Il tempo passa.
Sì, anche per me.
Da quando sono diventato vice-ministro, mi sono reso conto che finalmente le lancette di quei dannati orologi hanno ripreso a scorrere anche per me.
Oddio. Forse troppo.
Mi passo una mano sul viso e mai come in questo momento vorrei avere uno specchio che rifletta esattamente la mia immagine. Dall’espressione preoccupata che si è dipinta sul volto della mia segretaria quando sono entrato, deduco che non ho proprio una bella cera, ma freno sul nascere ogni sua domanda accorata con un cenno della mano, un buonasera cordiale come sempre e mi rinchiudo, di nuovo, nel mio ufficio.
È già passato un po’ da quando mi sono nutrito l’ultima volta, ed è per questo (più che per la stanchezza invero) che ho quest’aspetto. Difficile a dirsi, ma guardo la mia scrivania così carica di plichi e lettere e documenti e certificati e mi chiedo dove diavolo troverò il tempo di uscire a nutrirmi. Se non fossi così nervoso e non avessi timore di allarmare la mia povera segretaria, quasi scoppierei a ridere.
Sospiro, tenendo a freno il tremore che anima le mie mani e mi sedio sulla poltrona che ormai ha la forma del mio culo. Passo più tempo in ufficio che a casa mia o sul mio biplano.
Va bene, Noah, cominciamo.
Ma la mancanza di sangue si fa sentire, stasera più che mai, e trovo difficoltà a concentrarmi. Mi sento irrequieto e senza affacciarmi alla finestra (che so già rimanderà un tramonto piovoso), mi muovo avanti e indietro come un’anima in pena.
Devo nutrirmi questa notte, non posso rimandare ancora e la gravità della mia sete è tale da non permettermi di nutrirmi solo di nutrie e volpi.
Sono proprio un idiota, mi sono lasciato sopraffare da questi maledetti affari umani e ho dimenticato le mie priorità. In questo momento vorrei maledire Camille Pompadour per avermi imprigionato fra queste mura, ma so benissimo che è l’ira a parlare e non il mio cuore. Sarà pure fermo da decenni, ma non sono così ingrato.
Sbuffo di nuovo e mi sdraio sul bel tappeto orientale che mi sono fatto recapitare qualche mese fa. Mi scappa un sorriso pensando a mia madre che fin da piccolo mi sgridava per questa mia abitudine di sdraiarmi a terra quando sono agitato.
“Oh Noah, ma è sporco!” Mi diceva, afferrando la ramazza e spazzandomi con la saggina.
“Ma così mi sporchi di più!” Ribattevo ridendo, rotolando come un furetto.
Mi volto di lato così da osservare la mia scrivania, così ingombra da sembrare una mini-piramide di cartaccia. Sto per ponderare di lasciarla così ancora per un giorno quando adocchio una lettera stropicciata che sbuca da sotto un piede del mobile.
Mi sporgo e la prendo, sedendomi a gambe accavallate come un ragazzino.
Ah cazzo.
La lettera di quella giornalista.
Guardo con un certo astio il sigillo della Gazzetta del Profeta e mi ricordo perché me la sono completamente dimenticata: durante i primi mesi del mio mandato sono stato totalmente sommerso e oberato da decine e decine di richieste di interviste, lettere, maledizioni, benedizioni e stronzate varie. Questa era solo una delle tante e benché l’abbia letta, l’avevo messa nella pila delle lettere a cui avrei risposto, finché non è finita sotto altre pile e poi scivolata chissà quando.
Rileggo velocemente le domande: se le rispondo ora sarà felice o scriverà un qualche articolo al vetriolo su come il vice Ministro Von Heinrich l’ha appesa per mesi senza alcuna risposta?
Molto probabile, ma anziché infastidirmi, la cosa mi stuzzica e mi diverte. Così liscio ben bene la carta sul tappeto, mi alzo per prendere l’occorrente e mi ributto per terra per rispondere a queste benedette domande. Sono le sei del pomeriggio, sono in tempo per spedirla per l’edizione del mattino; dopodiché, con la coscienza falsamente pulita per aver assolto almeno uno (1) dei miei diecimila compiti, me ne uscirò felice e contento (si fa per dire, devo comunque ammazzare qualche disgraziato) e volerò probabilmente ad un paio d’ore da qui, in un posto abbastanza sicuro (e malfamato) per nutrirmi.
Gentilissima miss Abyss,
La prego di scusarmi per questo mio non troppo celere riscontro. Sarò abbastanza sfacciato da risponderle ora, lo gradisce? Auspico di sì.
Nonostante siano passati diversi mesi dalla cattura, Raven Shinretsu al momento dimora in una cella di massima sicurezza di Azkaban, in isolamento. La ricerca delle prove e delle indagini sulla presunta Orchestra ha rallentato le operazioni del Wizengamot, ma come è giusto che sia nella nostra democrazia, anche il peggiore dei criminali riceverà un regolare processo. Non posso dirle quale sarà l’esito, se a Shinretsu spetterà il bacio del Dissennatore o meno non sta a me solo decidere, perciò la invito a seguire in tribunale quando ciò avverrà: un posto per la Gazzetta del Profeta sarà sempre riservato.
Riguardo i dettagli della missione, il signor Wilde preferisce non rilasciare particolari per ovvie ragioni di inchiesta, ma ciò che posso dirle è che gli Auror avevano predisposto dei pattugliamenti in varie zone strategiche di Londra sulla base di indagini e segnalazioni. Sembra che Shinretsu non avesse particolarmente a cuore l’anonimato e questo è andato sicuramente a tutto vantaggio del Ministero che fin da subito si è mosso per la cattura. L’ottima rete di comunicazione di cui gli Auror sono forniti ha permesso il dispiegamento delle forze in un tempo praticamente immediato e un uso coadiuvato di incantesimi anti-Babbani e una squadra speciale ha potuto isolare la zona di avvistamento senza che alcuno rimanesse ferito nell’azione.
Questo è quanto, ma se ha altre domande, può mandarmi un altro gufo. Le prometto che farò del mio meglio per essere celere, la prossima volta.
Ringraziandola per i suoi complimenti e nella speranza che questa mia la trovi in buona salute e non troppo in collera con il sottoscritto,
Le auguro una splendida serata.