Tutte le porte sono aperte se si possiede la chiave giusta., Miniquest Guardiano

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Tutte le porte sono aperte se si possiede la chiave giusta.
Capitolo I
Vath Remar
28
Purosangue
Dip. Ministeriale V° Livello C.M.I.
Acero, pelle di Runespoor, 12 pollici e 3/4, rigida.
Ex Serpeverde
Legilimens Apprendista
«La conoscenza è potere.»

Era da molto, troppo tempo, che il giovane Ministeriale dell'ufficio Cooperazione Magica Internazionale non entrava nel British Museum. Lo aveva visitato molti anni prima, da ragazzo, con suo nonno Albert. Molte cose erano cambiate, moltissimi reperti nuovi erano stati esposti, ma quello che cercava l'ex Serpeverde quel giorno non erano mummie o antiche armi del XII° secolo. Il museo più famoso d'Inghilterra aveva un segreto che solo parte della popolazione Inglese, quella magica, conosceva. Il segreto contenuto in quel luogo, per la popolazione magica, si traduceva in una quantità spropositata di libri d'incantesimi. Quello che molto tempo prima era solo un ragazzino che osservava estasiato oggi era un uomo: un padre di famiglia che lottava, giorno dopo giorno, per la felicità e il benessere dei suoi tre figli. "La conoscenza è potere, il potere è dominio e il dominio di te stesso ti farà padroneggiare il futuro." L'insegnamento di Albert Charles Remar riverberava a distanza di quasi quindici anni nella mente del ventottenne. L'ambizioso ex Serpeverde era riuscito a padroneggiare una buona parte degli incantesimi contenuti su quei libri ma, ancora, mancavano quelli conservati nei libri che si trovavano nel reparto proibito: Vath Remar avrebbe dovuto parlare con il guardiano della libreria. Era di fronte all'ufficio dell'uomo, la mano destra si sarebbe chiusa a pugno e sollevata per bussare ritmicamente quattro volte sul legno della porta.

Narrato ~ «Parlato» ~ “Pensato”
PS:199/199 ~ PC:132 ~ PM:136 ~ PE:28,5

code © by Vath Remar




ATTENDO L'INTERVENTO DEL MASTER.
 
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Il Fato

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La Conoscenza era come una fontana: limpida e cristallina, le cui fresche acque zampillavano senza sosta e con una grazia invidiabile, ma permettendo solo ai più meritevoli di dissetarsi presso la propria fonte.
Vath Remar, giovane rampollo e padre di una famiglia appena germogliata, pareva intenzionato a beneficiare dell’antico Sapere racchiuso in quei vecchi tomi posti sugli immensi scaffali del British Museum, nella speranza di saziare così la propria sete; ma quale fosse lo scopo che aveva smosso l’animo dell’ex adepto di Salazar Serpeverde, infiammato dall’ambizione, ancora restava ignoto.
C’erano ricordi in quegli immensi corridoi e risuonavano nella mente dell’uomo come i propri passi sul marmo di quel luogo pubblico, in un’eco che scosse con prepotenza le robuste pareti. Come un filosofo greco, il venerabile Albert Charles Remar aveva instillato nel cuore del proprio nipote dei concetti di dominio e potere, forgiandolo per essere più di un semplice padre di famiglia, ovvero un uomo disposto a tutto pur di dar vita alle proprie ambizioni, per dare maggior lustro al nome di famiglia. Il vecchio Remar sarebbe stato senza dubbio molto fiero di suo nipote, che con tanta decisione e devozione voleva mettere in pratica i suoi insegnamenti, esattamente come il più ligio degli Apprendisti verso il proprio Maestro.
Vath avanzò dunque con fierezza e determinazione in quel luogo sacro della Conoscenza, diretto nell'angolo più remoto del British Museum, nonché quello proibito e precluso alla popolazione di Maghi e Streghe. E perché mai? Lì, all'interno del Reparto Proibito, venivano custoditi i libri di incantesimi più difficili e pericolosi che ci fossero in circolazione, nonché i più ambiti per coloro che vivevano di ambizione e desiderio di toccare con mano i frutti più proibiti.

Il Ministeriale giunse infine nei pressi del Reparto Proibito.
Una targhetta in ottone svettava sopra la porta del reparto con una certa arroganza, annunciando ai Maghi e alle Streghe indesiderati l’inizio della zona
Off Limits. Poco distante vi era una struttura chiusa in legno e vetro - una guardiola insomma - apparentemente vuota ad una prima e breve occhiata, e dalla quale filtrava una flebile luce proveniente da una lampada ad olio.
Nel momento in cui le nocche di Vath incontrarono la superficie liscia della porta di noce scuro, un indistinto rumore di sedia che strisciava violentemente sul pavimento fece capolino dalla parte opposta: il Guardiano, nonostante le apparenze, era presente all’interno della guardiola. Subito dopo aver ultimato la quarta, nonché ultima bussata, il Ministeriale avrebbe potuto intravedere la porta spalancarsi di botto e un’imponente figura stagliarsi di fronte a lui. Un uomo corpulento e dal viso arcigno, rivolse a Vath uno sguardo di fuoco: sebbene presentasse un solo occhio mentre l’altro era coperto da una spessa e nera benda di pelle, conferendogli un’aria minacciosa, quasi letale. In quell’unico occhio riversò tutto il proprio veleno e il pessimo umore che si portava dietro da giorni ormai, mentre le labbra si alzarono in un ringhio selvaggio, rivelando una dentatura storta e ingiallita.

