piedi e di soccorrere chiunque avesse colpito. «Dannazione, scusa scusa scusa!» Individuò il giovane Timothy come vittima sfortunata e fu a lui che si rivolse ancora una volta, rinnovando le sue scuse con tutto il trasporto che avrebbe potuto mostrare; si sarebbe fermato ad aiutarlo, se solo non avesse avuto così tanta fretta. Uno sguardo al Docente appena accennato, un sorriso ancor più impacciato ed infine via, con un ultimo saluto al volo. «Professor White, le mie scuse!» Si accorse solo pochi attimi dopo di essere più leggero del previsto e quando non vide la borsa a tracolla pendere come suo solito dalla spalla destra, si augurò con tutto se stesso che Sirius la ritrovasse e la custodisse per lui fino al recupero vero e proprio. Cosa stava succedendo quel giorno, gli astri si erano ritrovati concordi contro di lui ancor più del solito? Era così sovrappensiero da non aver dato troppo peso, come avrebbe dovuto, a quanto percepito in precedenza: nella foga del momento e della corsa, non aveva considerato che quella sensazione potesse essere un cenno di visione. Si tenne stretto -forse per istinto - al parapetto dell'ultima rampa di scale alla quale era salito, ancora guardandosi attorno alla ricerca di dettagli sospetti; subito dopo, si sarebbe diretto sulla scia dell'Insegnante, ancora una volta. Ne dipendeva la sua stessa psiche.


Per i primi intrecci mi riferisco ad un episodio dell'infanzia di Oliver, maggiormente descritto qui: click; molto semplicemente, tratta il primo accenno di Vista del bambino: ignaro di cosa potesse essere, a quel tempo, non diede molto peso all'immagine di Loras - suo migliore amico - caduto in un pozzo, morto sul colpo. Da quel giorno, Oliver vive con il senso di rimorso per non aver fatto nulla, consapevole con l'esperienza di un possibile suo intervento. Non dovrebbe intralciare la Quest, ci tenevo a precisarlo per maggiore chiarezza, è una forma prettamente stilistico-personale.

 
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view post Posted on 25/6/2018, 21:56
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Come e quando sarebbe finita quella maratona non era ancora dato saperlo. Perchè di quello si trattava, il perno su cui ruotava l'intera vicenda era uno solo: quanto vantaggio avevano? Il non essere ancora riuscito a ritrovarli parlava già da sè: troppo. Che diamine gli era preso? Com'era possibile che fosse successo? Era fritto, e con un piede nella fossa? Stava correndo alla sua esecuzione, e ancora non lo sapeva? Correva per i corridoi del II piano a rotta di colla, armato ormai com'era di tanta buona volontà, e un rotolo già usato di pergamena, quando un 'glitch' tanto inatteso quanto improvviso lo vide nuovamente partecipe. Un momento prima era a 20 yarde da una curva a gomito sulla sinistra, e dalla nicchia di un'armatura sulla destra, un momento dopo l'aveva già raggiunta, e stava svoltando.

L'ennesimo ostacolo sul suo percorso.
Cosa aveva fatto di male quel giorno, per attirarsi gli strali del Fato?
Ingombravano buona parte del corridoio, infatti, in una schiera disordinata e fervente di favella tutti gli studenti di Corvonero del I anno, che abbandonata l'aula di Difesa contro le Arti Oscure si stavano ora dirigendo al pian terreno, a incontrare i loro coetanei di Grifondoro per l'ora di Volo. Non erano armati di scope, questa volta, ma l'impatto fu molto peggiore del precedente, sulle scale, con l'altra metà di quella stessa classe. Travolse il primo, una seconda, cadendo sul terzo. In più lo stesso rotolo minacciò più volte di sfuggirgli. Un disastro su tutta la linea, oltre alla perdita di tempo.
E poi tutto terminò, non si era nemmeno ancora rialzato...


Che diamine stava capitando?
Non si era nemmeno ancora rialzato, che stava ancora correndo, mancavano ancora diverse yarde a quella dannata curva, e a quella stessa medesima statua. Nessun Corvonero ancora in vista. Ma il brulicante vociare di un gruppetto di studenti in rapido avvicinamento poteva ora percepirlo distintamente. Cosa stava succedendo? Chi si stava divertendo ad avvolgere e riavvolgere quel nastro che gli scorreva sotto quegli occhi beatamente ignoranti? Si stava burlando di lui un giratempo impazzito? O se invece...
Fatto stava che se anche era vero, adeguarsi, non travolgere nessuno, e procedere oltre non sarebbe stato un problema. Ce l'avrebbe fatta? Il suo obiettivo, la coppia di Gargoyle, attendeva alla metà del corridoio successivo, se era stato sufficientemente bravo e veloce avrebbe dovuto scorgere il Serpeverde e il vecchio Professore avanzare verso di lui, se non avesse visto nessuno, evidentemente era giunto sul luogo del delitto in anticipo.
...
Scartati, ed evitati con successo i Corvonero, cinquanta yarde più in avanti, non troppo distante dalla coppia di Gargoyle, diretto verso di lui procedeva invece chi non avrebbe mai voluto vedere. Era sì un Serpeverde, del III Anno, collega del suo stesso corso di Storia della Magia, ma che aveva già superato abbondantemente i guardiani di pietra, avanzava da solo, per giunta a mani vuote, e il corridoio alle sue spalle era più vuoto della camera blindata di un minatore del Galles. Era arrivato tardi, dunque? Come diamine era possibile? Aveva corso più a lungo, e più forte di Filippide stesso, avrebbe potuto esigere in memoria di quell'impresa una statua, e? Non era servita a nulla. Cosa avrebbe dovuto fare ora? Chiedere al Serpeverde? Magari stava semplicemente correndo troppo, in più d'un senso? Lanciarsi nuovamente avanti, e correre su per la scala a chiocciola? Abbandonare infine l'impresa, e darsi per sconfitto, aspettando in pace le conseguenze?



Per quanto mi concerne non ci sono problemi.
 
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view post Posted on 26/6/2018, 13:13
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I giorni successivi all'incidente - come era stato definito più e più volte, non una sola in modo esaustivo -, Oliver si era impegnato a riprendersi, al meglio delle sue potenzialità per giunta. Mangiare gli costava ancora molta fatica e stranamente, per la prima occasione da tempo, non riusciva neanche lontanamente a sfiorare una caramella, di cui era sì ghiotto. Il pane tostato riempiva di quel profumo familiare, così intenso, l'intera abitazione in cui si era rintanato da settimane, mentre il miele riscaldava il suo cuore al solo pensiero di poter essere assaggiato. Non l'uno, non l'altro: il bambino era un attore nato, il sorriso appena accennato - quanto bastava - per poter sfuggire alle attenzioni di sua madre, lo sguardo curioso, eppure perso e rapito dai ricordi, ad incrociare quello del padre fra un giorno di lavoro e un altro di solitudine. Tanto bastava per andare avanti, per tirare avanti. In giro non si scorgeva più il bizzarro musetto di Linsen, la lepre astuta e curiosa che avevano incontrato lui e Loras in passato; con la scomparsa del suo migliore amico, a quanto pareva, era andata via la stessa creatura. Restava solo, per la prima volta, senza un confidente di valore. I suoi genitori non avrebbero potuto capire, non come Loras. Fu allora che quando chiuse gli occhi, stanco per la semplice fastidiosa sensazione di non essere più capace di fare alcunché, che Oliver sentì qualcuno bussare alla porta. Fu forte, intenso, ma in qualche modo assolutamente pacato, come gentile ed energico insieme. Quando le palpebre si sollevarono teneramente, difficoltose per la luce dei dintorni, qualcuno bussò. Di nuovo.

