Strage di Cristallo

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view post Posted on 8/11/2018, 10:21
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Abbandonò il castello come uno spirito in pena, disperdendo dietro di sé, come un velo d'altri mondi, una schiera di Rune Antiche e sue nozioni che non aveva afferrato minimamente, così distratto com'era stato. Più il Docente spiegava, più la sua mente di per sé attenta lottava in modo pienamente atipico, addentrandosi verso dubbi e riflessioni annesse, verso speranze e scusanti che non avevano tuttavia valore di esistere. Non voleva andare all'appuntamento di quel tardo pomeriggio, non voleva in nessun caso; come costretto da una necessità ben più impellente, spinto dalla consapevolezza di non poter affatto rimangiarsi la parola ormai data, si era stretto nel cappotto autunnale, una giacca da vento dal piacevole e rassicurante color panna, lieto perlomeno di non aver avuto il dispiacere di imbattersi in Mastro Gazza, non in quell'occasione. Una volta all'esterno dei confini della Scuola, salutando tacitamente il castello alle sue spalle, Oliver si era avviato a passo rapido, forse anche troppo, verso il limitare del Villaggio di Hogsmeade. Era stato alla Stamberga Strillante poche volte, ma di gran lunga aveva avuto modo di esplorarla più di quanto la prassi e il regolamento stesso non avessero previsto nei suoi confronti: era stato anche all'interno dell'abitazione fantasma e il ricordo di un braccio sanguinante, di una ferita poco rimarginata, di un olezzo di polvere e fumo e di un mozzicone di sigaretta finitogli tra i capelli, in realtà, andavano tuttora a rimarcare un'avventura spiacevole e che tuttavia non avrebbe potuto dissipare come cenere al vento. Quella volta, però, non era sua intenzione violare nuovamente il divieto, la Stamberga Strillante non vantava curiosità né timore reverenziale, in quel momento, non più di quanto non lo facessero ormai da settimane i pensieri del Caposcuola. Aveva altre gatte da pelare, diceva Timothy. E quell'espressione, così particolare, risuonava di tanto in tanto nella mente del ragazzo anche più del dovuto; si ritrovò inconsapevolmente a sorridere, avanzando tra una combriccola di studentelli vivaci e di altri Maghi a maniche corte. Scoccando loro un'occhiata in tralice, chiedendosi come potessero vestire così leggeri al soffio ormai sempre più gelido dell'Autunno calante, finalmente si snocciolò di lì a breve il sentiero poco battuto che saliva alla Stamberga; se avesse padroneggiato la Materializzazione fra esami, pratica e teoria, a quel punto sarebbe giunto a destinazione già da molto tempo. Rimpianse anche la mancata decisione di portare con sé una sciarpa, così sollevando i lembi del cappotto, a testa china si ripeté mentalmente il discorso che aveva preparato. Non sarebbe andata affatto bene, lo sapeva; e più procedeva, più sfidava la ragione quella stessa vivida eventualità, sempre presente nel suo cuore fin nella parte meno remota, di sentirsi rinnegato da parte di un uomo che aveva cominciato a reputare fidato amico. Se le sue parole avessero ancora una volta ferito, là dove una parvenza di pacata rassegnazione aveva fatto da collante perfetto, allora le probabilità di uscirne indenne da quell'incontro - moralmente, s'intendeva - sarebbero già discese sotto lo zero. Vestiva semplicemente una giacca invernale, a coprire una camicia chiara e pesante, la stessa della divisa scolastica, insieme ad un paio di pantaloni di tonalità simile; aveva lasciato la borsa a tracolla con i libri scolastici ad Hogwarts, affidandola a Fred prima di uscire dal castello, ma quando si fermò alla staccionata più ampia che delimitava in lontananza la Stamberga Strillante, il ragazzo sfiorò un'ultima volta la tasca del cappotto: la sfera di cristallo era al suo posto, era con lui. Si strinse ancora per ripararsi dal freddo, domandandosi se quella sensazione dipendesse da altro, piuttosto che dal clima circostante. In ogni caso, era come sempre in perfetto orario, forse in anticipo.
Sono da solo, lo so bene. Lui morirà, so anche questo.
La sfera è viva, la sfera è viva per me.
«Dannazione.» Non posso fermarmi, non posso fermarla
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view post Posted on 9/11/2018, 20:01
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Aiden Weiss


▵ Auror ▵ Ex Grifondoro ▵ 27 anni ▵ Irlandese


Le ombre ben presto presero a scivolare dentro casa, proiettate sulle pareti e sul pavimento, mentre le ultime luci morivano al dì là del vetro delle finestre. Per Aiden Weiss quel particolare momento della giornata, specialmente in quella precisa data, poteva significare solo una cosa: non mancava molto all’incontro pattuito con Oliver Brior, il Caposcuola di Grifondoro, nonché suo amico e Veggente al quale si era appellato diversi mesi prima a Cork.
Il Tempo era trascorso così velocemente, inesorabile, dal loro ultimo incontro che sembrò essere avvenuto soltanto ieri. Eppure, in quel lasso di tempo più o meno accettabile, era accaduto un po’ di tutto ma che non riguardavano affatto la Profezia che con tanta arroganza e misteriosità pendeva sulla sua testa come una Spada di Damocle, minacciando di ucciderlo sul colpo. L’Auror però era duro da abbattere, sebbene se spesso e volentieri si era ritrovato emotivamente inerme e depresso sotto il peso di quella consapevolezza che aveva più e più volte accettato di trasportare sulle proprie spalle. Aveva inciampato spesso lungo il sentiero, ma poi si era sempre rialzato, oltre ogni aspettativa immaginabile.
Quando aveva cercato il giovane Veggente a Cork si era detto pronto a sopportarne il peso e il dolore, cercando di trovare un compromesso per accettare quell’infausto Destino, di sopravvivere ad esso e alla pazzia che ne avrebbe conseguito.
Era stato frustrato, tormentato da brutti pensieri e incubi che non lo avevano fatto dormire per notti intere, che lo avevano addirittura spinto a singhiozzare come un bambino rannicchiato in un angolo remoto della propria stanza, in cerca di un riparo sicuro. Ma il peggior episodio, quando aveva davvero rischiato di giungere al punto di rottura, era avvenuto a Limerick: lì, vicino alle acque cristalline del fiume, aveva incontrato il Prefetto di Tassorosso, Thalia Moran, con la quale si era in parte confidato su ciò che sarebbe potuto succedere e aveva pianto. Eccome se aveva pianto!

Si era lasciato andare in un piccolo sfogo, completamente soggiogato dal puro terrore di una possibile perdita nella propria famiglia; ma il Destino esigeva da lui ben tre vite, di cui lui non aveva alcun potere, che non poteva salvare in alcun modo. Tre vite, tre persone destinate al macello, tre anime perdute.
Era questo ciò che era stato deciso per lui? Era quella la remota possibilità in un Futuro che poteva estendersi dal giorno dopo a chissà quanti anni? Era quello il prezzo da pagare? Era quello il peso che la sua anima doveva sostenere? Tre vite sulla sua stessa coscienza?

Aiden non temeva l’incontro imminente con Oliver, non più ormai.
Dopo quanto successo a Limerick con Thalia aveva deciso di vivere la propria vita in maniera serena e tranquilla, senza farsi prendere dallo sconforto o dal terrore che da un giorno all’altro la sua vita sarebbe stata stravolta.
Indossò dunque la propria giacca e prima di prendere la strada della porta, si fissò allo specchio per accertarsi che nulla fosse fuori posto: il capelli lunghi erano stati infine tagliati ad una lunghezza che aveva reso assai felice sua madre, poco amante delle capigliature leonine, mentre la barba era leggermente cresciuta ma tenuta bella e ordinata. Aveva quindi un aspetto sobrio e affascinante allo stesso tempo, ma di certo non era per fare colpo su Oliver, semplicemente amava tenersi in perfetta compostezza.
Lanciò uno sguardo nella direzione di Merlino, appollaiato sul lampadario in uno stato semi-comatoso. «Ehi sentinella! Ricordati di tenere d’occhio Ginga e Sceriffo mentre non ci sono!» grugnì in tono divertito. Dopodiché si concentrò e focalizzò la sua attenzione alle tre D fondamentali per non sbagliare la Materializzazione: Destinazione, Decisione e Determinazione. Per quanto la Stamberga Strillante non rientrasse nei propri canoni di luoghi da frequentare, la conosceva piuttosto bene, nonché scenario di un passato fatto di scherzi e risse. L’immagine del posto era ben fisso nella propria mente, poi l’Auror si munì del giusto apporto sia di Decisione che Determinazione per poi darsi lo slancio definitivo: roteò su sé stesso e scomparve in un vortice di colori, seguito dal consueto pop. Apparve infine nella meta che si era prefissato: poco distante dalla catapecchia, a ridosso di un piccolo gruppo di alberi vicino al sentiero che conduceva ad Hogsmeade.
Si guardò attorno, in cerca di Oliver nel caso fosse arrivato prima di lui e in effetti lo vide: gli occhi attenti e blu come l’oceano dell’Auror si posarono sulla figura alta e slanciata del Caposcuola, studiandone i lineamenti, come se volesse cogliere in essi il suo stato d’animo e - in un certo senso - anticiparne le mosse. Avvanzò di qualche passo verso il ragazzo, sorridendogli con la sua solita gentilezza e bontà d’animo, una cosa che Oliver aveva ben più di una volta avuto modo di toccare con mano. Non l’aveva forse sostenuto dopo il violento attacco a seguito della visione sulle sponde del fiume Lee?
«Ciao Oliver.» Sebbene tenesse le mani in caldo, nelle tasche profonde della giacca, il tono del fulvo fu il più cortese e affettuoso che potesse essersi in un uomo grande e grosso come lui. «Come stai?»


