Punizione.

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view post Posted on 9/7/2018, 13:21

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Daniel Anderson
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Punizione quello era il programma della serata per quel lunedì, non era una situazione particolarmente allettante avrebbe sicuramente voluto fare altro, ma pagava le conseguenze del suo gesto alla festa di fine anno, non che si fosse pentito di come aveva agito era stato un gesto particolarmente eclatante ma necessario, però come suggerito da altri membri della sua casa, in futuro avrebbe cercato di agire in maniera diversa, con una maggiore discrezione. *In consisterà la punizione?* Questo per Daniel era un aspetto del tutto ignoto aveva visto la collera di Oliver alla festa e non sapeva cosa aspettarsi, si sarebbe "vendicato" con lui per quanto successo? Beh di li a poco lo avrebbe scoperto ed avrebbe cercato di affrontare qualunque situazione gli si fosse posta davanti provando ad evitare ulteriori casini. Un punto era ben chiaro nella sua testa dopo quanto successo alla festa, evitare di finire nuovamente tra le grinfie di Emily. Questi pensieri lo avevano accompagnato per il tragitto che aveva dovuto fare dalla sala comune de Serpeverde al quarto piano, dove gli era stato detto essere situato il luogo dove avrebbe svolto la sua punizione, era stato in quel piano solamente una volta per una lezione di difesa contro le arti oscure, non sapeva dove si potesse trovare precisamente l'ufficio del Caposcuola grifondoro. Iniziò a camminare per il corridoio cercando di trovare la porta giusta, dopo averne passate un paio si trovò davanti alla porta giusta *Ci siamo* Con calma iniziò a bussare alla porta.

<< Sono Daniel Anderson, sono qui per la mia punizione.>>


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view post Posted on 29/7/2018, 19:54
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La testa pulsava più del dovuto, istante dopo istante al pari di un martellare intenso, incessante, ignobile. Il palmo della mano destra era aperto, spalancato come se deciso ad afferrare qualcosa, lo stesso dolore, piegarvisi contro, stringerlo in una morsa eterna ed ultima, disintegrarlo frammento dopo l'altro. Le dita della mano sinistra, al contrario, premevano contro prima l'una e poi l'altra tempia, in frenetica speranza di funzionare, di dissipare, di annullare in definitiva l'emicrania che aveva colto il Veggente alla sprovvista. Tra i pensieri si stagliava nitidamente un volto, uno tra pochi, e mai prima di allora Oliver aveva potuto vantare una tale chiarezza. Quasi in una presa in giro senza precedenti, in un gioco senza più incastri, in esclusione di ogni altra ipotesi, si presentava alla sua attenzione un viso, quel viso. Ed era snervante, lo sapeva bene. Una sensazione di puro fastidio, a serpeggiare lungo l'intera figura, a renderla schiava di un sentimento che mai aveva saputo condividere, che mai avrebbe desiderato farlo. Sollevò la bacchetta magica in un contatto leggero, pollice ed indice, pelle e legno, fin quando con un disegno pigro, movimento tra pochi, aprì la finestra circolare del suo Ufficio. Alle sue spalle un soffio di vento estivo, caldo e asfissiante, non fece altro che accendere un nervosismo già di per sé crescente. Oliver non avrebbe saputo spiegarlo neanche a se stesso, ed era strano, avrebbe dovuto ammetterlo. Da molto preda di lamenti e insofferenza nei riguardi del Dono così enigmatico che aveva ereditato, eppure a sua volta vittima indiscreta di un pregio, la limpida conoscenza, che non avrebbe creduto di disprezzare a tal punto. Vedere era un conto, vedere perfettamente ne era un altro. Come un boia d'altri tempi, giustiziere di una corte senza giudice, senza governo, senza legge, si vestiva in quel caso di una condanna cui non avrebbe potuto sottrarsi. La vedeva, più bella di qualsiasi altra. La vedeva, più docile di ogni altra presenza nella sua giovane vita. E così come la testa pulsava, la fronte vibrava, il colpo cadeva. Ascia contro ascia, mozzata di netto, la preda avanzava, l'ombra sostava, così era sconfitta. Aprì gli occhi solo quando qualcuno bussò alla sua porta e senza aspettare una sua risposta, invito ultimo, fece il suo ingresso rapidamente. Non fu per lui un disturbo di alcun genere, attendeva il ragazzo da quella mattina. Capitava in disgrazia al pari di un'emicrania insopportabile e c'era una linea, un confine, una stessa visione d'insieme in quella coincidenza. Arricciò il naso, facendo segno all'altro di avanzare. «Daniel, buonasera.» Un saluto pacato, anonimo, a tratti asettico. Non offrì nulla, non avrebbe potuto neanche volendo: in quell'Ufficio mancavano scorte di dolci da quando Oliver si era accorto di essere uno dei pochi, tra i suoi colleghi, ad essere così profondamente goloso. Andava bene così, a pensarci. «Accomodati, spiegherò in fretta e possiamo andare.» Attese che il Serpeverde prendesse posto di fronte alla scrivania, al lato opposto della quale - con aria stanca, le occhiaie scure a marcare il volto gioviale - il Caposcuola Grifondoro faceva da sfondo. «Niente pulizie di bagni, guferie o spogliatoi, niente lavori da amanuense, niente di simile. La punizione sarà piuttosto semplice, ma personalmente utile. Ci recheremo ai Sotterranei, lì ci aspettano alcuni Elfi Domestici, li aiuteremo in qualche modo. Sono alle prese, ironia della sorte, con barili di birra manomessi da studenti del quinto anno, che seguiranno forse punizione peggiore. Il tuo compito, supervisionato da me, sarà quello di spezzare gli incanti che riguardano questi barili, favorendone ordine e pulizia. Ma ci forniranno maggiori dettagli sul posto.» Detto e fatto, niente di più, niente di meno. Tanta strada fino a quel piano per poi riscendere ai Sotterranei da cui lo stesso Serpeverde poteva essere giunto, era forse già iniziata la punizione di quella sera? Oliver avrebbe potuto avere mille e più difetti, a detta di alcuni, ma la cattiveria, così come la vendetta, non rientravano tra quelli in alcun modo. Non c'era rancore nei confronti dello studente c'era semplicemente diligenza, il che bastava per procedere pacificamente. «Se non c'è altro, Daniel, possiamo già andare.» Si sarebbe alzato, a quel punto, dirigendosi verso l'uscita. Avrebbe invitato il Serpeverde ad avanzare prima di lui, per poi - in assenza di eventuali interruzioni - richiudersi alle spalle la porta a colpo di bacchetta.
Perdona il ritardo; a breve sarà tutto più chiaro. Non temere, non sarà nulla di banale o simile.
 
