Così sia d'oro., Privata.

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view post Posted on 22/9/2018, 11:36
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Coltivava da giorni l'insano desiderio di sfruttare l'ultimo regalo che si era auto-concesso; non aveva idea di come potessero funzionare, di quale senso dovessero mostrare, e più sfogliava l'una e l'altra carta, più si sentiva come un pesce fuor d'acqua. Il ragazzino del primo anno, suo concasato, che aveva casualmente perduto il proprio mazzo di carte artisticamente decorate, tarocchi d'altri tempi, aveva avuto anche la gentilezza di chiedere agli studenti più grandi se al pianoterra avessero rinvenuto qualcosa di poco ordinario. In effetti così era stato, Oliver lo sapeva bene. Quello che il giovane Timothy non comprendeva, poveretto, era che il ladruncolo da quattro falci altri non fosse che il suo stesso Caposcuola. Con il sorriso sornione di chi compie una malefatta e non se ne pente affatto, l'Irlandese si era intascato il mazzo colorato, l'aveva portato al sicuro e rapidamente, come un bambino alle prese con la torta più gustosa, ne aveva sondato segreti e misteri, seppur invano. Si era ripromesso, tuttavia, di ripagare all'errore commesso il prima possibile: altrettanto casualmente, a quel punto, Timothy si sarebbe ritrovato nei giorni successivi non soltanto i tarocchi scomparsi, ma in aggiunta un sacchetto delle migliori Piperille di Mielandia. Tempo al tempo, lo aveva detto anche a se stesso, più ripetuto come una convinzione che altro. Da più mattine di quante ne potesse contare, però, il Veggente si ritrovava imperterrito in un blocco vero e proprio, dai tratti marcati e luccicanti, costellati di figure di cui non aveva la più pallida idea. Una torre, scura ed imponente; una collina, la cima più alta temprata da una nebbia abbastanza pressante; una rosa, i petali strappati, l'incarnato di una spina già rosseggiante sull'inchiostro circostante della tela. Erano carte, tutte quelle, dal valore sincero, ne era consapevole; lo stesso valore che era altrettanto certo di non poter facilmente comprendere. Il Dono che custodiva come peccato eterno, a ben vedere, non stava aiutando in alcun modo, se non attraverso una serie di pizzicori ai polpastrelli delle dita e di tremori convulsi alla palpebra sinistra. Adduceva quella sensazione ad un mancato riposo, tanto per cambiare, e né l'una né l'altra considerazione gli furono da ostacolo all'ordinazione di un espresso intenso e ristretto. Un cenno di sorriso al primo cameriere disponibile, a quel punto, per poi ordinare a sua volta. «Un caffè americano, per favore. Tre cucchiaini di zucchero, la ringrazio.» Solleticò la prima carta del mazzo poggiato sul tavolo, riportando nuovamente l'attenzione sull'interlocutore che avrebbe adocchiato alla meglio. «Attendo qualcuno, se possibile vorrei ordinare altro subito dopo il suo arrivo, grazie ancora.» Tornò in solitaria, in attesa del primo di chissà quale lunga scia di caffè, mentre indice e pollice venivano punti impercettibilmente. Arricciò le labbra in un sorriso divertito, come se estasiato, sorpreso ed incuriosito all'unisono, fin quando le dita vibrarono al ripescaggio della carta in capolinea, la prima sui tarocchi. Un sole, la figura temprata di un globo luminoso ed ocra, color del deserto, in sfondo bianco e senza aggiunte di alcun tipo. Confuso, non poté fare a meno che girarsi la carta tra le dita, avanti e indietro, come in tacita speranza di entrarvi finamente in contatto attivo.
 
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view post Posted on 23/9/2018, 10:12
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MOMMA SAID “DO WHAT YOU WANT, SAY PREYERS AT NIGHT!”



S’era svegliata non tanto col piede quanto col colore sbagliato.
Alle prime luci di un’alba tardiva, lo specchio alla destra del baldacchino le aveva restituito l’immagine di una sé stessa dalla folta chioma azzurrina e nessuna spiegazione in allegato. Allora Nieve Rigos, che di solito non brillava per appropriatezza e leggiadria d’animo, aveva disatteso ogni genere d'aspettativa: anziché concedersi un’esclamazione sgraziata a tutta voce, s’era limitata a spalancare gli occhi prima e a battere le palpebre poi, pietrificata. Lo sforzo successivo era consistito nel recuperare i dettagli di un sogno che avesse potuto giustificare quel cambiamento. Con le dita strette attorno a una porzione di materasso, aveva dovuto constatare l’impossibilità dell’impresa, quindi si era convinta che l’unica soluzione plausibile fosse uscire in fretta e furia dal dormitorio per evitare di dover fornire spiegazioni.
Da subito, l’aveva colta la consapevolezza di quanto lunga sarebbe stata la giornata che l’attendeva.

«Oliver caro, devi credermi: non so dirti quanto io sia mortificata. Ma Ania è un gatto. Lo so, lo so. È molesta, dispettosa, stressante e, a volte, un po’ vipera… Come me! So bene che io non ti ho mai ucciso, né ho mai tentato per quel che ne sai tu... Ti assicuro, comunque, che non ci ho mai provato, o neppure pensato. Comunque, tornando al punto, è la sua natura. Non posso addestrarla a non voler mangiare i volatili! Sarebbe come chiederti di venire con me al Testa di Porco e pretendere che tu partecipi con Jenkins a una gara di rutti. Oppure come chiederti di salutare con un batti cinque e un “Bella, zio” la gente. Capisci che intendo?» Seduta nel vicolo a gradoni che consentiva l’accesso da Safarà, Nieve smise di gesticolare e gettò il capo in avanti. Gli occhi fissarono la pelle chiara delle cosce scoperte e i margini frastagliati dei pantaloncini di jeans. Quant’erano le probabilità che Oliver accettasse le sue scuse? «Mi ammazza, sicuro. Con classe e savoir faire, ma mi ammazza.»