Erano come le pedine di un’immensa scacchiera,
uno il Re e l’altro l’Alfiere,
in attesa di muoversi e iniziare così la partita.
La Regina ancora rimaneva ignota,
ma per il momento andava bene:
a volte meno si sapeva, meglio era.
[Il Risveglio del Re - ]



Edited by Aiden Weiss - 10/11/2018, 23:46
 
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view post Posted on 14/11/2018, 06:39
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Trovava di gran lunga impressionante la capacità del suo migliore amico, Fred, di anticipare ogni dialogo, ogni emozione, ogni momento giù di morale da parte propria: il dono dell'empatia era cosa rara, Oliver ne era consapevole, e pensare di esserne stato letteralmente benedetto, ampiamente da una e più figure conosciute, era un pregio che non avrebbe potuto dimenticare. Ed ancora una volta, come in analisi perfetta di un discorso già di per sé avviato, il Caposcuola si chiese dove avesse peccato il suo concasato, dove avesse errato, perché nessun regalo più di una sfera di cristallo poteva essere meno apprezzato dal suo canto. Appena liberata dalla carta calda che vi si avvolgeva intorno come spirali concentriche, Oliver ricordava di aver esibito un sorriso di circostanza, a stento curato, preda di un turbinio di sensazioni che non avrebbe saputo né nominare né descrivere a quel punto. Aveva trattenuto il respiro per più del dovuto, infine era certo di aver strofinato la superficie in cristallo con una discreta titubanza, come impaurito in ampia parte dall'effetto e dal potenziale magico dello stesso manufatto. Sapeva anche che quel regalo non costasse poco, affatto, e il pensiero che Fred avesse speso tanti suoi risparmi proprio per lui, a ben vedere, lo riempiva di un dissenso interiore che non aveva precedenti. Perché, doveva ammetterlo, se da un lato era stato felice da quell'ulteriore gesto così vivido nei suoi riguardi, dall'altro l'aveva odiato fin nel profondo: regalare una sfera di cristallo ad un Veggente, per sua opinione, era come offrire un Pensatoio ad un Legilimens, un paragone, quello, che andava studiato fin nei dettagli per essere compreso. Si accorse di aver strofinato indice e pollice, in una carezza forte e pressante insieme, sulla sfera al sicuro nella propria tasca del cappotto, quando ad un tratto lo sguardo si sollevò un secondo prima, quasi in anticipo, sul punto in cui apparve di lì a breve la persona che attendeva. Cercò rapidamente di abbozzare un sorriso, un cenno cordiale sul volto stanco e preoccupato, e per qualche ragione astrusa, percepì la sfera vibrare e scottare d'immediato al suo contatto; spostando via la mano, stringendola all'altra in un movimento casuale, come a riscaldarsi entrambi i palmi, infine indicò Aiden non appena l'altro gli si avvicinò, iniziando così la conversazione temuta.
«Nuovo taglio di capelli? Stai bene.»
Un complimento, quello, che andava a spezzare da parte propria una tensione non considerata, eppure tanto viva. Oliver avrebbe desiderato con ogni minima parte di sé, ogni sua volontà, di seguire l'esempio anche solo brevemente di suo cugino: a sua differenza, in effetti, quella cosiddetta faccia tosta di Elijah gli sarebbe servita più di quanto potesse lontanamente immaginare. Al contrario, lo sguardo si abbassò per un secondo, a tradire una nota di impazienza che non avrebbe saputo mascherare neanche volendo. Si schiarì in fretta la gola e riprese la parola.
«Grazie per essere qui, Aiden. Non ti tratterrò molto, se si fosse trattato di parlarti, l'avrei fatto tramite Specchio; il problema, però...» - si strinse nel lungo abito scuro, come colto da una spilla di vento tuttavia inesistente - «Devo mostrarti una cosa, per questo era importante vederci. Magari possiamo sederci lì? Ripeto, non ti tratterrò molto.» Indicò un punto impreciso poco distante: a qualche metro dalla staccionata che delimitava la Stamberga Strillante, là dove muschio, terriccio e pietre assecondavano l'abbraccio rigoglioso di una schiera di sempreverdi, la zolla che li avrebbe potuti accogliere quasi attendeva il loro arrivo ancora in solitaria. Non era il caso rintanarsi in uno dei locali del villaggio, non per quel discorso e non con quell'intenzione. Oliver attese un cenno di consenso qualsiasi da parte dell'altro, chiedendosi per l'ennesima volta se tra i pensieri di Aiden stesse già salendo a galla il desiderio di scappare via, scappare lontano, scappare dal tempo e dal suo sacerdote dei giorni moderni.
Sono da solo, lo so bene. Lui morirà, so anche questo.
La sfera è viva, la sfera è viva per me.
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Edited by Oliver Brior - 14/11/2018, 18:14
 
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Aiden Weiss


▵ Auror ▵ Ex Grifondoro ▵ 27 anni ▵ Irlandese


Nutriva un profondo rispetto e affetto nei confronti del Grifondoro, così sincero e completo da considerarlo come parte della famiglia, un fratello acquisito a cui doveva tutto il proprio sostegno e protezione.
All’Auror Weiss importava assai poco se Oliver reputava il proprio dono della Vista come una Maledizione piuttosto che una Benedizione, perfettamente conscio che qualsiasi cosa avrebbe detto o fatto non avrebbe in alcun modo scalfito il loro rapporto. Il fulvo aveva dato la propria parola d’onore e non avrebbe mai accusato il ragazzo di essere il vero artefice di ciò che vedeva e che riguarda Aiden, era ben consapevole che il Veggente era solo un Messaggero, un ponte tra il Presente e il Futuro. Nemmeno avrebbe permesso che le Visioni offuscassero il giudizio dell’Auror, spingendolo ad odiare Oliver per una Verità rivelatasi troppo scomoda. No, ovviamente, non sarebbe stato giusto scaricarsi sul ragazzo…
Da quando il Veggente gli aveva mostrato le tre carte francesi, Aiden aveva iniziato a vedere le cose sotto un preciso schema e con svariati ruoli in gioco. Tutto vorticava attorno ad un’immensa scacchiera composta da una fazione Chiara e una fazione Oscura: se c’era una cosa che aveva capito a volo era che sia lui che Oliver erano nella fazione Chiara e nessuno avrebbe potuto sostenere il contrario.
Se poi lui non era il Fante di Fiori, ma nemmeno in Quattro di Picche, allora era senza dubbio il Re di Cuori. Il Re, una figura che rientrava persino negli scacchi, un simbolo che poteva avere molteplici significati. E allora se lui era il Re, Oliver era certamente il suo Alfiere: non la Torre o Cavallo, né tanto meno un semplice Soldato, era l’Alfiere assoluto e basta, nonché un alleato prezioso e con un ruolo di notevole spessore.
Tuttavia Aiden non amava voler esporre troppo Oliver, perciò il ragazzo sarebbe stato un Alfiere da muovere sul campo con estrema parsimonia e giudizio; ciò però non significava necessariamente che il ragazzo non sapesse provvedere a sé stesso, né che fosse inutile, ma anzi - al contrario di ogni aspettativa - il Grifondoro poteva rivelarsi più pericoloso di quanto si potesse credere.
Sorride ad Oliver di rimando, sebbene le ombre che aveva dipinte sul volto stanco e sofferente, indussero l’Auror a preoccuparsi per l’amico. Nonostante volesse spendere qualche parole circa lo stato di salute del giovane Caposcuola, Weiss tacque.
«Tagliare la criniera al leone può apparire come un sacrilegio, ma tutto sommato a volte è necessario. Crescerà nuovamente e più maestosa di prima!» ridacchiò, passandosi una mano tra i capelli corti. «Ti ringrazio, Oliver.»

