P r o f a n o

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view post Posted on 6/4/2019, 08:27
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Discepolo del Fato
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Non spegnerti, fiammella. Non ora.
Allo sfinimento, all'ultimo bagliore, potrai correre, correre via. Lontano dal tempo che tutto vede, lontano dal sortilegio che ti contiene. Non spegnerti, fiammella; il ragno è imprigionato,
e del suo operato non resta che una ragnatela già sfilata.
Io ti invoco, Fiamma Eterna.
Io ti invoco, all'eco dei giorni e delle notti.
Non spegnerti, fiammella.
E divorali, divorali entrambi, divorali tutti.


Sabato sera, la fine di una cena.
All'imminente ingresso della Primavera, al tepore di una stagione tutta in fiore, le mura stesse del Castello si erano preparate all'accoglienza nel migliore dei modi; le ultime revisioni di registri e di doveri, nuovi corsi all'occorrenza, qualche pulizia in esclusiva, ormai le armature scintillavano nei loro anfratti e ad ogni angolo di corridoio un profumo di lavanda - il detersivo preferito di Mastro Gazza, mormorava qualcuno - si espandeva piacevolmente tutto intorno. Nessuna festa tuttavia in programma, non più delle precedenti di quei luoghi, e nella pace di una sera asciutta, anonima per versi, si prospettava un altrettanto incantevole rientro in dormitorio. L'indomani gli studenti non avrebbero avuto alcuna lezione, la domenica era giorno di riposo anche per Maghi e per Streghe. Il cicaleccio di voci che ancora si sentiva dal pianoterra era così vivace, allegro e spensierato, da far dimenticare per un attimo qualsiasi oscuro episodio del passato. A dispetto di ogni altra cosa, a quanto pareva, la vita ad Hogwarts riprendeva, continuava, non si arrestava in alcun modo. Nella bellezza di quella consapevolezza, tra l'altro, si inseriva una delle migliori cene di sempre: forse estasiati dal primo finesettimana del mese, gli stessi Elfi Domestici delle Cucine si erano adoperati alla meglio, fra costine di agnello, pollo alla brace, risotto allo zafferano e più patate e verdure grigliate di quante se ne fossero mai contate. Le quattro tavolate delle rispettive Casate sfumavano in tempre accese, chiare e forti, al sapore di un cibo di qualità, di piatti gli uni dopo gli altri squisiti. La torta di melassa, che di Hogwarts faceva onore e tradizione, aveva appena concluso in sorriso l'intero quotidiano ritrovo. Già qualcuno salutava l'amico, i concasati si prendevano a braccetto, i Prefetti e i Caposcuola lì presenti si affaccendavano ai loro doveri, e via così: la routine settimanale si infrangeva in quegli istanti, e la cena del sabato sera - per tutti, dal primo all'ultimo - aveva sempre un sapore diverso, quasi migliore. Il carico di studio, fra saggi e incantesimi da provare e da coadiuvare, avrebbe senza dubbio potuto affliggere, chi più e chi meno, la stragrande maggioranza di alunni del Castello, ma c'era tempo, ci sarebbe stato. La notte era lunga, lo era per tutti.
Mentre una fila intensa - come da prassi serale - cominciava a formarsi di punto in bianco verso le scale che conducevano ai piani superiori, uno schiamazzo esagerato - un gridolino, una risata sgarbata - risuonò tutto intorno, proprio all'ingresso del portone della Sala Grande. Molti presenti volsero il capo in direzione del disturbo, dove una coppia di Grifondoro faceva da scherno ad un altro ragazzino, loro concasato. Nulla di preoccupante: un succo di zucca lanciato contro i pantaloni della vittima, un'imprecazione velata, e via tutti e tre - come vecchi amici, a dispetto della marachella - verso i piani più alti. La fila riprese a scorrere, fra alti e bassi, fra promesse di rivedersi per studiare e altre di organizzare una passeggiata al Villaggio di Hogsmeade per l'indomani. Una studentessa Corvonero, tuttavia, alzò la voce perché improvvisamente impaurita. Indicava ripetutamente, la mano tremante, un punto di fronte a sé, che conduceva ai Sotterranei. Quando diversi sguardi seguirono l'esempio, una scena particolare si presentò nitidamente: come in catena, l'uno dietro l'altro, una sfilza di ragni zampettava verso le scale più lontane, verso le profondità del Castello. Erano tanti, più di una trentina, e poiché tutti raggruppati, era difficile ignorarli. «Saranno i nuovi amici dei Serpeverde» commentò qualcuno, nella folla. Nel frattempo, i ragni scappavano via. Stranamente, dinnanzi gli studenti già nei dintorni, scappavano in fila indiana, bene ordinata.
«Cattivo presagio» aggiunse un altro.

Inizia così la vostra avventura, pochi dettagli vi sono stati già forniti, insieme a quelli del testo d'apertura è quanto. Come sempre, per domande e dubbi sapete dove contattarmi, idem per scadenze. A tal proposito, prossima turnazione: 14 Aprile, 23.59
Vi prego di inserire fin da subito statistiche attuali ed eventuali - se giustificati ongdr - oggetti con voi. Buon inizio, buona avventura!
 
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view post Posted on 11/4/2019, 12:49
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profano
Casey Bell
«E allora noi vili
che amavamo la sera
bisbigliante, le case,
i sentieri sul fiume,
le luci rosse e sporche
di quei luoghi, il dolore
addolcito e taciuto —
noi strappammo le mani
dalla viva catena
e tacemmo, ma il cuore
ci sussultò di sangue,
e non fu più dolcezza,
non fu più abbandonarsi
al sentiero sul fiume —
non più servi, sapemmo
di essere soli e vivi».
Sabato sera, a cena.
«Mi basta un boccone e poi ci sono. Gliela faremo fare a tutti nelle mutande».
Casey Bell si era appena seduta alla tavolata dei Grifondoro lasciando cadere sulla superficie lignea il suo borsello. Stava parlando con Tanja, del secondo anno, e con Virgilius, del primo.
«A proposito, sapete se Caleb ci sarà?»
. Una rapida scrollata di spalle e due paia di sopracciglia inarcate in tono dubbioso furono la risposta alla sua domanda, se non la conferma di quel che pensava già da un bel po' di tempo: Elliot la evitava. Aveva sperato che ad un evento come quello, che non riguardasse lei in prima persona, l'ormai ex-amico si degnasse di partecipare, di fuoriuscire dal suo letto a baldacchino fra le pile di volumi di scuola che lo schermavano concedendosi almeno un briciolo di vita. Forse lei stessa, organizzando quel piccolo party privato, aveva voluto creare la situazione adatta e quasi casuale in cui incontrarlo e finalmente chiedergli delle spiegazioni, ma a quanto pareva lui era in grado di prevenire ogni sua mossa. «Bene, allora ci vediamo dalla Signora Grassa alle nove meno un quarto». Un sospiro e poi, impassibile e sconsolata, si concentrò sul buffet appena comparso.
Fra il brusio della sala, le risate e gli schiamazzi, l'unica cosa che appariva degna dell'attenzione del Prefetto rosso-oro era il purè. Con un cucchiaio ne raccoglieva una montagnola dalla terrina, poi capovolgendolo sopra il suo piatto lasciava cadere la poltiglia gialla come se si trattasse di una mera punizione. D'altronde, in mezzo a tutto quel ben di Dio, era l'unica cosa che la gastrite le permettesse di non rimettere. Provava una certa ansia già da qualche giorno, con tanto di tremore a tratti, e quel sabato sembrava aver raggiunto il suo culmine col bruciore alla bocca dello stomaco. Non era riuscita a capirne l'origine, ma la perenne e crescente agitazione l'aveva resa una mina pronta a scoppiare. Forse i preparativi per la festa l'avevano stressata, il continuo viavai da Mielandia e da Zonko perché ogni volta si dimenticava di acquistare qualcosa, più l'imminente esame di Storia della Magia che di certo, com'era noto, era in grado di mietere più vittime della peste bubbonica del Trecento. Si chiese se ne fosse valsa sul serio la pena. La carica che rivestiva le dava sempre così poco tempo tempo libero sommandosi allo studio e ai suoi turni da Sinister, che tutte le belle idee che le venivano in mente per donare un po' di svago a se stessa e ai suoi compagni acquisivano a loro volta la veste di un'ulteriore occupazione.

Mentre faceva questi ragionamenti, la pappetta di patate e noce moscata le scendeva lungo la gola con la stessa consistenza di una tortura. Sarebbe stata più buona come guarnizione di una fumante costina o di una salsiccia di maiale, in grado di dare al suo sapore un po' scipito e insieme dolciastro motivo d'esistere. Mai si sarebbe aspettata che proprio lì in mezzo avrebbe trovato un boccone - se mi concedete di chiamarlo così - piuttosto insolito e ancor più dolce, anche se...
«Soffoco!». Si portò le mani alla gola e un'espressione di panico si accese sul suo volto. I concasati, allarmati, cominciarono a darle brusche pacche sulla schiena fra le risatine sommesse provenienti dal tavolo dei Serpeverde. Poi finalmente, dopo un intenso e doloroso colpo all'altezza dello sterno, tossì via l'arma del tentato delitto, che di certo non poteva essere un pezzo solido di purè. Sotto lo stupore generale, questa scintillò fra i pezzi di patata a cui era attaccato, piccola e rotonda. Casey, massaggiandosi la gola raschiata dallo sforzo, la raccolse e capì. Il suo sguardo dunque si spostò verso il tavolo dei Tassorosso, da cui Camillo la scrutava con una smorfia contratta in segno di scuse.



Dopo cena, piano terra.
«Dunque: mi riempi di regali, tenti di farmi morire per soffocamento... sono sempre al centro dei tuoi pensieri». KC, attaccata al braccio di Camillo, contemplava l'anello, ormai ripulito dal purè, al suo dito. Quel nuovo oggettino luccicante le fece venire l'irragionevole voglia di far imbucare il ragazzo al festino in Sala Comune, cosa che però non sarebbe mai potuta accadere. La Signora Grassa, persino da ubriaca marcia, sapeva riconoscere i suoi Grifonpolli da due rampe di scale di distanza. Come minimo quella mezzora rimanente l'avrebbe voluta passare con lui. Gli scoccò un bacio di ringraziamento all'angolo della bocca e poi lo trascinò fuori dalla Sala Grande sfuggendo da una sua possibile presa. Non era abituata a tutte quelle attenzione che, sebbene fossero ardentemente desiderate, la mettevano sempre un po' in imbarazzo.
«Vedrai, vedrai cosa combineremo, pure dai sotterranei!» esordì subito dopo con un sorriso furbetto stampato sul viso. Era una promessa: la sua idea avrebbe coinvolto, nel limite del possibile, l'intero castello; e non tanto nei festeggiamenti. Alle ventuno in punto l'ondata di scintille rosso-oro dei Detonatori Deluxe avrebbe inondato la lunghissima tromba delle scale fino al pianterreno, così, una volta che i nasi di tutti i presenti si fossero rivolti al soffitto, sulle loro teste avrebbero visto brillare la scritta a caratteri cubitali: RIGOS CAMPIONESSA DI HOGWARTS. Rise fra sé e sé immaginandosi la reazione istantanea della compagna e di tutte le imprecazione che le avrebbe tirato dietro. Fatto il misfatto, l'avrebbero subito acciuffata e si sarebbero barricati di corsa nella Sala Comune per festeggiare a suon di calici dell'Idromele Olimpo che erano riusciti a far passare di straforo nei dormitori. Il tutto prima che qualcuno potesse raggiungerli e togliergli cento punti a testa. E la Signora Grassa - erano d'accordo - a chiunque le avesse ordinato di aprire la porta per rovinare il party esclusivamente Grifondoro avrebbe fatto una pernacchia.

Si strinse di nuovo a Millo, questa volta conducendosi in punta di piedi al suo orecchio. Un messaggio bisbigliato, una parolina che nessun altro avrebbe potuto sentire; poi una risatina maliziosa e uno sguardo complice. Prima di risalire le scale avrebbero fatto una passeggiatina insieme, e se qualcuno avesse osato rubargli quel breve momento, Casey gliele avrebbe suonate di santa ragione. Di fatto, non appena quegli schiamazzi giunsero fino alle sue orecchie e lei ne identificò l'origine proprio in due suoi concasati, si girò di scatto pronta a richiamarli. Aveva i nervi a fior di pelle, un braciere fra il petto e lo stomaco che con fiammate ardenti le rendevano insopportabile tutto ciò che per lei fosse fuori posto. Li guardò in cagnesco, mentre le dita premevano ancor più forte sulla pelle del ragazzo, appiglio necessario per contenersi. Era una totale idiozia quella di correre il rischio di farsi richiamare ancor prima di combinare il macello, il suo piano e la sua festa per Nieve. Osservarli correre impuniti sulle scale fino al dormitorio fu per lei un duro colpo da incassare. Contrasse i muscoli e respirò profondamente, cercando di convincersi che si trattava di una stupidaggine, di un semplice schizzo di succo di zucca, ma l'urlo che squarciò l'aria la fece sobbalzare nuovamente.

La confusione successiva e lo scalpitare dei piedi sulla pietra del grande atrio la misero in allarme. I muscoli tesi la fecero subito reagire a quel richiamo agghiacciante, portando con sé Millo, mano nella mano, il più stretto possibile. Quel che si parò di fronte ai loro occhi, il motivo scatenante il grido e il generale fiato sospeso, la lasciò esterrefatta, sebbene con un paio di sopracciglia aggrottate alla base della fronte: una lunga fila di ragni percorreva il corridoio che si affacciava sui sotterranei. Con le otto zampe piegate sotto il peso dei loro corpi come di un feretro in una marcia funebre, si muovevano in linea retta, uno dietro l'altro, formanti un ideale longilineo serpente bruno. Le reazioni di Casey, in successione, furono dapprima una smorfia di disgusto e poi la sensazione che quell'improvvisa infestazione della scuola non avrebbe permesso agli studenti dei sotterranei di godersi lo spettacolo organizzato dai piani superiori. Tuttavia era strano vederne così tante, di quelle creaturine - almeno una trentina -, muoversi in fila indiana, perlopiù nel castello e sotto gli occhi di tutti. Si chiese da dove fossero entrati e, nel caso, dove avessero creato il loro nido. Un brivido le percorse la schiena al pensiero di decine e decine di ragni di quel tipo camminare sui soffitti e nelle intercapedini delle mura secolari di Hogwarts mentre lei conduceva la sua vita quotidiana. Per smorzare l'improvvisa tensione rise alla battuta di qualcuno che, con tono irriverente, li aveva resi famigli dei Serpeverde, ma subito dopo, colpita dal commento di un altro, si rabbuiò pensosa. Quel «cattivo presagio» riuscì a scuoterla più dello stesso insolito spettacolino, e fece volare subito la sua mente a certe storie lette in giro, alle descrizioni del libro "Creature Mistiche", amato e ambito sin dal suo primo anno in quella scuola. Le pagine ingiallite le avevano rivelato il significato di alcuni simboli, di animali che rivestivano nel subconscio umano un ruolo spaventosamente preponderante, fra cui quelli che le erano rimasti più impressi: le figure ambivalenti. Il ragno era uno psicopompo quanto un Prometeo, infido quanto rivelatore, velenoso quanto taumaturgo, in base ai punti di vista. Senza dubbio, il ritrovare in loro un "cattivo presagio" era una superstizione occidentale. Per quanto KC fosse stata ammaliata dalla storia di Aracne, dal mito della ragnatela-universo e dagli studi magici sul tarantismo di Kircher, si ritrovò a sbuffare, dopo alcuni secondi, a quel commento. Al di là di ogni credenza popolare, i ragni erano bestie munite di istinti e necessità.
«Non per forza» disse dunque. «Sono pur sempre animali. O fuggono o vanno verso qualcosa, così ammucchiati. L'importante è che non siano velenosi».
Poi si girò e chiese all'intero gruppo di spettatori: «Piuttosto, sapete se dei Tassorosso o dei Serpeverde siano già diretti verso i dormitori? Bisogna avvertire qualcuno, magari Gazza o, meglio, un professore».
SYNOPSIS
Casey e alcuni Grifondoro hanno in programma qualcosa per questa sera: una piccola festicciola in onore del Prefetto Rigos che ha messo il suo nome della Cassetta Magica del Torneo. In preda a strane ansie (probabilmente stress) e al pensiero di Caleb che la evita, mangia il suo purè. Lì in mezzo vi trova un Anello dei Gemelli che il suo ragazzo, Camillo, le voleva regalare tramite una sorpresa. Successivamente si spostano nell'atrio e decidono di passare quel breve tempo a disposizione insieme, ma il grido prima e poi l'insolita scena dei ragni cattura, come quella di tutti, la loro attenzione. Casey dunque mossa dai suoi ragionamenti e dall'incarico che ricopre, chiede in giro se gli studenti dei sotterranei siano già in quei corridoi, in procinto di andare verso i loro dormitori.
INVENTORY
Bacchetta (Legno di Nocciolo, piuma di civetta bianca, 2 gocce di sangue di Mooncalf, 10 pollici, Flessibile): il legno di nocciolo percepisce l'acqua nel sottosuolo; [in tasca]
Borsetta in cuoio a tracolla piccola e leggera;
▴Il suo consueto pacco di caramelle: piperille, api frizzole, bacchette alla liquirizia, crostatine canarine, fra cui anche la Caramella d'Illusione; [nella tracolla]
Detonazioni Deluxe rosso-oro (x2); [nella tracolla]
Orecchie oblunghe; [in tasca]
Anello dei gemelli (Camillo); [al dito]
▴Consueto Anello a forma di Testa di Leone con Diamante incastonato e Medaglione Dorato. [al dito e al collo]
PS: 121/121 ◾ PC: 73/73 ◾ PM: 82/82 ◾ PE: 4,5



Per quanto riguarda questa festicciola, ho cercato di non specificare per cosa esattamente sia stata organizzata. Senza dubbio si tratta di festeggiare Nieve ma, essendo il post del master antecedente di pochi giorni alla proclamazione dei campioni, non è "certo" che sia per la sua nomina. Ho considerato il fatto che sia stata l'unica a mettere il nome nella Cassetta. Il tutto, signori, mi serviva a motivare la presenza dei Detonatori Deluxe nel mio inventario :ihih: oltre al pensiero di festeggiare una compagna. :rolleyes: Spero non sia un problema!
Le orecchie oblunghe le ho segnate nel suo inventario attivo (è furbina lei, perché non portarsele sempre dietro?), mentre le caramelle, fra cui quella d'Illusione, be'... chi non ne ha un po' nel suo borsello? Magari ci è finita casualmente lì :ph34r:
 
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view post Posted on 12/4/2019, 16:46
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Triste, come chi ha perso il nome delle cose.