Si decise a prendere il toro per le corna — o il Grifondoro per le giacche di alta sartoria — e ad avviarsi in direzione dei Tre Manici di Scopa. Mancavano quindici minuti all’orario prefissato per l’incontro e Nieve era convinta che iniziare quel tentativo apologetico con un ritardo non potesse in alcun modo deporre a favore della sua causa. Avrebbe preso posto, indossato l’espressione più neutra del suo repertorio e detto quel che aveva da dire al tavolo delle trattative con piena padronanza di sé, sissignora. L’ora di permesso concessale dal datore di lavoro — che ancora si burlava di lei per la punizione subita ad opera della McLinder — sarebbe stata proficua e le avrebbe fatto rimediare l’assoluzione per i crimini di Ania. Poteva farcela!
Varcò la soglia del locale con lo spirito battagliero che soleva sfoderare in occasione degli allenamenti di Quidditch. Dunque, ispezionò la sala per scegliere un punto strategico che le consentisse di avere dei testimoni a portata d’orecchio: se le cose fossero andate per il verso sbagliato, le avrebbe fatto comodo avere qualcuno in grado di comprovare la sua tesi di forte pentimento. Invece, il sangue le si gelò nelle vene. Con la perfezione che gli era stata abilmente cucita addosso, Oliver Brior era accomodato a un tavolo qualsiasi e teneva lo sguardo chino. Nieve strinse i pugni, approfittando del fatto che l’attenzione del ragazzo fosse focalizzata altrove, quindi sistemò la maglietta che portava agganciata dentro i pantaloni. *Il fatto che sia vestita di cenci come un elfo domestico potrebbe tornarmi utile!*

«Uellà, (h)Oliveeeer!» Gli sorrise, gettando una rapida occhiata all’oggetto che il Caposcuola stringeva tra le mani. «Vuoi leggermi i tarocchi?» chiese, valutando la possibilità che i misfatti della sua micia fossero passati inosservati. A quel punto, sedette di fronte al ragazzo, simulando entusiasmo. «Ma-Che-Bella-Idea! Come fai ad averne sempre di così geniali?! Proprio non mi capacito! Cioè, non nel senso che mi sembri strano. Lo so che sei molto intelligente e tutto il resto. Intendevo dire che mi sorprendi sempre, anche quando penso di aver capito come sei fatto, e a questi livelli, poi. Ma lo sai che, nel paesino in cui vivevo da piccola, c’era una vecchia pazza che leggeva le carte e tutti ne avevano paura perché pensavano fosse una strega? Anch’io ne avevo paura, ci credi? Haha! E, invece, la strega ero io…» Deglutì. In affanno, aveva parlato decisamente più del dovuto. Si morse la lingua, conscia del proprio errore. Poi, poggiò i gomiti sul tavolo e si sporse appena in avanti. Aveva un atteggiamento gioviale che, solo a grandi linee, lasciava trasparire l’irrequietezza da cui era dominata. «Comunque, non immaginavo che avessi questo genere di passioni. Com’è che l’hai sviluppata? Raccontami nei dettagli. Sono tutta orecchi e ho tutto il tempo che vuoi, guarda.»

Agganciò il mento sul palmo della mano destra, gli occhi grandi fissi sul viso di Oliver e le labbra piegate in un sorriso. C’era solo una persona che poteva salvarla in quel momento. *Ave o Maria, piena di grazia...*




La curiosità mi sta mangiando viva. :fix:


Edited by ~ Nieve Rigos - 14/10/2018, 18:45
 
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view post Posted on 24/9/2018, 07:00
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Forse inconsapevolmente, seguì con l'indice della mano destra la ragnatela d'inchiostro sulla carta che aveva appena estratto; una linea lunga, profonda ed ondeggiante, che si univa ad un altro nitido reticolo sul tarocco appena osservato, fino a delineare lentamente un Sole pieno, tondo, eccentrico. Una tavolozza di colori piuttosto accesi, uno sfondo tuttavia completamente spento. Bianco, asettico, chiarissimo: non c'era nulla di interessante in quella carta, non più del simbolo che andava a raffigurare. Fu tentato di pescarne un'altra, magari al centro del mazzo che aveva accanto, ma quando calò gli occhi, le palpebre improvvisamente stanche e pesanti, uno sprazzo di Visione lo accolse interamente, come invasivo a più non posso. Si riscosse nell'esatto momento in cui una voce familiare lo raggiunse poco distante; lo sguardo in parte confuso, l'espressione vacua, Oliver riuscì rapidamente a mettere a fuoco il Prefetto della sua Casata. «Oh Nieve, eccoti qui!» La salutò con un sorriso, per un attimo dimentico dei tarocchi al suo fianco. Li avrebbe volentieri nascosti di getto, come se impaurito, se ne avesse avuto il tempo. Nieve era in perfetto orario, probabilmente anche in anticipo, e per la prima volta Oliver non poté che apprezzarlo con tutto se stesso. Odiava il ritardo tanto quanto amava la puntualità, era palese. «Hai un bel taglio di capelli. Un bel colore pure, è per caso opera di uno di quei filtri dei Tiri Vispi Weasley? Ti ho mai detto che Fred me ne regalò uno leopardato?» La carta del Sole ancora in bella vista, la voce del Prefetto a raffica come intreccio stravagante a fare da collante, il Caposcuola a quel punto si distrasse del tutto. Non capitava tutti i giorni di scorgere Nieve Rigos in preda a quella che aveva davvero l'aria di essere una crisi di nervi. Lo sguardo si assottigliò leggermente, passando dall'incuriosito al sorpreso, dal divertito al confuso, infine al preoccupato. Ticchettò con le dita della mano sinistra, libera da carta, sul banco al quale aveva preso posto, chiedendosi in che modo la verve libertina del suo Prefetto potesse essere interpretata quel giorno. Tagliando la testa all'Ippogrifo, prese parola con un sorriso e un cipiglio piuttosto visibili. «Cosa hai combinato?» Diretta, rapida, indolore, la domanda giunse a risposta valida ad un dubbio pari ad un campanello d'allarme. «Se sei stata tu a rendere la Sala Comune il Regno dei Pinguini va bene, non è stato male, ci voleva refrigerio in quei giorni. In effetti avevo dei dubbi, ma...» Puntò la carta del Sole avanti, insieme al mazzo dei restanti tarocchi. A voce pomposa, tra il tragicomico e il demente, non poté fare a meno di aprire bocca ancora una volta. «Confessa i tuoi peccati, Nieve Rigos, o li leggerò tra le carte!»

