My head is a jungle, Concorso a Tema Giugno 2018

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view post Posted on 29/6/2018, 11:44
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My head is a jungle

QPiyAP3

In a dark room we fight
Make up for our lost
I've been thinking, thinking 'bout you,
'Bout us
.
.
.
And we're moving, slow
Our hearts beat, so fast


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Aria.
altro da me, altro da me. Mi carezzava la pelle con fervente decisione. Era forte, il vento. Forte da riempirmi le orecchie, forte da non farmi sentire le parole di Dorian. Strinsi gli occhi, mentre i capelli mi frustavano il viso. Uno spasmo di dolore mi scivolò tra le tempie. Era doveroso. Era necessario. Era inutile. Era solo altro da me, tutto lì fuori; e io venivo trattenuta al mio stesso interno senza via d'uscita. Né lacrime, né urla. Solo caos.

Mezz'ora prima.



La Sala Grande era in pieno fermento per la colazione della domenica mattina. Erano le undici di una giornata calda di Giugno inoltrato e la spensieratezza per la fine dell'anno accompagnava noi del terzo, ancora lontani dallo stress degli esami. Affondai i denti nel mio toast salato proprio quando Kappa mi rubò il bicchiere di succo di zucca.
«Ehi!» dissi con la bocca piena; quindi deglutii rapida. «Ce n'è una caraffa piena proprio affianco a te!»
Lui rise, continuando poi a bere come se non avessi detto nulla. Misi un finto broncio e, appena Kappa si distrasse, gli rubai l'ultimo biscotto che aveva nel piatto, quello che si era conservato per dopo.
«Maledetta!» mi urlò contro e fu il mio turno di ridere. Dorian leggeva il giornale ma rideva tra le righe dell'articolo sulle nuove assunzioni della Gringott. Una domenica come un'altra. Da quando li avevo incontrati, la mia vita era decisamente cambiata. La cupa e distaccata Urania aveva gradualmente lasciato il posto a Rue, la versione di me stessa a cui aveva accesso solo Rosalie. Rue, adesso, faceva capolino più spesso; con loro più che mai. E tutto sarebbe stato più bello con l'arrivo di mia sorella. Sarebbe stata simpatica a Didi e Kappa? Avrebbero legato preso? Ma sì. Come non volere bene a Rosalie? Ero sempre stata io la pecora nera della famiglia. Difficile, fredda, snob - per quanto poteva apparire all'esterno. Rose non aveva mai avuto problemi a farsi nuovi amici.
«Quello non è il tuo gufo?» fece Kappa ma non mi voltai, convinta volesse distrarmi per rubarmi di nuovo il bicchiere. «Dico davvero!» insistette perciò, voltandomi il mento con due dita in direzione del rapace.
Percival planava verso il nostro tavolo con, nel becco, una lettera rosa cipria. Raddrizzai la schiena, aspettando che giungesse fino a me. Riconobbi, ancora prima che l'animale si fosse posato, la grafia tondeggiante di mia sorella. Mi dimenticai del succo e del mezzo toast, rivolgendo tutta la mia attenzione a quella busta.
«Buone notizie?» domandò Dorian, piegando il giornale e appoggiandosi con i gomiti sul tavolo. La sua tazza di the ancora fumava.
«Spero di sì» feci, staccando il cerchio di ceralacca bianca che ne sigillava il contenuto. «Anche se...» lasciai in sospeso, passando le dita sotto la carta ruvida.
Rosalie mi scriveva spesso durante l'anno; voleva sapere com'era vivere ad Hogwarts, cosa facevo di bello e se stavo bene. Mi raccontava anche di lei, della sua scuola elementare e dei suoi amici. Ma mancava veramente pochissimo al mio ritorno a casa e pensai che, se non fosse stato urgente, avrebbe aspettato per raccontarmi tutto di persona.
Urgente o difficile da dire a voce?

