| Morgan rimase interdetto quando la vide impappinarsi, possibile che non ricordasse quanti fratelli avesse? Il maghetto sgranò gli occhi, non potevano essere veramente così tanti da perdere il conto. Abbassò lo sguardo, convincendosi di averle fatto una domanda scomoda, magari anche Sheridan aveva argomenti di cui parlava malvolentieri, ma la descrizione che gli fornì lo convinse che in realtà non era così. Storse un attimo la bocca quando sentì che due dei fratelli erano Serpeverde, fino a quel momento non si era mai posto il problema che dei fratelli potessero finire in Case diverse, come fosse un marchio impresso nel DNA. La piccola strega inconsapevolmente aveva fatto cadere la mente ancora acerba in un nuovo sconforto, a quel punto non aveva più scuse per discolparsi dal blasone che portava al petto.
Due Serpeverde? Mi dispiace per te.
Sbottò non coprendo nemmeno una punta della sua ironia. In realtà era solo il frutto di quella strana sensazione che gli era nata dentro, come se si fosse un po’ arrabbiato senza capire il perché, alla fine la Tassa non aveva fatto nulla per innervosirlo. Alzò gli occhi per pensare quando gli venne posta quella domanda, doveva seriamente riflettere sui suoi parenti dato che, per sua gioia, non li vedeva quasi mai.
Mh, sì, ho dei cugini ma non sono di qui, frequentano una scuola… nel nord Europa… “Si perse un momento nel pensare se avesse dato loro la parte geografica esatta” mh… sì. Beh, non ho molti contatti con loro, quindi si può dire che non li abbia.
Liquidò la domanda in quella maniera dato che, nonostante fosse certo che fossero più grandi di lui, non aveva idea di quanti anni avessero, riteneva già troppo ricordarsi i nomi, che non specificò comunque ritenendola un’informazione superflua. In quel momento pensò che fosse un bene che non avesse cugini della sua età da parte di madre, essendo lei la più piccola del suo ramo ormai gli altri erano ben più grandi di lui. Annuì distratto, segno che era ancora impegnato a far mente locale. La piccola strega davanti a lui non aveva ancora dato modo di dimostrare gravi carenze educative, di conseguenza Morgan le credette in parola quando ammise che anche la sua famiglia teneva alle regole del buon costume. Lo trovava naturale, scontato, ovvio. Anche se di tanto in tanto, passeggiando per le stanze del castello si era imbattuto in individui veramente singolari, o addirittura, gente che sembrava uscita dalle foreste. Sheridan non dimostrava nessun tratto sbagliato, se non fosse per la sua – forse innata – invadenza; ma non poteva fargliene di certo una colpa, almeno fino a quando si sarebbe limitata a sbirciare le pergamene altrui che, per il Serpeverde riguardava già la soglia massima di sopportazione. Quando però insinuò che fra quelle mura era molto più coperta dal controllo della sua famiglia la testa gli si piegò spontaneamente di lato. Effettivamente nemmeno i suoi genitori, a meno che Morgan non avesse commesso un’azione abbastanza grave da spingere i docenti ad avvisare casa con un gufo, potevano osservarlo lì. L’idea di prendere la situazione con la stessa filosofia della Tassorosso lo solleticò per un breve momento, ma l’immagine di una Strillettera dalla Germania lo riportò subito con i piedi per terra. Inoltre cosa mai avrebbe potuto fare di diverso? Era convinto nella sua ingenuità che le cose sarebbero sempre state così, che non avrebbe mai sentito il bisogno di esprimersi, trasgredire e costruirsi una propria identità. Per lui tutto ciò che contava in quel momento era concludere quell’anno nella miglior maniera possibile, tornare a casa alla sua vita inutile e priva di ogni svago che gli piaceva tanto nonostante non si rendesse conto di essere inguaribilmente annoiato. Quando la vide sbattere le ciglia, come aveva già fatto un milione di volte dall’inizio di quella conversazione – forse aveva un tic – ebbe seriamente paura della sua risposta, ma non poteva dubitare peggio. Sospirò sommesso che quasi non si sentì nemmeno lui; sollevato dalle parole dell’altra, Alzò il mento soddisfatto, guardandola dall’alto.
Magnifico Sheridan.