Mi sento male :ihih:
 
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view post Posted on 4/10/2018, 22:08
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Si concesse una risata di distensione, vinta dal tenore esilarante della confessione di Oliver. Ripescata la più furbesca delle espressioni di Fred dal baule dei ricordi e sommata allo sgomento del Caposcuola di fronte a un regalo così stravagante, i giochi furono presto fatti. Per un attimo, dimenticò le motivazioni che l’avevano costretta all’affanno e tornò sé stessa.
Gettò il capo all’indietro, reggendosi il ventre con una mano, e rise di cuore. L’immagine di un Oliver dalla chioma maculata era così impagabile che le risollevò improvvisamente l’umore. Quando si decise riportare l'attenzione sul giovane, aveva gli occhi brillanti e le ciglia imperlate di divertimento liquido.

«Oddio, sono quasi morta dal ridere! Perché non mi hai mai raccontato questa cosa? È una storia bellissima!» Rise un altro po’. Dunque, alzò il capo di scatto e giunse le mani sul tavolo. «Tipregotipregotiprego! Dimmi che non hai ancora usato la tinta e che mi permetterai di colorarti i capelli per Halloween, o in qualsiasi altro giorno. Ho bisogno di avere un Olipardo, o un Leopardoliver se preferisci, nella mia vita.»

Era nella natura di Nieve vivere spensieratamente il presente. Quindi, affrontò il colloquio con disposizione d’animo mutevole, seguendo il flusso della conversazione: godette della gaiezza delle prime battute, si lasciò andare allo sproloquio sui tarocchi, accusò il colpo dell’intuizione del Grifondoro. Era consapevole di avergli dato una mano, chiaramente senza volerlo! Se avesse mantenuto ferma l’attenzione sull’hair-styling e si fosse risparmiata le chiacchiere affannate al sapor di l'hofattagrossa, esistevano buone probabilità di vedere rimandato il momento del giudizio. Ma, del resto, nessuno sapeva mettere nei guai Nieve Rigos come Nieve Rigos!

«Uo, uo uo, uo, uo, uo! Ehi, bellino!» Agitò il dito davanti a sé, mirando al viso proporzionato di Oliver Brior con l’attitudine di chi è al potere. «Il fatto che io venga dall’Islanda non ti dà il diritto di accusarmi di quella tempesta in Sala Comune, anche perché non c’entro niente. Questo è razzismo bello e buono. Anzi, peggio. È freddismo E, tuttavia, l'autorità sopravvisse ben poco. Alla minaccia del Caposcuola, infatti, la sedicenne finì per sobbalzare, guardandolo con occhi sbarrati. Oliver non poteva saperlo, ma Nieve aveva un passato di tutto rispetto in fatto di cartomanzia. Dunque, benché entrasse apertamente in contrasto con la sua fede religiosa, credeva in modo reverenziale al potere dei tarocchi. Per questo, deglutì. «S-Sei sicuro che non preferisci tornare a parlare della messa in piega e rimandare la sessione di divinazione alle lezioni della professoressa Morgenstern?»

Era un ultimo, disperato tentativo di spostare la conversazione su qualcosa di più piacevole, benché il riferimento ad Astaroth le avesse fatto torcere lo stomaco. Con un sospiro, poggiò entrambi i palmi sul tavolo dei Tre Manici e chinò il capo. Quando lo rialzò, aveva i capelli che pendevano da ambo i lati del viso con fare drammatico. Era una donna distrutta! E non aveva altra scelta, se non quella di vuotare il sacco.

«Senti, io non posso farci niente. Sono tornata in stanza e l’ho trovata con le piume in bocca. Era già tutto finito quando sono arrivata. E comunque non ci sono testimoni.» Tranne Jack, il gatto di Lavender. *Maledizione!* «Mi dispiace tantissimo, Ol. Cioè, lo so che non basta a restituirti Lady, ma mi dispiace davvero. Spero tanto che sia stato rapido e indolore, anche se ne dubito conoscendo An- Insomma, il punto è che sarà passata a miglior vita sicuramente! Era un uccelletto così dolce, aggraziato e servizievole! Ora, potrà volare quanto le pare... Cioè, la sua anima potrà, anche se non sono sicura che gli animali abbiano l'anima. Però, è un uccello, quindi suppongo che non debba essere per forza un angelo per volare... OH, STO STRAPARLANDO DI NUOVO!» Portò le mani ai lati del viso per sorreggerlo. Maledetta, maledetta gattaccia! Se non le avesse voluto così immensamente bene, se ne sarebbe lavata le mani e avrebbe lasciato che la cara vecchia legge del taglione facesse il suo corso. Tuttavia, il solo pensiero che potessero nuocere ad Ania le impediva il respiro. Doveva difenderla e sperare in un rimedio pacifico. «E, per la cronaca, non penso che rispondere alla violenza con la violenza sia la soluzione. Discutiamone! Ti aiuto col CREPA? Ti… Mi occupo di Venceslao durante le vacanze, se torni a casa?» Le parevano tutte proposte valide. D’un tratto, l’espressione di Nieve si fece seria, oltremodo distinta. «Oh, ovviamente le spese del funerale sono tutte a carico mio!» Si allungò per poggiare la mano su quella di Oliver e stringerla appena, come riteneva si convenisse fare in simili circostanze. «Insisto!»




Perdona il ritardo, Lolly! Sono tempi pazzi, pazzi.
 
