L'Equilibrio tra le Proporzioni, Privata.

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view post Posted on 10/2/2019, 23:02
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You can take the darkness out of the man, but you can't force him to step into the light.

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⚜ L’Equilibrio tra le Proporzioni ⚜
Thalia Jane Moran

Ne aveva abbastanza del brusio di sottofondo della Sala Comune e del graffiare delle piume sulle pergamene incartapecorite; aveva bisogno di uscire dal Sotterraneo, magari di vedere la luce del giorno e ricordarsi, una volta tanto, di rilassarsi almeno un po'. Scartò con grazia il Frate Grasso, appena rientrato nella stanza circolare attraverso la parete comunicante con i dormitori, e lo salutò con un cenno del capo ed uno svolazzo della mano libera. Nell'altra, il suo fidato manuale di Rune Antiche aveva appena finito di servire al suo scopo in quell'uggiosa domenica mattina di febbraio. Forse, nonostante la pioggia, il soffitto della Sala Grande avrebbe potuto incantarsi diversamente dal solito e mostrare, dunque, i salubri raggi solari di cui aveva disperatamente bisogno. Prima di uscire dal dormitorio, il Prefetto ammirò il proprio riflesso allo specchio, scoprendosi ancor più pallida del solito, e si pizzicò le guance provando a ravvivarne un poco l'incarnato. Tutto ciò che ottenne fu un dolorino diffuso su tutto lo zigomo e rassegnata si limitò ad uscire con la sua fidata scacchiera nel vano principale della borsa a tracolla. Era tempo di inaugurare il regalo della Rigos e quale occasione migliore di quella? Sperò di trovarla a gironzolare tra il Piano Terra e i giardini, magari fradicia e pronta ad essere canzonata a dovere. Scoprì con delusione che della biondina non vi fosse traccia ed imboccò senza indugi la strada verso la tavola di Tassorosso, praticamente deserta. Alcuni Corvonero chiacchieravano al proprio tavolo, seduti vicino al grande desco riservato ai docenti, mentre sporadici Grifondoro andavano e venivano senza meta apparente. Non fece caso ai Serpeverde, probabilmente rintanati nella propria Sala Comune ed ammaliati dalle grandi vetrate affacciate sul fondale del Lago Nero. Probabilmente anche lei, al posto loro, si sarebbe lasciata attrarre da quelle profondità sconosciute, ammazzando il tempo interrogandosi su quali straordinarie creature si celassero insieme a Avvincini, Sirene, Tritoni e alla famosa Piovra Gigante che nessuno aveva mai visto. Sospirò annoiata e nell'estrarre la scacchiera, esponendo i pezzi per la prima volta, apprezzò sinceramente Nieve e la sua generosità. Era stata una delle poche persone a comprendere quel suo piccolo vezzo e forse nemmeno lei era riuscita a comprendere la bellezza di quel gioco ed il valore intrinseco che questo poteva avere per la Tassorosso. Non soltanto aveva imparato a giocare con quei sedici pezzi quando era soltanto una bambina, ma aveva fatto di quel gioco lo schema mentale con cui affrontava ogni ragionamento. Nell'osservare i pezzi di cristallo ed i riflessi di luce emanati naturalmente, sorrise ancor di più all'idea di quanto si sarebbe divertita ad affinare la propria tecnica. Ebbene, Nieve aveva fatto centro di nuovo.

Giocare per conto proprio aveva un solo grande pregio: il silenzio. Nessuna voce estranea, la possibilità di immergersi completamente negli arzigogolati schemi e nelle mosse più azzardate. Finiva quasi sempre per sabotarsi da sola, ma questo non le importava: la lezione migliore di una partita solitaria era quella che ancora doveva imparare, ovvero sbrogliare la matassa creata dai propri ragionamenti e far sì che quegli stessi stratagemmi potessero esserle utili in futuro. La regola delle due - o addirittura tre - mosse avanti era tutto per lei. Costituiva il centro delle sue querelle, il mezzo per ottenere qualsiasi cosa. Se sai dove devi andare è meglio pensare al mezzo migliore per arrivarci. Le sue zie erano entrambe astute giocatrici e di tanto in tanto la degnavano di una partita o due, quando l'ospedale o il ministero non le chiamavano a rapporto; sua madre, invece, non faceva mistero della sua antipatia per quel gioco lungo e, a suo dire, inconcludente. Aveva imparato presto, insomma, a non fare affidamento sulla madre per quel tipo di divertimento ed aveva iniziato a dubitare allora del fatto che la donna non fosse mai stata davvero in grado di godere del proprio tempo libero. A Thalia però mancava un vero avversario con cui misurarsi e a lungo andare le partite in solitaria avevano iniziato ad annoiarla. Se non altro, si era detta, presto o tardi qualcuno che conosceva avrebbe varcato la soglia della Sala Grande e raggiungendola si sarebbe potuto persino arrischiare ad una veloce partita prima di pranzo. Sollevò il mento, stiracchiando le lunghe braccia verso l'alto soffitto incantato - ed uggioso -, prima di volgere lo sguardo al grande portale. Il sospiro soddisfatto morì sul nascere scorgendo le spalle larghe di una figura a lei nota, in procinto di avanzare spedita. Abbassò le braccia di scatto, l'espressione stranita in volto di chi teme di averla fatta più grossa del dovuto ed un pensiero improvviso *Non penserà che l'abbia chiamato, vero?!* Tornando ad osservare la figura in rapido avvicinamento, Thalia capì che sarebbe stata questione di attimi e avrebbe scoperto se e in quale misura i suoi timori fossero fondati.
Prefetto ⚜ 18 anni ⚜ Tassorosso

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Elijah Matthew Sullivan
view post Posted on 12/2/2019, 13:50






Elijah M. Sullivan - Caposcuola Serpeverde - 17 anni

Non sapeva nemmeno lui perché si ostinasse nel voler studiare in Sala Comune, abbandonando la sana abitudine della Biblioteca. Leggeva Trasfigurazione, cercando di fissare i concetti fondamentali per non fare fiasco con Channing, quello era un imperativo che aveva imposto a se stesso. Ogni tanto gli occhi chiarissimi si sollevavano, ispezionando con cura ciò che lo circondava. La sua postazione preferita era vicino ad uno dei finestroni che affacciava sul Lago, mettendosi però leggermente girato di tre quarti. Un gruppo di ragazzini del primo anno si piazzò proprio vicino a lui. Erano in tre, tutti intenti a scoprire cosa si muovesse al di là del loro punto d’osservazione. Finchè mantevano la bocca serrata, avrebbero potuto passare lì anche tutta la notte e farsi venire le occhiaie come bauli. Sembrava tutto tranquillo e silenzioso, finché uno dei tre non avvistò qualcosa. Ecco, appunto, fine della tanto desiderata quiete.
- Un Avvincino!
Elijah sollevò appena il capo. Sebbene le pupille chiamassero morte le ficcò di nuovo tra le pagine del libro.
- Era un Avvincino!
Fece finta di non sentire e continuò a leggere il paragrafo in questione. L'indice della mano sinistra spostò appena la pergamena per voltare la pagina. Riprese con calma la lettura e...
- Era un Avvincino!
Errare è umano, ma perseverare è diabolico.
- Era un Avvincino!
Fece un respiro più lungo del previsto, poi un altro lo seguì.
- Era un Avvincino!
- Abbiamo capito! - tuonò, senza però alzare la voce – Non avete dei compiti da fare?
Non attese la risposta, sistemò la divisa e recuperò le sue cose, pronto a dirigersi verso altri lidi.
Passò l’ingresso della Sala Comune e cominciò a camminare per i corridoi dei Sotterranei a passo di carica. Non ricordava di averli mai percorsi così velocemente, ma non si soffermò a chiedersi a cosa fosse dovuto tutto quel nervosismo che aveva in corpo. Valeva davvero al pena continuare la risalita fino ai piani alti? Beh, dato che era lì, tanto valeva provare a studiare in Sala Grande.
Sebbene non fosse affatto convinto della decisione, fece il suo ingresso, senza preoccuparsi di moderare l’andatura. Nonostante tutto, con la coda dell’occhio, riuscì a registrare due braccia che si sollevavano. Voltò lo sguardo chiarissimo quel tanto che bastava per far entrare la scena nel suo campo visivo e, con un un certo disappunto, riconobbe la faccia lentigginosa della Moran.
Oh, certo! Cosa cercava? Tranquillità?
Fece finta di ignorarla ma, passando a fianco al tavolo di Tassorosso le labbra si aprirono senza volere – Se cerchi di sembrare più alta allungandoti in quel modo, credo che tu abbia scelto la via sbagliata. Esistono degli strumenti di tortura medioevali che non sono affatto male.
Non si voltò a guardarla direttamente, ma i suoi occhi caddero sulla scacchiera che teneva di fronte a lei. Si fermò. Sollevò il sopracciglio perplesso, non la credeva tipo da scacchi. Non che gli importasse in senso diretto, ma la cosa gli fece venire in mente altre persone e finì per irritarlo ancora di più.
- Bell’oggetto – commentò asciutto, stringendo il libro di Trasfigurazione e le pergamene – ne ho regalata una a Mike per Natale, magari te lo ha detto.
E sarebbe già stato un buon inizio, visto che a lui non aveva detto nulla. Era chiaro che avesse molto apprezzato il pensiero. Rimase a fissare la Torre più scura, affascinato dai riflessi che mandava. La Torre...chissà come mai guardava proprio quel pezzo tra tanti, lui che aveva sempre avuto un debole per la Regina Nera.



