Per un attimo, lungo e snervante, Oliver si ritrovò a temere per la salute mentale del suo stesso Prefetto; perché una cosa era certa, lo sapeva bene: se Nieve Rigos fosse impazzita, il danno non sarebbe stato singolare, per così dire circoscritto, poiché la Casata stessa - la
sua Casata, bisognava sottolineare - ne avrebbe risentito più di chiunque altri. Si concentrò sullo sguardo dell'altra, sull'espressione che il Caposcuola non aveva ancora carpito alla buona, ma ancor più sulle parole a raffica che stava ascoltando. Non aveva afferrato poi chissà quanto, doveva ammetterlo; a dispetto di un'innata concentrazione, spirito di riflessione e pazienza, Oliver stava peccando di attenzione, a favore di una confusione che poco gli apparteneva. Sollevò gli occhi al cielo, il cipiglio distratto, le sopracciglia inarcate, fin quando aprì bocca una, due, tre volte, e per ognuna la richiuse di scatto.
«Olipardo.» Mormorò quella parola quasi a fior di labbra, in un suono appena percettibile, dolce e divertito, chiedendosi cosa girovagasse nel Dormitorio Femminile di residenza della ragazza seduta di fronte. Insomma, tutto sommato da parte sua non era poi chissà quanto stravagante: in camerata vivevano per sua colpa esclusivamente un bacello di Pugnacio assassino (e fin troppo cresciuto, a ben vedere), una talea di innocuo e coloratissimo Cespuglio Farfallino e... un gatto, un topo, un cane-trasfigurato-da-un-tronco, una Puffola Pigmea e un adorabilissimo Plimpi Ghiottone di nome Cicciottello. Nessuna foglia di mandragora erroneamente tritata, poteva confermarlo: diversamente, le voci che gli avevano riportato sull'
altro dormitorio, forse, non erano poi chissà quanto infondate.
«Freddismo.» Lo ripeté, pari ad un automa, mentre la concentrazione scemava ancor più, istante dopo istante. Aggiunse qualcosa che suonava altrettanto misterioso, tra il "non posso credere che l'abbia detto" e il "questa battuta è geniale", ma preferì poi attendere una spiegazione che potesse dirsi tale a tutti gli effetti. Seguire il filo del discorso stava diventando ostico, ma nulla avrebbe potuto offrire una visione d'insieme più deliziosa del volto di Nieve alle prese con una rivelazione non da poco. Quando nominò Lady, per il Caposcuola occorsero più secondi per collegare il nome alla descrizione impossibile della sua civetta, da parte del suo Prefetto. La lasciò concludere, fino a trovare il giusto momento per allacciarsi al discorso.
«Penso di aver capito un quarto delle tue parole, ma...» Sollevò la mano sinistra, come a scacciare via un insetto fastidioso, per poi sistemarla nuovamente sul banco in legno al quale avevano preso posto.
«Se parli di una civetta servizievole, aggraziata e...» - schioccò indice e pollice insieme, a ricordare il tassello mancante -
«...dolce, esatto, allora di sicuro non è la mia Lady. Però, ecco, mi sfugge ancora un dettaglio: intendi dire che la mia civetta sia stata ammazzata? Perché se così fosse, personalmente te ne sarei grato, io non ho il coraggio di farlo, ma vorrei, oh quanto vorrei!» C'era una nota tra il nervoso, l'infastidito e il prettamente divertito, una nota che non sapeva delinearsi da sola nel migliore dei modi: il messaggero più in voga di Hogwarts, con più carico di spedizioni, consegne e missive, poteva davvero incontrare la reticenza estrema del suo padrone? Oliver conosceva già la risposta: Lady, nonostante continuasse ad essere l'antitesi dell'efficienza e dell'eleganza, aveva saputo fin dal principio conquistare il suo cuore.
«In ogni caso, qualsiasi cosa sia accaduta, Lady è sana e salva, è in viaggio verso l'Irlanda e spero mi stia lontana per giorni.» Si era assicurato personalmente di veder volare via il rapace: e per quanto il suo becco fosse stato ancor più affilato del solito, pizzicotto su pizzicotto sul braccio del Grifondoro, per il resto tutte le piume erano quasi al loro posto.
«Ma è anche vero che ultimamente stia... com'è che si dice? Già, che stia spennando. Sarà la vecchiaia, non ne ho idea. Oh, il mio caffè.» Ringraziò il cameriere con un cenno del capo, lasciando che la tazza fumante scivolasse leggermente, in sintonia con il suo sguardo, sul tavolo. Non riconobbe il volto familiare di Sophie, la Serpeverde che aveva imparato ad apprezzare più di chiunque altri nell'ostile Casata di sua appartenenza, e così si limitò - più distratto del solito, discorso colpevole incluso - a chiedere un attimo di pazienza al giovane accanto.
«Nieve, ordina quello che desideri, senza cerimonie.» Non aggiunse altro, era stato chiaro circa l'offrire da parte propria, e d'altronde il Prefetto lo conosceva abbastanza. A richiesta ultimata - dal suo canto, un caffè bastava per il momento -, si sarebbe concentrato nuovamente sul discorso in atto; indice e pollice a solleticare il bordo della Carta del Sole, lì davanti a ricordo di un intreccio in parte mistico, infine il Caposcuola avrebbe ripreso.
«Quindi il nuovo look è una sorta di auto-punizione per la scomparsa di Lady? Scherzo, scherzo, stai bene per davvero!» Le sorrise, affabile.
«Ti ho chiamata per un altro motivo, ma mentre aspettiamo che arrivi tutto, mi dicevi di voler prenderti cura di Venceslao? Potresti davvero? Perché sai, sta crescendo maledettamente, ora è tutto spine e liane e fra due settimane non ci sarò, prenderò quattro giorni di festa e non sono sicuro di poter chiedere a Fred di occuparsi anche di... amichetto.»