«Che cazzo vuoi, ragazzo?» La voce del Guardiano era ruvida e profonda, in cui impresse nel proprio tono un’arroganza pari alla sua stessa maleducazione, ma questo a lui non importava granché; fece in modo di evidenziare con un certo disprezzo l’appellativo appena utilizzato, come per far capire all’ex Serpeverde che per quanto potesse ostentare nell’atteggiarsi come un uomo fatto e finito, per Tuco non era altro che un misero insetto in giacca e cravatta. Squadrò infatti il Ministeriale da capo a piedi, facendosi sempre più guardingo e ostile: qualsiasi cosa avesse condotto quell’uomo a bussare alla sua porta avrebbe fatto meglio a sparire e a non dargli più noie. «Ebbene?» latrò in tono canzonatorio, sfregandosi le mani robuste e tozze come se fosse in procinto di avviare una violenta rissa con Vath; il che non sarebbe stato affatto male, in fondo a Tuco serviva proprio una valvola di sfogo per alleviare il proprio malumore e il biondo davanti a sé sembrava proprio adatto a ricoprire quel ruolo. «Ti suggerisco di parlare… E anche in fretta!»



Benvenuto alla tua Quest per l’accesso al Reparto Proibito!
Da questo momento in avanti mi occuperò nel guidarti in questa avventura che spero troverai di tuo gradimento. E’ mia premura avvisarti di ponderare bene le scelte che dovrai intraprendere per convincere il Guardiano, poiché nulla è scontato e l’accesso ti potrebbe essere precluso.

Ti invito a postare le relative statistiche e l’equipaggiamento (che dovrà essere nel limite dell’umano s’intende). Ho visto che hai già messo le tue statistiche nel role code, ma per sicurezza ti chiedo di riconfermarle ufficialmente.
In ultimo ti ricordo che è severamente vietato modificare i post una volta pubblicati, salvo sotto mio esplicito consenso.
Per qualsiasi cosa, dubbi o domande, mi puoi contattare per mp!

In bocca al Drago!
 
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view post Posted on 30/9/2018, 22:45
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Tutte le porte sono aperte se si possiede la chiave giusta.
Capitolo II
Vath Remar
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Acero, pelle di Runespoor, 12 pollici e 3/4, rigida.
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«La conoscenza è potere.»

Quando l'uomo ebbe bussato, subito dopo il quarto colpo l'uomo che era all'interno della guardiola fu all'esterno. Corpulento e dal viso arcigno, il guardiano Tuco Portava una benda di spessa pelle nera. Il suo aspetto era pressoché invariato rispetto alla visita di quel giovane ragazzino con suo nonno. Uno sguardo di fuoco da parte dell'unico occhio visibile condì la presentazione tra i due uomini e, assieme a quest'ultimo, le labbra del'uomo a guardia della sezione proibita si alzarono in un ringhio che mostrò una dentatura da far spavento ai migliori dentisti babbani. Vath Remar non era solito restare intimorito da modi aggressivi né dal turpiloquio eccessivo: da Caposcuola e ancor prima Prefetto il ventottenne si era trovato a confrontarsi con le situazioni più disparate. Era pur vero che in quel momento non si trovava ad Hogwarts, protetto dall'autorità che conferiva la spilla sul suo petto, ma il dipendente del C.M.I. non si sarebbe tirato indietro da quella situazione come una mammoletta del primo anno smistata in Tassorosso. Trovando dentro di se il miglior savoir faire, Vath sostenne lo sguardo di quell'unico occhio iniettato di veleno manco fosse lo sguardo di un Basilisco. I modi definiscono l'uomo, un prezioso insegnamento a cui avrebbe dato sfoggio in una nuova occasione. «Un anziano gentleman nutriva un profondo rispetto per il guardiano di questo sacro luogo.» Esordì con il suo tono baritonale, in modo pacato. «Ero venuto innanzitutto a porgergli un omaggio, o per meglio dire in questo caso, un offerta di pace.» La mano priva del bastone da passeggio andò alla scarsella che portava alla cintura, aprendola ed estraendo una bottiglia di pregiato Whiskey Incendiario proveniente direttamente dalle cantine della Testa di Porco. Se Tuco fosse stato un attento osservatore avrebbe potuto notare il bastone da passeggio di Vath, pregiato rovere con intarsi e decorazioni in argento, il cui manico era una testa di serpente dalle fauci spalancate. Il ministeriale si sarebbe schiarito la voce proseguendo con le sue ragioni. «Nutrivo per quell'uomo un immensa considerazione e, di conseguenza, il rispetto che lui provava per voi è lo stesso che io adesso provo nei vostri confronti.» Vath allungò la bottiglia verso l'uomo e, solo se quest'ultimo avesse accettato l'offerta, avrebbe proseguito spiegando la propria presenza in quel luogo. «Vath Remar, molto piacere. Avrei necessità di consultare alcuni libri all'interno del reparto proibito, ovviamente, se la cosa fosse possibile, potrei esser disponibile a ricambiare il favore con qualsiasi altro.» Un sorriso cordiale avrebbe increspato il volto del giovane, in attesa della reazione del Guardiano.