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view post Posted on 12/2/2019, 17:18
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Thalia Jane Moran

Le coincidenze. Iniziava ad odiare quel concetto che per lungo tempo si era convinta di dover contrastare con ogni forza, dato che il futuro - almeno a suo avviso - doveva essere una conseguenza netta e precisa del suo meticoloso agire; non lasciando nulla al Caso, Thalia si era beffata della casualità abbracciando uno stile di vita meno approssimativo e più calcolato. Un po’ come negli scacchi. La vita, però, aveva deciso di dimostrarle quanto sbagliasse e quanto, poi, avrebbe dovuto imparare prima di poter anche solo pensare di ergersi da sola di fronte al Fato che tutto può. Anche in quel caso, mentre il suo sguardo sondava il volto serafico e l’espressione appena supponente di Sullivan, non poté far altro che constatare quanto le coincidenze fossero odiose. Quante probabilità c’erano che, tra tutti, fosse proprio lui l’interlocutore di una conversazione non ricercata? Perché non poteva esserci Nieve al suo posto? Oppure Mike? O magari una delle sue sorelle?

«Mi piacerebbe provarli su di te, Sullivan.» rimbeccò, provando a sorridere in modo compiacente. Il Serpeverde non rientrava nella categoria di persone che non incontrava il suo favore, eppure le sue espressioni facciali riuscivano a farle ribollire il sangue; se questo fosse dovuto all’eterna aria da dannato ed incompreso - che Sullivan si era cucito addosso come un abito di alta sartoria - non avrebbe saputo dirlo. Tutto ciò che sapeva era che presto o tardi i nodi sarebbero venuti al pettine e che nessuno dei due ne sarebbe uscito illeso. D’altra parte, ciò che li accomunava era una certa dose di eleganza, con quel sarcasmo lieve e delicato come una carezza amorevole, ma doloroso come uno schiaffo in pieno volto. Nonostante il fastidio che la sua vista e le sue parole le avevano provocato, facendole accapponare la pelle delle braccia, continuò a sorridergli esaminando il volume che il ragazzo teneva stretto al petto. Il titolo era appena visibile, oscurato dall'ombra che la figura imponente di Sullivan gettava davanti a sé. *Trasfigurazione. Uhm.* Non ebbe nulla da dire sull’argomento e una parte di lei se ne dispiacque. Per quanto desiderasse mettere a segno un punto contro di lui, Sullivan aveva il suo rispetto - almeno per quanto concerneva la vita accademica. Non passava giorno senza che l’ambizione, che il ragazzo aveva dimostrato a Gerusalemme e durante le poche ore trascorse insieme da Florian, pareggiasse i conti tra loro. Serpeverde era fortunata a poter avere uno studente come lui tra le sue fila e ciò rendeva la lotta per la supremazia tra le Case ancor più stimolante. Questo, aggiunto al riferimento di Sullivan alla scacchiera, le fece tornare alla mente l’assenza di un vero e proprio avversario in grado di metterla in difficoltà. Le iridi grigie si spostarono dunque dal volto del ragazzo all’oggetto in questione e di nuovo al Serpeverde. L’idea sorse spontanea, prima ancora che Sullivan potesse pensare di poterla rifiutare a priori. «Ti va di giocare? Immagino tu ne sia capace.» - sorrise maliziosa, certa di aver attirato almeno un po' l'attenzione del giovane. Il suo sguardo sembrava perso ad ammirare i pezzi di cristallo più scuro, che la luce naturale della Sala Grande attraversava in pieno, gettando bagliori iridescenti sulla griglia del piano di gioco. Il pomeriggio trascorso da Florian le aveva insegnato a non perdersi nei dettagli e a non dover sempre rispondere alle provocazioni del giovane. Mike non le aveva confidato di aver ricevuto una scacchiera nuova dal suo collega né avevano avuto modo di parlare approfonditamente del Serpeverde in questione. Inclinando il capo di lato, Thalia si preparò a ricevere un secco rifiuto: se era venuto fin lì per studiare, nulla sarebbe riuscito a scuotere la sua determinazione. Florian le aveva insegnato anche questo.
Prefetto ⚜ 18 anni ⚜ Tassorosso

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Elijah Matthew Sullivan
view post Posted on 13/2/2019, 18:56






Elijah M. Sullivan - Caposcuola Serpeverde - 17 anni

Era parecchio che non si ritrovava a dover affrontare uno scontro a fuoco con la Moran e, in quel momento, era proprio l’ultima persona che avrebbe voluto trovare sul suo cammino. Era un pelino su di giri e quando la sua razionalità usciva dal seminato poi non riusciva a pensare in modo lucido. Le conversazioni con Thalia richiedevano il cento per cento della forma mentale. Era un azzardo, un rischio davvero grosso.
- Purchè sia l’unica cosa che hai intenzione di provare su di me, va bene. Le torture posso avere anche i loro risvolti piacevoli, se si è in grado di coglierli e apprezzarli.
Avrebbe dovuto studiare ma ormai la concentrazione aveva preso il volo sulle ali del nervosismo e il Serpeverde aveva difficoltà a rimettere insieme i pezzi. Aveva bisogno di pensare ad altro, anche se fosse stato solo per mezzora. Doveva impegnare la mente in qualcosa che esulasse dallo studio, dai libri e da tutto il resto. Era quel nervosismo latente che non riusciva ad abbandonarlo nemmeno per un attimo. Un tarlo che gli rodeva le parti più indifese e che lo mandava in tilt. Di cosa si trattava? Bella domanda! Non ne aveva la minima idea.
- Sì, sono capace e credo di aver bisogno di una partita a scacchi – scavalcò la panca e si mise a sedere dritto di fronte alla Tassorosso, sistemando il libro alla sua destra – sempre se mi permetti di muovere i neri, gioco solo con quelli. Il bianco non lo tollero, per svariati motivi.
Ogni riferimento alle farfalle bianche di Channing non era affatto casuale. Il bianco lo aveva di fatto sempre odiato, così come non era attirato dai colori chiari in genere, ma aveva imparato ad odiarlo con tutte le sue forze. L’unico colore che faceva eccezione era l’argento, nonostante viaggiasse sulle stesse sfumature. Lì però esistevano delle ottime ragioni, era un colore che aveva sempre avuto nel cuore.
Le lunghe dita di Elijah andarono a sfiorare la Torre nera. I riflessi erano preziosi e speciali, come sempre avveniva. Il nero sapeva regalare delle magie tutte sue, dove oscurità e forza si univano in un mix perfetto. Gli occhi si spostarono sulla Regina nera, il pezzo più bello e potente della scacchiera. C’erano molti riferimenti profondi negli scacchi, ed erano tutti veri. La Regina proteggeva il Re sempre e comunque, ma se il Re non restava in piedi anche la Regina andava persa. Erano l’uno per l’altra e lo erano fino alla fine della partita.
Iniziò a sistemare i pedoni con un precisione maniacale. Dovevano essere tutti sulla stessa linea e perfettamente al centro dello spazio che occupavano. Il centro del loro cerchio coincidevano con l’intersezione delle diagonali del quadrato. Stessa Storia, se non peggiore, con i pezzi maggiori. Iniziava sempre dalle Torri, prima la sinistra e poi la destra. Seguivano i cavalli, il cui muso non era mai dritto ma leggermente voltato a guardare il Re e la Regina. Gli Alfieri guardavano invece quelli avversari. Afferrò il Re e lo rigirò un paio di volte tra pollice e indice.
- Come te la passi? E’ parecchio che non ho il piacere - la parola venne volutamente sottolineata dalla voce - di vederti.
Il Re venne sistemato al suo posto, con calma, quindi Elijah diede tutta la sua attenzione alla Regina. La strinse nel pugno, guardando l’intera scacchiera, la scaldò con la mano per qualche istante, quindi la mise nell’unico posto rimasto libero davanti a lui.
Incrociò le braccia sul tavolo e mosse gli occhi chiarissimi verso quelli di Thalia.
- I bianchi muovono per primi, Moran, a te l’onore.

