Never enough.

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view post Posted on 2/12/2018, 20:03
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Con quella che sarebbe stata l’ultima occhiata allo specchio intarsiato di smeraldi, Emily incrociò il suo sguardo. Di granito, contornato da zigomi duri su volto pallido, solo per un attimo la fiamma di torce fredde vi si bagnò, spegnendosi nella freddezza che, dopo tanto tempo, tornava ad emanare.
Con uno scatto, la giovane donna si voltò verso il Dormitorio vuoto; le gambe, perfettamente unite in una posizione elegante, la schiena dritta ad adombrare la pietra nuda alle sue spalle, e le mani giunte al ventre: era tempo.
In un leggiadro, quieto movimento, il corpo esile della Caposcuola si erse; il vestito morbido, a rivestire il suo corpo come tiepida acqua mossa da un vento gelido e invernale, scivolò presto oltre l’uscio della porta.
La porta venne chiusa silenziosamente così come cheto sarebbe stato l’abbandono che stava abbracciando.
La Sala Comune si stava svuotando, e i sotterranei; un paio di ragazzini del primo anno le passarono velocemente davanti ma Lei, adornata da un lungo, anonimo mantello col cappuccio tirato sui capelli rosso fuoco, continuò la sua lunga camminata.
V’era un’alta probabilità che lui fosse ancora lì, nel suo ufficio e forse questo era l’unico rischio che aveva messo in conto di buon grado in quella sera. In qualche modo, trovare Albus Peverell ad attenderla senza saperlo, sarebbe parso come il segno che stava facendo la cosa giusta. Se non fosse stato lì, avrebbe allora incontrato Megan come deciso, prima del ballo, e avrebbe lasciato acquietare il suo animo, spedendolo nel tormento per un’altra notte ancora.
Era così dunque? Quella purificazione sarebbe stata la soluzione per tutto?
Emily non era così sciocca da crederlo ma poteva dirsi un inizio.
Dopo tanto tempo, la sensazione di essere in trappola, rinchiusa in una cella senza sbarre, era tornata a perseguitarla. Questa volta, tuttavia, se ne sarebbe liberata prima che fosse stato troppo tardi.
Con passi cadenzati, la destra stretta intorno alla stoffa appena rigonfia della tasca del mantello, era giunta davanti la porta del Preside. Flebili rintocchi al legno annunciarono la sua presenza.
Lasciò cadere quanto le copriva il volto inespressivo e, con esso, la maschera che lo sosteneva; poi, pazientemente, attese.





 
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view post Posted on 2/12/2018, 23:22
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Una serata strana sotto ogni punto di vista.
Un tempo inclemente anche per la stagione che era. Le gocce di una pioggia battente picchiavano con insistenza sulle vetrate colorate, quasi bramando di farvi breccia. La stanza immersa in una luce soffusa, appena sufficiente a distinguere questo e quello, e a non pestare la coda del gatto, che certo non avrebbe apprezzato. Lunghe ombre proiettate dalle poche fonti di luce, le braci ardenti e le alte fiamme del caminetto, la sagoma della coppia di poltrone lì accanto tracciata netta sulla parete opposta. La scrivania avvolta di luce, un porto sicuro alle mille traversie di quei giorni, fervente di attività, e ingombra di codici voluminosi e polverosi. Il solito stregone di sempre, le maniche a sbuffo di un elegante veste color pesca arrotolate sin sopra i gomiti, armato di piuma, che vergava assorto un lungo rotolo di pergamena, parzialmente adagiato sul pavimento dall'altro lato della scrivania. Che diamine stava scrivendo? Di tanto in tanto si arrestava, grattandosi il mento distratto, sfogliando le pagine di uno dei codici di cui si era circondato. Non fosse stato per la pioggia, e per il delicato raspare la pergamena da parte della punta della piuma, il silenzio tombale che aleggiava avrebbe potuto anche spingere a considerare l'intera scena quasi ritratta, immortalata per i posteri, dal solito 'pittore di corte', come ormai aveva deciso familiarmente di definirlo. In fondo, buona parte del tempo, era ormai recluso volontariamente in quella torre, il tempo che trascorreva inesorabile che segni avrebbe lasciato? Segni apprezzabili? Segni significamente rilevanti? Il resto della torre si era di buon grado rassegnato alle mutate circostanze, e sonnecchiava, in attesa di qualcosa che puntualmente non tardò a palesarsi. O meglio, quanto aveva realmente tardato? Quanto era già trascorso da che il tutto fosse iniziato? Troppo? Troppo poco?
Ed ecco che puntualmente tutto ricominciava. Era mai smesso davvero? Chi poteva essere? Che razza di ora si era fatta? Se i problemi erano sempre tre, ne mancava ancora comunque uno all'appello. Dire che sino a quel momento era stata tutto sommato una serata piacevole, certo, non proprio da sballo, ma in fondo cosa avrebbe dovuto pretendere... Era la battuta d'arresto che chiedeva cortesemente di superare le mura, ed essere ammessa? Era un cavallo di Troia? Chi erano i Danai di quella nuova guerra? Se però di una cosa era certo, era che li avrebbe temuti, anche se portavano doni... Era tempo di svelare i doni? Sorridendo, rispose a quella tacita domanda.


