More than just Ashes, segue "La Danza delle Ceneri" ~ Niniska

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view post Posted on 21/1/2019, 16:27
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You can take the darkness out of the man, but you can't force him to step into the light.

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⚜ More than just Ashes
Thalia Jane Moran

Scendendo le scale, Thalia ripercorse velocemente i momenti salienti di quella serata, iniziando a fare i conti con ciò che sarebbe accaduto dopo quell’evento dedicato alla rinascita. Percorrendo i corridoi all’inizio di quell’anno scolastico, il Prefetto aveva scorto espressioni spaventate, titubanti e perfino sospettose. Nessuno poteva più riporre la propria fiducia nel compagno di stanza, nel vicino di banco o, eventualità ancor più remota, nei confronti di un insegnante. Passeggiando e portando avanti i turni di ronda, Thalia aveva potuto osservare con calma i residui della Battaglia e poco importava se lei, all’epoca, aveva scelto di restare chiusa nella Sala Comune di Tassorosso insieme ad Amber per riunire i compagni e rassicurarli che tutto sarebbe andato per il meglio: forse non aveva combattuto come gli altri, forse non aveva visto morire nessuno e la sua stessa vita non era stata messa a repentaglio, ma in fondo sentiva ancora sulla pelle la sensazione di essere una goccia nell’oceano che era il mondo, in balia delle maree e dei venti di cambiamento. S’interrogava su dinamiche lontane alla sua mente fino al giorno precedente, anche se la scelta di far parte di quei meccanismi era stata fatta molto tempo prima; era palese quale fosse il pensiero costante durante quelle lunghe riflessioni: quando sarebbe stato il suo turno di mettersi in gioco? Poteva essere davvero giunto il momento di mettere in pratica ciò che fino a quel momento si era ridotto a meri concetti astratti? Era davvero pronta o aveva illuso se stessa? Scendendo un altro gradino, Thalia seppe di non essere ancora la persona che avrebbe voluto e dovuto affrontare simili fardelli e non perché la sua preparazione magica non fosse giunta ad un livello discretamente buono o temesse di farsi del male nella lotta, ma perché non era riuscita a trovare un proprio equilibrio emotivo che le permettesse di rendersi autosufficiente nel prendere decisioni importanti. Quella sera ne era stata la prova innegabile.

Camminava con lo sguardo rivolto alle proprie mani, dove i due orecchini giacevano intatti e ripuliti delle tracce del proprio sangue; la borsetta stretta tra il fianco sinistro e il gomito, mentre l’abito ondeggiava ad ogni passo. Lo sguardo perso su quei piccoli gioielli, che avevano contribuito ad un chiarimento inaspettato, la strappò alle considerazioni sulla Scuola in maniera piuttosto decisa. Era riuscita a cancellare le tracce della propria rabbia, ma era certa di aver davvero posto fine alla questione? Aiden era riuscito ad ottenere ciò per cui era davvero ad Hogwarts - oltre al proprio lavoro - e a lei non era rimasto che prendere atto di quanto accaduto. Perdonare non era nelle sue corde, forse perché non le era mai stato dato uno sconto vero e proprio quando era stata lei a richiederlo. Da un lato, percepiva il benessere scaturito da quella conversazione, dalla possibilità di poter ricominciare da capo, di rinascere davvero come la Scuola dopo quella sera. Eppure, il loro chiarimento aveva aperto nuove strade, ma non tutte sarebbero state piacevoli da percorrere. Dalle ceneri di un contrasto, poteva nascere qualcosa di buono? Se lo era chiesta, iniziando a scendere i gradini dell’ultima rampa ed immaginando che cosa vi avrebbe potuto trovare alla fine.
Mike era rimasto solo in una Sala stracolma di persone, mentre lei s’interrogava sul proprio rapporto con l’Auror Weiss. Se avesse temuto che il proprio sentimento per il Serpeverde fosse stato a rischio a causa di Aiden, probabilmente si sarebbe astenuta persino dal rivolgergli la parola in prima istanza. Non c’era pericolo, dunque, che i due litigassero per colpa di quell’uomo. Ciò che Mike non sapeva non poteva ferirlo, eppure avrebbe dovuto spiegargli perché quell’incontro fosse stato tanto disarmante. Ricordava così bene le parole che lui le aveva detto una sera di tanti mesi prima e la Tassorosso sperava davvero che Mike sarebbe stato disposto a seguirla e sostenerla. Se così non fosse stato, il suo piccolo mondo sarebbe crollato ed ogni certezza sarebbe stata spazzata via in un attimo. Era certa di non provare alcun sentimento sconveniente per Aiden - altrimenti tutta quella faccenda non si sarebbe verificata in quel modo -, ma poteva essere certa che Weiss fosse dello stesso avviso? Poteva essere sicura che Mike avrebbe accettato quell'amicizia?

D’altro canto, non era stato soltanto lui a vedersi costretto a cedere alle circostanze: Nieve era stata testimone delle sue debolezze e il suo modo di reagire aveva costituito per lei l’ennesima prova non richiesta di quanto la Rigos le fosse affezionata. Vederla scagliarsi contro Aiden in quel modo l’aveva colpita e resa orgogliosa della loro amicizia, ma una parte di lei sapeva che il sacrificio non avrebbe potuto compensare la perdita della Grifondoro. Nieve non era avvezza per natura a instaurare rapporti duraturi con le persone, eppure tra lei e Thalia era scattato qualcosa, un meccanismo indescrivibile che aveva saputo unirle nonostante le differenze. Ognuna portava nell’altra qualcosa che prima non c’era e, al tempo stesso, smussava gli angoli di due caratteri spigolosi e difficili da comprendere. Era per quella ragione, dunque, che appena giunta nella Sala Grande avrebbe cercato l’amica e complice. Non era pronta ad affrontare Mike senza prima aver chiarito le cose con Nieve: glielo doveva e lo doveva, forse, anche ad Aiden. Riposti gli orecchini nella borsa, sollevò lo sguardo alla Sala d’Ingresso e lì la vide: Nieve, col suo abito candido e l’acconciatura sciolta per metà, la stava cercando. Non sarebbe servito entrarle nella testolina per saperlo e, dunque, la rossa arrestò il passo, aspettando che la ragazza riconoscesse la figura in attesa sulle scale. Cercò di approntare sul proprio viso l’espressione più serena che poté, provando persino a sorridere; eppure gli angoli delle labbra sembravano zavorrati e niente riusciva a mutare quella linea dura in una più dolce e morbida. In cuor proprio, Thalia sapeva di doversi immolare ad una causa più grande della sua, poiché le sue parole avevano separato due anime affini che, sole, avrebbero rischiato di non incontrarsi mai più. E se non voleva in ostaggio l'anima di Weiss, poteva forse desiderare di privare Nieve di una figura autoritaria che, per la prima volta, le aveva scaturito fiducia nel genere umano?
Così, nel vederla risalire di corsa le scale, Thalia rimase immobile finché la Rigos non le fu di fronte. Cercò lo sguardo dell’amica, senza davvero oltrepassare quella barriera imperscrutabile, e rimase in silenzio. Il tonfo della borsetta sul gradino avrebbe dovuto attrarre lo sguardo della Grifondoro in risposta ad un istinto naturale, mentre le sue braccia andavano a circondare le spalle dell’amica. La strinse con impeto, come se non l’avesse vista per secoli, e rimase immobile aspettandosi che Nieve scalpitasse per liberarsi di quella stretta improvvisa. Non era da lei dimostrare il proprio affetto a quel modo, non con chiunque e soprattutto non in pubblico. Eppure ne aveva sentito il bisogno, senza dover condire quel gesto con parole futili. La Rigos sapeva che quella non era la norma e per questo avrebbe saputo intendere molto più il messaggio celato in quel gesto inusuale.
Poi, con voce flebile e la guancia premuta su quella di Nieve, Thalia mormorò: «Ti voglio bene.»
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Edited by Thalia Moran - 21/1/2019, 16:45
 
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view post Posted on 25/1/2019, 14:06
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L’espressione di Nieve si tinse di sollievo, eliminando le ombre d’inquietudine che avevano imbevuto le fibre del suo volto di tela dal momento della rivelazione su Aiden. In seguito, ripensando agli accadimenti della serata, avrebbe trovato la forza di riderne e scuotere il mantello dei ricordi per eliminare i granelli di frustrazione incastrati negli intrecci di tessuto — lei, che rimaneva impermeabile a qualsivoglia tentativo di sabotarne la spontaneità, più di chiunque poteva. La vittoria di Grifondoro, la compagnia di Maurizio, il qui pro quo con Stephanie riguardo ai suoi legami con Horus e, per finire, quell’agognato ritrovamento valevano abbastanza da cancellare la macchia di un’unica delusione.
Imponendosi di tacere, studiò il viso di Thalia per comprenderne l’umore. Avrebbe voluto scusarsi, domandarle se stesse bene, chiederle se qualcuno l’avesse importunata, o distratta, o più semplicemente tenuto compagnia come lei non era stata in grado di fare; ma non ne ebbe il tempo. A labbra schiuse, riuscì a malapena a gettare un rapido sguardo in direzione della borsetta — che si era accasciata con un sordo tonfo sul gradino dabbasso — quando l’amica si mosse verso di lei.

In una circostanza diversa, in presenza di una persona diversa, Nieve sarebbe scattata. Il timore di ricevere un ceffone, un pizzico o perfino di peggio l’avrebbe spinta a ritirarsi, alzando le mani in un gesto protettivo.
Delle angherie subite, la più spaventosa era accaduta un giorno di primavera tra i più belli di cui la sua memoria conservasse il ricordo: l’Islanda si preparava a rifiorire e gli sbadigli della natura si traducevano ora in uno spruzzo d’erba verdissima, ora nella delicatezza di un germoglio tra la brina che ancora resisteva.
Non rammentava di essere svenuta, invero. Era certa che i mancati pasti avessero provato il suo organismo; si era sentita fiacca e la testa aveva preso a dolerle nel punto in cui gli occhi si fanno più vicini. Con l’incoscienza di una bambina di 7 anni, però, non aveva trovato nella sua condizione un motivo sufficiente a starsene rinchiusa; così, si era spinta fin sulle pareti di un altopiano che adorava per averle offerto un posto d'onore nella platea che si meravigliava di fronte all’aurora boreale. Il vento fresco le aveva solleticato le labbra irritate, sicché ne aveva umettato la superficie con la lingua. D’un tratto, si era sentita leggera, e in pace. Era stato al suo risveglio che aveva incontrato Bárður ed era stato allora che gli aveva permesso di lasciarle addosso il primo di una lunga serie di segni: le aveva stretto così forte il viso tra le mani aggraziate, pietrificandola sul posto coi suoi occhi viola, che il segno delle dita era rimasto impresso nelle forme del livore sulla pelle di Nieve, resa delicata dagli stenti. I bambini del villaggio avevano colto l’occasione per farsi beffe di lei una volta di più.