Ho dato per scontato che mi facessi muovere i pezzi neri, spero non sia un problema :flower:



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view post Posted on 14/2/2019, 23:17
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⚜ L’Equilibrio tra le Proporzioni ⚜
Thalia Jane Moran

Non poteva mai aspettarsi nulla da Elijah Sullivan, poiché ogni previsione sarebbe stata disattesa completamente. Sembrava farlo apposta, con quell’aria furba e svelta di chi è abituato a doversi adattare velocemente alle situazioni più spinose e a doverle volgere a proprio favore. Sorrise per circostanza, ma dentro di sé Thalia covò il sospetto che il Serpeverde volesse soltanto prendersi gioco di lei. A ruoli invertiti si sarebbe limitata a riflettere sulla proposta per un attimo, salvo esibire un’espressione contrita e rifiutare seccamente. Il fatto che lui, al contrario, avesse accettato l’aveva gettata in uno stato simile allo sconforto; com’era possibile che desiderasse volontariamente di trascorrere del tempo con lei, lei che era la sua nemesi e spina nel fianco? Dov’erano finiti i battibecchi telegrafici di Gerusalemme e il desiderio di appenderlo alle porte della Città Santa come un salame? «Ne sono sicura... prego.» e gli indicò la panca vuota dinanzi a lei. Pensò a questo e a molto altro, mentre il ragazzo prendeva posto; lo esaminò con cura, seguendo i suoi movimenti ed assistendo alla disposizione dei pezzi sul campo. Indice e pollice stringevano la base di un pedone di cristallo trasparente - uno dei bianchi - e rimase col pezzo a mezz’aria, sbigottita. Cercò di nascondere l’evidente disagio per la maniacale disposizione di ciascun alfiere e dei cavalli e, abbassando il braccio fino a distenderlo sulla tavola, un pensiero inquietante le attraversò la mente. Quell’attenzione al dettaglio, la ricerca della perfezione e la simmetria erano aspetti che lei stessa cercava prima di ogni partita. Era come se, in quel gioco di parti, tutto dovesse corrispondere perfettamente cosicché ne giovasse non soltanto l’ordine di fatto, ma anche e soprattutto quello mentale. Era come se, posizionando il pedone sul margine, si scombinasse la disposizione degli altri quindici pezzi e si segnasse già in partenza l’esito fallimentare della partita. Sullivan era preciso e già quel dettaglio poté fornirle un'informazione non trascurabile del suo stile di gioco: non sarebbe stato approssimativo né precipitoso. Ogni mossa sarebbe stata studiata al centimetro e non gli avrebbe reso le cose facili. Così, all'espressione basita - con le labbra appena schiuse in un silenzioso "Oh" mai pronunciato, si sarebbe sostituito un sorrisino appena accennato, ma carico di soddisfazione. «E' l'anno dei G.U.F.O. Sullivan. Sono concentrata sugli studi... e sul futuro.» temporeggiò, posizionando precisamente ogni pezzo. Se il linguaggio non verbale comunicava notoriamente gran parte del messaggio, anche in quel caso la calma dimostrata dalla Tassorosso e la meticolosità d'azione avrebbero espresso un concetto abbastanza chiaro, senza tuttavia una vera e propria nota minacciosa. *Ti renderò pan per focaccia, sempre.* e, a quel punto, sollevò lo sguardo su di lui.

Si aspettava di trovarlo nella stessa posa con cui l'aveva sfidata, anche se poco apertamente, da Florian. Ancora una volta, Thalia dovette ricredersi e constatare quanto la sua attenzione fosse attirata dal pezzo principale della scacchiera. La Regina Nera giaceva nel suo palmo, fredda e inanimata, ma ben presto le danze si sarebbero aperte, col fragore dei pezzi di cristallo infranti. «E tu, Sullivan? Sei concentrato sul futuro?» chiese, intrecciando le dita sul tavolo, alle spalle del suo piccolo esercito trasparente e brillante. Era curiosa di conversare con lui, a dispetto di ogni previsione; ogni volta che s'incontravano le frecciatine non mancavano, ma tra loro vigeva un rapporto complesso che non sarebbe stato possibile semplificare in alcun modo. Non si trattava di antipatia a pelle né di una contrapposizione netta per chissà quali ragioni. Erano anime affini - negarlo sarebbe stato stupido -, intelligenti ed accorte, ma erano anche opposti su alcuni importanti fronti. Quello scontro in gioco sarebbe rimasto impresso nella sua memoria come l'unica occasione di confronto ad armi pari. Sul gioco aleggiavano lo spettro delle regole e del rispetto, un po' come accadeva ai giocatori. Per quanto non potesse sopportare l'idea di essersi incastrata da sola in quella partita, Thalia era anche soddisfatta; Sullivan aveva meritato il suo rispetto molto tempo prima, anche se a lui quell'idea non sarebbe piaciuta troppo. «Cercherò di essere delicata, Elijah. Lo prometto.» lo canzonò un po', il sorriso malizioso appena accennato e il pugno chiuso a sostenere il mento. Il suo sguardo abbracciò dapprima la scacchiera e poi l'avversario. Il tempo di studiarsi era finito: era giunto il momento di giocare davvero. Senza enfasi ed immaginando il decorso di quelle prime mosse da ambo le parti, Thalia annunciò la propria decisione con calma. La fretta era nemica giurata e voleva godersi quel momento - e i successivi - in ogni caso. «Pedone in E4.» - Il soldatino di cristallo trasparente si mosse, passeggiando sulla scacchiera come un fante vero e proprio, con le sue armi in bella mostra. Nell'osservarlo, Thalia arricciò impercettibilmente il naso: non sapeva se Sullivan sarebbe caduto nei suoi tranelli, ma c'era tutto il tempo per indurlo in tentazione.
Prefetto ⚜ 18 anni ⚜ Tassorosso

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Elijah Matthew Sullivan
view post Posted on 15/2/2019, 21:17