Gli occhi blu come l’oceano si puntarono in quelli smeraldini di Oliver e parve intenzionato a sondarli fino a scorgere l’anima e i pensieri del giovane, così come era solita fare sua madre quando usava la sua particolare dote da Legillimens. Il Grifondoro però non avrebbe dovuto temere alcunché da parte di Aiden, egli infatti non era come sua madre, semmai il suo esatto opposto. Tutto ciò era tipico di Aiden, guardare negli occhi qualcuno mentre parlava era un modo come un'altro per cercare di capire se stava dicendo la verità o se stava evitando dettagli fondamentali. Non dubitava dell’onestà del ragazzo, ovviamente, semplicemente era una prerogativa dell’Auror.
Sospirò lievemente, per nulla stizzito o annoiato, mentre le mani andarono ad agganciarsi sulla cintura di pelle che portava attorno alla vita. «Tu puoi trattenermi tutto il tempo che vuoi, Oliver. Lo sai. Non scusarti e non farti scrupoli.» mormorò in tono calmo, comprensivo. Non appena il ragazzo gli indicò un punto poco distante da loro dove potevano accomodarsi per parlare in totale tranquillità, lui rispose annuendo. «Certo...» aggiunse, attendendo che fosse Oliver a muoversi, dopodiché lo avrebbe seguito senza ulteriori indugi.
Qualunque cosa il Veggente avrebbe mostrato al Guerriero, quest’ultimo di certo non si sarebbe lasciato vincere dallo sconforto o dalla paura. Saldo nei propri principi e decisioni, il Re seguì il suo Alfiere senza fiatare, in attesa.


Erano come le pedine di un’immensa scacchiera,
uno il Re e l’altro l’Alfiere,
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view post Posted on 2/12/2018, 07:41
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Soppesò per un lungo istante il volto dell'Auror al suo fianco; la sua gentilezza, la sua empatia, la sua stessa profonda amicizia, tutto andava a formare un quadro d'insieme di puro e genuino apprezzamento da parte del ragazzo. Ma il tempo era meschino, lo sapeva bene: e là dove le sue migliori relazioni concretizzavano memorie ed esperienze di un fascino insuperabile, là sostava dietro l'angolo - come la peggior bastarda appena velata - l'onta della sfiducia. Allontanarsi, fuggire, spezzare ogni legame, tutto diveniva a quel punto necessaria conseguenza. Si augurò con tutto il cuore che le parole di Aiden restassero intatte per sempre: si stava avvicinando, forse anche più di quanto potesse lontanamente immaginare, ed era stanco di essere scottato fin nel profondo. La sua stessa pelle recava i segni di un dolore che non avrebbe potuto dimenticare. Accennò ad un sorriso, consapevole di non commettere uno sbaglio di valutazione: aveva predetto il Caos sull'ordine eccelso del percorso dell'altro e gli era stato comunque accanto, non era scappato, non aveva avuto paura né reverenziale disprezzo. Per un attimo, Oliver ricordò le parole della sorella del Mago, alla festa di Beltane dello scorso Maggio: come Grifondoro, aveva detto, lui era uno dei suoi pupilli. Stranamente, a ripescare quell'espressione buffa, il Caposcuola si ritrovò a sorridere. «Grazie.» Commentò rapidamente, ma con trasporto; avanzando di alcuni passi verso la direzione che aveva indicato in precedenza, il ragazzo si premurò di estrarre la bacchetta magica dalla tasca interna del cappotto che indossava quel giorno. Una coppia di Incantesimi appena sussurrati e più di una pietra si spostò là dove necessario, offrendo quelli che ad occhio e croce, di primo acchito, risultavano due strutture piccole in roccia dove poter accomodarsi. Un imponente albero, alle loro spalle, avrebbe fatto da sfondo al breve dialogo. «Un po' provvisoria, ma funzionale.» Prese posto su una delle due pietre libere, consapevole di quanto potesse essere scomoda: non era il caso di Trasfigurarle in sedie, non era pratico e sarebbe stato un dispendio di tempo che in quel momento non avevano, ironia della sorte. Una volta assicuratosi che l'Auror fosse pronto, senza troppi preamboli Oliver avrebbe riposto la bacchetta in giacca, recuperando dalla stessa tasca un altro oggetto. Lo sguardo si adombrò pienamente e d'improvviso, mentre un manufatto prezioso, maledetto e magico insieme, solleticava il palmo della mano destra.
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Un fazzoletto indaco, in seta, andava ad avvolgere quella che dava l'impressione di essere una pallina da gioco, qualcosa di prettamente circolare, dalle misure poco eccessive, e tuttavia curiose. «Io rinnego tutti questi gingilli per la Divinazione, ma è stato un regalo e devo ammetterlo, sono dei tramiti, dei collegamenti, forse dei canalizzatori per me. Come la bacchetta magica, anche cose del genere possono essere nelle mani giuste di profonda utilità.» La scoprì lentamente, come un tesoro, eppure lo sguardo era crucciato, la fronte pure: quanto disdicevole potesse essere quell'incontro anche per lui, a quel punto, risultava evidente. La copertura si liberò facilmente: il tessuto cadde lontano ad ambo i lati, restando al di sotto come un recipiente. Oliver, in un modo o nell'altro, non aveva ancora sfiorato con le sue stesse dita quella che ora si mostrava interamente come una sfera di cristallo. Lucida, perlacea, bianca, il materiale di cui era costituita sembrava accogliere ogni bagliore circostante, e del giorno e della sera calante insieme. Custodiva in sé un vaporoso intricato gioco di filamenti non ancora nitidi, tutti fumosi, come una piccola esplosione atmosferica a stento contenuta. Il Veggente sosteneva il manufatto magico dal basso, sospesa con l'ausilio del fazzoletto stesso.
«Una sfera di cristallo, Aiden, è quella che Vablatsky, la mia scrittrice preferita, definisce come portale simbolico. Ha la capacità di rivelare segni e di farlo spesso a chiunque, anche ai meno esperti, anche agli studenti alle prime armi, ecco perché ad Hogwarts abbiamo nel corso di Divinazione una parte tutta dedicata alle sfere di cristallo e ai vari strumenti analoghi.» Sospirò, riprendendo in fretta: la nube parve contrarsi e fermarsi all'interno dell'oggetto. «Ma soltanto in pochi comprendono le immagini, i simboli, il suo contenuto. Le trame del tempo sono così difficili con questi strumenti, i Veggenti le disdegnano, perché alla mercé comune, là dove di comune in questo dono, in questa maledizione, non c'è nulla.»
Sollevò lo sguardo, finalmente, ad incrociare quello del Mago vicino.
«Ciò che ti chiedo, Aiden, è di sfiorarla.»
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Aiden Weiss