L’impronta del suo passato si espresse in modo blandissimo, quando Thalia l'abbracciò, guancia contro guancia. Le spalle ossute di Nieve sobbalzarono un poco e le pupille trovarono la via della dilatazione. Poi, lentamente, si mosse a sua volta. Entrambe non erano avvezze alle dimostrazioni, salvo qualche rara eccezione. Sopra ogni cosa, Nieve non era avvezza all’idea che qualcuno potesse amarla.
Lo desiderava, ovviamente; lo desiderava con un’intensità tale da vedere consumata ogni intenzione. Per questo, aveva lasciato che Emma, Oliver e, su tutti, Astaroth entrassero prepotentemente nella sua vita senza sentire il bisogno di frapporre dei filtri. Incapace anche solo di pensare all’eventualità di privarsi di un nuovo potenziale amico, consentiva accesso alle persone nella speranza di ottenerne l’affetto. E non vi riusciva.
Le parole di Thalia la toccarono là dove quel bisogno pulsava forte, corteggiandolo fino alla commozione. Nieve chiuse gli occhi, emozionata e terrorizzata in egual misura, e solo allora si accorse di aver trattenuto il fiato per l’intera durata del loro vis-à-vis. La parte assennata che era in lei la mise in guardia, avendone il diritto: “non farlo, Nieve, non farlo. Per un momento di gioia, ne arriveranno altri di delusione. Ci farà male, presto o tardi. Tutto questo finirà come sempre finisce. Proteggici, almeno stavolta,” diceva. Ma Nieve, che aveva conosciuto poco le dolcezze dell’affetto e ne era affamata; Nieve, che non conosceva i vantaggi di un controllo razionale sulle emozioni e non aveva motivo di credere che una rinuncia fosse migliore di un guadagno immediato. Ecco, Nieve decise di non badarvi.

«Ti voglio bene anch’io,» sussurrò e, per un attimo, uno soltanto, fu come se non avesse mai gioito, o sorriso, o amato altrettanto intensamente.
Si riscoprì felice.




La dolcezza di Nieve mi spezza il cuore. c.c


Edited by ~ Nieve Rigos - 1/6/2019, 10:44
 
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view post Posted on 27/1/2019, 15:58
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Smise di respirare per un istante nell’incertezza che Nieve potesse arrivare a respingerla. In qualche modo, l’Irlandese si era sentita tanto forte da valicare le proprie difese e contrastare la propria indole, ma non abbastanza per superare i muri eretti dalla Rigos. La Grifondoro conduceva la propria esistenza all’interno di una fortezza, selezionando accuratamente chiunque potesse varcarne la soglia; allo stesso modo, chi entrava e si macchiava del crimine del tradimento veniva scacciato malamente e mai più riammesso al suo cospetto. Era un atteggiamento che le due sembravano aver condiviso fino a quella sera, prima che Aiden si facesse beffe di lei e dei suoi preconcetti. Thalia sapeva, senza averlo mai chiesto, come si fosse sentita Nieve ad ogni abbandono - persino in occasione dell’inaspettata partenza della Morgenstern. In quella circostanza, la Grifondoro non aveva nemmeno commentato ad alta voce l’avvenimento e soltanto quel piccolo dettaglio aveva saputo fornirle la misura della delusione dell’amica, pur non sapendo nulla del loro rapporto. Per quella ragione Thalia non poteva sopportare di essere la causa dell’ennesimo strappo tra Nieve e le persone. Questa volta, pensò, avrebbe potuto rimediare.
Ricominciò a respirare soltanto quando la bionda esalò la propria risposta, facendola sorridere timidamente e dandole così il tempo di separarsi da lei. «Ti andrebbe di sederti qui?» le chiese, indicandole i gradini. Si accomodò sulla pietra fredda e raccolse la borsa in grembo, accarezzando la gonna ripulita. La strinse forte, sbiancando le nocche delle mani, e si rilassò subito dopo provando a riprendere il controllo delle proprie emozioni; non poteva permettere a se stessa di investire Nieve con i propri pensieri né con il racconto dell'accaduto. Non senza prima aver affrontato la questione più impellente di tutte: «Mike è ancora alla festa?» chiese timorosa, come se avesse appena confessato il più terribile dei crimini e si aspettasse una punizione esemplare «E' arrabbiato? Sicuramente è... confuso. Non è vero?» e lo sguardo tornò subito alle proprie mani, esaminando i punti in cui il Dittamo aveva curato le sue ferite. Nella sua lista di persone con cui parlare, Mike era il punto più cruciale e benché sapesse di non aver fatto nulla di sbagliato, in qualche modo il suo cervello continuava ad elaborare le immagini di lei ed Aiden insieme, come se tutto ciò fosse stato tremendamente sbagliato. *E lo è.* Il senso di colpa per aver taciuto una serie di avvenimenti le aveva divorato lo stomaco, inflitto alla sua mente la pena dei ricordi peggiori e le aveva mostrato un futuro - del tutto immaginario - dai contorni oscuri, ma allo stesso modo molto chiari e definiti. Mike ne faceva parte, anzi ne era il protagonista, e il solo pensiero di una lite col Serpeverde avrebbe facilmente potuto indurla a fare marcia indietro sul perdono elargito con tanta oculatezza.

Annuì alla risposta della Rigos, preferendo non aggiungere nulla a ciò che lei aveva sentito di dover dire. Le era grata, in modi che prima di quella sera non avrebbe mai pensato di considerare, ed era certa di essere in debito con lei ben più di quanto la Grifondoro osasse immaginare. «Ti va di dirmi che cos'è successo prima della consegna della Coppa?» chiese allora, estraniandosi e cancellando l'immagine del volto di Mike dalla mente. Non volle pronunciare il nome di Weiss, poiché la certezza di una reazione di Nieve era ciò che più la terrorizzava in quel momento. Mentre l'amica esponeva la propria versione dei fatti, l'unica a cui lei potesse attingere, le immagini di quello scontro - seguito da lontano - le balzarono alla mente. Riuscì finalmente a capire quale fuoco avesse incendiato l'anima di Nieve, quale delusione avesse smorzato il buon umore sul volto di Aiden e udì persino il suono di un'amicizia infranta, come un calice di cristallo sfuggito alla presa. Le lanciò uno sguardo in tralice, indecisa su come proseguire. Si aspettò una risposta che non venne immediatamente e fu sul punto di incalzarla, ma - anche in quel caso - seppe che sarebbe stato meglio tacere. Nieve Rigos aveva i propri tempi, persino per digerire la condotta delle persone a lei care. «Non si è comportato bene, questo lo so.» ammise, allungando la mano verso quella dell'amica e cercando di infonderle la propria vicinanza, soprattutto quella emotiva, stringendole il palmo con dolcezza «Però... è una cosa che riguarda me, Ninì. Mi vuoi bene e anche io te ne voglio, lo sai. Apprezzo quello che hai fatto per me, stasera. Sei l'amica migliore che si potrebbe desiderare e farei lo stesso e anche di più per te... in qualsiasi momento.» - incrociando il suo sguardo le avrebbe sorriso incoraggiante - «Ma quello che è successo tra me e lui, non deve cambiare la vostra amicizia. Insomma... lui... sa di aver sbagliato. Non lo posso perdonare, non... così facilmente. Però... non potrei perdonare me stessa se sapessi di averti isolata ancor di più.»
No, non poteva accettare di essere responsabile di un simile fardello, non quando aveva riposto in Nieve la fiducia di una confidenza che, inconsapevolmente e stupidamente, aveva contribuito a mutare in una cruda separazione. Deglutendo faticosamente, provò ad aggiungere: «Nella Sala Grande non... non sono riuscita a spiegarti come mi sia sentita nel vederlo e vorrei provarci adesso, se me lo permetti. Voglio... vorrei che mi ascoltassi, Nì. Lo vorrei davvero.» - sospirò.
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view post Posted on 30/1/2019, 21:51
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In tutta risposta, Nieve sedette sui gradini, affiancando l’amica. Un insolito tepore le dominava soffusamente il petto e risaliva lungo il collo per arrivare fin sul volto. Un lampo di tristezza macchiò il verde degli occhi grandi, costringendola a chinare lo sguardo e a rilasciare un sospiro: aveva cominciato a voler bene ad Astaroth allo stesso modo, finché l’affetto non si era trasformato nella forma più genuina e spassionata d’amore. Pur senza aver mai trovato il coraggio di ammetterlo, aveva considerato Astaroth Morgenstern una madre più che un’amica e il dolore di vedersi tradita, prima, e abbandonata, poi, aveva funto da richiamo per un patimento a stento tollerabile, del quale non era capace di disfarsi. Come spesso accade dopo la rottura di un rapporto umano sul quale si è fatto lungo affidamento, nonostante la brutalità dell’ultimo scontro, s'imponevano con maggiore frequenza le occasioni in cui Nieve ricordava i momenti belli trascorsi in compagnia della barista e docente, non anche le frizioni: le chiacchiere ai Tre Manici, le lezioni di seduzione in ufficio, il tintinnio dei calici, il sole forte di Villa dei Gigli durante un torrido agosto scozzese… Quand’era successo che la nostalgia aveva preso il posto della rabbia?
Cedette all'ennesimo sospiro.

«Mike è alla festa e ti sta cercando,» rispose con tono sommesso. Nel lucore che le dominava lo sguardo, stavano ancora i residui di un sentimento duro a morire e che, come sempre, s’impose su tutto il resto. Astaroth continuava ad esercitare un enorme potere su di lei. «Mi ha raggiunta dopo la premiazione per congratularsi, ma era evidente che fosse lì per capire che fine avesse fatto la sua ragazza. Per un attimo, mi sono trovata spiazzata perché… Be’, perché non sapevo dove fossi dopo…» Lasciò la frase in sospeso, mentre l’amarezza targata Weiss giungeva a sgominare il dominio Morgenstern. «Comunque, Maurizio, l’italiano, ricordi? Ecco, lui e il Midnight mi hanno aiutata. Mi fa senso perfino pronunciare questa frase, Merlino!» Dopo un’espressione vagamente sconcertata, ridacchiò. «Insomma, gli ho detto che eri andata un attimo in Sala Comune per rifarti il trucco e gli ho suggerito di dividerci per perlustrare la Sala Grande: chi di noi due ti avesse trovata per primo, ti avrebbe tenuto ben stretta finché non avessimo incontrato l’altro. Converrai che siamo delle guardie del corpo non efficientissime, ma quasi.» Le regalò una linguaccia. «E, sì, è confuso. Ma non penso abbia intuito nulla del putiferio che è accaduto. Le mie rassicurazioni dovrebbero averlo tranquillizzato.»