INVENTARIO ATTIVO:


Fede nuziale d'oro all'anulare sinistro.
Bastone da passeggio lasciato in eredità da un vecchio parente con l'impugnatura in argento a forma di testa di serpente dove, all'interno, si cela la propria bacchetta in legno di Acero, pelle di Runespoor, 12 pollici e 3/4, rigida.
Scarsella medievale (originale) +5 corpo +2 mana [Possibilità di contenere 8 oggetti di medie dimensioni: #1 Bottiglia di Whisky Incendiario - risana 10 punti corpo.]
Stivali Elisabettiani +5 corpo +5 mana +2 salute
Anello del Potere - Blocca l'avversario per 2 turni. Utilizzabile solo in Quest.
Perla di Afrodite +8 mana +7 corpo +7 Salute


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Sotto lo sguardo indagatore e circospetto di Tuco, la figura di Vath venne delineata secondo quello che era il punto di vista dell’uomo: ovvero un ruffiano. Quello fu il primo pensiero che il Guardiano del Reparto Proibito si fece sull’individuo che aveva davanti a sé, oltre a ritenerlo pomposo sia nei modi di parlare che nei gesti; ma che questo rispecchiasse o meno la personalità di Vath a Tuco poco importava: era la prima impressione che contava, non si sarebbe mai sbilanciato troppo nell’indagare la vera essenza di ogni persona che si presentava al suo cospetto. Se quindi Vath apparve come il più abile degli adulatori, Tuco ne avrebbe di certo approfittato, giacché non vi era pedina più succulenta e facilmente manovrabile per i propri scopi personali.
La bocca del Guardiano esplose in una sonora risata, la quale rimbombò lungo le ampie pareti di marmo, producendo un’eco assordante e minacciando di abbatterle.
«Offerta di pace, dici?» I pollici di entrambe le mani si agganciarono alla cintura che sorreggevano i pantaloni scuri come la sua stessa anima, mentre l’occhio sano brillò di una luce malevola e colma di derisione. Il tutto venne decisamente accentuato nel medesimo istante in cui il giovane Remar porse con estrema calma la bottiglia di Whiskey Incendiario, facendo allargare quel sorriso bestiale. Sospirò pesantemente, muovendo le braccia in un teatrale gesto di finta sorpresa, mentre lo sguardo cadde per un breve lasso di tempo sul bastone che Vath si portava orgogliosamente appresso; era di notevole e pregiata fattura, pensò Tuco, il che poteva solo significare che il giovane davanti a sé fosse un Mago ricco, oltre che ruffiano, e questo lo rese ancora più interessato a sentire cosa volesse il Ministeriale da lui.
Dopo aver finito di ascoltare lo sproloquio del giovane, Tuco ghignò con arroganza e strappò la bottiglia dalle mani di Vath con una certa prepotenza, per poi svitare il tappo con i denti giallastri e storti. Si udì l’indistinto rumore del sughero che veniva sfilato dall’imboccatura della bottiglia di vetro, seguito a ruota da quello prodotto della bocca di Tuco, che sputò da parte il tappo. Il Guardiano si concesse una poderosa sorsata di quel liquido ambrato e molto alcolico, ma una volta che si staccò dalla bottiglia, il suo volto venne sfigurato da una smorfia di puro disgusto.

«Che razza di schifo mi hai propinato, eh? Piscio di Crup?» latrò, sputacchiando e pulendosi la bocca con la mano tozza. «Ora ascoltami bene, ragazzo...» L’indice dell’uomo andò a puntarsi contro il petto di Vath, premendo appena sullo sterno così da fargli capire che non stava scherzando, che era lui a dettare legge fintanto che si trovavano nell’area del Reparto Proibito. «Ti ci vorrà ben più di una bottiglia di piscio per convincermi a lasciarti passare… E la tua fottuta parlantina da snob con me non attacca!» Poi sembrò illuminarsi quando Vath manifestò di essere disponibile a ricambiare il favore in un qualsiasi modo e quel "qualsiasi" fu più che sufficiente per Tuco. «Oh, ma davvero?» lo canzonò.



 
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Capitolo III
Vath Remar
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Se il ventottenne era in qualche modo impressionato dal comportamento rozzo e maleducato del Guardiano non lo diede a vedere. Aveva un obiettivo e nulla al mondo lo avrebbe fatto desistere dal proprio proposito. Una volta che l'uomo gli strappò la bottiglia di mano, L'uomo portò le mani dietro la schiena e, nascondendo quel disprezzo per un atteggiamento così deplorevole per una simile carica, si allisciò l'orgoglio del guardiano promettendogli future visite con pregiati doni. L'uomo aveva il chiaro intento di farlo infuriare e, così, precludergli l'accesso ma il sorriso del giovane rimase immutato. «Non immaginavo che fosse un così ottimo intenditore, certamente la prossima volta che tornerò le porterò un Whiskey ben più di classe.» Solo quando sentì il dito dell'uomo ben piantato sul suo sterno Vath rizzò bene le orecchie, l'uomo disse che non era abbastanza una bottiglia ma poi quando, con tono canzonatorio gli chiese conferma della propria affermazione Vath fece un mezzo sorriso. «Certo, ho detto qualsiasi cosa e non sono certo una persona che si rimangia la parola data. Cosa posso fare?» Se Sybella era scomparsa con la conseguente stabilità emotiva del ventottenne compromessa, Vath aveva ritrovato il proprio io nella determinata volontà di poter cambiare le cose nel mondo magico per il bene della propria comunità ma, principalmente, per i propri figli. I giovanissimi Remar non avrebbero mai avuto la possibilità di poter conoscere la loro madre una mancanza che, nonostante tutto l'affetto che il loro giovanissimo padre avrebbe profuso, non sarebbe mai potuta essere compensata. Quella mancanza l'uomo la additava ad un sistema burocratico inefficace che con quelle leggi di segretezza altro non faceva che mettere a repentaglio vite. Il Ministero, che tanto si vantava di proteggere l'equilibrio, aveva in realtà rinchiuso i maghi in una bolla esposti alla potenziale distruzione atomica del pensiero babbano. Mai, mai il ventottenne avrebbe ritenuto valida quella linea e certamente era disposto a tutto.