Aveva il fiato corto, il cuore che batteva come non mai, la testa che stava per esplodere da un secondo all'altro; si chiese dove potesse essere finito il Docente di Storia della Magia e ancor più, come potesse essere tanto veloce rispetto ad un giovane Mago al pieno del suo sviluppo. Forse Peverell conosceva più trucchetti del previsto, più di quanti ne lasciasse davvero intendere: sinceramente, Oliver non se ne sarebbe stupito, non troppo perlomeno. La sua unica preoccupazione in quel momento era esclusivamente consegnare la prova, prendersi una meritata pausa da tutto e da tutti ed ingozzarsi di torta alla cannella nelle cucine del castello; era da molto che non faceva visita agli altri Elfi Domestici, quel piano non era poi affatto da scartare. Quando si ritrovò ad imboccare l'ennesimo corridoio, rimpiangendo di non poter essere per un attimo soltanto come Estia, capace di Materializzarsi anche tra le mura della Scuola a suo piacimento, per natura magica, Oliver si ritrovò letteralmente preda di una vertigine più forte di qualsiasi altra mai sperimentata fino ad allora. Come in proiezione astrale, simile ad uno di quei variopinti ologrammi musicali che di tanto in tanto comparivano tra i piani di Evviva Lo Zufolo, lo store britannico in cui lavorava, si vide stranamente sospinto in avanti, ancor più avanti; mise a fuoco i dettagli dell'ambiente, ricordò di esserci stato più e più volte per semplice passaggio, per ronde notturne, spesso anche per fuggire all'attenzione fastidiosa del Poltergeist di Hogwarts. Mai avrebbe anche solo lontanamente immaginato, a distanza di pochi minuti dal primo impatto, di ripercorrere quella sensazione di colpo e scontro senza eguali; vide lo stemma del Corvo bronzeo ed alato, il blu che si espandeva al guazzabuglio di colori che la caduta aveva evocato, fin quando si ritrovò a stringere le dita della mano destra con maggior vigore sul rotolo ancora immacolato del suo esame. La pergamena si piegò al contatto della pelle contro la carta, mentre il Veggente tornava al Presente. Si accorse di aver trattenuto inconsapevolmente il respiro e quando tornò a guadagnare autocontrollo, non si sorprese di essersi fermato per davvero, anche solo per un istante; sentiva i polmoni fare a lotta contro il torace, alla ricerca beata di quell'aria che il riposo momentaneo stava loro concedendo. Avanzò di un passo e poi di un altro, gli occhi leggermente più spalancati di quanto non fossero un secondo prima, mentre lentamente si appiattiva quanto più possibile al corridoio per procedere, procedere ancora, senza incorrere in alcun ostacolo. Quando la pattuglia di Corvonero sfilò a poca distanza, Oliver trattenne di nuovo il fiato, come se preoccupato. Un'occhiata insospettita, un'espressione curiosa dipinta in volto, finalmente si allontanò da tutti gli altri studenti. Riprese la corsa, non senza essersi guardato un'ultima volta indietro, più confuso di quanto non potesse essere fino a quel momento. Cosa stava succedendo per davvero, si trattava di sensazioni, coincidenze o souvenir d'eccezione da parte della Vista? Poteva compromettersi fino a quel punto? Non si chiese quale prezzo potesse essere necessario pagare per quegli anticipi, ma fu già più sicuro di essere di nuovo alla mercé del Tempo: senza perdersi d'animo e ancor più preoccupato per quell'imprevista perdita di minuti preziosi, riprese la ricerca del Docente fino a giungere in prossimità di una meta a lui d'interesse. Si piegò sulle ginocchia per riprendere fiato, quando adocchiò la figura di uno Studente. Si chiese se fosse lo stesso che in principio si era avvicinato al Professore, ma prima di spiccare il volo letteralmente sulle scale laterali, con sforzo gridò un'unica domanda. «Ehi - ehi!» Si rialzò velocemente, affaticato di sicuro. «Peverell. Dov'è Peverell?» Qualsiasi risposta, se utile al suo caso, sarebbe stata gradita; se avesse saputo dall'altro del Docente in ufficio, si sarebbe diretto subito verso quella direzione. In caso contrario, avrebbe pregato il buon Godric circa un pizzico di fortuna.
 
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view post Posted on 26/6/2018, 18:44
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Mano mano che l'epica vicenda proseguiva, maturava lenta ma costante la consapevolezza che comunque fosse andata, sarebbe stata una lunga giornata. Lunga, e travagliata. Se per consegnare un semplice compito era necessario correre una maratona a ostacoli, cosa gli avrebbero riservato le ore successive? E la ronda serale? Una moltitudine di curiose domande, che alla vista del Serpeverde parvero improvvisamente perdere peso, consistenza, sciogliendosi come neve al sole. Aveva la risposta che cercava? Restava la questione del come avessero fatto a precederlo, se anche fosse stato... ma era semplicemente impossibile. Si stava sbagliando, senza ombra di dubbio.
E la fatidica domanda, ancora boccheggiante.


Cosa? Peverell?
Beh, è su nella torre, perchè?


Che il Serpeverde non fosse degli esseri più geniali che sarebbero stati ricordati, ne diede ampia riprova. Ma in fondo, che importava? Aveva avuto la sua informazione. In tutta risposta, dubbioso e perplesso, si avviò per il corridoio, come se nulla fosse stato... Aveva assolto al suo incarico, scaricate le pergamene, e magari guadagnato un pur timido '+', che in una valutazione 'lacrime e sangue' era comunque qualcosa. Che razza di problemi avesse il Grifondoro con Peverell non erano affaracci suoi, anzi. Mettervi più distanza possibile sarebbe stata un'ottima idea, prima che succedesse quel qualcosa d'inaspettato in grado di trascinarlo con esso a fondo.
Non restava che ripartire, colmare le ultime yarde, e convincere i Gargoyle a farlo passare. Semplice, no? Perchè avrebbero dovuto piantar grane? In fondo era la cosa più normale del mondo voler vedere un professore, no? Non era così?
E poi... non aveva ancora raggiunto i due convitati di pietra, che...

Risaliva di gran carriera la scala a chiocciola incantata, mentre contemporaneamente gli scalini scivolavano armoniosamente verso l'alto, mentre proprio fermo davanti al pianerottolo, evidentemente in attesa della medesima scala un sorpreso giovane, dalla pelle ambrata, e dalla tunica di un bianco abbacinante, spalleggiato da un cane e da un gatto che si inseguivano per il pianerottolo, tra una zampata e l'altra. E poi l'inaspettato. Il suono della voce musicale di qualcuno, evidentemente l'unica altra persona, il suo farsi avanti minaccioso, e l'inaspettata reazione del Grifondoro: piegarsi in due, farsi quanto più piccolo, e sgusciare oltre correndo ancora una volta, agguantare la maniglia e spalancare la porta, inseguito da quello strano ragazzino.