La domanda successiva di Thalia costrinse Nieve a irrigidirsi, pertanto distolse lo sguardo. Dinanzi a loro, campanelli di persone godevano dello spettacolo offerto da Hogwarts a beneficio di un pubblico vastissimo. La risata di una donna di mezza età, fasciata in un eccentrico abito giallo e fucsia, finì per contagiarla, rispedendo momentaneamente al mittente la durezza insorta nel suo animo.
Le frasi che seguirono, pronunciate con cautela dalla bocca dell’amica, provocarono una strana irrequietudine nella Rigos. Avrebbe voluto risponderle a tono e dirle che, per quanto la riguardava, Aiden poteva spartirsi il regno degli inferi col demonio; che non lo avrebbe mai scusato per essersi comportato in quel modo e aver fatto soffrire una delle persone che aveva più care al mondo; che il desiderio di prenderlo a pugni le faceva ancora pizzicare le mani; che…

«Lui sa di aver sbagliato? Lui sa di… Ti è venuto a importunare?» Il tono di voce di Nieve, d’un tratto più alto di qualche ottava, tradì il rancore che ancora fremeva sotto gli strati più superficiali di presunto candore. Era vestita in un modo che si confaceva al suo nome, ma era evidente che Nieve non ne incarnasse la delicatezza. Dentro di lei, divampavano collera e indignazione. «Dio mio, lo prendo a sberle qui e ora!» E lo avrebbe fatto, pronta a scattare e a gettarsi in picchiata giù per i gradini, se la supplica di Thalia non l’avesse fermata. Mantenne un attimo la contrazione muscolare, indecisa tra l’urgenza di suonarle — dopo avergliele cantate, pareva una normale conseguenza — a Weiss e quella di rimanere. Ancora una volta, Thalia ebbe la precedenza. «Ti ascolto!»


 
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view post Posted on 31/1/2019, 21:36
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Thalia Jane Moran

Interagire con Nieve Rigos equivaleva, in termini di difficoltà, alla creazione di una pozione ad occhi chiusi e senza conoscere gli ingredienti e le loro proprietà. Per carattere Nieve era esplosiva, imprevedibile e suscettibile, ben più di quanto Thalia stessa non fosse disposta ad ammettere; col tempo aveva imparato a dosare le parole, il tono e l’intenzione, così come avrebbe fatto con una pozioncina per evitare un'esplosione in piena regola o con un animale pericoloso. I capelli argentei, scarmigliati e sciolti in parte sulle spalle dell’amica, davano l’idea dello sconvolgimento interiore della ragazza. Come se Thalia avesse acceso la miccia, la fiamma era divampata e un baluginio negli occhi verdi della Rigos le aveva comunicato rabbia e frustrazione; Thalia si era sentita allo stesso modo, per un mese intero. Ed era incredibile - ancora non riusciva a spiegarselo - che fosse riuscita a parlare con lui, quasi civilmente, nonostante il desiderio di polverizzarlo; si era limitata ad una scena di puro isterismo, un fattore che le aveva lasciato addosso una vergogna difficile da cancellare. Lei, che era sempre accorta e misurata, aveva perso la ragione e anche la dignità. Per assurdo, quell’immagine la lasciò ammutolita, troppo assorta al pensiero di come sarebbe potuta andare se non gli avesse concesso nulla di quanto accaduto. «Non mi ha importunata.» biascicò flebilmente, trattenendo l’amica e costringendola a restarle seduta accanto «Temo fosse inevitabile. Per certi versi siete uguali--» fu l’occhiata che Nieve le lanciò ad interrompere quel pensiero a voce alta «-voglio dire che avete lo stesso modo di affrontare le cose che non vi piacciono. Tu ti butti a capofitto nelle cose, hai bisogno di farti male per capire che qualcosa non va bene. E lui… lui è come te. Cocciuto e impulsivo. Passionale anche. Prendete di petto le situazioni e non v’importa che cosa succederà dopo. Vi importa soltanto di aver seguito il vostro istinto e tanto vi basta.» - sospirò stanca e si ritrovò a pensare a Mike, alle parole di Nieve su di lui e sul fatto che se quella conversazione con la Grifondoro le era sembrata difficile, quella col suo ragazzo lo sarebbe stata anche di più. Pensare a lui in quel momento le provocò una fitta allo stomaco, che scacciò immediatamente al pensiero di poter inventare un modo efficace per affrontare il momento peggiore di tutta quella storia con i preziosi minuti che Nieve, Maurizio e persino Midnight, le avevano fornito. Inoltre, era difficile spiegare perché stesse cercando di far riappacificare Nieve ed Aiden quando, in realtà, avrebbe dovuto lasciare che le cose proseguissero per conto proprio, così come doveva essere. Eppure, in un angolo remoto del suo cuore, sentiva di aver preso parte attiva in quella separazione e sapeva di dover fare un ultimo disperato tentativo per Nieve. «Ed è proprio perché siete simili che non potete perdervi. Persino tu hai agito d'istinto nel difendermi e per quanto ti sia grata, devi ammettere di aver preso questa cosa troppo sul personale. Vedila così: devi trovare il modo di scendere a patti con la tua impulsività e perdonare la sua. Perché non è giusto che tu lo punisca, Nì. Non lo è.»

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«E comunque, per qualche ragione... il mio cervello - a quanto pare son più stupida di quel che credo - ha ignorato il fatto che foste amici e non ho pensato che lui potesse girarti intorno. Immaginavo che se mi avesse vista mi avrebbe parlato. Per la prima volta in vita mia sono scappata a gambe levate davanti ad un problema. E mi sento così male, Nì. Non puoi davvero immaginarlo.» e nel dirlo, le sue dita lasciarono quelle di Nieve per coprire il volto e gli occhi. Non si era mai tirata indietro, nemmeno quando avrebbe potuto farlo: aveva accettato qualsiasi sfida, come se ne andasse della sua vita; eppure, alla vista di Aiden Weiss aveva sentito il bisogno di correre via, di nascondersi come la codarda che sapeva di essere in quel momento. Persino ora, in compagnia della Rigos, Thalia Moran si nascondeva. Il confronto con Mike la spaventava a morte e, sbuffando, si torturò le dita affusolate cercando le parole più convincenti per proseguire. Lo spazio vuoto lasciato dall'Anello Gemello sull'anulare sinistro le ricordava costantemente quanto fosse sciocca e come quella semplice dimenticanza avrebbe potuto gettare il Serpeverde nel panico più totale. «Non gli ho reso le cose facili.» ammise e un rapido sorriso le curvò le labbra, prima di morire in un'espressione triste «Quello che più mi sconvolge è che pur volendo mantenere il controllo della situazione, isolandolo e provando a dimenticarmi della sua esistenza... ho finito per fare tutto, tranne mantenere la calma. Anzi, mi è tornato spesso alla mente, come un incubo ricorrente. Forse gli ho parlato per dimostrare di non aver paura, di poter essere me stessa nonostante tutto. E invece, credo di essermi resa ridicola e non lo sopporto.» sospirò. Fu allora che i suoi occhi grigi, velati di lacrime, si volsero a cercare quelli verdi di Nieve. Li aveva sempre trovati rassicuranti, nonostante la Grifondoro fosse più una creatura di cui prendersi cura e non, come in quel momento, un porto sicuro contro la tempesta. Thalia si sentiva come a bordo di una nave, in balia delle onde tumultuose, pronta a colare a picco insieme al vascello su cui aveva avuto la disgrazia di salire. «Se non fossi stata tanto saccente, forse... forse non mi avrebbe baciata.» e, ancora una volta, il volto di Aiden Weiss tornò ad imporsi alla sua memoria, come l'immagine di un brutto sogno che torna a galla durante il giorno. Ridacchiò senza allegria, emettendo uno sbuffo e scuotendo lentamente il capo. «Voleva così disperatamente il mio perdono, Nieve... per quanto volessi negarglielo... non ce l'ho fatta. Non del tutto. Forse... forse perché sapevo di meritare una lezione.» - la verità sottesa l'aveva spaventata in quel momento così come poco prima, all'ombra del primo piano e lontana dall'euforia della festa. Le risate degli invitati erano l'unico suono proveniente dalla Sala Grande che potesse fornirle un metro di paragone valido di quanto quella serata fosse andata diversamente da come sperato. Non smise di guardare Nieve, cercando in lei il conforto che non era minimamente riuscita a trovare da sola, in se stessa e nelle proprie decisioni.
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view post Posted on 2/2/2019, 12:52
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«No.» La risposta di Nieve si espresse nei toni di una schiettezza brutale. Lapidaria, studiò il viso di Thalia senza ritrovare nell’altra la persona che aveva conosciuto e imparato a stimare negli anni; l’amica — la sorella — cui voleva bene nonostante le rimostranze della ragione. «No,» ripeté, seccata. «No a tutto, Thalia. No al fatto che io ed Aiden siamo uguali; e no al fatto che tu meritassi una lezione, questa lezione. No e basta.»

La guardò in preda a una confusione emotiva che brillava per intensità. Le batteva il cuore perché temeva lo scontro che sarebbe potuto derivare dallo scambio in corso; e le batteva il cuore perché la indignava il pensiero che l’Auror fosse riuscito a plagiare a tal punto la mente dell’amica. Pur essendo giovane e inesperta, Nieve imparava in fretta: era bastato leggere il dolore sul volto di Thalia per comprendere la portata dell’errore che l’uomo aveva commesso. Era una deformazione che ben si attagliava alla necessità di sopravvivenza che l’aveva accompagnata per un lungo arco di tempo, durante l’infanzia. Le seconde possibilità erano un lusso che i disgraziati come lei ed Ỳma non potevano permettersi.

«Quindi, mi stai dicendo che io me le sono meritate tutte le volte?»

Il riferimento cadde tra loro con una gravità a tratti solenne. Nieve aveva impiegato del tempo per rivelare la verità circa il proprio passato e lo aveva fatto con una certa buona dose di pudore. Non era scesa nel particolare dei singoli episodi, ma aveva detto quanto bastava perché Thalia capisse cosa avesse passato: le cicatrici che la ricoprivano diffusamente — ne aveva sulla schiena, sulla nuca, sugli arti, sul seno — erano frutto di atti volontari e non dell’intervento di un mero accidente.
Nel presente le mostrò il dorso della mano destra, dove i margini frastagliati della pelle ispessita deturpavano il suo corpo giovane. Di rado le importava di quei segni; vi era così abituata da non percepirli neppure più a occhio nudo. Era il confronto con le coetanee e i loro fisici perfetti che, di tanto in tanto, le generava il complesso di non essere abbastanza o, peggio, di essere sbagliata. In quel momento, però, le ragioni del suo malcontento rifuggivano il giudizio di un canone estetico insoddisfatto.