▵ Auror ▵ Ex Grifondoro ▵ 27 anni ▵ Irlandese


«Carine!» esclamò dopo aver osservato le due strutture in pietra costruite dalla magia del giovane Brior. Amante della semplicità e di qualsiasi cosa fosse strettamente collegata o meno alla civiltà celtica, Weiss non disdegnò per nulla quei rudimentali supporti per sedersi. Sorrise entusiasta. «Mi hai dato un’ottima idea per il giardino, sai? Non sarebbe male delimitare il perimetro con alcune di queste strutture.» Poi si accomodò a sua volta accanto al ragazzo, percependo il freddo della roccia filtrare attraverso il tessuto dei pantaloni, risalendo lungo le natiche e scuotendo il resto del corpo in un piccolo brivido.
Silenzioso, l’Auror osservò con estrema attenzione e crescente curiosità i gesti del Grifondoro: l’oggetto che estrasse, sferico e celato alla vista da un tessuto indaco, lo lasciò confuso e per questo alzò appena un sopracciglio; tuttavia, non disse nulla, ma aspettò che Oliver prendesse la parola e gli concedesse il beneficio di una spiegazione, anche minimale.
Il piccolo preludio appena introdotto dalla voce del suo giovane amico, lo rese - in un certo senso - turbato. Cosa stava introducendo Oliver? Doveva voleva arrivare?
Quando poi il tessuto che avvolgeva l’oggetto sembrò scivolare lungo le pareti lisce di esso, rivelando quella che era a tutti gli effetti una sfera di cristallo, uno strumento per la Divinazione, Aiden ebbe quasi l’istinto di soffiare come un gatto. Non seppe spiegarsi bene del perché venne quasi assalito dal compiere un simile gesto, ma grazie agli Dei non lo fece, piuttosto la sua espressione si tramutò in una maschera impassibile e fredda. Diffidente, l’Auror non distolse lo sguardo dalla sfera, da quella strana nebbia che vorticava al suo interno.
Come mai si sentiva così irrequieto dinanzi ad un simile artefatto?
Percepì un brivido, un altro, ma stavolta non fu colpa della struttura fredda sul quale era seduto, ma piuttosto qualcosa di misterioso insito nell’oggetto stesso. Aiden lanciò uno sguardo in tralice ad Oliver, interdetto, ancora indeciso se assecondare o meno quella semplice richiesta.
Cosa c’era di male nel sfiorare una sfera?
Sospirò lievemente e, con un movimento lento e che aveva del guardingo, l’uomo portò la propria mano sulla rotondità dell’oggetto e ne sfiorò la superficie con il proprio palmo caldo ma leggermente sudaticcio. L’atto gli provocò l’ennesimo brivido, questa volta di timore, ne era certo. Aveva paura di scoprire cosa avrebbe comportato il suo gesto, quali cambiamenti avrebbe causato alla sfera e - soprattutto - timore dell’incombenza del Titano.
Non era sicuro di essere ancora pronto, non del tutto almeno, sebbene avesse accettato la cosa e le relative conseguenze. Era una sua responsabilità fronteggiare l’infausto Destino dettato dalla Profezia che gravava come una Spada di Damocle sul suo capo e non poteva tirarsi indietro proprio ora, lo sapeva. Doveva solo sperare che quella sensazione di paura svanisse il prima possibile, lasciando spazio al suo stoico coraggio.
La mente ritornò a Limerick, sulle sponde dello Shannon, al riverbero delle luci che tingevano le acque che scorrevano vicine alla zona in cui lui e Thalia si erano fermati a conversare. Thalia… Avvertì su di sé il tocco gentile che la ragazza aveva cercato di usare per aiutarlo ad alleviare il dolore alla testa, inducendolo a calmarsi e a provare una sensazione di relax mai provata prima.
Si calmò lentamente e lasciò che quel pensiero lo aiutasse a rilassarsi ancora una volta. Non poteva cedere alla paura. Non ora, né mai.


Erano come le pedine di un’immensa scacchiera,
uno il Re e l’altro l’Alfiere,
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La Regina ancora rimaneva ignota,
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a volte meno si sapeva, meglio era.
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Come un folle al patibolo, passo dopo passo, in attesa eterea; il cammino lento, straziante, a tratti asfissiante, di un corpo che non era più pronto e che forse, a malincuore, non lo sarebbe stato più per davvero. Il respiro era l'unico suono che il giovane Stregone ancora sentiva, sulla scia di una schiera di battiti affievoliti. Non andava bene, lo sapeva. Non sarebbe stata quella la scelta giusta da compiere, e tuttavia ogni più intima parte di sé suggeriva di tentare, di provarci, almeno una volta. Una sola volta, si era ripromesso. La fiducia che nutriva nei riguardi dell'Auror al suo fianco, d'altronde, necessitava - impellente, estrema, anche fuorviante - di prove su prove, quasi per antitesi alla sua stessa definizione: da tempo aveva rinnegato quella libertà di per sé innocente, quasi mutata in spensieratezza, ma che per un animo come il suo non avrebbe avuto più valore d'esistere. Cercò di piegare la bocca in un cenno di sorriso, almeno veloce, così da favorire la richiesta che aveva appena fatto al Mago. Tutto quello che apparve a fior di labbra fu una smorfia, e tanto bastava per corrucciare la fronte, per stringere i denti, per sentire il cuore fermarsi, ostacolarsi, annullarsi da solo, da sé, da sempre. «Non preoccuparti, non farà male.»
*Non a te*, si ritrovò a pensare; la mente si chiuse come uno scrigno, articolò pensieri su pensieri, macinò distrazione e confusione insieme, all'unisono, e fu vuoto l'esatto istante in cui il contatto tra la sfera di cristallo e la mano di Aiden prese dinamica consapevolezza. A quel punto, come il più triste dei condannati, Oliver sorrise per davvero. C'era una nota di follia malcelata nel suo sguardo, la stessa nota che andava a disintegrarsi in un momento, quello in corso, che di felicità e divertimento non aveva alcun legame attivo. Ma per la prima volta, avrebbe dovuto ammetterlo perlomeno a se stesso, il Veggente sapeva cosa fare, come agire, in che modo spingersi oltre. Per la prima volta, non era all'oscuro di tutto. La tecnica, la maestria, lo studio, tutto quello non si avvicinava neanche un minimo ai dettagli che aveva saputo scorgere nel corso del tempo: la solitudine, al contrario, era stata la chiave vincente.
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Sapeva cosa fare, e quella convinzione da un lato lo eccitava, dall'altro lo intimoriva come mai prima di allora. La conoscenza, ne aveva compreso il pericolo, poteva essere preziosa e meschina quasi in contemporanea. Con gli occhi ancora aperti, le palpebre sempre più pesanti, Oliver rinnegò in quel modo l'invito al sonno, al riposo, all'oblio. Si abbandonò tuttavia all'ultimo sospiro dell'Auror, ne seguì le vibrazioni del corpo, il peso di un dolore, di una preoccupazione, di un intreccio indefinito dell'uno e dell'altro, e ogni cosa aveva il senso di familiare, di conosciuto, di vicino. Avrebbe voluto sfiorare il braccio dell'altro, per una volta lui - e non viceversa - a fare da conforto. Ma non aveva altro che peccati da offrire, l'uno insieme al successivo, in un disegno che non aveva in sé del divino, che mai ne avrebbe avuto sentore. La sfera di cristallo finalmente si attivò, scossa dal contatto leggero della pelle del Mago. Un battito di ciglia, lo sguardo sempre più pesante, il cuore lieve al suo colpo minore, infine il Veggente dischiuse la bocca dal sorriso iniziale, folle e sbagliato, in un cenno di concentrazione che avvolse tutto il volto. Le stesse gote sbiancarono, le pupille si dilatarono di poco, lentamente, fin quando l'iride accesa di smeraldo si disperse in una sfumatura tenue, macchiata, a tratti completamente oscura. «Mostrati.» Apparve come una lingua antica, diversa, mistica, e in generale divenne soltanto un sussurro appena. Al comando di un equilibrio tuttavia dispersivo, la nebulosa all'interno del Cristallo cominciò fortunatamente a plasmarsi, a correre in più direzioni. Soffiava da destra a sinistra, in modo concentrico, a tratti a spirale, e sempre con un ritmo scandito. Dal fumo apparve la prima figura, si articolò in una serie di strutture geometriche, poi rettangoli, poi quadrati, poi piatti. Legno, si vedeva. Altalene, in fila indiana, con bambini sotto le vesti di ombre pronte ad un gioco silenzioso. Scomparvero in uno sbuffo, mentre il corpo del Veggente già si liberava e opponeva insieme: un tremore convulso alle gambe, infine stasi ripristinata.
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La sfera parve scottare istante dopo istante sempre più, al contatto della mano di Aiden attingeva nuovo calore, fino a riformarsi, ritornare alla chiarezza della sua simbologia. Resisti, avrebbe voluto aggiungere Oliver, ma era perso. Sentiva il peso del Tempo farsi finalmente dinamico, attivo e vicino, e non appena le palpebre calarono di netto, lasciando gli occhi di volta in volta socchiusi sulla Vista del Vuoto, il respiro parve interrompersi a sua volta. Immediato, il Cristallo si liberò in un'esplosione di fumo, di nebbia, di tinte di per sé scure e accese, in contrasto crescente. Sfumarono le figure degli infanti, delle loro altalene, della normalità che portavano in risalto, fino a piegarsi di netto, capovolgendosi, come se ad un tratto la stessa sfera avesse cominciato a girarsi in autonomia. Le ombre diminuirono, fino a lasciarsi intatte in un'unica forma. Un corpo umano, l'ultima altalena. In una vertigine infinitamente complessa, la figura parve ruotare su se stessa fino a mutare in testa in giù: in perfetto equilibrio, senza il peso della gravità, senza confini né legami di sorta, rimase per pochi secondi in quello stato capovolto. Un filamento bianco si frappose alla nube circostante, si avvolse al petto dell'ombra, serpeggiò sul collo. Stringeva, stringeva maggiormente. Il soffio perlaceo in evidenza sulla figura visibile, scura, buia, fin quando aumentò il peso dell'esplosione tutto intorno, fin quando la sfera riprese a scottare, a bruciare, ad ardere sotto la pelle dell'Auror. Stringeva, stringeva ancora. Capovolto, impiccato, strangolato. «Basta Per un attimo lo sguardo del ragazzo si fece vitreo, gli stessi colori luminosi dei suoi occhi tentennarono leggermente, prima di ripristinarsi del tutto. Respirava a fatica, come al seguito di uno sforzo non indifferente, mentre le mani tremavano fino a scuotere le braccia. Seduto scompostamente sulla roccia improvvisata come sedia, Oliver osservava con aria contrita, palesemente preoccupata, il volto di Aiden. La sfera di cristallo, al contrario, era tornata fredda come in principio: al suo interno, come per scherzo, una macchia indistinta di bianco era in perfetta stasi, immobile, come ad attendere di essere scossa solo per gioco tra i più irrisori. Delle figure in successione non c'era più traccia.
«S-stai bene?» A voce fioca, indicò la mano del Mago, là dove il fuoco aveva sconfitto il freddo. Nello stesso momento, coprì la sfera con il fazzoletto color indaco, nascondendola all'attenzione e riponendola in fretta nella borsa ai suoi piedi.
Sono da solo, lo so bene. Lui morirà, so anche questo.
La sfera è viva, la sfera è viva per me.
«Dannazione.» Non posso fermarmi, non posso fermarla
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Aiden Weiss


