Punto. A capo. Trattino , Per BlancaNieve

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Elijah Matthew Sullivan
view post Posted on 15/8/2018, 15:20






Elijah Sullivan
Prefetto Serpeverde - 17 anni

Era il giorno che seguiva il ballo scolastico di fine anno. Il pomeriggio successivo sarebbero tutti tornati a casa per passare in pace le vacanze. Elijah non avrebbe passato l'estate dai suoi genitori, ma avrebbe fatto la spola tra la casa di Sarah e quella di Hannah. Aveva sistemato tutte le sue cose nel baule, mancavano solo quelle sul comodino e nel cassetto. Si mise a sedere sul letto e lo aprì. In alto, sopra a tutto il resto, troneggiava il foglio delle ronde di quella settimana. Quel giorno non era di turno, per lui - come per altri prefetti- le vacanze erano iniziate prima. Gli occhi chiarissimi serpeggiarono sulla pergamena. A quanto pareva, era Wolf a chiudere le danze, era di ronda notturna con la Rigos. La Rigos? Lui era un secolo che non aveva piú turni con lei, da quando si erano strofinati al Campo di Quidditch. L'aveva anche invitata ad andare con lui al ballo, nessuna risposta. Il giorno prima non l'aveva nemmeno cercata, non era un tipo che pregava. Era però curioso, curioso di sapere fino in fondo quello che non capiva o che gli sfuggiva. I turni andavano sempre a giro, non capitavi mai con la stessa persona. Nell'ultimo mese lui e Nieve non avevano condiviso nemmeno un turno e non era normale, non lo era affatto. Aveva ronde con tutti, ma non con lei. Lo stava per caso evitando? Possibile che fosse arrivata a quel punto? A questo aggiungiamoci tutti i pettegolezzi che gli aveva spiattellato il professor Midnight senza troppi complimenti. Chiacchere, sparizioni...e cos'altro?
Basta! Saltò in piedi e si diresse in camera di Wolf, per una richiesta che era certo l'altro Serpeverde non avrebbe mai rifiutato. Per fortuna era solo e tutto fu piú veloce.
- Fratello, ho bisogno di un favore. Vorrei fare la ronda di stanotte al tuo posto. Devo parlare con Nieve da solo. Grazie.
Come previsto Wolf annui senza fare domande ed Elijah tornò nella sua stanza a pensare.
Si buttò sul letto a pancia in su, incrociando le braccia dietro alla testa. Rimase con la mente vuota per qualche minuto, quindi si accese una sigaretta e cominciò a rimuginare.
C'erano troppe cose che non gli piacevano in quella faccenda, cose che era il caso di chiarire quanto prima. Nieve, la stessa Nieve che si era fatta vedere tronfia e distaccata affermando di non ricordare il suo nome, non era mai capitata di ronda con lui. Se il cervello gli funzionava bene, e gli funzionava bene, era ovvio che era stata lei a fare modo e maniera di non capitare più con lui dopo quella sera al Campo di Quidditch. Ma perché una cosa del genere?
Era determinato ad affrontarla e chiederle che problema avesse, ma non riusciva mai a trovarla da sola. Quella cosa, in un modo o nell'altro, andava risolta. Finchè si giocava, come aveva fatto dopo il loro bacio focoso al campo, gli andava più che bene. Il gioco ci stava e lui stava al gioco. Ora non si trattava più di uno scherzo, ma di un qualcosa che non capiva e voleva comprendere.
A questo andava aggiunto quello che si era sentito dire dal professor Midnight durante una delle ultime ronde notturne. A quanto pareva, Dorian era ben informato di quello che era successo tra lui e Nieve, perché - parliamoci chiaro - era lei la signorina Digos in questione con cui lui si dava ad incontenibile e focosa passione. Come era possibile che tutto ciò fosse arrivato alle orecchie di un professore in modo così preciso? C'era solo una spiegazione, Nieve aveva cantato con qualcuno, e quel qualcuno aveva fatto in modo che arrivasse a Dorian. Si sa che i pettegolezzi volano come il vento, ma da qualcuno erano pur partiti. Elijah era stato una tomba e non l'aveva raccontato nemmeno a Wolfgang. Andando per esclusione, restava una sola persona, Nieve. Il Serpeverde voleva sapere per quale maledettissimo motivo era andata a raccontare gli affari loro ai quattro venti.
Più ci pensava e più diventava furibondo, doveva assolutamente calmarsi prima dell'inizio della ronda.
Cenò come un orso e passò il tempo che lo separava dalla ronda a leggere uno dei suoi libri. Teneva costantemente l'orologio sotto tiro e, quando arrivò l'ora, si limitò a metter la divisa e a dirigersi al punto assegnato per l'incontro. Fece tutta la scalinata a piedi con la massima calma e le scale furono stranamente benevole nei suoi confronti, facendogli fare un percorso netto e senza intoppi. Arrivato al Quinto piano, si piazzò a fianco all'ingresso della Torre del Preside, alla sinistra di uno dei gargoyles. Era arrivato con una decina di minuti in anticipo, ma sapeva che a breve Nieve sarebbe arrivata, convinta di trovare Wolf e non lui.
Finalmente molti dei suoi "perché" avrebbero avuto una risposta.

Post concordato con Wolf e Nieve :flower:

 
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view post Posted on 27/8/2018, 22:13
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La sera prima, Nieve non aveva alzato il gomito. Lo aveva issato, gli aveva fatto fare un giro a trecentosessanta gradi come fosse posseduto dal demonio, se l'era lussato e l'aveva lanciato lontano. Solo diversi cocktail e parecchie scemenze dopo, era tornata a recuperarlo e, ora, ne stava pagando le conseguenze. Amaramente.

L'eco dei suo passi le tenne compagnia lungo tutto il tragitto, fornendole una base d'appoggio in grado di sostenere il ritmo delle sue tempie. Pulsavano da che aveva aperto gli occhi, le maledette, e non volevano saperne di quietarsi.
Nieve gettò una rapida occhiata al lungo corridoio che immetteva nel quindo piano, lieta di essersi lasciata alle spalle l'intreccio di scalinate dagli umori mutevoli. Per fortuna, quella sera, avevano avuto la clemenza di risparmiarle uno spiacevole cambio di rotta dell'ultimo minuto, evitandole, così, un ritardo all'appuntamento che aveva con Wolfgang per l'inizio dell'ultima ronda notturna dell'anno. Non fosse stato per Lavender — che, cara, le si era fatta vicina per chiedere se volesse essere sostituita, probabilmente mossa a pietà dallo stato comatoso in cui versava Nieve —, l'avrebbe saltata senza rendersi conto della dimenticanza. Una rapida consultazione al foglio che teneva nel cassetto del comodino le aveva permesso di verificare chi fosse di turno con lei, dunque si era detta in grado di farcela.
Wolfgang era un compagno estremamente prezioso. Nieve aveva avuto modo di appurarlo negli anni sia sul posto di lavoro, sia nei giri serali dovuti al loro ruolo come Prefetti. Discreto e affidabile, possedeva il dono della misura, sicché accadeva difficilmente che spendere del tempo in sua compagnia si trasformasse in un supplizio. Da quando lo aveva assoldato per l'Esercito del Mezzogiorno, inoltre, le occasioni di scambio si erano fatte più numerose e i punti in comune avevano finito per accrescersi. Certo, avrebbe gioito alla prospettiva di aggiudicarsi Sekhmeth ancora una volta, desiderosa di trovare nel Tassorosso un valido compagno di malessere — anche lui provava il desiderio di gettarsi dalla torre più alta del castello e porre fine al tormento? — e, magari, mettere insieme i pezzi di una serata che ricordava a spizzichi e bocconi. Ma Wolfgang era un'alternativa altrettanto valida, tutto sommato!