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view post Posted on 10/10/2018, 14:03

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Era particolarmente nervoso quella mattina anche se doveva ammettere che si stava trovando bene nel nuovo impiego, per sua fortuna riusciva a tenergli impegnata la mente per qualche ora, per forza di cose si doveva concentrare e questo era un bene la mente era impegnata ed evitava di portarlo in qualche pensiero non propriamente consono, se così poteva definirli. Il locale era quasi sempre pieno, tra un'ordinazione e l'altra aveva l'opportunità di osservare le varie persone presenti e qualche volta si soffermava a passare al dettaglio alcuni clienti che trovava particolarmente interessanti, come se non bastasse aveva anche scoperto che era un bar che spesso accoglieva molti studenti di Hogwarts e di conseguenza ogni tanto gli capitava di vedere qualche viso familiare. Era dietro al bancone quando vide la porta aprirsi ed entrare il Caposcuola Grifondoro, lo riconobbe subito, trattenne uno sbuffo, non riusciva a farsi andare giù i membri di quella casata, non che ci avesse provato veramente, era un odio incondizionato. Finì di sistemare i bicchieri puliti continuando a seguirlo con lo sguardo, attese qualche minuti e poi si recò al tavolo per prendere la sua ordinazione.
<< Buongiorno. >> Disse cercando di mantenere un tono professionale, annotò mentalmente la sua ordinazione<< Arriva subito. >> *E che me ne frega se stai aspettando qualcuno?* Dopo aver accennato un sorriso di cortesia, si diresse verso il bancone per comunicare l'ordinazione appena ricevuta. Non gli ci volle molto per preparare il caffè quindi dopo averlo zuccherato e posizionato sul vassoio, trattenendo la voglia di correggerlo con qualcosa di poco lecito, si fece strada tra i tavoli per completare il servizio. << Ecco il Caffè Americano con due cucchiaini di zucchero come ha ordinato.>> *E speriamo ti vada di traverso*Mentre parlava posizionò con estrema cautela il Caffè davanti ad Oliver, poi posizionò il vassoio sotto il suo braccio destro e continuò a parlare << Se dovesse servire dell'altro non esiti a chiamarmi.>> Frasi brevi e di cortesia, per evitare eventuali problemi o lamentele future.


Caffè Americano -> 1 Falce (Come concordato tramite mp) Aggiornato.
Chiedo ancora scusa per il ritardo e per il pg stronzo :flower:


Edited by Heinekeñ - 14/10/2018, 11:05
 
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Per un attimo, lungo e snervante, Oliver si ritrovò a temere per la salute mentale del suo stesso Prefetto; perché una cosa era certa, lo sapeva bene: se Nieve Rigos fosse impazzita, il danno non sarebbe stato singolare, per così dire circoscritto, poiché la Casata stessa - la sua Casata, bisognava sottolineare - ne avrebbe risentito più di chiunque altri. Si concentrò sullo sguardo dell'altra, sull'espressione che il Caposcuola non aveva ancora carpito alla buona, ma ancor più sulle parole a raffica che stava ascoltando. Non aveva afferrato poi chissà quanto, doveva ammetterlo; a dispetto di un'innata concentrazione, spirito di riflessione e pazienza, Oliver stava peccando di attenzione, a favore di una confusione che poco gli apparteneva. Sollevò gli occhi al cielo, il cipiglio distratto, le sopracciglia inarcate, fin quando aprì bocca una, due, tre volte, e per ognuna la richiuse di scatto. «Olipardo.» Mormorò quella parola quasi a fior di labbra, in un suono appena percettibile, dolce e divertito, chiedendosi cosa girovagasse nel Dormitorio Femminile di residenza della ragazza seduta di fronte. Insomma, tutto sommato da parte sua non era poi chissà quanto stravagante: in camerata vivevano per sua colpa esclusivamente un bacello di Pugnacio assassino (e fin troppo cresciuto, a ben vedere), una talea di innocuo e coloratissimo Cespuglio Farfallino e... un gatto, un topo, un cane-trasfigurato-da-un-tronco, una Puffola Pigmea e un adorabilissimo Plimpi Ghiottone di nome Cicciottello. Nessuna foglia di mandragora erroneamente tritata, poteva confermarlo: diversamente, le voci che gli avevano riportato sull'altro dormitorio, forse, non erano poi chissà quanto infondate. «Freddismo.» Lo ripeté, pari ad un automa, mentre la concentrazione scemava ancor più, istante dopo istante. Aggiunse qualcosa che suonava altrettanto misterioso, tra il "non posso credere che l'abbia detto" e il "questa battuta è geniale", ma preferì poi attendere una spiegazione che potesse dirsi tale a tutti gli effetti. Seguire il filo del discorso stava diventando ostico, ma nulla avrebbe potuto offrire una visione d'insieme più deliziosa del volto di Nieve alle prese con una rivelazione non da poco. Quando nominò Lady, per il Caposcuola occorsero più secondi per collegare il nome alla descrizione impossibile della sua civetta, da parte del suo Prefetto. La lasciò concludere, fino a trovare il giusto momento per allacciarsi al discorso. «Penso di aver capito un quarto delle tue parole, ma...» Sollevò la mano sinistra, come a scacciare via un insetto fastidioso, per poi sistemarla nuovamente sul banco in legno al quale avevano preso posto.
«Se parli di una civetta servizievole, aggraziata e...» - schioccò indice e pollice insieme, a ricordare il tassello mancante - «...dolce, esatto, allora di sicuro non è la mia Lady. Però, ecco, mi sfugge ancora un dettaglio: intendi dire che la mia civetta sia stata ammazzata? Perché se così fosse, personalmente te ne sarei grato, io non ho il coraggio di farlo, ma vorrei, oh quanto vorrei!» C'era una nota tra il nervoso, l'infastidito e il prettamente divertito, una nota che non sapeva delinearsi da sola nel migliore dei modi: il messaggero più in voga di Hogwarts, con più carico di spedizioni, consegne e missive, poteva davvero incontrare la reticenza estrema del suo padrone? Oliver conosceva già la risposta: Lady, nonostante continuasse ad essere l'antitesi dell'efficienza e dell'eleganza, aveva saputo fin dal principio conquistare il suo cuore. «In ogni caso, qualsiasi cosa sia accaduta, Lady è sana e salva, è in viaggio verso l'Irlanda e spero mi stia lontana per giorni.» Si era assicurato personalmente di veder volare via il rapace: e per quanto il suo becco fosse stato ancor più affilato del solito, pizzicotto su pizzicotto sul braccio del Grifondoro, per il resto tutte le piume erano quasi al loro posto. «Ma è anche vero che ultimamente stia... com'è che si dice? Già, che stia spennando. Sarà la vecchiaia, non ne ho idea. Oh, il mio caffè.» Ringraziò il cameriere con un cenno del capo, lasciando che la tazza fumante scivolasse leggermente, in sintonia con il suo sguardo, sul tavolo. Non riconobbe il volto familiare di Sophie, la Serpeverde che aveva imparato ad apprezzare più di chiunque altri nell'ostile Casata di sua appartenenza, e così si limitò - più distratto del solito, discorso colpevole incluso - a chiedere un attimo di pazienza al giovane accanto.
«Nieve, ordina quello che desideri, senza cerimonie.» Non aggiunse altro, era stato chiaro circa l'offrire da parte propria, e d'altronde il Prefetto lo conosceva abbastanza. A richiesta ultimata - dal suo canto, un caffè bastava per il momento -, si sarebbe concentrato nuovamente sul discorso in atto; indice e pollice a solleticare il bordo della Carta del Sole, lì davanti a ricordo di un intreccio in parte mistico, infine il Caposcuola avrebbe ripreso. «Quindi il nuovo look è una sorta di auto-punizione per la scomparsa di Lady? Scherzo, scherzo, stai bene per davvero!» Le sorrise, affabile. «Ti ho chiamata per un altro motivo, ma mentre aspettiamo che arrivi tutto, mi dicevi di voler prenderti cura di Venceslao? Potresti davvero? Perché sai, sta crescendo maledettamente, ora è tutto spine e liane e fra due settimane non ci sarò, prenderò quattro giorni di festa e non sono sicuro di poter chiedere a Fred di occuparsi anche di... amichetto.»
 