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profano
Camillo BreendberghC'è una meta, ma non una via; ciò che chiamiamo via è un indugiare.Il giro di corruzione che vedeva coinvolti gli elfi delle cucine, nell'ultimo periodo si era trasformato in qualcosa di concreto. Camillo era solito chiedere piccoli favori ai suoi minuscoli amici già da tempo e mai, quando gli era stata offerta una mano, aveva osato prendersi il braccio. Ogni occasione era buona per attirare l'attenzione di questo o quell'altro collaboratore del castello. Di tanto in tanto, quando possibile, si faceva passare qualche leccornia sottobanco, perché la golosità prendeva il sopravvento negli orari più improbabili. In cambio, se ne era in grado, accettava di scendere a patti con quelle creature, ponendo il suo tempo a loro servizio. La prima ed unica regola, tacita, era la segretezza: non farne parola con nessuno e mantenere un basso profilo; entrambe le parti sembravano conoscere il limite da non valicare, affinché nulla di ciò che veniva concordato potesse destare i sospetti delle cariche scolastiche, quelle con l'autorità di prendere provvedimenti. Così, di volta in volta, tutti ci guadagnavano qualcosa, impiegando il minimo sforzo e correndo rischi trascurabili. Nessuno ci rimetteva, quelle erano trattative fra pari! Consolidata la fiducia con i suoi partner in affari, per l'olandese non fu difficile convincerli a piazzare un anello nel piatto della sua dolce metà. Nel corso della sua vita ne aveva sentite tante di storie romantiche, simili per certi versi – il gioiello annegato nel flûte di champagne, per dirne una, era il classico dei classici delle pellicole rosa Hollywoodiane. Le proposte di matrimonio più fantasticate, quelle che ringalluzzivano di prepotenza le ghiandole ormonali delle signorine e delle signorone, si plasmavano su quella falsariga, almeno per quanto concerneva il momento della cena. Anche se non le stava chiedendo di sposarlo, anche non le stava porgendo il diamante raffinato che meritava – e che lui non poteva permettersi, perché non aveva ancora svoltato producendo musica trap di dubbia qualità – trovò fosse un'ottima idea farsi avanti, accettando un compromesso. Tanto, ci aveva ampiamente ragionato, non avrebbe dovuto correre grandi pericoli nemmeno se l'avesse ricoperto di puré. Entrambi si strafogavano come dei suini ad ogni pasto, ma le probabilità che si soffocasse con quell'oggettino erano ridicole. Pensò fosse stato più plausibile che ci sbattesse contro il cucchiaio, notando la sua presenza nel piatto ancor prima di portarlo alle labbra; poi, se proprio le probabilità giocavano a loro svantaggio, la consistenza dura dell'accessorio in contrasto con quella morbida della pietanza avrebbe dovuto destare dei sospetti già sulla lingua. Che si rompesse un dente mordendolo era fuori discussione, nessuno masticava quella deliziosa sbobba, ed il soffocamento si era preannunciato come uno scenario così astratto da destare ilarità.
Camillo dovette ricredersi quando si ritrovò a scorgere il caos più totale provenire dalla tavolata di Grifondoro, generatosi di punto in bianco, dal nulla. Casey, circondata dagli studenti rosso-oro, riceveva pacche sulla schiena neanche fosse stata il tizio al bar che avvisava i compagni di bevute di aver messo incinta la moglie. Non poteva crederci! Succedeva al Mandrillone quando inghiottiva le lucertole e per lui l'Expellio era il rimedio più rapido e indolore, ma purtroppo sui maghi non aveva alcun effetto, altrimenti sarebbe accorso. Alla fine Casey riuscì a sputare quell'affare, lanciandogli un'occhiataccia subito dopo. Il Tassorosso ricambiò con uno sguardo colpevole, tradito dal sorrisetto che celava dietro un pezzo di pollo alla brace, in cui si rifletteva il pensiero che lo stava pizzicando: *La mia donna è una citrulla, proprio come me!*


Dopo cena, piano terra.
«Sì».
Giusto il tempo di una sillaba e le labbra si serrarono in una linea inebetita. Certe volte lo studente si lasciava andare a spiegazioni lunghissime, in cui intrecciava trame intime e profonde per far chiarezza su ciò che provava; altre volte il silenzio parlava per lui. Quando la signorina Bell gli buttò lì, con leggerezza, un'osservazione sul fatto che fosse sempre al centro dei suoi pensieri, lui confermò d'istinto. Non era del tutto vero. Il Diavolo dei Sotterranei, per quanto la pigrizia lo ostacolasse, era quel tipo di persona che sapeva come tenersi occupata. Anche quando non era a lezione lasciava che le altre attività a cui si era vincolato lo assorbissero e gli si dedicava, senza lasciarsi distrarre. Tuttavia, quando la mente era a riposo, in ogni momento libero, Casey si presentava puntuale a riempirgli il cranio. Lo trovava rilassante, in parte percepiva lo stesso senso di pace, serenità ed armonia con il mondo che lo inondava quando erano insieme.
«Un po' come le coppie sposate». Volersi bene, scannarsi, farsi regalini. Per un attimo si sentì cinquantenne, pelato e con la panza. Ci scherzò su, per stemperare, lasciando che la Grifonessa lo trascinasse fuori dalla sala, imbambolato per quel bacio innocente ed inaspettato.
Mentre la fanciulla progettava di far saltare in aria il castello, almeno in senso metaforico – e tanto non ne aveva comunque idea, quindi non era affar suo – la ascoltava distrattamente. Gli occhi vagavano senza criterio qua e là, in cerca di qualche stramberia degna di nota, per farsi un'idea di che aria tirasse da quelle parti. Tutto sommato il clima sociale era piacevole, salvo qualche caso limite. Ragionava, assorto, su come impiegare quella mezzoretta libera, quando la sua citrulla ebbe la malsana idea di sussurrargli all'orecchio con malizia.
*Sì* non serviva neanche dirlo, l'aver ricambiato con complicità lo sguardo era già una conferma abbastanza eloquente. Concisa, gli aveva servito su un piatto d'argento un'opzione allettante, a cui non sarebbe riuscito a dir di no nemmeno se ci si fosse messo d'impegno. Mantenere il segreto in questo caso è d'obbligo. Ciò nonostante era euforico ed avrebbe volentieri lasciato che quella piacevole scossa gli squagliasse il sistema nervoso, se solo non gli fosse piombata nella testa la figura di Oliver, con l'irruenza di una martellata. Il caposcuola, in quell'inopportuna fantasia, gli riservava uno sguardo severo, mentre muoveva l'indice in sua direzione con fare minaccioso e canzonatorio. Se fosse venuto a sapere che la stava conducendo sul sentiero delle cattive abitudini alimentari, probabilmente lo avrebbe riempito di mazzate, o almeno così pensò Breendbergh. Certo, prima o poi avrebbero comunque dovuto fare i conti con le loro frequenti intrusioni nelle cucine, ma voleva che ad ucciderlo fosse il colesterolo alto e non il signor Brior. Lo aveva sempre immaginato estremamente protettivo nei confronti dei suoi Grifotteri, quasi come una sorta di fratello maggiore, per loro. Non avrebbe mai potuto accettare che quanto proposto divenisse un fatto reale, ci avrebbe messo la mano sul fuoco. *Okok Olly, faccio il bravo, promesso!* tutto, pur di far sì che non vedesse.
Casey, con fare granchiesco, era riuscita a farglielo dimenticare a forza. Lo scherzo del succo di zucca, perpetrato da un paio di Grifondoro ai danni di un concasato, l'aveva fatta irrigidire. Camillo, più rilassato, non aveva dato molto peso alla faccenda; in quegli anni aveva visto di peggio e si era reso conto che, nella stragrande maggioranza dei casi, la convivenza mitigava i torti. Gli studenti tendevano a non serbare rancore per sciocchezze simili, almeno non verso chi vestiva i loro stessi colori. Fu piacevole vederli tornare a scherzare senza scannarsi, lui avrebbe fatto lo stesso con Horus – anche se pigna – o gli altri dormiglioni in stanza con lui.
«È tutto ok» spiegò con un sussurro, invitando la nanetta a distendere i nervi, mentre le puntava lievemente il fianco con l'indice della mano dal suo lato.
E invece col caspita che era tutto ok! Lo schiamazzo successivo era qualcosa che andava preso sul serio, per ovvie ragioni. La prima era che lui nei sotterranei ci dormiva ed apprendere dell'esistenza di un plotone di ragni che vi si dirigeva, lanciato alla riscossa come i carri armati del Risiko, gli piantava in corpo un senso di inquietudine. Non era aracnofobico, amava quelle creature – a suo avviso erano compagni fidati, soprattutto perché gli risparmiavano l'imbarazzo di dover interagire con altri insetti nella sua stanza – ma quella sottile linea di cattive intenzioni incarnate era impossibile da gestire. Erano troppi. Quando la coppietta giunse nei pressi delle scalinate che scendevano verso i sotterranei, si ritrovarono mescolati ad un gruppo di studenti che già azzardava le prime congetture e che stranamente attribuiva la colpa della loro presenza a serpeverde. Camillo non era mai d'accordo con chi sviscerava senza timore i propri pregiudizi, ma non si curò troppo di quanto insinuato. Ragionava in fretta ed in modo schematico, spinto dall'impulso di prendere la situazione in mano. Se quelle bestiole le scale le avessero salite, invece di scenderle, allora sarebbe stato un problema di Gazza, invece era conscio di non poter dormire con la consapevolezza di un'infestazione in corso. Doveva scoprirne la causa, o almeno escludere qualche ipotesi. La prima era che si trattasse del frutto di qualche strampalato incantesimo di cui non era a conoscenza.
«Adesso scopriamo se son veri» si lasciò sfuggire un rapido commento, mentre precipitevolissimevolmente recuperava la bacchetta dalla manica. Una volta estratta la puntò in direzione di uno dei ragni in coda al gruppo – da cui non avrebbe staccato gli occhi – sviluppando un movimento circolare, che non sarebbe cessato fino al compimento dell'esecuzione. Al moto, accompagnò con decisione la formula, scandendo le sillabe: «E-va-nesco!».
Il ragionamento alla base di quel gesto era abbastanza semplice: se la memoria non lo ingannava, quella magia funzionava sugli oggetti, così come su alcune invocazioni animali (Avis ne era un esempio), mentre non aveva alcun effetto sulle creature che la natura stessa aveva messo al mondo. Quindi, se il suo bersaglio fosse scomparso, avrebbe potuto iniziare ad indagare per individuare un eventuale colpevole; al contrario, se non vi fosse stata nessuna alterazione nella composizione della sfilza, con buone probabilità – chi poteva avere tempo e voglia di far comparire tutti quei mostriciattoli, magari uno alla volta? – gli sarebbe toccato percorrere qualche gradino, a tempo debito. Ad ogni modo dava ragione a Casey, non scappavano alla rinfusa, ma una fila composta gli dava l'impressione avessero una meta precisa.
SYNOPSIS
Camillo fantastica su un giro di corruzione di elfi che in realtà esiste solo nella sua testa, poi osserva Casey soffocare per aver quasi ingoiato l’Anello dei Gemelli che le ha fatto arrivare nel piatto. A fine cena si avvia per una passeggiata in compagnia della sua fanciulla, si fa qualche viaggio mentale, poi la sua attenzione viene attirata dalla presenza di una nutrita sfilza di ragni. Ragiona velocemente ed agisce senza perdere troppo tempo, lanciando un Evanesco, così da poter confermare o escludere con certezza l’assurda l’ipotesi che si tratti di creature evocate da qualcuno.
INVENTORY
- Bacchetta: Legno di salice, corde di cuore di drago, 10 pollici e mezzo, molto flessibile. Potrebbe chiamarla Frusta.
- Ciondolo della Fenice: chi indossa questo ciondolo, composto da una piuma di fenice e una sfera molto resistente che contiene sangue di drago ungherese, non viene percepito da alcuna creatura magica nell'ambito di gioco in cui si trova (licantropi trasformati compresi). Ha quindi la possibilità di agire indisturbato eliminando il contatto visivo con le creature magiche.
- Anello Difensivo: Protegge da danni fisici e incantesimi. Anche da Avada Kedavra, ma poi si spezza. Usabile 1 volta per Quest. [Medio sx]
- Anelli dei Gemelli (Casey) [Anulare sx]
- Mappa "Il Passaggio" [Tasca delle braghe]
PS: 220/220 ◾ PC: 161/161 ◾ PM: 199/199 ◾ PE: 19

 
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view post Posted on 13/4/2019, 08:15
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Non spegnerti, fiammella. Non ora.
Allo sfinimento, all'ultimo bagliore, potrai correre, correre via. Lontano dal tempo che tutto vede, lontano dal sortilegio che ti contiene. Non spegnerti, fiammella; il ragno è imprigionato,
e del suo operato non resta che una ragnatela già sfilata.
Io ti invoco, Fiamma Eterna.
Io ti invoco, all'eco dei giorni e delle notti.
Non spegnerti, fiammella.
E divorali, divorali entrambi, divorali tutti.