Sorrise, mentre procedeva a occhi chiusi e si soffermava sulla respirazione. I postumi della sbronza le avevano insegnato i vantaggi di mantenere un ritmo costante tra un'inspirazione e l'altra, nonché l'importanza di una corretta idratazione. Attinse alla sacca che aveva portato con sé, la stessa sopravvissuta a Gerusalemme, e ne estrasse una piccola fiasca. Bevve due sorsi d'acqua, assicurandosi di irrorare bene tutta la bocca; infine, la ripose al suo posto. Mancavano pochi passi all'angolo in fondo al corridoio; lì, dopo aver svoltato, si aspettava di scorgere la sagoma di Wolfgang in sua attesa. Si concesse un paio di minuti per godere del silenzio in cui era immerso il castello. Accostò una finestra a ogiva e si lasciò investire dalla luce perlacea che emanava dalla luna. Le sarebbe mancata la scuola, pensò con un sospiro.
A quel punto, riprese a camminare, in preda a interrogativi di poco conto. Si chiese quante fossero le probabilità di riuscire a sostenere una conversazione o, peggio, quanto alto fosse il rischio di beccare qualcuno in giro e doverlo rimandare a un Caposcuola per la punizione. Quand'era da sola — e non accadeva da un pezzo, stanti le ripercussioni dovute ai G.U.F.O. di Swan — e capitava che s'imbattesse in uno sbarbatello ribelle, se era di buonumore, si offriva di chiudere un occhio a patto che la circostanza non si ripetesse. Era un'assicurazione verbale blanda, lo sapeva bene, ma non sempre aveva cuore di punire gli altri per infrazioni che lei realizzava frequentemente, celata sotto il mantello della disillusione. Nel caso delle ronde di coppia, la scelta spettava anche all'altra persona. Chissà se Wolfgang...

«Sullivan?» Inarcare un sopracciglio a riproduzione di un'espressione scettica le costò una fitta di dolore diffusa al capo. Portò la mano alla tempia, massaggiandola. «Dov'è Wolfgang?» chiese senza troppo interesse.

In realtà, la prospettiva di trascorrere l'ultima notte con quello sbruffone da quattro soldi aggiungeva la giusta dose di tormento a una giornata pressoché infernale. Poteva andare peggio di così?



Edited by ~ Nieve Rigos - 28/8/2018, 23:02
 
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Elijah Matthew Sullivan
view post Posted on 30/8/2018, 12:17






Elijah Sullivan
Prefetto Serpeverde - 17 anni

Batteva lentamente la suola della scarpa contro il muro di pietra, il ginocchio piegato ad accompagnare il movimento. Non dovette attendere molto, come previsto. Il Prefetto di Grifondoro apparve nel corridoio esattamente come la ricordava, chioma argentata che si muoveva al ritmo dei suoi passi cadenzati.
- Vedo che ti è tornata la memoria e ricordi il mio nome, Rigos - sollevò piano gli occhi chiarissimi verso la ragazza che ora era quasi di fronte a lui – Ma non è una sorpresa, dato che non è la prima volta che succede.
Si staccò dal muro con fare flemmatico, facendo un paio di passi dinoccolati verso di lei. Portò l’indice sul labbro inferiore e lo picchiettò piano. Era evidente che lei non si aspettasse il cambio di programma e ancora di più che non fosse contenta di vederlo.
- Wolf è nella sua stanza, lo sostituisco io – strinse gli occhi – per rispondere alla tua domanda.
Fece un altro passo verso di lei, fermandosi a quella che si potrebbe definire una distanza di sicurezza.
-Devo chiederti due cose, Nieve – andò dritto al punto, senza perdere nemmeno un momento a girarci intorno, non era proprio nel suo stile – ma prima faccio una rapida premessa.
Sistemò il ciuffo di capelli ma rimase fermo esattamente dov’era, anche se avrebbe voluto avvicinarsi di più.
- Io non ho raccontato a nessuno quello che è successo tra noi al campo di Quidditch, nemmeno a Wolfgang e lui non solo è il mio migliore amico ma anche la persona più discreta che conosco. Non l’ho fatto perché sarebbe stata una mancanza di rispetto nei tuoi confronti, ma ho avuto modo di appurare che tu non hai usato a me la stessa cortesia, giusto?
Le labbra si tesero un attimo, cercando di reprimere la rabbia che provava in quel momento.
- Indovina un po'? L’altra sera mi è toccata la ronda notturna con Midnight il quale, dopo i suoi soliti intollerabili teatrini, ha cominciato a gorgheggiarmi attorno con tono malizioso, chiedendomi della nostra passione focosa e incontenibile che sta suscitando l’invidia di tutto il castello. A questo ci ha aggiunto anche succose allusioni, tipo che tu per me eri una tacca sulla cintura.
A quel punto fece un altro passo, forse quello non richiesto - Rigos, si può sapere a chi l’hai detto che l’ha spifferato a Midnight? Quello sapeva tutti i particolari. Ma come accidenti ti è venuto in mente di parlare con persone inaffidabili – quasi sibilò tra i denti le ultime parole.
- Poi spiegami anche perché mi stai evitando – un altro passo, ora – nel silenzio – riusciva a sentire alla perfezione il ritmo del respiro di lei – Non sono così stupido da non capire che da quella sera non siamo più capitati di ronda insieme. Nel giro di pochi giorni si capita con tutti, ma io e te non ci siamo più incrociati. E’ ovvio che non si tratta di una coincidenza.
Abbassò il tono della voce, come per dare più valore alle sue parole – Mi spieghi perché, se non ricordi nemmeno il mio nome e sono solo uno di passaggio, hai chiesto di non essere messa di turno con me? Perchè tu sei stata, vero? Credimi, non ha molto senso questo comportamento.


 
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view post Posted on 8/9/2018, 14:22
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A Nieve, Elijah non piaceva nel modo più assoluto.

Era arrivata a quella conclusione ben prima di baciarlo nello spazio ovale e isolato del campo di Quidditch; e si era detta sicura del giudizio anche nelle ore immediatamente successive. Ripensando all’accaduto nel tentativo di determinare se avesse compiuto la scelta più giusta a intrattenersi con lui, le era capitato di alzare più volte gli occhi al cielo al ricordo del comportamento del ragazzo. In buona sostanza, di Elijah a Nieve non piaceva una cosa: pareva credere di avercelo d’oro, quindi si comportava come se le donne dovessero cadergli ai piedi. Non era del tutto da buttare, ad essere propriamente onesti. Seduta al tavolo dei Grifondoro, nella Sala Grande gremita di studenti, Nieve aveva elaborato l’ennesima sentenza: se Sullivan avesse tenuto il becco chiuso e si fosse limitato a far leva sul suo aspetto fisico, ci avrebbe decisamente guadagnato.

«Fantastico!»

La notizia della sostituzione scatenò il suo malumore. A occhi chiusi, mentre indice e medio massaggiavano una porzione di fronte, Nieve sospirò per imporsi la calma. Aveva le labbra strette in una posa plastica e l’espressione di chi avrebbe preferito essere giustiziata, che non rimanere nel posto in cui si trovava con la persona che le stava di rimpetto. I modi di Elijah, d’altra parte, non le erano da sprone a favore di una messa in discussione dell’idea che si era formata su di lui. Le scappò un mezzo ghigno solo alla puntualizzazione circa il fatto che ne ricordasse il nome. Se non altro, a dispetto dell’aria da duro cui era così disperatamente aggrappato, era evidente che la sua frase gli fosse rimasta impressa. E tanto bastava a darle una minima soddisfazione.

«Fa’ pure, Sullivan! Ti pare che io possa non essere interessata a quello che hai da dire?!» Il sarcasmo di cui erano impregnati i suoi modi aveva un non so che di incurante e di provocatorio. Del resto, non le importava davvero. L’emicrania che si trascinava dietro dalle prime luci dell’alba aveva annullato perfino i propositi meno bellicosi ai quali, di tanto in tanto, soleva dare spazio. «Non vedevo l’ora che si presentasse l’occasione. Fremevo!»