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Il Fato

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Tuco fu sordo al commento del giovane Mago: poteva fare il ruffiano quanto voleva, portargli in dono persino l’atto di proprietà di una distilleria, ma non sarebbe bastato perché le sue esigenze venivano prima di qualsiasi altra cosa e in quel momento l’alcol non rientrava in esse.
Il dito che puntò contro lo sterno del Ministeriale sembrò sortire l’effetto sperato e nei lineamenti facciali di Vath notò un’attenzione totale e seria; questo fece sorridere tra sé e sé il Guardiano, conscio di aver tirato il filo giusto, quello che lo faceva sentire il padrone assoluto della situazione: presto avrebbe avuto il totale via libera nel manipolare il biondo a suo piacimento e solo un’entità superiore avrebbe potuto sapere cosa stesse passando per la testa al vecchio Tuco. L’uomo, infatti, era un Diavolo ma con la particolarità che lui i coperchi li faceva eccome per coprire le proprie malefatte.

«Oh ma questo è tutto da vedere.» replicò il Guardiano, dandosi una pacca sul ventre prominente, soffocando a stento una risata. Con un cenno del capo fece segno a Vath di seguirlo dentro la guardiola, per poi avviarsi al suo interno con passo deciso.
Non era molto spazioso ma Tuco era riuscito ad arrangiare la postazione di lavoro come proprio Quartier Generale. Una scrivania di legno scuro era centrale, esattamente davanti al vetro protettivo e separatorio, mentre un piccolo mobile di metallo con tanti piccoli cassettini marcati in ordine alfabetico sostava a sinistra della scrivania. Una poltrona in pelle nera contrassegnò inequivocabilmente il posto del Guardiano, mentre un piccolo sgabello - utilizzato probabilmente per appoggiarci le gambe - era stato piazzato in un angolo. Vath avrebbe potuto notare un altro particolare una volta entrato dentro la guardiola, ovvero un comodino del medesimo colore della scrivania posto tra quest’ultima e il mobile di metallo; i cassetti non erano contrassegnati con lettere, numeri o particolari etichette, semplicemente erano chiusi a chiave con svariati lucchetti. Qualsiasi cosa vi fosse racchiusa all’interno di quei misteriosi cassetti, dovevano essere cose private e che i visitatori o i colleghi non avrebbero mai avuto modo di scoprire.
Tuco sprofondò nella propria poltrona con un sospiro, per poi indicare lo sgabello a Vath con un grugnito, invitandolo a chiudersi la porta alle spalle prima di accomodarsi. Soltanto quando furono rintanati all’interno di quel luogo privato, il Guardiano si dimostrò piuttosto previdente e con un movimento di bacchetta rese l’ambiente sicuro e a prova di spione: nessuno avrebbe potuto origliare la loro conversazione e con ciò il giovane Remar avrebbe potuto facilmente presagire che era in arrivo qualcosa di grosso.

«Qualcosa ci sarebbe, sì. Ma non sono sicuro che sia alla tua altezza, è per tipi tosti e con due attributi grossi come quelli di un Erumpent.» Tuco si stravaccò e incrociò le dita delle mani sopra al ventre, iniziando a parlare con voce grave e seria: Vath avrebbe potuto intuire che il Guardiano voleva sì assecondarlo ma che allo stesso tempo non era minimamente convinto che il Ministeriale potesse farcela. L’occhio sano scintillò di derisione, ma anche di pura malvagità. «Immagino tu conosca Hogsmeade, uhm?» Emise un grugnito, mentre le labbra presero a storcersi in quella che fu una smorfia di pura rabbia, ma cercò di rimanere lucido fintanto che non avrebbe esposto la questione al giovane Remar; quindi proseguì: «Qualche giorno fa mi sono imbattuto in uno sporco imbroglione russo! Quel pezzente bevitore di vodka! Puah! Abbiamo avuto un brutto alterco per due oggetti che non voleva assolutamente vendermi, così lo sfidai a duello pur di averli. Ma quel bastardo figlio di una Megera mi ha battuto in maniera davvero scorretta!» Emise un ringhio sommesso, piantando un pugno tozzo sul legno della scrivania e facendo ribaltare le boccette d’inchiostro, di cui non si curò minimamente. Il suo unico occhio urlava una sola cosa: Vendetta. «Il duello doveva essere del tutto regolare, senza imbrogli, con precise regole e lui le ha infrante. Ha usato il Cuore e l’Occhio di Banshee che volevo comprargli contro di me! Contro di me!» Tuco tuonò quelle ultime parole con puro furore, l’orgoglio ferito e facendo intuire a Vath che, benché fosse rozzo nei modi, l’uomo aveva comunque un certo senso dell’onore. Ma fino a che punto?