L'episodio in Sala Grande di un folle soffocamento fu di lì a breve prontamente risolto: una spinta energica sulla schiena del Prefetto Grifondoro, un gridolino all'avamposto, l'idea - in ritardo - di utilizzare un'immediata pratica magica, in un caso o nell'altro l'intervento si rivelò molteplice, a tratti versatile, a tratti inutile. Casey risolse da sé: un colpo di tosse maggiore, un gingillo macchiato di saliva e puré di patate, infine la consapevolezza di essere stata presa in scherzo, o forse no, da qualcuno. Con il trascorrere dei minuti e l'avvicendarsi degli eventi, fra la fila che già si formava in modo sempre più asfissiante e l'incontro con il Tassorosso che aveva saputo conquistarle cuore e mente, per Casey fu abbastanza facile quindi trarre delle conclusioni. Un regalo all'occorrenza, un oggetto che avrebbe potuto forse fare la differenza: quella sera, l'indomani, nei giorni a venire di sicuro. L'Anello Comunicante brillò un'ultima volta all'attenzione della studentessa e a braccetto, quindi, entrambi finalmente si diressero là dove desiderato. L'impedimento irrisorio tra l'imbocco delle rampe di scale verso i piani superiori e quello dei Sotterranei del Castello, tuttavia, si espanse in più punti, così come in più forme: un festeggiamento già in programma e la futura esplosione frizzantina di colori accesi e sgargianti, del rosso già in eccelsa comunione con l'oro, tutto lasciava intendere che quella serata non fosse ancora conclusa e che con ogni probabilità sarebbe stata molto più piacevole di tanti altri finesettimana dell'ultimo periodo. Altre voci, tuttavia, si frapposero ad ogni pensiero più leggero, fino ad attirare l'attenzione e del Tassorosso e della Grifondoro nei riguardi dei ragni. Veloci, le zampette fulminee, i corpi rigidi e scuri come macchie di inchiostro alla rinfusa, le creature correvano in fila indiana, senza fermarsi, e neanche il tentativo di calpestarne una - da parte di un Serpeverde lì nei paraggi - ottenne granché come risultato. L'Incantesimo d'Elusione da parte di Camillo, al contrario, fu un colpo diretto e secco, alla punta finale del piccolo esercito in movimento: un ragno, in effetti, scomparve nel nulla in un batuffolo di polvere. La prima considerazione poteva essere quindi fatta, e tuttavia non essere completamente scontata: l'Evocazione Animale, d'altronde, non era pratica facile, e meno ancora lo era la Trasfigurazione connessa. Potevano tutti quei ragni essere unico frutto di un incantesimo alla buona? Prima ancora che potessero ragionarvi più del dovuto, la fiumana di studenti iniziò a spingere e spingersi a vicenda: volenti o nolenti, Camillo e Casey - per accordo, per necessità, per non finire spiaccicati nella mischia - si ritrovarono sospinti in avanti, verso il corridoio principale che conduceva ai Sotterranei. E se per l'uno la strada era conferma al suo rientro in Sala Comune, per l'altra era una direzione pienamente errata. Il coprifuoco era ancora lontano, i festeggiamenti alle nove in punto attendevano il colpo di grazia e di inizio, e tanto valeva per entrambi farsi compagnia come da desiderio comune. Percorsi pochi metri, alla prima svolta sulla sinistra già diversi gruppetti di studenti - schiamazzando, ridendo, battibeccando gli uni con gli altri - si dispersero dalla lunga fila, e altri invece proseguirono in fretta. Si progettavano partite a Gobbiglie, tornei di Scacchi Magici, per la maggioranza, e non mancavano gli studenti modello già certi di impiegare quel poco tempo serale, prima della notte e del conseguente riposo, per la stesura di nuovi saggi scolastici. Casey e Camillo, circondati da pochi altri alunni - Serpeverde, Tassorosso, da una cravatta all'altra delle divise spuntavano tra l'altro anche sporadici Corvonero e Grifondoro, come una festa alla rinfusa negli abissi del Castello -, si ritrovarono presto alla presenza di un ostacolo. Il corridoio, là dove svoltava sulla sinistra, era apparentemente libero, ma molti si arrestarono come se ad un tratto confusi, in parte pietrificati. Le pareti circostanti, dai lati fino al soffitto e al pavimento, brulicavano di strisce, di linee, di diagonali, tutte disegnate e tracciate con gessetto bianco. Non avevano alcun senso, men che meno custodivano un ordine descrittivo: rette, le une accantonate alla buona sulle altre e vicino alle altre, ma che avevano di gran lunga macchiato un tratto così trafficato dei Sotterranei. «Cosa diavolo-»
«Qualche idiota con i suoi soliti scherzi.»
«Ma forse è stato Pix»; «Oppure gli Elfi Domestici!»
«Sì, per cucinarci, ma che cosa stupid-»
«Chiamiamo Sullivan?»
«Avevo visto Hydra prima a cena»
«Avanti, ragazzi, per due disegnini infantili
Al cicaleccio di voci già in crescendo, infine, si sollevò quella di uno studente più autoritario: lo sguardo ferreo, l'espressione quasi tra divertita e spazientita, un Serpeverde - i colori della sua divisa parlavano chiaro - si fece largo tra la folla e salutò tutti con un inchino, a mo' di ironia spicciola. Voltatosi di spalle, fece un passo avanti, poi un altro, infine un altro ancora. Stava superando la parte del corridoio così sporca, così disordinatamente piena di scritte in gessetto chiaro. «Uh-uh che paura, chiamate Peverell già che ci siamo. Avanti, muovete il culo.»
Così dicendo, ignaro di tutti e di tutto, riprese il percorso a passo svelto. Non accadde nulla, al contrario svoltò l'angolo tranquillamente. Tutto sommato non era preoccupante, non era neanche uno degli scherzi peggiori che si erano perpetrati tra quelle mura. Ormai rassicurati, anche leggermente imbarazzati, gli altri studenti rimasti ripresero il cammino. Dalla parete destra, come una macchia in movimento, sulla striscia bianca più doppia si frappose una macchia scura, nera, che più attentamente si rivelò ancora una volta come la fila di ragni. Questa volta, però, erano più numerosi e dalla trentina circa di poco prima già sembravano essere aumentati a dismisura. «I ragni, di nuovo quei maledetti-»
«Via, via da qui!»
Così dicendo, la fiumana iniziò ad affrettarsi, chi spingendo e chi strattonando il proprio vicino, fin quando Casey e Camillo restarono all'indietro, insieme a pochi altri studenti. Alla svolta del corridoio, però, un ragazzo si fermò di scatto. «Ma... dove sono finiti?»

Con questi vostri post d'inizio e con le citazioni di Pavese e Kafka, potete portare con voi anche la Pelliccia dello Yeti. Scherzi a parte, inizio con il botto! Confermiamo, per praticità, che l'ambientazione temporale ad ora sia dopo la scoperta dei Campioni del Barnabus, non è un problema. Si continua, addentriamoci nel mistero. Prossima scadenza: 20 Aprile, 23.59
 
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view post Posted on 20/4/2019, 18:37
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Triste, come chi ha perso il nome delle cose.

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Camillo BreendberghC'è una meta, ma non una via; ciò che chiamiamo via è un indugiare.Gli occhi di Camillo, concentrati laddove l'incantesimo avrebbe dovuto colpire, catturarono nitidamente l'esito dell'Evanesco. La schiera di ragni aveva perso il componente di coda e del ragnetto colpito non era rimasto altro che un soffio di polvere. Aveva fatto centro. Il Tassorosso accolse quanto constatato con un discreto entusiasmo, sebbene non potesse dirsi esattamente felice della prospettiva che si era ritrovato ad elaborare. Non soffermarsi alle apparenze – non catalogare l'infestazione come spontanea – era stata una mossa saggia e quella piccola verifica gli aveva permesso di rilevare la presenza di un intervento umano, magico. Da qualche parte nel castello si celava chi, per colpa o per dolo, aveva liberato le bestiole, scatenando un breve istante di panico generale.
Raggiunto da Casey, che probabilmente aveva assistito alla scena – lo sguardo d'intesa così gli aveva suggerito – si sentì più tranquillo. Non amava lanciare incantesimi a destra e a manca, specialmente se non era certo in tutto e per tutto della loro utilità. Quando era circondato da volti poco familiari, temeva che un eventuale fallimento potesse attirare su di lui qualche presa per i fondelli di troppo. Non era uno che ci teneva particolarmente alla reputazione, ma nemmeno voleva sembrare l'ultimo degli sprovveduti! Poi puff. Il malessere interiore sparì tutto d'un tratto, un po' come il ragno dipartito (pace all'anima sua), in concomitanza al contatto con la pelle della sua fanciulla. Camillo intrecciò le dita con quelle di Casey, abbandonando la rigidità di cui si era caricato a favore di una stretta più rilassata. Poi accarezzò il dorso della mano di lei con il pollice, ringraziandola inconsciamente per il supporto emotivo che la sua vicinanza gli forniva. Sorrise ebete, rivolse uno sguardo totalmente affascinato al viso della Grifondoro, che un po' si spostava qua e là dalle guance al nasino, dalle labbra agli occhi: un segno di apprezzamento silenzioso, ma di facile interpretazione. Con la questione degli aracnidi ormai archiviata a "scherzone di cattivo gusto", sarebbero potuti tornare a concentrarsi sui loro programmi. Almeno questo era ciò di cui aveva cercato di convincersi, mentre la calca muoveva i primi passi per trascinarli verso i sotterranei. Non v'era via d'uscita e le speranze si infransero, tra una lamentela rimasta in gola ed un improperio masticato prima di vibrare nell'aria. L'unica consolazione si concretizzò nella proposta di una maratona di GoT, da spararsi insieme d'estate, se fossero sopravvissuti agli spoiler fino ad allora. Impossibile.
«Se finisce tutto a caso giuro che do di matto.» l'olandese non chiedeva molto, gli sarebbe andata bene una conclusione non troppo pretenziosa. Il tempo era poco e le questioni in sospeso di cui venir a capo una marea. Sperava solo che la produzione non liquidasse tutto con dei contentini per i fan, gettati qua e là come il prezzemolo tra una morte e l'altra. Era in grado di incazzarsi per molto meno.
«Ah, gli anelli, quasi dimenticavo! Penso funzionino come dei walkie talkie. Non so bene come azionarli, ma suppongo ci basti pensarci e parlare, poi l'altro sentirà.» buttò lì la questione così come gli era venuta in mente, con estrema leggerezza, senza pensare al fatto che le aveva appena offerto la whatsapposa possibilità di spedirgli messaggi vocali a tutte le ore del giorno. Forse avrebbe rimpianto quella decisione, ma si affidava al suo buonsenso. Le ricetrasmittenti erano utilissime per organizzarsi, senza andare a zonzo per la Scuola nella speranza di incrociarsi l'un l'altra. Con quella comoda riflessione in testa, battè il passo dell'ultimo gradino.
«Che vincano gli Estranei!» concluse atterrando.
La situazione dei sotterranei, a giudicare da una prima occhiata, pareva tranquilla. Il gruppo di studenti viaggiava spedito attraverso i corridoi, mentre Camillo sondava le pareti con la vista alla ricerca di ragnatele o altri segnali inequivocabili della presenza massiva di ragni. Non che le tele che essi tessevano fossero una novità in quella porzione di istituto, non si sarebbe certo allarmato alla prima, né tantomeno alla seconda. Anomalie nella quantità e nelle dimensioni delle stesse avrebbero però potuto risvegliare i timori del Tassorosso.
Ciò che lo mise in stato d'allerta non fu quello di cui si era preoccupato sin dall'inizio, ma insieme al gruppo di alunni in cui era immerso si stupì per le condizioni del passaggio alla sua sinistra. Si bloccò, stringendo lievemente la presa sulla mano di Casey, senza imprimere troppa forza, mentre un'espressione scettica e vagamente annoiata si impossessava del suo volto. Linee, linee ed altre linee di gesso bianco si attraversavano o correvano parallele sulle pareti della struttura. Pareva sì l'intreccio partorito dalla laboriosità di un ragno, ma per la sua natura artistica era palese ci fosse lo zampino di qualche studente. Lo scherzo si era rivelato più impegnativo degli standard a cui era abituato. Con un sospiro, senza far storie, cercò di seguire la Grifondoro per raggiungere il lato di quel sentiero, affiancandosi al muro, mentre silenziosamente origliava il vociare dei presenti. Non sapeva quanto bene facessero a preoccuparsi, in fin dei conti non pareva plausibile che quei disegni avessero uno scopo strettamente correlato all'utilizzo della magia. Disturbare Amber, Sullivan o chiunque altro gli pareva eccessivo. D'altro canto, chi aveva dato vita all'impegnatissimo plotone di aracnidi vantava abilità superiori alle sue – lui non sarebbe stato capace di tanto – e quindi anche conoscenze magiche più estese. Non era pratico di sigilli, li aveva a stento e di sfuggita sentiti nominare, ma quella piccola percentuale di probabilità non era da escludere. Forse, ci ragionò rapidamente, per aver vagliato quell'ipotesi doveva aver visto un po' troppi anime: i giapponesi abusavano di quell'elemento per riempire la trama dei loro cartoni animati. O forse, si spiegò a se stesso, faceva tutto parte dell'allestimento di un'atmosfera halloweeniana un po' fuori stagione. Insomma, era pronto a tutto, ma non si aspettava granché.
Ad uscire dagli schemi per primo fu un Serpeverde, che pareva averne le scatole piene della situazione che stava vivendo. Ad occhio e croce decisamente più cresciutello, esorcizzò i timori dei presenti facendo strada in testa al gruppo. Camillo lo osservò levare le tende senza commentare, domandandosi il perché di tutta quella fretta; il mistero dell'artista aracnomante acquisiva via via sempre più fascino. Stava diventando tutto un gioco.
Con l'avvento di un'altra orda di ragni – che per via della loro Evanescabilità non preoccupavano più il signor Breendbergh – alcuni dei presenti si affrettarono a levare le tende, lasciando la coppietta e pochi altri ad occuparsi di quel mistero. Il Diavolo dei Sotterranei (così era stato ribattezzato da Niahndra) accarezzò per l'ultima volta la mano di Casey, guardandola di sottecchi con un sorrisetto divertito ad inarcargli le labbra. Se lei si stava divertendo quanto lui, potevano rimandare i loro programmi all'indomani. La domenica era una delle loro giornate libere e non vedeva l'ora di condividerla solo in sua compagnia. Quel sabato, però, avrebbero potuto darsi un po' l'aria dei detective, tanto per variare la routine. Interruppe il contatto con lei, dedicandole una linguaccia. La stava silenziosamente invitando a divertirsi, le stava dicendo che lui non era affatto preoccupato, ma se avesse avuto bisogno sarebbe rimasto al suo fianco. Poi, perché prima distratto, si prodigò per affacciarsi dove si era diretta la combriccola, incuriosito dalle domande degli alunni più angosciati. In un primo momento non si era reso conto di nulla e gli sembrò quantomeno doveroso sbirciare.
«Dite che sono scomparsi?» domandò incredulo voltandosi verso gli altri, approfittando di un secondo di silenzio, ma mantenne un atteggiamento distaccato. «Qualcuno si è fatto qualche idea su cosa stia accadendo? Non fatevi trasportare dall'entusiasmo, è ora di buttar giù qualche ipotesi sensata.»
L'invito a partecipare a quel brainstorming era rivolto a chi era rimasto, senza esclusioni, a patto che non gli venissero propinate baggianate. Cercò di essere specifico su questo punto in particolare, ponendo una dose abbondante di enfasi sulla sua precisazione. Non si atteggiava con presunzione. Era palese che ci tenesse a raccogliere interventi motivati dalla logica, non era nemmeno un problema per lui prendersi la briga di moderare la discussione. Anche se non era abituato a lavorare in gruppo, affrontando ogni imprevisto con le proprie forze, per una volta si sentì in dovere di fare un'eccezione. Quella situazione coinvolgeva un po' tutti gli abitanti del Castello, da chi risiedeva nelle fondamenta, fino a chi dimorava in cima alle torri – in fin dei conti, se non avessero risolto in fretta, anche gli ultimi avrebbero presto dovuto fare i conti con quell'infestazione. Il gioco di squadra era favorito. Più teste che ragionavano in contemporanea avrebbero potuto partorire il giusto approccio per venire a capo della faccenda. Così pensò. Se poi c'era da scremare qualche intervento che non stava né in cielo, né in terra, l'avrebbero fatto a tempo debito.
Ancora non aveva escluso la teoria che il colpevole si trovasse fra loro, per questo avrebbe cercato di riconoscere eventuali tentativi di depistaggio. Ne aveva viste di Crime Story in tv, Camillo, sapeva bene che i megalomani amavano inebriarsi del loro operato, raccogliere feedback sulle loro performance e godersi il frutto delle loro fatiche. Per quello scherzo l'impegno non era certo stato dosato col contagocce!
SYNOPSIS
Il Tassorosso vede il ragnetto, bersaglio dell’Evanesco, scomparire. Fa un rapido ragionamento in merito alla questione, ma il tempo è poco e non approfondisce più del dovuto. Casey lo raggiunge, si prendono per mano e lasciano che la folla di studenti li spinga in direzione dei sotterranei, chiacchierando di serie tv nel mentre. Una volta raggiunte le profondità di Hogwarts, tutto gli pare nella norma, fino a quando non si imbatte nel cunicolo a sinistra, quello con le linee di gesso tracciate sulle pareti. Dedica un pensiero alla questione, si accosta al muro iniseme alla signorina Bell e continua a macchinare idee. Preso dalla fantasia non si rende subito conto di dove siano finiti gli studenti che si sono staccati, per questo decide di sbirciare (Masterello, fammi sapere cosa vede e sente, in caso vada bene). Poi, già che c’è, domanda ai presenti che idea si sono fatti per quanto concerne la faccenda, nutrendo il sospetto che l’artefice dello scherzo dei ragni si nasconda tra chi è rimasto.
INVENTORY
- Bacchetta: Legno di salice, corde di cuore di drago, 10 pollici e mezzo, molto flessibile. Potrebbe chiamarla Frusta.
- Ciondolo della Fenice: chi indossa questo ciondolo, composto da una piuma di fenice e una sfera molto resistente che contiene sangue di drago ungherese, non viene percepito da alcuna creatura magica nell'ambito di gioco in cui si trova (licantropi trasformati compresi). Ha quindi la possibilità di agire indisturbato eliminando il contatto visivo con le creature magiche.
- Anello Difensivo: Protegge da danni fisici e incantesimi. Anche da Avada Kedavra, ma poi si spezza. Usabile 1 volta per Quest. [Medio sx]
- Anelli dei Gemelli (Casey) [Anulare sx]
- Mappa "Il Passaggio" [Tasca delle braghe]
PS: 220/220 ◾ PC: 161/161 ◾ PM: 199/199 ◾ PE: 19