Elijah M. Sullivan - Caposcuola Serpeverde - 17 anni

Non si era mai chiesto chi, a scuola, potesse essere un potenziale giocatore di scacchi. Se però gli avessero fatto quella domanda, sicuramente la Moran avrebbe guadagnato subito un posto d’onore sul podio. Se la ricordava ancora a Gerusalemme, impegnata ad emulare un’improbabile figlia della dea della guerra e della strategia militare. Peccato che i Romani fossero dall’altra parte della barricata, qualcuno avrebbe dovuto avvisarla.
- Esami per tutti a quanto pare – tornò a guardare i loro due piccoli eserciti di cristallo. Uno brillava in modo fastidioso, quasi accecante, come se possedesse al suo interno una luce propria. L’altro si nascondeva nei toni più cupi di una luce rubata, pacata e decisamente più piacevole per gli occhi. Erano Sole e Luna, Bene e Male, Positivo e Negativo e lui, guarda caso, muoveva sempre i neri.
Non staccò gli occhi dalle mani di Thalia mentre queste sistemavano i pezzi sul campo di gioco e si ritrovò a tirare leggermente l’angolo della bocca. Stessi movimenti, stessa meticolosità, stesse ossessioni. Non era solo una questione di voti scolastici, no. Quella loro essenza profonda si rifletteva in qualunque aspetto e la cosa non lo sorprese affatto. Erano due secchioni, precisi fino allo sfinimento. Ogni loro parola era misurata e calcolata dall’esperienza diretta sul campo. Era uno scontro ad armi pari, quelli che non sei mai certo di vincere ma che ti esaltano come pochi.
- Futuro? Bella domanda, Moran – gli occhi si sollevarono in alto senza che il viso del Serpeverde si muovesse di un millimetro. La fronte si aggrottò leggermente, accompagnando il movimento – a volte mi interrogo sul futuro e lo metto a confronto con il mio passato e presente. Sono anni che mi impegno per migliorarlo e, di fatto, ci sono riuscito solo dal punto di vista scolastico.
Nella scuola erano arrivate le sue vere soddisfazioni, per tutto il resto era stato un fallimento totale. Elijah non dava la colpa a nessuno se non a se stesso, ma sapeva che in certi ambiti non gli era concesso fare di più. Quando era diventato Caposcuola aveva ricevuto le congratulazioni di alcuni dei suoi fratelli, non tutti. Victoria era scesa nelle Cucine e gli aveva preparato una deliziosa torta al cioccolato. Era stato un pensiero speciale, ma non era riuscito a cancellare la delusione per ciò che lui attendeva e non sarebbe mai arrivato. Ci aveva sperato, davvero, anche quella volta, ma aveva ricevuto in cambio solo il silenzio. Sua madre lo aveva completamente ignorato, sebbene sapeva che Victoria le avesse scritto per informarla. Sapeva che sua sorella ci stava ancora male e che con quel gesto avrebbe voluto fargli un favore e lui lo aveva apprezzato, moltissimo. Esther Montague le aveva risposto, guardandosi bene di parlare della carica di suo figlio o di scrivere un gufo a lui in prima persona. Non riusciva a farsene una ragione, nonostante tutto. Il tempo passava, scavava in profondità ferite sempre più difficili da risanare e lui era sempre andato avanti, nonostante tutto. C’era un figlio e c’era una madre, c’era amore mai dato e mai ricevuto. Lei era sua madre e lui non riusciva a lasciarla andare, nonostante tutto.
- Non posso concentrarmi sul futuro se non riesco a migliorare il mio presente. Al momento preferisco concentrarmi su quello.
Non aveva mai pensato a cosa avrebbe potuto riservargli la vita, ma aveva l’unica certezza che non sarebbe stato niente di buono. Aveva valutato un paio di opzioni, ma non era sicuro al cento per cento se fosse davvero quello che voleva nel profondo.
- Tu invece? Hai già tutto chiaro?
Probabilmente si da come lo aveva incalzato, ma Thalia era più avanti di lui e aveva avuto modo di chiarirsi le idee in quei due anni in più.
Non si sentiva un alieno, la sua confusione aveva senza dubbio dei margini di miglioramento. In tutto questo c'era sempre un enorme "Ma" che portava il nome di sua madre. A suo fratello Daniel non era stato concesso il libero arbitrio, e il maggiore dei Sullivan era anni luce avanti a lui con Esther. Che Inferno si sarebbe scatenato nel momento in cui avrebbe comunicato ufficialmente che lui al Ministero non ci sarebbe andato nemmeno morto? Da quello che gli era stato detto, per lui era già stato tutto deciso da sua madre e suo nonno. Avrebbe dovuto fare l'Auror, cosa che lui rifiutava con tutte le sue forze. Si era ben guardato di dire che era amico di uno di loro e che conosceva personalmente Killian, sarebbe stata la sua rovina.
- Tu delicata, Moran? - chiese con una mal celata punta di ironia – Addiruttura! Non ti riconosco più. E, da quando lo saresti diventata?
Scosse il capo e concentrò lo sguardo sul loro campo di battaglia. Gli avambracci erano poggiati sul tavolo. Il Serpeverde era completamente immobile, sembrava che non respirasse. Un ghigno soddisfatto segnò la fine della meditazione ed Elijah fece sentire chiaro il suo vocione.
- Cavallo in H6
Il cavallo nero si mosse leggiadro tra i pedoni e, con uno spostamento fluido, si posizionò al bordo della scacchiera. Il muso era sempre voltato verso i suoi reali, così come aveva stabilito il giocatore che lo stava comandando.



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view post Posted on 17/2/2019, 22:37
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Thalia Jane Moran

*Bastava dire di no.* e a quel pensiero un sorrisino divertito incurvò le labbra del Prefetto. Sullivan amava i grandi discorsi e la retorica, un po' come Midnight, e trovò curioso che proprio quei due - uno meno entusiasta dell'altra - si trovassero a dover cooperare per il quieto vivere della Casa Serpeverde. «Eppure, mi sembra tu abbia le idee chiare.» commentò pacata subito dopo, inclinando il capo in un cenno di assenso. Ancora una volta, nonostante la retorica, Sullivan aveva ragione: nulla contava più del Presente se si voleva plasmare il Futuro. La questione era evidentemente un chiodo fisso per entrambi e non se ne sorprese più di tanto, visti i precedenti confronti - e scontri - avvenuti tra loro in passato. Elijah era un ragazzo di particolare talento se si trattava di mettere in difficoltà l'altro con domande scomode e, del resto, nemmeno lei era del tutto inesperta in quel campo. Le sarebbe piaciuto, sinceramente, condividere con lui quelle impressioni in virtù di quelle tante somiglianze tra loro, a discapito di quelle poche, ma profonde differenze che inabissavano ogni buon proposito. «Il Futuro ce lo creiamo noi, no? Quindi sì, se mi chiedi come mi vedo da qui a cinque anni, ed è una stima generosa, mi vedo fuori da questo Castello e con il lavoro dei miei sogni per le mani.» sospirò, osservando il cavallo nero spostarsi nella casella scelta per lui con tutti i suoi bei paramenti a decorazione «Sappiamo entrambi che avere a che fare con il futuro, il passato o il presente c'entra ben poco con le intenzioni. No? Un po' come a Gerusalemme. Volevamo vincere, ci siamo impegnati ed abbiamo comunque perso.» Era stata una sconfitta amara, più per il fatto che - tra le mille insidie della Città Santa - si era trovata ad affrontare un plotone di Romani, Smilzi e Bonzi completamente da sola e quando, sul più bello, era riuscita a superare ogni insidia, ecco che il Libro di Peverell l'aveva richiamata al presente. Delusa e dolorante si era trovata distesa sul pavimento dell'Ufficio del Preside e nei giorni seguenti non aveva trascorso un attimo senza chiedersi come sarebbero andate le cose se solo avesse compiuto una scelta diversa in un momento piuttosto che in un altro. Non era giunta ad una conclusione e persino il concetto di vittoria e sconfitta aveva perso di significato, non solo per quanto riguardava Gerusalemme, ma anche e soprattutto per quel gran dilemma che era diventata la sua esistenza. Il Futuro la spaventava e ammetterlo era stato un passaggio fondamentale per capire di quali strumenti avesse davvero bisogno. Mettere tutto in discussione sarebbe stato opportuno solamente se tutti i pezzi del puzzle fossero stati nelle sue mani. La questione era ben più intrecciata di così e fu con uno sbuffo che concluse la propria arringa, scontenta di quanto avrebbe affermato di lì a poco. «Il fatto è, Sullivan, che per capire il Futuro non ti serve soltanto vivere il Presente così com'è. Hai bisogno di capire anche il Passato. E se non lo conosci, beh... hai già perso in partenza, che ti piaccia o no.»