Ma cosa diamine stava accadendo?
Cosa 'gli' stava davvero capitando?
Era tornato indietro, nel corridoio.
Era lì. Gargoyle a noi due?
Due voci cavernose lo accolsero, annoiate.


Sì, desidera?

 
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view post Posted on 27/6/2018, 12:13
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«Un simbolo, Oliver.»
Non aveva afferrato poi chissà quanto del discorso che sua nonna aveva fatto. L'aveva ascoltata parlare per più tempo del previsto, lasciando che l'anziana Strega tessesse un racconto più simile ad una leggenda, quasi una fiaba d'altri luoghi, senza interromperla anche solo una volta. Se avesse compreso almeno un pizzico di tutta la spiegazione, di gran lunga si sarebbe risparmiato, di lì a breve, un periodo piuttosto snervante di confusione, distrazione, perfino preoccupazione. Al contrario, tra i suoi pensieri reggeva il primato ancora una volta il volto a lui più familiare: i ricci biondi, le gote paffute, il naso buffo, l'espressione ancor di più del solito. Loras gli mancava. Più di chiunque, più di qualsiasi altra cosa. «Mi hai capito?» Chiuse gli occhi, per un attimo. Non avrebbe voluto più continuare quella discussione, sperava con tutto se stesso che con un banale cenno del capo, in affermazione, Adeline Brior si ritenesse soddisfatta per poi andare via. Per quel giorno, per l'indomani, forse per sempre. Il bambino era così stanco di quegli incontri e non si capacitava di come sua madre, che mai aveva avuto un vero solido rapporto con la suocera, potesse tuttavia permetterle di trattenere suo figlio per pomeriggi interi. Per il tuo bene, gli aveva detto fin dal principio. Per il mio bene, si ripeteva Oliver.

Se la risposta dello studente lo sorprese a sufficienza, nulla fu più grande della consapevolezza di essere ancor più nei casini di quanto già non fosse stato. Era la fine, era ormai la fine per davvero. Così si concludeva quella corsa d'eccezione, così avrebbe potuto gettare la spugna? Il suo respiro stava tornando regolare, il cuore batteva tuttora all'impazzata e per quanto i muscoli dolessero dallo sforzo immane cui erano stati costretti, nulla aveva avuto valore né senso ultimo. Era al capolinea, senza alcun dubbio, e per la prima volta in assoluto il Veggente comprese il peso della sfiducia calare a picco, pesantemente, sulla sua intera figura. Partì come una sensazione nel petto, che rapida si articolò in ogni punto, tanto da schiudere le labbra in un accenno di risposta all'altro studente, una risposta che non fu mai realmente formulata. Stava per darsi per vinto, quando l'istinto prevalse di nuovo. Come avrebbe potuto spegnere la parte più intima di sé, come avrebbe potuto compromettere tutto se stesso a favore di uno spiacevole episodio? Che la giornata avesse preso una piega estremamente snervante, non era più un mistero; che potesse continuare su quella scia, a malincuore, sembrava essere sempre più una sfortunata certezza. Oliver aveva smesso di credere nelle coincidenze da quando il Dono si era risvegliato, quando l'Eredità di sua nonna, della sua famiglia, mai sopita per davvero nel suo spirito, aveva fatto breccia anche in lui. Aveva lasciato il marchio più indelebile, fin nel profondo, e la stessa epidermide ne era stata vittima indiscussa. Un alone perlaceo, roseo, leggermente più scuro; un simbolo, diceva sua nonna, una sorta di elemento tribale che in una candida spirale si snocciolava all'altezza del polso destro, come una voglia piuttosto bizzarra, fin da quando era nato. Si sospinse con aria distratta verso l'ingresso laterale, l'ultima speranza - la migliore che ancora aveva, a ben vedere - a fare da confidente solitaria. «Come-» Stava parlando semplicemente tra sé, come spesso accadeva quando era sovrappensiero, e in una frazione di secondo - come in uragano in piena - la vertigine più fastidiosa lo colse a picco. Un capogiro letteralmente da paura, che spalancò gli occhi sul tempo, a tal punto da spingere il Grifondoro alla parete prossima in cerca di un appiglio, di un'àncora di salvataggio di qualsiasi sorta, di una solida forma di equilibrio vero e proprio. Boccheggiò come alla ricerca di aria, mentre l'immagine di un perfetto sconosciuto adempiva al compito della Vista in uno scorcio singolare, che mai avrebbe dovuto essere alla mercé di qualcuno, ma che per lui - Veggente di Hogwarts - diveniva già non più un segreto. Fantasiosamente, pensò si trattasse di una strana raffigurazione di Apollo: che fosse in atto qualche rappresentazione scenica di carattere mitologico? Poteva Peverell essersi convinto di riaprire i battenti del Teatro di Dioniso? Oh, quanto avrebbe dato per iscriversi all'associazione! Una in più, nessuna in meno, avrebbe dato sfoggio di tutte le sue più divertenti abilità artistiche; non era stata la stessa Flaminia, sua concasata, ad avanzare quella proposta una sera in Sala Comune? Il ricordo del Passato si unì alla memoria ancora attiva del Futuro e quando la coppia di creature attirò la sua attenzione, quando la confusione dell'attimo in corso lo vide inerme, per un pericolo non del tutto chiaro, Oliver si ritrovò nuovamente al Presente. Si accorse di avere la fronte imperlata di sudore: per la corsa, senza dubbio, e forse non soltanto per quel motivo. Mai gli era capitato di essere soggetto ad un'invasione della Vista per così tante volte, così rapide, così poco distanti l'una dall'altra. Percepì qualcosa di particolarmente intenso che si augurò davvero di riuscire a carpire per bene, in definitiva, anche in seguito. Intimorito circa quanto visto, quanto poteva accadere, si rivolse alla voce che aveva attirato la sua attenzione. Non poté fare a meno di sobbalzare, la mano destra che già si assicurava di tastare la bacchetta magica nella tasca laterale dei pantaloni. Si rivolse ai Gargoyle con espressione bizzarra, non meno sorpresa. «Io...» Si schiarì la gola mentre avanzava di un altro passo, ancora indeciso se salire per davvero o meno. Poteva cambiare l'ordine degli eventi? Era già accaduto, poteva ripetersi davvero? «Devo incontrare il Professor Peverell, potete dirmi se sia già... impegnato? Con qualcuno, intendo.» *Con Apollo, magari*. Risposta chiarificatrice o non troppo, avrebbe scelto in base alla stessa se correre il rischio - salendo le scale a chiocciola per raggiungere, sperava, il Docente - oppure se restare ancora immobile. Quelle statue forse avrebbero potuto dargli un suggerimento più concreto dello studente incontrato.
 