A questo giro io e Casey ci scambiamo il turno, per esigenze di tempo in OFF, spero non sia un problema. In caso sorry :flower:
 
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view post Posted on 20/4/2019, 21:19
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profano
Casey Bell
«E allora noi vili
che amavamo la sera
bisbigliante, le case,
i sentieri sul fiume,
le luci rosse e sporche
di quei luoghi, il dolore
addolcito e taciuto —
noi strappammo le mani
dalla viva catena
e tacemmo, ma il cuore
ci sussultò di sangue,
e non fu più dolcezza,
non fu più abbandonarsi
al sentiero sul fiume —
non più servi, sapemmo
di essere soli e vivi».
Si dovette mettere in punta di piedi per tentare di vedere oltre le spalle delle persone che la circondavano. Cercava un professore, un Caposcuola o anche un secondo Prefetto, ma così bassa e minuta com'era non riuscì a superare in altezza quel paravento di teste e divise nere nemmeno saltellando. Ancora non del tutto rassegnata - e con un doppio filo di nervosismo addosso - questa volta roteò sul posto per cercare il suo ragazzo. Dove diavolo si era cacciato Camillo? Si distraeva un attimo e lui si volatilizzava nel nulla in un batter d'occhio! Dovette avvicinarsi all'entrata dei sotterranei per scorgerlo, facendo a spallate con alcune ragazzine terrorizzate e con un gruppo di Serpeverde sghignazzanti che indicava lì dove il Tassino si approntava a compiere una magia. Lo guardò incuriosita, se non incredula, e con la linea delle sopracciglia in una posa seghettata. Dopo alcuni secondi, fra l'agitarsi di una bacchetta e una nuvoletta di fumo, sulla sua fronte non si poté notare altro che un'espressione di sorpresa. *Accipigna, è proprio un figo il mio ragazzo!* pensò. Ammise a malincuore che da sola non avrebbe mai considerato la possibilità che quei ragnetti fossero il mero frutto di una trasfigurazione. Quasi quasi si sentì un po' in difetto nei confronti di Camillo, ma non poté fare a meno di lanciargli un'occhiata complice.
Si ritrovarono di nuovo mano nella mano, con un sorriso stampato sul volto, a ciarlare del più e del meno come facevano sempre e tirando volontariamente in ballo babbanate che solo loro avrebbero potuto capire di fronte a chi conosceva solo pergamene, gufi postini, elfi domestici ma non internet, YouTube e i meme più brutti dei social. Il Tassino senza dubbio l'aveva trascinata con sé in un turbine di pessime diavolerie e lei, contenta di avere un linguaggio in codice comune, lo seguiva senza opporre alcuna resistenza.
«Ci pensi che fra poco uscirà l'ottava stagione e che noi non potremo vederla da qui?». I ragni erano ormai un lontano ricordo, uno scherzetto che qualche studente si era preso la briga di fare, chissà per quale assurdo motivo. «Mi sa che quando torneremo a King's Cross dovremo farcela di corsa fino a casa tua per evitare gli spoiler».
Mentre venivano spinti dalla calca verso i sotterranei, Casey continuava a chiedersi perché diamine non avesse pensato prima lei alla possibilità che la processione di ragni fosse solo una trasfigurazione da far sparire con un Evanesco. Camillo era più grande di lei, ovviamente, ne aveva viste di più al castello in quei tre anni di vita di differenza che avevano, ma lei continuava a non darsi pace. Si era allarmata per nulla, e se la faccenda si fosse protratta anche solo per un pizzico di tempo in più, avrebbe potuto fare addirittura una brutta figura davanti a un professore.
«Ah, mi stai per caso dicendo che funziona senza Wi-Fi?» disse in tutta risposta alla spiegazione di lui sull'Anello. Adesso capiva perché gliel'aveva regalato! Era senz'altro geloso, e voleva poterla chiamare a tutte l'ore per controllarla! I maghi ne sapevano una più del diavolo, specie quando erano innamorati. Altro che dono spontaneo e completamente disinteressato. «Che ne pensi di una petizione per far mettere la fibra a Hogwarts?».
Chiacchierando del più e del meno su cosa entrambi si aspettassero dallo scontro finale coi Non-Morti e su quella specie di walky talky magici, non si accorsero di aver già passato alcune aule più interne della zona dei sotterranei, e se non fosse stato per quell'improvviso stop a cui l'intera massa di giovani era stata costretta, probabilmente sarebbero arrivati alle fognature del castello.



KC continuava a parlottare, munita di un sorrisetto scherzoso che voleva nascondere il rimuginio ossessivo interno. Rivolta verso Camillo, ridendo delle ultime battute che si erano scambiati, non si accorse del muro umano che si era creato dinanzi a loro. Andò infatti a sbattere contro la schiena di una ragazza, impigliando così il medaglione che aveva al collo ai capelli biondi della tipa. Sommergendola di frenetiche scuse e tentando di liberarsi dal groviglio di nodi, non riuscì a cogliere subito cosa stesse succedendo, e così, per la seconda volta in quella serata, risolto quel macello, dovette alzarsi sulla punta dei piedi per riuscire a sbirciare oltre le spalle degli studenti che aveva di fronte. Fece una fatica incredibile per capire cosa ci fosse di così tanto particolare da fermarsi tutti di botto, soprattutto perché si aspettava qualcosa di davvero eclatante, magari nel bel mezzo del corridoio, oppure quella stessa fila di ragni incontrati all'ingresso dei sotterranei che avevano proseguito, a rigor di logica, il loro cammino. Riuscì a scorgere le linee bianche solo seguendo gli indici dei presenti puntati verso le pareti. Aggrottò la fronte, le sopracciglia, e poi sbuffò. Evidentemente quella sera qualcuno dall'intelletto equiparabile a quello di un ominide si era dato alla pazza gioia con le evocazioni e i graffiti rupestri. Non ebbe nemmeno il tempo di dire qualcosa che, in mezzo alla calca più totale e alle speculazioni sulle identità dei possibili artisti, qualcuno si erse dalla folla e si fece avanti. Un Serpeverde, dell'ultimo anno probabilmente, fece un inchino e poi un saltello al di là delle strisce, prendendo così per il naso l'intero uditorio. La Grifondoro rise fra sé e sé, mentre tutti, imbarazzati, continuavano la loro corsa verso le proprie sale comuni. Non essendoci alcuna fretta, questa volta si mise lato muro lasciandoli così passare. e lanciò un'occhiata al Tassorosso per farsi seguire. Fu da lì, dalla parete sinistra per l'appunto, che notò la seconda fila di ragni - ancor più numerosa della precedente - che scorreva e macchiava di nero le ampie strisce bianche della destra. Fra le teste dei passanti non fu difficile scorgerli, e uno strano presentimento le fece pensare che quelle linee e la contemporanea comparsa delle creature a otto zampe non doveva essere una coincidenza.
Smaltito il grosso della massa degli studenti, la ragazzina ne approfittò per porsi al centro del corridoio e contemplare i graffiti nella loro interezza. Linee su linee, trasversali, orizzontali, verticali, perfettamente dritte, si intersecavano fra di loro in maniera disordinata, creando un reticolo confuso. I ragni vi camminavano in fila indiana come si trovassero sopra le loro ragnatele, percorrendole da un lato all'altro, comparendo e sparendo nell'oscurità dei sotterranei. Si avvicinò a una parete, la sinistra, per osservarle da più vicino. Riconobbe che erano state tracciate con un gessetto, e si chiese che razza di bravata fosse quella. Se l'avesse voluta mai fare lei, si disse, avrebbe utilizzato qualcosa di indelebile, come della vernice, per imbrattare le mura scolastiche. Sarebbe stato un moto di ribellione, una risposta a qualcosa probabilmente, e di sicuro avrebbe voluto lasciare la sua impronta per molto più tempo rispetto a quello che il custode avrebbe impiegato per spazzar via il gesso con una pezzuola umida. Era troppo strano, davvero troppo, e uno sguardo al suo ragazzo, che nel frattempo si era allontanato verso la curva a gomito del corridoio, le aumentò ogni sospetto.
«C-cosa?» gemette. «Che vuol dire che sono scomparsi, Millo?».
Un brivido le percorse la spina dorsale. Com'era possibile che una torma di studenti di quelle dimensioni sparisse tutta d'un tratto varcato l'angolo? Il mistero si infittiva, e lei aveva sempre più l'impressione che non erano le coincidenze ad essere il tema di quella serata. Impaurita, ma anche affascinata, tornò a contemplare le linee, più vicina alla parete.
«Qui c'è sotto qualcosa di più grosso» disse. KC non conosceva di certo ogni ambito della magia essendo ancora al primo anno, sebbene alla fine, ma proprio per questo poteva permettersi il privilegio di qualche fantasticheria in più. Sapeva, dai suoi compagni di corso più grandi che avevano varcato la soglia del terzo anno, che tramite alcuni disegni e alfabeti come le rune si poteva rafforzare un incanto. Magari quei segni erano lì proprio per quello.
«Non credo che qualcuno abbia fatto queste linee solo per farcele vedere. Se non fanno parte dello stesso incantesimo di evocazione dei ragni che abbiamo visto prima, magari sono dei segni, una traccia per avvertire qualcuno di specifico». Si lasciò andare alla speculazione, parlando a voce alta in modo tale che Camillo e i pochi restanti presenti la sentissero e si unissero al ragionamento con le loro idee.
La curiosità fece il suo gioco. Se la prima parte del suo discorso fosse stata vera, se quelle linee fossero state la componente di un possibile incantesimo, forse avrebbero avuto una risposta più o meno immediata se avessero eliminato almeno uno di quei segmenti. Fu così che, dopo aver scoccato un'altra occhiata seria al Tassorosso, coprendosi un palmo con la manica della divisa nera, passò la mano su uno di essi nel tentativo di cancellarne via ogni granello bianco.
SYNOPSIS
Casey e Millo si lasciano trascinare dalla torma di studenti nei sotterranei. Parlano del più e del meno, lui le spiega il funzionamento degli Anelli dei Gemelli, e poi incappano nelle linee. Casey inizia a contemplarle e fa i suoi ragionamenti. Dopo aver sentito quanto detto dal ragazzino e da Millo sugli studenti spariti, cerca di capire se le sue teorie sulle linee sono vere eliminandone una con la manica della divisa scolastica.
INVENTORY
Bacchetta (Legno di Nocciolo, piuma di civetta bianca, 2 gocce di sangue di Mooncalf, 10 pollici, Flessibile): il legno di nocciolo percepisce l'acqua nel sottosuolo; [in tasca]
Borsetta in cuoio a tracolla piccola e leggera;
▴Il suo consueto pacco di caramelle: piperille, api frizzole, bacchette alla liquirizia, crostatine canarine, fra cui anche la Caramella d'Illusione; [nella tracolla]
Detonazioni Deluxe rosso-oro (x2); [nella tracolla]
Orecchie oblunghe; [in tasca]
Anello dei gemelli (Camillo); [al dito]
▴Consueto Anello a forma di Testa di Leone con Diamante incastonato e Medaglione Dorato. [al dito e al collo]
PS: 121/121 ◾ PC: 73/73 ◾ PM: 82/82 ◾ PE: 4,5

 
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view post Posted on 29/4/2019, 04:19
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Non spegnerti, fiammella. Non ora.
Allo sfinimento, all'ultimo bagliore, potrai correre, correre via. Lontano dal tempo che tutto vede, lontano dal sortilegio che ti contiene. Non spegnerti, fiammella; il ragno è imprigionato,
e del suo operato non resta che una ragnatela già sfilata.
Io ti invoco, Fiamma Eterna.
Io ti invoco, all'eco dei giorni e delle notti.
Non spegnerti, fiammella.
E divorali, divorali entrambi, divorali tutti.


Non avevano percorso chissà quale distanza, i Corridoi si estendevano a vista d'occhio nelle loro intricate geometrie fino alle viscere del Castello. L'uno all'altro, in intreccio imperfetto, all'occorrenza sempre così nitido all'attenzione dei suoi studenti; gli allievi di Tosca da una parte, quelli di Salazar dall'altra, alle rispettive Sale Comuni. Il punto di arresto, al confine preciso, era banalmente un punto di principio, quasi di svolta. Camillo e Casey non avevano fatto grande strada, non del tutto, e già si ripristinava un'atmosfera a tratti strana, a tratti folle, a tratti anche leggermente farlocca, che richiamava un tempo di festa, probabile Halloween, di un Ottobre sicuramente dimenticato. Poteva trattarsi e dell'una e dell'altra cosa, non ci pioveva, ma ogni ragionamento compiuto dai ragazzi fino a quel momento non tardava ad ottenere se non una risposta, perlomeno una parvenza di chiarezza. I pochi altri studenti lì nei paraggi, circa quattro e alcuni dei quali concasati dello stesso Tassino, si guardarono per pochi attimi tra di loro, l'uno alla ricerca del conforto o della più ambita spiegazione dall'altro. La parete era macchiata fino al soffitto, il gesso quasi vi scorticava cemento e mattoni alla rinfusa, e tuttavia peccava di ordine vero e proprio. Il significato di tutti quei lineamenti, di quelle stesure all'infinito, poteva far riflettere e allo stesso modo far distrarre. In ogni caso, non erano nitide, non del tutto. La furbizia, a pieno tondo, non era un difetto né di Camillo né di Casey, e l'istinto di non barcamenarsi caoticamente nel prosieguo del passaggio del corridoio giocò ancora una volta a loro favore. Camillo si affacciò all'imbocco libero della parte dei Sotterranei che avevano ormai tutti loro raggiunto e poco o nulla, purtroppo, si risolse alla sua introspezione: dei ragazzi di poco prima, del loro avanzare non così circoscritto, non si scorgeva più alcuna ombra. Erano letteralmente spariti, il percorso era sufficientemente dritto da non poter aver fagocitato ognuno di loro all'improvviso. Tuttavia, allo stesso modo Casey si risolse ad un'azione diretta, la manica già pronta a scivolare al polso e alla mano fino al tentativo di cancellare una parte del complesso archimedeo di gesso e di suoi lineamenti. Banalmente, come c'era da aspettarsi, la parte considerata sfumò via in uno sbuffo bianco, un soffio di granelli e di roccia, nulla di particolarmente complesso se non semplice gesso. «Possiamo tornare in Sala Comune?»
«Ecco, sì, ci fate passare?»
Le voci degli studenti nei dintorni non tardarono a farsi sentire. La richiesta di spiegazioni, di teorie, di condivisione anche imminente di un'idea o di una riflessione al riguardo dell'intera situazione, a quanto pareva, non aveva colto a punto da parte di Camillo nei loro confronti. Tutto quello che chiedevano, forse a buona ragione, era di fare rientro in dormitorio: la cena era ormai conclusa, il dovere scolastico attendeva alla porta con insistenza, e c'era ancora quella partita di Scacchi Magici in programma serale. Dei ragni, tra le altre cose, nessuno sembrava preoccuparsi più di quanto non avessero fatto pochi attimi prima. La schiera tornò visibile, poco distante dal punto cancellato dalla manica della Grifondoro, e rapida sfumò via verso il continuo della parete. Ancora una volta in fila indiana, furono così visti anche da Camillo poco più avanti. Correvano via, zampettavano ancor più velocemente, e davano l'impressione - tutti insieme, l'uno dopo l'altro - di avere fretta, timore, reverenziale aspettativa. Cattivo presagio, forse.
«Andiamo, Ari.»
Il primo studente, Serpeverde, si strinse nella divisa scolastica e avanzò verso la svolta del corridoio, accompagnato al suo fianco da una ragazza dai capelli più chiari dell'oro. Salutarono a stento - un cenno del volto, uno sguardo ancora incuriosito - la coppia di ragazzi in analisi accurata, e sotto gli occhi dello stesso Camillo non si fermarono verso il lungo tratto. Si percepì uno scricchiolio, come una porta appena aperta lentamente, e tutto accadde di sfuggita, di scatto, di repentina successione. La parete di fronte Casey, ancora intrisa di lineamenti in gesso, si alterò in solitaria reazione: il punto cancellato dal Prefetto brillò convulsamente e originò una serie di altre linee, in diagonale, che si disegnarono in automatico verso zone più alte. Come se qualcuno avesse appena deciso di ridipingere la parete, l'intricata rappresentazione iniziò a muoversi da sé, ad attivarsi, a disperdersi, fin quando le linee, le rette, le croci formatesi, tutte loro si unirono alla rinfusa sotto l'attonita costernazione di Casey. Il punto cancellato ridiventò visibile, la macchia di gesso tappò l'interruzione, e le linee tornarono - fisse, di nuovo - compatte. Per la prima volta, con più attenzione, Casey avrebbe potuto infatti notare che la geometria di per sé fosse sì confusionaria e caotica, ma unita, mai divisa: tutto collegava tutto, era uno schema, e non c'era una sola parte distaccata dall'altra. Qualcosa doveva essere successo, però, perché dal corridoio poco più avanti - in cui sostava l'osservazione di Camillo - lo scricchiolio aumentò fortemente. I ragni parvero fermarsi sulla parete destra, come se attoniti, in attesa. Dalla fine del corridoio, una serie di suoni attutiti, poi leggeri, poi pari a ticchettii si sollevò sempre più vicina. Come il peggior finale della Battaglia dei Bastardi, si palesarono repentinamente uno, due, infine tre figure di medie dimensioni, più grandi di due corpi umani insieme, in continuo avanzamento verso Camillo e i due Serpeverde. Se Casey si fosse affacciata, tutti loro avrebbero visto ormai nitidamente un trio d'eccezione, fuori luogo, e tuttavia presente. Tre ragni, ben più grandi dei loro vicini sulle pareti. Le zampe battevano il pavimento, i suoni fagocitavano i singhiozzi della ragazza poco vicina. Un'esplosione di luce, il primo Incantesimo del Serpeverde andato a vuoto. Erano lì, erano arrivati. Riprendevano, brillavano di sguardi lattiginosi, il manto ricoperto di peluria scura, color della notte, al bagliore fioco delle torce del corridoio così lungo. Una Creatura più grande di dimensioni avanzava per prima, le altre due seguivano ai suoi lati, ma l'Offensiva del Serpeverde rimbalzò sulla corazza che rivestiva le zampe. Aumentarono di velocità, erano vicini.