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view post Posted on 30/7/2018, 21:04

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Daniel Anderson
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Passarono pochi istanti prima che la porta si aprisse davanti a lui e mentre riceveva una risposta dall'interno della stanza, era evidente che Oliver lo stesse aspettando, non entrò immediatamente rimase fermo ad aspettare il permesso di farlo, si trovava di fronte ad un Caposcuola e visti gli avvenimenti della sera precedente doveva fare in modo di apparire impeccabile nei modi e nelle parole.

<< Buonasera. >>

Ricambiò il saluto con tono piatto e dopo che ebbe ricevuto l'invito a sedersi spostò con la mano destra la sedia e si accomodò pronto per ascoltare in cosa sarebbe consistita quella punizione. Ora che ci pensava quella poteva rivelarsi una buona occasione per osservare il Caposcuola Grifondoro, del resto fatta eccezione per il ballo non aveva mai avuto l'occasione di averci a che fare. Si sistemò meglio sulla sedia e puntò i suoi occhi su Oliver, con minuziosa attenzione scandagliò il suo viso fino ad arrivare all'altezza dei suoi occhi, notò le iridi verdi e non potè fare a meno di notare anche le occhiaie che circondavano entrambi gli occhi doveva essere molto stanco, aveva potuto notare questa stanchezza anche la sera prima sulla sua Caposcuola, evidentemente non era nelle migliori condizioni che fossero stanchi per i compiti gravosi che avevano dovuto esplicare durante l'anno? La sua attenzione venne riportata al presente dalla voce di Oliver che iniziato a renderlo partecipe delle modalità di svolgimento della sua punizione. *Quindi non mi tocca fare lo schiavo, ma mi tocca aiutare gli schiavi... beh ottimo direi* Aggrottò per un istante la fronte e le sopracciglia fu una reazione del tutto involontaria che non riuscì a controllare, non era di certo il compito che si aspettava ed ovviamente era sorpreso e contrariato, sperò che quel movimento passasse inosservato agli occhi di Oliver, quasi contemporaneamente si mosse sulla sedia per cercare di catalizzare l'attenzione in quel gesto per mascherare quello avvenuto pochi istanti prima.