«Se non fossi stata… Be’, se non fossi stata io forse non me le avrebbero suonate come me le hanno suonate. È questo che vuoi dire?!» Parlò con voce dura, arrochita dallo sforzo di rendere inaccessibile le sue obiezioni agli astanti più prossimi e dal desiderio di risultare autoritaria, benché l’espressione sul suo viso richiamasse le tinte di mortificazione della bambina che era stata. «Che, se fossi stata più buona, più saggia, più bella, magari mi avrebbero risparmiato? Mi stai dicendo che è colpa mia? Perché, se ti spingi a dire che è tua la responsabilità del gesto di Aiden, devo cominciare a pensare che valga la stessa regola per me.»

Le lacrime annacquarono il verde degli occhi grandi, riflettendo il bagnato di quelli di Thalia, ma l’emozione che li dominava era di natura assai differente. Nieve non usava mai la carta della sua infanzia. Era così raro che ne facesse menzione da ritenere un miracolo il fatto che si fosse aperta con Thalia anche una sola volta a riguardo. Odiava sentirsi sporca, debole e remissiva, almeno quanto odiava l’incapacità di giustificarsi: razionalmente, sapeva di non aver meritato le botte; emotivamente, la piccina che i traumi avevano cristallizzato s’incolpava del male subìto. Ascoltare le parole pronunciate dalla Moran la trafisse da parte a parte in modo del tutto inaspettato. Solo il tepore del bene che si erano reciprocamente confessate poco prima ne mitigò la violenza, imponendole di rimanere.

«Se anche fossi stata impertinente, avrebbe potuto risponderti a tono e fartelo notare. Ma metterti le mani addosso..? Che diavolo stai dicendo, Thalia?»

Una parte di lei, in profondità, percepiva le ragioni che muovevano la Tassorosso: la Moran era cresciuta in un ambiente sano e rigoroso, che l’aveva protetta dalla violenza più brutale, quindi era portata ad assorbire un po’ di riflesso le convenzioni sociali. Un bacio rubato è una sciocchezza, una toccata en passant è una forma di corteggiamento, un fischio per strada è un apprezzamento da parte di chi non ha i mezzi per elevarsi dalla propria condizione di ignoranza. Non avrebbe dovuto stupirla che Aiden fosse riuscito ad entrarle così tanto sottopelle da minare ciò in cui più credeva, ovverosia sé stessa, spingendola a disgregarsi poco alla volta. Era un ragazzo più grande, che rivestiva una posizione di potere, e aveva ottenuto furbescamente il risultato di farla aprire su un segreto serbato a lungo e con cura. Se di fronte a un coetaneo Thalia avrebbe mostrato gli artigli, al cospetto di un uomo non era che una ragazzina disubbidiente. Ma Nieve aveva già sperimentato la vasta gamma di violenze di cui era capace l’essere umano. Per essere stata davvero una vittima e per aver ricoperto la parte di chi si incolpa di una responsabilità non sua, non tollerava l’ingiustizia di un ribaltamento di ruoli.

«Nessuno ha il diritto di metterti le mani addosso,» sussurrò, stupendosi di essere riuscita nell’impresa di parlare. Non fu altrettanto abile con un paio di lacrime, che dovette asciugare rapidamente coi polpastrelli. «Nessuno ha il diritto di metterti le mani addosso,» ripeté, «se tu non vuoi. Mai.»


 
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La negazione decisa ed il tono accuratamente ostile le fecero ben intendere lo stato d’animo di Nieve. Rimase interdetta nello scoprire con quanta forza l’amica tentasse di dissociarsi da un comportamento vile come quello di Aiden, dalla natura che così bene condividevano e che lei sembrava non voler accettare. Nelle rare conversazioni sul suo passato, Nieve non aveva mai accennato con troppa cura ai soprusi subìti né aveva mai manifestato la necessità di spiegare la presenza delle cicatrici sulla pelle diafana esposta. Ogni volta che lo sguardo della Tassorosso vagava sulle mani in costante movimento della Grifondoro un pensiero tremendo si affacciava sulle loro conversazioni e le mille domande a riguardo non trovavano mai libero sfogo, impigliate in gola e soppresse dalla ragione. Nieve aveva avuto una vita diversa dalla sua, al punto che si sentì una stupida per aver affrontato la questione con argomenti tanto deboli. «Non ho detto questo, Nì.» mormorò in risposta e subito l’altra intervenne nuovamente, zittendola all’istante. Non ebbe il coraggio di contrastarla, non su un campo di battaglia tanto svantaggioso per lei: Nieve si muoveva con estrema attenzione, investendola con ragionamenti del tutto logici e supportati da una frustrazione che avrebbe soltanto potuto provare a comprendere. Si era chiesta molte volte che cosa le fosse accaduto in Islanda, in quel suo villaggio dimenticato da tutti, e non era mai riuscita a scoprirlo, tale era la paura di risvegliare nell’amica gli antichi demoni della Paura e della Vergogna. «Non è la stessa cosa, Nieve.» sospirò infine, volgendo finalmente lo sguardo sul suo volto furente. Benché sapesse che quella rabbia non fosse rivolta a lei, in quel momento si sentì responsabile per quella furia cieca che, presto o tardi, avrebbe investito di nuovo Aiden Weiss. «Vuoi forse dirmi che un bacio rubato equivale a questo?» le prese le mani, mostrandole il dorso martoriato dalle cicatrici. «Non oserei mai paragonarmi a te. Mai.»

Nel tono pacato aleggiava lo spettro della stessa furia, soltanto più contenuta. Si rese conto di doverle essere grata, ancora, per aver iniziato quel processo inverso per cui, del tutto spontaneamente, la Tassorosso aveva ricominciato a prendere coscienza di sé. «Io non sono te. La mia storia non è la tua. La mia è… è ridicola in confronto alla tua. Le ingiustizie sulla mia pelle non hanno lo stesso sapore delle tue. E che ti piaccia o no tu sei istintiva, cocciuta e appassionata! Guardati e dimmi che non mi credi.» sciolse la presa sulle sue mani e la fissò, certa che quelle parole avrebbero lasciato nuovi segni su di lei. Non voleva aggredirla, non l'avrebbe mai fatto se avesse potuto evitarlo; eppure, nell'osservare i suoi occhi brillanti velarsi di lacrime salate, non poté far altro che asciugare le proprie. Nella sofferenza di Nieve, Thalia rivedeva se stessa e forse le due non avrebbero mai compreso di esser state tanto legate come in quel preciso momento.

«Ha tentato di darmi il benservito a parole. Ci ha provato.» concesse, infine, quando entrambe trovarono nuovamente parte della calma necessaria a proseguire «Solo che io non gli ho dato scelta e l'unico modo che aveva per fermarmi è stato quello.» e impiegò qualche istante, il tempo di un lungo sospiro, prima di poter proseguire «Gli ho dimostrato che non poteva contrastarmi e ha scelto l'unico modo possibile per assicurarsi che avrei taciuto e che l'avrebbe avuta vinta. So che non ne aveva il diritto, ma non ho avuto la forza di oppormi. E' questo a darmi fastidio. Non ho reagito, né prima né dopo. Me ne sono andata e l'ho lasciato da solo in mezzo al bosco, intimandogli di non cercarmi più. Ancora una volta sono ricorsa alle parole, quando forse un incantesimo mi sarebbe stato più utile. Pensavo di essere soddisfatta, ma non lo ero per niente.»
Inspirò profondamente, gettandole sguardi preoccupati, senza capire quale sarebbe stata la mossa successiva più consona. Nieve non avrebbe perdonato Aiden e non spettava certo a lei mettere pace tra loro; ci aveva provato proprio per quell'istinto così radicato in lei, quello che le suggeriva di risolvere i conflitti anche se non la riguardavano direttamente. In quel caso, però, era divenuta parte integrante di un meccanismo veloce, all'interno di un gioco fatto di equilibri precari. La partita si giocava ormai sul terreno incerto dei sentimenti e se dai fatti si era passati al piano emotivo, allora il gioco era diventato ancor più serio e la posta pericolosa. Thalia ne era il centro, che lo volesse oppure no, e Nieve era la sua àncora a tutto ciò che di giusto, in quel conflitto, poteva esistere. Le scuse di Aiden persero di poco il terreno conquistato a fatica e le ragioni della Rigos occuparono le zone di confine. La bandierina posta sulla linea garriva al vento, in favore della Grifondoro. Per quanto desiderasse togliersi quel peso dallo stomaco, Thalia non sapeva affatto come affrontare quella situazione. Non avrebbe chiesto consiglio a Nieve, non avrebbe potuto; implicitamente, l'amica aveva esposto chiaramente il proprio pensiero e in un modo così lineare da non lasciare spazio a dubbi. L'incertezza regnava sovrana e nel silenzio Thalia si trovò sola, seppur intorno a lei la vita fremesse. Avrebbe dovuto sapere che la risposta ai suoi problemi non sarebbe emersa dal confronto con la Rigos, poiché nessuno ad eccezione di lei sola avrebbe potuto giungere all'esito più consono alla situazione. Per quanto spinosa, l'intera faccenda era solo e soltanto affar suo e Nieve non avrebbe potuto fare nulla per appianare le sue divergenze con Aiden Weiss. Il suo sguardo fu attirato allora da una coppietta alle porte della Sala Grande: dovevano avere pochi anni meno di lei, ma in quegli sguardi teneri Thalia riusciva a rivedere se stessa e il suo ragazzo, nei momenti in cui tutto sembrava perfetto ed immutabile. Non era mai stato tutto perfetto, naturalmente, ma l'idea che lo fosse l'aveva aiutata a continuare a sperare che, un giorno, le cose sarebbero andate meglio. Il ricordo di Mike allora la investì in pieno, così come la sua espressione incerta, ed un pensiero a voce alta esalò dalle sue labbra in un sospiro. «Che cosa dirò a Mike?»
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Stavolta, Nieve si sottrasse al tocco di Thalia, riservandole un trattamento che finì per negare l’immunità della quale le aveva fatto dono.
Le contraddizioni profonde che si radicavano nell’animo dell’islandese si erano estese anche all’aspetto esteriore della sua dinamica relazionale, così, se per un verso spasimava per essere stretta e amata, per un altro era assuefatta a un’aspettativa di brutalità. Per questa ragione, badava bene a mostrarsi fisicamente partecipe solo in circostanze specifiche e non sempre logicamente spiegabili: Vagnard aveva titillato i suoi demoni fino a suscitare una risposta inattesa, che attingeva proprio alla violenza cui era avvezza; Rupert ed Elijah si erano collocati sul terreno dell’esplorazione sessuale, che lo sconosciuto del Black Skull aveva portato a un livello altro; Horus aveva beneficiato degli effetti dell’innata predilezione che li spingeva l’una verso l’altro; infine, Astaroth aveva sconvolto il suo mondo.
Thalia, per conto proprio, era una persona non particolarmente avvezza alle dimostrazioni d’affetto solite; e tanto era bastato perché Nieve, cogliendo il messaggio sotteso alla natura dell’amica, mantenesse le dovute distanze senza la pretesa di invaderne gli spazi vitali. C’erano delle eccezioni ovviamente, come l’abbraccio in cui si erano rifugiate pochi minuti prima, e stavano tutte a dimostrare la profondità dell’affetto che le univa.
Per questa ragione, il bisogno di proteggersi proprio da lei ferì Nieve ben più di quanto avrebbe potuto oltraggiare la Tassorosso. Lo spettro di Astaroth tornò ad aleggiare su di loro, stringendo il suo cuore in una morsa d’ansia. Non poteva accadere di nuovo. Non poteva perdere anche Thalia.