 
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Capitolo IV
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Quando il guardiano lo invitò a seguirlo nel proprio ufficio Vath capì di aver fatto breccia nella dura corazza del Guardiano del Reparto Proibito. Una volta che fu nel suo studiolo Vath analizzò le prime parole dell'uomo. Lo reputava incapace di svolgere un incarico per via del proprio aspetto "poco tosto". A Vath venne in mente la frase "solo chi vive di apparenze può essere ingannato dalle apparenze." e, a parere dell'ex Serpeverde, l'anziano Guardiano stava esattamente compiendo quell'errore. Per quanto serio, educato e fin troppo cordiale Vath non aveva voglia di scherzare, se quel compito gli serviva per accedere alla sezione proibita in un modo o in un altro quel compito lo avrebbe eseguito. Quando gli chiese se conosceva Hogsmeade Vath che nel frattempo si sedette sullo sgabello si trattenne dal ridergli in faccia, quale mago o strega che si rispetti non conosce il villaggio fondato da Hengist di Woodcraft? Era talmente famoso da essere stato inserito tra le figurine Streghe e Maghi Famosi. Tuco gli spiegò che ciò che gli servivano erano il cuore della Banshee e l'occhio della Banshee, due oggetti che il Ministeriale aveva intravisto nel negozio del Safarà quando mesi prima aveva redatto una lista degli oggetti che gli interessavano. Questi due oggetti, a detta sua erano in possesso di un mago russo e il guardiano, pur di averli, lo sfidò a duello perdendo secondo lui per slealtà da parte del russo. Vath analizzò la situazione e constatò che, dove la forza bruta non aveva avuto successo, l'intelligenza e la scaltrezza avrebbero potuto fare la differenza. «Suppongo che tu voglia comunque quei due oggetti. Ho bisogno di alcune informazioni, prima, il nome di questo russo e una descrizione mi sarebbero utili.» Mediare e trovare accordi dopotutto era il proprio pane quotidiano, ma prepararsi anche un piano di riserva non sarebbe stata una cattiva idea.

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Il giovane Remar era quindi deciso a proseguire oltre, ad accettare il “favore” che Tuco gli stava propinando senza troppe cerimonie, senza esitazioni o rimpianti. L’ex adepto di Salazar Serpeverde mosse dunque i primi passi e li fece nel modo giusto chiedendo informazioni, in particolare mosso dalla prospettiva di mediare così come era solito fare all’interno del proprio Dipartimento al Ministero.
Tuco si strofinò le mani callose, pregustando il sapore dell’imminente vendetta, e abbozzando un sorriso compiaciuto con i suoi storti denti gialli.
«Ci puoi scommettere che li voglio! Bada bene però, ragazzo, che voglio esattamente quelli del russo. Non provare a rifilarmi la mercanzia di Safarà o di qualsiasi altro negozio, perché sono solo spazzatura in confronto a quelli in possesso di quell’infame! Lo scoprirei e a quel punto… Puff! Accordo svanito... Capita l’antifona, giovanotto?» L’occhio sano dell’uomo si indurì e divenne freddo come il ghiaccio. Non vi erano dubbi circa il desiderio del Guardiano nell'entrare in possesso proprio degli artefatti del Mago russo, eppure vi erano domande che al giovane Ministeriale potevano sorgere come ben più che legittime. Quale fosse il motivo per il quale Tuco avesse posto quella limitazione pareva sconosciuto e, probabilmente, persino pericoloso; tuttavia l’arcigno Custode del Reparto Proibito non sembrò in alcun modo mostrarsi flessibile a scendere a compromessi circa quel dettaglio che aveva appena imposto. Se Vath voleva entrare in quella zona preclusa ai più, avrebbe dovuto imparare a sottostare al volere di Tuco fintanto che si trovava lì; poi, una volta messo piede fuori da quel luogo, il Ministeriale avrebbe potuto agire come meglio credeva, a suo rischio e pericolo, purché rispettasse i termini appena stipulati.
«Il russo si chiama Petrovic. Vladimir Petrovic. Pare proprio che alloggi nei pressi di Safarà, perciò ti sarà facile trovarlo.» Il Guardiano iniziò ad illustrare le varie informazioni in suo possesso al giovane Remar, divertito che un uomo del genere volesse farsi carico proprio di una simile impresa. Semmai ci fosse riuscito, allora avrebbe dovuto scusarsi con il Mago… o forse no. In ogni caso, Tuco non ci avrebbe perso nulla: se Vath non avesse riscontrato alcun successo avrebbe sicuramente trovato un altro fesso smanioso di ottenere il permesso per il Reparto Proibito a cui affidare il compito. «E’ un uomo alto, giovane e prestante, con dei capelli più biondi dei tuoi e con il corpo ricoperto di tatuaggi. E’ talmente egocentrico che va’ in giro a petto nudo, sperando di attirare qualche ingenua fanciulla nella sua tela. Puah!» Piegò appena la testa di lato e fissò l’uomo davanti a sé con un misto di interesse. Era curioso di sapere come avrebbe risolto la situazione a suo nome, se si sarebbe mai abbassato anche al più infimo degli atti. A quel solo pensiero, le labbra grosse come due vermi che si contorcevano nel fango si piegarono in un sorriso malizioso. «Per quanto mi riguarda puoi agire come meglio credi, Remar, prendendoti tutto il tempo che ti serve. Però, concedimi una curiosità...» A quel punto, nel pieno della propria malvagità, il Guardiano ghignò compiaciuto, cercando di immaginarsi la reazione di Vath a seguito della domanda che stava per porgerli. «Saresti persino disposto a rubare pur di ottenere ciò che vuoi?»
E come il pungiglione di uno scorpione, Tuco colpì Vath senza alcuna pietà, anche se quella singola puntura non si sarebbe di certo rivelata letale per il Ministeriale. No, semplicemente era un pretesto per stuzzicarlo e spingerlo ulteriormente verso l’Abisso.
Se Vath Remar non avesse avuto altro da aggiungere o da chiedere, il Guardiano di certo non lo avrebbe ostacolato nell'andarsene ovunque volesse. L’amo era stato lanciato e il pesce aveva abboccato: ora rimaneva solo una cosa da fare, ovvero onorare il patto appena sancito tra i due uomini.