Quanto seguì maciullò ogni aspettativa che Nieve si era formata circa le intenzioni del Prefetto Serpeverde. Agli esordi della conversazione in atto, aveva supposto che Elijah volesse discutere del loro unico e breve incontro al campo di Quidditch — e, di certo, non la entusiasmava la prospettiva di sentirsi rinfacciare che, dopo averlo violato, doveva quantomeno maritarselo in cambio di una dote! — e si era detta perfino pronta a soddisfarne la curiosità, laddove avesse avanzato la giusta supposizione sui due mesi di atipica turnazione toccati a entrambi. “Perché, piuttosto di sentirti sciorinare tutta la sera quanto sei figo-bello-fotomodello, preferisco consegnarmi al Midnight e dirgli dell’Esercito,” avrebbe risposto senza troppa cura per i sentimenti altrui.

Invece, sbiancò. «Co-Cosa?» Il braccio destro, che si era sollevato per correre in aiuto della tempia, ricadde lungo il fianco dopo un breve attimo di sospensione. Nieve era attonita. «Il… Il Midnight ti ha… ti ha detto cosa? Lui… Io…» Erano ancora i postumi della sbornia a metterle sottosopra lo stomaco oppure quella sensazione che le stringeva il diaframma aveva un’origine tutta inedita? «Io non… capisco.»

Ma non era vero. Nieve sapeva di aver parlato dell’incontro con Elijah soltanto con una persona e di essersi ben guardata dallo spifferare la vicenda perfino a Thalia, nel timore che sottolineasse la sconvenienza del suo comportamento nei confronti di Rupert.
Districò lo sguardo dalla presa degli occhi di Sullivan, alla futile ricerca di un appiglio che smentisse i suoi più terrificanti timori. Invece, beffarda, la mente le servì il ricordo della dinamica avuta luogo nell’ufficio del Preside, il giorno della nomina ufficiale dei Capocasa. Dopo un primo momento di indignazione, Nieve — che adorava Astaroth ben più di quanto non odiasse il proprio nemico — aveva deciso di soprassedere alla questione: il fatto che la sua mentore condividesse i modi dell’uomo non significava che fosse come lui, né che il loro rapporto dovesse avere fine. Poteva prendersi la sua media, la soddisfazione di umiliarla, perfino precluderle delle possibilità per il futuro. Ma non gli avrebbe concesso di portarle via la persona alla quale più voleva bene sulla faccia della Terra.
Le fu impossibile non tentare di scagionarla. Benché fosse stata pressoché sicura dell’assenza di spettatori, rifletté, non era del tutto implausibile che le fosse sfuggito l’arrivo di un avventore casuale, pettegolo per giunta, mentre s'intratteneva in compagnia del Serpeverde. Eppure c’era il dettaglio della cintura… La risata di Astaroth le risuonò nelle orecchie, facendola rinvenire. Alzò lo sguardo su Sullivan.

«Raccontami per filo e per segno quello che è successo. Non lesinare sui dettagli. Voglio sapere come sono andate le cose e cosa ti ha detto.» Parlò con tono perentorio, desiderosa di fare chiarezza. Aveva le sopracciglia d’argento leggermente inarcate sugli occhi verdi e la labbra dischiuse, in attesa. «E avrai le tue risposte!»

 
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Elijah Matthew Sullivan
view post Posted on 13/9/2018, 12:04






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Elijah Sullivan
Prefetto Serpeverde - 17 anni

Il desiderio incontrollabile di strapparle la testa dal collo a mani nude, si faceva strada dentro di lui istante dopo istante. L'aveva visto fare a nonna Candice con le galline. Le prendi per la gola e, mentre tiri verso l'alto, giri con forza, un gioco da ragazzi. Piú lei continuava a parlare, piú il Serpeverde passava in rassegna tutti gli strumenti di morte concepiti dalla mente umana. Per prima arrivò la ghigliottina, ma si convinse presto da solo che era una soluzione troppo drastica e indolore. Il buon ceppo ed ascia? Non era male l'idea di mandarla in giro tipo il ridicolo fantasma della loro Casa. Ma.. No! Nemmeno quell'opzione era quella giusta. Pensò a come venivano eliminati alcuni animali e quella era una morte lenta e consapevole che Elijah avrebbe gradito parecchio. Alla fine gli venne in mente William Wallace, concludendo che lo squartamento a crudo fosse senza dubbio la scelta migliore.
Era insopportabile, con quel tono canzonatorio esibito per principio, prima ancora di sapere di cosa lui volesse parlare. La supponenza di sapere sempre tutto, che in certe situazioni condivideva, anche se non era quello il caso. Considerando che probabilmente avrebbe approcciato nello stesso modo, le abbonò in parte l’ingresso trionfante, ma non lo cancellò. Sebbene volesse farle uno sconto, faceva comunque media con tutto il resto, una bella media in negativo.
Aveva detto che fremeva, no? Si, anche lui, ma non per il motivo che lei stava immaginando all’arrivo. A quel piattino aveva aggiunto altri ingredienti poco gradevoli che lui non avrebbe mai digerito, sebbene si stesse facendo scivolare tutto addosso. Sapeva restare perfettamente impassibile, ma aveva il brutto difetto di non dimenticare mai nulla e di ricordarlo quando gli faceva comodo. La lasciò al suo spettacolo, godendoselo tutto, marchiando la mente con ogni parola che veniva pronunciata. Non le concesse nemmeno un ghigno, nulla. L’unica cosa che la Grifondoro ebbe di rimando fu il suo sguardo fisso e gelido.
Il Serpeverde si accorse immediatamente dell’effetto che ebbe su Nieve la bomba che aveva appena sganciato. A quanto pareva, aveva ottenuto la sua completa attenzione, non che gliene importasse più di tanto al momento. Ma guarda!! Ora voleva sapere quello che aveva da dire, ora che si sentiva tradita da qualcuno e punta nel vivo. La voce della ragazza iniziò ad esitare, era chiaro lo sbandamento interiore in cui lei si stava agitando. Non capiva...ma non mi dire? Sul serio? Curioso che fosse quello che lui le avesse detto fin da principio. Rimase ancora in silenzio ad osservare le sue reazioni, e non solo quelle.
Quando Nieve riprese la parola, Elijah dovette ricorrere a tutta la sua forza di volontà per non fare quello che gli stava passando per la testa in quel momento. Aveva di nuovo messo la corona in testa nel tentativo di risultare superiore. Non capiva dove pensava di arrivare con quell'atteggiarsi da gran dama del castello. Forse era giunta a questa consapevolezza albergando per troppo tempo in una Torre, ma la realtà - almeno per quel che lo riguardava - era parecchio diversa.
Quel tono altezzoso e di comando, era così irritante che il Serpeverde fece un passo indietro. Ne fece poi un altro, poi un terzo. Non poteva starle così vicino, doveva calmarsi. Doveva assolutamente calmarsi. Il desiderio che provava per la Grifondoro restava immutato, così come restava immutato il suo sguardo. A quello iniziale si era aggiunto, però, un desiderio diverso, qualcosa che non aveva proprio nulla di gradevole.
Si spostò, poggiando poi i palmi della mani aperte contro le spallette della finestra più vicina. Avrebbe voluto farlo con violenza, ma la sua mente lo costrinse a farlo quasi a rallentatore.
Le punte delle dita scivolarono appena sulla pietra dura, mentre gli occhi cercarono i raggi della Luna quasi piena. Era una bella sensazione quella luce, forse l’avrebbe calmato o forse avrebbe scatenato ancora di più il suo furore interiore. Fece un respiro profondo e si morse appena il labbro inferiore. Voleva che gli raccontasse tutto per filo e per segno e solo allora gli avrebbe dato le risposte che voleva. Elijah sentì lo stomaco contorcersi e fece un altro respiro per cercare di calmarsi. Se quello non era un ricatto, gli somigliava parecchio e lui non aveva nessuna intenzione di essere una pedina nelle sue mani. Non glielo avrebbe permesso nella maniera più assoluta. Prestarsi ad un gioco per reciproco divertimento era un conto, ma qui non c'era nulla per cui sollazzarsi. Aveva una tremenda voglia di fumare, ma sapeva di non poterlo fare, soprattutto nei paraggi dell’ufficio di Peverell. Raspò di nuovo il muro con le dita, lasciando che la rabbia gli uscisse dai pori della pelle. Non riusciva a calmarsi, non ci riusciva proprio. Si voltò a guardarla un attimo per poi distogliere di nuovo da lei i suoi occhi chiarissimi.