<< No, direi che è stato molto chiaro.>>

Si alzò dalla sedia e la rimise al suo posto, precedette Oliver ed uscì dalla porta, pronto a ritornare nei sotterranei dove avrebbe dovuto svolgere quel compito a lui tanto ostile.


Tranquillo per il ritardo u.u, sono veramente curioso di scoprire come si evolve la punizione!


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view post Posted on 12/8/2018, 10:35
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AyGN5P2
Il colpo secco della serratura appena chiusa, al contatto leggero del legno d'Abete, fu tutto ciò che Oliver lasciò risuonare in risposta. Non pronunciò parola, non fu necessario; un cenno appena del capo, la porta dell'Ufficio già dimentica alle sue spalle, infine si diresse così avanti, verso i piani nuovamente inferiori. C'era stato un tempo in cui il silenzio gli dava fastidio, pronto a colmarlo di chiacchiere, conversazioni alla rinfusa, perfino di commenti e domande le cui risposte poco gli interessavano; c'era stato un tempo in cui si preoccupava di quegli aspetti più semplici, un tempo per rendersi amichevole, per farsi conoscere ed apprezzare. Si era stancato. Lo si vedeva sul suo volto, temprato dalle occhiaie e dall'alone di sforzi in eccesso; dall'andatura pacata, anche troppo, del suo corpo ancora impeccabile; dalle labbra tirate all'indietro, senza sorriso sincero, alla presenza di uno studente che non aveva neanche imparato a conoscere e che quasi formava un dispiacere, ad altezza petto, per una sorte che Oliver sapeva non vedere di buon occhio. La scelta di considerare una punizione legata ad un aiuto di carattere anche banale nei riguardi degli Elfi Domestici, in effetti, non era stata affidata al caso. Una tentazione, quella, che spaziava dalla passione riconosciuta ufficialmente, in tutta Hogwarts, del Caposcuola Grifondoro verso la cura e la predisposizione affettiva verso quelle creature magiche; Daniel era stato piuttosto diligente, per quell'inizio trapunto di diffidenza malcelata, e l'assenza di commenti, offese o infida ironia a discapito dei Cuochi del castello era per Oliver sicuramente cosa gradita. Senza fretta, rispondendo ad eventuali dubbi o domande se ce ne fossero state, si sarebbe così fatto strada verso i Sotterranei. Gradini di scale immobilizzate e solitarie, macinate sotto le suole delle loro scarpe, permisero alla coppia di studenti di macinare la breve distanza fino ad un'aula abbastanza vicina a quella di Pozioni. «Ardesco.» Le luminarie si espansero di una fioca scintilla, bacchetta alla mano da parte del Mago, fin quando il corridoio fu maggiormente visibile e l'umidità di quei posti già in contrasto con le fiamme appena accese; fu facile individuare l'unica creatura presente nei dintorni e fu con un sorriso, finalmente vivo, che Oliver vi si rivolse. «Estia, eccoci qui. Grazie per aver risposto.» Occhi vispi e piuttosto grandi, di un verde più intenso delle foglie in Primavera, orecchie a punta e naso sottile, zigomi poco pronunciati e un dolce vestito di taffetà trapunto di una sfumatura di rosso molto scuro, l'Elfa Domestica accolse i nuovi arrivati con un cenno di sorriso. Un inchino al Caposcuola e al vicino Serpeverde, ringraziò a sua volta per il tempestivo aiuto e senza perdere altro tempo, si volse indietro, a passo svelto verso un'altra direzione. Non impiegarono molto per arrivare di fronte una porta di ampie dimensioni, più del solito, dietro la quale si percepivano dei suoni pesanti, come colpi ripetuti. Fu a quel punto che Oliver si rivolse un'ultima volta al Serpeverde. «Bene, Daniel. Entra pure con Estia e lasciati guidare da lei, ti spiegherà quello che c'è da fare, io torno più tardi. Per qualsiasi cosa, Estia parla per me, consiglio solo di ascoltarla, non si lascia mettere i piedi in testa.» Un occhiolino alla fidata vecchia amica, infine soppesò la figura dello studente ancora per un istante; in assenza di dubbi o impedimenti di sorta, Oliver avrebbe dunque salutato i presenti, dirigendosi poco distante, esattamente alla fine del corridoio. Dove andasse, cosa dovesse fare, perché in quel posto, tutto divenne mistero.


Molto bene, Daniel. Per la punizione vera e propria, interverrà presto il Master che ti seguirà per bene. Buona fortuna e per qualsiasi cosa, resto a tua disposizione a mia volta per mp.
 