▵ Auror ▵ Ex Grifondoro ▵ 27 anni ▵ Irlandese


Le parole di Oliver strapparono una smorfia amara sulle labbra dell’Auror, come l’eco di quella che era apparsa sul volto del giovane amico. Non era il dolore che temeva, ma ciò che sarebbe nato da quel loro incontro. Rispettava Oliver e il suo Dono, ma più il tempo trascorreva inesorabile contro di lui, più Aiden si sentiva afflitto e non all’altezza di quanto avrebbe dovuto affrontare. Aveva dunque ragione a non temere alcun tipo di affanno fisico, non quando un’oscura minaccia gravava sulla sua stessa famiglia e doverla vedere sbriciolarsi era già abbastanza doloroso. Era troppo.
Per quanto avesse accettato quell’enorme responsabilità, nella propria solitudine tremava come una foglia, mentre dinanzi agli altri si dimostrava risoluto e temerario. Era dura dover ammettere di aver paura, ma la facciata che si era costruito con cura serviva proprio per proteggersi e ad impedire agli altri di notare i propri punti fragili e scoperti. Ma quanto avrebbe resistito quell’armatura che si era infilato a forza?
Non aveva mai avuto paura in vita sua, non in quel modo comunque. Ma la sua famiglia era la sola cosa che gli restava, l’unica cosa che contava veramente, e saperla in pericolo aveva scatenato in lui il folle terrore di non farcela. Era davvero pronto o si era solo illuso di potercela fare?
Non disse nulla ad Oliver, forse perché entrambi sapevano che il dolore era la meno.

Poi le danze ebbero inizio e a quel punto Weiss capì che non c’era più modo di tornare indietro.
Lo strano fumo presente all’interno della sfera sembrò ubbidire al comando di Oliver e a quel punto prese a modellarsi, fino a mostrare delle figure della medesima materia. Era tutto così strano, tutto così misterioso, sebbene le sagome che si erano formate erano piuttosto chiare: delle ombre che dondolavano in delle altalene, in un gioco silenzioso, finché tutto non prese a vorticare fino a mostrare una singola figura capovolta, come a testa in giù, sospesa nel vuoto assoluto. Un filamento bianco si avvolse attorno al collo in una presa mortale, il che fece trasalire Aiden quando la consapevolezza lo travolse in pieno, come una tempesta. L’Impiccato si impresse nella sua mente in maniera indelebile e a quel punto l’Auror avrebbe voluto gridare basta, ma fu Oliver stesso a sancire la fine di tutto.
Mentre il fumo spariva e il contatto con la sfera venne interrotto, il corpo dell’Auror venne come attraversato da una scossa elettrica, in uno spasmo involontario che lo scosse da capo a piede per pochi attimi. Sperò vivamente che Oliver non se ne fosse accorto, probabilmente troppo occupato a riprendere le forze. Lui, d’altro canto, si ricompose e si scostò all’indietro una ciocca di capelli, sospirando pesantemente.
«Sto bene.» mentì meccanicamente quando il giovane Grifondoro cercò lo sguardo del fulvo, ormai corso ai ripari pur di non mostrarsi fragile e spaventato. L’orgoglio era troppo radicato in lui per poter dare una risposta sincera, per esporsi in quel modo. Oliver però non era suo nemico, era una persona fidata, e non meritava di essere messo dall’altra parte delle proprie barriere difensive. Abbassò dunque il capo, come mortificato, fissandosi le mani. «Scusa… Tu come stai?» mormorò in un soffio, come a voler far capire al Grifondoro che non era colpa sua, che era stato l’istinto a spingerlo nel dare una simile risposta. Quel “Scusa” non necessitava altre parole d’accompagnamento, dimostrava piuttosto chiaramente come si sentiva e tanto doveva bastare.
«Tu credi che io sia pronto?» Improvvisamente, come se qualcuno gli avesse appena gettato una secchiata d’acqua gelida, Aiden rivolse lo sguardo su Oliver e la domanda che sollevò era fin troppo chiara. Aveva bisogno di sentirsi dire la verità, perché in quel momento dubitava fortemente di se stesso e lui aveva solo bisogno di certezze o non sarebbe mai stato pronto a nulla.


Erano come le pedine di un’immensa scacchiera,
uno il Re e l’altro l’Alfiere,
in attesa di muoversi e iniziare così la partita.
La Regina ancora rimaneva ignota,
ma per il momento andava bene:
a volte meno si sapeva, meglio era.
[Il Risveglio del Re - ]