I figli di Aracne ad Hogwarts.
Acromantule, lì nei Sotterranei.

Pasqua di mezzo, eccomi di ritorno. Prossima scadenza: 4 Maggio, 23.59

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view post Posted on 3/5/2019, 23:23
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Triste, come chi ha perso il nome delle cose.

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Camillo BreendberghC'è una meta, ma non una via; ciò che chiamiamo via è un indugiare.Spariti. Degli studenti che avevano voltato l'angolo non vi era più alcuna traccia, non la loro immagine che si rimpiccioliva in lontananza, né il suono delle loro chiacchiere che rimbalzava sulle pareti del corridoio. La reazione alla loro più totale assenza si concretizzò in un senso di curiosità ed inquietudine, che come una candela dalla luce fioca e tremolante illuminava la mente del Tassorosso. I pochi dettagli disposizione di quest'ultimo, quelli rischiarati e segnalati dal bagliore della fiammella, non promettevano nulla di buono. Come se non bastasse, intorno a quel poco che la ragione rendeva a malapena visibile, vi era l'oscurità più assoluta. Il mistero su cui indagare si prospettava assai più ampio e cupo di quanto l'olandese avrebbe sperato ed ogni ulteriore azzardo, se ne convinse, avrebbe richiesto uno sforzo non indifferente da parte dei presenti. Con questa consapevolezza, Camillo accettò ciò che la serata gli aveva riservato. Ogni contributo da parte degli altri studenti era ben accetto, ma chi non desiderava collaborare, nemmeno in minima parte, si dimostrava una compagnia indesiderata. Per come la vedeva lui, i più frettolosi di tornare alle proprie sale comuni potevano tranquillamente togliere il disturbo, peggio per loro se all'indomani si fossero ritrovati qualche ragno a zampettargli tra le lenzuola. Questo a costo di rimanere solo con Casey a sbrogliare quell'intricato groviglio.
Più di chiunque altro, fu proprio lei a dimostrare il proprio interesse ed il proprio impegno per la risoluzione di quel gran caos. Fornì al gruppo le prime informazioni concrete, frutto di un'attenta analisi di ciò che stava accadendo, aprendo così un nuovo scenario sul ventaglio delle possibilità. I segni che si estendevano sulle pareti dei sotterranei avrebbero potuto benissimo rivelarsi un complesso sistema d'allarme. Chi aveva architettato quello scherzo aveva scelto l'orario in cui tutti gli abitanti del castello erano raggruppati al piano terra per la cena. Assumendo che quanto ipotizzato fosse vero, non era illogico pensare che, ritrovandosi con l'intero sotterraneo ed un bel po' di tempo a disposizione, fosse stato per lui facile prepararlo. Andando ancora più a fondo non era nemmeno tanto sbagliato presumere che, se aveva bisogno di essere avvisato una volta iniziati i giochi, fosse ancora da quelle parti intento a combinare qualcosa, con addosso l'ansia costante di essere scoperto. O magari, dedicò un ultimo pensiero alla questione, era tutta scena: tentava di depistarli, convogliando l'attenzione di maghi e streghe sull'elemento artistico per distoglierla da qualcosa di più concreto. Lo avrebbero capito più avanti.
Sulle labbra del giallo-nero si formò un sorrisetto divertito. Casey, nonostante il gap di età – e qualche anno in meno di esperienza – si rivelava sempre più sveglia di lui in quel tipo di faccende. Che si trattasse di una rogna quotidiana con qualche studentello anonimo in vena di scherzi o di qualcosa di più serio, riusciva sempre a dar prova del suo talento. La cura che impiegava nella ricerca dei dettagli e la velocità con cui la sua testolina elaborava le informazioni raccolte erano a dir poco impressionanti, almeno per i suoi standard. Al primo anno lui ancora non sapeva distinguere una pozione da una minestra! Per questo si abbandonò ad una fugace riflessione: se fossero stati i protagonisti di un giallo, il ruolo di Sherlock sarebbe toccato a lei, mentre lui avrebbe dovuto accontentarsi di una parte più elementare. Fantasticando su quell'improbabile eventualità, quasi non si accorse del primo cigolio legnoso, scattato nella corsia in cui ancora immergeva lo sguardo. Tuttavia quel suono bastò a svegliarlo, permettendogli di ricollegare il cervello alla realtà. Il successivo, invece, lo mise in un vero e proprio stato di allerta. Avrebbe scommesso che si trattasse di un segno di vita dato dagli studenti avventuratisi da quelle parti, che magari si erano addentrati momentaneamente in una delle aule vuote ‐ era più propenso a credere a questo che ad una loro sparizione ‐ ma si sbagliava. Il ticchettio delle zampe delle Acromantule, infine, incrementò rapidamente il lieve pizzicore dell'ansia che si somatizzava sul dorso delle braccia, culminato con il riconoscimento delle loro figure nella penombra del cunicolo. La loro presenza bastò a levargli dal viso il ghigno appena sorto.
«Tre ragni di tre metri!». Esordì serio, quasi apatico, d'impulso, come se avesse voluto rendere neutra la sua constatazione. Camillo non aveva la benché minima familiarità con quelle creature, sebbene le conoscesse per fama, per questo non si riferì a loro con l'appellativo corretto. Tuttavia era stato perfettamente in grado di identificare la minaccia, pur non riuscendo a valutarne l'entità. Non perse tempo a domandarsi se fossero velenose, se potessero sparare ragnatele come rampini o se avessero qualche altra abilità speciale degna di nota. Non gli importava. Per lui i ragni giganti erano ragni e come tali li avrebbe trattati.
«Casey, io li rallento, tu accecali!». Proseguì subito dopo, conscio che ogni istante fosse prezioso e andasse sfruttato per evitare spiacevoli imprevisti, che comprendevano crepare divorati da quelle bestiacce o soccombere soffocati in bozzoli della loro bava. Cercò di essere imperativo, così che fosse chiaro non scherzasse. Sapeva quanto la sua Grifondoro odiasse ricevere ordini ed in situazioni meno critiche le avrebbe chiesto di dargli una mano con cortesia, ma non c'era tempo per le carinerie ed entrambi dovevano muoversi. Puntò sull'ottima intesa che vantavano – se lo aveva fatto, l'altra avrebbe dovuto facilmente intuire si trattasse di una situazione di vita o di morte ‐ scattando senza la ragione a rallentarlo, perché la sua fiducia era cieca. Giocavano in squadra. Allo stato attuale parevano loro due soli contro quelle Acromantule, giacché il serpeverde di supporto era partito per conto suo.
Il Tassorosso puntò la bacchetta verso il pavimento, indirizzando la punta del salice contro la porzione di percorso che le tre bestie avrebbero dovuto attraversare per raggiungerli. Nella sua mente si era formata l'immagine di una superficie scivolosa, liscia, che un po' gli ricordava una di quelle piste per il pattinaggio sul ghiaccio in cui non era capace di stare in equilibrio e puntualmente finiva per scassarsi. Si concentrò, per far sì che l'impedimento attraversasse i confini del proprio cranio per realizzarsi nel mondo tangibile, rimanendo fedele al progetto costruito nella fantasia. «Lapsus!» Deciso nella pronuncia, come nel colpo secco che diede con il polso, dall'interno verso l'esterno, l'olandese tentò di sbarrare il tragitto alle creature. Se tutto fosse andato come da programma, i tre aracnidi si sarebbero ritrovati a dover percorrere l'ultimo tratto di corridoio senza la possibilità di controllare il movimento delle proprie zampe. Possibilmente, Camillo avrebbe tentato di estendere l'incantesimo alla sezione bassa delle pareti laterali, così che divenissero inutilizzabili nel caso in cui i nemici fossero stati in grado di arrampicarsi. Si trattava di una magia semplice, nel repertorio dello studente sin da quando aveva acquistato la bacchetta da Olivander, ma non per questo meno efficace di altre ben più complesse ed appariscenti, almeno in quella situazione. Il Lapsus era un piccolo gioiello nel suo bagaglio di sortilegi, in grado di risplendere in tutto il suo fascino quando gli veniva data occasione di brillare. Non a caso si trattava uno dei suoi preferiti, se non quello a cui era più affezionato in assoluto.
Il Diavolo dei Sotterranei pensava in fretta, dava rapide indicazioni e agiva senza sprecare i pochi secondi a sua disposizione. Guidato dall'istinto, aveva presunto fosse difficile coordinare tutte quelle zampe per spostarsi laddove ogni punto d'appoggio fosse stato precario. Dubitava, per ragioni prettamente anatomiche, che i mostri potessero scivolare fino a loro: ad occhio, non sembrava si dessero slanci in avanti ed era improbabile si addentrassero interamente nel punto colpito dal raggio, senza avere almeno le zampe posteriori agganciate al tratto che ne era rimasto escluso. Se avessero avuto un minimo di senno, o perlomeno un istinto di autoconservazione decente, l'esito positivo dell'incantesimo avrebbe decretato un confine che le Acromantule non sarebbero state in grado di oltrepassare. In particolare, se l'azione di Casey - a cui ancora dava le spalle - avesse fruttato i risultati sperati, si sarebbe rivelata un ottimo deterrente per costringerle alla ritirata. E se così non fosse stato, se avessero continuato ad avanzare, le creature si sarebbero ritrovate ad affrontare gli studenti con un grosso svantaggio in termini di controllo sui propri movimenti. In ogni caso gli studenti avrebbero guadagnato del tempo prezioso. Lo avrebbe compreso in corso d'opera, sempre che quel plotone d'assalto non gli avesse dato prova della sua superiorità strategica ed intellettuale.
SYNOPSIS
Camillo tira le somme di ciò che sta succedendo, con una particolare attenzione all’approccio dei presenti riguardo al mistero in cui sono incappati. Apprezza l’intervento di Casey, che gli dà l’impressione di essere l’unica che ci stia veramente provando e prova un profondo disprezzo per l’indifferenza degli altri studenti in merito alla questione dell’infestazione. Quando i rumori provenienti dal corridoio lo destano dal suo viaggio mentale, torna alla realtà e si accorge dell’avanzata delle tre acromantule. Senza perder tempo dà qualche rapida indicazione a Casey per combinare un’azione al fine di metterle in fuga, conscio di non poterle gestire da solo. Lui cerca di generare un Lapsus che sbarri loro la strada e domanda alla Grifondoro di accecarle, così da incentivarle a ritirarsi. Segue una breve descrizione delle ragioni che lo hanno portato a non scagliare un’offensiva diretta.

INVENTORY
- Bacchetta: Legno di salice, corde di cuore di drago, 10 pollici e mezzo, molto flessibile. Potrebbe chiamarla Frusta.
- Ciondolo della Fenice: chi indossa questo ciondolo, composto da una piuma di fenice e una sfera molto resistente che contiene sangue di drago ungherese, non viene percepito da alcuna creatura magica nell'ambito di gioco in cui si trova (licantropi trasformati compresi). Ha quindi la possibilità di agire indisturbato eliminando il contatto visivo con le creature magiche.
- Anello Difensivo: Protegge da danni fisici e incantesimi. Anche da Avada Kedavra, ma poi si spezza. Usabile 1 volta per Quest. [Medio sx]
- Anelli dei Gemelli (Casey) [Anulare sx]
- Mappa "Il Passaggio" [Tasca delle braghe]
PS: 220/220 ◾ PC: 161/161 ◾ PM: 199/199 ◾ PE: 19

 
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view post Posted on 3/5/2019, 23:31
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Casey Bell
«E allora noi vili
che amavamo la sera
bisbigliante, le case,
i sentieri sul fiume,
le luci rosse e sporche
di quei luoghi, il dolore
addolcito e taciuto —
noi strappammo le mani
dalla viva catena
e tacemmo, ma il cuore
ci sussultò di sangue,
e non fu più dolcezza,
non fu più abbandonarsi
al sentiero sul fiume —
non più servi, sapemmo
di essere soli e vivi».
Le linee bianche sfumarono sui mattoni scuri del muro e la sua manica si sporcò di gesso. Casey non badava a quel tipo di cose, per lei si trattava di un'azione necessario a confermare le sue ipotesi. Rimase a fissare quella precisa porzione di parete su cui aveva agito in attesa, benché non sapesse esattamente di cosa. Aguzzò lo sguardo di secondo in secondo, ma man mano che il tempo passava la certezza che non sarebbe accaduto nulla cominciò a stringerle la bocca dello stomaco. *Perché?* si chiese. *Che senso ha?*.
«Se aveste un minimo di buonsenso andreste a chiamare i vostri Capocasa invece di star qui a sbattere i piedi. Non capite che i vostri compagni sono scomparsi?». La foga in quelle parole era data dall'ansia. KC non comprendeva quello che stava accadendo e di conseguenza si agitava. La sua ossessione per il controllo sarebbe potuta essere una pretesa paradossale per un abitante del Mondo Magico, dove nulla era certo e persino grossi e pelosi ragni erano in grado di comparire da un momento all'altro in una scuola; e quando questa si sommava al fastidio provocato dall'incoscienza dei suoi coetanei diventava un mix esplosivo.
*Dementi*. L'appellativo non raggiunse la bocca per essere pronunziato. Semplicemente il Prefetto sapeva che sarebbe stato inutile - se non una gran perdita di tempo - mettersi a discutere in corridoio per un insulto detto in un attimo di rabbia. Lo pensò e basta, e poi si pentì pure di averlo pensato.
Ancora un volta si girò di spalle a contemplare la rete bianca, più per evitare i loro sguardi stizziti dato che non aveva la minima idea di cosa quei segni volessero dire. La pelle del collo e del viso cominciò a scaldarsi, il naso a pizzicare e la fronte a corrugarsi, e una manciata di secondi dopo l'altra si sentiva sempre più in colpa per essersi rivolta verso gli studenti in quel modo. Quasi non notò la terza fila di ragni scivolare verso di lei, deviare lì dove la sua manica aveva fatto piazza pulita di gesso e continuare altrove. Zampettavano - anzi, correvano - freneticamente, più di prima, come se qualcosa li stesse inseguendo o attendendo, e di fronte a quel bizzarro comportamento KC rimase di sasso. Tre volte in una sera era impossibile imbattersi per caso di una sfilza compatta di ragni intimoriti. Si voltò preoccupata verso Camillo, dall'altra parte del corridoio - ormai degli altri e delle loro opinioni non gliene importava più nulla - sorprendendolo sorridente a fissarla a sua volta. Ma quell'espressione cambiò di punto in bianco, non appena entrambi sentirono lo scricchiolio di una porta rimbombare per i sotterranei. Il Tassino si irrigidì e sconcertato ripuntò i propri occhi sull'oscurità in cui gli studenti erano spariti poco prima. KC invece fu richiamata all'attenzione dal muro, scorgendo con la coda dell'occhio un'intermittenza biancastra. Sotto il suo sgomento finalmente le congetture che aveva messo da parte ebbero la loro conferma: si trattava di un incantesimo. Le linee si riformarono, si mossero, comparvero e scomparvero per poi unirsi e rendere ancora più chiara la loro natura confusionaria e unita. Ma quella ricongiunzione, quel suono e l'espressione di Millo non promettevano nulla di buono.