«Non è questo il punto,» le disse, spinta a moderare i toni dal terrore cieco di vedere il loro rapporto infrangersi. «La tua storia non è insignificante e la mia non è importante. Sono solo… diverse. E sono contenta che sia successo a me piuttosto che a te,» proseguì, confidandole un pensiero che non aveva mai osato tradurre a parole. Le regalò un sorriso, mentre la mano sinistra copriva gli sfregi sul dorso della destra e Nieve teneva ancora le braccia rannicchiate contro il petto in una posa difensiva. «E lo so che sono testarda e istintiva, e so che potrebbe sembrare lo stesso di Aiden, ma non siamo uguali, Thalia,» ribadì, risoluta. «Mi conosci oramai e sai che mai, mai, mai mi sarei comportata nel modo in cui ha fatto lui. Non sono quel tipo di persona, quello che sente il bisogno di prevaricare gli altri con qualsiasi mezzo. Ho dei limiti, sono pochi e tutti a modo mio, ma li ho. E il fatto di non toccare gli altri se non lo vogliono è il più grande e il solo che spero di non oltrepassare mai, perché mi distruggerebbe.»

Il pensiero volò all’estate trascorsa e alla pena che aveva causato a Grimilde col suo comportamento. Era bastato vederne lo sguardo desolato e percepire il silenzio tirato tra loro nutrirne la tristezza, perché i suoi propositi di ribellione vacillassero. Detestava essere responsabile della sofferenza altrui, anche solo emotivamente. L’eventualità di spingersi a colpire qualcuno in modo indebito, se non per difendersi, la inorridiva al punto da frenare i suoi impulsi più appassionati: in estate, guidata dall'istinto di protezione verso Lavender, aveva afferrato la matricola Serpeverde per i vestiti senza mai spingersi oltre; e, a quello stesso ballo, aveva strattonato Sekhmeth per la giacca quando era stata colpita dalla tartina e s’era creduta sotto assedio. Nonostante l’irrazionalità del momento, non aveva nuociuto a nessuno dei due. Perfino Vagnard aveva dovuto reiteratamente provocarla — lo sputo, il getto d’acqua, il morso — per istigarla a brandire un colpo. Non poteva paragonarla ad Aiden.

«A differenza tua io conosco Aiden, Thalia,» fece per porre fine al silenzio. «E so che non è una cattiva persona. Lo detesto in questo momento e non ho intenzione di rivederlo mai più, ma lo so che non è malvagio… o, almeno, non penso. Non te ne ho mai parlato, ma ha aggredito anche me una volta. Non fisicamente, ma verbalmente.» Le costò uno sforzo immane tornare con la mente a quell’episodio; la tempia destra si concesse il lusso di una pulsazione, imputandole il dolore che aveva provato nel procedere alla rimozione del ricordo. Attorno all’interazione con Aiden e l’allora Renée, una nebbia fitta avvolgeva la sagoma di Christopher Channing, impedendole di vedere cosa fosse accaduto tra loro e preservandola da un sentimento che aveva avuto la meglio su di lei troppo a lungo. «Ho fatto una battuta scema delle mie al ballo del Plenilunio, quello sulle sponde del Lago Nero, hai presente? Non ricordo nemmeno cos’abbia detto con precisione, ma lui ha reagito in modo esagerato. Poi, si è scusato con una lettera e mi ha chiesto di incontrarci; e da allora è stato impeccabile nei miei confronti. Però, lui lo fa. Non so perché, ma ha questa tendenza a volersi imporre sugli altri anche a costo di fare loro del male.» La osservò con espressione confusa, poiché faticava a sua volta a mettere insieme i pezzi che componevano la personalità di Aiden. Si era illusa che l’episodio del ballo estivo potesse essere un caso isolato, ma l’esperienza di Thalia non deponeva in tal senso. E c’era dell’altro. «E credo che abbia fatto qualcosa anche a Niahndra. Una volta, mi ha chiesto di recapitarle una lettera e lei non ne era molto felice. Mi ha anche chiesto di stargli alla larga, ma io non avevo motivo di dubitare di lui. Aiden ha continuato ad essere gentile con me per tutto il tempo dopo il chiarimento. Ma adesso…» L’ombra del sospetto si insinuò in lei, spaventandola a posteriori per qualcosa che non era accaduto ma che sarebbe potuto accadere, stando così le cose. «Non so se abbia baciato anche lei come ha fatto con te. So che non ha mai azzardato una mossa simile nei miei confronti, però c’è un… uno schema?! Ha portato anche me nella foresta di Hogsmeade e, poi, a casa sua. Io…» Le lanciò uno sguardo significativo, incapace di pronunciare a voce alta i suoi timori. Per arrabbiata che fosse, non riusciva a pensare all’Auror in quei termini. Glissò la questione, veicolando la discussione altrove. «Ti capisco. Immagino come tu ti sia sentita, perché al ballo non ho potuto ribattere nemmeno io. Ero come paralizzata dal suo attacco. Quello che voglio è che tu non ti senta in colpa per non aver reagito, ma soprattutto non voglio più sentirti dire che sia tua la responsabilità di quello che ha fatto. Baciarti non era l’unico modo per zittirti. E lui è un Auror, Thalia. Dovrebbe proteggere le persone, non aggredirle. È per questo che sono così arrabbiata. Tu vuoi fare questo nella vita, no? Vuoi essere un Auror. Ti saresti mai comportata come lui, se fossi stata al suo posto? E con una ragazza più piccola, poi!» Si allungò timidamente per sfiorarle una mano, gli occhi fissi in quelli dell’amica. «Non è una colpa essere più intelligente e brillante di qualcuno. Non appena si fosse reso conto di non riuscire ad avere la meglio su di te, avrebbe potuto scegliere: accettare la sconfitta o giocare sporco. E lui ha scelto di giocare sporco. Capisci che intendo?»

Sospirò, sfinita. Come spesso accadeva nei confronti emotivi più impegnati, Nieve ebbe l’impressione di aver provato tutto troppo in fretta. E l’immagine di Aiden che cominciava a prendere forma nella sua mente avvelenava i ricordi dei pomeriggi trascorsi in compagnia dell’uomo. Aveva pensato di conoscerlo e gli aveva concesso di conquistare un po’ di terreno nella sua vita. Ma chi era veramente Weiss?

«Io gli direi la verità,» suggerì dopo un po’ per rispondere all’ultima domanda di Thalia. «Mike merita di sapere cos’è accaduto e sono sicura che non ti colpevolizzerebbe mai per quello che è successo. Non sei stata tu ad essere stupida, Morry. È stato Aiden a comportarsi da stronzo.»




Edited by ~ Nieve Rigos - 15/2/2019, 15:49
 
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Rimase delusa dalla testardaggine di Nieve, forse perché in tutto quel tempo, Thalia non era mai riuscita a vedere e apprezzare davvero la sua natura. Per certi versi, la Grifondoro aveva travisato le sue parole e ne era emersa un’offesa affatto intenzionale ai danni della biondina. Nonostante tutto, Thalia non si sentiva capace di contrastare l’idea che Nieve avrebbe avuto di Aiden da quella sera in poi, anche in considerazione del differente punto di vista sull’argomento. Per quanto le fosse risultato difficile parlare con l’Auror a tu per tu, da soli in uno spazio tanto grande come il Castello, ma incredibilmente ristretto e soffocante da un punto di vista prettamente emotivo, era quasi contenta di aver ceduto alle richieste dell’uomo, provando ad essere più aperta nei suoi confronti. Concedere seconde possibilità non era nelle sue corde e, al primo sgarro, chiunque avrebbe pagato lo scotto con la sua indifferenza. Aiden, però, era un caso particolare e quella specialità le fece incupire lo sguardo, mentre l’orecchio prestava ascolto alle parole dell’amica. Nieve aveva indubbiamente ragione e annuendo impercettibilmente, rispettando il suo spazio con un religioso silenzio, glielo fece intendere chiaramente.