Incassò il colpo di Elijah annuendo significativamente: per quanto poco sopportasse di essere un libro aperto per alcuni, Sullivan la rendeva lieta per la totale assenza di segreti tra loro. Non erano amici e questo permetteva ad entrambi di ferirsi occasionalmente senza ledere ad un rapporto costruito con fiducia e costanza; d'altro canto, Thalia sentiva di non poter fare a meno di essere se stessa nei suoi confronti, senza omissioni e senza menzogne. Elijah era uno dei pochi - a discapito di tutti gli altri - a poter affermare di conoscerla davvero per ciò che era. In sua presenza non si limitava al sarcasmo velato e, anzi, gli usava quello più velenoso e lui, per ribattere, le serviva la stessa moneta in piena trasparenza. Nessuna offesa seguiva quelle frecciatine e tutto tornava esattamente come prima, il tempo necessario a formulare nuovi metodi per punzecchiarsi vicendevolmente. «Non mettere in dubbio la mia delicatezza, caro.» rimbeccò divertita, esaminando la scacchiera. Rimase allora in silenzio, contemplando ogni pezzo del suo piccolo esercito di cristallo e calcolando mentalmente due mosse per ciascuno. Certo, immaginare che cos'avrebbe potuto fare Sullivan per contrastarla era come desiderare di sopravvivere ad una Chimera senza alcuna difesa. Praticamente impossibile. Cominciò così a tamburellare le dita sul tavolo, assorta nelle proprie macchinazioni senza degnare l'avversario di un solo sguardo. Di tanto in tanto, le iridi grigie scattavano ad ammirare l'esercito nemico, studiandone le pose. La sua trappola avrebbe avuto effetto? Probabilmente non avrebbe cavato un ragno dal buco, ma tentare le sarebbe costato solamente lo scotto di una sconfitta. «Cavallo in A3» annunciò allora, sicura di sé. Il pezzo emulò quello dell'avversario, facendosi strada tra i pedoni schierati e posizionandosi dove stabilito. Attese un momento prima di rivolgergli una nuova domanda, desiderando scoprire le reazioni - quanto meno le espressioni facciali - di quella mossa "a specchio". «Io sono sempre stata delicata, ma tu? Sembri un po' diverso.» e sorrise maliziosa nell'affermare quel pensiero dai contorni di una supposizione «Sei più...calmo. Che ti è successo Elijah? Sono curiosa.» *E lo sono per davvero, stavolta.*
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Edited by Thalia Moran - 16/3/2019, 14:25
 
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Elijah Matthew Sullivan
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Elijah M. Sullivan - Caposcuola Serpeverde - 17 anni

Il Futuro era un punto interrogativo enorme ed il suo iniziava ad assumere delle sfumature trasparenti. La cosa era abbastanza inquietante perché lasciava intendere quanto le sue domande fossero lontane dal trovare una risposta.
- Del mio Passato ne sono pienamente consapevole e in ogni più piccolo disgustoso dettaglio. E’ un qualcosa che non potrei mai trascurare.
Era vero che quel Passato era anche il suo Presente, quel Presente che lui stava cercando di modificare in tutti i modi per fare in modo di diventare padrone del suo Futuro.
Daniel non aveva trovato la forza per opporsi ad un destino già segnato, ma lui avrebbe combattuto con le unghie e i denti. Mai si sarebbe piegato a dei desideri che non erano i suoi, non lo avrebbe permesso.
- Beata te che hai già una visione così lineare di ciò che ti attende.
Non per tutti era così facile ed Elijah era tra quelli.
Aveva messo in cantiere un paio di opzioni ma era certo che nessuna delle due sarebbe piaciuta a sua madre. Lei avrebbe fatto l’Inferno per impedirglielo. Già una delle sue figlie si era abbassata a fare quel lavoro, ma era una donna e si poteva chiudere un occhio. Con i maschi, no, questo era impensabile. Loro due avevano la vita già programmata da lei in pieno rispetto del prestigio della famiglia Montague. A lui però non importava nulla di quello che Esther pensava o voleva. Non gli importava nella maniera più assoluta, o forse era tutto il contrario?
Una parte di lui, purtroppo, ancora viveva nell’attesa della sua approvazione e del suo appoggio, ma questo non era mai arrivato. Il Serpeverde se ne era fatto una ragione, ma il suo lato infantile, quello che teneva nascosto nell’angolo più remoto della mente, non aveva ancora smesso di sperare.
Era dilaniato dentro, sebbene non lo volesse e non ne fosse consapevole.
- Abbiamo perso? - sollevò un sopracciglio – Sulla carta forse è così, ma io non credo di aver perso, almeno per quello che riguarda me in prima persona.
Gerusalemme gli aveva permesso di plasmare se stesso in modo diverso. Lo aveva reso ancora più consapevole di quelle che potessero essere le sue possibilità. Quella battaglia lo aveva reso più forte, più determinato e, davanti alla vita, lui ne era uscito vittorioso.
- Lungi da me mettere in dubbio la tua delicatezza, Moran – le labbra si tirarono a sinistra in un ghigno di soddisfazione – ma io posso basami solo su quello che vedo, dico bene?
La guardò con più convinzione, o almeno ci provò. Doveva essere sincero, gli risultava difficile vederla in modo diverso. Era un po' come immaginare Giovanna d’Arco intenta a sfornare biscotti al cioccolato. Questo pensiero gli fece venire in mente che aveva fame, stranamente. Si guardò un attimo intorno sperando di trovare qualcosa da mettere sotto i denti ma la sua ricerca si rivelò un insuccesso. Infilò la mano in tasca e recuperò la sua scorta di cioccolato. Aprì la stagnola e lo mise sul tavolo, offrendolo a Thalia con un movimento degli occhi.
- Devo forse dedurre che con Minotaus sei le mille dolcezze? - sgranò gli occhi, sfoggiando l’espressione teatrale delle grandi occasioni – questa cosa potrebbe richiedermi uno sforzo che andrebbe al di là delle mie possibilità.

Quando la Tassorosso tamburellò con le dita sulla tavola, Elijah sollevò gli occhi al cielo nell’attimo che lei era con lo sguardo sulla scacchiera. Era una cosa che detestava a morte. Non otteneva il risultato di innervosirlo o privarlo della concentrazione, come succedeva a molti, ma non gli piaceva affatto. Se non altro quel gesto fastidioso sortì il suo effetto e Thalia fece la sua mossa.
Un sorriso sornione si dipinse sul viso del Caposcuola. Gioco a specchio, ma non mi dire! Possibile che la Moran non avesse il coraggio di farsi avanti? No, non era proprio il tipo. Era chiaro che stesse tramando qualcosa.
Rimase impassibile alla domanda che andava a mettere il dito in qualcosa di indefinito in quel momento. Non poteva dire di essere calmo, ma aveva imparato a controllarsi già da quando era diventato Prefetto. Dopo una rapida analisi convenne che la sua calma era rimasta del tutto invariata.
- Calmo? Mi sento sempre uguale, Moran – sollevò lo sguardo ad incrociare quello di Thalia – E non so se sono diverso, non sono in grado di rispondere a questa domanda. Non so perché e… - si interruppe perché non era interessato a saperlo. Forse dipendeva da Victoria o forse sua sorella non aveva nulla a che vedere con il uso malessere interiore. C’era qualcosa che gli ronzava in testa, dei momenti che non riusciva a cancellare – è un casino e basta.

Osservò la scacchiera a sua volta, un nuovo sguardo fugace alla Regina Nera. Non sapeva se avrebbe vinto o perso quella partita, ma era certo che si sarebbe divertito da morire.
- Pedone in E5.
La ripagò esattamente con la stessa moneta. Ora la Tassorosso non aveva più nulla in cui specchiarsi e sarebbe stata costretta a muovere i suoi soldati. Elijah non aspettava altro.
- Prego, il gioco è tutto tuo. Deliziami.
Poggiò i gomiti sul tavolo e il mento sul dorso delle mani unite, tenendola sotto tiro con i suoi occhi chiarissimi.