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view post Posted on 2/7/2018, 18:27
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E infine il momento della verità?
Era la prima vera prova, dopo quella sciamannata manciata di secondi, che gli erano costati la 'regolare' consegna del compito? La prova del misfatto l'aveva ancora stretta nel pugno, al pari di una lettera scarlatta, stigma d'infamia e biasimo... In fondo, di chi altri poteva essere ragionevolmente colpa, se non sua? Aveva già elaborato una plausibile giustificazione su quanto fosse successo, o sarebbe passato per il 'baro' del gruppo? E più il tempo trascorreva, più da un lato era sì possibile raggranellare una scusa valida, più era indispensabile che lo fosse abbastanza, più dall'altro la pur remota eventualità che vi fosse sotto qualcosa di losco era percorribile. E se disfarsi delle prove in via alternativa non era possibile, più era impellente la necessità di andare oltre quella porta di pietra, e dare un taglio netto a quel primo pomeriggio, che era presto divenuto un vero incubo. L'avrebbero messo alla berlina? Gli avrebbero creduto? In quanti erano a conoscenza di tutto? Quanto poteva contare sulla discrezione dell'anziano professore, se anche tutto fosse andato nel migliore dei modi possibili? Era un'ipotesi davvero percorribile, o tutto si basava comunque su un inganno? Lui si sarebbe presentato con il rotolo, e l'altro che avrebbe fatto? Stretta di mano, una tazza di The, una strizzata d'occhio e un caloroso arrivederci?
Stava correndo un terribile rischio, e ancora non lo sapeva?
La sua personalissima benedizione, nonchè maledizione, tenuta gelosamente da parte di sua nonna si era improvvisamente risvegliata, in preda al panico, per via di cosa? Lo stava consegnando all'oblio del Tempo? Lo stava tradendo? Gli mostrava ancora una volta la più corretta via per cavarsela? E se era così, se l'aveva condotto sin lassù, tutto sommato vivo e vegeto, cosa poteva significare? Che il suo viaggio sarebbe prematuramente stato interrotto davanti a una coppia di pietra scolpite? Che se si fosse applicato sarebbe riuscito ad andare oltre? Se l'aveva visto, significava che era possibile, no? Possibile quanto meno, che ci potesse arrivare. Se poi effettivamente sarebbe capitato, beh, dipendeva da lui... Sin dove poteva portarlo, in palmo di mano, la dea bendata? Il problema era che essendo la dea, bendata, era semplicemente andata o a sbattere, o oltre la solida parete di pietra? E lui?


Ah! Un giovane Grifondoro...

Impegnato! Per Dinci Bacco, come potrebbe non esserlo?

Senza appuntamento, dunque...

Cosa vi spinge in quest'ora insolita a tentar la sorte?

Nulla che non possa aspettare questa sera, no?

Non dovresti essere a lezione, ragazzo?

Perbaccolina! A lezione... presto dovrà tornarci anche il preside.

Se ne sarà scordato, forse?

Non dovrebbe neanche essere qui, dopo tutto...

Esatto! Quello che stavo dicendo, come questo Grifondoro.

Ah! Nessuno dei due dovrebbe qui, come la mettiamo?

Solo, in compagnia... questa torre è un caravanserraglio!

Su, non restare lì impalato! A lezione, prima di far tardi!

Le due voci proseguivano allegre del tutto in autonomia, di tanto in tanto tornando al Grifondoro, per poi tornare a discutere amabilmente tra loro. Qual era la soluzione del rompicapo? Doveva passare? Come farlo, come riuscirci? Allo stesso tempo era altrettanto probabile che presto anche il vecchio sarebbe tornato a riuscire dalla torre, per tornare a lezione. Era solo questione di quanto, e quando. Un lusso che poteva permettersi? E quel finalmente silenzio divinatorio cosa significava? Era arrivato a destinazione, e la storia era finita, o la sorte gli stava suggerendo a gomitate di essersi cacciato in uno stallo bello e buono? Come uscirne? O meglio, come entrarne?



A fronte della peculiarità della storia in agenda, e della natura divinatoria della Quest, dovrai cavartela senza ulteriori magie. In fondo, sei uscito da una simulazione d'esame, senza mantello, 'perdendo' la borsa, e armato di un rotolo di pergamena... ipotizzare la presenza di altro, che non sia la tua testa, potrebbe essere una forzatura. Vedrai che non sarà necessario alcuno 'sciocco sventolio di bacchetta', nel caso la sorte ti fornirà tutto il necessario. Tra un paio di turni, quando ipoteticamente inizieremo, ti chiederò l'inventario attivo: è infatti possibile che al momento della simulazione indossassi amuleti o anelli, ma anche in questo caso armature, scafandri, e asce bipenni sarebbero molto improbabili. Saranno comunque tutte cose di cui potrai fare molto serenamente a meno, stiamo parlando di Divinazione, in fondo. :ihih:
Ma per il momento devi passare!
 
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view post Posted on 2/7/2018, 21:19
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Oggi ho rivisto Linsen.
Aveva il musetto buffo, sporco di terra, rivolto verso il casolare in fondo al prato. Cercava una gallina, forse un uovo, forse un tesoro nascosto e più accessibile. Non ho idea di cosa mangino quelle come Linsen. Mi ha guardato per così tanto tempo da farmi trattenere il respiro: era lei, continuavo a dirmi; era lei, speravo ancora, ancora e ancora. Così mi sono avvicinato, Loras. Passo dopo passo, cercando il più silenziosamente possibile di non farmi scoprire. Quando c'eri tu, a pensarci, Linsen non aveva affatto paura di avanzare verso di noi. Amava la tua sicurezza tanto quanto l'amavo io, in una gelosia senza precedenti. Fai con calma, mi ripetevo. Non volevo che Linsen andasse via, non lo volevo. Immaginavo di stringerle le orecchie, entrambe, per poi carezzarle tra le dita, lasciandole scivolare via. Immaginavo di scorgere quei baffi sospetti, tanto caratteristici, e pulirli dal terriccio che vi si era attaccato sopra, come una crosta. Io vedevo Linsen, ma Linsen non vedeva me. Sono inciampato, la distorsione alla caviglia destra come ultimo consiglio, quasi un invito: quando sono tornato in piedi, dolorante per davvero, Linsen già non c'era più. Non c'era mai stata, Loras.
Non ci sarà più.