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La lettera mi cadde dalle mani e planò, lenta, sulla superficie del tavolo. Dorian muoveva le labbra, Kappa forse mi toccava la mano. Forse. Dove mi trovavo? Le loro espressioni mutarono rapidamente. La mia com'era?
«Cosa?» lo disse la mia voce? Era una domanda? Deglutii. Ancora. La lettera mi venne tolta davanti, non seppi da chi dei due. Mi ero alzata. Mi apparivano tutti lontani, lontanissimi. Feci un passo indietro, come se mettere altra distanza fosse la soluzione. Mi mossi, prima lenta, poi rapida. Fuori da lì, più distante, più distante. Sola. Dovevo stare sola. Sarei stata sola, adesso. Rosalie non sarebbe mai venuta. Rosalie era una Magonò.
Aria.
Mi mancava l'aria.
Mi fermai nel corridoio e mi portai le mani alla gola.
«E' un attacco di panico? Pure mia madre ne soffre...»
«Donovan, giusto? Stai bene?»
Scossi la testa. Mi tolsi le mani dalla gola e arrancai oltre quelle voci distorte, le superai e uscii nei giardini. Cominciai a correre ma mi rendevo conto di andare decisamente piano. Dove ero diretta non lo sapevo. Non che m'importasse. I miei pensieri erano un nulla rumorosissimo; miliardi di stelle che collassavano nello stesso istante e assorbivano la luce in un caos terribilmente silenzioso e inesorabile. La mia mente era una giungla di sensazioni indefinite, urla inespresse, sentimenti contrastanti. Impossibile definirli. E quindi cosa mi restava se non correre? Cercare la stanchezza fisica che mi avrebbe fatto crollare e, forse, avrei sentito il peso sciogliersi dal mio cuore.
«Rue!»
Venni fermata e tirata indietro; voltandomi, mi ritrovai il viso di Dorian e quello di Kappa appena accanto. Non li avevo sentiti arrivare. Mi accorsi che poteva essere colpa del vento. Era troppo forte e cancellava le parole che mi stavano urlando contro. Non li vedevo più. I miei capelli mi schermavano dal mondo ma non riuscivo a passarci la mano sopra per mandarli via. Andava bene. Quel nascondiglio era perfetto per me.
Quanto rimanemmo a subire il vento non lo seppi. Quante espressioni mutarono sul loro viso non seppi dirlo. Quante parole di supporto e conforto mi dissero, non tutte le udii. L'unica cosa che continuava a fare Kappa era porgermi quella dannata lettera ma io non volevo riaverla né toccarla.
Volevo solo sparire.

See the pain in your eyes
.
.
.
And our bodies, are tied



Il soffitto della Stanza delle Necessità era nero come nero era tutt'intorno. Assenza di colore o compresenza di ogni possibile colore e sfumature insieme? Ero tanto immobile quanto agitata all'interno. Stavo stesa, supina, braccia e gambe aperte a croce, nuda. Mi ero tolta tutti i vestiti per sentire il freddo del pavimento. Pregavo che quel freddo mi penetrasse e rinfrescasse la mia mente prima che esplodesse. Forse ero più calma di prima, appena più lucida. Ma volevo tornare a riacquistare il completo controllo di me stessa; non mi era mai accaduta una cosa del genere. Non avevo mai avuto una reazione tanto forte. Dovevo fare ordine.
Rosalie era una Magonò. Poteva capitare. D'altronde lei non aveva mai manifestato la magia come me; mamma diceva che, forse, era solo tardiva. Mentiva a se stessa. Magari tutti noi mentivamo a noi stessi e l'avevamo sempre saputo. Cosa sarebbe cambiato? Come stava? Era crollata anche lei, come me? Anche lei sentiva di venir mangiata viva dalla tristezza?
Avevo dato così per scontato che mi avrebbe raggiunto. Sì, erano tre anni che conoscevo Dorian e Kappa ed era nata una profonda amicizia ma l'idea che lei mi raggiungesse aveva da sempre completato il quadro della mia aspirazione. Anni che le parlavo del Castello, anni che aspettavo di condividere tutto con lei. Ed ora? Non avrebbe mai avuto accesso a tutto quello? E cosa avrebbe fatto? Le scuole babbane, sola, lontana, ignara. Rosalie avrebbe meritato di diventare Strega. Lei più di tutti, lei più di me. Con la magia avrebbe aiutato le persone. Lei sapeva fare del bene e volere bene. Io no. Non ero così speciale. Io non ero così speciale.