 
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view post Posted on 19/9/2018, 22:29
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«Ho baciato uno,» esordì di getto, sottovoce, dopo aver lanciato un’occhiata furtiva alla botola per accertarsi che l’ultimo compagno di classe fosse uscito. «E non è Rupert.»

Nieve sedette sulla scrivania dell’aula di divinazione. Aveva in grembo una sfera di cristallo e se la rigirava tra i palmi con aria a metà tra l'intento e il seccato. Non era ancora giunto il tempo di affrontare quel genere di pratica divinatoria, con suo sommo scontento! C’era qualcosa che l’affascinava nell’idea di veder proiettato il futuro nelle viscere fumose di una palla trasparente, sicché, tutte le volte che le capitava di aggirarsi per lo studio di Astaroth o per l’aula nella quale avevano sede le lezioni, finiva per accostare il naso alla superficie diafana e scrutarne le profondità. Fino a quel momento, la sfera non era stata particolarmente loquace. Di certo, non le aveva anticipato cosa sarebbe successo al campo di Quidditch con l’ennesimo Serpeverde. Doveva considerarlo un proprio
fetish? Ridacchiò.

«No che non mi piace. Non so se hai presente, ma il tipo di cui parlo è Sullivan.» Arricciò il naso in un’espressione di sdegno e diede una scrollata di spalle per liberarsi della sensazione del contatto con l’altro. Se ne pentiva eccome! «Non so cosa mi sia passato per la testa,» spiegò. «Credo che-» Tacque nella speranza di indagare il proprio animo e servire all'amica una delucidazione capace di chiarire — anche e, forse, soprattutto a sé stessa — la natura delle azioni che aveva compiuto. Fino ad allora, non aveva avuto successo. Gli occhi grandi chiesero il soccorso della sfera di cristallo, ancora una volta invano. «Credo che volessi semplicemente farlo stare zitto. Era tutto un blaterare di cose stupide. Siccome proprio male male non era, ho colto l’occasione per farlo in modo gentile, visto che mi rimproverano sempre di essere un po’ brusca.» Ribatté con una linguaccia alla risata di Astaroth. «Ma la parte più bella sai qual è? Mi ha invitata al ballo di fine anno.
HA! Vuole che ci andiamo insieme per intrattenermi e bla bla bla. Sai che ti dico io, invece? COL CA-VO-LO!»

* * *

Quello che accadde nei pochi minuti successivi alla sua richiesta, scomodò il sospetto che, a sua volta, interpellò la cautela. D’improvviso, Nieve passò dallo sconvolgimento alla circospezione. Presto, seguitò perfino il sollievo.
Si disse, infatti, che una persona in possesso di informazioni valide, se correttamente incalzata, non avrebbe perso tempo a fare presenti le proprie ragioni. Che ne era stato dell’aggressività — simulata, a detta di Nieve, stando così le cose — delle prime battute? Com’era possibile che fosse bastato così poco per smantellare il bisogno di un confronto che sembrava averlo animato dall’esordio del loro colloquio? Semplice, realizzò l’islandese: Elijah mentiva.

Socchiuse appena gli occhi per seguire con attenzione le reazioni del Serpeverde, dunque tacque per non sollecitarlo. Voleva godersi l’ampio spettro delle emozioni che era stata in grado di suscitare in lui col desiderio di smascherarlo e mettere fine a quella recita. Un’espressione vagamente sdegnata si dipinse sul viso dai colori delicati. Il fatto che Elijah non le piacesse legittimava ciascuno dei suoi dubbi; ed ogni dubbio l’avvicinava di un passo a scagionare Astaroth dall’accusa di tradimento. Per quel che ne sapeva, il Prefetto verde-argento poteva essere un bugiardo di prima categoria, oltre che un pallone gonfiato, e quella una scusa per attirare la sua attenzione in modi che gli sarebbero stati preclusi se si fosse limitato ad essere sé stesso.

Non si perse d’animo, pertanto, quando lo vide indietreggiare e, infine, darle le spalle. Si sarebbe esibita nello sfoggio della più impertinente saccenteria, se l’emicrania della sbornia non le avesse precluso buona parte della mobilità facciale.
Distolse lo sguardo solo per un istante con l’intenzione di richiamare a sé le piacevoli sensazioni della sera prima e scacciare ogni residuo di turbamento. Si chiese come fosse possibile che ricordasse buona parte di ciò che era accaduto, nonostante la quantità di alcol ingerita. E arrossì per la decima volta nell'arco della giornata al pensiero degli incantesimi che aveva tentato di lanciare in presenza di Horus senza riuscirci. La giovialità dei ricordi la colpì con una tale intensità che, nel tornare a soffermarsi sul suo attuale interlocutore, Nieve faticò a trattenersi. Le bastava guardarlo perché le si guastasse l’umore. Quel maledetto bugiardo!

«Se non hai nulla da aggiungere, direi di iniziare con la ronda,» esordì d'improvviso, disattendendo le linee guida del piano elaborato. Ora che si era convinta di avere a che fare con un impostore — era un pensiero confortante, conveniente, frettoloso — e che la memoria delle risate condivise con Sekhmeth era sopraggiunta a scacciare il malumore, poteva tranquillamente andare avanti. Non gli avrebbe concesso altro tempo! Nieve, del resto, possedeva la giusta dose di malleabilità per riuscirvi ed Elijah aveva perso la sua attenzione. «Prima iniziamo, prima finiamo.»

S’incamminò lungo il corridoio a passi lenti, dandogli la schiena.

 
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Elijah Matthew Sullivan
view post Posted on 28/9/2018, 14:17






Elijah Sullivan
Prefetto Serpeverde - 17 anni

Il Serpeverde capì subito dove si stava andando a parare e la cosa lo fece infuriare non poco. Altezzosa e disgustosamente supponente, la Rigos stava tentando di rivoltare la frittata come se lei fosse un angelo del Paradiso. Lo guardava dall’alto in basso quando non era proprio nella posizione di farlo. Una faccia tosta senza precedenti, che avrebbe pure apprezzato se la situazione fosse stata diversa. L’istinto omicida si faceva sempre più strada dentro di lui, ma Elijah era una testa calda che ragionava a freddo. Non era finita lì, sebbene lui avesse tutto l’interesse a farglielo credere. Avrebbe pensato, soppesato e atteso, lasciandole credere di aver vinto. Era una tattica infallibile; far credere al proprio avversario di essere sempre in vantaggio anche quando non lo è più, ed è proprio in quel momento che arriva il bello. La Rigos meritava il meglio e lui l’avrebbe accontentata.
Si mosse di scatto e la raggiunse, ponendosi perfettamente a fianco della Grinfondoro.
- Ma dimmi, Elijah – cito a memoria - si dice che tu e Digos, perché è questo il suo nome, dico bene? stiate suscitando l’invida del castello con la vostra incontenibile, focosa, passione.
Nella sua voce regnava l’indifferenza più totale. Stava perdendo solo tempo. Era evidente che una come Nieve non meritasse spiegazioni ma solo ritorsioni. Lui e la sua voglia di chiarire, la prossima volta non avrebbe più perso tempo a chiedere spiegazioni ad una che non era in grado di tenere a freno i muscoli della bocca. A Natale avrebbe potuto regalarle una museruola, ma era certo che sarebbe riuscita ad essere inopportuna anche con la mandibola ingabbiata. Voleva le sue spiegazioni ? Bene, l’avrebbe accontenta e poi tanti saluti.
- Ho risposto, ma lo sa che queste voci sono arrivate anche a me? Aggiungendo poi, mi sembra di intendere che la signorina...Digos non abbia di che lamentarsi se ostenta in giro cotanta focosa passione per i dettagli e che una scopa poteva avere mille sfaccettature.
Non si voltò a guardarla nemmeno una volta, la sua persona non rivestiva alcun interesse per lui in quel momento.
- Ho fatto un riferimento senza senso alla scopa per cercare di capire se lui effettivamente sapesse e quanto sapesse. E sapeva tutti i dettagli.
Sistemò il ciuffo con la mano mentre camminava al fianco di Nieve, ma i suoi occhi chiarissimi continuavano ad essere puntati sul corridoio che si srotolava davanti a loro.
- A quel punto Midnight ha detto – cito sempre a memoria - ne parli come se la poveretta non sia stata più che una tacca sulla tua cintura – fece una piccola pausa – e il riferimento alla cintura non lascia dubbi in merito ai particolari che conosce quel pallone gonfiato.
Infilò la mano sinistra in tasca, dove le dita lunghe sfiorarono il pacchetto di sigarette. Moriva dalla voglia di fumarne una, il fumo l’aiutava a pensare meglio, proprio come l’alcool.
- E’ arrivato poi quel ritardato di Northman che ha consegnato a Midnight una vestaglia – silenzio teatrale – sì, hai capito bene. Ha detto di essere mandato dalla Morgenstern e la McLinder che volevano sapere se si stesse divertendo.
Sbuffò al solo ricordo di quel rammollito di Tassorosso, un personaggio quasi incommentabile – A quel punto il Professore ha iniziato il suo show, come al solito, dicendo a Northman testuali parole. Sullivan mi stava raccontando di aver sedotto tale Digos. Pareva accennasse addirittura ad una scopa, che bizzarria – sollevò gli occhi al cielo, pur sapendo di non essere visto.
- Northman, degno compare del Re dei teatranti, ha specificato che il nome della studentessa in questione è Rigos e che pensava tu te la facessi con il tuo Caposcuola.
Solo a quel punto accelerò leggermente la camminata, sorpassandola. Si voltò di scatto e si mise davanti alla Grifondoro.
- Sei appagata dal mio racconto fino a questo punto, o vuoi che vada avanti? Non ho problemi a deliziarti, Rigos, abbiamo tutta la notte – strofinò vigorosamente la mano sul mento – o, magari, prima vuoi chiedere conferma a Northman. Se sì, non ho problemi, dato che ti ho detto la verità.