Avanti.

Era iniziata.

 
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view post Posted on 9/12/2018, 21:49
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Con le ampie vetrate lasciate alle spalle, poteva avvertire la pioggia battere con forza anche da lì. Come a volersi ribellare a quel gesto che la Serpina stava per compiere, catturava l’attenzione di Lei.
Voltando appena lo sguardo alla sua destra, Emily venne tentata dal girarsi verso il rombo di un fulmine lontano, distante come quelle paure che ancora muovevano quella fragile esistenza.
La voce di Peverell la spinse oltre l’uscio dell’Ufficio, la luce assente delle fiamme ad accecarle lo sguardo severo eppur arrossato.

« Buonasera Preside. »
Un saluto sentito accompagnò la porta che veniva chiusa chetamente e un sospiro, che bruciò appena all’altezza del petto calmo, diede il via a quei pochi passi che l’avrebbero avvicinata all’uomo.
Aveva visitato diverse volte quell’Ufficio ma dovette ammettere che, da quando Peverell vi si era trasferito, questi aveva assunto forma e dimensione dell’antro del Docente di Storia della Magia. Non che le dispiacesse, rifletté mentre si faceva spazio tra due poltroncine lasciandosi cadere nel conforto di un futile pensiero.

« Mi spiace interromperla a quest’ora, soprattutto con il Ballo che sta per iniziare. »
La sinistra, tremante alla debole fonte di luce, cercò la tasca del mantello e vi affondò.
« Non potevo attendere. Ci sono troppe cose che non vanno, che vanno contro i miei ideali, contro quello in cui credo e ho fatto per la protezione di questo posto, per quelli a cui tengo. »
Aveva giurato a se stessa che non l’avrebbe portata troppo per le lunghe. Non poteva rischiare che il coraggio l’abbandonasse.
« Non posso… » , una pausa mentre il palmo chiuso riaffiorava nell’oscurità appena, appena illuminata, un po’ come la condizione in cui versava il suo animo, « Non voglio. »
Lo sguardo cercò quello dell’Anziano. Non voleva mettere in discussione le sue decisioni; chi era lei per farlo? E comunque non avrebbe fatto differenza.
Scosse appena la testa, non v’era spazio per l’incertezza e non l’avrebbe più usata come scudo. Tutti i
se e i ma e i forse non sarebbero più riusciti a colmare il suo tormento.
« Non voglio piegarmi. »
Un piccolo passo in avanti, la mano che cercava il tavolo e poi il silenzio.

Con un'ultima, tenera carezza, la spilla toccò il legno senza fare rumore.