Una corsa sfrenata e la piccola fu da lui, assieme a tutti gli altri. Solo uno sguardo alle tre creature che avanzavano fameliche verso di loro e la sua schiena venne percossa da cento brividi. Le spalle si bloccarono, le mani si bagnarono di sudore, il cuore accelerò centrifugandole in petto. Solo uno sguardo e le ritornarono in mente le terrificanti illustrazioni di "Creature Mistiche" alla voce "Acromantule", delle vignette splatter dettagliatissime in confronto ai carboncini di ragni piangenti di Odilon Redon. La mano goffamente raggiunse la bacchetta, la strinse saldamente fra i tremori, ma i suoi occhi erano stati catturati dai molteplici di quelle creature e dalla bava che scendeva dalle loro bocche. Prima di chiedersi come fossero arrivate nel castello, di connettere quella visione allo scricchiolio iniziale, il dettaglio più significativo del momento baluginò nella sua mente: erano esseri carnivori, e l'istinto li avrebbe portati ad attaccarli. Se non avessero fatto qualcosa sarebbero stati divorati, e se avessero tentato di scappare sarebbero stati divorati lo stesso, magari con qualche secondo di ritardo, annaspando col veleno che infiacchiva i loro corpi. Anche se l'idea di fuggire era l'unica che in quell'istante la sua mente era riuscita a elaborare.
Il "via" all'esplosione dell'adrenalina in lei fu dato dalla voce di Millo. Già pronto a scagliare il suo incantesimo le chiedeva man forte; le chiedeva di collaborare con la magia. Se si fossero ritrovati in una situazione più normale probabilmente lei avrebbe esitato, o avrebbe cercato vie traverse per spostare l'attenzione altrove; ma ora, l'unica paura che governava il suo interno, era quella di non riuscire a sopravvivere. Una scarica elettrica, uno sguardo deciso e fulmineo al ragazzo volto a fargli intendere che tutto sarebbe stato sotto il loro controllo, e fece un balzo all'indietro, ritrovandosi così alle sue spalle. Pronta, puntò il Nocciolo verso le creature oscure, i loro denti consumati dagli acidi dello stomaco e quegli occhi neri e brillanti.
«Non voltarti, Camillo,» disse, con la stessa fermezza di un ordine «e voi chiudete gli occhi» continuò, rivolgendosi ai restanti studenti. Il Tassorosso avrebbe evitato in questo modo di entrare direttamente in contatto con la punta della sua bacchetta. Sarebbe rimasto indenne e il suo viso in ombra rispetto alla luce solare che ne sarebbe scaturita, proprio come il volto oscuro della Luna. Lei stessa, nel frangente in cui le sue labbra si schiusero per parlare, chiuse gli occhi.
«Lumos Maxima!». L'immagine del bianco, il più accecante e brillante esistente, il più doloroso come un fiotto di pugnali appuntiti che colpiscono le iridi delle creature che, a differenza di Icaro, ripugnando la luce si sarebbero spinti solo più in basso. Un'onda d'urto bianca, un velo di fiamme invisibili ma brucianti, avrebbe avvolto i ragni e i loro mille occhi, esseri la cui madre era l'oscurità. La bacchetta sarebbe rimasta puntata verso di loro e le profondità del corridoio per i secondi necessari ad accecarle. Poi Casey l'avrebbe abbassata e avrebbe afferrato la mano del ragazzo per gettarlo in una corsa sfrenata nella direzione opposta insieme a tutti gli altri. «Via da qui!».
SYNOPSIS
In un primo momento KC non nota nulla di strano sul muro che aveva cancellato, anzi se la prende con i suoi compagni perché non stanno facendo nulla di utile. Le sembra impossibile che si tratti di uno scherzo, ma quando sia lei che Millo sentono lo scricchiolio riesce ad avere le sue conferme. La rete di linee di gesso comincia a muoversi davanti ai suoi occhi; poi arriva una terza ondata di ragni, e infine raggiunge il Tasso all'imboccatura del corridoio e scorge le tre Acromantule. Dapprima si fa prendere dal panico, ma sentendo la voce del ragazzo riesce a riprendersi. In accordo con le azioni dell'altro, casta un Lumos Maxima da dietro di lui, in modo tale che la luce non lo colpisca, e lei stessa chiude gli occhi. Poi gli prende la mano e intima a tutti quanti di fuggire da lì.
INVENTORY
Bacchetta (Legno di Nocciolo, piuma di civetta bianca, 2 gocce di sangue di Mooncalf, 10 pollici, Flessibile): il legno di nocciolo percepisce l'acqua nel sottosuolo; [in tasca]
Borsetta in cuoio a tracolla piccola e leggera;
▴Il suo consueto pacco di caramelle: piperille, api frizzole, bacchette alla liquirizia, crostatine canarine, fra cui anche la Caramella d'Illusione; [nella tracolla]
Detonazioni Deluxe rosso-oro (x2); [nella tracolla]
Orecchie oblunghe; [in tasca]
Anello dei gemelli (Camillo); [al dito]
▴Consueto Anello a forma di Testa di Leone con Diamante incastonato e Medaglione Dorato. [al dito e al collo]
PS: 121/121 ◾ PC: 65/65 ◾ PM: 88/88 ◾ PE: 4,5



Col benestare del Master, ho modificato le stats. Mi ero resa conto di aver sbagliato alcuni calcoli. Le uniche aggiunte dal giorno del primo post sono 1 PS del Top Forum e 2 in ogni campo dato dal Diadema della Veela acquistato a San Patrizio. Di seguito le stats errate:
PC: 73
PM 82.
 
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view post Posted on 26/5/2019, 04:49
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Non spegnerti, fiammella. Non ora.
Allo sfinimento, all'ultimo bagliore, potrai correre, correre via. Lontano dal tempo che tutto vede, lontano dal sortilegio che ti contiene. Non spegnerti, fiammella; il ragno è imprigionato,
e del suo operato non resta che una ragnatela già sfilata.
Io ti invoco, Fiamma Eterna.
Io ti invoco, all'eco dei giorni e delle notti.
Non spegnerti, fiammella.
E divorali, divorali entrambi, divorali tutti.


Un attimo di silenzio per tutti, preludio di tempesta. Stasi eterea, già nello sguardo infastidito dei restanti, già nel tremore delle mani di uno spavento crescente. Risultò piuttosto difficile ignorare la triade in avvicinamento, e più le Acromantule ripristinavano una maggiore velocità di movimento, più le loro bocche banchettavano alla sola certezza di fare presto pasto ghiotto. Il primo sortilegio - all'occorrenza, uno studente forse anche troppo su di giri - non sortì alcun effetto, se non quello di rallentare brevemente il primo dei tre imponenti ragni. Ma non c'era spazio di manovra, non c'era salvezza avvincente, non in quella precisa situazione: le Acromantule non erano Creature di routine, e c'era tuttora da chiedersi quale motivo avesse spinto tutte loro ad entrare il Castello, ma ancor più come avessero portato a termine quel caotico intento. La coppia di ragazzini indietreggiò prima ancora del previsto, la mano della studentessa che già si stringeva convulsamente a quella del compagno vicino. Non avevano via di fuga, lo stesso Schiantesimo era stato fagocitato alla rinfusa, appena scalfendo la superficie d'azione: mentre il pericolo diveniva concreto, si dissipava in quel modo la confusione e la spavalderia sul volto dell'alunno più grande. Le dita si avvicendarono alla bacchetta con ancor più vigore, la mente macinava pensieri e incantesimi d'offensiva alla buona, ma le Acromantule non erano ostacoli quotidiani e restavano, a quel giorno, solo un argomento di lezione appena accennato. Il tempismo fu dei migliori, altri due alleati erano nei paraggi e forse la sola visione dell'azione prima di Camillo e poi di Casey, in combo ancora una volta, parve dare ristoro e coraggio alla coppia di studenti lì in piedi. Il Lapsus diede la giusta direzione di svolta, il fango mutò in scivolo, lo scivolo mutò in impedimento: primo e secondo ragno, più piccoli di dimensioni rispetto al terzo, impattarono l'uno contro l'altro. Scontro tra titani, a quanto pareva, mentre - occhi chiusi al giusto comando - impazziva l'esplosione di luce nei dintorni. Parve per un attimo tornare il silenzio, con sé la più vivida speranza di aver colto a segno, di aver concluso, di essere salvi. Ma c'era qualcosa di folle, qualcosa di strano, perché sia il primo sia il secondo incanto erano andati a segno, per una certa combinazione accurata, e tuttavia nessuno dei due aveva sortito suono alcuno. I ragni gargantueschi, in effetti, tacevano. Capitombolati gli uni contro gli altri, accecati in ampia parte nel bagliore lattiginosi che si evinceva dai loro occhietti indispettiti, restavano tuttavia stranamente placidi, misteriosamente calmi. Ripresero la loro avanzata con più lentezza del dovuto, il più grande già in testa, gli altri compagni alle sue spalle. Il Serpeverde digrignò i denti e parve urlare qualcosa ai suoi vicini: la pancia, diceva. Colpite la pancia. Poteva essere un aiuto, forse una soluzione? Sembrava più adulto, ad ogni modo, e la bacchetta non era sconosciuta al suo volere. Tuttavia, un nuovo ostacolo si frappose alla strategia immediata: le pareti brillarono come al chiarore di una fiammella, e là dove un attimo prima risultavano spoglie e immacolate, subito cominciarono a dipingersi di linee, di rette, di diagonali. Geometrie di bianco, geometrie di gesso, lo stesso che Casey in particolare aveva studiato poco prima. Si muovevano sempre più vertiginosamente, in ogni direzione plausibile o meno, fin quando una striscia più doppia delle altre - tracciata quasi da un pennello - si staccò di netto dalla parete, come ologramma, fino a dirigersi alle caviglie della preda più vicina. La studentessa - Ari, aveva chiamato prima l'altro ragazzo - gridò inerme, mentre veniva sollevata dalla liana lucente. Da un lato la triade di ragni, dall'altro il labirinto di gesso. Qualcosa non tornava, e tuttavia.
Tuttavia, c'era qualcosa.

Ringrazio per la pazienza, si riprende con costanza. Prossima scadenza: 31 Maggio, 23.59

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Acromantula #3
Salute • 56/60
Corpo • 50/80
Mana • 80

 
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view post Posted on 27/5/2019, 12:02
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profano
Casey Bell
«E allora noi vili
che amavamo la sera
bisbigliante, le case,
i sentieri sul fiume,
le luci rosse e sporche
di quei luoghi, il dolore
addolcito e taciuto —
noi strappammo le mani
dalla viva catena
e tacemmo, ma il cuore
ci sussultò di sangue,
e non fu più dolcezza,
non fu più abbandonarsi
al sentiero sul fiume —
non più servi, sapemmo
di essere soli e vivi».
Aveva cercato la mano di Camillo nello stesso istante in cui la luce si era spenta. L'aveva trascinato indietro, con sé, e redarguito la disperazione dei compagni intimandoli di seguirla. Il sudore che le correva addosso le dava la sensazione di poterlo perdere, percependo le dita di lui sfuggirle nella corsa. Continuava a voltarsi per assicurarsi che fosse lì, che quei maledetti ragni stessero soffrendo invece di bramare le loro carni; ma quel silenzio innaturale spezzato solo dai passi frettolosi e dai respiri affannosi, le faceva intuire che nulla era andato per il verso giusto. Forse l'incantesimo non aveva avuto effetto, forse non era riuscita ad emanare una luce così forte; eppure li aveva visti agitarsi, quei grossi ragni, sbattere l'uno contro l'altro, cadere e scivolare sul pavimento come salme senza vita. Tuttavia dovette fermarsi col cuore che le pulsava sempre più forte nel petto: la strada era sbarrata da un corpo svolazzante, tenuto in aria da un lazo luminoso e sospeso.
Casey l'aveva visto, poteva giurarci sopra: una di quelle diagonali bianche si era staccata dal muro e si era gettata sulla ragazza che era riuscita a superarla in corsa; si era avvinghiata alla sua caviglia e ora la faceva oscillare come un pendolo in mezzo al corridoio. L'idea che qualcuno - perché di qualcuno si trattava; solo un mago avrebbe potuto tracciare quelle linee - li volesse trarre a tutti i costi nella tela del ragno divenne sempre più concreta ai suoi occhi. Si trattava di una trama allestita alla perfezione in ogni suo occhiello, un intreccio tessuto con la morte come unico scioglimento possibile. Dunque era così che doveva finire? Quel qualcuno aveva deciso di dare in pasto alle sue Acromantule gli studenti che passavano per i sotterranei?
Si voltò ancora una volta verso le tre fiere. L'orrore le si poteva leggere nello sguardo, la paura nel modo in cui stringeva la mano del Tassorosso. E nonostante ciò rimase colpita di fronte all'incedere lento delle tre creature, impassibili al dolore e alla possibilità di provarne ancora. Sembravano automi. Le sue orecchie, almeno nel momento in cui aveva prodotto l'intensa luce, si erano aspettate strazianti grida stridule e il rumore dei robusti corpi che cadevano. E invece nulla, solo un terrificante silenzio. E se fosse stato tutto un'illusione? Sarebbe stato troppo bello, ma non era una eventualità da escludere. Proprio come la paura che si frappone al mago e al suo obiettivo, una morte illusoria - orribile, dolorosa - avanzava verso di loro per impedirgli di comprendere. D'altronde quel piccolo ragnetto in coda all'uscita dalla Sala Grande era scomparso al solo tocco di una bacchetta. Perché non avrebbero potuto farlo anche quelle Acromantule?

«Coprimi». La richiesta al Tassino fu perentoria, ed esprimeva già cosa la ragazzina intendeva fare: tentare andando ad esclusione. Si doveva concentrare al pieno delle sue facoltà, poiché non sarebbe stato semplice far evanescere una evocazione di tali dimensioni. Infatti puntò il Nocciolo verso quella più piccola, dietro le altre due. Pensò alle pelose zampe arcuate che svanivano lasciando il nulla al loro posto, al pesante corpo che si volatilizzava acquisendo sempre più leggerezza, a quegli occhi luminescenti che si spegnevano uno dopo l'altro nell'oscurità del corridoio. Immaginò un'imponente mano invisibile che schiacciava il grosso ragno, non lasciando niente di lui, delle sue fattezze, del suo ricordo. Tremante, consapevole che se quel tentativo si fosse rivelato fallimentare avrebbero solo perso tempo, fece roteare il polso, veloce, come se in mano avesse una gomma e dovesse apprestarsi a cancellare quello scempio dal suo disegno, prima che qualcuno potesse vederlo. E nel mentre, la formula:
«E-VA-NESCO!».
Se Casey fosse riuscita nel suo intento, allora dietro quell'evocazione poteva esserci solo un mago molto potente. Chi era in grado di creare Acromantule dal nulla? Perché lo faceva? Cosa doveva proteggere? O da quali pensieri sadici era guidato? Non sapeva in cosa sperare la ragazzina, se pregare che i ragni fossero la realtà o solo il fantasma di una mente più crudele.
SYNOPSIS
Casey cerca di trascinarsi tutti gli altri dal lato opposto del corridoio per scappare, ma si blocca non appena vede Ari venir intrappolata dalla diagonale. A questo punto la coglie l'"illuminazione" che forse, proprio come i ragni che Camillo aveva fatto scomparire poco prima in Sala Grande, anche quelle Acromantule potrebbero essere un'illusione. La motivazione la trova nella loro eccessiva pacatezza e nel silenzio, i quali le rendono irreali, innaturali e lungi dal provare dolore. Tenta ad evanescerle chiedendo a Camillo di coprirla. Se non va, escludiamo alcune possibilità.
INVENTORY
Bacchetta (Legno di Nocciolo, piuma di civetta bianca, 2 gocce di sangue di Mooncalf, 10 pollici, Flessibile): il legno di nocciolo percepisce l'acqua nel sottosuolo; [in tasca]
Borsetta in cuoio a tracolla piccola e leggera;
▴Il suo consueto pacco di caramelle: piperille, api frizzole, bacchette alla liquirizia, crostatine canarine, fra cui anche la Caramella d'Illusione; [nella tracolla]
Detonazioni Deluxe rosso-oro (x2); [nella tracolla]
Orecchie oblunghe; [in tasca]
Anello dei gemelli (Camillo); [al dito]
▴Consueto Anello a forma di Testa di Leone con Diamante incastonato e Medaglione Dorato. [al dito e al collo]
PS: 121/121 ◾ PC: 65/65 ◾ PM: 88/88 ◾ PE: 4,5

 
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view post Posted on 27/5/2019, 22:02
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Triste, come chi ha perso il nome delle cose.