*Non basta la Signora Grassa*
All'ascolto delle voci bizzarre, l'una più dell'altra, Oliver si chiese se non fosse giunto ormai il momento di far esplodere la coppia di gargoyle. Un gioco divertente, una soluzione rapida e forse indolore, anche se non per tutti. Una Bombarda su misura, appena concentrata sulla zona circostante. Spostò l'attenzione da destra verso sinistra e viceversa, il capo a seguire di scatto e la prima e la seconda direzione, così di nuovo, fin quando la già precaria pazienza non si disse esaurita. Non era il caso di prenderla alla leggera, non a quel punto: l'ufficio del Docente sembrava una roccaforte pronta per essere raggiunta, l'unico ostacolo a frapporsi fra la stessa e il suo naufrago d'eccezione, quel giorno, diveniva ormai la vedetta in pietra parlante. Era ancora indeciso circa il percorso da intraprendere: proseguire era quasi una necessaria considerazione, indietreggiare sicuramente lo era meno. Secondo i guardiani appena incontrati, in effetti, Peverell non doveva essere poi lontano: non era fiducioso circa le loro parole, non da quando aveva imparato a non darvi peso più del dovuto, sulla scia di un'esperienza piuttosto diretta con il dipinto di Armando Dippet e quello della Signora Grassa. Per motivi diversi, per affetto pure, avrebbe di gran lunga - il più delle volte - fatto a meno e del primo e del secondo. L'esasperazione stava per fare breccia nel suo cuore, pronta all'assalto, mentre le dita della mano destra sfilavano la pergamena fino a stringerla maggiormente. Come avrebbe presentato il suo esame al Professore? Si preoccupava più dell'apparenza della stessa pergamena, a quanto pareva, che del motivo del suo ritardo così inusuale. Confidava forse nella sua gentilezza, nell'onestà che sempre lo aveva caratterizzato? D'altronde, sperava che il Preside, più di tutti, fosse a conoscenza del fatto che non una sola volta Oliver Brior fosse stato in grado di copiare, anche solo di sbirciare sul plico di appunti di un compagno di banco. Trasse così un respiro veloce, eppure profondo, avvicinandosi di altri passi ai gargoyle e battendo l'indice sinistro ad altezza petto, là dove appuntata alla divisa scolastica brillava una delle quattro singolari Spille con una C maiuscola in superficie. Si schiarì la voce e parlò rapidamente, con tono serio. «Sono Oliver Brior, Caposcuola Grifondoro.» Un altro passo, avanzò ancora. «Devo immediatamente vedere il professor Peverell, nella mia Sala Comune è scoppiato un incendio.» Tanto lontano dalla verità dei fatti? Aveva comunicato l'evenienza con un ritardo più o meno di sei mesi, eppure era autentica, totalmente, quella notizia che avrebbe potuto fare scalpore. Ricordava ancora la fila indiana di concasati diretti in Infermeria: bruciacchiati, feriti, ustionati, tutto sommato una bella combriccola. Era forse il turno di concedere il giusto valore anche al Passato? Avrebbe esibito la sua espressione più determinata, tentando a quel punto di spiccare un balzo netto verso la scala a chiocciola, nella speranza di percorrerla il prima possibile fino a raggiungere la destinazione di suo interesse. Tra i ricordi sostava ancora in piano ultimo la figura vestita di bianco: chi fosse, cosa fosse, perché fosse lì, la serie di domande avrebbe forse trovato presto risposta. Una scelta era stata comunque compiuta.
 
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Un nuovo decisivo passo era infine compiuto, scrollatosi di dosso l'esitazione sul come e se procedere, non restava ora che darsi un contegno, apparire tanto risoluto quanto fermo, e... pregare? Quanto avrebbe dovuto spararla grossa, per riuscire a passare? E allo stesso tempo, come avrebbe potuto convivere con il rimorso di aver spudoratamente mentito a... una pietra? In quel caso avrebbero fatto un'eccezione? Inimicarsi un Gargoyle era prudente? Ma con un minimo di fortuna non sarebbe mai venuto a saperlo, e se in effetti era già successo... era davvero mentire? Era il miglior compromesso cui era riuscito a pensare, doveva sperare che funzionasse, e che andasse in porto senza colpo ferire. Non dovevano essere due geni, erano di pietra, no? Poi la confessione, una via di mezzo tra una confidenza e una vanteria. Era il Caposcuola di Grifondoro, evidentemente una persona importante, quello che stava chiedendo doveva essere importante. Altrimenti perchè si sarebbe trovato lì, a sacrificare del tempo prezioso? Per giunta non era la prima volta, era già stato lì altre volte, atteso, qualcosa doveva pur contare, no?

Ah! Un Caposcuola...

Ottimo, interessante! Un Caposcuola...

Mi ricorda molto quel ragazzo che...

Sì certo, quel gallese di qualche anno fa, com'è che si chiamava?

Ecco, sì, gallese. Ma non è che for...

E poi la fretta e la concitazione seguenti l'annuncio. Un incendio, era scoppiato un terribile incendio, una tragedia greca si stava consumando in un'altra torre? Il primo Gargoyle cacciò un urletto stridulo, il secondo sgranò gli occhi, concedendosi un sonoro 'Ooooh!' che riecheggiò contro le volte di pietra del corridoio. Un incendio. A Hogwarts. Nel castello. In una Sala Comune.

Ma è terribile!

Un incendio nel castello!

Bisogna suonare le campane a martello!

Nella Sala Comune! Che facciamo?

Una tragedia greca! Moriremo tutti!

La mia pietra è molto sensibile al calore, sai che...

Ecco, ecco! Ci mancava solo questa, il fuoco è sempli...

Mentre proseguiva il grottesco tira e molla tra il Gargoyle di destra, e quello di sinistra, e mentre ancora l'apertura tardava ad appalesarsi, considerata la frenetica attività dei suoi guardiani, il giovane Grifondoro venne nuovamente colpito da un'invadente rivelazione. Cosa diamine stava accadendo? E cosa c'entrava mai?

Percorreva incerto, e guardingo, interrogandosi due volte dove diamine fosse finito, un sentiero immerso in una campagna lussureggiante, che tra un clivio e un declivio ora esposti al sole ora in ombra, si inserivano armoniosamente in quell'idillio. Insistente, quasi tuonante, il cantare a squarcia gola dei volatili celati nelle fronde ombrose delle querce che costeggiavano come soldati in armi il sentiero. In lontananza un crocicchio, il punto d'intersezione tra più sentieri, e un'edicola dimessa sul ciglio della strada. Eppure, del tutto inaspettatamente calò prima il silenzio, seguito poi dal tremolio del terreno, e dallo scalpitare ritmico di un nutrito gruppo di cavalli lanciati di corsa. L'avrebbero travolto? Forse non l'avevano visto? Non gli rimanevano che pochi secondi per fare qualcosa, e almeno tentare di risparmiarsi 'l'investitura', e in quel caso San Giorgio c'entrava molto poco. Se davanti a lui non c'era nessuno, lo stavano raggiungendo da dietro? E perchè non l'avevano visto? Perchè si trovava lì? Dove diamine era finito?

Così com'era venuta, la visione era passata. Era nuovamente nel corridoio di sempre, ad Hogwarts, sullo sfondo i due Gargoyle ancora discutevano, ma finalmente si era schiusa l'agognata apertura. Che fosse stata un'azione volontaria o involontaria, doveva aver forse convinto i due guardiani della bontà della sua menzogna? Prima che ci ripensassero era meglio muoversi, metti che... Fendendo un torrente in piena di parole che rimbalzavano da un lato all'altro dell'apertura guadagnò la scala a chiocciola, che l'avrebbe portato a destinazione, anche se... sapeva già cosa sarebbe accaduto?
Profetica, una giovane figura avvolta di bianco attendeva 'l'arrivo' della scala al pianerottolo, come previsto un gatto e un cane si inseguivano da sfondo. In chi diamine si era imbattuto?


Buon pomeriggio Mr Brior, immagino...
Temo che il professore sia... diversamente impegnato.
Devo desumere sia qui per questo, no?


Tanto la voce era soave, tanto era terribile il messaggio di cui si faceva alfiere. Ma poi, come faceva a sapere il resto? Si conoscevano? Chi era quell'individuo? Cosa avrebbe fatto? Cosa avrebbe dovuto fare? Se era impegnato, c'era poco da fare? O una soluzione c'era, e la conosceva inaspettatamente?