«La tua capacità di darti limiti è l’unica cosa che vi differenzia. Sono d’accordo.» rimbeccò tristemente, sfiorandosi la guancia con le dita «E so anche che lui non è in grado di porsi dei limiti. Lo ha dimostrato… non solo ad Hogsmeade.» le concesse quel dettaglio in più per affermare una conoscenza più profonda di Aiden Weiss di quanto Nieve avesse preventivato. Forse lei lo conosceva da più tempo, ma per quanto la riguardava, Thalia aveva condiviso con Aiden aspetti della propria vita che mai avrebbe osato confidare a Nieve. Teneva troppo a lei per renderla partecipe di un fardello troppo pesante e si maledì di non potergliene parlare apertamente proprio in virtù di quell’innato senso di protezione nei suoi confronti. Il fatto che Aiden avesse osato attaccare verbalmente Nieve, un fatto di cui aveva ignorato l’esistenza sino a quel momento, le strinse lo stomaco in una morsa e sentì l’urgenza di alzarsi e correre da lui, soltanto per togliersi lo sfizio di schiaffeggiarlo come non era riuscita a fare nei momenti trascorsi insieme quella sera stessa. La rabbia che sentì montare mano a mano che il racconto di Nieve proseguiva si allineava al sentimento di repulsione provato nel bosco di Hogsmeade e quand’anche Nieve avesse provato a mitigarne gli effetti, la rossa avrebbe continuato a percepire in bocca il sapore del fiele. Avrebbe voluto aggiungere qualche insulto, ma così facendo avrebbe impedito all’amica di proseguire nel suo racconto; si ripromise di rimandare ad un momento successivo tutti i pensieri spiacevoli su quell’uomo, quando il nome di Niahndra comparve nella conversazione. Lo sguardo di Thalia si fissò in quello di Nieve, cercando disperatamente un appiglio. Come un fulmine a ciel sereno, la Tassorosso fu colpita da una sorta di epifania, in cui ogni dettaglio passato ebbe ben presto nuova collocazione e significato in quell’intricato quadro di avvenimenti. Ricordava con precisione, ora, l’intervento della Alistine all’ultima festa di fine anno, il suo sguardo truce e il senso di protezione che aveva percepito provenire da lei; ricordava la spinta sulla schiena esercitata dalle sue mani sicure mentre si allontanavano dal bancone in direzione degli spalti, prima della gara motociclistica e la sensazione che qualcosa di grave avesse contribuito a legare Niahndra a quell’Auror in apparenza tanto gentile e divertente. Fu come se, tutt’un tratto, non avesse avuto bisogno di chiedere spiegazioni alla Alistine, poiché le parole di Nieve apparivano ai suoi occhi come la verità assoluta e incontrovertibile. «Non sono mai stata a casa sua.» mormorò dopo qualche istante, la voce arrochita e lo sguardo perso nel vuoto di fronte a sé «E in un certo senso mi sento meglio a sapere che non sono l’unica.» e dicendolo, seppe di aver detto il vero. Nonostante tutto, sia Nieve sia Niahndra avevano un carattere così forte da farla ben sperare in una veloce ripresa di coscienza e di umore. La prima, seduta accanto a lei, aveva cercato in ogni modo di rassicurarla sulla totale assenza di colpevolezza da parte sua; l’altra, con cui aveva un rapporto limitato ma permeato da cieca fiducia, aveva ripreso a condurre la propria esistenza senza scomporsi affatto. Entrambe le avevano fornito un chiaro esempio di come, nonostante l’accaduto, fosse possibile tornare a respirare e ad aver fiducia nel prossimo. «No, non l’avrei fatto... ma io non sono come lui.» e anche quella verità la sconvolse al punto da indurla a chiedersi se le sensazioni provate in presenza di Aiden avessero un valore effettivo. All’inizio di quella serata, nel scorgerlo nei pressi del portale di accesso, un brivido di paura l’aveva percorsa da capo a piedi; aveva temuto di trovarsi sola con lui, per il timore più che lecito che lui potesse pensare di poterle parlare. Poi, si era verificata la scena più assurda a cui avrebbe mai potuto assistere: un contesto quieto, ma allo stesso tempo teso, in cui nessuno dei due avrebbe potuto dire più di quanto non fosse socialmente accettabile; e quando il peso di quella tensione si era fatto opprimente, aveva sentito l’urgenza di fuggire via, lontano da lui e dal suo sguardo perennemente puntato su di lei. Si era sentita infastidita, violata nuovamente da quello sguardo insistente e non aveva potuto fare a meno di trascinare con sé Nieve in quel baratro personale fatto di oppressione e disperazione. Quand’anche fosse riuscita a superare la questione a modo proprio e in completa solitudine - com’era intenzionata a fare incamminandosi ai piani alti - Aiden l’aveva trovata e dopo il primo momento di scontro, una strana calma si era impossessata di lei. Tutti quei sentimenti e quelle emozioni discordanti si erano incontrate e scontrate più volte nel suo petto, ognuna espressa da un doloroso battito cardiaco accelerato. Lo sentiva martellare in gola quel cuore ferito e non poteva farci nulla se, guardando l’Auror negli occhi, l’unico desiderio onnipresente era stato quello di richiedere giustizia per il torto subìto. Le tornò alla mente il braccialetto di cui lui le aveva fatto dono e si chiese per la prima volta se, con quel gesto, lui non avesse voluto comprare il suo silenzio. Aveva cercato di fare lo stesso con Nieve e Niahndra? Se lo chiese, deglutendo a fatica. «Ha scelto di giocare sporco perché è ben lontano dall’essere perfetto come vuole far credere.» concesse «E quello che mi fa arrabbiare di più è che ha cominciato ad avere su di me un potere che nessuno ha mai avuto.» *Nemmeno Mike.* «E’ ovvio che se mai sarò un Auror mi terrò ben lontana dai suoi comportamenti. Non dovresti proprio metterlo in dubbio, Nì. Però...» e qui fece una pausa, consapevole di attirare su di sé l’attenzione dell’amica fidata. «Vorrei che gli parlassi, almeno una volta. Se è vero che ha sbagliato con te e con Niahndra, forse la terza incomprensione potrebbe avergli fatto cambiare idea su queste cose. Mi capisci? Non voglio che lo perdoni, voglio che cerchi di capirlo.» le sorrise timidamente, incerta sulle conseguenze che quelle parole avrebbero prodotto su di lei. «Puoi odiare qualcuno solo se capisci la ragione e l’origine di quell’odio… ma non farlo solo perché mi vuoi bene e sai quanto mi abbia ferita. Io me la caverò, in un modo o nell’altro, ci riesco sempre.»

Con le mani ad oscurarle parte del volto piegato dalla sofferenza al pensiero di Mike, in pieno contrasto con le parole cariche di sicurezza pronunciate poco prima, Thalia borbottò qualcosa di incomprensibile tra sé e sé. «Non posso dirglielo.» ripeté sfinita, sbuffando e privandosi dell’aria all’interno dei polmoni «Non posso perché per quanto Aiden possa avermi ferita, non potrei mai permettere a Mike di soffrire per causa mia.» e nel dirlo, i suoi occhi avrebbero cercato quelli di Nieve. Aveva bisogno di quello sguardo per trovare la forza di spiegare quel concetto profondo e forse incomprensibile alla Grifondoro. A differenza sua, Nieve non aveva mai sperimentato l’amore. Non poteva esserne certa, ma l’amica non aveva mai avuto una relazione stabile né aveva nutrito l’interesse che lei, per prima, aveva provato per Mike. «Se gli dicessi di quel bacio, ne uscirebbe devastato.» proseguì, intrecciando le dita e poggiandovi il mento sopra. I gomiti puntellati sulle ginocchia le ammaccavano le ossa, ma era un prezzo congruo da pagare, almeno secondo il suo punto di vista. «Quel bacio non ha significato niente per me. Se avesse un valore, uno qualunque, allora dovrei parlargliene, perché vorrebbe dire che qualcosa tra noi è cambiato. Però non è così. Io non ho smesso di...» soppesò con cura il verbo amare, troppo importante per esser pronunciato alla leggera in un momento come quello «...per me non è cambiato niente.» concluse frettolosamente, schiarendosi la voce. Un sorriso amaro si dipinse allora sul viso sofferente e con un ultimo sospiro, esalò un ulteriore pensiero: «Mike non è violento, ma credo che se sapesse che cos’ha fatto Weiss, probabilmente lo sfiderebbe a duello. Credo… credo che lo farebbe.»
Fu con una sorta di gemito mascherato da un sospiro che, allora, si voltò verso Nieve «Capisci? Non posso permettergli di farsi del male. Basta che mi sia fatta del male io, dando la mia fiducia ad Aiden Weiss, ma non posso proprio permettere a Mike di cacciarsi nei guai.» sorrise, questa volta più serena «Credo di amarlo... al punto da non potergli permettere di rovinarsi per me così.»
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Nieve scosse il capo, dando riprova della sua testardaggine. Nel movimento, un paio di ciocche naturalmente arricciate le sfiorarono gli zigomi e la treccia si disfò ancora un poco; rimaneva lì, appollaiata sulla spalla spigolosa della Grifondoro, con l’aspetto stravolto di chi abbia avuto una serata pesante. E, in effetti, non era che così!
Quando tornò a parlare, Nieve lo fece soprassedendo molte delle questioni che avrebbero sollecitato la ferma attenzione (e preoccupazione) di altri — di questo narratore, ad esempio. C’era qualcosa che sembrava tratteggiare i sintomi della Sindrome di Stoccolma nell’ostinazione con cui la Tassorosso si dimostrava incapace di cogliere la realtà per come le veniva presentata, senza sentire il bisogno di romanzarla e coprire di un rosa tenue le sbavature di un resoconto in sé stesso già allarmante. E c’era un enorme e madornale errore di valutazione nell’insistere sulla somiglianza tra Nieve ed Aiden per chi, come Thalia, vantava di conoscere davvero la Rigos. Ma Nieve non aveva che sedici anni ed era bastato l’astratto timore di perdere l’amica ad attenuare la sua capacità di giudizio. Così, tutti quei segnali produssero in lei solo un vago sentore di amarezza, ma non assunsero le sembianze di un’obiezione.

«Non posso farti una promessa del genere,» le disse e, benché fosse certa delle proprie intenzioni, le parlò con un'espressione che aveva delle note infantili. «Non voglio mentirti, non a te. E la verità è che io…» Abbassò lo sguardo e serrò le labbra. Il peso di ciò che stava per dire, ora che le fiammate dell’ira si erano chetate in un dolce sobbollire, era di gran lunga maggiore delle accuse che aveva formulato fino a quel momento. «Non mi fido di lui. E non mi piace la persona che è. Potevo fingere che fosse tutto un malinteso fino a prima di stasera, ma non posso chiudere gli occhi solo perché non mi piace la verità. Ha ferito me e l’ho perdonato. Ha ferito Niahndra e ho soprasseduto. Ma ha ferito anche te e non posso dimenticarlo. E non è solo perché ti voglio bene.» Deglutì inconsapevolmente, presa dal timore che pronunciare a voce alta ciò che provava rendesse il Fato consapevole dell’ennesima sua debolezza e lo istigasse a portarle via anche quel legame. «Non posso perché non è più una coincidenza. E non sono sicura che sia saggio non avere paura di lui.» Un sorriso amaro si dipinse sulla bocca di Nieve, mentre riportava lo sguardo sull’amica. «Sai cosa? Non ci ho mai pensato ma… Se è vero che la spilla da Prefetto non fa di me una persona ligia alle regole e un esempio da seguire, è altrettanto vero che il distintivo da Auror non renda Aiden necessariamente una brava persona.» Le unghie tracciarono tanti piccoli solchi nei palmi chiari: detestava l’idea di essersi comportata da stupida e di aver dato la propria fiducia a qualcuno senza rendersi conto del pericolo, almeno quanto odiava la sensazione di star facendo un torto all’uomo. La persona che aveva frequentato non meritava il giudizio che stava per emettere. Ma l’aveva poi conosciuto davvero? «Magari, gli piacciono le ragazzine perché… perché siamo più deboli?! In ogni caso, non m’importa più. Voglio solo che si tenga a debita distanza da noi.»