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view post Posted on 23/10/2018, 17:47
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Era corretto affermare che Oliver Brior non avesse mai stupito tante volte, e tutte di fila, il giovane Prefetto Rigos. Negli anni, il loro rapporto era andato incontro a numerose prove, che ne avevano irrobustito la tempra e, ovviamente, modificato i connotati. La loro relazione si era adattata, per così dire, ai mutamenti come fanno i fiori quando trovano il modo di sopravvivere attraverso la pietra e l’asfalto. Ciononostante, seduta a uno dei tavoli dei Tre Manici di Scopa, Nieve seppe immediatamente e con sicurezza di non aver mai accusato tanti colpi insieme proprio dalla persona la cui condotta pensava di poter prevedere con largo anticipo.
Il Caposcuola Grifondoro era quel genere di individuo dagli ideali profondamente radicati, lo sapeva bene oramai. Ogni cosa in lui era anticipazione dei valori che ne guidavano l’esistenza. Non era perfetto, per carità, sapeva anche quello. Nieve ne aveva conosciuto le ombre e le aveva combattute con le proprie finché non si erano frapposte tra loro a impedire ogni forma di dialogo. Avevano reagito in modo immaturo, ciascuno brandendo la scure del giudizio all’indirizzo dell’altro. Si erano fatti male e, infine, si erano ricongiunti. Era stato così semplice ritrovare l’equilibrio e piegarlo alle nuove esigenze reciproche che raramente Nieve rammentava quale acredine fosse scorsa tra di loro. Le pareva di conoscerlo da sempre e come sempre.
Ecco perché faticò a mettere insieme i pezzi: alla cartomanzia si era aggiunta, in una manciata di secondi, l’indole dell’omicida. Aveva davvero sentito bene? Oliver Brior avrebbe voluto uccidere la propria civetta?

«Lady è viva? Oh Cielo! Che sollievo!» Accolse la notizia con stupore. Ricongiunse le spalle allo schienale e portò entrambe le mani al volto per assaporare in solitudine l’intensità di quell’emozione. «Non ci posso credere… Grazie a Dio,» disse da oltre i palmi, sicché il suono risultò più gutturale e vagamente soffocato. «Sta solo spennando,» ripeté per persuadere sé stessa a credere alle parole dell’amico. «È meraviglioso, davvero!» Il suo sguardo, a quel punto, saettò da Oliver al ragazzino alla destra del tavolo. Non si era avveduta dell’avvicinamento, né del servizio. Le sopracciglia reagirono prima della bocca, conferendole un’espressione sorpresa e contrariata insieme. Infine, le labbra di Nieve si esibirono una smorfia felina. «Ma Madama Rosmerta lo sa come servi le bevande di solito, ragazzino?!» Alludeva agli eventi dello scorso ballo. Gettò una rapida occhiata all'ubicazione della tazza di Oliver, constatando che, se il Caposcuola era ancora asciutto, la punizione dovesse essere servita allo scopo. Non se la sentì di infierire ancora. La sua indole le imponeva il dispetto, ma la teneva ben lontana dalle forme più aspre di bullismo. «Non prendo nulla. Puoi andare. Ti ringrazio!»

Sembrava passata una vita da quando i loro cammini si erano incrociati e di cose, purtroppo, ne erano accadute. Nieve chinò appena il capo e distolse lo sguardo dal suo interlocutore. La mano sinistra, che aveva raggiunto la spalla opposta poco prima dell’arrivo del garzone, si levò per agganciare una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Era lì che aveva conosciuto Astaroth.
Fu la voce di Oliver a riportarla alla realtà.

«Mh?» Gli occhi verdi fissarono il viso del Caposcuola alla ricerca di un indizio che l'aiutasse a rimettersi in pari con la conversazione. «Oh, i capelli! Non saprei rispondere con esattezza alla tua domanda. Potrebbe darsi che il mio corpo abbia preso male lo stress. Ero convinta di dover fare i conti con un te furioso e che potessi voler uccidere Ania per vendicare la morte di Lady. Il fatto di essere Metamorfomagus non aiuta a celare il proprio stato d’animo, ecco.»