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view post Posted on 12/8/2018, 10:50
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Il Fato

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Il rosso era il suo colore preferito: lo si vedeva dal vestitino leggero che indossava, dal fiocco per capelli che aveva allacciato invece al braccio destro, infine dalle stesse scarpette di vernice accesa, scarlatta, come una Dorothy dei tempi odierni. Estia era di gran lunga un'Elfa Domestica singolare, ma non eccentrica: qualcuno l'aveva definita come un Capo, una leader vera e propria, da quando aveva preso parte alla campagna del C.r.e.p.a. come sentita portavoce tra le mura non soltanto delle Cucine, regno per lei da lungo andare indiscusso, quanto addirittura tra le mura dell'imponente castello. Aveva uno sguardo tanto docile quanto serio, a memoria antica di un nome di cui vestiva il ruolo, la storia, perfino l'enigma: Estia, dea del focolare, che abbandonò per scelta il trono di diritto all'Olimpo per favorire quella preziosa armonia tanto necessaria ai suoi fratelli, alle sue sorelle, alla schiera di divine entità che descriva la sua stessa famiglia. Era stato un po' lo stesso anche per lei, nel suo piccolo: il contesto cambiava, la leggenda mutava in realtà, però la creatura magica aveva compiuto un'analoga decisione, aveva seguito un destino non troppo differente. Agiva al fianco degli esseri umani, non più soltanto come servitrice, ma come essere senziente e sensibile, e non una volta si era dimostrata poco pronta ad ogni evenienza. Quando i suoi amici, gli altri Elfi Domestici del castello, si trovavano in difficoltà di qualsiasi genere, lei interveniva e lo faceva di continuo, in prima linea, come agguerrita sostenitrice di un valore - la libertà - che da troppo tempo le era stato privato e rinnegato, che da poco aveva imparato ad apprezzare più di ogni altra cosa. Oliver Brior era per lei un mentore ed un amico, la prima persona che le aveva letteralmente aperto gli occhi verso la strada della propria consapevolezza. L'empatia dell'altro, unita alla tenerezza e all'iniziale timidezza dell'altra, insieme formavano un tassello indissolubile di una relazione tanto speciale quanto unica. E per Estia, quel giorno, sottrarsi ad un aiuto richiesto dal Caposcuola non sarebbe stato possibile neanche volendo. Sorrise un'ultima volta in modo appena abbozzato, portandosi dietro il Serpeverde al quale già si era presentata. Il ragazzo si sarebbe presto accorto, se ne avesse avuto conoscenza ed esperienza, di quanto Estia differisse a sufficienza da molti altri della sua stessa specie: la proprietà di linguaggio, l'eleganza dei movimenti, l'espressione curiosa e razionale, il tutto andava a rifinire un aspetto già meno comune, in una scintilla di umanità che aveva del sorprendente in sé. La porta si aprì leggiadra al contatto delle sue dita e una volta all'interno, una fitta nube di vapore si alzò in un tanfo di birra così forte da pizzicare le narici di tutti. A dispetto della poca visuale opaca di quel posto, la stanza non si fece attendere per mostrarsi in tutta la sua anonima realizzazione: sembrava in effetti una delle tante aule del castello, con la peculiarità di non avere né banchi né lavagne né altri particolari strumenti di studio; alla parete destra si notavano soltanto alcune sedie alla rinfusa, al centro invece una serie di calderoni - sette, l'uno affianco all'altro - senza trespoli né fiamme al di sotto, eppure ancora caldi, come se attivi. Altri Elfi Domestici stavano trafficando con gli ultimi tre calderoni della fila, ma fu Estia a prendere parola, rivolgendosi a Daniel. «I calderoni sono stati manomessi, signore. Pizzy ha preparato le BurroBirre per la cena della sera, ma Pizzy non ha visto due studenti burloni. E gli studenti hanno incantato i calderoni, così Pizzy non sa più come fare.» Il vapore continuava a salire in spirali concentriche e la birra che conteneva ogni calderone non smetteva di gorgogliare con una certa insistenza. «Il suo compito, signorino, è sbloccare ogni calderone. Signorino Brior non ha imposto nessun divieto, può utilizzare la magia, ma Estia consiglia di fare attenzione, molta attenzione.» E così via, iniziava, in modo semplice e forse ancora confusionario. Estia indicò avanti, là dove il cicaleccio di voci dei compagni di cucina ancora aumentava alla ricerca di una soluzione. Era quello il tempo di far fronte alla situazione? Affacciandosi ad ogni calderone, tra l'altro, Daniel non avrebbe visto altro che un liquido ambrato, a tratti scuro, birra semplice, stranamente in ebollizione senza fuoco sottostante. Ma il vapore, più Daniel s'avvicinava, quasi dava il capogiro, oscurando per pochi secondi la vista e compromettendo la capacità di ragione. «Dobbiamo far sparire il contenuto di ogni calderone, signorino.» La voce di Estia tornò all'orizzonte, facendosi strada tra la confusione crescente e il desiderio di lasciare quella stanza il prima possibile. Non sarebbe stato però così semplice.
 