Le parole che seguirono resero Nieve dolorosamente consapevole di due cose: Thalia, che sapeva mostrarsi sovente più lungimirante ed esperta di lei in materia di relazioni, aveva motivo di esibire una certa reticenza a confessarsi con Mike; e lei non aveva mai sperimentato le dolcezze del sentimento che irrorava il cuore dell’amica. Si lasciò scappare un sospiro, che mascherò con un sorriso e un cenno d’assenso.

«Lo capisco e penso tu abbia ragione,» le concesse, convinta. «Aiden ha già avuto più di quello che gli spetta. Non avrei mai immaginato che Mike fosse un tipo così impulsivo e direi che non sia saggio correre il rischio.» Adesso, i minuti trascorsi in compagnia di Oliver avevano il sapore tenue di ciò che è immaginario, come se Nieve non li avesse mai vissuti davvero. «E tu?» domandò d’improvviso. «Tu puoi promettermi di stargli alla larga, invece? E di avvisarmi se dovesse rimettersi in contatto con te?»


 
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Sospirò, senza sapere che cosa aggiungere alle parole di Nieve. Avrebbe voluto dirle molte cose e allo stesso tempo nessuna, poiché se quella serata era riuscita a regalarle qualcosa, quel qualcosa era tanta confusione e un senso di indefinitezza. Un attimo prima era decisa a seguire il proprio istinto, sincero e senza rimorsi, e il momento dopo la ritrosia aveva già preso il sopravvento su di lei, impedendole di essere onesta e trasparente come avrebbe voluto. Si limitò ad annuire, immersa in un silenzio soltanto suo, e comprese le parole della Rigos senza alcuna difficoltà. Avrebbe voluto rassicurarla che non si sarebbe più permessa di suggerire alcunché né di spingerla tra le braccia di quello che ora appariva ai loro occhi come un aguzzino.

«Se non posso fidarmi di quel distintivo, Nieve, che cosa mi resta?» chiese invece, il tono triste e lo sguardo dirottato altrove «Per quel che vale, io mi fiderei di te anche senza quella Spilla.» Le sorrise senza voltarsi e aggiunse in fretta «Perciò non posso pensare che Aiden Weiss sia così sbagliato da non aver compreso la portata della sua missione. E' vero, non è il Distintivo a renderti una persona affidabile, né può la Spilla da Prefetto renderti una persona migliore. Però... è per onorare quei simboli che ci impegniamo ogni giorno. E poi...» indicò con un vago cenno della mano i ragazzi riuniti in gruppetti ciarlieri nella Sala d’Ingresso e proseguì con una veemenza diversa, più pacata «Forse si è giocato l’onore e il nostro rispetto, ma questi ragazzini correrebbero da lui se ora succedesse qualcosa.» e il riferimento ai G.U.F.O. di Patrick Swan aleggiò pesantemente su quelle parole, ammutolendola per un istante. «Così come verrebbero da noi se Pix o un altro studente si comportasse male nei loro confronti. Non siamo perfetti, Nieve, e non voglio giustificarlo, ma… forse quando veste i panni dell’Auror, Aiden mette davvero da parte il suo essere così… stupido.» mise un’enfasi particolare a quell’aggettivo, quasi a voler sottolineare che - nonostante le molte arringhe in sua difesa - Aiden Weiss fosse ben lontano dall’essere perdonato. «Mi sono rivolta a lui in quanto Auror, all’inizio, ma poi… poi ci siamo comportati come persone normali, che parlano e condividono esperienze e sensazioni. Il suo problema è che si contraddice nel momento in cui agisce come un bambino e per questo meriterebbe davvero di essere buttato fuori dal Quartier Generale.» sbottò, lasciandosi pervadere da un fuoco diverso, quello tipico dell'indignazione. Si rese conto troppo tardi di aver potuto riaccendere la curiosità di Nieve su quell'incontro e si pentì di aver commesso un passo falso di simile portata; non avrebbe mai potuto raccontarle della Profezia, sarebbe stato troppo in una serata soltanto e non avrebbero avuto il tempo di sciogliere approfonditamente i nodi di quella questione nei pochi minuti rimasti, prima che quella serata terminasse. «L'unica cosa certa che posso pensare di lui è che sia avventato al limite della stupidità, ma non posso credere che sia meno Auror per questo, perché non so com'é quando svolge il suo lavoro.» - la sincerità di quel pensiero mitigò l'asprezza delle parole e fu come se Connor, suo nonno, fosse comparso magicamente accanto a lei, guidandola in quel ragionamento a tratti contorto. Non si nasceva per fare del Bene, ma si sceglieva di farlo giorno dopo giorno. Era questo a spingerla ad intraprendere la stessa strada di suo nonno - e di suo padre prima di lui - e non poteva credere che Aiden fosse così meschino da volersi approfittare di giovani donne a quel modo, quando - vestendo i panni dell'Auror - sarebbe stato in grado di morire per la loro salvezza. No, non poteva proprio pensarlo, ma si limitò a tacere permettendo a Nieve di interiorizzare quell'opinione e accettarla come tale. «Sono ben lontana dal perdonarlo totalmente e forse non lo vedrò mai più.» cominciò a dire poi, quando il silenzio divenne troppo pesante per essere sostenuto «E comunque... Penso che ci resterà lontano.» confermò, decisa a mantenere una netta linea di confine tra lui e loro «Credo di essere stata abbastanza chiara su quel punto.»

*Forse no.* Il ricordo del braccialetto nella borsa smentì ancora una volta le sue intenzioni e il reale svolgersi dei fatti, annacquando il buon senso con la fiducia nel prossimo. Per un momento, rintanati nell'ombra del primo piano, Thalia aveva desiderato credergli. Credere alle sue scuse. Credere che fosse un momento di insana follia ad aver guidato i suoi gesti. E ancora subentrava la Ragione e tutto si confondeva in un quadro dalle forme indefinite. Sospirò e non poté far altro che rimandare ad un momento futuro la resa dei conti con se stessa, peggiore del confronto fisico e verbale avvenuto proprio su quelle scale. «Posso prometterti che non mi farò cogliere impreparata, la prossima volta.» sorrise, non poté farne a meno, addolcendo quel tono amaro «Le coincidenze non mi piacciono, ma anche se non volessi più vedere Aiden Weiss... temo che il futuro continuerà a riservarmi spiacevoli sorprese a riguardo.» La degnò allora uno sguardo malinconico, senza riuscire a non pensare a quanto quella frase fosse dolorosamente vera. «Tu mi prometti che penserai a quello che ti ho detto sul fatto di odiarlo?» glielo chiese come se fosse stata una supplica ed ebbe l'impressione che Nieve non avesse compreso davvero la richiesta sottesa a quella domanda. «Ho sempre la sensazione che tu nasconda il tuo dolore nell'eccesso di buon umore, che non voglia farti toccare più del necessario dalle cose brutte che succedono intorno a te... e ne immagino la ragione. Solo, non voglio che passi il tempo ad odiare qualcuno che non si merita una considerazione simile. A meno che...» e questa volta le prese la mano, stringendogliela con dolcezza «...tu non senta di doverlo fare per andare avanti e questo lo capirei. Altrimenti, cerca di perdonare. E non sto parlando solo di Aiden.» lo sguardo cadde allora sulle cicatrici e sulle mani candide, cercando di trovare le parole per chiedere perdono anche per sé. «Mia madre dice che il perdono è solo per i deboli di cuore, quelli che pensano con la pancia e che non hanno idea di cosa voglia dire contrattaccare prima di soccombere. Il perdono però ti gratifica, ti rende migliore di chi ti ha ferito. Perciò ti chiedo... pensi di poter perdonare, Nì? Puoi perdonare me per averti privato di Aiden e per aver reso questa serata un inferno per tutte e due? Puoi?» - e incrociando lo sguardo della Rigos, Thalia cercò disperatamente la redenzione, come un assetato in cerca di una fonte nel più arido dei deserti. Poiché senza di lei Thalia si sarebbe sentita più sola di quanto fosse mai stata, Nieve era e sarebbe rimasta la sorella che aveva scelto, colei che per sempre avrebbe saputo riportarla sulla via della Ragione a discapito dei Sentimenti.
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view post Posted on 21/2/2019, 19:55
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Schiuse le labbra per parlare, ma le richiuse. E così ancora, ancora e ancora nel prendere nota delle parole di Thalia senza riconoscere nella persona che aveva di fronte l’amica che godeva di una grande prossimità al suo cuore. Allora, incapace di raccapezzarsi, sospirò e concesse al dubbio di insinuarsi in lei, piantando solide radici. L’opinione che aveva della Tassorosso era tale che, nel formulare l’ipotesi di un plagio da parte di Aiden, era stata rapida a scacciarla per non peccare di ingenerosità. Eppure, mentre la ascoltava arringare nemmeno troppo sottilmente in favore dell’Auror, mancare di siglare la promessa e confonderla con discorsi sul perdono, Nieve non poté fare a meno di chiedersi chi avesse di fronte.
La pervase una sensazione strana, d’un tratto e brutalmente, che la costrinse a distogliere lo sguardo e a cambiare posizione. Da protesa che era verso l’amica, fece roteare le spalle in direzione dell’ingresso e le cinse con le braccia. Sotto i polpastrelli, il tessuto leggerissimo che nonna Lucrezia aveva usato per confezionare l’abito le permise di cogliere più distintamente il contatto col proprio corpo. Dunque, strinse la presa per aggrapparsi a sé stessa come unica certezza in una serata che le aveva sottratto più di un solo punto cardinale. E sentì di volersi bene per esserci sempre stata, anche quando il mondo le aveva scagliato contro la solitudine nella speranza di vederla perire.
Un lungo silenzio intercorse tra le ultime parole di Thalia e il momento in cui Nieve decise di rispondere. In quel tempo, era riuscita a dare un nome al disagio che serpeggiava in lei fino a renderle quasi doloroso interagire con l’amica: era nauseata e lo era perché, per la prima volta da che si conoscevano, sentì di essere per la Tassorosso un’estranea ben al di sopra di quanto avesse mai pensato. Era colpa sua?, si domandò. Le cose che le aveva taciuto avevano, infine, determinato quel risultato?
Si rese conto di avere freddo.