Gli sorrise. Nieve, a differenza di molti coetanei, non viveva la propria abilità con vergogna, né provava il desiderio di nascondersi. La conversazione con Amber, nella Foresta Proibita, era servita a spronare la sua curiosità affinché si documentasse in materia. Così, per un verso aveva scoperto quali effetti si accompagnassero al possesso di quel dono e si era data ad una sperimentazione perlopiù fallimentare; per un altro, aveva fatto pace con l'ennesima parte di sé che sfuggiva al suo controllo... Come il fatto di essere bruttina!

«Mi occuperò io di Venceslao, tranquillo. E mi auguro che tu possa ricordartene in futuro, se a Lady non dovesse andare bene come stavolta.» Rise. Quando i suoi occhi caddero sul mazzo di tarocchi che aveva attirato in prima battuta la sua attenzione, le tornarono in mente le parole di Oliver. «Il motivo della mia convocazione ha a che vedere con quelli?» domandò, accennando col mento alle carte.

Da qualche parte alle sue spalle, una voce maschile sollevò una lamentela circa la consistenza molliccia delle ciambelle. Nieve vide Madama Rosmerta uscire di gran carriera dalla cucina, mani ai fianchi. Morse il labbro inferiore, trattenendo a stento il desiderio di voltarsi per seguire la scena. Le premesse per una sfuriata c'erano tutte.


 
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Attese un'eventuale ordinazione da parte dell'altra, assaporando nel frattempo quel caffè dal sapore forte, acceso, vibrante, come era solito apprezzare nell'ultimo periodo. Le labbra scottate dalla superficie in ceramica della tazzina, il sorriso a stento nascosto al seguito del commento acido ai danni del cameriere - oh, di gran lunga l'aveva riconosciuto, ora che osservava con maggiore attenzione -, infine Oliver lasciò cadere il discorso di Lady e consorte, poggiando a quel punto anche la piccola bevanda sul tavolino al quale si erano sistemati. Distorse la bocca in un'espressione tra il deliziato e il divertito, fino a schioccare letteralmente il palato in uno di quei gesti casuali, forse infantili, che aveva visto ripercorrere da uno e più concasati al tavolo Grifondoro, in Sala Grande. Ad ogni pasto c'era una nuova lezione da imparare per qualcuno come lui, era così sorprendente da trovarlo uno studio attivo, vero e proprio.
«Troppo zuccherato.» Un lieve ultimo contatto al bordo in ceramica, l'attenzione finalmente risvegliata in definitiva, Oliver poté assicurarsi di essere rimasti nuovamente soli, riprendendo così là dove si erano interrotti un attimo prima. Si premurò di tornare da Madama Rosmerta e di spendere di più, come era suo solito, magari con una mancia personale a chi di dovuto: non era quello il giorno, tuttavia, e stranamente non ne provava rimorso alcuno. «Venceslao è al sicuro, bene così, ti ringrazio. Ci sarebbe però anche la questione di Aslan.» Nomi, quelli, in rapida successione a delineare esperienze comuni, segreti condivisi, perfino racconti che andavano tramandati alla storia gloriosa della loro Casata: perché non capitava tutti i giorni, non tra le mura dell'imponente castello di Hogwarts, di ritrovarsi con un Pugnacio assassino o un cane trasfigurato alla buona da un pezzo di tronco reciso. Cose di prassi, tra i Grifondoro. «Non dovrebbe dare fastidio, è un cane meraviglioso, magari chiedo a Caleb di occuparsene in mia assenza, ma nel caso... un'occhiata da parte tua sarebbe esemplare. Sai, quando l'occhio vede, il cuore...» Mimò un puff a palmo aperto e richiuso in successione, riferendosi alla pratica ormai usuale di scagliare un Finite Incantatem sul povero animale, così da ripresentarlo come un tronco a sguardi indiscreti. Era meglio non sapere tutto, l'aveva capito a sua volta. «Questioni a parte, non sapevo che fossi una Metamorfo-Metamor-» Si schiarì la gola, riprendendo subito dopo. «Metamorfomagus, sembra uno scioglilingua! Complimenti, comunque, ma sei già bella così come sei, Nieve, evita di conquistare troppi cuori al castello a questo punto.» Un occhiolino e un sorriso gentile, del tutto veritiero, con quella certezza di essere tanto amichevole quanto fraterno nei confronti dell'altra. Un marchio di fabbrica, quello, cui il Caposcuola non avrebbe mai saputo né voluto rinunciare. «Ma non sei qui per tutte queste richieste, perdona la digressione. Come sai, si avvicinano i nuovi allenamenti di Quidditch e ci sono nuove candidature in squadra, avrai forse letto in bacheca.» In bella mostra, la pergamena affissa alla parete principale del pianoterra della loro Sala Comune continuava a riempirsi di nomi, proposte e speranze: Battitori, Cacciatori in prima linea, che Oliver aveva letto con estremo piacere.
«Ho promesso loro un allenamento e dei provini insieme, mi farebbe piacere se ci dividessimo i compiti o ancora meglio se collaborassimo insieme.» Schioccò le dita, attirando l'attenzione del primo cameriere nei dintorni. Se anche fosse stato il giovane Serpino, non avrebbe fatto resistenza, molto semplicemente avrebbe esibito un altro sorriso di pura e profonda circostanza, stentato come mai prima di allora, e avrebbe ordinato quindi due boccali di Idromele Vichingo, una bevanda così forte quanto aromatica e preziosa che trovava quasi più incantevole dello stesso classico champagne. Di nuovo soli, nel giro di un crescendo di silenzi e forse incomprensioni da svelare in fretta, avrebbe recuperato dalla tasca della giacca, appesa alla sedia, una spilla simile a quella di Prefetti e Caposcuola, ma ricamata dai colori sgargianti e accesi dell'Oro e del Rosso, con l'aggiunta di un manico di scopa stilizzato e una criniera a delineare un leone serio, vigilante, fiero. La spinse avanti, lasciandola scivolare sul banco fino alla ragazza.
«D'altronde, Nieve Rigos, sei il mio nuovo Vice Capitano Grifondoro.» E in quel mio c'era tutto l'orgoglio di averla accanto, nella sua Squadra, nella sua Casata, nella sua Vita. Avrebbe aggiunto un "se accetti" quasi con divertimento. Più di Nieve, nessuno meritava quel posto, nessuno avrebbe saputo ripercorrere le orme di Mary Grenger più dell'impeccabile talentuosa Cacciatrice che gli sedeva di fronte.