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Thalia Jane Moran

*Non sai quanto ti sbagli, Sully.* No, Thalia non aveva affatto le idee chiare sul proprio futuro. Quella menzionata poco prima era soltanto ciò che lei avrebbe potuto desiderare per se stessa, un futuro possibile, ma incerto. Nel ricambiare lo sguardo di Elijah, Thalia si rese conto di provare paura di fronte al Futuro, persino quello più imminente. Il Serpeverde non aveva idea di quali dinamiche la vedessero coinvolta e, d’altro canto, come avrebbe potuto? Si rabbuiò per un momento, fingendosi interessata alle sue mosse o ai semplici calcoli che sembravano sfilare davanti ai suoi occhi, mentre le iridi azzurro-verdi saettavano da un lato all’altro della scacchiera. Se Elijah avesse saputo, probabilmente avrebbe riso di lei e capì che, in quel caso, non avrebbe potuto biasimarlo: lei, così precisa e strenuamente convinta di qualunque pensiero esalasse dalle sue labbra, giaceva inerme tra le mani del Fato, che attendeva solamente un suo passo falso per distruggere lei e l’intera famiglia Moran. A scacciare quel pensiero tragico e comico insieme, fu il desiderio di vivere un’esistenza normale, senza drammi o pressioni dal mondo esterno ed invisibile. Hogwarts fungeva per lei come una campana di vetro: all’interno il suo clima temperato permetteva lo svolgersi di una quotidianità pressoché identica, giorno dopo giorno; ciò che avveniva al di là di quelle spesse mura di pietra era soltanto un contorno, il sottofondo di una sinfonia simile ad un brusio lontano ed ovattato. Ogni volta che abbandonava il Castello per dirigersi a Londra per lavoro, Thalia lasciava la certezza di un porto apparentemente sicuro per buttarsi a capofitto nel mondo esterno, pericoloso e incerto; ciò che non poteva toccarla nel luogo in cui trascorreva la maggior parte del proprio tempo, poteva invece sfiorarla o gettarla nell’abisso ogniqualvolta osasse affacciarsi al mondo comune. E se anche all’interno di quella scuola la vita le sembrava meno tragica o complessa, con minori paure o minacce, l’ultimo Natale aveva saputo insegnarle che il baratro poteva essere più vicino di quanto non avesse saputo preventivare. Era mancato così poco alla rovina di una serata conclusiva carica di aspettative, che ripensandoci Thalia si sentì percorrere da un brivido lungo la schiena e sulle spalle. Si riscosse solo in quel momento dai propri pensieri e ricordò le parole di Aiden Weiss, osservando proprio la Torre di cristallo scuro nell’angolo remoto della scacchiera. «Benissimo, Sullivan.» Gli sorrise impacciata, immaginando che lui potesse aver aggiunto qualcosa su Gerusalemme - sarebbe stato strano il contrario -, qualcosa a cui lei non aveva affatto dato importanza. Sollevò le dita della sinistra, rispondendo in un cenno cortese che avrebbe fatto volentieri a meno della cioccolata. «Non metto in dubbio che sia ottima, ma mi rovinerebbe l’appetito prima di cena.» concluse serafica, tornando ad osservare la scacchiera. Avrebbe potuto concentrarsi sulle mosse possibili del Serpeverde, ma il fatto che avesse citato Mike a sproposito - o forse nemmeno troppo - la indusse a riportare lo sguardo, stavolta divertito, su di lui. «Non ti chiederò sforzi aggiuntivi, te lo prometto.» sorrise sorniona e dedicandosi al gioco.

«Elijah Sullivan che non sa rispondere ad una domanda.» lo punzecchiò quel tanto che fosse bastato a infastidirlo lievemente, ammirando la grazia con cui in pochi istanti il ragazzo riportò lo stallo sulla pedana di gioco. «Carino.» commentò in un soffio, storcendo le labbra in una smorfia maliziosa. Era venuto il momento di giocare di nuovo e doveva solamente scegliere se farlo in attacco o in difesa. Per sua norma e regola avrebbe preferito la prima alla seconda, ma nel gioco degli scacchi cercava di creare per se stessa alternative che potessero in qualche modo darle gli strumenti giusti per riflettere, osservando la situazione da un punto di vista proprio, ma inusuale per i propri standard. «Cavallo in C4.» sospirò. La statuina di cristallo si posizionò così ad una casella di distanza dal pedone bianco, scivolando sulle celle quadrate nel silenzio più totale. «Elijah, dimmi… sono le nuove responsabilità a darti quella confusione… o c’è dell’altro?» E due. La seconda stoccata giunse inaspettata, forse più della prima, e nel sollevare lo sguardo su di lui, le iridi grigio ardesia corsero al punto in cui solitamente si sarebbe trovata la spilla da Prefetto. Le voci correvano veloci nel castello - grazie ai soggetti pettegoli nei ritratti e al Barone Sanguinario sempre pronto a vantarsi delle prodezze degli adepti di Salazar - che ad Elijah piacesse oppure no. Il fatto che fosse diventato Caposcuola con effetto immediato le era sfuggito, ma non aveva dimenticato le confessioni della Rigos sul loro incontro al Campo di Quidditch. Non aveva mai dubitato della fiducia risposta ciecamente nella Grifondoro, ma le uniche cose che avrebbero potuto mettere a repentaglio la sicurezza di Sullivan erano solo due.
Prefetto ⚜ 18 anni ⚜ Tassorosso

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Elijah Matthew Sullivan
view post Posted on 11/3/2019, 15:40






Elijah M. Sullivan - Caposcuola Serpeverde - 17 anni

Sapeva che avrebbe dovuto fare i conti con tutti i suoi demoni prima che lo divorassero, ma era cosciente di non essere ancora pronto. Era sulla strada giusta? Forse. Ad essere pienamente onesto non sapeva nemmeno quello. C’erano dei momenti che si sentiva indistruttibile, momenti in cui avrebbe potuto affrontare qualsiasi difficoltà gli si fosse parata davanti. Altri, invece, si sentiva un gatto bagnato e quasi incapace di reagire. Questi momenti li affrontava sempre in solitudine, tranne una sera al Lago in cui qualcuno era rimasto al suo fianco senza preoccuparsi che quei mostri potessero mostrare la loro vera faccia. Elijah non aveva dimenticato. Quel momento era stato diverso da tutti quelli che aveva già vissuto. Non aveva respirato solo disperazione, ma questa si era mescolata a qualcosa di sconosciuto e potente.
- A me invece lo stimola – come se ne avesse avuto davvero bisogno.
Per il Serpeverde esisteva sempre una ragione validissima per mangiare cioccolato. Anche se si fosse trovato a fine pasto, pieno come un cinghiale non sarebbe stato in grado di rifiutare un’offerta del genere.
Spezzò il quadrato alla sua destra con decisione e se lo piazzò in bocca. Adorava quel sapore dolce amaro che sapeva regalargli ogni volta. Il cioccolato aveva accompagnato i suoi momenti migliori e addolcito quelli peggiori. Era un carburante speciale, al pari della rabbia che gli ribolliva costantemente nel sangue. Assaporò con calma quello che aveva in bocca, approfittando per studiare i pezzi sulla scacchiera. Ne avevano mossi pochissimi, ma già una cosa risultava piuttosto evidente. Nessuno dei due aveva intenzione di concedere qualcosa all’altro.
- Troppo buona, potrei quasi commuovermi – commentò con un ghigno quando finalmente la bocca fu libera. Aveva un’avversione profonda per quelli che parlano con la bocca piena e, ancora peggio, per quelli che masticano con la bocca aperta. Gli veniva sempre voglia di spaccargli il naso con un pugno ben assestato.
- Se avessi il dono dell’onniscienza non ci sarebbe gusto, Moran – grugnì – ci sono moltissime domande a cui non so rispondere.
Oltre a molte di cultura generale, alle quali sapeva ammettere tranquillamente di non conoscere nulla, ce n’erano una marea che lo riguardavano e che lo gettavano in confusione. Era davvero confusione? Forse sì, ma non era solo quello.
- Hai una passione smodata per i cavalli, a quanto pare – la bocca si mosse a sinistra in un ghigno. Interessante mossa, la Tassorosso stava provando ad osare un minimo ed Elijah si chiese fino a che punto fosse pronta a farlo. Annuì, aveva già deciso la sua prossima mossa. Se era davvero pronta a rischiare, quello era il momento di dimostralo. Era votata all’attacco o alla difesa? Era curioso, doveva ammetterlo. E lui a cosa era più propenso? A nessuna delle due. Se proprio doveva definire le sue strategie come giocatore di scacchi queste si classificavano nell’imprevidibilità più totale, nel tutto e niente, esattamente come la sua natura. Non faceva mai strategie a monte, erano sempre destinate a fallire miseramente. Il vero stratega, per come la vedeva lui, era quello in grado di muoversi nelle difficoltà, adattandosi ad esse, facendo in modo che queste divenissero poi il punto di partenza da cui attaccare. La capacità di adattamento è alla basa di tutto, a scacchi come nella vita.
- Le responsabilità non mi portano confusione ma stimoli, non ho alcun problema da quel punto di vista. I casini nella mia vita sono altri.
Gli occhi si strinsero, diventando due lame verdi-azzurre dietro le ciglia.
La sua vita era sempre stata un Inferno, fin da quando aveva acquisito la capacità di intendere e volere. Con il passare degli anni quel fuoco lo aveva avvolto, guadagnando sempre più spessore. Lui era un’anima dannata che non poteva essere salvata e ne era perfettamente consapevole.
Erano però successe varie cose nell’ultimo periodo che gli avevano dato da pensare.
C’era Megan e i suoi occhi cobalto, la sua forza e dolcezza che gli aveva regalato quella notte al Lago. Megan con i suoi silenzi, così simili ai suoi, con la sua vita difficile e la sua volontà feroce di non farsi schiacciare. Non si era mai accorto di quante cose avessero in comune, di quanto uno avrebbe potuto vestire senza difficoltà la pelle dell’altro.
C’era poi Wolf, anzi lui non c’era più da un pezzo. Era sempre stato il suo migliore amico, la sua famiglia da quando era approdato a Hogwarts. Ora era successo qualcosa che non riusciva a comprendere. Non era solo perché aveva ballato con la Corvonero, tutto era iniziato da diversi mesi. Elijah non aveva digerito determinati atteggiamenti, ma non gliel’aveva fatto notare sperando che fosse solo una sua impressione sbagliata. Il silenzio a Natale aveva però dato forma ai suoi pensieri, rendendoli maledettamente reali. Poi c’era stato il ballo e la sua nomina a Caposcuola e anche lì aveva ricevuto solo silenzio ed occhi bassi, sebbene fosse andato a fare acquisti nel negozio in cui lavorava.
Strinse le mani con forza, gonfiando i polmoni al massimo. Era chiaro, chiarissimo. Wolf aveva deciso da un pezzo di non essere più suo amico e glielo aveva taciuto. Per Elijah ora poteva solo andare al diavolo. Non aveva mai pregato nessuno e non avrebbe iniziato in quel momento. Ognuno avrebbe preso la sua strada in totale autonomia, ma lui non avrebbe dimenticato. Lui non dimenticava mai.
- Pedone in F6