 
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view post Posted on 6/10/2018, 19:16
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Nieve arricciò le labbra, dunque sorrise.
Aveva il corpo verso in uno stato paralitico: gli occhi fissavano il vuoto, vacui; gli arti giacevano in sospeso, incapaci di completare il movimento della deambulazione; e il respiro indugiava a metà percorso, in procinto di raggiungere i polmoni nell’atto dell’inspirare. Non fosse stato per la smorfia inquietante della bocca e per il lieve tremore che la scuoteva, sarebbe stato plausibile scambiarla per una bambola di cera.
Avrebbe voluto piangere. Invece, sorrideva.

Negli anni, la vita di Nieve si era dimostrata piuttosto ingegnosa sotto il profilo relazionale. Le aveva concesso di sperimentare l’abbandono, poi il rifiuto, ancora le violenza fisiche e psicologiche. Per finire, l’aveva costretta ad un confronto bruciante con la morte. Pertanto, crescendo, l’islandese si era detta sicura di non poter sperimentare di peggio. Era persuasa — a ragion veduta — di essersi cimentata vittoriosamente nel novero delle esperienze umane più terribili. Cos’altro avrebbe potuto nuocerle al punto da prostrarla? Perfino quando le vicende con Emma e Oliver si erano aggiunte al bagaglio personale che custodiva di malavoglia, aveva liquidato la questione con una metaforica scrollata di spalle: aveva sofferto, ma non si era trattato che di una ripetizione in chiave diversa rispettivamente dell’abbandono e delle vessazioni. Sarebbe — ed era — sopravvissuta.
Per questa sua innocenza, quando la lama del tradimento si presentò nell’inedita veste di figurante, Nieve le concesse di trafiggerla senza opporre resistenza. Le era inaccessibile la complessa formazione delle dinamiche umane, sicché non aveva mai considerato la possibilità che il legame con Astaroth andasse incontro a quella svolta. Nella peggiore delle ipotesi paventate, aveva visto l’amica, mentore e protettrice allontanarla o deluderla, accordando una preferenza al suo peggior nemico. Ma in nessun caso, neppure in preda al più cupo sospetto, aveva immaginato che potesse venderla come carne al macello proprio alla persona che si era proposta di combattere.
Si ritrovò impreparata.

L’inspirazione terminò in un singhiozzo, riempiendo il vuoto seguito alle parole di Elijah. Gli aveva dedicato uno sguardo fuggevole sul finire della spiegazione. Con l’ostinazione che sapeva di possedere, aveva pregato di trovare sui lineamenti di lui una prova di mendacità. E aveva fallito.
Di tutte le parole uscite dalla bocca del Prefetto Serpeverde, il riferimento a Northman si era dimostrato il solo in grado di spazzare ogni genere di perplessità. Negli anni trascorsi a Hogwarts, Nieve non si era curata dei pettegolezzi che circolavano sul suo conto all’infuori di uno: la presunta relazione amorosa con Oliver Brior. Avevano riso entrambi in Sala Comune di quelle supposizioni, figurandosi la reazione dell’intera scolaresca se si fossero decisi — come pure la Rigos aveva suggerito per mero diletto — a fare ingresso in Sala Grande mano nella mano in occasione di un pasto qualsiasi. Contro ogni aspettativa, quella voce era stata l’unica a sopravvivere nel tempo, persistente.
Allora, Nieve si sentì congelare. Aveva gli occhi fissi su un punto imprecisato all’altezza del torace del giovane e la mente impegnata nell’atto di ricostruire le vicende descritte da Elijah. Da un anfratto remoto della sua anima, la risata del docente di Difesa la sbeffeggiò fino ad eliminare qualsiasi altro suono. Era ovunque ed era terribile.

Inspirò ancora. La muoveva un affanno che traduceva i suoi tentativi in sibili disperati. E non importava quanto profonde fossero le inalazioni: per qualche motivo, l’aria non era mai abbastanza e Nieve non faceva che annaspare.
Incapace di dominarsi, allungò la mano sinistra per afferrare Elijah, mentre raccoglieva il braccio destro al petto e chinava lo sguardo in direzione del pavimento. Non si era mai figurata un’evenienza simile, dunque il suo corpo le servì una reazione altrettanto inattesa. Si sentì crollare.

Da lontano, l’eco del sibilo che l’aveva perseguitata nel post-Gerusalemme riemerse dagli abissi.
Serrò le palpebre.



Edited by ~ Nieve Rigos - 6/10/2018, 20:41
 
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Elijah Matthew Sullivan
view post Posted on 8/10/2018, 14:05






