Aveva accelerato il passo, aveva cercato di mantenere una calma apparente ma l’ansia sembrava aver avuto la meglio. Non era del tutto certa che il suo atteggiamento fosse passato inosservato, sentiva il peso degli sguardi e più si addentrava all'interno della via, più si sentiva soffocare. Avrebbe dovuto sporcarsi il volto, stropicciarsi i vestiti e arruffare i capelli. Forse, solo in quel caso, avrebbe avuto qualche vantaggio in più rispetto a quanto ne stava avendo in quel momento.
Sentiva il cuore in gola che accelerava senza alcun controllo rimbombandole nella testa, mentre la tensione si attanagliava al suo corpo con più vigore. Brividi di freddo le accarezzarono la pelle che cercò di placare strofinando le mani sulle esili braccia, per scrollare la tensione. Stava provando a non perdere la calma che, piano piano, stava scivolando via.
Li aveva notati, erano tutti concentrati su di lei. Con la coda degli occhi aveva scrutato quelle facce e non erano certamente familiari o felici di vederla. Sebbene avesse finto un impassibilità scenica, era certa di non era stata presa sul serio, e questo lo leggeva negli sguardi fissi, scrutatori e deliziati, in attesa del momento giusto. Ma cosa volevano da lei?
Si sentiva come una zebra circondata da un gruppo affamato di leoni, una preda succulenta di cui non si può fare a meno dopo giorni di digiuno.
Essere in quello stato non era piacevole affatto, eppure la sensazione che le creava aveva iniziato a farle percepire l’adrenalina, e il sangue le ribolliva nelle vene lasciandole trasalire una leggera, per quanto assurda, piacevole eccitazione.
Era palpabile la situazione di pericolo in cui si trovava, la sentiva farsi spazio. Si sentiva come oppressa dalla minaccia, come fosse imprigionata contro una parete, cui poteva percepire le pietre fredde e dure bucarle la pelle e incastrarsi fra le scapole. Aveva iniziato a respirare con più difficoltà, non sapeva cosa stava succedendo ma sapeva che sarebbe accaduto qualcosa, ne percepiva la sensazione. Il pericolo sembrava essere, ad ogni passo, sempre più vicino e il pensiero di voler tornare indietro la pervase.
***
Le foglie rosse e gialle, coloravano le strade della capitale dell’Inghilterra. L’autunno era sempre così affascinante e i grandi parchi erano il suo emblema. Grosse querce secolari ergevano in tutta la loro splendida bellezza, accarezzando il cielo azzurro, illuminando l’ambiente di toni caldi e inebriandolo del profumo di geosmina.
Camminava lungo lo sdrucciolato che attraversava il parco. Il sacchetto di caramelle e pasticcini, che stringeva fra le mani, suonava allegramente ad ogni passo, mentre con le dita portava alla bocca una liquirizia ripiena.
Era la prima volta che si imbatteva nel mondo esterno da sola. Eloise e Carl le avevano dato la possibilità di uscire e raggiungere il suo negozio preferito di dolci, con la premessa di portare qualcosa per l’ora del tè. Così era già di ritorno e, felice, calpestava la terra sotto i piedi, giocherellando con i sassolini che spingeva via sul manto erboso. Era la sua prima responsabilità e si sentiva in dovere di compiere ogni minima cosa in maniera perfetta.
Il freddo aveva iniziato a farsi spazio tra la boscaglia e Megan non poté che ripararsi stringendo a sé il pesante giubbotto. Il silenzio nell'aria era spettrale. Nessuno, difatti, sembrava essere attorno a lei, poteva scorgere solamente qualche figura in lontananza.
Mentre camminava, ormai giunta a pochi metri dall'uscita, una voce disturbò il suo passo e la costrinse a voltarsi.
«Pss... ragazzina! Hai qualcosa da mangiare?»Il volto scuro e sporco dell’uomo la fece rabbrividire, tanto da farle accelerare il passo verso l’ormai vicina uscita.
«
No mi spiace! »
Aveva risposto con educazione mentre spostava nuovamente lo sguardo in direzione del cancello.
«Mi prendi in giro? Cos'hai in mano, eh!»Borbottò l’uomo che con uno scatto si allontanò dall'albero, su cui era poggiato, avanzando verso Megan.
Il cuore aveva iniziato a batterle all'impazzata ma cercava di non far vedere quanto l’agitazione aveva preso il sopravvento. Sentiva i passi della figura sconosciuta avanzare, camminava in parallelo, poco dietro di lei, a qualche metro di distanza. Non si girò nuovamente a guardarlo ma rimase a fissare il via vai di persone fuori dall'uscita ritmando il passo.
«Fermati sciocca! Voglio solo quella busta.» Gridò questa vuota.
Megan continuava a camminare, impassibile, e solamente quando il passo di lui iniziò ad aumentare, incastrò la busta sotto al piumino cominciando a correre. Aveva percepito il suono dello scatto di un coltellino, così il cuore le arrivò in gola. Con il fiato corto e il sangue che ribolliva nelle vene, aveva iniziato ad avvertire la paura con più irruenza. Il terrore di non riuscire a tornare a casa, di finire nei guai o peggio, l’aveva avvolta. La voglia di gridare venne fermata da un groppo in gola, come fosse paralizzata, e le lacrime avevano iniziato già a rigarle il volto.
Lo sentiva era sempre più vicino, infatti contò una manciata di secondi e l’uomo la raggiunse, ma proprio nel momento in cui stava per afferrarla lei varcò l’uscita, immergendosi nel pedonale traffico cittadino.
Un sospiro di sollievo accompagnò quella liberazione, si sollevò il cappuccio mimetizzandosi fra le persone, senza più voltarsi. Poco più tardi era arrivata a casa e di quell'uomo non c’era più alcuna traccia.
***
Quel ricordo riaffiorò come fossero passati solo pochi giorni. Ricordava benissimo il senso di smarrimento, di totale angoscia e pericolo che aveva provato, era ciò che stava sentendo in quell'istante.
Non riuscì così a fermare l’impulso di difendersi ancor prima di essere attaccata e furbamente cercò un modo per distogliere lo sguardo su di lei. Non avrebbe a avuto senso correre, Nocturn non era Londra, non ci sarebbe stata nessuna folla in cui immischiarsi, mimetizzarsi. Avrebbe così dovuto approfittare di ciò che il luogo le stava offrendo, studiando nell’immediato un piano
Con calma ed estrema attenzione aveva già messo la mano sinistra nella borsa. Sentiva il tessuto del mantello sotto le dita, lo strinse, mentre con gli occhi cercava delle rientranze lungo le strette e sporche mura. Le sarebbe bastata una porta di un edificio o semplicemente un vicoletto e avrebbe così, in tutta velocità, estratto il mantello avvolgendolo attorno al suo corpo - forse l’invisibilità l’avrebbe aiutata - mentre la mano, subito dopo, avrebbe afferrato la bacchetta, pronta ad attaccare qualora qualcuno avesse avuto intenzione di aggredirla.