«Andiamo,» le disse senza ancora cercare un contatto visivo. Le dita tamburellarono pigramente sulla curva delle spalle perché si riscuotesse. Nieve, allora, batté le palpebre e accondiscese. I suoi occhi verdi trovarono il grigio delle iridi di Thalia. «Mike ti sta cercando e…» Per un istante, la assalì il desiderio di tacere: non aveva senso star lì a insistere di fronte all’impermeabilità di cui si era bendata Thalia. Era come tentare di comunicare a parole con un sordo. Il bene che le voleva e l’ostinazione connaturata in lei, tuttavia, le imposero di aggiungere: «Credo che tu abbia bisogno di lui per ricordarti cosa significhi stare con qualcuno che non sente il bisogno di abusarti e spegnere il cervello, cercando e ottenendo giustificazioni quando sbaglia.» Una serietà innaturale per un’indole come la sua ne connotava i modi. «Non ho nulla da perdonarti, Thalia,» fece quindi, riprendendo l’ultima parte del discorso della Moran, «perché non ti ho mai permesso di scegliere per me: sono io che sto decidendo di non volere più Aiden nella mia vita. E sono sempre io che sto decidendo di non perdonarlo. Cosa vuoi che ti dica? Non riesco ad essere migliore di così!» In una situazione differente, avrebbe pronunciato quell’ultima frase con fare scanzonato e avrebbe smorzato i toni di una conversazione fin troppo pesante per loro due, ma decise di non commettere quell’errore. «Non posso dirti cosa sia giusto o sbagliato fare con Aiden, se tu debba perdonarlo, evitarlo oppure cercare un chiarimento. Mi terrorizza e angoscia il pensiero che tu possa vederlo ancora,» e fu evidente, in quel momento, che avesse inteso l’esistenza di qualcosa di non detto nella relazione tra l’amica e l’Auror, «ma non posso pretendere che tu rispetti il mio modo di pensare se non sono disposta a fare altrettanto. Solo… sta’ attenta, va bene?»

Si alzò, scrollandosi di dosso parte della gravità dei minuti antecedenti, e le porse una mano per aiutarla ad alzarsi. Solo allora tornò a sorriderle e l’algore esasperato che la connotava in quanto Nieve Rigos finì per stemperarsi.

«Andiamo, forza! Ho fatto una promessa al tuo ragazzo e conto di mantenerla.»




Edited by ~ Nieve Rigos - 5/3/2019, 15:17
 
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view post Posted on 26/2/2019, 20:26
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Quella serata le impartì, ancora una volta, una lezione durissima: le persone non rispondono mai secondo schemi prestabiliti o secondo la moda del momento. Thalia credeva di saperlo già, ma ignorava invece la verità ora palese ai suoi occhi. Anche Nieve, così anticonformista per natura da non ripetere mai due volte la stessa azione o frase, in quel momento la sorprese. Si scoprì delusa, ferita e affranta dal silenzio dell’amica, da quella posa che non lasciava spazio a nient’altro che non fosse la sua ragione. Più Thalia cercava di farle comprendere il senso delle proprie parole, con enfasi e piccoli gesti d’accompagnamento, più Nieve si rifiutava di capire il suo punto di vista, ribellandosi come un mulo di fronte ad una fatica troppo grande. Thalia giunse anche alla conclusione che Nieve non avrebbe mai potuto nemmeno immaginare lo smarrimento provato nel volersi opporre con ogni fibra del proprio essere ad un sopruso - nonostante la miriade di esperienze diverse vissute prima e dopo il suo trasferimento in Inghilterra - senza riuscirvi affatto. Naturalmente avrebbe potuto, si corresse mentalmente prima di tentare di ribattere a gran voce all'ultimo pensiero dell'amica, ma si rese conto - ancora e ancora - che tra lei e Nieve correva una differenza abissale. L'una, riottosa per principio e per spirito di sopravvivenza, non poteva corrispondere totalmente all'altra, poco avvezza ad accettare il sistema di leggi e regole, di giusto e sbagliato, senza aver prima lottato. Thalia odiava se stessa più di quanto potesse odiare Aiden, anche se un livello di astio come quello nei confronti dell’uomo era ben lungi dall’essere lieve; provava fastidio verso se stessa per l’incapacità di esprimere a dovere le proprie sensazioni e il grado di delusione nei propri confronti si acuì quando capì che Nieve non aveva voluto ascoltare i suoi consigli. Col senno del poi, la Tassorosso avrebbe cercato di dimenticare le emozioni contrastanti di quella sera, archiviando persino quel diverbio pacato con l’amica di sempre; le era chiaro, anche se non del tutto, che quello non sarebbe mai stato il momento adatto per lei di fornire consigli e che Nieve, nella propria lungimiranza, aveva cercato soltanto di farglielo capire a modo suo. «Già. Mike.» borbottò seccamente, distogliendo lo sguardo dalla figura dell’amica, in piedi davanti a lei. In quel momento non riusciva ad accettare la sua posizione rispetto alla faccenda ed ebbe il timore di non potervi scendere a patti per lungo tempo. Si chiese anche se la sua amicizia con Nieve sarebbe cambiata dopo quella sera e quel confronto, ma non seppe darsi risposta. Si munì allora di tutta la propria forza di volontà per non ribattere che sì, forse Mike non aveva adottato con lei un comportamento indecoroso come Aiden, ma nemmeno il suo ragazzo era esente da piccolissime imperfezioni. Non trovò saggio ribattere soprattutto perché, in quello stato, Thalia non sarebbe stata in grado di difendere nemmeno se stessa e le proprie scelte. Nieve non l’avrebbe ascoltata più del necessario e anche se sapeva che l’amica desiderava soltanto il suo bene - così come lei avrebbe sempre voluto il suo - non poté perdonarla immediatamente per la serietà e la brutalità di quel pensiero. Se spegnere il cervello fosse stato semplice, Thalia lo avrebbe fatto molto tempo prima e nessuno, nemmeno Mike, sarebbe stato in grado di compiere per lei un simile miracolo. Fece per alzarsi da sola ed incontrando la mano tesa verso di lei se ne assicurò la presa con la sinistra; rassettando l’abito e riprendendo possesso della borsetta, che assicurò tra le dita della mano destra, degnò la Rigos di uno sguardo ben lontano dall’essere accondiscendente. «Te l’ho detto, sarò pronta. Non posso certo impedirgli di incrociare il mio cammino...» e quella frase scivolò dalle sue labbra condita di una vena seria, a tratti offesa, della quale subito si pentì. Provò allora a simulare un sorriso, prima di esprimere le proprie scuse velatamente, come faceva sempre quando sapeva d’essere in torto. «A volte tendo a scordarmi che tra noi, quella davvero saggia sei tu.» e senza attendere risposta la prese a braccetto e cominciò a scendere con lei l’ultima rampa di scale. Dopo un lungo silenzio, alla soglia della Sala Grande, Thalia si rivolse ancora all’amica: «Non giudicarmi troppo male se questa storia resterà un segreto tra noi, va bene?» e lo sguardo abbracciò la Sala e i suoi occupanti, sincerandosi che nessuno dei suoi conoscenti fosse lì ad origliare «Non gli sto mentendo.» aggiunse frettolosamente, sospirando. Forse quell’ultima precisazione non serviva tanto alla Rigos quanto piuttosto a lei: mentalmente, aggiunse alla lista dei segreti anche il nome di Aiden Weiss, sperando di non doverne mai più riesumare il ricordo.
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view post Posted on 5/3/2019, 15:50
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Esistono poche sensazioni sgradevoli come il sentirsi a disagio in presenza di una persona cara. Nieve se ne rese conto a proprie spese, mentre la figura di Thalia affiancava la sua e, per un attimo, le incomprensioni spargevano il loro rapporto di una condensa spiacevolmente fredda. La stretta che aveva impegnato le loro mani era stata rapida, meccanica ed entrambe, quasi senza rendersene conto, l’avevano sciolta presto per evitare che si prolungasse più del dovuto. Infastidita dal rinnovato timore che un alterco potesse rovinare in un cataclisma come altre volte era accaduto, la Grifondoro distolse allora lo sguardo e lo fece correre sulla porzione di Sala Grande visibile attraverso l’arco. Le scappò un sorriso nel ripensare alle interazioni con Stephanie e Maurizio: per un attimo, perfino di fronte alle incomprensioni che orbitavano attorno al paventato triangolo Rigos-Sekhmeth-Rose, era stata solo una ragazzina che prende parte a un ballo; e si era sentita bene quasi quanto l’estate precedente, quando proprio in compagnia di Horus si era stretta nell’abbraccio di un’amicizia folle, intensa e genuina che, però, non aveva avuto alcun seguito. 
Stava ancora riflettendo sul regalo di Natale che gli aveva inviato, quando Thalia la prese sottobraccio. Il contatto rinnovato, dapprima, acuì la sua ansia e, poi, la scacciò.
S’incamminò insieme all'amica giù per la scalinata.

«Ehi, tu non mi hai giudicato per aver baciato Sullivan,» le disse, ora di nuovo frizzante. Il riferimento bastò a esercitare una lieve pressione attorno al suo diaframma, ricordandole la notte in cui Thalia l’aveva trovata nell’Ufficio Vuoto dopo lo scontro con Astaroth. Aveva dovuto ripeterle il racconto a mente più serena perché la sua denuncia divenisse intelligibile oltre le storpiature dei singhiozzi — le aveva rivelato del rapporto che le aveva unite e del modo in cui la strega l'avesse venduta al nemico, ma non aveva accennato al contenuto del litigio presso la torre di divinazione. «Non penso proprio di essere nella posizione per giudicare.» A quel punto, l’espressione di Nieve si fece più seria. Erano sul ciglio della Sala Grande, nel momento in cui aggiunse: «Avrò cura del tuo segreto, promesso.»

E ne avrebbe avuta davvero, come Thalia aveva fatto con lei quando Astaroth le aveva spezzato il cuore col suo tradimento, prima, e con la sua sparizione, poi. Mentre ne sfiorava il viso trapunto di lentiggini con gli occhi, Nieve si ripromise di prendere esempio dalla delicatezza che le aveva mostrato l’amica: si era mossa con grazia attorno a un argomento tanto spinoso e le aveva concesso di essere triste — profondamente triste! — in silenzio tutte le volte che Nieve non era riuscita a tirarsi su d’animo. Il ricordo della tenerezza che le aveva usato, raccogliendola letteralmente da terra in un frangente in cui non avrebbe saputo rimettersi insieme da sola, spazzò il loro legame della polvere di quell’ultimo dissapore e la nascose sotto il tappeto.

«Senti, ma ti ho detto che tutti pensano che stessi con Sekhmeth? Mi ha fermata una concasata super pettegola per dirmi che ora sta con la Rose… Ma circolano queste voci anche tra i Tassorosso, scusa? Che io e lui avessimo una tresca, dico. Mi immagino la faccia del povero Rupert! Che, con un po' di onestà, capirebbe anche di non avere chance con tutto quel ben di Dio... Ma io e Horus, dai!»

Mentre tornavano in Sala Grande, le loro confidenze si mescolarono al chiacchiericcio generale.
E tornarono ad essere solo due ragazze — due amiche — su una pista da ballo.




Edited by ~ Nieve Rigos - 26/3/2019, 14:37
 
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