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Tentennò ancora una volta nei momenti più rapidi delle sue mani: il fazzoletto indaco a coprire la sfera ormai non più scottante, il lembo del telo unito dal punto destro a quello sinistro, infine un nascondiglio alla rinfusa prima di spingere tutto nella borsa di pelle. Lo sguardo soppesò la tracolla più a lungo del dovuto, mentre il respiro del Veggente cercava di ripristinarsi alla meglio; il suo incarnato, una volta così roseo e in salute, brillava al bagliore di una carnagione pallida, chiara, a tratti a dare l'impressione di essere compromessa. Si sentiva così, a tutto tondo, e non avrebbe potuto fare molto per cambiarne l'esito. Si prese ancora un attimo, in attesa della risposta dell'Auror, e in quel frangente si lasciò andare ad una macchinazione dopo l'altra, una macina in piena, pensiero dopo pensiero, fin quando dalla matassa non restò che caotica rassegnazione. Aveva un'idea, una tra tante, una tra le peggiori, e ancora una volta il coraggio di parlare ad alta voce era la richiesta più complessa che avrebbe dovuto fare a se stesso di lì a breve. Si guardò le mani, prima la sinistra e poi la destra, entrambi i palmi aperti: le dita tremavano ancora, anche quando strette convulsamente a pugno, là dove il Cristallo aveva lasciato il segno. Il pizzicore che custodiva sottopelle non era nulla, tuttavia, al paragone del battito crescente nel suo petto. Respirò brevemente, spezzandosi nell'atto, e quando riprese il discorso, cercò di essere il più forte possibile.
«Sono stato meglio, ma passerà.» Abbozzò un sorriso, invano, e si accorse di come il tremore avesse appena raggiunto la palpebra sinistra. Strizzò gli occhi, insieme, come a tralasciare una stanchezza atavica, che ancora lo sovrastava, e tornò con un tono di voce a riferirsi al contenuto della sfera. Aiden non era uno sprovveduto, non lo era mai stato, e in quella geometria complessa di simboli e richiami, meritava l'aiuto del Veggente a dispetto di ogni altra cosa. La fiducia, lo sapeva, era tesoro prezioso: se il bene dell'Auror avesse superato anche quell'ostacolo, un'ulteriore prova, sarebbe stato per Oliver di sicuro un pregio. Viceversa, alla loro rispettiva lontananza, avrebbe tuttavia fatto di tutto per salvare il salvabile, prima dell'arrivo di quel Tempo. Piegò le gambe verso la roccia, stringendosi a ricciolo, la mano destra che già si apriva a recuperare ancora una volta la borsa lì sul terriccio. Ne estrasse velocemente, dalla tasca superiore, una forma rettangolare che sfilò da un rivestimento in semplice cartone, senza riferimenti di sorta. Il blocco che ne fuoriuscì si rivelò banalmente come un mazzo di carte.
«Sarai pronto, Aiden.» Commentò in ritardo e senza necessità di mentire. Se c'era una cosa, tra tutte, di cui poteva dirsi sufficientemente sicuro, era proprio quella: l'Auror non sarebbe stato all'oscuro di tutto, non sarebbe arrivato al momento - al suo momento - completamente allo sbaraglio. «Se ti ho chiamato, se ti chiamerò ancora, Aiden, è per renderti pronto. I miei orizzonti non sono così nitidi, ma questo Si sospinse leggermente in avanti, seduto sulla roccia, tra le mani le carte ora ben più vicine e visibili. «Questo è chiaro, per la prima volta. Guarda.» Aprì il mazzo in due metà, sul rivestimento di ogni carta brillava un'intricata ragnatela di simboli e sigilli, uniti tra di loro convulsamente da lineamenti dorati, argentei, perlacei, gli uni a contrastare e sfumare gli altri. «Questi sono tarocchi, Aiden, tra i più antichi ancora in circolazione. Devo ripetere che non credo in nessuno di questi oggetti, sono in vendita per il credente di quattro soldi, ma nelle buone mani possono valere.» Capovolse la prima metà sul palmo destro, la seconda ancora stretta nel pugno sinistro. «Nelle buone mani tutto può avere valore.»
Poggiò anche il secondo mazzetto sull'altro, così ad unirli in un unico compatto blocco, e lentamente sollevò la prima carta. Dalla propria parte sostava la geometria di tutti i tarocchi, la risoluzione artistica - linee dorate e chiare, simboli e misteri alla rinfusa - e in ogni caso la parte anteriore, mentre Aiden avrebbe potuto di conseguenza vedere il contenuto vero e proprio, la raffigurazione effettiva della carta. Ancor prima di girarla per sé, Oliver ne anticipò l'esito, la sua immagine, senza aver bisogno alcuno di vederla.
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«L'Impiccato.»
Parlò in un soffio di voce, tuttavia nitido, serio, limpido. La lingua schioccò, come una frusta, a sillabare ancora una volta un messaggio di per sé evidente, sulla carta, anche a chi di tarocchi o di arte occulta e divinatoria era a digiuno da sempre. Una figura stretta e magra, del tutto capovolta, la testa rivolta verso il basso al sospingersi di una corda da cui pendeva l'intero corpo. Dall'alto verso il basso, lo sguardo tuttavia diretto, ad osservare con occhi spalancati, aperti, chiari, il volto di ogni osservatore frontale; un sorriso, un'espressione beata, non c'era timore né reverenziale sofferenza sul viso del Condannato. «L'Appeso, uno dei dodici arcani maggiori.» Continuò in quel modo, la carta ancora sospesa all'attenzione dell'Auror. «Il Trionfante, l'Armonia Capovolta, non ha sofferenza, è in estasi. Questa è la carta più facile da leggere, e tuttavia è anche la più temuta.» Scattò nel movimento della mano destra, sfilando via la carta e rimettendola nel mazzo. Mischiò ancora una volta, convulsamente, e divise così in due metà il blocco, fino a recuperare una carta qualsiasi tra le stesse. Ancora una volta, la mostrò prima ad Aiden; ancora una volta, era il Traditore. Ripeté quindi di nuovo la stessa azione, lo stesso schema, mischiando e spezzando il mazzo, ricostruendolo e ripristinandolo, infine estrasse quindi un'altra carta.
«La stessa immagine.» Ripeté una quarta volta, recuperando una carta dal basso, e per la quarta volta comparve l'Impiccato. «Sempre la stessa, Aiden, è sempre la stessa dannata carta. La stessa immagine ritorna nelle mie Visioni dell'ultimo periodo ed era visibile nella sfera di prima, l'hai visto anche tu. Ritorna come una figura impiccata, capovolta, girata su se stessa, e per quanto la corda stringa, l'Impiccato non ne soffre, ne è soddisfatto.» Lasciò la carta in sospeso, se Aiden avesse voluto prenderla dalle sue dita, avrebbe potuto farlo senza troppi problemi. «Nella sfera c'è però un dettaglio aggiuntivo, c'è un'altalena, e questo mi ha fatto riflettere. L'altalena nell'arte mantica non ha un grande impegno, ma indica senza dubbio l'alternanza, la possibilità, l'una o l'altra scelta di un evento. In movimento, come in questo caso, indica una famiglia numerosa, ma quegli stessi fili si disperdono nella figura che continua a perseguitarmi. C'è sempre, Aiden, e non mi permette di chiudere gli occhi. L'Impiccato, l'Appeso, il Traditore.» Si lasciò andare ad un tremore convulso, che dimostrò la debolezza di uno spirito da tempo spezzato, e da tempo senza sostegno alcuno. All'invertirsi dei ruoli, Aiden era in pericolo, ma lo sforzo, l'impegno, la fiducia di condividersi in pieno - in prima persona - rappresentavano per Oliver peso altrettanto peggiore in quelle circostanze. «Potrei sbagliarmi, e ci spero, ma mai come questa volta è così chiaro, Aiden. Il tradimento.» Richiuse le carte, il mazzo compatto ancora una volta.
«Il tradimento è dietro l'angolo.» Così dicendo, indicò i tarocchi e li affidò in un gesto all'Auror poco distante. «Pesca anche tu, Aiden. Non cambia, è lì che aspetta.»
Ad ogni tentativo, come per ironica constatazione, qualsiasi carta recuperata sarebbe stata la stessa, il Traditore, a dispetto di tanti altri simboli che custodivano i segreti tra quelle immagini così in successione.
Sono da solo, lo so bene. Lui morirà, so anche questo.
La sfera è viva, la sfera è viva per me.
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Se c’era stato un momento di distacco tra loro, allora era stato breve ma necessario. Entrambi avevano diritto di riprendersi da quell’esperienza come meglio avevano ritenuto opportuno, ritagliandosi un proprio spazio intimo e prettamente personale, in cui i pensieri facevano da padroni.
Così, come un ventaglio che veniva agitato con forza per diradare una nube di fumo, i dubbi dell’Auror scomparvero a seguito della risposta di Oliver. Era fortunato ad avere un ragazzo simile come amico, per quanto i Doni di uno e l’Oscuro Destino dell’altro avrebbero potuto creare profonde divergenze tra loro, crepe insanabili e pericolose; ma sia Aiden che Oliver possedevano un’indole che andava oltre a tutto ciò. Si comprendevano e si rispettavano, per questo il rosso non mosse alcun tipo di accusa nei confronti dell’altro per avergli mostrato quell’orrenda figura nella sfera di cristallo, e il Grifondoro non sembrava intenzionato a volerlo abbandonare proprio nel momento del bisogno.
Nessuno dei due era veramente solo.

Lo sguardo di Aiden andò a posarsi su ciò che Oliver stava trattenendo tra le mani: un mazzo di carte, dei tarocchi - come lo stesso Caposcuola disse - dall’aspetto davvero antico ma ancora in buone condizioni, con svariati simboli e lineamenti dalle svariate sfumature dorate, argentate e perlacee. Anche se non era un vero e proprio intenditore di simili oggetti, il fulvo dovette riconoscere che erano davvero magnifiche e uniche nel loro genere.
Osservò mentre ascoltava in silenzio, lo sguardo fisso su quella carta che Oliver gli stava mostrando. L’Impiccato lasciò Aiden perplesso, incapace di pensare in modo razionale per qualche istante, mentre le spiegazioni dell’amico gli riempirono le orecchie come una sorta di tarlo fastidioso. Sentiva però di non poterlo ignorare, di non potersi girare dall’altra parte e fare finta di nulla, non dopo tutti i sacrifici e rischi che Oliver stava intraprendendo per lui, per aiutarlo. Capì dunque di doverselo far piacere, perché se il ragazzo glielo stava dicendo allora era per un motivo ben preciso e lui doveva accettarlo per quello che era.
Non osò mai interrompere il Grifondoro, lo lasciò parlare per tutto il tempo, mentre il suo sguardo si faceva sempre più attento, famelico, cupo. Se Oliver avesse alzato lo sguardo su di lui, anche solo per pochi secondi, avrebbe visto riflessi nei suoi occhi blu una tale preoccupazione da spaccare in due un Continente.
Cosa c’era di peggio di un tradimento?
«Is é atá i gceist le feallú ná tús an deiridh. Is é an chéad chéim a threoraíonn tú go dtí an dorchadas, go háirithe má tá tú d'aon ghnó.»[1] mormorò caustico, per poi accingersi a pescare una carta sotto invito del Veggente. L’Impiccato venne rivelato e a quel punto Aiden comprese che Oliver non aveva mentito e che tutto sarebbe partito da lì: dal tradimento.


