Avvolta in una curiosa sciarpa di lana – regalo di Natale di Mrs Butler, adorabile donna -, Jolene lasciò il proprio appartamento per avventurarsi tra le strade della Capitale. La sua meta era il British Magic Museum e, anche se le temperature poco invitanti avrebbero potuto giustificare una comoda materializzazione, il suo amore per le passeggiate la fece trotterellare allegramente sui marciapiedi ghiacciati. Nella sua tasca destra riposava Nephelae, la fata, perché Jolene aveva valutato che la sua compagnia, in quella mattinata dedicata all'esercitazione, sarebbe stata meglio di niente.
Infine, raggiunse la sua meta; si mosse con sicurezza all'interno della struttura pubblica, conoscendola pressoché in ogni suo angolo. Per sua fortuna la stanza attigua alla biblioteca era vuota: si sarebbe esercitata lì.
Si liberò di sciarpa, cappello, guanti e cappotto, perdendo l'aspetto di un pupazzo di neve e riacquistando quello di una ordinata, giovane donna. Estrasse la pergamena su cui aveva appuntato delle note utili all'apprendimento di quel giorno: si trattava di un Incantesimo che sarebbe potuto tornare utile nelle più svariate occasioni, e che l'aveva sempre stupita per la sua disarmante praticità.
Dopo aver letto per l'ennesima volta le sue note, impugnò la bacchetta, pronta al primo tentativo della giornata.
Adduco Maxima (VI classe): incantesimo di estensione. Aumenta lo spazio interno di un contenitore, lasciandone invariato l'aspetto esterno e non intervenendo sul suo eventuale contenuto.
I
La sua borsetta era lì, appoggiata sul lungo tavolo, aperta e svuotata di qualsiasi avere: l'oggetto di scena indispensabile al suo spettacolo. Posizionandosi di fronte ad essa, e assumendo un'espressione di profonda concentrazione, Jolene cercò l'equilibrio ideale sulle gambe divaricate. Sollevò la bacchetta di larice fino a quando non entrò nel suo campo visivo, prefigurandosi il movimento non troppo complicato che avrebbe dovuto eseguire.
Concentrò lo sguardo sulla borsetta, immaginato di inserire le mani al suo interno e spingere: nella sua mente, la pelle sintetica diventò elastica come gomma. Rispose alla sua pressione con pronta obbedienza, moltiplicando la propria superficie fino a quando non fu in grado di contenere le sue braccia fino ai gomiti.
Con quella immagine bene impressa nella mente, Jolene iniziò i movimenti: disegnò una spirale sopra al contenitore, facendola crescere ad ogni giro. Il movimento stesso avrebbe dovuto dare l'impressione di volersi fare spazio all'interno della borsa, ma ne uscì qualcosa di disordinato e privo di forma. Già mentre sollevava la bacchetta e la calava nuovamente sapeva che sarebbe stato un fallimento.
«Adducco Maxima.» Attenzione alla doppia D, alla C solitaria. Solitaria
, per Merlino!
II
Ed ecco che si apprestava ad un altro tentativo. Come prima, assunse la sua posizione di fronte al bersaglio. Ne squadrò la forma morbida, leggermente deformata su un lato. Questa volta immaginò di riempirla fino all'orlo di un contenuto che, conoscendola, disegnava uno scenario neanche tanto improbabile: libri. Allo stato attuale, la borsa ne avrebbe potuti contenere cinque, forse sei, in edizioni rigorosamente tascabili. Con l'ausilio della magia, si figurò, ne avrebbe ospitati almeno dodici. Facciamo tredici e un'edizione cartonata dalle dimensioni ragionevoli – non Proust, per intenderci. La consistenza più solida dei volumi avrebbe teso la pelle, l'avrebbe costretta a modellarsi, ad espandersi. Avrebbe premuto fino a duplicare lo spazio, rendendolo malleabile come plastilina.
A seguire, il movimento: cercò di disegnare la spirale con maggiore precisione, ottenendo un risultato migliore del precedente ma ancora bisognoso di perfezionamenti. Sollevò la bacchetta, e la calò con la decisione di un dito accusatore.
«Aducco Maxima.»Manco una su due, complimenti, White!
III
Non si fermò al secondo tentativo: proseguì imperterrita, la mente resa lucida da una notte di sonno tranquillo e da una mattinata trascorsa tra rilassanti abitudini.
Fatto curioso, ad ogni nuovo tentativo osservava un dettaglio nella sua vecchia borsa che, prima, le era rimasto del tutto estraneo. Quei minuscoli graffietti sulla maniglia, ad esempio, erano opera di Mr Butler? Per i calzini di Merlino, se quel gatto avesse toccato ancora le sue cose con le sue tenere unghiette, avrebbe provveduto ad una drastica manicure. Era facile rovinare le cose degli altri, quando non se ne faceva un proprio uso, vero?