 
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view post Posted on 3/7/2018, 19:51
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Sedersi a gambe incrociate sull'ultimo gradino che portava al giardino di casa era tra i piaceri più semplici che il bambino si concedeva quasi ogni giorno. Restava così, lo sguardo perso, lasciando che più di un passante si ponesse qualche domanda: era Oliver, il figlio dei Brior? Era lui, il nipote di Adeline? Cosa ci faceva come un dannato all'ingresso della sua stessa abitazione? I suoi genitori non erano nei dintorni, non si preoccupavano, perché non intervenivano? Era lui, proprio lui, il bambino che aveva perso il suo migliore amico? Lui, il rampollo di una nobile famiglia, che da abiti impeccabili ora vestiva soltanto il peccato, in un'assonanza quasi ridicola, retorica, del tutto evidente. Poteva un ragazzino della sua età essere già così scoraggiato, spento, vinto dal tempo? Oliver, era lui, proprio lui? Cosa ci faceva sulle scale, cosa ci faceva ancora sulle scale? E via così, in domande che si ripetevano, l'una dopo l'altra, la prima insieme alla seconda, in successione singolare, sulla scia di una frenesia che non aveva eguali né conclusione. E li ascoltava, li sentiva. Uno dopo l'altro, dal più lontano al più vicino. Parlavano di lui, parlavano per lui. Non avrebbero dovuto. Stava dormendo in piedi oppure era tanto sveglio da non cercare più il tepore del sonno? Mormoravano, sussurravano, giudicavano di continuo. L'espressione infranta, il cuore pure, preferiva il silenzio così statico. Restava con le palpebre sollevate, gli occhi aperti, leggermente socchiusi. Non ammiccava, non batteva ciglio. Vedeva. Ed erano tutti dannati, più di lui.

Si sentì terribilmente in colpa a mentire alla coppia di gargoyle. Non aveva mai avuto un rapporto così interpersonale con quei due tipetti curiosi, ma di gran lunga avrebbe dovuto ammettere di esserne sempre stato deliziato. A differenza della Signora Grassa, perlomeno, né l'una né l'altra statua obbligavano il Caposcuola Grifondoro ad intrattenersi necessariamente per un duetto fino alle due del mattino. Era un apprezzamento che non mancava di far breccia nel cuore. Si intrufolò nel corridoio prima che potesse essere troppo tardi, l'attenzione rivolta davanti, come alla ricerca impossibile di dettagli, informazioni, perfino nuovi scorci in grado di concedergli quell'agognata conoscenza, la stessa comprensione che il tempo spesso gli negava con perfido divertimento. Dove sarebbe finito per davvero? La consapevolezza di aver già percorso quel tratto, più di una volta per giunta, lasciava tuttavia spazio al tarlo, al dubbio, al nemico peggiore della ragione: ricordava la figura dell'uomo che aveva già visto, sconosciuto e misterioso, e il pensiero di poter imbattersi effettivamente in lui stava consumando lentamente la più innata aspettativa del Veggente. Fu colto con un piede in fallo, di nuovo, quando il gradino superiore parve scivolare sotto il suo stesso peso, mutando all'istante in terra, calore, natura, elementi di una descrizione che non confermava alcun precedente dal suo canto. Si guardò attorno, spaesato per davvero, giungendo a chiedersi dove diavolo fosse finito. In quel momento più che mai, la domanda calzava a pennello, così come la preoccupazione di essere stato strappato alle radici del Presente in un contesto che richiedeva la sua totale partecipazione. Al confine di un mistero che, restio, si infittiva istante dopo istante sempre più, Oliver trattenne il respiro al sentire lo scalpiccio di qualcosa in avvicinamento. Si volse di scatto prima da un lato e poi dall'altro, la Vista accentuata dalle sfumature più chiare, accese, colorate dei dintorni. *Dove sono* Lo disse a se stesso quasi come una constatazione, più che una domanda. Non capiva, non ne era più in grado. Un attimo prima ad Hogwarts, l'altro successivo ai suoi confini, all'esterno, in giardino? Ma non era affatto familiare come ambientazione, perfino il limitare della Foresta Proibita aveva un tratto distintivo, sicuramente più mistico. L'edicola attirò la sua attenzione al pari degli zoccoli in avvicinamento e più si lasciava coinvolgere per davvero, più aumentava la confusione personale. «No!»
Fu un grido del tutto istintivo, veloce, rapido, mentre la mano correva alla bacchetta magica. Fermare il momento, cercare una soluzione, prima che i cavalli a trotto lo travolgessero. Non fu veloce, non abbastanza, quando la Vista gli diede il beneficio del dubbio, il risparmio del suo peggior anticipo, permettendo al Viaggiatore di precipitare nuovamente al castello. Si ritrovò stranamente con il fiato affaticato, nonostante la corsa sulle scale a chiocciola non avesse richiesto così tante energie come l'intero percorso iniziale. Lo sguardo saettò immediatamente verso l'alto ad incontrare una figura che quasi attendeva al varco, consapevole di non potersi sottrarre all'evento già vissuto, in piccola parte. Una sensazione spiacevole, ad altezza petto, si insinuò lungo tutto il corpo, fino a scuoterlo in un brivido. Paura, curiosità, sorpresa, l'una dopo l'altra, mentre lo sconosciuto si rivolgeva allo studente. Oliver si chiese come potesse conoscere il suo nome, come potesse essere così informato. Non aveva etichette, non più della Spilla: che fosse quello l'elemento distintivo del suo ruolo? Non permise alla ragione di compromettersi con l'emotività in subbuglio, ripescando tuttavia l'epilogo di quell'incontro dato dalla sua stessa precedente visione. «Ci conosciamo?»
Una domanda, aggiuntiva a quella dell'altro. Forse un pretesto, forse un modo per indagare maggiormente, prima di prendere una decisione autentica. Oliver cercò le figure della coppia di animali, cane e gatto, fin quando tornò a rivolgersi all'interlocutore. Piegarsi in due, spiccare un balzo avanti, cercare la maniglia della porta di Peverell: l'aveva fatto, lo avrebbe fatto. Avanzò di un passo ancora, il cuore in battiti impazziti, mentre un sorriso quanto più cordiale possibile si dipingeva a fior di labbra.
 
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view post Posted on 4/7/2018, 17:41
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Il Fato

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Passato che ebbe il primo ostacolo, non restava che procedere.
Alle spalle i due Gargoyle erano ormai del tutto immersi nella pianificazione logistica di una vera e propria crociata, e non davano segnali di aver mutato opinione su quanto dovesse essere fatto, o sulla sorte che dovessero riservare al Caposcuola. Intanto procedeva, tra un inghippo e un contrattempo la risalita, alla volta di chi era sì atteso sotto molti punti di vista, mentre da molti altri completamente inaspettato. Chi diamine era quel ragazzino, dalla voce tanto melodiosa quanto adulta? Si conoscevano? E le due tremende bestiole? Che ci facevano un cane e un gatto su un pianerottolo? Facevano parte dell'harem di quell'Apollo? Ne aveva bisogno? Era un'incredibilmente strana giornata, e ogni gradino di quella chiocciola sembrava volerne rincarare la dose: la via era tracciata, non c'era più modo di tirarsi indietro. O forse sì? Silente, in qualità di tacito ammonimento, il rotolo, ancora stretto in mano. Era li per quello, ci sarebbe stato tempo per preoccuparsi della coscienza, e di aver mentito così spudoratamente. Per quanto tempo sarebbero andati avanti a credere che vi fossero davvero un incendio da domare? E di quanta credibilità godevano una coppia di Gargoyle? Il gioco era valso la candela? Sì, con ogni probabilità. La via era tracciata.
Aveva visto Apollo, ormai gli era d'appresso, in attesa di quella prima risposta, quando un nuovo fulmine senza tuono lo investì, con tutta la sua barbara violenza. E in quanto a violenza quello che tornò immediatamente a vedere non fu da meno.