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Camillo BreendberghC'è una meta, ma non una via; ciò che chiamiamo via è un indugiare.Camillo riaprì le palpebre, gettando una rapida occhiata attraverso il corridoio. Lo scenario era mutato ed il ritmo del conflitto con esso: davanti a sé la patina scivolosa ostacolava l’avanzata dei nemici, che a causa dell’intoppo si ritrovavano costretti a marciare con estrema cautela. Due delle tre Acromantule erano addirittura capitombolate al suolo, scontrandosi tra loro sulla pista che il Tassorosso aveva predisposto. Eccellente. Il piano architettato con Casey aveva avuto un discreto successo e lui se ne compiacque. Non trovò il tempo per gustarsi appieno quel momento, come invece avrebbe voluto, ma ebbe comunque modo di intascarsi una fugace soddisfazione e notare qualche dettaglio che ben presto si sarebbe ritrovato ad elaborare. A trascinarlo via dal vivo dell'azione fu proprio la sua Grifondoro. La ragazza gli aveva afferrato la mano, invitandolo tacitamente a seguirla in una fuga disperata. Non durò molto, pochissimi passi, perché il gruppo di studenti di cui faceva parte si ritrovò ben presto la strada sbarrata. L'inquietante indizio sulla natura della complessa geometria che ricopriva le pareti dei sotterranei non passò inosservato all'olandese, che raccolse un'importante conferma sui pericoli che la ragnatela celava. Tra le righe di gesso, quelle più spesse erano in grado di animarsi, di interagire con l'ambiente circostante. Una aveva colto alla sprovvista Ari – così uno dei presenti l'aveva chiamata –, avvinghiandosi ad una caviglia e sollevandola dal suolo. Basandosi sulle poche nozioni apprese, le righe più evidenti erano le uniche a cui era indispensabile prestare attenzione, le altre facevano solo scena. Ragionò repentinamente sul da farsi.
Le priorità, per il giallo-nero, seguivano un ordine preciso. Per prima cosa era fondamentale sbarazzarsi dei ragni, in cui si incarnava il rischio più imponente per la sopravvivenza degli alunni. Camillo non si era lasciato spaventare dalla Acromantule, pur riconoscendo quanto fossero pericolose, e per questo il suo stato di calma assoluta non venne turbato dalla loro avanzata. Quegli aracnidi andavano eliminati per il bene di tutti gli abitanti del castello: qualcuno doveva occuparsene. Le vedeva un po' come delle tigri – babbanizzando la situazione – e se qualcuno avesse liberato animali così feroci in una scuola per non maghi si sarebbe certamente scatenato il caos. A patto che gli studenti non fossero stati equipaggiati con degli Ak-47 all'atto di ammissione, degli M60 o degli M2, che andavano bene comunque se lo scopo fosse stato quello di epurare in massa i felini invasori. In quel caso – caos fermo restando – il problema delle tigri si sarebbe rimpicciolito, ma sarebbe comunque rimasto quello degli studenti che aprivano il fuoco all'impazzata, che forse era peggio. Lui era armato e come lui chi lo accompagnava, poteva davvero farsela sotto per dei gatto-ragni? Forse, se lo avessero preso alla sprovvista, però allo stato attuale delle cose avvertiva solo il peso dell'onere che gli gravava sulle spalle. Più ci pensava e più la determinazione si sostituiva all'ansia. Camillo accarezzò la mano di Casey, che stringeva convulsamente la sua sull'onda della crisi di panico imminente. Era il suo modo di tranquillizzarla, comunicarle che andava tutto bene, non doveva temere. Forse avrebbe ignorato quel gesto, presa com'era dai suoi legittimi timori, ma era importante per lui infonderle un minimo di sicurezza, affinché la fiducia e la speranza non lasciassero avanzare pensieri più cupi. Se riusciva ad essere un sociopatico aggressivo, in quella situazione, era anche per lei. Risolta la pratica Acromantule, avrebbero liberato Ari e sarebbero andati a dar la caccia a chi muoveva i fili della ragnatela da dietro le quinte. Tornare indietro, tenendo conto dello stato dei corridoi, non sembrava saggio. Nemmeno avanzare, ma sicuramente non sarebbe rimasto fermo ad aspettare l'ennesima ondata di bestie magiche con le mani in mano!
La signorina Bell si attivò. Sembrava avere le idee chiare, tanto si era dimostrata decisa. Doveva avere un piano in mente, o almeno questo era quello che Camillo riuscì ad intendere dalla sua richiesta. Voleva il suo supporto e non si era persa in chiacchiere nel domandarlo. «Come un lenzuolo» gracchiò a conferma, quasi sghignazzando. Osservando il susseguirsi degli eventi dalla prospettiva più cupa non ci sarebbe stato molto da ridere, tuttavia il Tassorosso bruciava di un intenso entusiasmo. Quell’accenno di risolutezza le donava, le conferiva un fascino da dura e metteva in luce la parte del carattere che più apprezzava di lei. Casey tendeva a farsi consumare dall’ansia per ogni citrullata, tendeva ad andare in panne anche per le cose più semplici, ma quando le circostanze la mettevano alla prova era in grado di dare il meglio di sé. La Grifondoro non era il tipo da tirarsi indietro, anzi, procedeva spedita, inesorabile, al pari di un carro armato lanciato all’assedio. Se lui si prima si era sentito tanto figo per la tiritera dell’equipaggiamento anti-tigre, quando lei aveva tirato fuori il cannone l’imbarazzo l’aveva fatto sogghignare. Era un po’ l’equivalente magico dello sbirciare il tizio affianco negli orinatoi, a danno della propria autostima. Se ne sarebbe presto fatto una ragione, ma in quel momento non ci pensò troppo, non c’era tempo da perdere.
Camillo puntò l’acromantula in testa al piccolo plotone, analizzando rapidamente il suo moto, in relazione all’altra più paffuta. Nella prima identificò il suo bersaglio, ma tenne comunque d’occhio la seconda. Anche per lui le idee erano ormai chiare, voleva sbarazzarsi di quelle bestie nel modo più rapido ed efficace possibile. Il suo repertorio di sortilegi vantava una procedura molto specifica, calzava a pennello. Breendbergh alzò il braccio dominante, formando un angolo di novanta gradi al gomito con l’avambraccio. Impugnava saldamente il Salice, che in quel frangente dell’esecuzione rivolgeva la sua estremità al soffitto. La bacchetta vibrò, come in una risposta sconcertata, ma al contempo incuriosita, coinvolta ed affascinata dai suoi sadici intenti, mentre in petto prendeva vita e si ingigantiva una brama di morte, alimentata dal rancore provato nei confronti delle tre belve. Un respiro profondo ed una contrazione dell’addome per saldare la postura e conferire stabilità al corpo precedettero il movimento successivo. L’olandese era totalmente focalizzato, mirava alla sua preda e non aveva la benché minima intenzione di mancare il colpo, per questo fu sua premura curare nei minimi dettagli l’esecuzione. Il che non si era tradotto in una performance lenta e macchinosa, al contrario, perché il tempo l’aveva messo alle strette, minimizzò ogni intervallo fra le posizioni. Al compimento della prima, Camillo abbassò con naturalezza e determinazione l’avambraccio, orientando il catalizzatore in rotta con il ventre dell’aracnide in testa - così gli era stato suggerito - in modo che la semiretta che proiettava andasse ad intersecare anche l’altro soggetto del suo diabolico esperimento. Nel mentre ringhiò con sdegno la formula: «Arania Exumai» con accento sulla “i” del vocabolo iniziale.
L’incantesimo aracnicida era perfetto per dare il colpo di grazia ai ragni più piccoli, ma sortiva comunque un effetto degno di nota anche sulle creature che si era ritrovato a fronteggiare, o almeno così si diceva. Banalmente le scagliava a grandi distanze, danneggiandole. Se ciò che aveva appreso nelle sue esercitazioni era vero, l’intenzione vedeva il mostro in testa alla squadriglia scaraventato sul suo simile, che - secondo il calcolo delle tempistiche - al momento dell’impatto si sarebbe trovato sulla traiettoria di tiro. In poche parole voleva fare strike, come se le Acromantule fossero state birilli e la sua magia fosse stata una palla da bowling scaraventata per abbatterli. L’impronta data all’incantesimo era fortemente condizionata dallo stato d’animo dello studente, con la rabbia che come un denso nucleo si rivestiva di quanto c’era di più oscuro nei suoi pensieri. Fino a quel momento aveva agito con cautela, ma l’idea di cosa i suoi nemici avevano fatto o avrebbero potuto fare ai suoi compagni aveva fatto marcire una profonda collera nei meandri della sua coscienza, immune al rimorso per ciò che si apprestava a realizzare. Quegli affari, che fino a quel momento avevano vagabondato indisturbati per i corridoi, erano stati in grado di turbare la sua ragazza solamente rivelandosi. Nemmeno aveva voluto pensare a cosa erano stati capaci di fare nel lasso di tempo precedente al loro incontro. Se avesse scoperto che avevano avvelenato Eloise, divorato quel pisellaccio di Horus, imbrigliato Niahndra in una delle loro ragnatele o aggredito Amber, era certo che ucciderle una volta soltanto non gli sarebbe bastato per dar sfogo alla propria ira. Anche se le persone sfiorate dalla memoria erano perfettamente in grado di difendersi, c’era tra i suoi Tassini e tra gli altri studenti chi non poteva; finché terrorizzavano i sotterranei non sarebbe riuscito a convivere con quel pensiero. In effetti Arania Exumai forse non bastava, ma era già un ottimo punto di partenza. Voleva la loro morte, così come voleva la testa di chi le aveva sguinzagliate. Se la sarebbe presa, era solo questione di tempo.
SYNOPSIS
Camillo getta una rapida occhiata alla situazione nel corridoio, poi segue Casey nella sua fuga ma non fa più di qualche passo. Assiste alla scena di Ari, catturata dalla ragnatela e trae una conclusione sbrigativa sulla natura degli intrecci. Non agisce per liberarla, ma accoglie la richiesta della Grifondoro che gli domanda supporto. Dà quindi priorità alla questione Acromantule, ma si ripromette di liberare la fanciulla dal cavo che la tiene sospesa appena l’area sarà messa in sicurezza. Quindi lancia un’Arania Exumai, carico dell’odio che prova per le tre creature che infestano i sotterranei, impostandolo per arrecare danno all’Acromantula #2 e all’Acromantula #3. Segue un accenno delle ragioni per cui è tanto infuriato con quelle bestiole ed in particolare con chi le ha liberate per il Castello.
INVENTORY
- Bacchetta: Legno di salice, corde di cuore di drago, 10 pollici e mezzo, molto flessibile. Potrebbe chiamarla Frusta.
- Ciondolo della Fenice: chi indossa questo ciondolo, composto da una piuma di fenice e una sfera molto resistente che contiene sangue di drago ungherese, non viene percepito da alcuna creatura magica nell'ambito di gioco in cui si trova (licantropi trasformati compresi). Ha quindi la possibilità di agire indisturbato eliminando il contatto visivo con le creature magiche.
- Anello Difensivo: Protegge da danni fisici e incantesimi. Anche da Avada Kedavra, ma poi si spezza. Usabile 1 volta per Quest. [Medio sx]
- Anelli dei Gemelli (Casey) [Anulare sx]
- Mappa "Il Passaggio" [Tasca delle braghe]
PS: 220/220 ◾ PC: 161/161 ◾ PM: 199/199 ◾ PE: 19

 
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Non spegnerti, fiammella. Non ora.
Allo sfinimento, all'ultimo bagliore, potrai correre, correre via. Lontano dal tempo che tutto vede, lontano dal sortilegio che ti contiene. Non spegnerti, fiammella; il ragno è imprigionato,
e del suo operato non resta che una ragnatela già sfilata.
Io ti invoco, Fiamma Eterna.
Io ti invoco, all'eco dei giorni e delle notti.
Non spegnerti, fiammella.
E divorali, divorali entrambi, divorali tutti.


Al pari della situazione sempre più articolata, si accentuava nettamente una strategia d'azione accurata, studiata, vinta da riflessioni che già avrebbero potuto fare una discreta differenza. I ragionamenti degli studenti lì presenti non peccavano di oggettiva constatazione e si intrecciava agli stessi una consapevolezza man mano più intensa, man mano allo stesso modo più pericolosa. Se da un lato Ari risultò in balia del suo destino - invano il tentativo del compagno, il cui sortilegio scoppiò in una bollicina lucente e solitaria -, dall'altro nuova energica forza permeava rapidamente le liane circostanti. Come in esplosione crescente, impazzivano e si comprimevano le une contro le altre, in un turbinio che sfidava ogni probabile legge gravitazionale e che già annunciava qualcosa di grande, qualcosa di vivo, in ogni caso. All'attacco subito, come da offesa perpetuata e ripagata di pari passo, i filamenti luminosi si espansero a dismisura: le pareti quasi sembravano tremolare sotto l'invisibile peso di una geometria senza misura né ordine alcuno, mentre da destra sfumavano nuovi serpentine d'ogni visibile forma, fino a congiungersi alle gemelle sulla sinistra, in alto, in basso, ovunque. Le pareti vibravano, le pareti si muovevano: le linee disegnate sulle stesse si erano azionate per qualche ragione e non accennavano a fermarsi in alcun desiderio costante. Era uno spettacolo tanto inusuale - un vortice di puro bianco, di gesso concentrico - da mostrarsi alla visione d'insieme come una nube fumosa. Non c'era più equilibrio d'insieme, non più lucida analisi, e la stessa Serpeverde - per un attimo, soltanto uno - tacque ogni disperato grido, sulla scia di una sorpresa che già mutava in disperazione al suo sguardo. D'altra parte, come in perfetta simbiosi, le Acromantule si erano ristabilite pienamente. Le zampe ticchettavano sul pavimento freddo di quel Corridoio non più dimenticato, lì ai Sotterranei, e più l'indifferenza del Castello si avvicendava in quel passaggio - nessuna ronda, nessuna visita aggiuntiva -, più si fossilizzava la speranza di uscirne indenni. Un'altra azione di duplice valenza si articolò alla buona da parte della coppia di studenti. Se da un lato il ruggente assalto della Grifondoro accolse ogni più infinita aspettativa in un Incanto Evanescente di così grande portata, dall'altro il pacato boato del Tassorosso attirò una specifica Offensiva ai danni, entrambi, dei figli di Aracne. Riuscirono, il primo e il secondo sortilegio, in una comunione di beni e d'insieme che avrebbe fatto gioire, e tuttavia già profondamente riflettere. Il primo ragno parve cristallizzarsi in una stasi perpetua, si immobilizzò su tutte le zampe in dotazione, e l'attimo successivo divenne perlaceo, trasparente, fino a fagocitare ogni sua viva aspettativa in un'assenza tangibile. Scomparve alla vista di tutti i presenti, come se mai esistito fino ad un attimo prima, e nello stesso istante un raggio luminoso impattò contro l'addome di un'altra Acromantula. L'Incanto in bagaglio eccellente, in tecnica magistrale, ottenne per fortunata e ragionata coincidenza l'effetto sperato da Camillo: il ragno più leso capitombolò di lato, sospinto dall'incauta magia, e la vicina restante Creatura si ritrovò a subire lo stesso impatto.
Poteva essere davvero così semplice?
Le azioni dei ragazzi, prima l'una e poi l'altra, fin dal principio del loro arrivo in Corridoio erano state ragionevoli, interessanti, piuttosto riflessive, e non una sola volta avevano peccato interamente. Ma c'era qualcosa di altrettanto impressionante in quella visione d'insieme, a partire dall'assenza di suoni e rumori, dal tacito responso delle Creature colpite, perfino - si poteva considerare, in tal senso - l'inefficacia di un altro binomio di dettagli peculiari. L'Incanto del Serpeverde non aveva avuto effetto, a suo principio, e se da un lato poteva trattarsi di negligenza o semplicemente di mancata riuscita totale, dall'altro i suoi costanti momentanei tentativi di sciogliere le liane al corpo di Ari ancora non andavano in porto, a colpi di bacchetta così rapidi da vibrare nell'aeree circostante. Mancava qualcosa e ora che le Acromantule tardavano a porsi in posizione, ancora una volta, come tartarughe capovolte - le zampe all'aria avevano un certo delizioso contesto -, dall'altro si ripristinava il pericolo principale: Ari era divenuta purpurea, le braccia le scivolavano contro il corpo reciso, mentre il respiro le mancava. Le liane di gesso sembravano infatti aver abbandonato le pareti e già stringevano, stringevano ancora, stringevano in eccesso la figura minuta della studentessa. Il proprio incarnato cominciò ad assumere una sfumatura nefasta e a quel punto, in un ultimo grido disperato, il Serpeverde al suo fianco abbandonò ogni diplomatica soluzione e volse la bacchetta di fronte a sé in un cerchio tanto veloce da perdersi nel suo disegno. L'attimo successivo, il Fuoco divampò dalla prima scintilla della sua bacchetta. Si espanse come un filamento iridescente che lesto andò ad attecchire sulla prima liana più robusta: apparve come un incontro e scontro d'insieme, bianco contro rosso, gesso contro fiamma, ma la presa estrema delle funi non si dissipò contro il corpo ormai morente della studentessa. Poteva perpetuarsi un omicidio tra le mura del Castello, sotto gli occhi di un Prefetto, alla presenza di tre delle quattro imponenti Casate di Hogwarts? Ari aprì bocca, dischiuse le labbra in un ultimo tentativo, e gli occhi rapidamente mutarono in vitreo sguardo. Le liane bruciate, a loro volta, crescevano a dismisura, ma quel silenzio restava tuttora asfissiante come mai prima di allora. Avanzava la Morte, avanzava leggiadra. Non un soffio, non un tremito, non un richiamo. Il calore aumentò e allo stesso modo le liane, ora di gesso e di fuoco, si staccarono ancora dalle pareti e rapide si indirizzarono ora verso i nuovi incontri: prima contro il Serpeverde che aveva osato sfidarle, poi contro Camillo e Casey - una coppia di tre e di quattro liane, un dardo di fuoco lucente.