Bene Vath, se non hai altro da aggiungere o chiedere a Tuco, puoi aprire direttamente ad Hogsmeade. Non dare nulla per scontato, descrivi al meglio l'uso della Materializzazione e poi attendi il mio arrivo. Una volta terminata la parte di recupero degli oggetti, ritorneremo nella discussione principale.
Sotto al titolo indica pure che è il continuo della Quest per il Reparto Proibito.

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"Anche se il denaro non può comprare la felicità, ti permette comunque di scegliere la tua forma di infelicità." Così diceva un attore d'oltreoceano e, in un piccolissimo punto, anche Vath si ritrovava d'accordo con quell'affermazione. Essere nato in una famiglia di purosangue lo aveva sempre messo di fronte a situazioni di lusso, dove gli agi e i galeoni scorrevano a fiumi. Era grato di esser nato nella famiglia Remar. Troppe porte si sarebbero chiuse se fosse stato un natobabbano, sicuramente non sarebbe stato smistato tra i Serpeverde, né avrebbe ricevuto dai suoi genitori una lauta buonuscita da Hogwarts per poter viaggiare per il mondo. In senso più recente Vath aveva iniziato a costruire una propria fortuna sia grazie al lavoro al Ministero che ad una piccolissima somma rimasta gli dà numerosi anni di paghette e risparmi conservati. Soldi che tuttavia non avevano fatto la felicità dell'uomo al momento della scomparsa della moglie, soldi che aveva investito in ricerche e raccolta di informazioni. Il ministeriale sorrise, osservando l'intero scambio con Petrovic con sguardo neutro, poi quando ebbe tra le mani gli oggetti li mise a posto nello scarsella. «Molto bene, Mr. Petrovic, è stato un piacere far affari con lei. Do svidaniya i spasibo.» Allungò la mano verso il russo e se l'avesse stretta avrebbe fatto un cenno d'intesa all'uomo. Avrebbe ringraziato madama Drusilla, terminando lo scoonies e il the e accomiatandosi sarebbe uscito dalla casa pronto alla Smaterializzazione. Le tre D ben presenti in mente, Destinazione, Determinazione e Decisione la destinazione era semplice: poteva rivedere lo squallido ufficio di Tuco, una scrivania di legno scuro in posizione centrale, proprio di fronte al vetro protettivo e separatorio, uno schedario in metallo, con tanti piccoli cassetti ordinati in maniera alfabetica sostava a sinistra della scrivania. Una poltrona in pelle nera contrassegnava inequivocabilmente il posto del Guardiano, Vath si immaginò Tuco spaparanzato bellamente, se non a grattarsi a leggere una rivista con un piccolo sgabello a sostenergli le gambe. A Vath non era sfuggito nemmeno un piccolo particolare, un comodino del medesimo colore della scrivania posto tra quest’ultima e lo schedario; i cui cassetti non erano contrassegnati con lettere, numeri o particolari etichette, semplicemente erano chiusi a chiave con svariati lucchetti. Il ministeriale si immaginò di fronte al vetro divisorio, all'esterno della guardiola. Non si era arrischiato ad immaginarsi appoggiato allo stipite della porta o all'infisso vero e proprio, troppe variabili, se la porta fosse stata chiusa o aperta avrebbe rischiato di ritrovarsi tra la porta o, ancor peggio scivolare e perder l'equilibrio. No, da vittorioso quale era avrebbe semplicemente sfoggiato sul proprio viso un sorrisetto nei confronti del Guardiano smaterializzandosi pochi millimetri sopraelevato al pavimento, perché proprio la sua Determinazione gli aveva concesso di ottenere quei due oggetti per poter accedere all'ala Proibita della biblioteca del British Museum. La sua determinazione aveva giocato in maniera predominante in molte occasioni della sua vita e non sarebbe venuta meno per una banale Smaterializzazione. All'esterno della casa di madama Drusilla, Vath fece una piroetta su se stesso, imprimendola in quel movimento fluido tutta la decisione di cui disponeva.

//Do svidaniya i spasibo. = Arrivederci e grazie.

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Bastone da passeggio lasciato in eredità da un vecchio parente con l'impugnatura in argento a forma di testa di serpente dove, all'interno, si cela la propria bacchetta in legno di Acero, pelle di Runespoor, 12 pollici e 3/4, rigida.
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Stivali Elisabettiani +5 corpo +5 mana +2 salute
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Il rumore della Smaterializzazione riempì l’aria circostante e la figura di Remar poté, infine, salutare quella parte oscura di Hogsmeade per ritornare alla civiltà del territorio londinese.
La pavimentazione del British Magic Museum fu il primo indizio che guidò il Ministeriale nel realizzare quanto la propria magia avesse fatto il suo corso, ma i frutti veri e propri ebbe modo di constatarli una volta che mise a fuoco il vetro della guardiola che si era diligentemente imposto di raggiungere. Fu così, quindi, che lo scenario che si era immaginato, scalfito nei meandri della propria memoria, apparve davanti a lui in tutto il suo splendore: non mancava nulla, né la scrivania né qualsiasi altro mobile che aveva avuto modo di scorgere nel primo tête-à-tête con il Guardiano.
Eppure - inspiegabilmente - mancava proprio lui all’interno della guardiola.
Dov’era finito Tuco?