Rotolava di lato, franando su un cespuglio, e oltre, su un'erba morbida e delicata al tocco, ancora calda, come se il bagno di sole fosse stato solo da poco interrotto dall'inevitabile rotazione dell'astro. Alle sue spalle una torma di cavalieri batteva scalpitante l'iniziale sentiero, che a posteriori avrebbe potuto definire quale vera e propria strada. Ma dov'era finito? Dietro a un cespuglio, e al sottobosco un minuscolo sentiero ben più dimesso del precedente si inoltrava nella campagna, diretto alle pendici di un colle. Era quella la sua destinazione? A destra e a sinistra il querceto, ancora vessato da un sinistro silenzio, e dal rumore di passi in rapido avvicinamento. Due uomini, entrambi giovani, incredibilmente atletici, e avvolti da quello che aveva tutta l'aria di essere un chitone apparvero da dietro una quercia.

Ehi, tu! Chi saresti?
Non dovresti essere qui.
Sarà meglio che te ne vada! Seguici, forza.


Era tornato indietro ancora una volta, ed era ancora al cospetto di Apollo, ma doveva essersi perso almeno la parte iniziale del discorso. Quanta parte, e quanto importante? Avanzava, guardingo, ormai la scala si era fermata, e non mancavano più così tanti scalini al pianerottolo. Sulla destra, invitante, la porta. E la logica spiazzante dell'altro ne frenò l'entusiasmo, mentre si avvicinava alla parete di destra. Sarebbe riuscito ad agguantare la maniglia?

...no. Ma conosco almeno di vista gli altri due Capiscuola, se dunque lei è quello che la sua spilla sostiene di essere, lei dev'essere di Grifondoro, Mr Brior. Sbaglio, forse? Ma come le accennavo temo che al momento non sia proprio possibile fare altrimenti...

Un tono tranquillo, l'espressione soddisfatta. La gestualità di chi fosse certo di avere la situazione perfettamente sotto controllo, e con una ferrea logica per alleata alle spalle. Tutto sarebbe andato come prevedeva? Aveva appena incontrato Atlante, ma ancora non lo sapeva.

 
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view post Posted on 5/7/2018, 19:38
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Oggi comprendo il mio rimpianto. Nel pozzo dei desideri tramutati in orrori, nel pozzo distrutto, pietra su pietra, senza memoria, solo possibilità e speranza di dimenticare quel giorno. Ma io vedo, Loras. Allora non potevo capire per davvero, oggi posso farlo. "Oliver, tocca a te", disse mia madre. E nella giornata in tuo onore, quel funerale simbolico, piansi le mie lacrime, io che mai piango, io che voglio essere sicuro e forte come te, amico mio. Piansi le mie lacrime e dalle stesse, sulla scia del sortilegio di mia madre, nacquero dei fiori. Petali d'oro, Loras.
Calendule, x

Per un attimo che gli parve infinito, percepì il respiro comprimersi su se stesso, trattenuto in uno spasmo violento, forte, energico. Sentì il cuore fermarsi per davvero e si chiese se non fosse quella la fine che gli spettava, l'epilogo che meritava fino a quel giorno. Non aveva fatto in tempo: un'occhiata in tralice nei confronti della figura misteriosa, un ricordo che affiorava curiosamente alla mente, una riflessione che spaziava dalla fantasia allo studio più intenso, infine si vide lontano più di qualsiasi altro momento. Il calore del sole, dei suoi raggi, era quanto di più bello potesse esserci al mondo. Scivolavano insieme, l'uno con l'altro, sul corpo stanco del Veggente, inebriandolo a nuova esistenza, plasmandolo a nuova eternità. Non avrebbe chiesto di meglio, non una volta. La preoccupazione di essere altrove, in un luogo che lo affascinava, accentuava tuttavia la sua confusione. Il capo rivolto al cielo, gli occhi socchiusi, le palpebre calate, non avrebbe fatto altro che abbronzarsi, placarsi, tranquillizzarsi, in quell'accezione interamente rosea che da lungo andare non conosceva più. Era così giovane, continuava a ripeterselo, e contemporaneamente si sentiva tanto maturo, contro corrente, come se il Futuro fosse divenuto a malincuore già suo Presente. L'esperienza, si convinceva, avrebbe potuto fare la differenza. Ma l'abilità contro il Tempo, contro l'Infinito, aveva poi chissà quale margine di riuscita nell'essere racchiusa in schemi, convenzioni, approcci di studio? Sarebbe stato sempre dannato, alla frenetica ricerca di chissà cosa, di misteri, di segreti, di dettagli appena da svelare per un filo conduttore che potesse dirsi tale, così reale? Aprì gli occhi ad osservare con concitazione l'ambiente circostante e per un attimo giunse a chiedersi se i cavalli al trotto lo avessero già investito, se l'eventualità fosse stata già scritta, se il corso fosse stato già portato a suo termine ultimo. Sarebbe morto, stava vivendo allora la sua fine? Per quale motivo la Vista si concedeva in modo tanto ignobile, perfino cruento? Ma era un posto così bello, ovunque potesse essere. La natura sembrava alla sua apparenza incontaminata, Oliver non scorgeva più l'edicola né sentiva quel suono immane, pari ad un tonfo pesante, a scatenare la terra fino a smuoverla in una lesione del tutto innocua. Si girò di scatto quando le fronde dei cespugli si piegarono alla presenza di qualcuno e quando le figure seminude arrivarono ad individuarlo, il Mago trattenne ancora una volta il respiro. Sbarrò gli occhi, più sorpreso di quanto fosse stato per davvero fino a quell'attimo. Non era possibile, non era affatto possibile. Si domandò se quello scorcio d'anticipo potesse essere un desiderio realizzato o una condanna già sancita, ma fu il chitone, l'abito che aveva imparato a denominare e riconoscere dalle fugaci raffigurazioni dei libri di Storia della Magia - la lezione di Ulisse era ancora impressa a fuoco nella sua mente, così come il suo saggio su Apollo e l'arte mantica -, ad attirare maggiormente la sua attenzione. Stava per aprire bocca e porre a sua volta una domanda, una qualsiasi, quando la tempra del Futuro si dissolse in quella del Presente e il cuore riprese a battere, forte ed energico, come a voler riprendere là doveva aveva involontariamente lasciato. La risposta dello sconosciuto parve ovattata all'udito del Caposcuola, ma fu ancor più confuso per una serie di riflessioni che la mente, indomita, macinava ancora. Due, aveva precisato. Un errore o una rivelazione di sorta? Quel ruolo era di quattro persone, una per Casata, e la stessa malcelata - di sicuro non così offensiva - specifica dell'altro gli diede i nervi. «Sostenere?» ripeté, tentando di ripristinare il controllo, ancora una volta, di tutto il suo corpo. Avanzò di un passo, come a voler parlare più da vicino all'interlocutore. Chi poteva essere, perché era lì, la coppia di domande si alternava in modo interessante tra i pensieri del Veggente. Se Peverell era effettivamente in ufficio e se al contempo era impegnato, perché lo stesso uomo di fronte non faceva i bagagli, trascinandosi via gatto e cane alla riscossa? Un altro passo, un piede sul gradino superiore e l'altro su quello inferiore, come a mostrare incertezza se proseguire o meno. Non si fidava dell'altro, non avrebbe saputo spiegare il motivo neanche a se stesso: l'incomprensione che vi aleggiava attorno come un'ombra lo insospettiva come mai prima di allora. «Un peccato non poter incontrare il Preside. Mi-» Mostrò un'espressione tra le più meravigliate, indicando con il rotolo di pergamena poco più avanti. «Cosa sta succedendo al suo cane e gatto?»
Avanza. Abbassati. Agisci. Tre comandi, tre inviti, uno schema che aveva già realizzato, che aveva già seguito. La visione di poco prima non era stata dimenticata e per la prima volta da sempre, da quando aveva vera memoria, Oliver si affidò completamente al suo Dono, alla speranza che potesse davvero essere un vantaggio e non solo una maledizione infinita. Se avesse preso alla lettera quanto sperimentato da se stesso, in altro tempo, allora forse il margine di fuga non sarebbe stato vano: si fece più piccolo possibile, sfruttando l'eventuale distrazione dell'altro sulla banale bugia che aveva appena detto. Avrebbe poi avuto modo di confessarsi per quella serie di atti poco nobili, ma la sensazione di essere in compagnia di un mistero in carne ed ossa, parte dello sconosciuto, si era unita irrimediabilmente a quella di incontrare il Professore non solo per la consegna dell'esame, quanto per la ricerca di risposte a più di una domanda personale. Peverell aveva sempre la parola giusta, l'aveva imparato sulla sua stessa pelle in più di un'occasione. Spiccò così un balzo rapidamente in avanti, in direzione della vicina porta: se fosse riuscito a raggiungerla, come nella visione, allora la mano libera avrebbe di scatto trafficato con la maniglia, spingendola giù, per una volta senza preoccuparsi di bussare per quell'educazione che tanto lo contraddistingueva per natura. *Apriti, apriti, apriti!* Un comando, quello, che avrebbe coinvolto tutto se stesso.
 