 
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view post Posted on 15/12/2018, 15:40
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Con il ballo di fine anno ormai alle porte, in effetti non doveva aver previsto visite. E in effetti non pensava nemmeno alla possibilità che si presentassero. Quelle che erano una costante nel corso dell'anno, con la non indifferente eccezione degli ultimi mesi, tornavano ora a reclamare la loro attenzione. E la vista della Serpeverde che pensierosa avanzava per la stanza avrebbe già dovuto dargli quel qualcosa su cui riflettere. Cosa spingeva la Serpeverde a fargli visita in quelle circostanze? Doveva pur esservi del resto una ragione, soprattutto per un'occasione tanto strana. Tante le alternative, in fondo cosa si poteva escludere su due piedi, senza nulla sapere? Era pur vero che se le lezioni erano finite, doveva aver ben poco a che spartire con l'accademia. Ma era anche vero che se di accademia non si trattava, e tendeva a escludere volesse amabilmente discorrere del tempo, cosa poteva essere successo da richiedere una visita proprio lì? Per quel poco che era cambiato, Dorian era a Serpeverde. Doveva dunque escludere anche quello? Oppure, il problema passava proprio da lì? Le alternative erano dunque meno sconfinate di quante in un primo momento avrebbe potuto valutare... dunque? Mentre la giovane raggiungeva la seduta, cui sembrava aver mirato dal principio, ulteriore campanello d'allarme, tornò a poggiare la piuma nel calamo, spostando il lungo rotolo di lato, così che non fosse d'eccessivo intralcio a quanto sarebbe potuto seguire.
Il breve tragitto dei tanti sospiri, e infine eccola lì.
Era tempo di svelare le carte? Tutte le carte? Solo una parte?
Qual era la sua funzione in tutto quello? Ascoltatore, confidente, confessore? Poteva legittimamente scegliere di essere chi era, o cosa voleva essere, o avrebbe dovuto limitarsi ad essere chi era stato scelto che fosse? C'era un margine di manovra pur labile? Non c'era? Cos'avrebbe dovuto fare? Cosa avrebbe dovuto dire? Avrebbe dovuto addirittura farlo? Quali erano le aspettative iniziali da cui tutto muoveva? Se c'era una soluzione possibile, qual era? E se non c'era, cui prodest? Perchè erano lì?
Unì le dita, mentre la giovane riprendeva, osservandola attento.
Cosa bolliva in pentola? Cos'avrebbe dovuto fare? Qualcosa o semplicemente niente?
E poi l'inaspettato. L'inatteso. Cosa significava? Cos'avrebbe dovuto leggervi?
Cosa gli sfuggiva, di tutto quello?


Buonasera a lei, mademoiselle Rose.
Prego, si accomodi, nessun problema...
Sarà però forse opportuno fare un passo indietro, mi spieghi.
Ha tutta la mia attenzione.


Poche battute, prima di tornare a ritrarsi, in ombra. Contro lo schienale della sua seduta. Uscendo dal soffuso cono di luce della scrivania, lasciando la giovane Serpeverde sola, al centro del palco, con tutti i suoi crucci e i suoi taciti perchè. Perchè era lì? Cos'era successo? Perchè in quel momento? Se quella era la conclusione, era già più chiaro perchè lui. Ma tutto il resto?
Il silenzio era rotto dal solo scrosciare dell'argentea pioggia.
Un mondo finto, ridotto all'essenza.
Che ne sarebbe stato?

 
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view post Posted on 23/12/2018, 11:27
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Le iridi cineree si posarono sulla poltroncina alla sua destra. L'invito ad accomodarsi, almeno in un primo momento, l'allettò; tuttavia, quella sottile sclera di conforto scomparve in un battito di ciglia, lavata via dal sordo rumore dell'arrogante pioggia.
Il preside si ritrasse nell'ombra ma Emily non lo seguì, lo sguardo perso su quell'insignificante giaciglio. Doveva fare in fretta, doveva lasciare quell'ufficio.
Era troppo tardi per dare spiegazioni, troppo presto per convincere chiunque di quanto fossero giuste.