Erano come le pedine di un’immensa scacchiera,
uno il Re e l’altro l’Alfiere,
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La Regina ancora rimaneva ignota,
ma per il momento andava bene:
a volte meno si sapeva, meglio era.
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[1]: Tradire è il principio della fine. Il passo iniziale che ti conduce verso l'Oscurità, specialmente se intenzionale.

 
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Al tatto più leggero, le Carte esprimevano la capacità di solleticare la pelle: più l'indice della mano destra vi premeva in superficie, più i tarocchi disperdevano quel senso di ruvido e divenivano in quel modo sottili, fluidi, scivolosi. Indicavano la promessa di grandi desideri, di sogni preziosi, di speranze non ancora pienamente sfumate, ma bastava girarne anche soltanto una da una parte all'altra per ricredersi in fretta: le Carte non mentivano, le Carte custodivano segreti, misteri, e gli uni e gli altri. Trapunti di richieste e di domande, di quesiti irrisolti e di dubbi ancor in crescendo continuo, si stagliavano nitidamente alla Vista del Veggente ancor prima di essere rivelate. Anche quando l'Auror ne estrasse una dal mazzo più compatto, per Oliver - forse per entrambi, con le precedenti dovute premesse fatte - il messaggio designato fu già conosciuto. L'Appeso comparve ancora una volta in tutto il suo più ricamato intreccio: colori, sfumature, tempere, le une e le altre realizzavano dettagli aggiuntivi sulla Carta, in una corda che diveniva già nera come la pece, in un respiro che già si mozzava a fior di labbra, in un sorriso che si spegneva sull'espressione tuttavia vivace, allegra, tetramente non celata allo spettatore indiscusso. Era bellezza ed era paura, e l'una si accentuava alla presenza dell'altra.
«Il tradimento, Aiden.» Lo ripeté, forse senza necessaria consapevolezza, mentre riprendeva a tempo debito l'ultimo tarocco dalle mani dell'altro. Rimescolato il mazzo, non tentò per l'ennesima volta di pescarne un altro presagio, al contrario divise in due l'intero blocco e ne portò la parte inferiore in alto, e rispettivamente la parte superiore in basso, in un ordine compromesso, spezzato, e tuttavia così accurato. C'era un equilibrio, nei movimenti del Veggente, che lasciava trapelare una consapevolezza molto più intima del previsto: quando anche i tarocchi furono riposti nella borsa a tracolla, Oliver sfuggì lo sguardo dell'Auror ancora per un attimo. La sua voce giunse chiara alla sua comprensione, l'Irlandese non era lingua facile e con ogni probabilità Oliver non avrebbe saputo parlarne in termini corretti: tuttavia, era anche il proprio idioma e la naturalezza di quell'espressione lo colse ancor più profondamente di sorpresa, ma non impreparato del tutto. Annuì con un solo cenno del capo. «La mia richiesta di incontrarci è questa, Aiden. Più si avvicina il tempo, più si avvicina il tuo tempo-» Si interruppe al volo, decidendosi finalmente a sollevare il volto verso il Mago. «Più si accentuano le mie Visioni: perché in un modo o nell'altro, a dispetto di quanto tutto questo riguardi soltanto te in prima persona, io ci sono di mezzo. Ne sono parte, ne sono tramite. Colpisce anche me.» Lo disse con sicurezza, senza accusa alcuna, ma tutto acquisì un nuovo senso con quelle parole: lo sguardo spento, le occhiaie scure, le palpebre più calate del solito, perfino l'incarnato pallido dell'ultimo periodo. Colpisce anche me, aveva detto. Si delineava una riflessione attenta, molto più personale, in quella frase. «C'è altro che mi attende, Aiden, altro che mi condiziona, e per la prima volta ne ho paura. Il tradimento è una carta che compare anche altrove, temo possa riguardare anche me. Ho pensato possa essere la scintilla che farà scoppiare tutto quello che... tutto quello che ti attende. Un tradimento perpetuato a tuo discapito, all'alba di ogni oscuro presagio.» Soppesò lo sguardo dell'altro un'ultima volta e si notò imbarazzo, stranamente, nel proprio. «Un tradimento però anche a mio discapito.»
Lasciò quell'ultima frase in sospeso. «Sarai tradito, potrebbe accadere così. Sarò tradito, potrebbe essere anche in questo senso. Si esprime così quest'ultimo dubbio e se è vero che provi fiducia nei tuoi confronti, e lo dimostro ancora una volta a mio rischio e pericolo, è anche vero che potrebbe arrivare un prezzo da pagare. E quel prezzo, Aiden, potrebbe esigere la mia fiducia, potrebbe esigere il tradimento.»
Si stava perdendo. Percepiva le parole farsi lontane, la riflessione che ne conseguiva pure; non sapeva come esprimere quella sensazione ad altezza petto, ma aveva altro da dire, voleva farlo, e tuttavia non ne aveva modo. Per la prima volta tacque in difficoltà, le mani strette a coppa sulle ginocchia, mentre lo sguardo tornava alla roccia sul terriccio smosso dalle proprie scarpe.
Sono da solo, lo so bene. Lui morirà, so anche questo.
La sfera è viva, la sfera è viva per me.
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▵ Auror ▵ Ex Grifondoro ▵ 27 anni ▵ Irlandese


Arcigno e confuso, l’uomo restituì la carta ad Oliver con la tipica cera di chi aveva troppi pensieri affollati per la testa. Il sospetto si insinuò in lui come un tarlo e, ad ogni avanzamento delle proprie riflessioni, aumentò a dismisura, ignorando i confini dell’accettabile. Di chi poteva fidarsi? A chi poteva dare piena fiducia e chi invece no? La Profezia era legata a lui e alla propria famiglia, dubitare dunque della cerchia più ristretta dei propri personali affetti richiedeva una totale mancanza di fiducia nei suoi membri, una cosa di cui Aiden si sentì fortemente amareggiato e in colpa. Non voleva arrivare a tanto, ma nemmeno voleva che il proprio giudizio venisse offuscato dall’amore. Che fare dunque?
Se proprio doveva nutrire sospetti su qualcuno, allora gli individui erano due: Regan e Richard.
Il primo era l’anziano patriarca di famiglia, un uomo rude e che non andava particolarmente per il sottile, anzi, avrebbe fatto qualunque cosa pur di preservare il nome di famiglia e la gloria ad essa legata; certo, non sarebbe mai arrivato a commettere atti indicibili come l’omicidio o il furto, dato che era stato sia Auror che Giudice del Wizengamot, ma forse avrebbe commesso qualche sorta di tradimento nei confronti degli altri membri della famiglia pur di averla vinta. Forse Regan non avrebbe mai commesso un vero e proprio tradimento, ma avrebbe sicuramente imposto la propria autorità tanto che la controparte avrebbe potuto considerare l’atto come un voltafaccia.
Il secondo, invece, era ambiguo per natura. Richard era sempre stato un individuo particolare, manovrato da sentimenti quali invidia e gelosia, tanto da spingerlo ad attentare alla vita del suo stesso fratello; fu proprio in virtù di questo pensiero che Aiden nutriva più sospetti e dubbi nei confronti del secondogenito di Charles Weiss che di suo nonno. Si sentiva tremendamente in colpa a pensarla in quel modo del suo stesso fratello, perché era come se lo stesse già giudicando colpevole e lui, per amore degli insegnamenti del padre, aveva sempre cercato di perdonare le rimostranze di Richard e concedergli il beneficio del dubbio. Ora, però, in virtù delle parole di Oliver, Aiden non sapeva più come pensarla riguardo al fratello e questo lo frustrava, perché si sentiva diviso in due tra affetto e un rancore che aveva sempre cercato di dimenticare.
«Allora devi restare il più possibile a scuola, Oliver, fintanto che l’anno scolastico è in corso. Mentre durante il periodo estivo devi rimanere a Cork, intesi? Devi restare in luoghi sicuri, circondato dalle persone, affinché possano proteggerti se io non ci sono.» Le parole dell’Auror uscirono dalle sue labbra con una sicurezza sorprendente, senza eccedere in durezza o freddezza, perché l’ultima cosa che desiderava era attirarsi il rancore di Oliver per quelle parole che sapevano molto più di ordine che di raccomandazione. Era la voce dell’Auror a parlare, non solo dell’amorevole amico che si comportava anche da fratello maggiore. «E’ vero, sei coinvolto in un certo senso, ma è anche per questo motivo che voglio saperti il più al sicuro possibile. Se dovesse succederti qualcosa non me lo perdonerei mai. E io ho già fatto troppi sbagli madornali, non voglio più sentirmi così. Quindi, per favore, cerca di fare come ti dico e il rischio verrà ridotto.»
Non poteva sopportare l’idea di esporre al pericolo un amico perché gli aveva parlato della Profezia, né riusciva anche solo a pensare di perderne la fiducia. Dal canto suo non avrebbe mai tradito Oliver, non per scelta o perché costretto, ma se lo avesse fatto involontariamente poteva soltanto confidare negli Dei affinché il Grifondoro comprendesse che non era dipeso da lui e che lo perdonasse. Ora come ora come poteva solamente trovare una soluzione per tenerlo al sicuro e sperare che gli effetti della Profezia non lo raggiungessero.
«Io non tradirei mai la tua fiducia, Oliver. Sei come un fratello per me, lo sai questo vero?»