 
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view post Posted on 18/12/2018, 19:47
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«Non posso farti promesse che non sarei in grado di mantenere, Brior. Lo sai che la Rigos va via come le Api Frizzole.»

Ridacchiò, arrossendo, un attimo prima che il tono dell’amico la spingesse alla concentrazione. Archiviata la questione del mancato civetticidio e di Aslan — Nieve aveva accolto con entusiasmo la prospettiva di prendersi cura del cane, immaginando sé stessa e l’animale in giro per il giardino durante una ronda in solitaria —, era giunto il tempo di comprendere il perché di quella convocazione. Solo per la frazione di un secondo si era insinuato sottopelle il timore che il riferimento alle sue conquiste potesse riportare in vita il ricordo dell’incontro con Vagnard. Sospirò di sollievo, quando le ombre del dispiacere mancarono di offuscare il volto dell’amico, e raddrizzò le spalle per prepararsi alla rivelazione.

«Per la Dodderidge, non vedo l’ora che si riprenda col Quidditch!» Il commento le uscì di bocca in modo sentito. Nieve, in sella alla Firebolt, sperimentava quel genere di felicità che viene solo quando trovi esattamente il tuo posto nel mondo. «E non vedo l’ora che inizino le selezioni. Non mi aspettavo tante candidature, ma ne sono felice. Ti dirò: ho l’impressione che alcuni elementi siano piuttosto promettenti.» Annuì, poco dopo, lieta di offrire il proprio aiuto a Oliver nella ripartizione dei compiti che si sarebbero necessariamente accompagnati ai provini. «Con piacere! Sai bene che qualsiasi cosa abbia a che vedere col Quidditch è- Oh!»

Nieve seguì i movimenti del Caposcuola, che aveva richiamato l’attenzione del cameriere, lasciando in sospeso la frase. Spalancò gli occhi e schiuse la bocca nel prendere atto dell’ordinazione. E avrebbe trovato il modo di esprimere la portata della propria sorpresa, se Oliver non avesse cominciato immantinente a trafficare con la giacca che gli stava dietro. Poi, l’epifania.
Nieve trattenne il respiro, gli occhi fissi sulla spilla che, un tempo, era appartenuta a Mary Granger.

«Non è possibile,» sfiatò con voce così flebile da farla illudere di essersi espressa nel pensato. Eppure, nella sua mente, era il caos: nessuna frase sarebbe mai riuscita a emergere nella baraonda di riflessioni seguite a una prima fase — infinitamente breve! — di statico silenzio. Alzò lo sguardo sul ragazzo che aveva gli occhi velati da una patina sottile di lacrime. «Non prendermi in giro, Oliver Brior…» Piano, trovò il coraggio di allungare le mani in direzione della spilla, ma si trattenne dal toccarla. Neppure nelle fantasie più mirabolanti, aveva prospettato che una simile evenienza avesse il potenziale di trasformarsi in realtà. «S-Se accetto?!?! Tu sei tutto matto! Certo che accetto!» L’emozione tradì la sua pronuncia inglese, indurendone i tratti. Nieve balzò in piedi, radiosa. Senza curarsi del capitombolo cui aveva costretto la propria seduta, aggirò il tavolo per raggiungere l’amico e gettargli le braccia al collo. Tra le dita della mano destra, gelosamente, stringeva la spilla. «Graziegraziegrazie per aver pensato a me!»

Qualche giorno dopo, quell’episodio le sarebbe costato parecchio sul versante dei pettegolezzi, che la volevano legata sentimentalmente al Caposcuola. Nel presente, è chiaro, Nieve rimase immune a qualsiasi emozione esulasse dalla gioia.




 
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view post Posted on 24/1/2019, 18:31
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Non avrebbe potuto trovare persona più incline, pronta e decisa per quel ruolo di quanto lo fosse Nieve. Lo sapeva lui, lo sapeva lei, lo sapevano tutti. La candidatura era stata così semplice che l'assonanza con il nome del suo Prefetto, e ancor prima sua Cacciatrice in prima linea, era giunta assolutamente in automatico. Vedere la reazione dell'altra, a dispetto di quanto il passato ancora pesasse sul suo cuore nei momenti peggiori, fu come un balsamo vero e proprio. Si lasciò inebriare dal profumo dell'altra, dall'abbraccio vigoroso e sincero insieme, infine dal suo sorriso luminoso. Andava bene così, una frase che mai come in quel momento calzava a pennello. Si chiese fin quando quella sensazione preziosa potesse prolungarsi, perché se avesse scovato anche solo un modo - magico o meno - per fermare definitivamente quell'attimo, allora senza ombra di dubbio Oliver l'avrebbe fatto. Invece durò poco, a malincuore. Il contatto leggero andò scemando e quando i corpi si sciolsero dalla gentilezza ormai rara, il Caposcuola continuò a sorridere in modo genuino in direzione dell'altra. Non avrebbe potuto negarlo neanche a se stesso: quegli incontri gli mancavano molto, ricordando un tempo - addietro, anche troppo forse - in cui tutto era più semplice. Il peso del presente tornò come un macigno quando le narici del ragazzo furono pizzicate da uno sbuffo di fumo, a riprova - ancora una volta - di quanto il Pericolo fosse per lui dietro l'angolo. Si abbandonò al piacere dei festeggiamenti, prolungandoli in una stasi di pura gioia perfino più del dovuto. Il calice tintinnante, lo champagne in arrivo, tutto andò a coadiuvare quella nomina di successo. Andava bene così, si ripeté. «Non avrei potuto chiedere di meglio, fanciulla. Con la promessa però che non tenterai di ammazzare più la mia civetta, sai, come piacere personale.» Sollevò lo sguardo alla ricerca di un cameriere libero. «Lo champagne, per favore.» Chiese di nuovo a voce un po' più alta, appena intravisto qualcuno. Così via, ad un brindisi vero e proprio, a seguirne un secondo e forse un terzo fino a consumare la bottiglia che aveva appena ordinato, e che subito dopo avrebbe pagato insieme al resto delle cose, come da galantuomo. Il rientro al castello sarebbe stato imminente di lì a breve, altri doveri chiamavano entrambi all'appello, ma per la prima volta si sentiva ben più rilassato di quei giorni.