Elijah Sullivan
Prefetto Serpeverde - 17 anni

Il silenzio che li divideva venne infranto da un singhiozzo soffocato, emesso quasi per errore alla fine di un respiro. Il Serpeverde smise immediatamente di parlare, fissando gli occhi sulla Grifondoro. Piegò leggermente la testa per inquadrarla meglio, ma lo sguardo di lei era fisso sul suo petto, nel punto in cui si agganciavano i due lembi del mantello verde-argento.
Elijah, avendo sei sorelle di età assortite, sapeva benissimo che lo spettacolo a cui stava assistendo era il prologo di ben altro. Non stava succedendo vero? Non con Nieve, non con lui presente.
Era escluso, lei non l’averebbe fatto per nessuna ragione al mondo. Sicuramente la sua sensazione era sbagliata. Attese in silenzio, evitando di continuare con il racconto se questo, al momento, non gli veniva richiesto.
Ancora silenzio. Gli occhi del Prefetto si strinsero, la poca luce del corridoio non gli permetteva di vedere bene il colorito della ragazza. Non fu necessario, perché la mano della Grifondoro lo afferrò all’improvviso, facendogli sgranare gli occhi per la sorpresa. Ma che accidenti…?
Fu quando lei piegò il capo verso il pavimento con l’altra mano sul petto che Elijah capì che la situazione stava precipitando. L’afferrò saldamente per le spalle con il braccio più vicino, mentre con l’altro la sollevò dal pavimento senza pensarci due volte. Non vi era alcun secondo fine in quel gesto, ma la ferma volontà di non farla finire svenuta a terra. Fece qualche passo con Nieve in braccio, sistemandola a sedere con la schiena contro la parete. Si assicurò che fosse cosciente, quindi si sedette a gambe incrociate di fronte a lei.
La guardò in silenzio. Si era venuta a creare una situazione assurda.
Il Serpeverde infilò la mano sotto al mantello, facendo apparire la sua tavoletta di cioccolato. La poggiò sul pavimento alla sua destra e la scartò con cura. Le lunghe dita ne spezzarono una porzione abbondante. Aprì la mano di Nieve, sistemandole il tocco di fondente nel palmo della mano.
- Di tutte le cure che ho provato contro i momenti di tristezza, questa è sicuramente la migliore – sentenziò con la sua solita voce tranquilla, mentre a sua folta ne infilava un quadretto tra le labbra.
Lo lasciò sciogliere con calma, sperando che la Grinfondoro seguisse il suo esempio.
- Nieve, io sono l’ultima persona che può permettersi di dare lezioni di vita, ma ho imparato da molto piccolo che nessuno su questa Terra merita le tue lacrime, almeno che non siano di gioia – lui lo sapeva davvero bene e per questo non piangeva più per niente e nessuno da molto tempo – non consentire a certe persone di metterti a tappeto, soprattutto non permettere che accada per le parole di un professore, chiunque esso sia.
Rimase per qualche minuto in silenzio, lasciando che un nuovo pezzo di cioccolato gli si sciogliesse in bocca e facesse uscire con calma tutto il veleno che aveva nel sangue. Fece un respiro profondo. Quella situazione lo trovava impreparato su tutta la linea. Elijah era abituato a fare il carnefice e non il crocerossino. Sfilò il fazzoletto dalla tasca e lo porse alla ragazza.
- Prendilo pure – e prima che lei lo chiedesse – tranquilla, è pulito.
La fissò alla ricerca delle parole giuste – Ho sei sorelle e non farò delle facce strane se vuoi piangere, sono abituato – un piccola pausa poi aggiunse – e posso giurarti che non lo andrò a dire in giro, questa cosa resta tra me e te e non ti giudicherò per questo.
Nonostante avesse il carattere e modi degni di un orso e un porcospino fusi insieme, Elijah Sullivan era sempre stato un cavaliere e ci teneva davvero molto a quell’aspetto della faccenda. Se si fosse trattato di un ragazzo se ne sarebbe andato sulla sua strada, lasciando che si macerasse nelle sue paturnie. Una ragazza in difficoltà cambiava tutte le carte in tavola, era diverso, non ci riusciva. Era il suo sangue di cavaliere, certo, ma anche la speranza che qualcuno potesse fare lo stesso con le sue sorelle.

 
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view post Posted on 14/10/2018, 17:40
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Nel momento in cui il suo corpo impattò su quello di Elijah, Nieve provò l’impulso di cingergli la schiena e lo assecondò. Le dita ghermirono il tessuto scuro del mantello come in preda a un eccesso spasmodico. Mentre sobbalzava in balìa dei singhiozzi, incurante del fatto che fosse stretta alla stessa persona che si era detta sicura di disprezzare, la pienezza della rottura sopraggiunse a presentarle il conto. Un tempo, si sarebbe chiesta da cosa originasse la sensazione di affanno che le agitava il petto. Nel presente, oltre le premurose blandizie del Serpeverde, comprese immediatamente la sfumatura del patema che le impediva il respiro.
Si lasciò squassare dal pianto, vinta.

Com’era possibile che lei e Astaroth avessero fatto quella fine? E per quale ragione? Ignorando il rimbombo penetrante del sibilo, la Grifondoro recuperò l’affetto che provava per la donna e ne saggiò lo spessore. Pur senza collocarlo in ciascuno degli episodi che avevano avuto entrambe per protagoniste, la trafisse l'intensità di ciò che l'aveva legata a lei. Il ricordo delle parole di Emma, prepotente, le suggerì di arrendersi e allentare la presa su quel sentimento, eppure Nieve si ostinava. Non voleva perderla. Non poteva.

Quando Elijah la depose sul pavimento, Nieve sopravvisse a malincuore alla separazione. Si era aggrappata al giovane con l'abbattimento del moribondo. Mentre dentro di lei ogni cosa si frangeva e il chiasso assumeva le sembianze del pianto, l’aveva consolata l'umana solidità del contatto con l'altro. Il parallelismo col loro primo incontro brillava di un umorismo crudele alla luce di quell’improvviso ribaltamento di ruoli. Non si era mai sentita così sciocca, e affranta, e patetica in tutta la sua vita.
Rannicchiata contro la parete, teneva le braccia strette al petto e gli occhi chiusi. Piangeva, inconsolabile, Nieve Rigos sul pavimento di pietra di un corridoio vuoto. Era talmente sconvolta che non si accorse dei gesti di Elijah in un primo momento. Strinse il pezzetto di cioccolato con forza tra le dita lunghe: un quadratino si separò dagli altri e cadde a poca distanza dalle sue scarpe; e ciò che rimaneva prese a sciogliersi sotto l’effetto del calore corporeo.
Alzò gli occhi sul ragazzo solo quando lo sentì parlare. Aveva entrambe le guance e il mento bagnati. Alcune ciocche di capelli — d’un argento ora spento — avevano aderito alla pelle inumidita dalle lacrime. Sobbalzava piano.
Tornò a raggomitolarsi nel momento stesso in cui la raggiunse il significato delle parole di Elijah. Allora, serrò le palpebre per isolarsi dalla realtà. Ancora una volta, avrebbe voluto illudersi dell’inaffidabilità del suo interlocutore e, tuttavia, aveva oramai oltrepassato la fase della messa in discussione. Perfino in quell’incredibile sfoggio di immeritata gentilezza, Nieve trovò la conferma ai suoi più grandi timori.
Accostò la tempia destra alla parete. Schiuse la bocca, ma non per parlare. Inspirò ed espirò così forte che, per un attimo, la disperazione racchiusa nel suo furioso annaspare ebbe la meglio sul fischio che le riempiva le orecchie. Infine, serrò le labbra. Aspirava alla dignità di un pianto silenzioso, sebbene non le riuscisse di ricomporsi.
Una zaffata di cioccolato si levò per consolarla.



Edited by ~ Nieve Rigos - 15/10/2018, 21:22
 
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Elijah Matthew Sullivan
view post Posted on 29/10/2018, 13:21