« Non sono più adatta per questo ruolo. »
Cercò di continuare ma comprese presto di essere caduta in fallo. No, non era quello il modo in cui avrebbe tradito la sua carica.
La sinistra cercò la poltrona ed infine vi prese posto, sul bordo, come chi non vede l'ora di andar via e non è arrivato per restare ma vi si sente costretto.

« Non credo nella Guida che ci ha assegnato. Non voglio rispondere a loro, non voglio seguire le loro orme. Come Caposcuola finirei per oppormi arrogandomi il diritto di poterlo fare e sarebbe deleterio per tutti. »
Scosse appena la testa; no, aveva sbagliato ancora. Non era tutto, Midnight non era il problema, era solo un finto scudo innalzato per trovare la forza di reagire, in qualche modo. Poteva biasimarli?
« Questa spilla ha assunto un peso che non riesco più a portare. »
Sguardo basso, occhi di granito rivolti a sinistra, sul pavimento di pietra. Stava mentendo in parte: sarebbe riuscita in mille ed altri modi a continuare quel percorso ma non era ciò che voleva, non per se stessa.
« Le chiedo di accettare la mia retrocessione. Sono qui solo per questo. »
Cosa? Una benedizione? C'era da chiedersi perché volesse proprio quella di Albus Peverell.
« Con tutto il rispetto, credo che Lei ed io vogliamo la stessa cosa, così come gli altri Caposcuola che si son ritrovati a fronteggiare le nuove cariche. La protezione di questa scuola è di vitale importanza ma temo di doverle anche confessare, in tutta onestà, che non condivido in egual modo le soluzioni adottate. »
Era dunque di rispetto che si trattava? Eppure eccola lì a mettere in discussione le prese di posizione del Preside stesso, convinta, povera creatura, che l'onestà fosse tra le più alte espressioni di deferente stima.
« Non voglio lavorare con un altro Raven, non voglio più riporre la mia fiducia in un Insegnante che, alla prima occasione, è pronto ad attaccare uno studente per proprio tornaconto. »
L'affacciarsi sul volto di Sirius White, le provocò uno spasmo; stretti i palmi sulle piume nere dell'abito, Emily si sforzò di liquidare quella conversazione.
« Continuare ad essere la Caposcuola dei Serpeverde, a questo punto, rappresenterebbe un continuo conflitto interiore per me. Questa spilla mi ha aiutata ad essere meno egoista. Esistevo io prima, solo io e basta. Mi ha dato un percorso preciso da seguire ma ora ho perso la strada. Non voglio fingere che mi vada bene, ho altre battaglie su cui concentrarmi. Preferirei l'affidasse a qualcuno che sia in grado di riuscire lì dove io sto fallendo in questo momento: mettere al primo posto qualcuno che non sia me stessa. »
Cercò il suo sguardo, lì nell’ombra provando, per la prima volta, sincera frustrazione nei suoi confronti.
Doveva andare via.

« Non posso più essere una Guida. Proteggerò le persone che amo ma lo farò a modo mio. »
Ed ecco l’Onestà, la sua essenza, la frase più veritiera in quel cumulo di spiegazioni dette tanto per dare qualcosa in cambio del suo bisogno.
Gli adulti, gli Auror, non l'avevano mai aiutata. Non erano mai giunti in suo soccorso, così piccina mentre le lame del Male si avvicinavano lentamente per farla a pezzi e banchettare con i suoi resti. Non avrebbe affidato loro quei pochi frammenti del suo cuore; quelle persone meritavano di più. Hogwarts meritava di più.
E continuavano a credere che Voldemort fosse la causa di tutto e non l'ambizione, la crudeltà di cui solo un essere umano è capace, l'arrivismo, la sete di potere. Quello era il vero Male. Il Mondo era corrotto ancora prima del Signore Oscuro. Lui era solo abbastanza intelligente da trarne forza.
Attese, le gambe che fremevano per la voglia di alzarsi e andare via.
Lui avrebbe capito, almeno in parte? L’avrebbe finalmente liberata?
C’era così tanto da dire, così tanto da confessare. Le labbra si schiusero; comparve un sorriso, appena accennato, e la cheta amarezza colorò il filo di trucco cremisi che le copriva il volto altresì nudo. I segreti, quelli che non poteva rivelare, l’avrebbero consumata, li sentiva già scivolare tra le ossa, attaccandosi ai punti più fragili, alle spoglie già crepate da tempo.