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view post Posted on 1/11/2018, 12:12

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Daniel Anderson
Serpeverde | Studente | 11 Anni 90tnxku
Seguì il Caposcuola grifondoro, senza dire una parola, del resto l'odio che provava verso la sua casata era ormai palese a tutti e da quello che poteva percepire la cosa era reciproca, questa sua convinzione si faceva sempre più forte nella mente di Daniel, del resto Oliver, aveva deciso di non dire una sola parola durante il tragitto che li condusse ai sotterranei. Si fermarono in un'aula che Oliver illuminò con un incantesimo, Daniel spostò lo sguardo sul corridoio ora illuminato e si accorse che non erano soli. Uno sguardo di puro disgusto si palesò sul viso del ragazzo, quello che aveva davanti gli provocava ribrezzo *Pure il vestitino rosso.. che schifo* Incurvò il labbro in una smorfia, avrebbe voluto sputare tutto il suo disprezzo su quella creatura, ma doveva momentaneamente evitare di fare altri casini. Quindi si limitò a stare immobile mentre Oliver scambiava inconvenevoli con la creatura. *Come fa un mago a mostrare gratitudine a questa orrenda creatura? Ci devono servire senza se e senza ma, non degni di essere trattati con rispetto.* Continuò ad osservare la scena e non mosse un muscolo quando l'elfo domestico di nome Estia si presentò. Ascoltò gli ultimi avvertimenti del Caposcuola mormorando un asciutto << Sarà fatto.>> E poi lo vide allontanarsi. Puntò nuovamente lo sguardo sull'elfo, precisamente su quell'inutile fiocco rosso che aveva in testa. *Quindi ha intenzione di spiegarmi la situazione o la punizione consiste solo nell'osservare quest'obbrobrio?* Sbuffò impaziente. Finalmente l'elfo si mosse e Daniel la seguì imbronciato, arrivarono davanti una porta che fu prontamente aperta e un nauseante tanfo di birra raggiunse le narici di Daniel, che si portò subito una mano all'altezza del viso per tentare di coprire il tanfo. Una volta entrato all'interno la osservò con cura, subito quello che gli saltò all'occhio erano i calderoni posizionati al centro, in totale erano sette. Sentì la voce dell'elfo dare una spiegazione del perché i calderoni fossero posizionati in quella stanza. *Quanta burrobirra sprecata.. magari una volta sistemata ne manderò un pò in dono a Lavender.* Nel mentre l'elfo continuò nella sua spiegazione, blaterando raccomandazioni non richieste. *Stai zitta, schiava.* Da quello che si poteva vedere la fuoriuscita di burrobirra non accennava a fermarsi nonostante non ci fossero delle fiamme accese ad alimentare i calderoni. *Devono essere incantati, potrei provare con un semplice finite incantatem?* Aggrottò la fronte cercando di decidere sul da farsi, la prima cosa di cui doveva occuparsi era di interrompere la fuoriuscita di burrobirra. Il finite incantatem gli parve sicuramente la scelta più ovvia, prese in mano la bacchetta dalla tasca e fece un passo avanti, la puntò in direzione del calderone più vicino agli altri due elfi due elfi e disse << Finite Incantatem >> Non era completamente sicuro che l'incanto avrebbe in qualche modo funzionato, gli sembrava una soluzione troppo facile, ma del resto da qualche parte doveva pur partire.