Elijah Sullivan
Prefetto Serpeverde - 17 anni

Era un pò il cane che si morde la coda. Nonostante i suoi sforzi - pessimi diciamolo - non riuscivano a smuoversi dall'immobilità in cui erano caduti. Per la miseria! Era mille volte meglio litigare, lí si muoveva come un coccodrillo sotto il pelo dell'acqua. Consolare però rientrava in quello che il dizionario - anche quello fuggitivo di Peverell - avrebbe catalogato per lui nelle cose da evitare come la peste. E invece, sopraffatto dall'incoscienza, era lí ad annaspare come un anatroccolo alle prime armi, e tanti saluti al coccodrillo. Si guardò intorno alla ricerca di chissà cosa, magari l'ispirazione giusta per risolvere la situazione. Non aveva la minima idea sul da farsi.
Elijah poggiò a terra il palmo aperto, facendo forza il giusto per riuscire a sollevarsi. Si spostò, andandosi a posizionare a fianco a Nieve con la schiena contro la parete, dal lato dove lei volgeva il viso. C’erano due Elijah che albergavano dentro di lui in quel momento. Quello che portava il cognome Montague si sentiva trionfante e deliziato dallo spettacolo che la Grifondoro gli stava offrendo. L’aveva sfidato a viso aperto come una leonessa e lui, di rimando, era riuscito ad annientarla con due parole ben assestate e senza nemmeno faticare più di tanto. Era il gusto della vittoria, dolce come quello del cioccolato.
C’era poi l’altro Elijah, quello che portava il cognome Sullivan, il ragazzo dall’animo sensibile che non conosceva nessuno, tranne le sue sorelle. Era il lato di sé che il Serpeverde non esibiva mai, quello che poteva mostrarlo debole agli occhi degli altri, quello che la vita gli aveva imposto di relegare in un angolo. Era una battaglia interna tra due entità diverse e contrapposte.
In fondo la Rigos se lo meritava quel finale per come si era fatta beffe di lui e delle sue debolezze adolescenziali. Aveva giurato a se stesso che non glielo avrebbe mai perdonato, che non avrebbe mai dimenticato. Quella era la sua vendetta che veniva consumata molto prima di quanto avesse sperato.
Raccolse il fazzoletto, e lo fece senza nemmeno rendersene conto. Lo strinse forte nella mano, un ultimo tentativo di resistere al lato compassionevole che la Grifondoro stava mettendo a dura prova.
Elijah le asciugò le lacrime con attenzione su entrambe le guance, piegò poi il fazzoletto e lo ripose nella tasca del mantello. Rimase lì, seduto contro il muro. Le gambe piegate e le mani che ciondolavano sulle ginocchia. Aveva così ristabilito le distanze. La sua entità più forte aveva di nuovo preso le redini del comando e non aveva più alcuna intenzione di passare il testimone. Aveva fatto abbastanza, anzi pure troppo. Nonostante tutto rimase lì seduto, spalla contro spalla, in un distacco apparente ma non evidente.
Cosa faceva di solito con le sue sorelle in situazioni di quel tipo? Ben poco, in effetti, ma…
- C’è di peggio – il suo vocione risuonò tranquillo nel silenzio del corridoio, rimbalzando tra una parete e l’altra – tu non ce l’hai come CapoCasa.
Fece un respiro profondo prima di continuare il discorso.
- Immaginatelo che appare in Sala Comune quando meno te l’aspetti – un grugnito accompagnò le sue parole – ogni momento conviviale è stato spostato nelle stanze, sperando che non venga a bussare anche alle porte dei Dormitori.
Restò in silenzio per qualche istante, sperando che i singhiozzi di Nieve si fossero un minimo placati.
- Pensa a me tra due anni al colloquio di orientamento. Si fa con il proprio CapaCasa, se non ricordo male – sbuffò – non oso immaginare quell’epico momento in cui si prendere il gusto di dirmi di andare a piantare Frullobulbi. Capirai, sfonda una porta aperta, sono abituato a molto peggio.

 
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view post Posted on 3/11/2018, 16:24
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Un verso che somigliava a una risata prese forma nello spazio che separava Nieve ed Elijah come conseguenza dell’ironia e della frustrazione somministrate dal Serpeverde alla conversazione. La Rigos — che aveva di nuovo le guance rigate di lacrime — si sorprese della circostanza, ma si trattenne dal sopprimerla. Era sopraggiunta in lei la calma statica che segue le più grandi turbolenze. Sospesa nel limbo di un’emotività scossa e svuotata dalla violenza del pianto al quale si era abbandonata, fece a Elijah la concessione del riso.
Nella sua mente, le immagini evocate dalle parole del Prefetto sfilavano con peculiarità di dettagli, riproponendole una versione stranamente eccentrica — più del solito, insomma — del Midnight. Se era vero che fosse così incline al pettegolezzo come le recenti circostanze suggerivano, non le pareva poi così difficile immaginarselo acquattato dietro una poltrona della Sala Comune dei Serpeverde ad origliare le conversazioni degli studenti.
Più tardi, Nieve si sarebbe resa conto di aver sovrapposto la figura del docente a una Grifondoro del quarto anno, che non sapeva rinunciare a occuparsi degli affari altrui. Una sera che era di ritorno da una ronda serale, l’aveva quasi fatta morire di crepacuore, sbucandole alle spalle d’improvviso nella fase clou di un appostamento tutto orecchi.

«Ti ci vedo a piantare frullobulbi,» si lasciò scappare, scherzosa, mentre operava il tentativo di asciugarsi il viso. Ottenne il risultato sperato, ma anche quello di imbrattare gli zigomi di residui di cioccolato sciolto. Aveva l’aspetto di un capo indiano privato del suo miglior copricapo e in preda a una brutta influenza. Mangiucchiò ciò che rimaneva dei cubetti offerti da Elijah, dimentica del disagio che le causava consumare il cibo in pubblico. «Peggio del Midnight? Sul serio? Sei imparentato col demonio, per caso?»

Era un buon segno che Nieve fosse in grado di sdrammatizzare.
Tirò su col naso e attinse alla tracolla alla ricerca della fiaschetta. Le mani estrassero dalla borsa il fazzoletto di Horus senza che la Grifondoro riuscisse a ricordare il perché di quella collocazione; lo ripose in una tasca interna, prestando attenzione a non sporcarlo. Infine, bevve qualche sorso d’acqua e strinse la borraccia al petto.

«Io lo so chi gliel’ha detto,» esclamò a quel punto, inaspettatamente. Gli occhi si velarono di lacrime ancora una volta, ma Nieve s’impegnò a trattenerle. «E mi dispiace che ci sia andato di mezzo tu. Mi fidavo di quella persona e…» Optò per una pausa. Sul finire della frase, la voce si era incrinata troppo per assumersi il rischio di continuare. «Ed è evidente che mi sono sbagliata. Quindi, scusami per l’inconveniente. Ti assicuro che suscitare l’interesse per il pettegolezzo del Midnight è l’ultima cosa che avrei voluto.» L’eco delle frasi del docente circa il bacio, risuonando con la voce profonda di Elijah, la fecero arrossire. Quando riportò lo sguardo sul viso del Serpeverde, una luce di un vigore sinistro brillava sul fondo delle pupille dilatate di Nieve. «Ma puoi star certo che non finisce qui!»

A quel punto si alzò, convinta che il movimento potesse aiutarla a schiarirsi le idee. Con naturalezza, porse una mano ad Elijah per invitarlo a fare altrettanto.



Edited by ~ Nieve Rigos - 3/11/2018, 23:03
 
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Elijah Matthew Sullivan
view post Posted on 11/11/2018, 16:26






Elijah Sullivan
Prefetto Serpeverde - 17 anni

A quanto pareva i suoi pessimi sforzi per rianimare la Grifondoro erano stati un minimo ripagati. Nieve sorrise, deliziandolo subito con una pungente battuta sui frullobulbi. Bene, stava tornado lentamente sui suoi standard abituali e la cosa non gli dispiaceva.
- Rigos, mettiamola così, l’Erbologia non è tra le materie che preferisco.
Era suo fratello Daniel quello innamorato della materia. Elijah, invece, la catalogava tra quelle di mezza classifica. La studiava con molta attenzione dato che era legata filo doppio con le Pozioni, una delle materie che lo affascinavano di più.
Fece una piccola smorfia con il lato della bocca. Nella sua testa sarebbe dovuto essere una specide di sorriso, ma il Serpeverde non era avvezzo a quel tipo di esternazione e mai lo sarebbe stato. Per il momento lei doveva accontentarsi delle buone intenzioni e punto.
La frase successiva gli fece allargare il ghigno prima apparso sul volto. Quello però era un sorriso amaro, forse perché Nieve non avrebbe potuto definire meglio la cosa.
- Sì, il demonio sono costretto a chiamarlo “madre” - confessò senza alcun tipo di inflessione nella voce. Sebbene gli facesse male, aveva ormai imparato ad accettare che quella fosse sua madre e la sua vita. Sapeva che non poteva cambiare in alcun modo nessuna delle due, anche se aveva fatto di tutto perché questo accadesse. Non era rassegnazione la sua, non era proprio il tipo di persona che si rassegna. Aveva però imboccato la via dell’accettazione, conscio del fatto che – forse – avrebbe reso tutto molto più sopportabile.
- In confronto a mia madre, Midnight è una mammoletta – infilò in bocca un sostanzioso tocco di cioccolato. Era un suo modo per tapparsi la bocca e smettere quel discorso che non aveva senso di essere in quel momento. La Grifondoro gli aveva fatto un assist che aveva raccolto quasi inconsciamente, ora però non era troppo intenzionato ad andare oltre.
- Siamo a posto, Rigos. Tutto dimenticato, almeno per quel che riguarda te – avrebbe voluto una bella sigaretta in quel momento, ottima per risanare la mente e sollevare lo spirito – ma concordo con te sul fatto che non finisce qui.
Gli occhi chiarissimi del Serpeverde cercarono di nuovo quelli della Grifondoro, più determinati che mai. Le labbra si mossero a disegnare un ghigno denso di significati.
- Conta pure su di me per la tua vendetta. Non è solo la tua ma anche la mia, e in due si ragiona e si agisce meglio.
Accolse con sollievo l’invito a muoversi da quella posizione, afferrando la mano di Nieve. Una volta in posizione eretta notò subito il volto della ragazza. Il suo essere sempre imperturbabile lo aiutò a non riderle in faccia. Istintivamente, però, aprì il palmo per guardarsi la mano. I sospetti erano del tutto fondati.
- Nieve, forse è il caso di fare tappa al Bagno dei Prefetti – sollevò la mano tutta impiastricciata di cioccolata, come se volesse fare un giuramento, indicandola con lo sguardo – la tua faccia sta peggio.
Doveva pulirsi immediatamente quella mano, non avrebbe potuto nemmeno prendere in mano la bacchetta in quelle condizioni. E se avessero incontrato Pix, lasciando che vedesse Nieve in quelle condizioni, altro che pettegolezzi ci sarebbero stati.