« Desidero andare, ora. »







 
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view post Posted on 28/12/2018, 14:04
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Di ogni possibile eventualità ponderata prima, e valutata poi, quella era la meno plausibile cui riteneva presto o tardi si sarebbe dovuto confrontare. Eppure, stava succedendo. La giovane Serpeverde si era fatta avanti, con un'idea precisa in testa, e più il ragionamento avanzava, più si contorceva, più diveniva difficile capire dove fosse veramente il nocciolo della questione. Cosa gli stava raccontando? Cosa stava argomentando? Non erano d'accordo sulle persone, sulle modalità, o sulle soluzioni? E sempre seguendo il ragionamento, in fondo, era pur sempre consapevole per sua ammissione diretta di non dover interferire, per quanto... aveva mai dato l'impressione di essere insofferente a voler appianare le divergenze, possibili o eventuali che fossero? Evidentemente no. Gli stava chiedendo quasi il permesso? Ma allora, così facendo, non ammetteva implicitamente di avere in una qualche forma la coscienza sporca? Era quello il vero punto dolente di tutta la questione? Quanto marginale era tutto il resto? Se erano una lunga serie di concause ad aver determinato quell'esito, in quale misura esse avevano prese singolarmente influito sul risultato finale? E tra quelle, quanto era un problema di coscienza? Per che cosa? Eppure, con che diritto avrebbe potuto fargli lui il terzo grado? Poteva? Il fatto stesso che la giovane decidesse di lasciare, non era un chiaro passo verso l'immunità? Toltasi quel peso, il problema sarebbe stato archiviato. Poteva chiederle di tornare sui suoi passi, quando era tanto evidente che ormai la decisione fosse presa? Poteva arrogarsi tale diritto, pur nella consapevolezza che in fondo ormai il dado era tratto? La giovane aveva dato, era tempo che il testimone passasse? O il problema erano davvero le sue decisioni? Aveva trovato la persona sbagliata da mettere a Serpeverde? Poteva forse affermare di conoscerlo? No, eppure qualcosa andava fatto. E come poteva invece lei conoscerlo meglio di lui? Con che coraggio avrebbe potuto sostenere che dopotutto non era successo nulla, salvo qualche piccolo incidente, pretendere fiducia, e tirar dritto con una certa indifferenza? Era stato piazzato lì, la presenza di un vecchio doveva pur comunque sembrare più rassicurante di quella di una giovane donna, sparita nel nulla. Ma sarebbe bastata? O forse no?
Qual era il vero punto?
Che cosa gli sfuggiva in tutta quella storia?
C'era qualcosa da scoprire, o semplicemente doveva accettare il punto, ringraziare della visita, e cari saluti? Cosa era giusto fare? Cosa non poteva comunque esserlo? Dopo tanti anni qual era il miglior modo di ringraziarla? Spingerla a ritrattare la posizione, prendere tempo, o accettare e incassare le tacite accuse che di fatto si portava dietro? E se c'erano delle accuse, perchè tacitarle? Perchè nasconderle sotto al tappeto? Dove stava il senso recondito di tutto quello? Era davvero intenzionato a render conto delle sue azioni a una studentessa? Se l'avesse fatto, cosa avrebbe perso? C'era davvero qualcosa che rischiava di perdere? Poteva lavarsene le mani? Ma il punto era quello? Era venuta a chiedere conto, e non l'aveva fatto, o semplicemente aveva ormai deciso? Il sasso era ormai nello stagno, vorticoso, e non c'era modo di riportarlo a riva? Sarebbe affondato, e tante grazie?
Cosa doveva fare?
Buon viso a cattivo gioco per l'ennesima volta?
Nulla, e lasciare che tutto procedesse come sembrava?
Si stava davvero risolvendo un problema, o aprendo un altro fronte?
Eppure, cosa desiderasse ormai era chiaro.