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view post Posted on 19/11/2018, 07:09
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Il Fato

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Il compito, di per sé, non dava l'impressione di essere chissà quanto complesso; la pulizia di calderoni colmi di birra, forse una legge di contrappasso secondo il Caposcuola Grifondoro, oppure molto più semplicemente il primo pretesto che gli era saltato in mente. In un caso o nell'altro, a rimetterci quasi sembrava non ci fosse nessuno: l'utilizzo della magia era permesso per Daniel, la presenza di eventuali aiutanti come gli Elfi Domestici in stanza non era da meno, e tutto sommato c'era da sperare - per tutti - che quella punizione finisse il prima possibile, anche molto più velocemente di quanto si potesse credere. Il Serperverde non avrebbe avuto problemi, a quanto pareva, perché se dalla propria aveva un impeccabile quanto a tratti particolarmente disdicevole disprezzo nei riguardi delle stesse Creature che avrebbero potuto aiutarlo, dall'altro poteva di gran lunga contare sul proprio potenziale magico. D'altronde, un primino di Hogwarts poteva reggere il confronto con la magia elfica: quella l'impressione, quella la considerazione. Ed Estia, in effetti, sospinta da un'impressione negativa, quasi di empatia recisa alla base, si limitò semplicemente a fare un passo indietro. Pizzy, l'Elfa Domestica che aveva citato in precedenza, si fece avanti con uno straccio tra le mani nodose, ad indicare lo studente nell'offerta palese di compassionevole aiuto: con un leggero moto di stizza, Estia parve offendersi alla mancata risposta di qualsiasi commento da parte dell'altro; la sua spiegazione della vicenda era stata chiara e limpida, così come le specifiche del suo amico Grifondoro: ma non l'una né l'altra avevano permesso al ragazzo di aprire bocca in tutta risposta, in qualsiasi risposta. Il silenzio fu il mancato segno di riconoscenza ai danni di tutti gli Elfi delle Cucine di Hogwarts. Estia così sorrise, recuperò il cencio di pezza dalle mani della compagna al suo fianco, infine indietreggiò con Pizzy all'osservare il Serpeverde alle prese con la magia. Non appena il Finite scintillò in un quasi perlaceo riverbero alla punta della propria bacchetta magica, il liquido ambrato nel calderone parve per davvero subirne gli effetti: si ritrasse in ampia parte, come risucchiato verso il fondo, e proprio quando confermava di essere scomparso del tutto, ecco che ripartiva in ebollizione crescente. Saliva a galla, superava i confini del calderone stesso, infine eccedeva come mai prima di allora. Nella stanza risuonarono dei gridolini impauriti, Estia schioccò le dita in un soffio di istintiva protezione e la sua magia si espanse come uno scudo a favore proprio e dei suoi colleghi di lavoro. La birra scoppiò in ogni direzione, fuorviata da un Incanto di per sé realizzato nel migliore dei modi, ma non utile a far sparire il suo contenuto: ricoprì da capo a piedi il Serpeverde di birra, fino a bagnare le scarpe in un rivolo continuo, mentre il tanfo acidulo di quella bevanda gli faceva strizzare gli occhi. Ma là dove la pelle scoperta - mani, polsi, perlopiù - era stata colpita a sua volta, una schiera di macchioline scure, come voglie vere e proprie, iniziarono a comparire dal nulla, pizzicando incessantemente l'epidermide lesa (-15 PS -10 PC). C'era qualcosa di sbagliato, qualcosa di pericoloso: forse la birra era stata incantata da qualcosa di ben più articolato, d'altronde gli scherzi al castello non erano cosa di poco conto. Le macchie pizzicavano per poco, dando un prurito intenso ma non incessante, tanto che si ritraevano infine in un bruciore ultimo (-10 PS -5 PC) che andò a ledere la vista in una vertigine che coinvolse il capo, la testa, la concentrazione intera (-10 PM), scemando improvvisamente. Colpito e ferito, ma non affondato, il reticente Serpeverde sarebbe stato punto e a capo, per fortuna dopo pochi istanti senza più gli effetti collaterali di quel liquido manomesso. Aveva compreso, a quel punto, che non si trattasse esclusivamente di pura e semplice birra. Estia allungò lo straccio verso il ragazzo, tuttavia ancora gentile. «Sta bene, signorino Handerson? Serve una mano?» Lo scudo si disattivò in un altro schiocco delle dita e la magia elfica si dissolse sulla scia di un crescente puzzo di birra. I calderoni continuavano l'ebollizione di quella maledetta bevanda intrisa di un incanto non del tutto ironico. Forse era il caso di tentare nuovi stratagemmi, il bagaglio culturale di Daniel offriva altre possibili varianti nel migliore dei modi, ben più specifiche per la risoluzione del problema ormai in corso.

Di volta in volta, aggiorna le tue statistiche.

 
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