Edited by Elijah Matthew Sullivan - 11/11/2018, 20:08
 
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view post Posted on 18/12/2018, 23:56
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L’espressione di perplessità che aveva intaccato i lineamenti di Nieve alla menzione della madre di Elijah non ebbe seguito in parole. C’erano molte cose che avrebbe voluto chiedere al ragazzo per ragioni che rifuggivano la curiosità fine a sé stessa: nel tempo, illusoriamente, Nieve s’era fatta l’idea che a quella specifica figura genitoriale fossero riconducibili soltanto connotazioni positive, pertanto le risultava inaccessibile il mondo sul quale le affermazioni del Serpeverde la spingevano ad affacciarsi. Un’immagine eterea, la sua, plasmata da fantasie e desideri che non avevano mancato di fare a Grimilde il torto della distorsione. La Grifondoro voleva bene alla madre adottiva, e molto, eppure coltivava l’intimo timore che riconoscerle quel ruolo equivalesse a mancare di rispetto alla madre biologica. Con l’attaccamento tipico delle riflessioni più infantili, nonostante il trascorrere degli anni, il pensiero era sopravvissuto intatto.
La bocca della sedicenne si piegò impercettibilmente all’offerta di Elijah. La prospettiva di collaborare col ragazzo a discapito di Astaroth faticava ad attecchire nel terreno della sfera sentimentale di Nieve. Se non altro, bastò a ridimensionare la portata del divertimento insorto poco prima a favore di un disagio ben più sano. Benché le mancassero le competenze per decretarlo, vivere il dolore che il presunto tradimento aveva suscitato le avrebbe giovato ben più che ignorarlo.
Scoccò un’occhiata in tralice alla mano sporca del Serpeverde, incapace di cogliere il senso della frase che le aveva rivolto. Infine, mise insieme i pezzi e, istintivamente, portò entrambi gli arti al volto, fregando la pelle delle guance con i polpastrelli. Si rese conto solo dopo una manciata di strofinamenti di avere le dita imbrattate di cioccolata.

«Oh no…» Le pupille fissarono le macchie marroni, mentre Nieve faceva lo sforzo di immaginare la propria condizione. «Sarà meglio fare come dici tu,» convenne, da ultimo, con Elijah e lo precedette in direzione del Bagno dei Prefetti.

Una parola d’ordine — “Cicisbei d’Oltralpe!” — pronunciata senza troppa enfasi le concesse un ingresso rapido. Fissò velocemente l’attenzione sull’ostentata ricercatezza della rubinetteria, dunque virò in direzione dei lavandini. S’arrestò di colpo nello scorgere il proprio riflesso allo specchio. Un minuto più tardi aveva preso a lavarsi il viso con cura, insistendo in particolare sulle palpebre: per assurdo, a turbarla di più dell’intera visione era stata la condizione dei suoi occhi arrossati. Sospirò, nascosta tra i palmi, prima di afferrare un asciugamano e tamponarsi il viso.

«Devo chiederti un favore,» esordì d’un tratto, grave. Aveva lo sguardo fisso in quello della propria versione riflessa e una risolutezza truce — intaccata appena dai residui di umana debolezza che ne intristivano l’espressione — le deformava i lineamenti. Girò su sé stessa per fronteggiare Elijah. «Non posso rimandare,» proseguì, sicura che il riferimento fosse chiaro. «Devo andare adesso o non avrò pace per tutta l’estate.» Mosse un passo in direzione del Serpeverde e, poi, un altro ancora. Quando gli fu davanti, la parte di lei che tentennava venne presto soppiantata a furor di popolo. Doveva agire presto, prima che l’affetto che nutriva per Astaroth la offuscasse fino alla desistenza. La richiesta sottesa alle sue parole era una e lampante: che Elijah proseguisse la ronda senza di lei, permettendole di ottenere il confronto cui aveva diritto. «Sei nella posizione di chi dovrà riscuotere in futuro,» gli disse per sancire l’accordo, innaturalmente seria, «perché sono in debito con te.»

Sarebbe bastato un cenno d’assenso e Nieve avrebbe trovato la via che conduceva fuori dal Bagno dei Prefetti e su, in alto fino alla torre di divinazione, per ottenere ciò che le spettava: la resa dei conti.



Ancora grazie millissime per la comprensione, bebi. :flower:
 
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Elijah Matthew Sullivan
view post Posted on 27/12/2018, 14:56






Elijah Sullivan
Prefetto Serpeverde - 17 anni

Non perse tempo a soffermarsi su alcune frasi che aveva da poco pronunciato. Non era quella la sede e, soprattutto, non ne aveva alcuna voglia in quel momento. Un civetta volò fuori dalla finestra, proiettando la sua ombra tra di loro. Il Serpeverde l’osservò per un brevissimo istante per poi tornare sulla Grifondoro.
Se fosse stato umanamente possibile, era riuscita a conciarsi anche peggio. Elijah fece un ghigno, ma decise che non aveva voglia di infierire, vista l’urgenza che aveva a sua volta di ripulirsi.
- Si, sarà meglio – commento senza enfasi mentre camminava dietro di lei a passo lento. Fortunatamente l’agognata destinazione non tardò ad apparire. Un sollievo per entrambi, probabilmente.
Quando Nieve pronunciò la parola d'ordine per accedere al Bagno di Prefetti, Elijah sollevò gli occhi al cielo. Non riusciva a capire come mai si dilettassero a scegliere delle cose così oscene. Siamo tutti d’accordo che doveva essere qualcosa difficile da individuare, ma quello era davvero oltre ogni incubo. Se fosse stato per lui avrebbe scelto cose molto pittoresche, tipo “Avvincino bollito” o “Ippogrifo spennato”, ma se c’era una cosa che mancava ai più era il senso dell’umorismo.
Evitando di fare commenti a voce alta, la seguì senza indugi verso i lavandini. Non vedeva l’ora di liberarsi di tutto quell’appiccicume sulle mani.
- Addirrittura?
Un favore. Probabilmente voleva iniziare a verificare qualcosa e non sarebbe stato a lui a fermarla. A parti invertite si sarebbe sentito ardere dallo stesso fuoco che ora bruciava l’anima della Grifondoro. Annui.
- Mi devi un favore, Rigos
Quella ronda da solo non sarebbe stata un problema. Era l’ultima notte che gli studenti trascorrevano al castello prima delle vacanze estive. L’unica cosa che volevano era addormentarsi e sperare che la mattina successiva non tardasse troppo ad arrivare. Peccato non essere in Giardino perché fumare un po' sicuramente l’avrebbe aiutato ad ammazzare il tempo e la noia. Pazienza, avrebbe solo mangiato un po' di cioccolato e poi, chissà, avrebbe fatto una breve deviazione alla Torre di Astronomia. Lì una sigaretta veloce non sarebbe stata un problema.
Pensandoci, non dispiaceva nemmeno a lui quel periodo di riposo. Ora che aveva diciassette anni non era più costretto a tornare a Villa Montague e non era cosa da poco.

 
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