«E così Lessie è tornato a casa.» Una voce ruvida, alla pari del grugnito di un cinghiale, giunse alle spalle del Ministeriale, accompagnata da una chiara risata di scherno. Se solo Vath si fosse preso la briga di voltarsi nella direzione della voce, avrebbe visto il Guardiano appostato contro lo stipite della porta che faceva da intermezzo tra la zona comune della Biblioteca e quella piccola area in cui pattugliava onde evitare che la gente si infilasse a piacimento nel Reparto Proibito. Sopressava uno strano fagotto rigonfio, che ogni qualvolta lo lanciava appena in aria questo produceva un caratteristico tintinnio di monete. Le labbra di Tuco si tesero in una smorfia, per poi emettere un sonoro sbuffo e avvicinandosi a Remar, fissandolo con aria dubbiosa: se era tornato a mani vuote, l’uomo da un occhio solo non sarebbe stato tanto gentile nei suoi riguardi - per non dire magnanimo! -, visto che sarebbe equivalso come una perdita di tempo inutile. E lui odiava perdere tempo!
Spostandosi appena di lato, l’arcigno Guardiano sputò a pochi centimetri dalla scarpa di Vath un grumo scuro di tabacco.
«Allora, ragazzo, sei tornato con la coda tra le gambe, eh? Eheheheh!»


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Non appena Vath si ritrovò nel British Museum i suoi occhi cercarono Tuco, l'uomo per cui si era diretto a Hogsmeade, eppure nella sua guardiola risultava assente. Una voce richiamò la sua attenzione e quella voce gli fece fare una smorfia di disgusto, ruvida e volgare. Quell'uomo rappresentava l'antitesi di ciò che Vath cercava inuna figura maschile, lui che aveva sempre fatto vanto della sua ricercatezza, della sua eleganza nel parlare e vestire, i suoi modi. Prima di voltarsi controllò l'espressione del volto, in modo da non lasciar perseguire alcun tipo di espressione facciale. Come se stesse eseguendo una Smaterializzazione Vath si voltò su se stesso in direzione del Guardiano. «Temo, Mr. Tuco, che io e lei abbiamo una diversa definizione di successo. Mi creda nel dirle che, se avessi fallito, non sarei nemmeno ritornato qui.» Un lieve sorriso inclinò la metà sinistra del volto del Ministeriale verso l'alto. «La missione è stata un successo, lo ammetto, tuttavia...» Gli occhi del ministeriale avrebbero guardato Tuco direttamente negli occhi, l'acqua marina delle sue iridi avrebbero incontrato quelle del guardiano. «C'è ancora un ultima, piccolissima, quisquilia da definire. Dato che lei così tanto brama quei due oggetti, così potenti da far addirittura invidia al Safarà, e dato che io per averli ho speso di mia tasca centocinque galeoni...» Il sorriso del ministeriale si allargò, facendo un passo indietro per mantenere la distanza interpersonale. «Potrebbe restituirmi tale somma.»

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Come due vermi che si agitavano in mezzo al fango, le labbra di Tuco assunsero una piega maligna ma comunque colma di divertimento: non c’era nulla di più sublime nel prendersi gioco del prossimo, oltre ad approfittarne come meglio riteneva opportuno pur di ottenere ciò che voleva. Quell’uomo dall’aspetto arcigno e trasandato, con un occhio solo e duro come il ghiaccio, era il peggio che si potesse incontrare, perché non aveva rispetto per nessuno e non dava mai nulla in cambio di qualcosa. Amava fare affari, questo era ovvio, e la prova lampante era - per l’appunto - quel sacchetto tintinnante che, infine, mise al sicuro all’interno di una delle tasche dei pantaloni; Remar, quindi, non era né il primo né l’ultimo degli individui con il quale il Guardiano entrava in contatto pur di ricevere da lui il tanto bramato permesso per l’accesso al Reparto Proibito: altri prima di lui avevano dato qualcosa a Tuco e altri ancora ne sarebbero seguiti pur di mettere le mani su un tipo di conoscenza ben al di là delle ben più rosee aspettative.
Alle parole del Ministeriale, il Guardiano scoppiò in una tonante risata, che scosse le pareti fino alle fondamenta stesse.
«Restituirti la somma? AHAHAHAHAHAH!!! Non credo proprio!» Poi, improvvisamente, l’espressione di Tuco cambiò radicalmente: il divertimento provato nell’udire una tale assurdità venne ben presto sostituito dal furore e la mascella si serrò in un ringhio sommesso. Se l’ex adepto di Salazar pensava davvero di ritrattare il loro accordo, allora le cose non sarebbe affatto finite bene: nessuno aveva mai osato tanto e quei pochi che ci avevano provato erano sempre tornati sui propri passi con la coda tra le gambe. E questo - molto presto - Vath Remar l’avrebbe capito. «Ti avevo dato carta bianca su come riuscirci e tutto il tempo necessario, ma se non specifichi una cosa fin dall’inizio con tutte le varie condizioni del caso, io non ne tengo minimamente conto. E ora pensi di sistemare il nostro accordo solo per capriccio? Puoi scordartelo, ragazzo!» Sputò l’ennesimo grumo a terra e si avvicinò al Ministeriale a passo felpato, allungando la mano sinistra verso di lui e portandosi la mano destra verso il manico della bacchetta che aveva assicurata alla cintura.
Il caro e vecchio Tuco era un vero e proprio Diavolo e - si sapeva - che faceva le pentole e non i coperchi.

«Sarai anche ricco, ma sei proprio un allocco! Ora, se non ti dispiace, vorrei potermene tornare al resto dei miei affari con gli oggetti che ti ho chiesto in cambio del permesso. O forse preferisci che ti sbatta fuori di qui nel modo che mi è più congeniale? Ti concedo un minuto per scegliere: darmi quegli oggetti e avere il permesso, oppure darmi gli oggetti e tornare a casa a mani vuote! Scegli!»
E detto ciò il Guardiano estrasse la bacchetta e gliela puntò contro, scandendendo a gran voce i secondi che avrebbero segnato definitivamente il termine di quel loro dialogo.