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Thalia Jane Moran

Annuì impercettibilmente, assaporando quella piccola vittoria che Elijah aveva voluto magnanimamente concederle. Non erano soliti regalare nulla l’uno all’altra e proprio perciò sentiva di aver guadagnato un punto in quella partita senza regole, anche se il retrogusto amaro di una facile vittoria stava iniziando a guastare il tutto. Elijah, così come lei, non aveva ancora chiara la propria personalità - non fino in fondo. Si sentiva affine al Serpeverde, anche in quel caso, e tacque sapendo di non poter stuzzicare ancora il neo Caposcuola sull’argomento. «E’ un pezzo come un altro. Ha il suo scopo finché gliene dai uno.» glissò sull’argomento senza troppe remore, indicando il cavallo appena mosso con un cenno del capo; un sorriso stiracchiato seguì un lungo sospiro. Le analogie tra gli scacchi e l’argomento principe di quella conversazione andavano via via aumentando, come se - ironicamente - fosse stato proprio il Destino ad orchestrare l’incontro tra i due. Elijah si muoveva circospetto, dentro e fuori la scacchiera, la studiava e si soffermava sulle sue parole come se da esse potesse trarre un qualunque indizio sulla mossa successiva; ma lì - sul piano di gioco come nella vita - tutto sembrava già scritto e non sapere quale sarebbe stato il finale dell’una e dell’altra cosa poteva spaventare entrambi. Contro quali demoni doveva combattere il suo avversario? Finita quella partita ognuno sarebbe tornato alla propria esistenza, continuando ad incrociare l’altro nei corridoi e fingendo che quella tregua non fosse mai esistita. Non provava curiosità per ciò che Sullivan sarebbe stato costretto ad affrontare o con quali scheletri nell’armadio avrebbe dovuto fare i conti; si trattava di un bisogno nettamente più egoistico, quello che la spingeva a cercare un proprio simile e a confrontare le reciproche sventure per risollevare l’animo abbattuto dalle recenti sconfitte. Sospirò e fece per sistemarsi meglio sulla panca, quando il suo ospite aggiunse un dettaglio decisamente succulento.

Solo poco tempo prima, in quella stessa Sala, lei e la Armstrong si erano sfidate apertamente e Sullivan aveva fatto la sua prima comparsa. Era stato un caso, naturalmente, ma Thalia non credeva più alle coincidenze, sebbene quella consapevolezza la infastidisse grandemente. Se non erano le responsabilità accademiche a disturbare il sonno del Serpeverde, l’unica alternativa poteva essere la vita al di fuori dei compiti e delle esercitazioni. Così, come se la Rigos fosse apparsa all’improvviso nel suo campo visivo, Thalia sorrise maliziosa. Il ricordo della confessione sul loro incontro le balenò immediatamente alla mente e chinò il capo divertita, sapendo quanto Sullivan avrebbe odiato esser messo apertamente sotto torchio. Doveva giocare le proprie carte secondo regole ben precise, usando una strategia non troppo dissimile da quella in atto sulla scacchiera. Spostò la mano destra sotto il mento, poggiandolo al palmo, e picchiettando la guancia fresca con l’indice affusolato. I suoi occhi studiavano l’espressione buia di Elijah, come se un oscuro pensiero si fosse frapposto tra lui e il resto del mondo. «Che succede, Elijah?...» riprese, dopo un breve silenzio «Le fanciulle non ti danno respiro?»
L’allusione, nemmeno troppo velata, s’insinuò tra loro come una lama, mentre il pedone nero avanzava alla casella 6. Scherzava col fuoco e stranamente le piaceva, forse perché in cuor proprio sapeva che il ragazzo non avrebbe reagito troppo diversamente a ruoli invertiti. Quella frecciatina poteva aprire scenari pericolosi per entrambi, specialmente per lei. Dalla sera del Ballo aveva l’impressione che tutti avessero visto o sentito qualcosa del suo alterco con Weiss. La imbarazzava essersi lasciata trasportare dalla rabbia e dal risentimento e al contempo si era sentita finalmente libera di un peso. Aveva già deciso quale sarebbe stata la sua mossa e lasciò che la mano sinistra volteggiasse sulla scacchiera in circoli lenti, quasi indecisi, finché l’indice non indicò con sicurezza uno dei suoi pedoni. «Pedone in D3.» annunciò gaia. Non era certa di essere in grado di ribattere altrettanto efficacemente alle insidiose e probabili battutine di Elijah, ma il Serpeverde poteva esserne certo: avrebbe provato a sottrarvisi con ogni forza.
Prefetto ⚜ 18 anni ⚜ Tassorosso

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Elijah Matthew Sullivan
view post Posted on 26/3/2019, 09:09