Il rosso danzava, lo sguardo bruciava.
Così lentamente, senza rumore, Ari moriva.
Alle loro spalle, la prima Acromantula sorgeva.
E così la seconda seguiva.


Ed è solo l'inizio *ops Le vostre riflessioni sono magistrali, continuate in questo senso.
Prossima scadenza: 8 Giugno, 23.59

Acromantula #1
Salute • 0/30
Corpo • 0/50
Mana • 0/50
Acromantula #2
Salute • 10/60
Corpo • 40/80
Mana • 40/80
Acromantula #3
Salute • 25/60
Corpo • 40/80
Mana • 40/80

 
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Casey Bell
«E allora noi vili
che amavamo la sera
bisbigliante, le case,
i sentieri sul fiume,
le luci rosse e sporche
di quei luoghi, il dolore
addolcito e taciuto —
noi strappammo le mani
dalla viva catena
e tacemmo, ma il cuore
ci sussultò di sangue,
e non fu più dolcezza,
non fu più abbandonarsi
al sentiero sul fiume —
non più servi, sapemmo
di essere soli e vivi».
Sì, c'era una mente dietro tutto quello. Una mente crudele. L'Acromantula presa di mira si sublimò nell'aria lentamente, ad ogni giravolta compiuta dalla punta della bacchetta di Nocciolo, ma il sorriso stentò ad incurvarsi sul volto del Prefetto. Era riuscita a sciogliere un nodo all'apparenza inestricabile, a scandagliare i perimetri di quell'illusione, a salvarli da un'inutile morte dovuta a una bugia; eppure sapeva che non era finita, che c'era qualcosa di più, di enorme, un pericolo che signoreggiava sulle loro vite, la cui sola traccia d'esistenza le faceva tremare le carni. Sì, avrebbe preferito che fossero Acromantule vere, e colpirle finché non avrebbero perduto il calore dei loro corpi. Adesso le altre due, dalle masse più possenti della prima, giacevano capovolte sul pavimento. Si poteva ridere di loro, goffe, annichilite, umiliate; loro che in attimi di puro terrore le avevano fatto credere di poter perdere tutto, dall'amore all'esistenza. Ora poteva schiacciarle come se fossero stati solo fastidiosi insetti mentre sgambettavano all'aria, senza avere la soddisfazione di sentirle urlare poiché fittizie, emanazione di una mente che desiderava privarla pure di quella vendetta.
Ancora terrorizzata, sbattuta di qua e di là dagli eventi, i rantoli disperati del soffocamento la colpirono come una doccia ghiacciata. L'odore di morte, misto a quello di bruciato, giunse alle sue narici e le iniettò gli occhi di orrore: Ari, viola in viso, era stretta dalle fitte liane di gesso; il ragazzino - suo amico - impacciato dalla disperazione, aveva scatenato l'inferno.
«NO!» urlò, e fu la sua unica risposta a quell'insinuazione. Avvertì i singhiozzi impossessarsi del suo sterno, poi fagocitarle gli occhi con le lacrime e il respiro farsi ancor più affannoso. Se Ari fosse morta sarebbe stata solo colpa sua, si disse, perché aveva perso tempo, perché si era data alla sperimentazione in campo di battaglia tralasciando ciò che riteneva non necessitare più attenzione del contingente. Lei non la conosceva, le era apparsa come un volto qualsiasi in mezzo alla calca di Hogwarts, fra tavolate e banchi a lezione, ma ora le pieghe arrossate del suo volto, ogni suo faticoso respiro, erano diventati di estrema importanza. Si sarebbe gettata su di lei, avrebbe tentato di strappare via a mani nude le liane - che ora non sembravano più tanto friabili quanto il gesso -, se non avesse visto i due incanti del Serpeverde fallire, il primo in una bollicina di luce respinta, il secondo in un fuoco all'apparenza impotente. E allora le si illuminò lo sguardo di una nuova speranza, riconobbe la fiammella imperitura che le illuminò improvvisamente la ragione. Tempestiva, portò la punta del catalizzatore sull'intreccio che cingeva il collo di Ari e, prima, mandò una richiesta d'aiuto al suo compagno - Il fuoco, Camillo, spegni il fuoco! -, poi si fiondò in uno stato di concentrazione.
Era uno schema che si ripeteva, una formula versatile ad ogni situazione, approntata a seminare la disperazione nel castello. Era tutto un'enorme illusione, una messa in scena, il cui confine con la realtà così sottile, come una lama, da poter tagliare le loro gole. Dietro di essa, un esperto marionettista tirava i fili di tutti i suoi parteciparti - compresa lei, Camillo, Ari e il Serpeverde -, ed era ora che che quei fili venissero tagliati via, con un colpo secco di forbici o con un gesto della bacchetta. La mente di Casey si espanse dalla ciocca di corde che stringeva il collo della ragazza di fronte a lei alle sue vicine che stavano per colpire tutti loro, poi nell'intricato reticolo che le collegava ai muri, e infine sul caleidoscopio che turbinava sulle loro teste, che pulsava al fin di intrappolarli alla mercé delle false Acromantule. Era un sistema, doveva ricordarselo, caotico alla vista ma ordinato nel suo insieme, le cui parti era tutte collegate. Non avrebbe spento il fuoco, di secondaria natura, ma forse avrebbe cancellato ogni sorta di pericolo che rischiava di attanagliarli. Fece roteare il polso come un mulinello, ancor più velocemente per l'adrenalina e la foga, e ribadì la formula: «E-VA-NESCO!». E ancora, in un'onda evanescente, nella sua testa tutte le liane esistenti in quel corridoio si cancellarono, rivelandosi per ciò che erano realmente: il nulla.
SYNOPSIS
Casey ha la conferma di quanto aveva pensato prima: dietro tutte quelle evocazioni c'era qualcuno di molto potente, in grado di creare Acromantule dal nulla. Non riesce a bearsi di quanto fatto poiché vede Ari soffocare e si addossa la colpa. Avendo visto che gli incantesimi del Serpeverde non hanno attecchito sulle liane, comprende che è tutto una grande illusione/evocazione e fa un evanesco sulla rete di liane..
INVENTORY
Bacchetta (Legno di Nocciolo, piuma di civetta bianca, 2 gocce di sangue di Mooncalf, 10 pollici, Flessibile): il legno di nocciolo percepisce l'acqua nel sottosuolo; [in tasca]
Borsetta in cuoio a tracolla piccola e leggera;
▴Il suo consueto pacco di caramelle: piperille, api frizzole, bacchette alla liquirizia, crostatine canarine, fra cui anche la Caramella d'Illusione; [nella tracolla]
Detonazioni Deluxe rosso-oro (x2); [nella tracolla]
Orecchie oblunghe; [in tasca]
Anello dei gemelli (Camillo); [al dito]
▴Consueto Anello a forma di Testa di Leone con Diamante incastonato e Medaglione Dorato. [al dito e al collo]
PS: 121/121 ◾ PC: 65/65 ◾ PM: 88/88 ◾ PE: 4,5

 
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profano
Camillo BreendberghC'è una meta, ma non una via; ciò che chiamiamo via è un indugiare.La rapida sbirciata riservata all'esito della combo, messa in atto con Casey, era bastata all'olandese per fargli momentaneamente sospendere l'attenzione dal problema Acromantule. Senza ombra di dubbio il prefetto Grifondoro si era dimostrato più abile di lui nel cogliere gli indizi cardine, caratteristici del pericoloso gioco a cui avevano preso parte. Un solo evanesco era stato più che sufficiente per cancellare dalla faccia della terra l'aracnide meno possente. Rimase di stucco. I nemici non erano reali, non del tutto almeno: si trattava di trasfigurazioni. Con il senno di poi a spalleggiarlo, si sentì un totale imbranato, ma non sprecò un singolo granello della clessidra per contemplare il rammarico, perfettamente conscio del fatto che più tardi avrebbe avuto tempo in abbondanza per riflettere sui propri errori di valutazione. Sempre che per lui ci fosse stato un “più tardi”. In quel preciso istante, volente o nolente, doveva risolvere una criticità improrogabile.
Ari era stata catturata da una delle linee, che per volontà dell’intricatissima geometria a cui apparteneva, si era staccata dal muro. Da poco il gruppo di studenti aveva scoperto che le rette di gesso erano in grado di prendere vita, intrappolando chiunque si ritrovasse nel loro raggio d’azione. Cosa di poco conto dando per scontato che, ritrovandosi circondati da una sorta di ragnatela tracciata col gesso, i suoi cavi dovessero rispecchiare la consistenza di quella secreta da aracnidi veri e propri. Ingannato dalle apparenze - per quanto sottili erano come anaconde capaci di stritolare le proprie prede in un batter di ciglia - Camillo sussultò alla vista dell'orribile spettacolo che gli era stato riservato. La fanciulla stava crepando di una morte rapida, seppur estremamente dolorosa. Dovevano liberarla dalle spire che stritolavano il suo corpicino indifeso, già livido e senza forze. Dovevano farlo in fretta e forse sapeva come: se le acromantule e la geometria condividevano l’origine magica, come aveva ipotizzato, un Evanesco sarebbe dovuto bastare per cancellarla. Casey si mosse per prima - aveva tratto la medesima conclusione - coordinando le operazioni di soccorso. Per assecondarla si attivò, catturando in quella frazione di secondo tutti i dettagli utili per svolgere al meglio il suo compito, compresa la posizione del serpeverde. Lui, per inciso, si era definitivamente disfatto di ogni barlume di razionalità. Se al posto di Ari ci fosse stata Casey tra quelle liane, anche Camillo avrebbe faticato a mantenere la calma, ne era conscio. Ciò nonostante, l’utilità del ragazzo aveva cominciato ad esaurirsi nell’esatto momento in cui si era prodigato per sabotare i suoi stessi compagni. Non poteva tollerarlo. Per il bene di tutti era indispensabile che la smettesse di lanciare sortilegi alla cieca e si votasse alla loro stessa causa. Sopravvivere. Non lasciare che nessuno morisse. Questo era quanto. Se avesse riconosciuto che anche gli altri due agivano per risparmiare alla studentessa una fine indegna, forse avrebbe iniziato a dar loro retta. Con tutti i buoni propositi del mondo ad animarlo gli concesse per primo una manifestazione di fiducia, promettendosi di fare il possibile per salvargli le chiappe dal caos che egli stesso aveva generato. Nulla era perduto.
Il Diavolo dei Sotterranei sollevò il braccio dominante, alzando la bacchetta quel tanto che bastava per raggiungere la prima posizione richiesta dalla fattura di cui si sarebbe avvalso. Gli occhi, scattanti, inquadrarono la distesa di fuochi sparsi, che nel tragico incendio divampato risplendevano scarlatti sulle corde altresì immacolate. L'attenzione dello studente si concentrò su una sequenza specifica, un percorso da compiere per favorire la riuscita del piano. Quelle prossime alla figura di Ari avevano la priorità assoluta, per ovvie ragioni, specialmente se sfidavano di attecchire sul suo corpo già indebolito; successivamente sarebbe passato a quelle che consumavano il gruppo di liane che minacciava il serpeverde, così da dargli la possibilità di ribellarsi in caso ne fosse diventato vittima. Ultime, per ordine di importanza, quelle che riscaldavano la ciocca diretta verso di lui e verso la sua amata. Non era certo di riuscire a spegnere le fiamme prima che questa li raggiungesse, tant'era repentino il suo spostamento - ormai non era più certo di nulla - ma in caso avesse fallito, avrebbe cercato di incassare il colpo. Trasformarsi in una preda facile, farsi catturare spontaneamente, era la soluzione più semplice per portare a compimento il progetto architettato in origine. Decisione drastica, ma necessaria. Casey aveva dimostrato un'elasticità di pensiero che lui non sarebbe mai riuscito ad eguagliare. Per quanto le sue competenze con gli incantesimi fossero basiche, era stata in grado di destreggiarsi tra le ostilità con un'eleganza unica, fatta di umiltà e di astuzia, perfetta da esibire al sorgere di ogni imprevisto. Ammirava il suo approccio semplice e diretto, riteneva avesse tutte le carte in regola per affrontare quella battaglia e schiacciare i propri nemici, così come aveva fatto con l'acromantula scomparsa. Per l'artefice delle loro disgrazie non c'era partita, lei avrebbe vinto. Vinceva sempre.
Rinvigorito da un moto d’ispirazione, Camillo soppresse senza indugio ogni suo timore. La determinazione e la concentrazione giocavano un ruolo fondamentale nella buona riuscita di ogni incantesimo e lui, in quell’occasione, non poteva peccarne. Privo di ogni esitazione, lo studente abbassò di scatto il braccio destro, volgendo il catalizzatore nella direzione dei fuochi ancora danzanti. Quindi esclamò la formula: «Extinguo!»
Prestò attenzione al percorso preventivamente stabilito, immaginandosi di impugnare un estintore babbano. Non avrebbe ricoperto l’incendio di schiuma, ma quella era la scena ripresa dalla cinecamera dei suoi pensieri. Associare la magia ad un atto concreto e familiare, per lui era una procedura standard; così facendo, ad una conseguenza astratta delle sue parole e dei suoi movimenti, si andava a sostituire un risvolto pratico. Per quanto banale, ogni espediente mentale con una minima parvenza di utilità acquisiva un valore indispensabile in situazioni come quelle. Non si sarebbe certo vergognato di elaborare quel concetto attraverso le sue esperienze babbane, se ciò avesse favorito un esito positivo.
In tutto questo, mentre il braccio dominante calava, accompagnando la bacchetta nella realizzazione del sortilegio, il sinistro si sarebbe allungato in direzione del dardo di fuoco. Breendbergh avrebbe tentato di afferrare le liane per primo, per avere la certezza che si infuriassero contro di lui e non contro la Grifondoro, se gli fosse stato possibile. Non aveva mosso un passo, non avrebbe cercato di schivare, anzi: gli sarebbe andato spontaneamente incontro. Se i fili lo avessero afferrato, si sarebbe preoccupato della questione solo in seguito. Preda di una scarica di adrenalina, poco gli importava del dolore, poco gli importava di ustionarsi - non sarebbe stata nemmeno la prima volta che andava a fuoco - perché il desiderio di salvare la ragazza appesa e proteggere la sua fidanzata avevano un peso maggiore. Se tutto fosse andato per il verso giusto non avrebbe avuto problemi a pagare il prezzo della sua impulsività. Ne sarebbe valsa la pena, letteralmente.
SYNOPSIS
Camillo si rende conto che Ari sta morendo e senza perder tempo accoglie la richiesta di Casey, facendo del suo meglio per spegnere le fiamme. Con il braccio destro cerca di eseguire i movimenti dell'Extinguo, mentre protende il sinistro in direzione del dardo di fuoco che gli sta arrivando addosso. Seguendo la sua logica, preferisce incassare il colpo, farsi catturare e bruciare piuttosto di rischiare la pelle di Casey.
INVENTORY
- Bacchetta: Legno di salice, corde di cuore di drago, 10 pollici e mezzo, molto flessibile. Potrebbe chiamarla Frusta.
- Ciondolo della Fenice: chi indossa questo ciondolo, composto da una piuma di fenice e una sfera molto resistente che contiene sangue di drago ungherese, non viene percepito da alcuna creatura magica nell'ambito di gioco in cui si trova (licantropi trasformati compresi). Ha quindi la possibilità di agire indisturbato eliminando il contatto visivo con le creature magiche.
- Anello Difensivo: Protegge da danni fisici e incantesimi. Anche da Avada Kedavra, ma poi si spezza. Usabile 1 volta per Quest. [Medio sx]
- Anelli dei Gemelli (Casey) [Anulare sx]
- Mappa "Il Passaggio" [Tasca delle braghe]
PS: 220/220 ◾ PC: 161/161 ◾ PM: 199/199 ◾ PE: 19

 
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33 replies since 6/4/2019, 08:27   1022 views
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