Siamo quasi giunti alla fine, ma questo stallo richiede una particolare attenzione da parte tua!
E’ mia premura avvisarti che ad ogni azione segue una reazione: la tua richiesta non è stata ben accolta, questo perché hai ottenuto gli oggetti nel modo più semplice che ci fosse tra tutte le varie opzioni possibili. Non puoi sperare di ottenere il permesso per il Reparto senza dare qualcosa in cambio e in maniera così semplice.
A te la scelta quindi: da ciò si decreterà l’esito finale della Quest.

Vath Remar
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Ed eccolo lì che, con il suo sguardo posato sul Guardiano della biblioteca, fissava l'uomo di fronte a sé. L'espressione di imperturbabilità regnava sul suo volto del ministeriale come sé le parole di quell'essere così ripugnante non gli suscitassero alcuna emozione. Vath dopotutto era abituato ad ogni tipo di persona lavorando a stretto contatto con le persone più disparate. Da politico poi sapeva fare buon viso a cattivo gioco, nonostante tutto, qualcosa l'aveva guadagnata da quello appena vissuto: la consapevolezza di un incantesimo in grado di proteggere i propri averi e, consegnando gli oggetti, l'accesso alla conoscenza. Con una calma invidiabile anche da un santone buddista, Vath estrasse dalla scarsella medievale occhio e cuore. Non diede molto peso alla bacchetta dell'uomo, posizionata vicino al suo volto. «Avevamo un accordo, sia mai che si dica che io non rispetti la parola data.» Allungò i due oggetti all'uomo in attesa che questo li prendesse.

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Più il Guardiano scandiva il tempo rimasto, più un ghigno divertito andava a dipingersi sul suo volto: in un modo o nell’altro sapeva di aver dato un ultimatum che vigeva quasi esclusivamente a proprio beneficio, ma che avrebbe conferito anche a Vath il proprio profitto se solo si fosse degnato di scegliere nella maniera giusta. Cosa che, in effetti, accadde.
Il proprio lavoro e l’indole di cui tanto vantava aveva permesso a Remar di non cedere alla minaccia di Tuco né di perdere l’occasione per il quale si era presentato. Il guercio, infatti, sorrise tronfio alla risposta del giovane uomo e abbassò la bacchetta così da concedere al proprio ospite un po’ di quella che lui chiamava magnanimità, finché non allungò la mano libera nella direzione dei due oggetti, nonché merce di scambio per quello che lui stesso definiva come uno “scambio di favori tra gentiluomini”. Le dita grassocce si strinsero quindi sui due preziosi.
«Ohhh ma anch’io sono un uomo di parola, ragazzo!» scandì, mostrando i denti ingialliti e marci.
Con un colpo di bacchetta nella direzione della propria guardiola, il Guardiano appellò a sé una piccola pergamena arrotolata e tenuta stretta con un piccolo nastro verde acido, per poi porgerla nella direzione del Ministeriale.
«Cerca di non perderla o dovrò chiederti un altro favore!» aggiunse, ghignando con una certa malignità, per poi oltrepassarlo come se nulla fosse mai accaduto tra loro.
Poteva anche essere l’uomo peggiore del mondo quel Tuco, ma aveva mantenuto la parola e sapeva anche essere discreto dal modo in cui si era allontanato. Vath Remar, del resto, aveva ottenuto ciò per cui si era presentato e ora poteva tornare a casa con ben più di portafogli incantato, ma con un lasciapassare di notevole valore.



E siamo giunti al termine dell’avventura!
Hai guadagnato il Permesso per il Reparto Proibito, aggiungilo in scheda ed effettua il post conclusivo. Puoi curarti i pochi punti persi consumando un pasto alla Testa di Porco o al Paiolo Magico.
Alla prossima!


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Un sorriso accomodante sciolse l'espressione neutra del Ministeriale, il ventottenne si passo la lingua sull'arcata dentale superiore ed inclinò leggermente il capo verso destra. Si godette solo per mezzo istante l'ilarità del guardiano, poi l'espressione ritorno seria, pronto ad agire. Nulla uscì dalla sua bocca, nessuno sberleffo né citazioni colte, la mano destra ben stretta sul proprio catalizzatore mentre la sinistra prendeva il foglio con il Permesso. Un fuoco scoppiettante, un salone impreziosito da un fine tappeto persiano, dei divani disposti a quadrato attorno ad un tavolo di cristallo, una teca sulla sinistra vicino alla parete dove soggiorna un Marasso. Le antiche pietre del maniero di Vath Remar erano tenute ben pulite dall'elfo domestico Dairon e, proprio su uno di quei divani, il ventonnenne si immaginava di atterrare, elegantemente seduto. Con la Destinazione ben chiara in mente la determinazione del Ministeriale non avrebbe vacillato, tutta la fibra mentale del ex adepto di Salazar ora era volta al conseguimento di quel risultato: la Materializzazione a casa. Destinazione e Determinazione erano ben chiare, il movimento da fare era semplice, con Decisione Vath avrebbe dato quella giravolta atta a formare le tre D necessarie a completare il triangolo corretto della Smaterializzazione. Se si fosse ritrovato a casa, sul proprio divano in pelle, Vath si sarebbe scrocchiato il collo. «Adieu, Tuco.»

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