Erano come le pedine di un’immensa scacchiera,
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Non era finita, non quel giorno né l'indomani più prossimo; mentre si spostava leggermente con tutto il corpo sulla pietra posta a mo' di sgabello, Oliver macinava pensieri a più non posso e si inseriva in quel modo una consapevolezza che non aveva precedenti. Non era finita, e forse - si disse - non lo sarebbe mai stato. Riportò alla mente il primo incontro con l'uomo che ora gli sedeva di fronte, e si chiese quale profonda relazione fosse stata così instaurata da spingere entrambi a ritrovarsi con breve preavviso, entrambi scompostamente su una roccia bagnata di muschio: c'era stima, Oliver lo sapeva, e ne provava di pari intensità nei riguardi dell'altro; c'era anche affetto, più di quanto il Veggente avesse immaginato in principio, e in quell'intricato disegno soffiava un anelito di vero e proprio timore. Altri volti si susseguivano alla rinfusa, l'uno e l'altro a districare memorie e riflessioni, l'uno contro l'altro a perpetuare l'abbandono effettivo; la preoccupazione di ritrovare Aiden in quel filo conduttore, prima o poi, era tuttora vivida: si era legato all'altro fin da quando era stato rintracciato, in parte consapevolmente, sulla panchina più solitaria di fronte la Cattedrale di Cork. Ricordava lo scintillio del sole del mattino, il tepore dei suoi raggi sulle braccia scoperte, infine il fruscio leggiadro di una lucertolina tra l'erba. Ricordava tutto quello e altro ancora, mentre i monoliti della sua Visione spezzavano ogni controllo, ogni equilibrio, ogni Futuro. Non c'era tempo per Aiden, non c'era tempo per lui: entrambi, in modi più inesplorati in assoluto, erano alla mercé di un'assidua ragnatela di eventi. Se l'esperienza giocava almeno in parte a suo favore, il Chiromante lì presente era consapevole di come non avrebbero fuggito l'uno e l'altro aspetto, non avrebbero potuto. «Cercherò di essere al sicuro.» Avrebbe voluto aggiungere di saper badare a se stesso più di quanto si potesse credere, ma per un attimo le parole gli morirono sulla punta della lingua: non era vero, si disse; non lo era da lungo andare, ormai, fin da quando la Vista aveva preso controllo assoluto della sua figura, mente e cuore in autonomia esclusiva. Non sapeva più prendere cura di sé, era un'amara constatazione, e tuttavia non l'avrebbe detto ad alta voce. «Temo però che tutto questo sia più grande di me, più grande di tutti noi. Qualsiasi cosa ci sia dietro l'angolo, Aiden.» Sollevò lo sguardo ad incontrare il volto dell'amico, con sincera partecipazione. «Non attenderà nessuno di noi.» Strinse le dita della mano destra, le chiuse a pugno su se stesse e tentò così di interrompere un improvviso tremore lungo tutto il polso; spinto da un'inspiegabile sensazione, tornò a recuperare il blocco di tarocchi dalla borsa. Le piegò su se stesse, passandole da una mano all'altra, e quando recuperò la carta in superficie, un'altra scivolò via involontariamente fino a fermarsi sulle ginocchia. Volse la prima e comparve l'Appeso, ancora una volta: lo sguardo si tenne basso, il silenzio fu il suo solo commento; ma quando la seconda fu rivelata, una nuova figura si presentò nitidamente. «Forse non tutto sarà perso, e Giustizia sarà così compiuta.»
L'Angelo brillava all'intangibile suono di una tromba celeste, e Gabriele nell'alto dei cieli annunciava condanna e amnistia di pari passo. «Anch'io non potrei tradirti, Aiden.» *Ma la Vista, lei sì* fu il suo primo pensiero. Accennò ad un sorriso improvvisato, sistemando nuovamente i tarocchi in un mazzo compatto e richiudendoli nella borsa di pelle. «Restiamo in contatto, sappiamo come farlo.»
Un altro tremore alle mani, il volto tuttavia meno spento: si congedava così, in assenza di ulteriori scambi o spiegazioni, e si confermava in lui il timore di non aver rivelato nulla di nitido all'altro. Forse, si ripeté, in quel reticolo di interpretazioni passeggere si inseriva la risposta ultima, e forse - ancora una volta - quell'incontro aveva fatto bene più di quanto potesse apparire a tutti gli effetti.
Sono da solo, lo so bene. Lui morirà, so anche questo.
La sfera è viva, la sfera è viva per me.
«Dannazione.» Non posso fermarmi, non posso fermarla
- Calendule, Diari x
 
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view post Posted on 7/2/2020, 13:28
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When the snow falls, the fox tries to survive.

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Aiden Weiss


▵ Auror ▵ Ex Grifondoro ▵ 27 anni ▵ Irlandese


Sospirò profondamente, esausto e stordito al tempo stesso, mentre Oliver concesse al rosso la tanto agognata rassicurazione. Non doveva rischiare coinvolgimenti, non doveva esporsi apertamente al pericolo, e questo sarebbe quantomeno bastato ad Aiden per sentirsi un po’ più tranquillo.
Si pizzicò ripetutamente la punta della barba, pensieroso, mentre i pensieri fluivano come un torrente in piena. Sentiva - e sapeva - di avere contro il Tempo, eppure si decise a non demoralizzarsi, a voler stringere i denti e trovare le forze necessarie per resistere al fatidico giorno; si era detto più volte pronto, anche se a tratti si era sentito confuso e non all’altezza, ma ora che Oliver gli aveva fornito nuovi indizi - nonostante qualche dubbio restava ancora - percepiva di essere pronto solo in parte. Una parte di sé voleva negare l’evidenza, perché non riusciva ad accettarla, eppure la parte più razionale cercava di convincerlo ininterrottamente a non poter fare diversamente, di prepararsi al peggio e ad accettare le conseguenze che ne sarebbero derivate.
Si ritrovò quindi a fissare il Caposcuola e a sorridergli debolmente, nella remota speranza che avesse ragione, che forse non tutto sarebbe andato perduto. Ma l’Auror non si illuse, sapeva di non poterselo permettere o ne avrebbe sofferto; tuttavia il proprio sorriso si allargò quando anche il ragazzo manifestò la propria fedeltà nei suoi confronti, e a quel punto Aiden mise una mano sulla spalla di Oliver. «Non ne ho mai dubitato.» fece eco.
Annuì alla richiesta del Grifondoro, senza dare alcun segno di volersi muovere da lì. Sentiva di doversi prendere un piccolo spazio personale e solitario a seguito di quella loro conversazione, per riflettere, per cercare di accettare del tutto quelle nuove novità. Fu così che si ritrovò a fissare la schiena del giovane amico allontanarsi, fino a rimanere completamente da solo nel silenzio più totale. Poi, irrazionale, nutrito da uno spasmodico bisogno di dare sfogo alla propria frustrazione repressa, Weiss si alzò di scatto e assestò una serie di calci al blocco di pietra sulla quale era stato seduto fino a quell’istante. Sfogò così il furore che aveva covato da troppo tempo, piuttosto che tenerselo dentro più dello stretto necessario e rischiare di riversarlo su qualcuno. Avrebbe preferito scagliare una miriade di Bombarde senza un bersaglio preciso, ma non voleva in alcun modo rischiare di creare dei danni di cui si sarebbe potuto facilmente pentire, specialmente se si fosse ritrovato a colpire qualcuno di passaggio.
Lanciò un urlo straziante al vento, lasciando che questo lo inghiottisse e lo portasse via, mentre Aiden sprofondava nuovamente nel silenzio più assoluto.


Erano come le pedine di un’immensa scacchiera,
uno il Re e l’altro l’Alfiere,
in attesa di muoversi e iniziare così la partita.
La Regina ancora rimaneva ignota,
ma per il momento andava bene:
a volte meno si sapeva, meglio era.
[Il Risveglio del Re - ]

 
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