Un sorriso spuntò sul volto di Jolene: aveva improvvisamente deciso come allargare la borsa quella terza volta. Mr Butler si sarebbe trovato un altro tiragraffi, se quello fosse diventato il suo nuovo trasportino. Con la sua mole, c'era bisogno della magia per farcelo stare: così, in quella occasione, la borsa si sarebbe allargata sotto ad una candida spinta felina. Immaginò il morbido pelo del gatto assumere la forma del contenitore, mentre il contenitore sarebbe rimasto immutato nella sua forma esterna. Vide, con gli occhi della mente, lo spazio quanto meno duplicato, fino ad inghiottire quella adorabile peste e lasciarla fuori solo dal naso in su.
Replicò il movimento con grande attenzione: da minuscola, la spirale crebbe fino alla massima circonferenza di un gatto paffuto. Questa volta era più soddisfatta mentre, dopo aver alzato la mano, la calava per la stoccata finale.
«Adduco Maxima.»Però, non male! Ma ancora non abbastanza.
IV
Si concesse una pausa in cui gironzolò un po' per la stanza, prima di tornare agli affari seri. Quella maledetta borsa non si era ancora estesa di un millimetro quadro, forse pensare a Mr Butler l'aveva distratta troppo. Quella volta, quindi, cercò qualcosa di più neutrale, e tornò ad immaginare di allargare il contenitore con l'ausilio delle semplici mani. Avrebbe potuto rivelarsi la strategia vincente, se avesse eseguito abbastanza bene il resto.
Ripescò l'immagine dalla sua memoria: ecco che le dita premevano contro l'interno scamosciato, decise a farsi spazio, senza che ve ne fosse testimonianza all'esterno. Jolene si sforzò di annullare la resistenza del materiale, di piegarlo alla magia che sentiva scorrerle nelle vene. Dal cuore raggiunse l'impugnatura del Larice, a cui si trasmise per essere riversato nella realtà circostante. Disegnò con quanta più cura possibile la spirale, allargandola ad ogni giro; poi sollevò il catalizzatore, solo per calarlo con decisione mentre la formula, scandita nella sua forma migliore fino ad allora, risuonava nell'aria.
«Adduco Maxima.»Provò a infilare un braccio dentro alla borsa, e le parve un pochino più capiente del solito; avrebbe potuto essere anche una sua illusione.
V
Decise di continuare sulla strada che aveva portato – forse – a qualche risultato: fronteggiò la borsa con l'aria di chi sa cosa vuole e ha tutta l'intenzione di ottenerlo. Concentrò lo sguardo muschiato sulla superficie beige del contenitore, per poi addentrarsi tra le sue profondità: ora erano paragonabili a una piscina gonfiabile per bambini – sia mai che ci prendiamo troppo sul serio - ma con la sua volontà le avrebbe estese ad un pozzo di tutto rispetto. La circonferenza sarebbe rimasta identica; le sue mani avrebbero trovato sempre più spazio, ma i suoi occhi non avrebbero percepito differenza. Che sensazione strana, ma non era il caso di farsi distrarre.
«Adduco maxima.» Scandì ancora, azzeccando tutte le doppie e non, dopo aver compiuto per l'ennesima volta i gesti richiesti. Si sforzò di non permettere alla meccanicità di distrarre l'attenzione, e curò il più possibile la spirale nella sua crescita, e le stoccate prima verso l'alto poi verso il basso.
VI
Usare sempre la stessa immagine stava diventando monotono, quindi questa volta pensò bene di provare ad inserire nella borsa – mentalmente, si intende – alcuni degli sciarponi di lana che Mrs Butler le aveva regalato nel corso degli svariati Natali in cui era stata una cara amica di famiglia. Morgana sapeva se non ci sarebbe voluto un intero baule, per tutta quella roba!
Uno ad uno, gli ammassi di lana colorata creati con tanto amore filarono all'interno della borsa, che non dava segni di starsi riempiendo mentre li inghiottiva all'interno delle sue profondità magiche. Con questa immagine ben fissata in testa, Jolene procedette a disegnare la spirale, allargandola con regolarità sopra al proprio bersaglio. Ormai aveva acquisito una certa fluidità, e non ci furono stacchi disarmonici prima del passaggio all'ascesa e alla calata repentina.
«Adduco maxima.» Così proferì, con una sicurezza che poteva solo essere il frutto di un certo numero di tentativi.
VII
Quel tentativo doveva portare a qualcosa di buono, pensò con un sospiro. Non era nuova all'apprendimento degli incanti, ma la mancanza di risultati la innervosiva, dopo un po'. Si sforzò di trasformare il suo desiderio di riuscita in pura e semplice determinazione. L'ultima cosa che voleva era perdere la concentrazione sulla scia di pensieri negativi. Decise di ricorrere per la seconda volta alle sciarpe dell'anziana Strega, e le vide fluttuare ad una ad una all'interno della sua borsetta. Di norma, ne avrebbe contenuta a stento una, lievitando discretamente. Immaginò che il materiale sintetico opponesse resistenza, e che allora intervenisse con la propria forza a spingere, fino a quando la terza sciarpa non venne inghiottita. Senza nessun tipo di lievitazione.
Mosse il polso con precisione e consapevolezza, allargando la solita spirale e sentendo il proprio potenziale magico riversarsi in essa. Alzò la bacchetta e, puntandola contro la borsa, scandì:
«Adduco Maxima.», con particolare attenzione al numero di C e di D, che poteva ingannare.