Capisco Emily, in realtà temo che concordiamo su più punti di quanti non mi farebbe piacere ammettere, ma così vanno le cose. Ci troviamo in una situazione straordinaria, che per giuste o sbagliate che siano richiede risposte pronte e celeri, altrettanto straordinarie. Il nostro non è il migliore dei mondi possibili, ma è tutto quello che abbiamo, e dobbiamo farcelo andar bene. Proprio come siamo chiamati a prendere le decisioni che le attuali circostanze prima ancora che richiedano, permettano, e che ovviamente sono molto lontane dall'essere le migliori possibili. Ho la presunzione di conoscere la natura del nostro problema più di quanto non vorrei, e farò tutto il necessario per risolverlo. Ma giustamente lei non è venuta da me per discutere di questo, quindi... la ringrazio di tutto, e la invito ad andarsi a cambiare, non manca ormai molto all'arrivo dei nostri ospiti, e il Ballo di quest'anno vi riserverà una 'sorpresa'. A più tardi, quindi.

Era ormai fatta.
C'era un nuovo problema da risolvere.
Come se non bastassero già i presenti.
Eppure, che altro si sarebbe potuto fare?
Molto probabilmente nulla.

 
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view post Posted on 30/12/2018, 00:07
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Il nostro non è il migliore dei mondi possibili, ma è tutto quello che abbiamo, e dobbiamo farcelo andar bene.
Farselo andare bene.
Quella frase, più di altre, la colpì in pieno petto e fu inevitabile non scuotere appena la testa. Le ciocche vermiglie le coprirono gli alti zigomi e lo sguardo venne nascosto dietro le lunghe ciglia. Davvero non capiva? E come poteva, si disse.
Accolse di buon grado quel che le parve un'ammissione di colpa, rivolta alle decisioni compiute più che alla Ragione che le aveva attuate.
Era fatta, quindi, qualsiasi altra parola in merito sarebbe stata percepita come un fiocco di neve in un braciere: valida al momento ma dal brevissimo, forse inesistente, impatto.
Chinò il capo e riaprì gli occhi, appena arrossati, dalla mancanza di una fonte di luce forse, ma pur sempre fieri. Lo sguardo di granito di posò dunque e per un'ultima volta sul Preside, sfiorando la spilla che ormai non le apparteneva più.

« La ringrazio, Preside. A più tardi. »
Mentre la porta dell'ufficio veniva richiusa, Emily si disse che non erano quelle le parole con cui avrebbe voluto salutare quell'incontro ma, anche in quel caso, erano parse come le uniche possibili. Riguardo a quel mondo sporco, caotico e marcio, lei non si sarebbe accontentata.
"Dobbiamo farcelo andare bene"; troppo arrendevole, suonava come un combattere per una causa già persa e Lei non si sarebbe fatta andare bene un bel niente. E in quel momento, finalmente lo comprese con certezza: aveva fatto la scelta migliore e il peso che fino ad allora aveva avvertito al petto, sembrò abbandonare la sua intensità.
Senza una reale meta se non la Danza delle Ceneri, prese a camminare, già vestita del suo abito nero. Che fosse per quello che il Preside le aveva detto di andarsi a cambiare? Doveva indossare colori più sgargianti, forse?
Amareggiata, tentò un sorriso che si spense sul nascere. Era o non era una veglia quella a cui stava per partecipare?
Senza rendersene conto, seguendo il silenzio, improvvisamente spenta, e vuota, i passi la condussero verso i corridori della Torre di Divinazione. Solo quando una voce chiamò il suo nome, Emily si destò, come da un brutto sogno. Era lei.








 
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