Commentò lieve, abbassando la testa verso di lei in un accennato inchino, gesto che gli nacque spontaneo, lo preferiva di gran lunga al ringraziare con le parole, anzi, preferiva quasi sempre il linguaggio del corpo al posto di quello discorsivo. Per l’ennesima volta però, risultò essere pungente sul fattore dell’Erbologia, cominciava a credere che la biondina capisse al contrario le parole degli altri, ma non poteva ancora escludere che fosse lui ad essere poco chiaro, non sapeva spiegarsi il perché, anche se era abbastanza scontato data la sua categorica inespressività. Diede la colpa a quello, non si immaginava che forse era merito del fatto che provenissero da due mondi diversi. Sperava di motivarla con le sue parole, se qualcuno gli avesse detto che una determinata materia risultava particolarmente complicata, Morgan avrebbe fatto di tutto per dimostrare il contrario, che per lui non lo era affatto.
Beh ora non andare nel panico, non sono un indovino, non posso saperlo. La mia era una teoria…
Si passò una mano sulla guancia, oscurandosi la bocca, per paura che le sue parole potessero essere ancora fraintese.
Guaritrice? Quindi il Medimago?
Le chiese ignorando involontariamente la prima parte del suo discorso. Quel dettaglio purtroppo aveva catturato molto di più la sua attenzione, risultando leggermente scortese a non aver dato considerazione alle altre ipotesi. L’unica ragione che lo portò a quel comportamento era che non aveva mai conosciuto nessuno che volesse diventare un guaritore, la professione di sua madre. Non si era mai chiesto cosa fosse scattato nella mente della strega quando lo scelse, forse quella era l’occasione per capirlo.
Voglio diventare un Auror, cacciatore di Maghi Oscuri.
Disse con fermezza senza disturbarsi nemmeno ad usare il condizionale. Dentro di sé invece la questione era ben più complessa, sapeva che non sarebbe stato facile se i suoi voti in Difesa Contro le Arti Oscure fossero rimasti mediocri com’erano. Inoltre era ossessionato dal pensiero che se non avesse scelto quella via probabilmente quello cacciato potesse essere lui. Spostò per un attimo lo sguardo nella direzione in cui gli occhi azzurri dell’altra si erano posati, c’era una persona che leggeva. *Curioso vero Morgan? Una persona che legge in biblioteca… è stata creata per questo, non per far salotto, lo sai?* pensò. Sbatté lentamente le palpebre senza dar troppo peso allo sguardo fulminante di Sheridan, credeva che non brillasse di simpatia per quella persona, ma si guardò bene dall’investigare. Una volta che le ebbe spiegato la sua soluzione, ritornò di nuovo quella di prima scrollandosi di dosso la negatività con la stessa velocità con la quale si toglie un mantello. Morgan annuì saccente, non sapeva se lei avesse veramente intenzione di seguire i suoi consigli, ma se non lo avesse fatto si sarebbe di certo offeso anche solo per il tempo che gli aveva fatto perdere. Alzò un sopracciglio fissando il libro dell’altra, poi con un gesto secco prese la sua borsa e se la mise a tracolla.
Con permesso.
Sussurrò a testa bassa, come se stesse commettendo chissà quale affronto. Parlando con lei si era dimenticato la ragione per cui era lì: studiare. Non gli andava nemmeno bene disturbare i pochi studenti rimasti. Voltò lo sguardo di lato, come per cercare un qualche oggetto che testimoniasse l’ora ormai tarda.
Ti saluto Sheridan, torno in dormitorio per posare i libri. Dovresti avviarti anche tu, a breve sarà ora di cena, immagino che tu sia affamata dopo questo pomeriggio di studio.
Le disse con formalità, abbastanza bislacca per un undicenne, ma anche per lui. Il suo tono era impostato, come se tutta la confidenza presa fosse ormai svanita. Abbassò la testa in un altro accennato inchino, per quanto volesse evitare di farlo ormai era diventato un movimento involontario, spontaneo come respirare. Rimase in bilico, indeciso se dirle o meno che era stato un piacere conoscerla, era una formula di educazione, di solito lo diceva meccanicamente senza soffermarsi a pensare se fosse davvero così. In verità non ne aveva idea, non sapeva come ci si dovesse sentire quando si era felici di aver fatto conoscenza. Ricordò le sue parole, nessuno era lì ad osservarlo, quindi scelse la via del silenzio considerando che, solitamente, a quella frase era associato anche un gesto quale la stretta di mano, o peggio ancora, il baciamano, la cosa che più odiava al mondo. Proprio non gli andava di espandersi fino a quel punto, era riuscito a mantenere la sua sfera personale esente dal contatto fisico e gli andava bene così.
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