Elijah M. Sullivan - Caposcuola Serpeverde - 17 anni

La partita proseguiva in un apparente stato di calma e rispetto reciproco. Era stato così fino a quel punto, ma nessuno dei due avrebbe mai abbassato la guardia con il rischio di mostrare all’altro un fianco fin troppo vulnerabile.
- Come ogni cosa, Moran – gli occhi si mossero appena – tutto ha importanza finché sei tu a dargliela. Appena smetti di farlo diventa solo una cosa come un’altra.
Alla domanda sulle ragazze, il Serpeverde alzò gli occhi al cielo, senza preoccuparsi minimamente di nasconderlo. Era perfettamente a conoscenza di tutte le chiacchiere che giravano su di lui a scuola e a queste si aggiungevano i pettegolezzi che la Morgenstern aveva mandato in giro. Questi ultimi vedevano come protagonisti lui e Nieve ed Elijah sapeva bene con chi si accompagnava spesso la Prefetto di Grifondoro. Il loro incontro al campo di Quidditch era stato interrotto proprio dal sopraggiungere della persona che ora gli sedeva di fronte. Poteva scommetterci tutte le dita infilandole in un braciere che Thalia sapesse ogni dettaglio degli sbaciucchiamenti tra lui e la Rigos, e non per chiacchiere di corridoio ma per racconti di prima mano che venivano dalla diretta interessata.
- Sì, due ragazze si fanno strada prepotentemente nella mia testa – fece una pausa facendo dondolare la mano sulla scacchiera - Una di queste ha dei bellissimi capelli rossi, occhi chiari e pelle trasparente coperta di lentiggini. Credo che ogni giorno che passa diventi più bella, mi incanto a guardarla.
Smise di parlare e la fissò dritta negli occhi. Silenzio, ancora silenzio, lo trovava così delizioso in quel momento. La mano sparì rapida nel ciuffo, scivolando tra le ciocche chiare un paio di volte.
- Ha undici anni, si chiama Victoria ed è mia sorella.
Sollevò di più il viso e tese le labbra. Sapeva che la loro solita battaglia psicologica al massacro aveva avuto inizio e questa volta lui era il piatto forte della cena. Conclusione? Non gliene importava nulla e questo non perché avesse intenzione di farsi idealmente sbranare dalla Tassorosso, ma perché pregustava già un epico divertimento anche per lui.
- Riguardo all’altra, prima che il tuo machiavellico cervello giunga a delle errate conclusioni – tese di più le labbra – e sono certo che già ci sta sguazzando dentro come uno squalo, è mio dovere dirti che non si tratta di Nieve.
Sistemò i gomiti sul tavolo, unì le mani e vi poggiò sopra il mento, una posa che adorava.
- Immagino che tu sia delusa da entrambe le rivelazioni, Moran.
Era decisamente divertito, doveva ammetterlo, anche se i pettegolezzi non li aveva mai sopportati, soprattutto quelli che lo candidavano al premio Oscar come attore protagonista. Ora però aveva l’occasione di difendersi e dire la sua, opportunità che non gli era mai stata concessa da nessuno. In questo non poteva che apprezzare il fare schietto della ragazza.
Non riusciva a capire come fossero nate quelle voci su di lui all’interno della scuola. Elijah non era mai stato il tipo che si metteva a fare il cascamorto con tutte le ragazze che incontrava, tutto il contrario. Tendeva a starsene per affari suoi a studiare e disegnare, quando non aveva da svolgere dei compiti ufficiali per Serpeverde. I suoi lavori da Prefetto gli erano sempre piaciuti, così come amava quelli da Caposcuola. Gli riempivano le giornate, assorbendogli i pensieri in modo perfetto. Elijah era abbastanza selettivo nelle sue attività mentali. Se era impegnato a fare una cosa non era solito divagare pensando ad altro. Quei pensieri, che gli invadevano la mente in modo che non riusciva a capire, erano soliti andarlo a cercare quando era da solo nella sua stanza o quando andava in Giardino a fumare nella speranza di non incontrare nessuno.
- Acqua, Moran, acqua.
La guardò per qualche istante, quindi partì all’attacco di un nuovo pezzo di cioccolato. Era una squisitezza se sei chiamato a pensare in un posto chiassoso come la Sala Grande.
Quel genere di partita sarebbe stata molto più gradita nella tranquillità della Sala Comune, ma la cosa era del tutto impossibile.
- Pedone in B6



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view post Posted on 29/3/2019, 15:11
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⚜ L’Equilibrio tra le Proporzioni ⚜
Thalia Jane Moran

*Al contrario, Sullivan.* una smorfia maliziosa le arricciò gli angoli delle labbra, mentre incassava il colpo del Caposcuola. Non aveva temuto nemmeno per un istante di poter essere l’oggetto dei pensieri del ragazzo, anche se la descrizione coincideva quasi del tutto con quella della Tassorosso. Il loro rapporto era così teso e a tratti inesistente da non lasciare spazio a incomprensioni. «Che fratello premuroso ed amorevole.» lo canzonò un po’, prima di dedicarsi nuovamente all’osservazione generale della Sala Grande. Teste chine sui libri scolastici e chiacchiere lontane occupavano il suo campo visivo ed uditivo, mentre l’olfatto captava la fragranza leggera del cioccolato. Attirare la sua attenzione non era sempre facile, ma doveva ammettere che la risposta di Sullivan non era riuscita a dissuaderla affatto dal suo proposito di metterlo in difficoltà. Se non era Nieve la sua preda, allora di chi si trattava? Era curiosa, non poteva certo negarlo - e lui l’avrebbe capito persino con un’occhiata distratta - dunque non le restava altro da fare se non proseguire per quella strada tortuosa. «Peccato.» disse allora, spostando le iridi grigie sul ragazzo ed esaminandone la reazione. Chiaramente, l’essere definito come “uno dei tanti” non doveva aver fatto onore al suo orgoglio maschile e non ci aveva messo molto per rimproverare a modo suo la bionda Grifondoro. «All'inizio non ho pensato che potesse essere successo qualcosa tra voi.» commentò distrattamente, accennando un saluto ad un concasato alle spalle di Sullivan. Quando il Tassorosso si fu allontanato, concedendo così la privacy a quella conversazione, il Prefetto aggiunse: «Per quel che vale, non sono contenta di quello che si dice su quel giorno. Più di un limite è stato oltrepassato.» Sì, la storia della "tacca sulla cintura" si era diffusa a macchia d'olio, resistendo ai tentativi di insabbiamento dei diretti interessati. In quel momento, non desiderava canzonare Sullivan, provando per lui - al contrario - una sensazione nuova: empatia. Se quella frase fosse stata rivolta a lei, per assurdo che fosse, avrebbe voluto che nessuno potesse sentirsi in diritto di commentare la faccenda o di aver un'opinione a riguardo. La frase di per sé non le era piaciuta e lo aveva fatto capire alla Grifondoro con una semplice occhiata perentoria; la conoscenza di quel dettaglio non avrebbe portato alcun beneficio a Sullivan, ma desiderava mostrarsi solidale nei suoi confronti, almeno in quella circostanza.

Sullivan non era un Casanova, di questo poteva esser abbastanza certa, eppure la curiosità stava iniziando a scavare profondi solchi nella sua cosiddetta "integrità morale" - secondo la quale il pettegolezzo non le sarebbe dovuto importare - «Se non è lei però... mi viene da chiedermi chi sia così invadente da riempirti la testa di pensieri... Anche adesso. »
Giocare sporco non era da lei, non con lui. Il tenore delle loro conversazioni viaggiava su binari invisibili, fatti di frecciatine gratuite e taglienti. Non c’era bisogno di guardarlo per sapere di aver pizzicato un nervo scoperto. Impassibile, Thalia esultò interiormente per non aver ceduto alle proprie remore: Elijah non le avrebbe risparmiato nulla a ruoli invertiti e, in ogni caso, avrebbe potuto non rispondere affatto. Così com'era venuta, l'empatia svanì come una bolla di sapone e lasciò spazio alla maliziosa insinuazione della Tassorosso. Sicuramente ora Elijah avrebbe iniziato a detestarla - se possibile anche più di prima - e lei era pronta ad accogliere a braccia aperte le conseguenze di quelle parole. La scacchiera aveva cominciato a quel punto a prendere la forma di un vero campo di battaglia, ma senza un reale spargimento di pezzettini di cristallo incantato. Nessuno dei due colpiva l’altro ed era necessario porre in essere una mossa che sbloccasse il gioco in modo significativo. Andare alla cieca sarebbe stato rischioso, ma c’era qualcosa nella formazione assunta dalla squadra nera che la disturbava. «Ti piace giocare in difesa.» mormorò dopo qualche istante di riflessione. Quella partita sarebbe proseguita ben oltre la cena se quel ritmo fiacco non fosse stato cambiato in fretta. «Pedone in A4.»
Prefetto ⚜ 18 anni ⚜ Tassorosso

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