Now I'm complicated
You won't get me
.
.
.
I have trouble




«Bevilo, avanti.»
Spostai gli occhi sul viso di Kappa, semi-oscurato dalla penombra della Biblioteca deserta.
«E' bollente, lo so che siamo a fine Giugno. Ma ti farà bene» insistette, continuando a porgermi il bicchiere. «Devi reagire» aggiunse dopo un po'. Ma non suonava come un comando.
Sorrisi appena e afferrai l'infuso. Lo tenni tra i palmi mentre il fumo mi solleticava il mento. Non bevvi.
«Didi è perfino più preoccupato di me. Ma abbiamo deciso che provavamo a parlarti uno per volta.»
Avrei voluto sorridere ma non riuscii. In fondo, sepolto dentro di me, c'era un vago divertimento per la strategia che avevano pensato di adottare. Come aiutarmi? Cosa fare? Quando nemmeno io riuscivo a salvare me stessa.
«Mi serve tempo» mormorai dopo un po'.
«Certo ma-»
«Non la voglio quella dannata lettera, Christopher.»
«Tu, io sono convinto, non l'hai letta tutta. Non è possibile che-»
«L'ho letta. L'ho letta. Non voglio più-»
«Non voglio che ci rimani troppo male, capito?»
Mi voltai a guardarlo, aggrottando la fronte. «...che?»
«Ci vediamo durante le vacanze e giochiamo insieme!»
«Ma-» quella parte non c'era. Ero convinta che non ci fosse! Mi sporsi verso di lui e sentii il calore della bevanda inondarmi l'abito. Non m'importava. Afferrai la lettera e trovai quelle parole.


Non voglio che ci rimani troppo male, capito? Ci vediamo durante le vacanze e giochiamo insieme! Mi raccomando: vivi Hogwarts anche per me. Divertiti, fai nuove amicizie, impara le magie, falla pagare ai bulli, scopri tante cose. Così poi quando torni a casa mi racconti tutto! E quando sarò grande mi porterai a Diagon Alley e mi farai vedere i posti che hai conosciuto. Quando sarò grande voglio fare un grande lavoro perciò voglio che anche tu fai un grande lavoro, di quelli avventurosi come piacciono a te. Prendi voti alti ma non troppo - se no qua mi dicono che devo farlo anche io.

ps. ti voglio bene!
pps. non ti trovare nessun'altra migliore amica però!



Risi. E poi piansi - credo. Ma forse lo feci insieme. Non mi ero accorta nemmeno che era arrivato anche Dorian; lo capii dal calore della sua mano sulla mia spalla. Li guardai attraverso gli occhi lucidi.
«Piangi, piangi, che fa un sacco bene» mi disse Didi. E allora piansi ancora e risi di più, tra i singhiozzi. Li abbracciai, mi abbracciarono. Ci stringemmo per tanto tempo. Sentii la tensione sciogliersi e la mente rallentare; la giungla bollente e fremente e caotica finalmente calmarsi. Un'alba fresca o un tenero tramonto. Quando tutto tace e tutto dorme e i respiri accompagnano i pensieri più intimi. La pace, la calma. C'era ancora una nota di tristezza ma dolce e rasserenante, aperta a nuovi orizzonti.

Ti voglio bene anch'io. E' tutto okay. Tutto okay.

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NOTE. Ho inteso il tema della Giungla come caos mentale. Istintivamente ho pensato a quando Urania, alla fine del suo terzo anno, riceve la notizia forse più brutta della sua vita. L'avevo solo accennato in scheda e avrei sempre voluto dedicargli uno spazio. Spero di aver dato giustizia ai suoi sentimenti.
 
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