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view post Posted on 6/7/2018, 13:08
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Il Fato

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La faccenda stava sfuggendo di mano.
Un momento prima era chissà dove e chissà perchè, per l'ennesima volta, un attimo dopo era ancora lì, in Scozia, ad Hogwarts, su quel medesimo gradino. Vai e vieni, vai e torni. Che razza di giorno era? Il 30 febbraio duemilamai? Gli avevano fatto il malocchio? Quale sarebbe stata la conclusione di tutto quello? Ce ne sarebbe stata una? Quanto era inevitabile imbattersi in qualcosa presto o tardi? Quanto era possibile quello che stava vedendo? Sino a quel momento aveva funzionato, ma poi? Di boschi c'era solo la foresta proibita, ed era radicalmente differente. Per non parlare del resto. Si sarebbe presto occupato di altro? Era un chiaro segnale che di lì a poche ore l'avrebbero accompagnato alla porta? E per via di che cosa di preciso? Di cosa era colpevole? Ah, già. Non aveva consegnato quel dannato rotolo che stringeva ancora nel pugno... era sufficiente? Lo sarebbe stato? Improbabile, santo cielo! Aveva ritardato di pochi attimi, non era certo colpa sua se era stato saltato, oltre che dimenticato. Avrebbe fatto valere i suoi diritti, c'era solo un ultimo ostacolo da superare, di bianco vestito.


Un vero peccato, in effetti. Ma sono certo che questa sera potrà riceverla. In fondo non dovrebbe... Amalia? Cosa diamine stai facendo?

In effetti, qualcosa stava succedendo. Lo sguardo del giovane di spostava turbato alla ricerca della palla di pelo bianca che ruzzolava senza alcuna grazia giù dalla scala, inseguita a ruota dal gatto, che con aria colpevole sembrava voler porre rimedio al disastro in atto. Mentre il cane e il gatto sfrecciavano accanto al Grifondoro, e l'Apollo assisteva stralunato al fattaccio, il giovane studente lancia in resta si preparava a quanto sarebbe invece seguito, o almeno tentato: il balzo della quaglia. Aveva un obiettivo, e l'avrebbe raggiunto. E se la porta fosse stata chiusa? Stava per contrariare Apollo, nella più manifesta delle modalità, e improvvisamente questi tornò a posare il suo sguardo su di lui, già in movimento. Era un legilimens? Chi diamine era? Sulla sua fedina penale, prima di essere espulso, avrebbero spuntato anche la casella: omicidio del cane di un professore? Amalia... l'aveva già vista, già conosciuta, molto tempo prima. Quante potevano essercene, in fondo? Mentre Apollo si faceva avanti, il Grifondoro si lanciava oltre, se il primo tentava con scarsi risultati di bloccarlo, il secondo svicolava, raggiungendo la meta. Era veramente una giornata strana. La più strana? Era arrivato lì, facendo affidamento interamente sul fatto che quella porta fosse aperta, avrebbe avuto ragione? Quanto era bendata la dea? Abbassò completamente la maniglia, e tirò il battente. Era bloccato. La porta era chiusa? Poi la pressione dell'inseguitore da dietro, una spalla contro la sua schiena, l'improvvisa spinta ad andare avanti, contro il battente, ed ecco che si spalancava. La stanza sembrava vuota, ma incredibilmente strana. Dov'era il professore? Così impegnato, da non essere neanche alla scrivania? Impegnato a fare cosa?
Non troppo distante un libro spalancato sembrava lo stesse aspettando. Non toccò mai il tappeto, quella che era iniziata con l'essere una 'innocua' caduta, venne salutata da familiari e non troppo sospetti tentacoli di nero potere che lo stavano già avvolgendo, senza lasciar spazio a dibattiti o dissertazioni di sorta. E poi? Atterrò dove aveva già visto che sarebbe finita, solo che in quel momento sapeva anche come ci era finito. Qualcosa di non troppo estraneo, una campagna benevola e pacifica, non fosse stato che era solo, non sapeva perchè era lì, non era armato di nulla, se non di un pizzico di fortuna che sembrava volesse sostenerlo, e di un Fato sorprendentemente generoso, e non aveva modo alcuno di tornare indietro. Perchè era lì? Dove si trovava? Si sarebbe dovuto attendere di scorgere da qualche parte un Peverell, uscire da dietro una quercia? Era carponi sul ciglio di una strada sterrata... cosa avrebbe dovuto fare? Aspettare i soccorsi? E il rotolo? Che fine aveva fatto? Non aveva in mano più nulla... E se l'avessero dimenticato all'interno del libro? Il professore, a patto che fosse lì, non sapeva di essere in compagnia... sino a prova contraria. Ma era davvero lì? Non doveva essere a lezione? Non dovevano entrambi essere a lezione?


Ottimo, ci siamo. Dopo questa lunga premessa, sei invitato ad aggiungere in coda eventuali oggetti che plausibilmente potresti avere, compatibilmente con le circostanze.

 
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35 replies since 20/6/2018, 15:32   678 views
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