@Ri-ordiniamo una bottiglia di champagne, sempre dal mio conto, grazie. *fru
Dall'arrivo dell'ordinazione poi effettuiamo un brindisi qui, un altro lì, e poi ci si becca, Nievotta. Alla prossima!
 
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view post Posted on 23/3/2019, 14:53
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Lola si era appena trasferita dalla Spagna in Inghilterra. Un clima uggioso come quello londinese non avrebbe potuto aspettarsi di meglio del sorriso raggiante della ragazza e dei suoi modi frizzanti. Non era una tipa ambiziosa che si aspettava chissà che dalla sua nuova vita al nord, e aveva accettato con gioia l'idea di fare da cameriera in uno dei locali magici più in del momento. Madama Rosmerta tesseva le lodi della sua gran capacità di coinvolgere la clientela, anche se talvolta poteva sembrare un po' inopportuna. La ragazza, che sfoggiava un braccio tatuato per intero con i volti dei Queen fra pentagrammi, chitarre, un leone rampante e l'intera copertina di "Night at the Opera", aveva puntato già da tempo una coppia seduta ad un tavolo, ed in particolar modo la ragazza. I capelli blu, lo stacco di coscia mozzafiato e il suo sorrisetto focoso valsero lo scoprire se i due stavano sul serio insieme o no. Se c'era una cosa che aveva imparato nella sua breve vita era che in certe situazioni, in ogni caso, non ci sarebbe stato nulla da perdere!
- Chico! - si rivolse al garzone - Sei tu che stai servendo il tavolo cinque? Ci penso io da ora in poi!
Una bottiglia di champagne sul vassoio e due calici con sottobicchieri e volò dritta al tavolo in cui Oliver e Nieve sembravano voler festeggiare qualcosa.
- A voi! - e con uno schiocco delle dita della mano libera, una pioggia di coriandoli cadde sulle loro teste.
Distribuendo sul tavolo bottiglia e bicchieri, sotto quello di Nieve mise un bigliettino ripiegato scoccandole un occhiolino. Se la ragazza lo avesse aperto avrebbe potuto leggere al suo interno il nome della cameriera (Lola Estevez), il suo codice postale e una scritta: "Se continuerai a sorridere così mi ruberai el corazon", proprio mentre questa se ne andava via.



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view post Posted on 24/3/2019, 16:04
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Tornò al proprio posto, non prima di aver rimediato al danno e rimesso la sedia in posizione verticale. Col viso arrossato di piacere e il cuoio capelluto che tirava appena, Nieve dedicò un paio di minuti allo studio della spilla senza riuscire a trattenere l’emozione. Non aveva mai pensato di poter diventare Prefetto al suo primo anno a Hogwarts, del tutto immune alle lusinghe del potere che si accompagnavano a qualsiasi carica. E non aveva mai progettato di sostituire Mary, un giorno, e ricoprire quel genere di ruolo, non quando la guida dell’amica aveva permesso alla squadra di orientarsi perfino nei momenti di maggiore sconforto. Eppure l’aveva sognato e desiderato in un angolo remotissimo del proprio io, senza prenderne davvero coscienza. Per bene che le fosse andato lo status quo, si era riscoperta a occhieggiare il ninnolo del Vicecapitano e a immaginare cosa si provasse ad averlo appuntato al petto.
L’avrebbe compreso a breve, si disse con una certa commozione.

«La vita non smette mai di sorprendermi,» confessò.
Le sue parole nascondevano un retrogusto dolceamaro: l’allontanamento da Astaroth le era costato un pagamento altissimo in termini personali. Aveva preso le distanze dalle persone, impedendosi di coltivare nuovi rapporti di amicizia nel timore che potessero cagionarle lo stesso dolore — Horus era malauguratamente finito nella mischia. Era riuscita ad allontanarne definitivamente altre, lasciando che acredine e insoddisfazione si riversassero in modo indiscriminato sulla prima vittima a disposizione — Amber era stata il suo agnello sacrificale. E la circuitazione di mente e corpo aveva smesso di rispondere ai suoi ordini fino a renderla più imprevedibile, ingestibile, frangibile del solito — il colore dei capelli era solo una delle tante prove giunte a corredo di una così grande delusione. La spilla non sarebbe bastata a risanarla, ma fu in grado di riattizzare il fuoco della sua vivacità perché la luce superasse momentaneamente le ombre alle quali aveva in qualche modo ceduto per sfinimento.
«Grazie ancora, Oliver. Non sai quanto ne avessi bisogno in questo momento. Ma non svenarti con i festeggiamenti, ehi!»

Da quel momento in poi, appuntata la spilla alla maglia, Nieve rise, celebrò e brindò. Di bicchiere in bicchiere, le capitò di guadagnare in impudenza finché, si accorse solo sul finire, ciascuna delle sue battute non finì per venire ad esistenza con tenore meno smaliziato di quanto non le fosse parso di attribuire loro in corso di gestazione mentale. E si lasciò prendere a tal punto dallo scambio in corso col Caposcuola che, inizialmente, mancò di notare il biglietto. Quando infine — finalmente! — i suoi occhi lo individuarono, Nieve portava sulle guance, negli occhi e nei modi i segni dell’alcol consumato.
Rilesse a più riprese quell’unica riga scritta per lei dalla cameriera, poco sotto le generalità, l’espressione maliziosa ora screziata d’ingenua ignoranza. Alzò lo sguardo sul ragazzo.

«Ol? Tu lo sai mica cos’è un corazon

Benedetta ragazza!




Alla prossima, Lolly! :flower:

Cheisì mandrilletta! :bello:
Grazie dell'intervento salvifico, bebi!


Edited by ~ Nieve Rigos - 26/3/2019, 14:33
 
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