Then you better
start swimmin'
Or you'll sink
like a stone
«Sparaschiocco.»
«Sparaschiocco?»
«Sì, Sparaschiocco. Sono seria.»Lo sguardo di Eloise enfatizzò la frase, lasciando intendere che questa volta non stava scherzando. Camillo la osservò incerto, ma parve convincersi che non si trattava di una presa in giro.
Da quando l’idea di un momento celebrativo per il Caposcuola uscente era iniziata a balenare nelle teste dei Prefetti Tassorosso, la rossa si era subito posta il problema di come evitare che la Sala Comune esplodesse. Non che i membri dello staff fossero onnipresenti: c’erano momenti di buco, ma qualcuna bazzicava sempre dalle parti delle cucine. Per arginare la questione la Lynch aveva proposto di mettere su un torneo di Sparaschiocco - tradizione che non rispettavano da un bel po’ - e aveva fatto di Camillo il suo luogotenente per l’occasione.
«Ma niente scommesse, okay?» Un guizzo furbastro balenò nello sguardo del Tassorosso, e non poté che rispecchiarsi sulle labbra di Eloise. Rivoltogli un saluto militare, la rossa si volse alla ricerca di Niahndra.
Pur avendo insistito a lungo al fine di essere lasciata in pace in quanto “Prefetto in pensione, ormai fuori luogo”, la mora non aveva avuto occasioni di scamparla: Eloise era stata irremovibile, e aveva insistito quotidianamente affinché partecipasse. Nonostante la questione pensionistica, Niah era rimasta a loro disposizione anche dopo aver lasciato la spilla, e non c’era ragione di escluderla da un momento così importante. E adesso, che era arrivato il momento dell’ascesa dei sette piani di Hogwarts, non sarebbe sfuggita alle sue grinfie.
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In un bagno di luce vivida e intensa, la chioma della Tassorosso veniva stuzzicata dal vento giocoso che si infilava tra la sommità delle guglie di Hogwarts. Come sempre, di giorno, la Torre di Astronomia era deserta, un vantaggio che le concedeva di accedere liberamente all’uscita secondaria del suo personale passaggio segreto, e di godere di qualche momento di solitudine tra lei e l’Aria. Mancavano poche ore all’appuntamento che si era data con la fazione femminile dello staff di Tassorosso, e non voleva rinunciare a un’occasione preziosa di fare il punto. Esigenza che, ultimamente, si stava rilevando sempre più pressante.
Il suo mondo stava cambiando: Horus, una pietra miliare della Casata, cedeva il posto ad Amber nella carica di Caposcuola. L’entusiasmo e la cura che aveva infuso nel suo lavoro erano stati capaci di far sentire Eloise parte di una famiglia, di guidarla per tanto tempo, di responsabilizzarla e farla crescere. Era giusto che venisse celebrato. E Amber, che ora ereditava la sua spilla, aveva per certo un’attenzione per gli altri e una lungimiranza capaci di continuare con saggezza quel lavoro.
Lei stessa stava cambiando, e comprendeva appieno la scelta dell’amico. Se un anno prima qualcuno le avesse rivelato la piega che gli eventi avrebbero preso, era sicura che sarebbe rimasta spiazzata, sgomenta e delusa, ma ormai non era così. Il tempo aveva intessuto trame troppo grevi e profonde per essere trascurate in favore delle aspettative pregresse, e aveva inciso in ogni membro dello staff scolastico dei marchi inestinguibii. Sapeva quanto la Battaglia di Hogwarts e gli eventi successivi avevano inciso, sapeva quale era stato il percorso mentale che aveva spinto Horus fin lì, e gran parte di quel percorso lo condivideva lei stessa.
Il vento aveva preso a soffiare con persistenza, lì sulla guglia e nelle loro vite, e non poteva essere ignorato. I palmi delle sue mani lo percepivano, e lo comprendevano: il vento le suggeriva di abbracciare quel cambiamento, di spiegare le ali.
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Arrivarono al pianerottolo della Torre di Astronomia con largo anticipo. Da un lato, una Niahndra taciturna e pronta alla fuga, dall’altro, un’Eloise loquace e spensierata, che faceva volontariamente orecchie da mercante all’implicita protesta. Aveva pregustato quel momento Tassorosso già da un po’ e, non appena aprirono la porta, notò con ammirazione l’accurato allestimento della stanza - albero incluso. Con le labbra all’ingiù e le sopracciglia agrottate, segno evidente della sua ammirazione, spostò lo sguardo dalla bottiglia champagne al volto della Capocasa, che le servì immediatamente una risposta pronta. «Che buffet di classe!» Sinceramente ammirata, si mise a studiare gli stuzzichini che li attendevano.
Fu felice di constatare che era lì, in cima Torre di Astronomia, il luogo in cui aveva vissuto uno dei momenti più sereni del suo percorso scolastico - e proprio in compagnia di quei colleghi. In nell’occasione Atena aveva mostrato tutto il suo talento nell’insegnare e affascinare con la conoscenza, facendo della masterclass dedicata al Vernal Equinox una delle lezioni che più le erano rimaste nel cuore. Quel tetto di stelle era al suo posto, a fare da sottofondo a una serata già magica. Prese posto accanto alle compagne, preparandosi ad accogliere l’arrivo del Caposcuola uscente, ma entrante a breve.
Era abbastanza sicura che non avesse sospettato nulla del piano malvagio architettato a dovere, ma non ne ebbe la certezza finché non vide il suo volto fare capolino dalla porta. La sua aria trafelata e sbigottita, unita al rossore appena percettibile sulle gote e all’interrogazione impressa nello sguardo, le diedero un brivido di esultanza - ci erano riuscite! L’avevano colto alla sprovvista e non si erano tradite.
Pur credendo di essere preparata a quel momento, la solennità del passaggio avvolse anche la sua gola. Era la fine di un’era, di un periodo in cui la Casata aveva visto la gloria e aveva dovuto sopportare fatiche per cui nessuno dei suoi membri era pronto. Vittorie e sconfitte si erano susseguite, e in ogni occasione Horus era stato un pilastro per ogni studente di Tassorosso.
Imprecò mentalmente contro le compagne: le parole che uscivano dalle loro bocche erano talmente pertinenti da lasciarla sgomenta, da suscitare quel classico nodo alla gola che chissà come si converte in un luccicare di lacrimucce. Sapeva di non essere in grado di esprimersi altrettanto solennemente, così, quando Thalia concluse, si concesse un momento per respirare e per lasciare a Horus il tempo di osservare il bracciale.
Alla fine, la cosa più sensata da fare fu di stringere il collo della bottiglia di champagne.
«Insomma, goditi la serata e non illuderti di startene più tranquillo, da ora in poi...» La voce tremolava lievemente, mentre le sue dita trafficavano con la gabbia del tappo. Una modesta pressione alla base, e comprese che era pronto per saltare.
«A Horus!» Un sonoro
POP! annunciò che la bottiglia era stata stappata, e un piccolo sbuffo di vino frizzante sgorgò dalla punta. Colmò il primo calice e subito lo porse al ragazzo, incrociando il suo sguardo: se prima c’era stata una punta di commozione, ora i suoi occhi tradivano una chiara e riconoscibile nota di furbizia.
For the times
they are a-changin'